Massimizzazione della redditività
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- Giorgio Testa
- 8 anni fa
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1 Massimizzazione della redditività Come incrementare la marginalità tramite la leva del prezzo di Danilo Zatta 1
2 La formula base del profitto si fonda su tre leve: prezzo, quantità e costi. Ma le ultime due sono state già ampiamente sfruttate. Dagli anni Novanta l'attenzione dei vertici aziendali si è concentrata sull'ottimizzazione dei costi; in questo campo sono stati fatti enormi progressi in tutti i settori, anche se a velocità differenti. Per esempio, l'industria automobilistica è oggi in grado di produrre a costi ridotti veicoli sempre più efficienti, mentre il settore finanziario si trova solo all'inizio di una fase di consolidamento e razionalizzazione dei costi. Ma, al di là delle differenze locali e settoriali, è stato ottenuto un generale abbattimento dei costi aziendali e il potenziale di ulteriori benefici in questa direzione è ormai piuttosto scarso. È difficile, insomma, che le aziende possano ancora migliorare la propria posizione reddituale utilizzando la sola leva dei costi. Curiosamente, la riduzione dei costi non incide in maniera significativa sull'utile netto. Una possibile spiegazione riguarda il fatto che il prezzo normalmente è calcolato con il metodo del cost-plus pricing, supponendo cioè che alla base di ogni formazione dei prezzi vi sia una politica fondata sulla copertura dei costi aziendali. Così, ogni diminuzione dei costi corrisponde anche a un adeguamento dei prezzi, che però non migliora il margine operativo lordo. Sfruttare la leva delle quantità si dimostra altrettanto problematico. In mercati saturi, l'aumento delle quantità si raggiunge con l'incremento della propria quota di mercato a danno della concorrenza, che, ovviamente, tenderà a impedirlo. Inoltre, i nuovi mercati raggiungono velocemente livelli di saturazione, come dimostrano gli esempi della telefonia mobile, dell'accesso a Internet o delle macchine fotografiche digitali. Sebbene non manchino le "valvole di sfogo", come la crescita del mercato cinese, la maggior parte dei concorrenti globali si focalizza infatti contemporaneamente sullo stesso mercato obiettivo, effettuandovi elevati investimenti (com'è accaduto nel per l'industria automobilistica). Ne consegue che anche in mercati come quello cinese si prospettano nei prossimi anni fenomeni di saturazione. Il prezzo come leva reddituale Rimane quindi la leva del prezzo. Innanzitutto, va sottolineato che - supponendo che i costi marginali non siano uguali a zero - il prezzo rappresenta una leva reddituale più potente della quantità. Per esempio, se un'azienda che ha un margine sulle vendite (Ros) del 5% riesce a incrementare il prezzo del 2%, senza che questo comporti una diminuzione delle quantità vendute, ottiene una crescita del Ros del 40 per cento. Se invece la stessa azienda aumenta le quantità vendute del 2%, supponendo costi marginali pari al 50% del prezzo ceteris paribus - cioè senza una riduzione dei costi - il Ros crescerà solo del 20 per cento. In entrambi gli esempi i ricavi aumentano del 2%, ma gli effetti sul rendimento sono molto diversi: infatti, l'aumento del prezzo incide al 100% sull'utile, mentre in caso di aumento delle quantità il maggior ricavo viene dimezzato dai costi marginali di produzione (si ipotizza qui un'assenza di tassazione e di componenti di costo che variano al mutare del prezzo, come a esempio le provvigioni; sotto tale ipotesi un aumento del 2% dei prezzi fa aumentare il Ros al 7%, con un incremento appunto del 40 per cento). Spesso, però, i vertici aziendali incontrano difficoltà ad agire sulla leva del prezzo e a beneficiare dei potenziali di miglioramento a essa connessi. Specie la politica della formazione dei prezzi è frequentemente trascurata. Eppure, come si è visto, nel processo di formazione dei prezzi esistono ampi margini di miglioramento, con opportunità che nessuna azienda può permettersi di sottovalutare. Soprattutto 2
