5^ SESSIONE: Memoria, medicina legale e psicologia del lavoro. La Riabilitazione nella Malattia di Alzheimer

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1 5^ SESSIONE: Memoria, medicina legale e psicologia del lavoro Moderatore: Brig. Gen. CSA Eugenio Velardi Direttore Istituto Medico Legale A.M. Roma La Riabilitazione nella Malattia di Alzheimer Gabriele Carbone Responsabile CENTRO DEMENZE UNITA ALZHEIMER Italian Hospital Group - Guidonia (Roma) Roma

2 Cosa si intende per riabilitazione? La riabilitazione è stata costituita come disciplina solo dopo la seconda guerra mondiale e per molti si identifica con il il recupero e la rieducazione funzionale. Questa definizione limita il campo ad una singola funzione od a parti funzionali di un soggetto astraendolo: dall ambiente, dal contesto fisico, nel quale la funzione va esercitata psicologico e sociale Inoltre, così definita, tende ad escludere che sia di competenza riabilitativa un intervento di tipo: sostitutivo, protesico, ambientale.

3 Cosa si intende per riabilitazione? (1/3) Una più precisa descrizione di che cosa debba intendersi riabilitazione può essere la definizione elaborata nei primi anni 90*: massimizzare la capacità di mantenere ruolo e autonomia nel proprio ambiente con i limiti imposti dalla patologia, dal danno funzionale e dalle risorse disponibili; aiutare la persona ad adattarsi al meglio per ogni differenza fra capacità raggiunta e desiderata La stessa definizione dell OMS stabilisce che la riabilitazione implica riportare i pazienti al massimo livello raggiungibile di adattamento fisico, psicologico e sociale. Essa comprende tutte le misure che mirano a ridurre l impatto della disabilità e dell handicap e a consentire ai disabili di ottenere un ottimo inserimento nella società. *Wade DT. Stroke: rehabilitation and long-term care. Lancet 1992;339:791-3.

4 Cosa si intende per riabilitazione? (2/3) Se quindi la consideriamo nella accezione che le è più propria, vale a dire qualsiasi strategia finalizzata a ridurre un handicap con l obiettivo di ottenere il miglior livello di autonomia utilizzando al meglio le proprie risorse residue, non possiamo non pensare anche, e direi in modo particolare, ai soggetti affetti da sindromi demenziali tra i maggiori beneficiari di interventi riabilitativi.

5 Cosa si intende per riabilitazione? (3/3) Per un malato di Alzheimer la necessità di massimizzare e insieme adattarsi al proprio ambiente è non solo utile ma continuamente necessario, essendo questa una malattia che muta continuamente nel tempo. Questa visione ci consente, di fatto, un approccio veramente ampio ed olistico e non esclude nessuna delle possibilità che si possono mettere in atto per migliorare la QoL del paziente demente, in tutte le sue espressioni, nessuna delle quali deve rimanere fuori dal nostro interesse. Tuttavia, il paziente demente è stato, ed è ancora, quasi regolarmente escluso da un percorso riabilitativo e, molto spesso, lo si vede relegato in un limbo assistenziale senza obiettivi, spesso senza impegno di cura, senza qualità.

6 Riabilitazione e Malattia di Alzheimer Il concetto di riabilitazione per il paziente affetto da MA ha infatti sofferto, e direi soffre ancora, di un atteggiamento piuttosto pessimistico, diversamente da quanto avvenuto per l afasia, il trauma cranico o l ictus cerebrale. Ciò deriva: dalla natura degenerativa della malattia dal carattere progressivo dai danni che provoca sulle funzioni cognitive (capacità di apprendimento); dalla mancanza di solide basi neurobiologiche che la supportino dallo sviluppo di tecniche riabilitative, spesso, ancora poco definite.

7 Riabilitazione e Malattia di Alzheimer Partendo da questi presupposti si sono inizialmente sviluppati interventi riabilitativi indifferenziati per lo più valutati con misure di efficacia grossolane. La prassi riabilitativa si è così ispirata principalmente modelli protesici stimolazioni globali aspecifiche sul principio use it or lose it Si sono prodotte così evidenze scientifiche molto spesso deboli e non sempre univoche. Le più recenti acquisizioni sulla plasticità del SNC e la più precisa identificazione ed evoluzione dei disturbi cognitivi ha rafforzato le basi concettuali per sostenere un intervento riabilitativo nelle sindromi demenziali.

