1. Il disallineamento tra competenze formative e mercato del lavoro

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1 Collegare filiere formative e filiere produttive di Valentina Aprea, Assessore all istruzione, formazione e cultura della Regione Lombardia 1. Il disallineamento tra competenze formative e mercato del lavoro Da ormai tre anni stiamo attraversando, come tutto il mondo, una fase economicamente difficile. La crisi ha toccato da vicino molte famiglie, piccoli imprenditori, artigiani, lavoratori di realtà industriali importanti, colpite in un modo improvviso e violento oltre ogni aspettativa. In alcuni Paesi - penso alla Grecia, alla Spagna - i contraccolpi sociali sono stati pesantissimi. La nostra priorità, in questi anni, è stata quella di contrastare gli effetti della recessione sulla situazione occupazionale. Grazie a uno sforzo straordinario, che ha visto il concorso di Governo, Regioni e Parti Sociali siamo riusciti, più di altri Paesi, a contenere l aumento della disoccupazione e la perdita di posti di lavoro. Abbiamo tutelato i lavoratori colpiti dalla crisi, ampliando e rendendo più flessibile lo strumento della cassa integrazione, estendendo il sistema degli ammortizzatori sociali a tutte le tipologie di lavoro, incluse quelle atipiche e temporanee, ricomprendendo altresì settori in precedenza esclusi come il terziario, i servizi, le professioni. Non possiamo però limitarci a contenere gli effetti della crisi. Il nostro sforzo come Paese deve essere quello di attivarci per la ripresa, trasformare la recessione in una straordinaria opportunità di cambiamento. Mai come in questa particolare situazione economica parlare delle prospettive per i nostri giovani risulta essere decisivo per individuare la strada giusta per permettere al nostro Paese di tornare a crescere. I giovani incontrano difficoltà crescenti nel trovare una collocazione professionale adeguata alle loro ambizioni e devono spesso affrontare precarietà e remunerazioni basse. Eppure ogni anno i numeri dimostrano che migliaia di posizioni lavorative rimangono vacanti. Le imprese del territorio cercano professionisti specializzati che non riescono a trovare. Il sistema Excelsior ci dice che ogni anno una quota rilavante delle assunzioni programmate dalle imprese risultano di difficile, se non impossibile, reperimento: nel 2011 sono state quasi 117 mila, il 19,7% del totale. Le figure professionali per le quali sono segnalate le maggiori difficoltà sono soprattutto quelle scientifiche e ad elevata specializzazione, per carenza di candidati, ma si registrano carenze significative anche per le figure operaie specializzate, in questo caso soprattutto per inadeguatezza delle loro competenze. 1

2 Più in prospettiva, le analisi di trend del mercato del lavoro del CEDEFOP ci mostrano un crescente fabbisogno professionale per figure ad elevata specializzazione e una minore offerta di lavoro per le basse qualificazioni: per il 2020, rispetto al 2010, in Europa è previsto un aumento di richiesta del 20% per le alte qualificazioni (in Italia del 21%) ed una diminuzione del 18,9% per le basse qualificazioni (in Italia il 18,2%): Alta qualificazione Media qualificazione Bassa qualificazione Trend occupazionali per qualificazione, EU27+, dati in migliaia (Cedefop) Alta qualificazione Media qualificazione Bassa qualificazione Trend occupazionali per qualificazione, Italia, dati in migliaia (Cedefop) Già in questi anni si è verificata una riduzione dell incidenza dei lavoratori con titoli di studio più bassi. Anche in termini di posti di lavoro persi, come evidenzia il rapporto del Cnel sul 2