3 nell'ambito della microeconomia e del marketing, l'attività di definizione dei prezzi riveste un ruolo importante. Ma la sua implementazione pratica si limita quasi esclusivamente al tema dell'ottimizzazione dei prezzi, cioè alla ricerca del livello o della struttura di prezzo ottimale per un prodotto nuovo o già esistente. Nell'ottimizzazione dei prezzi giocano tre fattori: il raggiungimento dei traguardi di vendita, la copertura dei costi e il controllo della reazione della domanda a una variazione del prezzo. Specie dal punto di vista del marketing, la funzione di domanda (rapporto tra prezzi e volumi di vendita) si rivela una sfida. Di conseguenza la misurazione di questa funzione - soprattutto mediante l'indicatore di elasticità - è cruciale. L'ottimizzazione del prezzo riguarda sia il livello del prezzo sia la scelta della struttura di pricing; essa passa quindi attraverso la scelta tra prezzi lineari e non-lineari, la formazione di prezzi per pacchetti di prodotti (bundling) o per segmenti di clienti, la differenziazione dei prezzi ecc. In quello che potremmo definire "paradigma dell'ottimizzazione" si ammette la possibilità che un'indagine dettagliata a livello di prodotto, quale la misurazione dell'elasticità con le decisioni che ne derivano sulla formazione del prezzo, sia possibile e particolarmente sensata. Prezzi o processi? Ma proprio quest'ultima premessa non coincide con la realtà di molte aziende. La ragione è spesso legata all'ampiezza della gamma d'offerta, che può includere migliaia di prodotti; in questi casi, anche l'approccio classico del costplus non frutta molto. Sono quindi necessary processi di pricing più o meno standardizzati per la formazione del prezzo ottimo. Un processo di pricing può essere definito come un sistema di regole e di metodi per la determinazione e l'introduzione di prezzi che riguarda i seguenti aspetti: informazioni, modelli, regole decisionali; organizzazione, responsabilità, sistemi di incentivazione dei venditori; competenze, qualifiche, formazione, negoziazione della forza vendita; supporto al sistema d'informazione; monitoraggio/tempistica: analisi, strategia, andamento, controllo; integrazione dei dati soggettivi e oggettivi. Secondo questa definizione, l'ottimizzazione del prezzo può essere considerata una parte centrale del processo di pricing, ma non ne è l'unica componente. Non si può infatti determinare un prezzo ottimale senza implementare un processo di pricing efficiente, che, oltre alla determinazione del prezzo ottimo, incida anche sull'organizzazione e sulla formazione della forza vendita, nonché sul monitoraggio dei prezzi. Fino ad ora l'ottimizzazione dei prezzi è stata al centro dell'attenzione degli studiosi (con l'eccezione di alcuni autori, quali Monroe, Nagle e Holden, Valdani); eppure, per gran parte delle aziende, i processi di pricing si rivelano altrettanto, o persino più importanti. La capacità di imporre i propri prezzi sul mercato o il monitoraggio dei prezzi stessi, per esempio, non sono aspetti meno cruciali della formulazione dei prezzi vera e propria. L'impresa può quindi trovarsi di fronte ad ambedue le sfide - ottimizzazione dei prezzi e ottimizzazione dei processi di pricing - con un'importanza che può variare secondo le fattispecie. Per esempio, l'introduzione di una nuova automobile o di un nuovo medicinale presenta fondamentalmente problemi di ottimizzazione dei prezzi; ma la formazione dei prezzi per i ricambi della medesima casa automobilistica richiede anche un attento monitoraggio dell'intero processo di pricing. Nel 3
