Caratteristiche costruttive dei robot industriali
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- Damiano Torre
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1 61 Caratteristiche costruttive dei robot industriali L architettura del robot è quella descritta schematicamente in figura 1, costituita dai seguenti sottoinsiemi: struttura meccanica; sistema d azionamento; sistema di comando. 1. Struttura meccanica Fig. 1. Architettura di un robot industriale. Fig. 2. Giunto rotoidale. La struttura meccanica dei robot è costituita da una catena cinematica aperta, formata con elementi normalmente posti in serie. Ciascun componente, che si indica con il termine link, è collegato a quello successivo per mezzo di giunti (joint); questi possono essere: rotoidali (fig. 2); prismatici (fig. 3); sferici (fig. 4); elicoidali. Quelli di gran lunga più impiegati sono i primi due; il giunto elicoidale è praticamente costituito da una vite a ricircolazione di sfere. Il primo componente della catena è il basamento, che può essere fisso o mobile; l ultimo è l attuatore finale, che assume un importanza fondamentale in relazione all applicazione. La nomenclatura e le configurazioni strutturali più diffuse sono esaminate nelle schede 64 e 65. Il compito fondamentale della struttura meccanica è quello di posizionare nello spazio l attuatore finale, o meglio il suo TCP (Tool Center Point), in modo che il robot possa correttamente intervenire sul processo produttivo. Ciascun punto dello spazio è definito da tre coordinate; il moto di qualsiasi corpo rigido è definito da sei coordinate, tre delle quali definiscono lo spostamento di un suo punto caratteristico, come per esempio il baricentro, mentre le altre tre individuano le rotazioni rispetto ai tre assi di riferimento cartesiani; la posizione di un corpo nello spazio, nota quella di un suo punto e la sua forma geometrica, è individuata da sei grandezze. Tutte le precedenti considerazioni si possono sintetizzare nell affermazione che un corpo solido ha nello spazio in cui si muove sei gradi di libertà; per conoscere univocamente la posizione assunta nello spazio dal TCP (Tool Center Point) di un robot sono quindi necessarie sei coordinate, tre traslazioni e tre rotazioni. Un robot può dunque essere in grado di posizionare e orientare completamente l end effector solo se dispone di sei gradi di libertà; un automa dotato di un numero di gradi di libertà inferiore a sei non permette di posizionare e orientare completamente la sua estremità; un robot dotato di un numero 318 ROBOT INDUSTRIALI
2 Fig. 3. Giunto prismatico. Fig. 4. Giunto sferico. di gradi di libertà superiore a 6 si dice ridondante; tale ridondanza dei gradi di libertà corrisponde alla mobilità della struttura del robot. Le figure 5 e 6 mostrano rispettivamente robot a tre e a cinque gradi di libertà; esse rappresentano lo schema funzionale cinematico del robot; in esso vengono rappresentati i movimenti dei vari link nonché i tipi di giunto. Nella tabella 1 sono definite le notazioni convenzionali attraverso le quali rappresentare lo schema funzionale cinematico di un qualsiasi robot; in figura 7 sono invece riportati alcuni esempi di strutture a tre gradi di libertà con riferimento costituito dal telaio fisso; si nota che: i robot cartesiani sono caratterizzati da tre accoppiamenti prismatici e pertanto sono definiti P-P-P; i robot cilindrici sono definiti P-R-P; i robot polari hanno un cinematismo R-R-P con due rotazioni intorno ad assi ortogonali tra loro; i robot articolati sono definiti R-R-R con tre rotazioni che non riguardano assi paralleli; i robot SCARA appartengono alla categoria P-R-R e R-R- P, con le due rotazioni che avvengono intorno ad assi paralleli. Tab. 1. Simboli grafici per schemi funzionali cinematici. Coppia Simbolo convenzionale G.L. Tipo di movimento Nome Fig. 5. Robot a tre gradi di libertà R-P-R. Incastro 0 Nessuno I Rotoidale 1 Rotazione R Prismatica 1 Traslazione P Elicoidale 1 Traslazione E Fig. 6. Robot a cinque gradi di libertà R-R-P-R-R. Sferica 3 Rotazione S ROBOT INDUSTRIALI 319
3 Fig. 7. Strutture cinematiche a tre gradi di libertà. 320 ROBOT INDUSTRIALI