3 mercato del lavoro , la crisi sembra aver colpito soprattutto le persone con bassi titoli di studio: mentre infatti gli occupati laureati sono cresciuti di numero (286 mila persone tra il 2007 e il 2010), gli occupati con titoli di studio modesti (scuola primaria o al massimo il diploma di scuola secondaria inferiore) si sono invece ridotti (887 mila lavoratori in meno nello stesso periodo). 2. E urgente avvicinare i percorsi di istruzione e formazione ed il mercato del lavoro Il disallineamento tra competenze formative e mercato del lavoro pone il Paese in una posizione di svantaggio e impone un serio ripensamento sul sistema di istruzione e formazione, con l'obiettivo di identificare azioni davvero capaci di favorire l incontro fra i bisogni formativi espressi dal sistema produttivo e le competenze effettivamente generate dal sistema di istruzione e di formazione. È innanzitutto necessario ristabilire quell alleanza forte tra il mondo della scuola e quello dell impresa che si è andata indebolendo negli ultimi trent anni: il futuro occupazionale dei giovani dipende primariamente da un più efficiente raccordo e dall integrazione tra i percorsi di istruzione e formazione rinnovati e il mercato del lavoro. Dobbiamo con urgenza introdurre azioni per evitare le proiezioni che al 2020 vedono l Italia in una posizione di grave difficoltà nel contesto internazionale rispetto alle prospettive demografiche, occupazionali e di crescita, con una forte carenza di competenze legate ai nuovi lavori e un disallineamento complessivo della offerta formativa rispetto alle richieste del mercato del lavoro. Rispetto ai coetanei di altri Paesi i nostri giovani incontrano il lavoro in età troppo avanzata con conoscenze poco spendibili anche per l assenza di un vero contatto con il mondo del lavoro durante il percorso di studi, a causa del permanere di un pregiudizio che vuole che chi studia non lavori e che chi lavora non studi. È l autoreferenzialità del sistema educativo che incide negativamente sulle prospettive occupazionali dei giovani. È questa la principale ragione di un frequente intrappolamento ai margini del mercato del lavoro, con occupazioni e professionalità di bassa qualità, non di rado senza alcuna coerenza tra carriera scolastica e carriera lavorativa. Bisogna ripartire da alcuni punti prioritari: la facilitazione della transizione dalla scuola al lavoro, il rilancio dell istruzione e formazione tecnica e professionale, il potenziamento dell apprendistato e di tutte le forme di alternanza scuola-lavoro. 3

4 3. Informazione orientativa e supporto alla transizione scuola lavoro Il mercato del lavoro lombardo è caratterizzato da una capacità di assorbimento della manodopera giovane generalmente più elevata rispetto alla media del Paese. Nella media dei tre anni interessati dalla recessione, tra il terzo trimestre del 2008 e il secondo del 2011, il tasso di occupazione per la popolazione tra i 25 e 29 anni è stato del 76,3% (Italia 60,5%) e per i giovani tra i 30 ed i 34 anni dell 84,4% (Italia 72,1%). In ogni caso la crisi economico-finanziaria ha peggiorato le prospettive occupazionali dei più giovani, in Lombardia come in Italia. La transizione dalla scuola al lavoro è un processo complesso che dipende sia dal livello e dal tipo di percorso scolastico frequentato, sia dalle condizioni generali del mercato del lavoro. Un segnale di difficoltà crescente per l ingresso dei giovani nel mondo del lavoro è l aumento dei cosiddetti Neet ( Not in Education, Employment or Training ), giovani che non lavorano, o intendono lavorare, né sono coinvolti in attività di studio o formazione. L ultimo rapporto della Banca d Italia sulla situazione economica lombarda ci mostra come in Italia nel periodo di crisi la quota dei Neet sul totale dei laureati tra i 25 e i 34 anni è stata mediamente del 20,3%, una cifra molto elevata, a causa soprattutto della situazione del mezzogiorno. Il dato lombardo del 13% è invece in linea alla media europea. Se però non ci accontentiamo di un dato generale ed entriamo più nel dettaglio andando ad analizzare il tipo di laurea posseduta vediamo come l incidenza dei Neet sia maggiore (circa il 16%) tra i possessori di una laurea nelle discipline umanistiche (quali lettere, storia, filosofia e lingue) e in scienze sociali (che comprendono giurisprudenza, economia e sociologia), mentre si dimezza per ingegneria e scienze mediche. Il tipo di laurea risulta un elemento estremamente significativo anche per analizzare quante persone svolgono un lavoro sottoinquadrato, che richiede competenze inferiori a quelle acquisite mediante il percorso di studi (overeducation), o quanti laureati svolgono mansioni che non appartengono all ambito della laurea conseguita (mismatch). Tra il 2008 e il 2011 in Lombardia il 23,6 per cento dei giovani occupati laureati era sottoinquadrato, un dato di poco inferiore alla media italiana. Come ci si poteva attendere le probabilità di svolgere lavori a bassa o nessuna qualifica sono state più elevate per i laureati in discipline umanistiche e sociali. Il tasso di mismatch per i giovani laureati è stato pari al 31,4 per cento, 0,7 punti percentuali in meno rispetto al dato italiano; ancora una volta è stato massimo (il 64,8%) tra gli occupati in possesso di una laurea umanistica. Ritroviamo ancora, sotto diversa forme, quelle dinamiche di insoddisfazione dei fabbisogni professionali delle aziende che non trovano le competenze di cui hanno bisogno. Tutto ciò dimostra come sia quanto mai necessario introdurre in modo sistematico l utilizzo di informazioni orientative per la corretta scelta del percorso scolastico superiore ed universitario anche in vista del proprio futuro occupazionale. Prima della scelta tutti gli studenti e le loro le 4

