REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI ROMA TERZA SEZIONE CIVILE in persona dei signori dott. Antonio Azara - Presidente

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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI ROMA TERZA SEZIONE CIVILE in persona dei signori dott. Antonio Azara - Presidente - dott. Giuseppe Lo Sinno - Consigliere - dott. Angelo Martinelli - Consigliere est. - ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di appello iscritta al numero 1766 del ruolo generale dell'anno 2005 tra D.F., D.A., D.A. e D.R., elettivamente domiciliate in Roma, viale (...), presso lo studio del procuratore avvocato G.L. - appellanti e appellati incidentali - e V.G. e D.A., elettivamente domiciliati in Roma, via (...), presso lo studio del procuratore avvocato M.P. - appellati e appellanti incidentali - Avverso la sentenza del Tribunale di Latina n dell'anno 2004 Oggetto: scioglimento comunione ereditaria. SVOGIMENTO DEL PROCESSO D.F., D.A., D.A. e D.R. convenivano avanti al Tribunale di Latina D.A. e V.G. per sentire dichiarare lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni immobili - posti in Terracina - relitti dal padre D.M. Resistevano D.A. e V.G.

2 Con sentenza n dell'anno 2004 il Tribunale di Latina - dichiarando prescritto il diritto degli attori ad accettare l'eredità - respingeva la domanda di divisione compensando le spese del giudizio. Avverso la detta sentenza insorgevano D.F., D.A., D.A. e D.R. Resistevano D.A. e V.G. La causa veniva quindi trattenuta in decisione all'udienza del 3 febbraio MOTIVI DELLA DECISIONE Gli appellanti lamentano che il Tribunale - dopo aver affermato il corretto principio di diritto in base al quale la denuncia di successione ed il pagamento delle imposte non implicano l'accettazione implicita dell'eredità - non ha attentamente valutato i documenti prodotti, segnatamente le volture catastali e la decisione della Commissione Tributaria di primo grado di Latina che aveva deciso il ricorso avverso un accertamento di valore promosso anche dalle allora attrici. In proposito, il Tribunale aveva osservato che "la qualità di erede si acquista con l'accettazione di eredità (art. 459 c.c.) e il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni decorrenti dal giorno dell'apertura della successione (art. 480 c.c.) che nella fattispecie coincide con la data del , anno del decesso di D.M. A fronte dell'eccezione dei convenuti le attrici non hanno fornito la prova di avere accettato, neanche tacitamente ai sensi dell'art. 476 c.c., l'eredità paterna. Sotto tale profilo, con note autorizzate del le attrici, nel contestare quanto ex adverso dedotto, si riservavano di chiedere, nel prosieguo del giudizio, prove documentali e testimoniali, idonee a superare l'eccezione di prescrizione. Rileva il Tribunale che in difetto di prove orali (mai richieste sul punto da parte attrice) ai fini della verifica di una eventuale tacita accettazione (in difetto di un'accettazione espressa ai sensi dell'art. 475 c.c.) deve essere esaminata la documentazione in atti prodotta, considerato che una eventuale immissione nel possesso dei beni (circostanza questa, peraltro, neanche provata da parte attrice per difendersi dalla contraria eccezione di prescrizione del diritto) di per se sola - non sarebbe un atto univoco, equivalente ad accettazione tacita dell'eredità, non presupponendo necessariamente in chi la compie la volontà di accettare e la qualità di erede, potendo anche dipendere da un mero intento conservativo dei beni o da tolleranza da parte degli altri chiamati (cfr. Cass. Civ. 178/1996). La prima dichiarazione da cui desumere, atteso il chiaro contenuto dell'atto, una volontà di accettazione dell'eredità e la conseguente domanda di divisione della comunione, può essere individuata nella comunicazione del (cfr. doc. n. 2 fascicolo parte attrice, comunicazione indirizzata agli odierni convenuti) quando già, tuttavia, il termine decennale per accettare era ampiamente trascorso, essendo il de cuius deceduto il Giova, infine, evidenziare, che al fine di accertare e valutare un'eventuale comportamento concludente degli istanti (sintomo di accettazione tacita ai sensi dell'art. 476 c.c.), sono privi di rilevanza tutti quegli atti che non sono idonei ad esprimere in modo certo l'intenzione univoca di assunzione