4 2. Sistema di azionamento Ciascun asse del robot necessita di un azionamento per convertire i segnali provenienti dall unità di governo in movimenti della struttura; ciò avviene attraverso la trasformazione in energia meccanica dell energia disponibile per ogni asse; questa può essere pneumatica, oleodinamica o elettrica. Nella maggior parte dei casi gli azionamenti robotici sono di tipo elettrico e operano secondo lo schema di controllo ad anello chiuso. Gli attuatori impiegati nella costruzione del sistema di azionamento degli automi sono riportati, separati per fonte energetica, nella tabella 2. Attuatori pneumatici Gli attuatori pneumatici sono sempre meno utilizzati nella costruzione dei bracci robotici a causa della difficoltà di ottenere un preciso controllo di posizione; infatti, poiché la principale caratteristica dell aria è la sua comprimibilità, essi Tab. 2. Classificazione degli azionamenti robotici. Classificazione degli azionamenti robotici Fonte energetica Attuatore Modello Cilindro A semplice e a doppio effetto A stelo passante Senza stelo A più posizioni PNEUMATICA OLEODINAMICA ELETTRICA Motore Attuatore rotante Cilindro Motore Motore D.C. Motore passo-passo A palette A ingranaggi A pistoni A membrana A turbina A paletta A pistone-cremagliera A semplice effetto A stelo passante A più posizioni A ingranaggi A palette A pistoni Tradizionali A magneti permanenti Senza spazzole A magneti permanenti A riluttanza variabile Ibrido Sincrono e asincrono Motore A.C. Elettromagnete In D.C. e in A.C. ROBOT INDUSTRIALI 321
5 presentano l inconveniente di un comportamento dinamico oscillatorio non facilmente controllabile. Largo impiego hanno invece nella realizzazione degli organi di presa e dei manipolatori a sequenza fissa. I cilindri possono essere accoppiati a ingranaggi per trasformare le traslazioni in rotazioni. Dal punto di vista dell applicazione nella robotica gli attuatori pneumatici hanno i seguenti vantaggi: potenze specifiche elevate; velocità di movimento elevata; sforzi ridotti alle basse pressioni; funzionamento semplice e affidabile; pulizia; assenza di scintille; facile manutenzione. Presentano per contro i seguenti svantaggi: precisione solo a fine corsa; posizione intermedia dipendente dal carico a causa della comprimibilità dell aria; velocità non costante; instabilità dinamica. Attuatori oleodinamici Gli attuatori oleodinamici sono utilizzati nei robot che movimentano grandi carichi dal momento che, tra le diverse tecnologie, quella idraulica presenta il più conveniente rapporto potenza/peso. Nelle applicazioni robotizzate le pressioni di lavoro sono dell ordine dei 100 bar per consentire l impiego di tubazioni flessibili e leggere; purtroppo l olio in pressione deve essere prodotto sul posto di utilizzo con una centralina idraulica comprendente il motore elettrico, la pompa, i filtri e il serbatoio; vengono impiegati, come nell attuazione pneumatica, cilindri accoppiati a meccanismi vari per trasformare il moto lineare in rotatorio. Gli attuatori oleodinamici presentano i seguenti vantaggi: grandi potenze specifiche (fino a 3,5 kw/kg); velocità costanti al variare del carico applicato; elevate coppie e accelerazioni; forze costanti; elevate velocità; buona precisione di posizionamento; ridotti problemi di stabilizzazione; assenza di scintille. Per quest ultima loro proprietà sono insostituibili, nei casi di ambienti ad atmosfera potenzialmente esplosiva, quando le forze in gioco non consentono l impiego dell attuazione pneumatica. Gli svantaggi degli attuatori idraulici sono invece: difficoltà di sistemazione delle tubazioni; possibili perdite d olio; basso rendimento energetico ed elevate perdite; 322 ROBOT INDUSTRIALI
6 dissipazione della potenza nelle valvole; elevato costo e ingombro della centralina idraulica; rumorosità. Attuatori elettrici Gli attuatori elettrici robotici sono normalmente alimentati attraverso convertitori che trasformano l energia elettrica disponibile dalla rete, conferendole le caratteristiche particolari richieste dal motore, e provvedono al controllo della velocità di rotazione dell albero. I motori elettrici destinati all impiego nella robotica hanno caratteristiche diverse da quelli normalmente impiegati, in servizio più o meno continuo, a velocità costante o variabile in maniera discreta; in altri termini sono molto diverse le caratteristiche dei motori impiegati per la meccanizzazione, intesa come sostituzione del lavoro muscolare con quello della macchina, dai motori utilizzati nell automazione, intesa come sostituzione di azioni programmate con un dispositivo automatico. L impiego degli azionamenti elettrici nei robot è rapidamente aumentato negli ultimi anni fino ad arrivare all attuale livello di diffusione che li vede equipaggiare circa l 85% dell intera produzione. I vantaggi degli attuatori elettrici sono numerosi; citiamo solo quelli più importanti rispetto all applicazione di cui stiamo trattando: facilità di alimentazione; possibile eliminazione dei riduttori di velocità; possibilità di montaggio diretto sugli assi; precisione e affidabilità del comando; assenza d inquinamento o di perdita d olio. I principali svantaggi di questi attuatori sono invece: non elevato rapporto potenza/peso; minori coppie massime rispetto agli attuatori idraulici; possibile emissione di scintille nell ambiente. 