5 famiglie dovrebbero essere messe nelle condizioni di sapere qual è la situazione del mercato del lavoro, quali le possibilità di inserimento lavorativo nei diversi settori al termine del percorso formativo. Generare e offrire una costante informazione sull andamento del mercato del lavoro e la previsione di sbocchi occupazionali dei percorsi di studi deve diventare un dovere primario da parte delle scuole e degli enti di governo. In secondo luogo, oltre al possesso di titoli di studio poco spendibili, la seconda causa del mismatch è riconosciuta nell asimmetria informativa nella fase di accesso al primo impiego, cioè nella carenza di informazioni sulle opportunità di lavoro maggiormente corrispondenti al percorso di studi effettuato. Infatti, in assenza di una rete istituzionale per l incontro tra domanda ed offerta di lavoro, i giovani si affidano alle reti sociali, di parentela e conoscenza, che da un lato risultano insufficienti ad individuare le migliori opportunità di lavoro, dall altro lato non aiutano la mobilità sociale, poiché le reti sociali tendono ad individuare opportunità di lavoro solamente nel proprio ristretto ambito di relazioni. Per questo si deve provvedere ad offrire servizi diffusi ed istituzionali di incontro domanda offerta di lavoro nel momento di passaggio dalla scuola al lavoro. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo anche potenziare gli strumenti nazionali per l analisi e la definizione dei profili professionali e dei fabbisogni formativi ed un linguaggio comune tra sistema educativo ed imprese. In Regione Lombardia è stato sviluppato ormai da quattro anni uno strumento per la descrizione dei profili professionali declinati in termini di competenze, conoscenze, abilità, classificati nel Quadro Regionale degli Standard Professionali (QRSP). Il modello di QRSP comprende anche in modo puntuale i criteri metodologici e le regole descrittive per la definizione degli elementi di professionalità, affidati nei suoi contenuti al sistema produttivo, attraverso le proprie rappresentanze. L introduzione del QRSP ha rappresentato un importante elemento di cambiamento nelle logiche di programmazione dei percorsi formativi ed in generale del sistema della formazione. Rappresenta, per tutti i centri accreditati al sistema lombardo di istruzione, formazione e lavoro, il riferimento comune ed il suo scopo è di sostenere: - i processi di progettazione formativa; - la certificazione delle competenze; - la lettura dei fabbisogni; - l incontro tra domanda e offerta di lavoro; - il supporto alle transizioni lavorative e formative. Il Quadro è utile per dare la certezza dei contenuti che la formazione deve trasmettere per ogni profilo professionale. Un obiettivo per il sistema Paese è quello di portare tale esperienza a livello nazionale e dotarsi, come altri Paesi hanno già da tempo fatto, di un framework nazionale delle professionalità. L occasione è oggi rappresentata dal Testo Unico sull apprendistato e dalla riforma del mercato del lavoro, i quali prevedono la definizione a livello nazionale di un 5

