Società cooperative e studi di settore di Sara Armella
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- Evangelina Pasquali
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1 Società cooperative e studi di settore di Sara Armella Un tema spesso controverso e dibattuto, che ogni anno torna di grande attualità con la presentazione della dichiarazione dei redditi, è quello dell eventuale opportunità di adeguamento del reddito delle cooperative agli studi di settore. Per inquadrare i termini dell opportunità di una tale scelta e gli eventuali rischi dell esposizione a un attività di accertamento in caso di mancato adeguamento, occorre procedere a una corretta ricostruzione del tema relativo all applicazione degli studi di settore al mondo delle società cooperative. Cause di inapplicabilità degli studi di settore: le cooperative a mutualità pura La problematicità dell utilizzo degli studi di settore al mondo cooperativo è stata colta già dai decreti ministeriali di approvazione degli studi del 30 marzo , i quali hanno indicato alcune tassative cause di inapplicabilità (art. 2). Le cause di inapplicabilità consistono in condizioni ostative, ossia ipotesi al cui ricorrere è preclusa in via assoluta l efficacia dello studio di settore. Si tratta di situazioni circoscritte, giustificate dalle peculiarità che caratterizzano la singola attività concretamente svolta, ponendola al di fuori del modello assunto a riferimento durante la costruzione dello studio di settore. Secondo quanto previsto da tali decreti ministeriali, gli studi di settore non si applicano nei confronti di società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore di imprese socie o associate, nonché nei confronti delle società cooperative costituite a utenti non imprenditori, che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi. In presenza di tali situazioni, i contribuenti interessati non devono indicare i dati rilevanti ai fini dell utilizzo degli studi di settore, ferma restando la necessità di segnalare l esistenza delle menzionate cause di inapplicabilità. La circolare ministeriale 21 maggio 1999, n. 110/E 2 chiarisce i termini dell esonero, precisando che sono escluse dall applicazione degli studi le cooperative a mutualità pura, ossia quelle che operano esclusivamente a favore dei propri soci e che non svolgono attività per soggetti non appartenenti alla società stessa. Rientrano dunque nell ambito di inapplicabilità: le cooperative di consumo, quelle edilizie a proprietà divisa e indivisa, le cooperative per la produzione e distribuzione di energia elettrica, i gruppi di acquisto chiusi, gli spacci che vendono solo a soci non imprenditori, i consorzi (considerate cooperative di secondo livello) che operano esclusivamente a favore dei propri soci che siano cooperative 3. 1 Tali articoli individuano le cause al verificarsi delle quali gli studi di settore divengono inapplicabili anche nei confronti dei contribuenti che esercitano una delle attività per le quali gli studi stessi sono stati elaborati. 2 In banca dati Ipsoa big. 3 Dulcamare, in Cooperative e Consorzi, 2007, n. 2.
2 2 E importante ricordare come la circolare in esame riconoscesse l esonero soltanto per le cooperative di imprese e per quelle di utenti. Questa visione restrittiva è stata in seguito superata dalla risoluzione dell Agenzia delle entrate 14 novembre 2007, n. 330/E 4, la quale ratifica la prassi di considerare inutilizzabili gli studi di settore per tutte le cooperative a mutualità pura, prescindendo dal tipo di attività svolta 5. In conclusione, restano escluse dall utilizzo degli studi di settore solo le cooperative a mutualità pura, ossia tutte quelle imprese che non intrattengono rapporti con il mercato esterno alla base sociale. Le cooperative di produzione e lavoro, per esempio, sono soggette agli studi di settore in quanto, con il lavoro dei soci, operano a favore di terzi. L esclusione dal campo di applicazione degli studi di settore per le cooperative a mutualità pura, nonostante il significato dell affermazione di principio, non è tuttavia idonea a determinare rilevanti effetti pratici, essendo del tutto minoritarie quelle realtà in cui il contatto col mondo esterno non è necessario ai fini del raggiungimento dell oggetto sociale 6. Si tratta, infatti, di un nucleo ristretto di imprese, poiché la maggior parte del mondo cooperativo opera anche, in varia misura, con il mercato. Risulta più chiaro e definito il confine tra società cooperative soggette o esonerate dagli studi di settore. In linea generale, è possibile affermare che anche il mondo cooperativo appartiene al perimetro di applicazione degli studi, salvo che non ricorrano particolari e tassative ipotesi di esclusione. Sono i decreti ministeriali di approvazione degli studi di settore lo strumento attraverso il quale il legislatore esonera determinati soggetti dal campo di applicazione dello strumento. Al riguardo, si è ricordato come siano esonerate le cooperative a mutualità pura, in cui decisamente spiccata è la finalità mutualistica e la non assimilabilità rispetto alle logiche proprie degli studi di settore. Tuttavia, senza alcuna apparente motivazione, a partire dall anno 2000 anche le cooperative che esercitano attività di trasporto con taxi e noleggio auto con autista 7, le quali operano nei confronti di soggetti terzi, sono state esonerate dagli studi. E evidente come manchi, sul punto, un disegno complessivo da parte del legislatore e quanto sia necessaria una ridefinizione del rapporto tra cooperazione e studi di settore. Cooperative a mutualità prevalente Non sarebbe corretto, tuttavia, ritenere il perseguimento di finalità mutualistiche del tutto indifferente rispetto al corretto operare degli studi di settore. La circolare 110/E introduce, infatti, un correttivo rispetto all automatico utilizzo 4 In banca dati Ipsoa big. 5Agostini, Cooperative e Consorzi, 2008, n Frascarelli, L applicazione degli studi di settore alle cooperative: riflessioni di carattere economicoaziendale, cit. 7 Dulcamare, Cooperative e Consorzi, cit.