3. Attuatore finale L attuatore finale è la parte terminale del robot, ovvero quella che viene a contatto con gli oggetti sui quali esso deve operare. La sua costituzione dipende dalla particolare applicazione, tuttavia è necessario distinguere tra due tipologie: organi di presa; utensili. I primi sono utilizzati prevalentemente nei robot di manipolazione e montaggio, mentre gli utensili equipaggiano gli automi impiegati nella verniciatura, nella saldatura e nei vari tipi di lavorazione. Gli organi di presa dei robot hanno il compito, assolutamente ROBOT INDUSTRIALI 323
7 non facile, di sostituire la mano dell uomo; per comprendere la complessità di quest organo basta pensare che esso possiede 22 gradi di libertà; tuttavia per le applicazioni più diffuse sono necessari elementi di presa con un numero piuttosto limitato di gradi di libertà. Per posizionare e orientare un corpo nello spazio occorrono sei gradi di libertà; di questi, tre sono normalmente attribuiti al braccio; pertanto, per completare le possibilità di orientamento, il polso e la mano devono possedere i restanti tre movimenti oltre a quello di chiusura, o serraggio, che garantisce la presa del pezzo da manipolare; in alcuni casi possono essere sufficienti anche due o addirittura un solo grado di libertà dell attuatore finale. Gli organi di presa possono essere classificati in base al tipo d energia da cui dipende la forza di serraggio; si hanno dispositivi: elettromeccanici; elettromagnetici; pneumatici. Gli organi di presa più diffusi sono sicuramente quelli pneumatici. Dal punto di vista funzionale e costruttivo le mani dei robot possono essere: pinze meccaniche (gripper); ventose; dita a deformazione; prelevatori a espansione; pinze magnetiche. Nelle pinze meccaniche le dita, due o tre, sono azionate, sia in chiusura che in apertura, da un motore elettrico oppure da un cilindro pneumatico od oleodinamico. Nei modelli a fluido la forza di serraggio è regolabile variando la pressione di alimentazione dell attuatore; la velocità di chiusura o apertura è modificabile invece attraverso l impiego dei regolatori di flusso. A parità di forza esercitabile gli attuatori oleodinamici hanno ingombro minore; tuttavia essi sono più costosi e pertanto si impiegano solo quando esiste la necessità di forze di serraggio elevate. Fig. 8. Pinze a chiusura parallela (Sommer). 324 ROBOT INDUSTRIALI
8 Fig. 9. Pinze con chiusura a forbice (Sommer). Per l azionamento delle dita vengono impiegati cinematismi di vario tipo (leveraggi, camme, ruote dentate, molle, ecc.) che possono originare traslazioni (fig. 8) o rotazioni (fig. 9); nei due casi si parla rispettivamente di sistema di chiusura parallelo e a forbice. Le pinze meccaniche possono realizzare sia la presa esterna che quella interna; l esigenza di manipolazione di oggetti, anche molto diversi tra di loro, pone problemi di adattabilità che vengono superati attraverso l intercambiabilità delle sole dita o dell intera pinza. La forza di serraggio delle pinze viene calcolata con i metodi classici dell analisi dinamica dei cinematismi, tenendo conto delle caratteristiche di resistenza dell oggetto da manipolare. Le ventose sono particolarmente adatte al prelievo di corpi lisci, difficili da prendere con sistemi tradizionali perché privi di appigli, fragili o facilmente deformabili. Si fissano a opportuni supporti, hanno forme diverse in funzione dell applicazione e sono realizzate con materiali elastici per garantire sia l adattamento alla forma dell oggetto che la tenuta ermetica del vuoto. L inconveniente maggiore delle ventose è costituito dal fatto che mal si adattano a superfici sporche oppure porose. La forza di tenuta di una ventosa è data dalla relazione: F S p [61.1] Fig. 10. Dita a deformazione (Megliani). dove S è l area efficace, che è normalmente diversa dall area geometrica della ventosa a causa della sua deformazione, mentre p è la differenza di pressione tra l interno e l esterno della ventosa. Le dita a deformazione sono corpi cavi costruiti con materie plastiche che si deformano, quando sono in pressione, in una sola direzione (fig. 10). Sono sempre meno impiegate dal momento che per afferrare corpi aventi struttura geometrica complessa, loro specifico campo di applicazione, vengono sempre più utilizzate pinze meccaniche a tre dita. I prelevatori a espansione sono elementi elastici montati su un supporto tipo mandrino come indicato in figura 11 dove sono rappresentati i due modelli per presa interna ed esterna. L aria viene immessa tra elemento elastico e mandrino provocando, per deformazione, l aderenza del prelevatore al particolare da afferrare; la forza di tenuta è data dalla relazione: F ps [61.2] Fig. 11. Prelevatori a espansione interni ed esterni (Megliani). dove p è la pressione di alimentazione ed S la superficie di contatto. ROBOT INDUSTRIALI 325