6 repertorio delle professioni articolato per competenze, quale linguaggio comune tra il sistema educativo ed il mondo del lavoro. Le competenze acquisite dai giovani potranno quindi essere certificate secondo sulla base del repertorio delle professioni nazionale, secondo un linguaggio univoco a livello nazionale e condiviso con il mondo del lavoro. Un framework di tale tipo renderebbe molto più semplice operare analisi e previsioni di fabbisogni di professionalità, nonché sviluppare strumenti divulgativi utili anche per l orientamento scolastico e professionale. L istruzione e formazione tecnica e professionale 1. I percorsi di Istruzione e formazione professionale Dopo quasi dieci anni di sperimentazione l Istruzione e formazione professionale (IeFP) ha finalmente iniziato l anno scolastico pienamente a regime. I percorsi di IeFP sono caratterizzati da un legame molto stretto con la professionalità da sviluppare e vedono nel lavoro il proprio punto di partenza anche come metodo. Nell esperienza lombarda sono riconosciuti come la modalità formativa per i giovani dai 14 ai 18 anni che più ha valorizzato i diversi stili cognitivi, che ha avvicinato la teoria alla tecnica, che ha permesso ai nostri giovani, attraverso il fare e la riflessione su ciò che si fa, di recuperare la motivazione, la volontà di apprendere, un senso positivo di sé. Il lavoro, nei percorsi di IeFP, non entra nella scuola come una disciplina tra le altre, esso rappresenta un giacimento culturale, un atteggiamento positivo capace di trasformare l attività scolastica, fino a cancellare la distanza tra scuola e vita, e farsi strumento di sviluppo intellettuale, morale e sociale. I percorsi di IeFP hanno avuto successo nella scelta delle famiglie, passando in Italia da studenti nell anno scolastico 2003/2004 a nell anno 2011/2012. Oggi la IeFP raccoglie l 8% della popolazione anni ed in Lombardia ben il 17% degli studenti in uscita dalla scuola secondaria di primo grado si iscrive a questi percorsi. Elevata è la soddisfazione dei ragazzi, così come l efficacia in termini di transizione al lavoro: l ultimo rapporto Isfol sugli esiti formativi ed occupazionali mostra come il 36% dei ragazzi continui gli studi, mentre il 50% lavora immediatamente. Il sistema di IeFP rappresenta una buona seconda chance di recupero di drop out, ma sempre più una prima scelta di passaggio diretto al secondo ciclo, almeno in alcune regioni, ed in particolare in Lombardia. Certamente molto ancora è da fare. Il risultato raggiunto è più un inizio che una conclusione. 6

7 Innanzitutto è un dovere provvedere all attivazione di questi percorsi in tutte le Regioni. Non è pensabile che restino solo alcune regioni ad avere questi percorsi. E un diritto di tutti gli studenti poter avere le opportunità che i percorsi di IeFP offrono. Per altro, grazie all intesa siglata il 16 dicembre 2010 per consentire organici raccordi tra gli istituti professionali e l istruzione e formazione professionale, le istituzioni scolastiche possono attivare i percorsi di IeFP nell ambito della programmazione regionale. In secondo luogo è tempo che ogni Regione si doti di una specifica disciplina per l esercizio della propria competenza in tale settore. Ancora troppe Regioni hanno normative non adeguate, spesso ancora appiattite sulla legge quadro del 1978, quando la Formazione professionale afferiva ancora alla formazione dei lavoratori e non vi era stata la riforma Costituzionale del In terzo luogo è opportuno che lo Stato emani il regolamento per l accertamento dei livelli essenziali delle prestazioni: le Regioni, infatti, devono garantire il rispetto di una serie di disposizioni relative all offerta, ai livelli di qualità delle strutture formative e dei percorsi; devono garantire il soddisfacimento della domanda di frequenza ed elementi di qualità dei percorsi. Inoltre è necessario che si affronti la questione della sostenibilità economica del sistema di IeFP. Ancora oggi il contributo statale è limitato allo stanziamento del Ministero del Lavoro di circa 189 milioni di euro, che significa poco più di mille euro per studente. Oggi i percorsi di IeFP gravano per la maggior parte sui bilancio regionali. Una situazione insostenibile considerando che i percorsi di IeFP rappresentano un livello essenziale delle prestazioni che deve essere garantito dallo Stato, in riferimento a studenti che sono in obbligo di istruzione o di diritto dovere di istruzione e formazione. Bisogna che vi sia un finanziamento certo, stabile e capace di rispondere effettivamente a tutta la domanda. Per lo Stato il finanziamento di questi percorsi rappresenterebbe per altro un risparmio rispetto al costo degli stessi studenti iscritti a percorsi di istruzione statale. 2. Istruzione Tecnica Superiore Da tutte le analisi internazionali, a partire dalla pubblicazione OCSE Education at Glance, emerge che l arretratezza italiana sul fronte dell educazione tecnica è il livello terziario. In particolare pesa l assenza di una significativa e stabile offerta formativa terziaria di tipo professionalizzante. Tale arretratezza è la causa anche del numero ancora fortemente insufficiente di giovani con un titolo di livello terziario. L Italia è il fanalino di coda dell Europa con solo il 20% della popolazione anni con un titolo di studio di livello terziario, e tutti di tipo accademico, mentre la media dei paesi UE raggiunge il 35% grazie in particolare al contributo di un 9% di giovani con titolo di studio terziario di tipo non accademico: 7