3 3 degli studi di settore alle società cooperative. Gli enti a mutualità non esclusiva, se in possesso dei requisiti che consentono l applicazione dello speciale regime fiscale previsto per le imprese cooperative, devono essere destinatari di una particolare attenzione in sede di contraddittorio con l Agenzia delle entrate. La circolare stabilisce, infatti, che gli uffici locali terranno conto, comunque, che tali cooperative operano in situazioni di mercato influenzate dal perseguimento di fini mutualistici che possono incidere in maniera rilevante sui ricavi conseguiti ad esempio, qualora si sia perseguito l obiettivo di ridurre le spese dei soci attraverso lo strumento cooperativo, come potrebbe avvenire nel caso di cooperative edilizie che costruiscono alloggi per i soci. In tale circolare del 1999, pertanto, è già presente l indicazione agli uffici locali di adeguare, in sede di contraddittorio, gli elementi di riferimento per la determinazione dei ricavi alla particolare attività svolta. Viene sottolineato il rischio di una rigida applicazione degli studi alle società cooperative, che impedirebbe il reale adeguamento dei ricavi alle situazioni di mercato in cui la società cooperativa si trova a svolgere la propria attività. Con l entrata in vigore della riforma del diritto societario del 2003 viene rimodulato il sistema delle agevolazioni fiscali alle cooperative, attraverso la distinzione tra cooperative a mutualità prevalente (agevolate) e le cooperative a mutualità non prevalente (non agevolate). La tesi di fondo è di prevedere un regime fiscale speciale che riconosca il valore sociale di quelle cooperative che si pongono maggiormente al servizio dei soci. Per appartenere all ambito delle cooperative a mutualità prevalente e accedere dunque alle agevolazioni fiscali, le società devono integrare taluni requisiti di carattere statutario 8, oltre a un opzione gestionale consistente nel prevalente svolgimento di attività mutualistica, intesa quale scambio tra soci e cooperative. La prevalenza viene valutata ai sensi dell art c.c., su un piano quantitativo e contabile, quale rapporto tra il volume degli affari con i soci, da un lato, e il volume degli affari con i terzi non soci, dall altro. Tali volumi sono definiti in termini puramente monetari e in base alle risultanze del conto economico 9. In relazione alle società cooperative a mutualità prevalente, ossia a quelle in cui gli scambi mutualistici tra soci e cooperative sono superiori al 50% 10, è stata formulata una richiesta di parere circa l applicabilità degli studi di settore, motivata anche dalle numerose segnalazioni da parte delle 8 Divieto di distribuzione dei dividendi in misura superiore all interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato; divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; divieto di distribuire le riserve tra i cooperatori; obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della cooperativa, dell intero patrimonio sociale a fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. 9 Pepe, La fiscalità delle cooperative, Milano, 2009, pagg. 176 ss. 10 Dulcamare, cit.