3 della qualità di erede, quali la denuncia fiscale di successione (doc. n. 6, allegato fascicolo parte attrice), il pagamento delle relative imposte (docc. nn. 9/19, allegati fascicolo parte attrici, aventi natura e finalità meramente fiscale diretti ad evitare l'applicazione di sanzioni, come tali al più rientranti nei poteri di cui all'art. 460 c.c. (nonna che disciplina i poteri del chiamato all'eredità ma inidonei di per sé a dimostrare che chi li abbia compiuti avesse tacitamente inteso comportarsi come erede (cfr. Cass. Civ. 37/1964; 11/1970; 1021/1976; 3597/1977; 5275/1986; 5688/1988; 5463/1995; 178/1996; 2711/1996; 4756/1999)". Pur riconoscendo che gli adempimenti fiscali non implicano accettazione, neppure tacita, dell'eredità, gli appellanti osservano di avere prodotto - in primo luogo - le volture catastali degli immobili caduti in successione. Ora, tuttavia, se pur la Corte di Cassazione afferma che la presentazione della richiesta di voltura catastale può implicare accettazione taciuta dell'eredità, occorre chiarire che la denuncia di variazione catastale deve provenire necessariamente dai chiamati all'eredità i quali, proprio perché presentano tale denuncia, accettano implicitamente l'eredità ("giacché soltanto chi intenda accettare l'eredità assume l'onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio della proprietà dal "de cuius" a sé stesso": Cass. 12 aprile 2002, n. 5226; Cass. 11 maggio 2009, n ). Nella fattispecie de qua, viceversa, la denuncia di variazione catastale è stata fatta dalla signora V.G. (coniuge del de cuius), come emerge dal doc. n. 6 del fascicolo del primo grado delle appellanti; né risulta alcuna altra voltura catastale chiesta ad opera delle appellanti. Le appellanti - in secondo luogo - lamentano che il Tribunale non abbia tenuto conto che implica accettazione tacita all'eredita da parte dei chiamati la proposizione di un ricorso avanti la Commissione Tributaria. In proposito, la Corte di Cassazione ha affermato (Cass. 18 maggio 1995, n. 5463) che "la denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, con riferimento al valore del patrimonio relitto dichiarato nella predetta denuncia, non comportano accettazione tacita dell'eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l'applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo e rientrano quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall'art. 460 c.c.; implicano, invece, accettazione tacita dell'eredità il ricorso alla commissione tributaria contro l'avviso di accertamento del maggior valore notificato dall'amministrazione finanziaria e a successiva stipulazione di un concordato per la definizione della controversia perché questi atti, indipendentemente dalle specifiche intenzioni del chiamato all'eredità, non sono meramente conservativi ma tendono alla definitiva soluzione della questione fiscale". Ora, pur non essendo stato prodotto il ricorso, ma solo la decisione della Commissione Tributaria di primo grado di Latina, occorre notare che la decisione stessa è stata depositata in data 17 ottobre La decisione in parola dichiara

4 l'estinzione del giudizio per essersi i ricorrenti - tra cui le odierne appellanti, come si evince dal testo della pronuncia - avvalsi del condono introdotto dalla legge n. 516 del Ora, siccome la presentazione del ricorso è giocoforza anteriore all'anno 1982, il ricorso stesso è stato proposto ampiamente entro il termine decennale - a far tempo dalla apertura della successione (28 luglio 1979) - necessario a prescrivere. Il motivo è pertanto fondato. Le appellanti - in ordine alla "domanda della signora V. diretta a far dichiarare la comproprietà in ragione del 50% dei beni oggetto di divisione" in quanto il terreno acquistato dal de cuius dall'opera Nazionale Combattenti doveva considerarsi caduto in comunione legale con la moglie V.G. - ne lamentano l'infondatezza. Tale domanda - formulata in allora in via riconvenzionai e dalle odierne appellate - deve tuttavia considerarsi rinunciata dalle stesse appellate V.G. e D.A. In ordine alla domanda in parola, le appellate - in comparsa di risposta - si limitano a "riportarsi a quanto dedotto nel giudizio di primo grado". Ora, secondo la Corte Suprema, "il principio, sancito dall'art. 346 c.p.c., secondo cui le domande ed eccezioni non accolte o rimaste assorbite in primo grado debbono essere riproposte espressamente, a pena di esclusione dal tema del giudizio di appello, è applicabile anche alle controversie soggette al rito del lavoro, per le quali l'art. 436 c.c. prevede per l'appellato l'obbligo di costituirsi mediante deposito di memoria contenente l'esposizione dettagliata di tutte le sue difese. Ne consegue che il mero richiamo generico contenuto in tale memoria alle conclusioni assunte in primo grado non può essere ritenuto sufficiente a manifestare la volontà di sottoporre al giudice dell'appello una domanda o eccezione non accolta dal primo giudice, al fine di evitare che essa si intenda rinunciata" (Cass. 8 luglio 2004, n ). Inoltre, tale domanda non viene più riproposta in sede di precisazione delle conclusioni (v. comparsa di risposta in questo grado del giudizio). In questo quadro, la domanda in parola deve essere evidentemente rigettata. In conclusione, in accoglimento dell'appello principale, ritenuta infondata l'eccezione di prescrizione accolta dal Tribunale, deve dichiararsi aperta la successione di D.M. alla data del 28 luglio 1979; deve altresì dichiararsi - rigettando la domanda di V.G. e D.A. - che alla signora V.G. spetta la quota di 1/3 dell'asse ereditario e ai cinque figli D.F., D.A., D.A., D.R. e D.A. spetta la residua quota dei 2/3. La domanda di resa dei conti formulata dalle appellanti nei confronti di D.A. deve ritenersi assorbita in quanto subordinata all'accoglimento della domanda delle appellate ("ove si dovesse ritenere che il bene era caduto nella comunione legale