8 Fonte: Cedefop La sfida è quindi di attivare anche in Italia un canale tecnico professionale di tipo non accademico, con attiva partecipazione del tessuto imprenditoriale e forte orientamento alla professione. Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) in tal senso rappresentano l attuale strumento per i giovani che vogliono specializzarsi dopo il diploma: una formazione tecnica post diploma biennale, di alto livello, progettata e realizzata in collaborazione tra imprese, università, sistema scolastico e formativo. Un percorso di studi parallelo all Università ma non accademico, con molte attività di laboratorio e tirocini in azienda, per una preparazione che sviluppi quelle competenze tecniche e tecnologiche effettivamente richieste dal sistema produttivo. Negli ITS la partecipazione delle imprese è strutturale, poiché esse fanno parte istituzionalmente della fondazione che eroga i percorsi e sono chiamate a contribuire attivamente sia nella progettazione formativa sia nella realizzazione delle attività con la messa a disposizione di laboratori e di professionalità specifiche. Un modello già presente da anni in Europa, ma che in Italia rappresenta una novità. Già dall anno sono sette gli Istituti che hanno avviato le attività in Lombardia, in diversi settori, dal design industriale all edilizia antisismica, dalla manutenzione degli aeromobili alla chimica avanzata. Questi nuovi indirizzi di studio sono rivolti ai migliori studenti in uscita dagli istituti tecnici e professionali ed hanno l ambizione di guardare al mondo intero, con insegnamenti in lingua, utilizzo di laboratori all avanguardia, alta specializzazione. La significativa risposta di studenti, imprese e sistema produttivo ci conforta nelle scelte effettuate. Crediamo molto a questa nuova iniziativa, sviluppata insieme ai Ministeri dell Istruzione e del Lavoro, che rappresenta il rilancio dell istruzione tecnica e professionale, ciò di cui oggi l Italia ha più bisogno per il proprio sviluppo. 8