4 caso dei medicinali, un'azienda farmaceutica può "migliorare" i prezzi delle vendite in farmacia, ma nell'attività con gli ospedali si ritroverà di fronte a una situazione di trattativa e di negoziazione diversa, nella quale si imporrà un'analisi completa del processo di pricing. Recenti ricerche sembrano confermare che le aziende stesse tendono per lo più ad attribuire maggiore rilevanza al processo di pricing che all'ottimizzazione dei prezzi in quanto tale. Uno studio di Simon Kucher & Partners su un campione di 74 aziende ha evidenziato una larga prevalenza dell'interesse verso i processi di pricing (71%) rispetto alll'ottimizzazione dei prezzi (29%). Il risultato è in linea con ricerche precedenti. Uno studio della società Schmalenbach ha evidenziato che il 55% dei prezzi è negoziabile liberamente. Wied- Nebbeling (1985) mostra che il 70% delle imprese offrono sconti. Il "paradigma del processo di pricing" sembra dunque avere sulle aziende un impatto maggiore rispetto al "paradigma dell'ottimizzazione dei prezzi". L'analisi dei processi di pricing si rivela però particolarmente difficile. Innanzitutto, in molte aziende la comprensione del pricing come processo non è affatto sviluppata. Inoltre, l'analisi dei processi di pricing richiede un approccio profondamente metodologico, specificatamente rivolto verso l'azienda e il settore, che comporta un investimento significativo di tempo e risorse. Infine, i processi di pricing, nella maggioranza dei casi, sono segreti. La loro esplorazione pone dunque la ricerca davanti a diversi ostacoli. Redditività più due per cento Quali incrementi della redditività si possono raggiungere tramite un miglioramento del processo di pricing? È difficile dare una risposta generale. Fattori come l'effettiva professionalità di chi agisce nell'ambito del processo stesso, il comportamento della concorrenza e altri influiscono sul potenziale dell'incremen- to. Tuttavia, in base alla nostra esperienza, derivante da numerosi studi effettuati analizzando i processi di pricing di diversi settori, stimiamo il tipico miglioramento raggiungibile in circa due punti percentuali. Un tale miglioramento, soprattutto considerando la precaria situazione economica di numerose aziende, può avere un impatto fondamentale sulla redditività dell'impresa. Come mostrano i casi e le tabelle di sintesi in queste pagine, i metodi che possono essere utilizzati per raggiungere tali obiettivi sono articolati e variano notevolmente secondo il settore, l'azienda e la situazione di partenza; le azioni da intraprendere devono essere definite assieme alle aziende interessate, a partire da un'analisi della situazione di partenza. In particolare, il miglioramento della redditività non si raggiunge normalmente con un semplice adeguamento dei prezzi, ma con manovre differenziate. Anche all'interno della stessa azienda, non è sufficiente per lo più un unico intervento, ma si richiede l'attuazione di un insieme di misure coordinate tra loro. Si noti che l'incremento del Ros ottenibile, mediamente indicato in due punti percentuali, è un valore su base annua. Se si riesce a preservare il miglioramento dal logoramento nel tempo (che può essere dovuto per esempio a nuove negoziazioni da parte del cliente o allo snellimento degli incentivi per la forza vendite), questo contribuirà a un miglioramento durevole della redditività. Vediamo dunque come può essere condotta operativamente un'azione di riorganizzazione dei processi di pricing di un'azienda in modo da raggiungere i risultati indicati. Si tratta di un procedimento che può essere articolato in cinque fasi principali. 1) Premesse strategiche A chiare e precise premesse riguardanti traguardi e posizioni non si può rinunciare, se si vuole strutturare un processo di pricing efficace. Questa condizione può sembrare banale, ma crea in certi casi grandi difficoltà. 4
5 Normalmente, un'azienda si pone diversi traguardi (profitto, quota di mercato, crescita o valore per gli azionisti) che possono parzialmente ostacolarsi a vicenda. Di rado sono formulati esplicitamente e spesso i traguardi impliciti hanno più valore di quelli espliciti. L'impressione è che a volte i manager, assorbiti dall'operatività quotidiana, non riescano a dedicare tutta l'attenzione e l'impegno necessari per massimizzare le opportunità di profitto. Per prima cosa, nella riorganizzazione del processo di pricing, si deve dunque fare chiarezza sui propri traguardi e sulle proprie premesse strategiche. 