8 Plasticità del SNC La letteratura scientifica recente evidenzia come il SNC adulto, grazie alla plasticità, può modificare la propria microstruttura. E stato documentato sia nei primati che nell uomo la possibilità di osservare riorganizzazioni corticali sia nel caso di: deprivazioni sensoriali apprendimenti di abilità particolari. Sono stati quindi suggeriti l esistenza di quattro principali tipi di neuroplasticità del cervello adulto, in seguito a lesioni cerebrali.

9 Plasticità del SNC 1. Espansione delle mappe di rappresentazione (studio del violino); 2. la riassegnazione cross-modale, Individui ciechi dalla nascita, mostrano attività della corteccia visiva ( vedono ) quando usano il Brille (lettura tattile); 3. Adattamento di aree omologhe a quelle lese. Recupero del linguaggio per attivazione di aree peri lesionali o di aree omologhe dell e. non dominante); 4. Compenso mascherato: un sistema cognitivo intatto vicaria le funzioni del sistema leso. Deficit delle funzioni verbali vengono limitati da strategie di tipo spaziale (adozione di nuove strategie cognitive per esplicare la funzione perduta).

10 Plasticità del SNC Sia negli animali che nell uomo è quindi possibile produrre: riorganizzazione ed adattamento delle rappresentazioni cerebrali sia spontaneamente che attraverso una stimolazione adeguata, sia successivamente ad importanti lesioni cerebrali. Tuttavia, sono ancora limitate le conoscenze relative ai meccanismi di riorganizzazione e compenso cerebrale in pazienti con demenza. In uno studio*, condotto con la metodica della TMS, relativa all eccitabilità della corteccia motoria in pazienti affetti da Alzheimer, è stata dimostrata la presenza di una: riorganizzazione della corteccia motoria già in fasi precoci della malattia. Questo interessante lavoro conferma i dati clinici che evidenziano la presenza di deficit motori solo nelle fasi più avanzate della malattia. *Ferreri et al. Ann Neurol 2003;53:102-8

11 Progressione gerarchica dei disturbi cognitivi Gli studi sui processi cognitivi hanno evidenziato che, nei pazienti con MA, i disturbi di memoria sembrano essere causati prevalentemente da: difficoltà di acquisizione di nuove informazioni (encoding), mentre le fasi di immagazzinamento (storage) e rievocazione (retrival) risulterebbero relativamente risparmiate. Questi dati sono supportati da chiare evidenze neuroanatomiche: Le aree cerebrali più coinvolte nelle prime fasi di AD sono le strutture mediali del lobo temporale, in particolare l ippocampo (struttura che interviene nelle fasi di encoding). Tali strutture appaiono quindi coinvolte nelle fasi di consolidamento di nuovi ricordi di tipo episodico mentre il consolidamento di informazioni mnesiche di tipo semantico sembrerebbe richiedere un minore coinvolgimento dell ippocampo.

12 Progressione gerarchica dei disturbi cognitivi All esordio della malattia ad essere deficitaria è la memoria episodica mentre molte funzioni cognitive sono relativamente risparmiate (linguaggio, prassie, gnosie) Inoltre, la memoria implicita resta conservata più a lungo rispetto a quella esplicita, e persino ciò che resta di quest ultima, nelle fasi molto precoci di malattia, può essere sfruttata con particolari tecniche: i malati di AD sono perciò ancora in grado di apprendere o riappendere. Abbiamo quindi compreso che nella MA le funzioni cognitive non sono compromesse in maniera omogenea fin dall esordio della malattia, ma seguono un modello di impoverimento progressivo.