9 Le pinze magnetiche possono essere realizzate sia con magneti permanenti che con elettromagneti; le prime hanno il difetto di non consentire facilmente il distacco del pezzo ma sono gli unici utilizzabili in ambienti con pericolo d esplosione. I corpi manipolati con pinze elettromagnetiche devono essere piani, puliti e soprattutto magnetizzabili. Qualora il robot debba effettuare lavorazioni particolari è necessario che esso sia dotato di utensili specifici; per esempio, un robot per verniciatura dovrà avere in dotazione una pistola a spruzzo, un robot per saldatura dovrà essere equipaggiato con una pinza o con una torcia, una mola sarà necessaria per effettuare sbavature, una punta per forare, ecc. Normalmente gli utensili impiegati nei robot sono derivati da quelli comuni, per mezzo di opportuni adattamenti, e possono essere montati fissi o intercambiabili; la seconda soluzione è indispensabile quando il robot deve cambiare spesso il tipo di lavorazione; qualora nello stesso ciclo siano richieste al robot lavorazioni diverse, occorre prevedere un dispositivo automatico di cambio utensile, che preleva quello necessario da un magazzino e lo monta automaticamente sul polso o sulla mano dell automa. 4. Sistema di comando Il sistema di comando del robot è costituito dall unità di governo e dall insieme dei sensori. L unità di governo acquisisce i dati in ingresso, li elabora sulla base di un programma utente, e invia gli opportuni segnali di comando agli attuatori. Tale unità può essere realizzata per mezzo di sequenziatori, controlli numerici, controllori logici programmabili e microcomputer; quest ultima soluzione è quella più praticata mentre le prime due sono riservate ai robot meno avanzati. I sensori sono sostanzialmente strumenti di misura che rilevano grandezze fisiche relative sia al robot (interni) che all ambiente di lavoro (esterni) ed effettuano la retroazione. I sensori esterni possono essere suddivisi nelle due categorie: sensori a contatto; sensori a distanza. I primi sono sensibili ad azioni fisiche direttamente applicate ad essi come il tatto e il movimento; gli altri rilevano alcune caratteristiche del mondo esterno, come la distanza e la prossimità, senza contatto fisico diretto; l interazione fisica necessaria alla misura avviene per mezzo di onde acustiche o elettromagnetiche. Un caso particolarmente importante di sensori, appartenenti a questa seconda categoria, è costituito dai sistemi di visione. 326 ROBOT INDUSTRIALI
10 Esercizi Esercizio 1. Forza di serraggio Con riferimento alla figura 12 determinare la forza di serraggio sapendo che il corpo di forma parallelepipeda ha una massa di 10 kg, che il coefficiente d attrito tra dita e pezzo è di 0,2; si desidera un coefficiente di sicurezza pari a due; il materiale ha una σ amm 80 N/cm Caratteristiche costruttive dei robot industriali σ c F S ,588 N mm 2 58,8 c N cm 2 d che risulta minore dalla σ amm con un coefficiente di sicurezza: x σ amm σ c 80 58,8 1,36 Esercizio 2. Forza di serraggio Determinare la forza di serraggio per lo stesso corpo dell esercizio precedente nel caso della figura 13. Fig. 12. Soluzione Oltre alla forza peso P occorre considerare la forza d inerzia I dovuta all accelerazione imposta dal braccio alla pinza; questa è valutabile in circa 2 g m/s 2 e pertanto si ha: P mg 10 9,8 98 [N] I ma m2g ,8 196 [N] P I [N] Questa forza deve essere equilibrata dall attrito tra le dita ed il pezzo; si ha: A f F Dobbiamo imporre la condizione di equilibrio alla traslazione verticale: 2A P I da cui segue sostituendo A: 2fF P I ovvero 2 0,2 F 294 [N] da cui 294 F 735 [N] 0,4 Tenendo conto di un coefficiente di sicurezza pari a 2 la forza di serraggio è data da: F [N] Con tale valore possiamo effettuare la verifica di resistenza del corpo; esso è soggetto a una tensione di compressione: Fig. 13. Soluzione Valutando, per esempio, un accelerazione massima a 2g si ha una forza d inerzia: I ma ,8 196 [N] Imponendo la condizione 2A I ed esplicitandola si ottiene: da cui 2fF I F I 2f [N] 2 0,2 Applicando lo stesso coefficiente di sicurezza dell esercizio precedente si ha una forza di serraggio: F [N] Essa dà luogo a un coefficiente di sicurezza alla rottura del pezzo pari a: x σ amm σ c σ amm F ROBOT INDUSTRIALI 327
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