5 con la signora V.": v. pag. 9 appello) di ritenere in comunione legale tra il de cuius e la di lui moglie V.G. il terreno acquisito per atto notaio Pi. del 18 maggio Per quanto riguarda l'appello incidentale di V.G. e di D.A., che censurano la decisione del Tribunale in ordine alla disposta compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio, il detto appello è infondato sia in ragione del fatto che il Tribunale non è entrato nel merito della questione avendo dichiarato - secondo questa Corte, come si è detto, non condivisibilmente - prescritto il diritto delle appellanti di accettare l'eredità, sia in ragione della natura della causa (divisione). Per quanto riguarda il progetto divisionale emergente dalla c.t.u., lo stesso deve essere ridisposto alla luce della presente sentenza tenendo conto del valore attuale dei beni. In proposito, giova altresì ricordare che "nel giudizio di divisione della comunione ereditaria, occorrendo assicurare la formazione di porzioni di valore corrispondente alle quote, può aversi riguardo alla stima dei beni effettuata in data non troppo vicina a quella della decisione soltanto se si accerti che, nonostante il tempo trascorso, per la stasi del mercato o per il minor apprezzamento del bene in relazione alle sue caratteristiche, non sia intervenuto un mutamento di valore che renda necessario l'adeguamento di quello stabilito al tempo della stima; il relativo accertamento è riservato all'apprezzamento di fatto del giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità qualora non sia sorretto da una motivazione logica ed adeguata. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, con la cui motivazione era stato escluso, in modo apodittico, che si fosse verificata, dall'effettuato accertamento tecnico, una significativa variazione di valore dell'immobile da dividere, in netto contrasto col generale andamento del mercato immobiliare, non fornendosi, altresì, un'idonea giustificazione del diniego di rinnovazione della c.t.u., invocata dagli appellanti in forza del loro diritto a vedersi riconosciuto un conguaglio corrispondente all'effettivo valore di mercato dell'immobile al momento della sua attribuzione e non a quello determinato ben nove anni prima, sia pure rivalutato)" (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3635; Cass. 21 maggio 2003, n. 7961). In questo quadro, occorre rimettere avanti al Consigliere Istruttore la causa per disporre una nuova consulenza tecnica di ufficio; a ciò si provvede con separata ordinanza. Le spese del presente grado del giudizio saranno regolate al definitivo. P.Q.M. La Corte, non definitivamente decidendo sugli appelli, principale e incidentale, proposti avverso la sentenza del Tribunale di Latina n dell'anno 2004, in riforma della sentenza impugnata, accogliendo l'appello di D.F., D.A., D.A. e D.R. così decide: a) dichiara aperta la successione di D.M. alla data del 28 luglio 1979;

6 b) dispone lo scioglimento della comunione ereditaria tra D.F., D.A., D.A., D.R., D.A. e V.G. attribuendo a V.G. la quota di 1/3 dell'asse ereditario e ai cinque figli D.F., D.A., D.A., D.R. e D.A. spetta la residua quota dei 2/3; c) dispone la rinnovazione del progetto divisionale come da separata ordinanza; d) rigetta l'eccezione di prescrizione del diritto di accettare l'eredità sollevata da V.G. e D.A. nei confronti di D.F., D.A., D.A., D.R. e D.A.; e) rigetta la domanda di V.G. e D.A. volta ad ottenere la declaratoria di appartenenza alla comunione legale del terreno di acquistato dal de cuius D.M. e V.G.; f) spese al definitivo. Così deciso in Roma il 3 febbraio Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2012.

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