4 4 cooperative di difformità di trattamento, a seconda dell ambito territoriale di riferimento, in ordine all utilizzo degli studi sia in sede di contraddittorio con l Ufficio che in ambito contenzioso. Con la risoluzione 14 novembre 2007, n. 330/E, l Agenzia delle entrate indica i comportamenti degli uffici nei casi di cooperative a mutualità prevalente, ai fini dell applicazione degli studi di settore. In particolare, viene indicata: la necessità di verificare la sussistenza dei requisiti di mutualità; le particolari situazioni di mercato influenzate dal perseguimento dei fini mutualistici, che possono incidere in maniera anche rilevante sui ricavi conseguiti; operare l adeguamento alla particolare attività svolta alle cooperative in sede di contraddittorio; valutare, di volta in volta, le particolari situazioni locali, la tipologia di attività, la determinazione del requisito della mutualità. Il chiarimento, pertanto ribadisce la necessità di una particolare e specifica attenzione al caso concreto, escludendo l automatica applicabilità degli studi per le cooperative a mutualità prevalente. L elemento innovativo introdotto dalla risoluzione consiste nel riconoscere lo scostamento naturale delle cooperative a mutualità prevalente rispetto ai risultati degli studi di settore, stabilendo la necessità di adeguare, in sede di contraddittorio, gli elementi di riferimento per la determinazione dei ricavi alla particolare attività svolta. Si tratta, secondo molti, di un approccio ancora timido rispetto alle problematiche emergenti dall applicazione degli studi di settore alle cooperative a mutualità prevalente. Sarebbe auspicabile, infatti, che il requisito della mutualità prevalente e la sua intensità rappresentassero un parametro di cui tenere obbligatoriamente conto. A tal fine occorrerebbe che i decreti di approvazione degli studi di settore prevedessero in via generale adeguati meccanismi di adattamento degli studi in rapporto alla percentuale di mutualità prevalente, quale indice in grado di individuare la maggiore o minore intensità nel perseguimento delle finalità mutualistiche. Difesa per il contribuente Va ricordato come per l avvio di una procedura finalizzata all accertamento sulla base degli studi di settore non sia sufficiente un mero scostamento del reddito dichiarato rispetto all ammontare dei ricavi stimati mediante gli studi di settore, essendo necessaria, invece, una grave incongruenza 11. Inoltre, va sottolineata l importanza, ancora più in questi casi, del contraddittorio 11 Come espressamente prevede il d.l. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, e come deve interpretarsi, in una lettura costituzionalmente orientata al rispetto dei principi di capacità contributiva, la l. 146 del 1998, art. 10, comma 1, nel quale pur essendo presente un diretto richiamo alla norma precedentemente citata, non compare in maniera espressa il requisito della gravità dello scostamento (Cass., SS. UU., 18 dicembre 2009, n ).
5 5 preventivo. Le indicazioni dell Agenzia delle Entrate (sia nella circolare 21 maggio 1999, n. 110/E che nella risoluzione 14 novembre 2007, n. 330/E) sono chiare nel sottolineare la necessità, per gli uffici locali, di adeguare in sede di contraddittorio gli elementi di riferimento per la determinazione dei ricavi, alla particolare attività svolta. La necessità di procedere attraverso un metodo di accertamento basato sulle circostanze del caso concreto e scevro da vuoti automatismi risulta rafforzata dalla Suprema Corte, la quale, con le note sentenze delle Sezioni Unite 12, ha chiarito che gli studi rappresentano una elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi probabilistica, che, per quanto seriamente approssimativa, può solo costituire una presunzione semplice 13. Diventa quindi centrale il contraddittorio preventivo tra Agenzia e cooperativa, al fine di rappresentare fin da subito le particolarità del caso concreto, le finalità mutualistiche perseguite, l intensità dell attività svolta a favore dei soci, la reale situazione di mercato in cui è esercitata l attività. Il contraddittorio, infatti, è l elemento determinante per operare una corretta fotografia della specifica realtà economica della cooperativa, operando un adattamento al caso concreto dei dati astratti promananti dagli studi di settore. Ciò non significa, evidentemente, che la cooperativa non avrà il diritto di svolgere adeguate difese nella successiva fase processuale di opposizione all accertamento fondato sugli studi di settore: in quella sede, infatti, il contribuente ha la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, in ordine al reale giro d affari della propria impresa. Nel contraddittorio con l Ufficio, tuttavia, vi è libertà di forme e la possibilità di esprimere in maniera più efficace e immediata una serie di circostanze e di elementi caratterizzanti l attività della cooperativa. Se, per esempio, è stata promossa una verifica nei confronti di una cooperativa di produzione e lavoro, il cui obiettivo è il recupero di persone svantaggiate (portatori di disabilità o che necessitano di un reinserimento nella società e nel mondo del lavoro a seguito di un periodo di detenzione o di tossicomania), in sede di contraddittorio con l Ufficio sarà opportuno dar conto, da subito, di tale circostanza, affinchè sia chiara l inapplicabilità, al caso concreto, di parametri di riferimento quali la resa oraria dell addetto, essendo evidente lo scostamento di tali lavoratori rispetto a quelli tipo, astrattamente individuati dagli studi di settore. Lo scostamento rispetto alle risultanze derivanti dall applicazione degli studi, peraltro, potrebbe essere giustificato anche per una cooperativa a mutualità non prevalente. L orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che nega spazio a ogni astratto schematismo nella determinazione del reddito, ponendo al centro dell attività di accertamento l individuazione della 12 Cass., SS.UU., 18 dicembre 2009, nn , 26636, 26637, 26638, in Leggi d Italia professionale 13 Cass., SS. UU., 18 dicembre 2009, n
6 6 concreta capacità contributiva, consente anche alle cooperative a mutualità non prevalente di non operare necessari adeguamenti, in sede di dichiarazione dei redditi, rispetto agli studi di settore. Sebbene, infatti, le indicazioni promananti dall Agenzia delle entrate facciano riferimento espresso alle sole imprese a mutualità prevalente, non potrà escludersi che anche le cooperative a mutualità non prevalente possano far valere particolari e concrete modalità di svolgimento della loro attività, tali da allontanarle dalle logiche proprie delle società lucrative. Ottobre 2010
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