13 Riabilitazione e Malattia di Alzheimer Queste acquisizioni, la limitata efficacia dei trattamenti farmacologici, che allo stato sono sostanzialmente sintomatici, e la comparsa nella letteratura scientifica di dati che indicano l approccio combinato (farmacologico riabilitativo) come migliore rispetto al solo intervento farmacologico, hanno così contribuito a ridimensionare il pregiudiziale scetticismo sull utilità riabilitativa per questi malati. Attualmente, infatti, nella pratica clinica vengono ampiamente adottati interventi riabilitativi ed i risultati positivi, per lo più ottenuti empiricamente, ne supportano l utilizzo; tuttavia vedremo che nella maggioranza dei casi non hanno ancora trovato basi ed indicazioni rigorosamente poggiate su studi clinici.

14 Riabilitazione e Malattia di Alzheimer Il concetto di riabilitazione applicato al paziente affetto da MA sta quindi assumendo un significato : molto ampio per i domini cognitivi funzionali su cui deve intervenire comportamentali complesso per gli ambiti socio ambientali di cui deve tener conto relazionali proprio in base alla definizione dell OMS ricordata: "l insieme di interventi che mirano allo sviluppo di una persona al suo più alto potenziale sotto il profilo fisico, psicologico, sociale, occupazionale ed educativo, in relazione al suo deficit fisiologico o anatomico e all ambiente".

15 Riabilitazione e Malattia di Alzheimer Quindi l approccio riabilitativo deve prevede interventi che, considerato il contesto ambientale e le risorse funzionali del paziente, rendano il suo ambiente fisico ed interpersonale (ed i luoghi di cura) tali da promuovere un nuovo equilibrio adattativo. Partendo da questa considerazione dovranno essere considerati interventi: Sulla persona: miranti al compenso cognitivo funzionale, psicologico e comportamentale Sull ambiente: per ricostruire un nuovo equilibrio adattativo, protesico Sulla famiglia: per trasmettere competenze assistenziali per migliorare la gestione domiciliare/sociale/legale e ridurre così lo stress Con l obiettivo finale di individuare le migliori strategie per potenziare le abilità funzionali o rallentarne la perdita ed assicurare la migliore QoL al malato, in relazione allo stato di malattia, ed alla sua famiglia.

16 Riabilitazione Tradizionale e nella M.A. Riabilitazione Tradizionale Recuperare la funzione Valutare i deficit Correggere/guarire i deficit Adattare il paziente all ambiente Istruire il paziente Insegnare nuove strategie al paziente Riabilitazione nella M. di Alzheimer Compensare ed adattare Valutare le abilità Agevolare le potenzialità residue Adattare l ambiente al paziente Istruire il caregiver Adattare il compito al paziente

17 Riabilitazione e Malattia di Alzheimer Per riabilitare un paziente demente è quindi richiesta una attenta valutazione: Multiprofessionale Multidimensionale Scale di valutazione Neurologo/Neurops. Internista/Geriatra Psicologo T. Occupazionale Fisioterapista Logopedista Assistente Sociale Cognitiva Comorbidità Caregiver /paziente AVQ A. domestico Funzioni motorie Linguaggio Contesto sociale MMSE, ADAScog CIRS CSI, CBI, NPI; IADL, ADL, Barthel Tinetti Prove linguaggio Scheda sociale L intervento riabilitativo non deve quindi essere identificato (come spesso accade) con la sola stimolazione cognitiva, ma è tutto il campo delle disfunzioni personali, familiari e sociali, che deve essere valutato, stimolato e aiutato; non a caso si parla sempre più spesso di progetto riabilitativo assistenziale individualizzato (PRAI).

18 Progetto Riabilitativo Assistenziale Individualizzato Punto di partenza di un PRAI è la valutazione multiprofessionale multidimensionale che ha come obiettivo l identificazione delle risorse cognitive e funzionali ancora preservate dal processo degenerativo su cui poter poi intervenire per potenziarle o prevenirne l ulteriore perdita. Con il PRAI vengono definiti quindi: 1. Gli obiettivi (cognitivi, funzionali, comportamentali, socioambientali) 2. Gli interventi (diretti ed indiretti: paziente, famiglia, ambiente) (individuali e/o di gruppo) 3. Tecniche e strategie da utilizzare: cognitivo - comportamentali Obiettivo finale rimane in ogni caso assicurare la migliore QoL del paziente, permettendogli il miglior livello funzionale possibile in relazione allo stato clinico, e della sua famiglia.