2) Valutazione della situazione Il punto di partenza per la riorganizzazione comincia con l'analisi della situazione corrente. Spesso, questa tappa si rivela inaspettatamente lunga e complessa. Ciò deriva dal fatto che il pricing non è inteso come un processo chiuso in sé e perciò non è organizzato come tale. Per questo i diversi tipi d'informazione sono raccolti con difficoltà. Ciò include l'analisi e la ricerca di dati, provenienti in parte dal calcolo dei costi e in parte dalle vendite, colloqui con le diverse divisioni, la disaggregazione dei numeri riguardanti clienti, regioni o unità distributive. In molti casi analizzati, già la valutazione iniziale scopre chiari difetti. 3) Formazione dei prezzi In questa fase, vengono definiti i processi per le decisioni su strutture e livelli dei prezzi. A fronte della varietà degli scenari e/o delle situazioni di negoziazione, per tali fondamentali decisioni si devono concepire regole semplificate. Negli ultimi tempi, si registra l'avanzata di strumenti informatici di supporto per le decisioni. In questo modo, nel commercio al dettaglio vengono a esempio elaborate, con l'aiuto di software specializzati, indicazioni per i prezzi attraverso i dati delle casse con scanner. Simili evoluzioni si verificano con compagnie di volo, alberghi o catene fastfood, specialmente nel contesto del cosiddetto Revenue Management. 4) Implementazione Questa fase è caratterizzata dalla definizione delle responsabilità e dai procedimenti organizzativi, dalla disponibilità di incentivi per il management e i team delle vendite basati sui prezzi, e infine dal supporto informatico. Chiare regole e responsabilità sono tuttora l'eccezione nel pricing. La politica del prezzo è estremamente caratterizzata da provvedimenti ad hoc, interventi arbitrari da parti superiori e lotte per il potere. Da un lato, queste regole sono l'unica strada efficace sulla via di un processo di pricing che meriti l'aggettivo "sistematico". Dall'altro, invece, contribuiscono a un risparmio di tempo, che a sua volta vuol dire maggiore produttività, ma anche reazioni più veloci a favore dei clienti. Un'ulteriore difficile sfida consiste nel determinare i prezzi a livello di singolo venditore. Incentivi, monitoraggio, istruzione offrono in generale spunti di riflessione molto promettenti. 5) Controllo e Monitoraggio Il controllo costante della realizzazione dei prezzi praticati si rivela un compito assai difficile in aziende con assortimenti complessi, segmenti/clienti/gruppi eterogenei, presenza internazionale, reticolati di condizioni poco chiare e prezzi di transazione negoziati individualmente. Ma non basta in questi casi limitare il controllo sui risultati. Per ricavare il potenziale completo della redditività è necessaria una trasparenza al livello delle leve del profitto, cioè su prezzi, quantità e costi. Occorre cioè sapere quali prezzi sono praticati, per quali prodotti, da quali venditori, per singolo cliente. Solo così risulterà chiaro dove si deve agire nel processo di pricing per incrementare i profitti in modo efficace. Importanti indicazioni provengono anche dalle analisi lost order. Perché è stata persa. 5
6 Il Dottor Danilo Zatta è Senior Director di Simon-Kucher & Partners Italia. Nella sua lunga esperienza manageriale ha assistito sia grandi aziende internazionali che PMI italiane in diversi campi: strategie aziendali, vendite, marketing, pricing, crescita profittevole, incremento delle performance. Ha pubblicato numerosi best seller tra cui "Le Basi del Pricing", "Capire la strategia d impresa" e "Management Strategico". Come referente interviene regolarmente a convegni come il World Business Forum. Simon-Kucher & Partners, Strategy & Marketing Consultants è una società di consulenza internazionale focalizzata su strategie aziendali, marketing e pricing. Siamo presenti in Europa, Asia e Nord America con 20 uffici e più di 450 consulenti. La rivista Manager Magazin ci ha riconosciuto il primato nella consulenza di marketing e vendita. La Professional Pricing Society Americana, Business Week e l'economist ci hanno definito come "il maggior esperto mondiale del pricing". Contatto: Dott. Danilo Zatta Senior Director, Simon-Kucher & Partners Italia Via M. Gonzaga, Milano, Italy Tel , Fax , Cell danilo.zatta@simon-kucher.com 6
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