9 L obiettivo che ci dobbiamo porre è recuperare il ritardo dell Italia in questo segmento di istruzione, con investimenti certi che ci consentano di raggiungere almeno quella media del 9% europeo di giovani che possiedono questo titolo di studio. 4. Apprendistato, alternanza, poli tecnico-professionali Oltre all Istruzione e Formazione Professionale ed agli Istituti Tecnici Superiori, dove il raccordo con il tessuto produttivo è componente intrinseca, serve più in generale rafforzare il legame tra percorsi di studio e mondo del lavoro, sviluppando quelle filiere professionalizzanti che si basano su di una positiva cultura del lavoro. In questo contesto si colloca l importante novità della riforma dell apprendistato. Regione Lombardia ha sostenuto con determinazione il percorso voluto dal Ministro Sacconi e ritiene sia un importante risultato l emanazione del nuovo Testo Unico sull Apprendistato. Fino ad oggi il contratto di apprendistato non è riuscito ad andare oltre il 17% dei contratti utilizzati dai lavoratori fra i 15 e i 29 anni. Questo è un peccato, perché l apprendistato è un contratto di qualità, per il suo carattere formativo e con caratteristiche di continuità. Il nuovo Testo Unico sull Apprendistato potrà dare un forte stimolo per il rilancio dello strumento, in particolare per l apprendistato professionalizzante, anche grazie alla forte semplificazione della materia voluta dal Ministro e la valorizzazione della contrattazione collettiva territoriale e di settore. Anche per l apprendistato di primo livello un importante novità è che ne viene data la possibilità di utilizzo non solo ai minorenni, ma ai giovani fino ai 25 anni, consentendo quindi a chi è privo di titolo di studio di raggiungere una qualifica o diploma di Istruzione e formazione professionale. Diventa in tale contesto importante che vi siano tra le parti datoriali e i sindacati accordi territoriali o settoriali per il completamento del quadro regolatorio dal lato della contrattazione e per rendere veramente percorribile questo nuovo strumento, anche attraverso una correlazione tra salario e impegno formativo dell apprendista. E ora di riconoscere che i medesimi obiettivi dei percorsi di studi dell Istruzione, dell Istruzione e formazione professionale e dell Università possono essere raggiunti attraverso una combinazione di formazione teorica e di esperienza di lavoro. Si tratta, in buona sostanza, di superare il pregiudizio secondo cui il lavoro non sia formativo, ma al contrario riconoscerne la valenza educativa e formativa. L apprendistato è innanzitutto un fatto culturale: è solo come stiamo facendo in Lombardia, dialogando con le imprese, le scuole e le università che potremo rendere più flessibili i percorsi di studio, valorizzare l esperienza in azienda, sostenere le aziende che credono nella formazione dei lavoratori quale primo strumento di competitività. Per quanto riguarda il sistema educativo esso deve innanzitutto operare una programmazione dell offerta in stretta relazione al potenziale produttivo dei territori in una logica di lungo periodo. E quindi determinante la stretta connessione con le filiere produttive, ma anche con i distretti 9

10 industriali, i metadistretti, i distretti tecnologici, in tutte le forme dove si riconosce una specifica aggregazione economico-produttiva. Richiamiamo tutti alla riscoperta e valorizzazione del lavoro nelle sue valenze culturali e pedagogiche; in tal senso l alternanza scuola-lavoro assume una grande valenza educativa. E la concretezza dell esperienza lavorativa che diventa un metodo, una via di educazione e formazione: il lavoro apre alla scoperta della propria identità. Ci vuole una buona scuola, che porti a una buona occupazione. In tale orizzonte si colloca la proposta di cambiamento della governance interna delle scuole della legge che porta il mio nome, con una maggiore apertura al tessuto sociale e produttivo, anche attraverso la partecipazione a reti e consorzi, consentendo alle istituzioni scolastiche la continua riprogettazione e l adattamento della offerta formativa in stretto raccordo al territorio in cui operano. Uno strumento utile per la concreta collaborazione tra scuole e imprese potrà essere rappresentato dalla nuova idea del polo tecnico-professionale, una rete tra scuole, imprese, centri di ricerca, per creare sinergia tra questi soggetti mettendo in comune laboratori e professionalità, finalizzato alla creazione di un ambiente di apprendimento nuovo, con la possibilità di realizzare momenti di approfondimento e di specializzazione agli studenti frequentanti i percorsi ordinari di studio, nonché realizzare un attività strutturale di alternanza scuola lavoro e di avvio al lavoro, in particolare attraverso l apprendistato. La regolazione nazionale e la programmazione regionale dei poli tecnico-professionali dovrà basarsi su criteri flessibili ed ispirarsi a modelli orientativi capaci di esaltare le progettualità territoriali e le esigenze e specificità dei diversi contesti. E evidente che questi cambiamenti non possono avvenire senza la convinta partecipazione di tutti. Anche le imprese devono fare la loro parte, responsabilmente, perché non possono essere le istituzioni da sole ad affrontare le sfide che ci attendono. Emerge con forza l'esigenza di un patto tra imprese, istituzioni e organizzazioni sindacali per favorire l inserimento e la crescita professionale dei giovani; un patto per lo sviluppo economico, sociale e civile, che parta dal riconoscimento che il capitale umano è il primario fattore di competitività. 10

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