19 Tecniche riabilitative: monostrategiche - multistrategiche Le tecniche riabilitative vengono sostanzialmente distinte in: 1. Monostrategiche o specifiche (cognitive) Interventi mirati a stimolare particolari funzioni cognitive (relativamente risparmiate nella MA lieve/moderata) o che sfruttano specifiche funzioni cognitive per far riapprendere al paziente informazioni rilevanti e sono derivati dai modelli cognitivi di evoluzione della malattia 2. Multistrategiche o generiche (cognitivo-comportamentali) Interventi che mirano ad un riorientamento o una stimolazione globale del paziente e non sono derivati da ipotesi di lavoro basate sui modelli cognitivi di evoluzione della malattia.

20 Tecniche riabilitative: monostrategiche - multistrategiche Monostrategiche o specifiche Memoria esplicita: Spaced retrieval tecnique Method of Vanishing cues Errorless learning tecnique Subject performed task Ausili computerizzati Metodo delle iniziali, M. delle storie assurde M. delle immagini assurde M. visualizzazione (visual imagery) Metodo PQRST Memoria implicita: Procedural memory training (sensorimotor skills training)

21 Tecniche riabilitative: monostrategiche - multistrategiche ROT, 3R therapy (ROT, Reminescenza Rimotivazione), Validazione Musicoterapia Milieu Therapy Multistrategiche o generiche

22 MMSE Lieve Tecniche riabilitative: Cognitive e cognitivo-comportamentali Interventi sul paziente Interventi sull ambiente Moderato Grave Mnemotecniche Training cognitivi ROT ROT Riminiscenza Rimotivazione Validazione Milieu Therapy Musicoterapia Anni di malattia

23

24 Stress Burn out del caregiver Fattori di stress secondari intrapsichici Globali Autostima Mastery learning Situazionali Imprigionamento Crescita personale Fattori primari di stress Indicatori oggettivi Stato cognitivo Comportamento Stato funzionale Indicatori soggettivi Sovraccarico Isolamento Fattori di stress secondari di ruolo Conflitti familiari Conflitti con il lavoro Problemi economici Fattori Contestuali Sociodemografci Rete familiare Rete sociale Mediatori Coping Supporto sociale Outcome Depressione Ansia Salute fisica Prendersi cura di chi si prende carico Gli interventi psicosociali diretti verso i caregivers (educazione, supporto, servizi) migliorano non solo il loro benessere e QoL, ma anche quelle del paziente affetto da demenza e arrivano a dilazionare l istituzzionalizzazione Nerology 56:1161, 2001

25 Stress Burn out del caregiver Interventi sulla famiglia Counselling familiare, già al momento della diagnosi per: individuare i potenziali caregivers. prevenire o trattare gli scompensi delle dinamiche intrafamiliari e le eventuali conseguenze psichiche. Psicoeducazionali, durante il decorso della malattia per: informare la famiglia e il caregiver sulle effettive abilità del paziente, istruire sulle strategie da adottare per facilitare processi di adattamento all ambiente domestico che possano garantire il mantenimento di autonomie, fornire uno sostegno psicologico al caregiver: gruppi di supporto.

26 Interventi ambientali

27 Interventi ambientali Obiettivi degli interventi ambientali: 1.Garantire sicurezza 2.Compensare i disturbi di memoria e di orientamento 3.Evitare stimoli stressanti o deprivazione sensoriale 4. Rispettare la privacy e le capacità decisionali residue COME? Ausili e supporti, eliminazione di ostacoli, luci di sicurezza, buona illuminazione degli ambienti, percorsi sicuri Utilizzo di colori ed etichette per compensare deficit di discriminazione sensoriale, orologi, calendari per orientamento Evitare elevati livelli di stimolazione ma non troppo privo (commisurato sul tipo di paziente)

28 Musicoterapia Cinque studi analizzati. La qualità metodologica degli studi è piuttosto povera e i risultati non possono essere comparati per ulteriori analisi non ci sono sostanziali evidenze per supportare o scoraggiare l utilizzo della musicoterapia nel trattamento della demenza Vinketal., 2003 Aromaterapia L aromaterapia ha rivelato effetti benefici (agitazione) in un solo trial considerato, ma ci sono forti limitazioni metodologiche. Sono necessari RCT su larga scala per tracciare conclusioni sull efficacia dell aromaterapia Thorgrimsen et al., 2003 Fototerapia Le evidenze di efficacia dell utilizzo della fototerapia nella Demenza sono insufficienti. Gli studi disponibili sono di bassa qualità metodologica e c è la necessità di ulteriori studi che ne supportino l efficacia. Forbeset al., 2006

29 Interventi sul paziente

30 Indicazioni per l applicazione delle tecniche riabilitative in rapporto al livello di gravità della MA STADI DELLA DEMENZA Lieve Moderato severo Terapia di Orientamento alla Realtà (ROT)(A) + + 3R Therapy (ROT+Riattivazione+Reminescenza) (A) + + Terapia di Reminiscenza (B) + + Terapia di Validazione (B) + + Stimolazione della memoria prospettica (B) + Stimolazione della memoria procedurale motoria (A) + + Stimolazione della memoria procedurale sensoriale e cognitiva(a) + Mnemotecniche (A) + Musicoterapia (B) + + Milieu Therapy (B) + A: sufficientemente suffragato da ricerche sperimentali controllate B: suffragato da casi singoli o studi non controllati

31 Interventi riabilitativi sul paziente Approcci Multistrategici

32 ROT: Reality Orientation Therapy Ideata da Folsom nel 1958 è finalizzata a migliorare l orientamento del paziente rispetto a sé, alla propria storia e all ambiente. Tramite ripetitive stimolazioni multimodali (visive, scritte, uditive, musicali) si prefigge di rinforzare le informazioni di base modificando le relazioni sociali, riducendo l isolamento e i comportamenti disadattivi Informale (facilitazioni spazio temporali e stimolazioni nell ambiente di vita del paziente) e Formale (sessioni con operati per gruppi di pazienti con uguale decadimento cognitivo) Quali pazienti Decadimento lieve-moderato, senza deficit sensoriali e senza disturbi comportamentali

33 ROT Reality Orientation Therapy 1. Effetti positivi del trattamento fino a otto mesi (Zanetti et al., 1995) 2. L effetto migliora se abbinato al trattamento con donepezil (Spector et al., 2003, Zanetti, Carbone et al., 2005) 3. Se l intervento formale è abbinato a quello informale l intervento è più efficace 4. Predittori di efficacia: decadimento lieve - moderato e assenza di compromissione delle funzioni frontali E l unico trattamento considerato efficace dalla revisione Cochrane (Spector et al., 2005)

34 Terapia della Reminescenza 1. Gli eventi remoti sono lo spunto per stimolare le risorse mnesiche residue e recuperare esperienze emotivamente piacevoli (Gragnon et al., 1996) 2. Ha fondamenti nella psicologia dinamica e sulla tendenza dell anziano a rievocare il suo passato 3. Intervento informale individuale o di gruppo Quali pazienti Decadimento lieve, nei pazienti con decadimento severo è necessario un intervento più diretto e strutturato Nonostante ci siano promettenti indicazioni, ma vista la bassa qualità dei lavori pubblicati (4) e delle differenze di intervento applicato, c è un urgente bisogno di studi condotti con maggiore rigore sperimentale per tracciare conclusioni definite di efficacia. Woods et al., 2005

35 Terapia di Validazione Introdotta da Feil nel Il terapista cerca di conoscere ed immedesimarsi nella visione della realtà del paziente al fine di creare contatti emotivi significativi (approccio empatico con il paziente) per farlo sentire accettato e permettere di recuperare l autostima, presupponendo che la realtà soggettiva abbia più valore di quella oggettiva. Intervento individuale o piccoli gruppi. Gruppi: sessioni settimanali (30-60 minuti) nella quale un membro svolge un ruolo specifico con momenti dedicati alla musica, al colloquio, al cibo e all esercizio motorio. Quali pazienti Decadimento moderato che non possono seguire interventi come ROT o Training della memoria. Insufficienti evidenze dagli studi randomizzati per dettare qualsiasi conclusione di efficacia della validazione per i pazienti con demenza Neil e Briggs, 2003

36 Terapia della Rimotivazione Tecnica per stimolare la memoria attraverso la ripresa di interesse verso avvenimenti esterni o tematiche legate alla vita attuale del malato; è finalizzata a limitare e contrastare l isolamento (r. di gruppo) ed a far sentire la persona ancora partecipe al suo contesto di vita. Milieu Therapy Modificare/modulare il contesto in cui vive il paziente (l atmosfera sociale ed affettiva) per renderlo compatibile con le sue capacità funzionali. Al tempo stesso si modificano le aspettative delle persone che si prendono cura del paziente. La Musicoterapia Come stimolazione sensoriale (ascolto di brani familiari), come rilassamento; per favorire la socializzazione e come mezzo per veicolare informazioni non verbali (la cui comprensione è conservata anche nelle fasi più avanzate della demenza) ad esempio per segnalare l ora del pranzo oppure alla sera per favorire l addormentamento.

37 Interventi riabilitativi sul paziente Approccio Monostrategico L APPROCCIO COGNITIVO Benché ci siano limitate evidenze che la riabilitazione sia efficace nel trattamento dei deficit di memoria, ci sono considerevoli evidenze che le disabilità possono essere trattate. Barbara Wilson

38 QUALI POSSIBILITA DI INTERVENTO? Il deficit principale è legato alla MEMORIA EPISODICA, in particolare i processi di CODIFICA

39 Quali Obiettivi? Ottimizzare la memoria episodica residua Costruire un intervento sfruttando la memoria procedurale Insegnare e aumentare l utilizzo di aiuti esterni e metodi di compensazione Come intervenire? 1.Codifica multisensoriale dello stimolo 2.Autogenerazione di strategie mnemoniche 3.Apprendimento senza errori 4. Stimolazione cognitiva di gruppo e Training individuali della singola funzione mnesica 5.Approccio olistico (contesto, emotività)

40 Fasi Iniziali della Demenza di Alzheimer Sono interventi centrati sulle difficoltà di memoria e delle funzioni esecutive (attenzione e pianificazione) nella vita quotidiana. 1.Buona valutazione dei deficit cognitivi 2.Valutazione delle capacità di affrontare problemi (coping), consapevolezza del deficit, la motivazione 3.Contesto, famiglia DETERMINANO L EFFICACIA DEL TRATTAMENTO!! APPRENDIMENTO E RIAPPRENDIMENTO E ABILITA RESIDUE STRATEGIE COMPENSATORIE Sessioni individuali, gruppi pazienti, gruppi familiari

41 Fasi Iniziali della Demenza di Alzheimer FACILITARE LA MEMORIA RESIDUA RECUPERO AD INTERVALLI CRESCENTI (Spaced Retrieval) La ripetizione di un informazione rinforza il suo immagazzinamento. Il beneficio dell apprendimento è aumentato quando il ripasso è ripetuto aumentando la distanza temporale. 1.Una serie di studi hanno mostrato chiari benefici di questa tecnica nell associazione viso-nome, denominazione oggetti e per la programmazione delle attività quotidiane (memoria prospettica). 2. Può essere insegnato anche al caregiver INDIZI DECRESCENTI (Vanishing Cue) L apprendimento viene consolidato attraverso la riduzione graduale di indizi/aiuti finalizzati al recupero (retrival) dell informazione.

42 Fasi Iniziali della Demenza di Alzheimer FACILITARE LA MEMORIA RESIDUA Errorless learning tecnique Prevede che, durante la fase di codifica, il paziente memorizzi il materiale commettendo il minor numero di errori; la prevenzione degli errori nella fase di apprendimento si è dimostrata efficace nel migliorare l apprendimento nei pazienti con MA. Può essere insegnata anche al caregiver. Subject Performed Task L apprendimento viene consolidato attraverso azioni corrispondenti a quanto deve essere appreso. Può essere attuato secondo differenti tecniche e solitamente è utilizzato in fase di demenza lieve. Dagli studi emergono risultati spesso contrastanti (miglioramento cognitivo vs nessuna differenza rispetto a gruppo di controllo).

43 Fasi Iniziali della Demenza di Alzheimer FACILITARE LA MEMORIA RESIDUA Metodo PQSRT (preview, question, read, state, test): metodo per addestrare alla analisi di ciò che si deve apprendere. Immagini visive, Mnemotecniche, Indizi fonemici, ausili computerizzati, Metodo delle iniziali, delle storie assurde e delle immagini assurde, delle associazioni di immagini a materiale verbale per facilitarne la memorizzazione (visual immagery), Nessi logici, Categorizzazione semantica o fonologica, schematizzazioni. 1. Poche evidenze di efficacia nei pazienti dementi (solo casi singoli) 2. Difficoltà ad utilizzare una tecnica mnesica esplicita 3. Richiesta di molte risorse cognitive 4. Funzionano per apprendimenti specifici

44 Fasi Iniziali della Demenza di Alzheimer FACILITARE LA MEMORIA RESIDUA PROCEDURAL MEMORY TRAINING (o sensory motor Skills training) Obiettivo: stimolare e migliorare la memoria procedurale motoria coinvolgendo il paziente in attività strumentali e di base della vita quotidiana. Durante una seduta possono essere proposti esercizi di simulazione o di esecuzione di attività della vita quotidiana: comunicazione con l'esterno (spedire una lettera, utilizzare il telefono, ecc.), cura e igiene personale (es. lavarsi il viso, i denti, ecc.), attività di cucina (es. preparazione del caffè, di un dolce, ecc.), legate all'abbigliamento (es. abbottonarsi una camicia, vestirsi, ecc.). Può essere insegnata anche al familiare. E' rivolto a pazienti affetti da demenza di grado medio-lieve senza disturbi comportamentali associati nei quali si è dimostrata efficace.

45 Fasi Iniziali della Demenza di Alzheimer STRATEGIE DI COMPENSAZIONE agende, diari Hanno la funzione di ridurre il CARICO DI MEMORIA - Richiedono un attenzione particolare - I più specifici e precisi possibile - Training iniziale (in ambiente simulato e poi reale) Conclusioni sull approccio riabilitativo cognitivo Le evidenze attuali non forniscono un forte supporto all utilizzo dell intervento cognitivo per i pazienti nelle fasi iniziali della demenza di Alzheimer Ma tali evidenze devono essere viste con cautela data la scarsità di di RCT e i limiti metodologici Data l assenza di RCT per approcci riabilitativi individualizzati, non è possibile a oggi delineare conclusioni definitive di efficacia di questo tipo di intervento Clare et al., 2003

46 Quali possibili conclusioni? Da quanto esposto appare chiaro che le possibilità di interventi riabilitativi già oggi siano molti e sufficientemente giustificati, non solo per la malattia di Alzheimer ma anche per altre forme di demenza. Si tratta comunque di interventi che, nella maggioranza dei casi, malgrado l ampia utilizzazione nella pratica clinica, non hanno ancora trovato supporti e indicazioni definitive, rigorosamente fondate su studi clinici. La loro ampia diffusione, la familiarità degli operatori con questi approcci ed i risultati positivi che empiricamente vengono ottenuti nei singoli casi ne supporta tuttavia l impiego ed apre il campo ad un vasto territorio di ricerca, strettamente legato alla pratica, di cui si ha un grande bisogno.

47 Quali gli sviluppi? Favorire specifici progetti di ricerca, multicentrici, che ci permettano di meglio comprendere utilità e limiti degli interventi riabilitativi nelle malattie degenerative per: 1. Definire meglio le metodiche di intervento: ancora etereogenee e ancora non ben codificate: 2. Individuare misure di efficacia sufficientemente sensibili per cogliere il senso di benessere riferito dal paziente/caregiver 3. Analisi delle variabili predittive per determinare con precisione quale trattamento riabilitativo meglio si adatta ad ogni tipologia di paziente per massimizzare i benefici. 4. Efficacia a lungo termine 5. Sviluppare interventi riabilitativi globali/olistici 6. Analizzare il rapporto costo/beneficio 7. Generalizzabilità

48 .. ed intanto che fare? Per quanto sin qui esposto ritengo che bisogna continuare a stimolare la diffusione di un approccio socio-sanitario integrato, che possa garantire una continuità di interventi sul paziente sulla famiglia e sull ambiente che poggino su tre pilastri

49 Grazie Per l attenzione

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