PIANO DI ZONA DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIALI

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1 Ufficio di Piano dei Servizi e degli Interventi Sociali dei Comuni appartenenti al Distretto di Menaggio ente capofila AZIENDA SOCIALE CENTRO LARIO E VALLI PIANO DI ZONA DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIALI Triennio Aprile

2 1. INTRODUZIONE 1.1 Premessa La legge 8 novembre 2000, n. 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali - ha previsto che, già dal 2001, i Comuni, associati in un ambito territoriale definito (ossia il distretto sanitario), provvedessero a definire il Piano di Zona. Nello specifico, il Distretto di Menaggio ha approvato e sviluppato specifici Piani di Zona per il biennio , prorogato poi nel 2005 e per i trienni , e Attualmente, a tredici anni di distanza, i Comuni del Distretto, con il presente documento, come definito dalla normativa nazionale e regionale, intendono definire le linee guida programmatiche per il triennio La programmazione del primo triennio sottolineava l importanza di introdurre il sistema dei titoli sociali nelle forme dei buoni e dei voucher al fine di promuovere la libera scelta del cittadino e l omogeneizzazione dell offerta dei servizi a livello territoriale. Nella seconda triennalità venivano evidenziati due elementi: da un lato, l importanza di potenziare il già sollecitato sistema dei titoli sociali con particolare riferimento ai voucher, che, rispetto ai buoni, consentono una maggiore personalizzazione delle prestazioni, dall altro la promozione delle forme associate di gestione con un crescente coinvolgimento dei soggetti del terzo settore. Nella terza triennalità conclusasi nel 2011, le indicazioni regionali evidenziavano l urgenza di dare particolare rilevanza all omogeneizzazione delle modalità di accesso alla rete, di realizzazione di un puntuale e capillare servizio di segretariato sociale e, soprattutto, di promuovere l integrazione tra sociale e socio-sanitario. La quarta triennalità ha invece iniziato a contenere elementi di novità che hanno segnato un punto di discontinuità rispetto alle precedenti triennalità. Infatti in quest ultimo triennio si è reso necessario: - focalizzare l attenzione sulla ricomposizione istituzionale e finanziaria degli interventi, delle decisioni e delle linee di programmazione; - liberare le energie degli attori locali, semplificando il quadro degli adempimenti, armonizzando le linee di finanziamento regionali e facendo convergere le risorse regionali tradizionalmente destinate ai piani di zona verso sperimentazioni locali di un welfare promozionale e ricompositivo. Il coordinamento degli interventi locali ha visto sempre più nell ufficio di Piano, gestito a livello territoriale dall Azienda Sociale, un protagonista, poiché lo stesso si è posto come soggetto in grado di: - connettere le conoscenze dei diversi attori del territorio; - ricomporre le risorse che gli enti locali investono nei sistemi di welfare, favorendo l azione integrata a livello locale; - interloquire con le ASL per l integrazione tra ambiti di intervento sociale e socio sanitario - promuovere l integrazione tra diversi ambiti di policy. La programmazione dei Piani di Zona per il triennio si inserisce in un periodo in cui la riduzione e la ricomposizione delle risorse pubbliche dedicate alle politiche sociali rende sicuramente più urgente la necessità di accelerare i processi di cambiamento e innovazione che da un decennio hanno investito il sistema di welfare locale. Gli strumenti della sussidiarietà, quando utilizzati correttamente, hanno portato alla creazione di reti locali in cui la produzione di servizi e la distribuzione delle risorse sono potute diventare più efficienti e coerenti con i bisogni delle famiglie. Questo cambiamento sta investendo soprattutto i Comuni, singoli o associati, coinvolgendo tutti gli attori dello spazio pubblico, compresi quelli di natura privata e di terzo settore. Per tutti si pone come inderogabile il superamento di una visione riduttiva delle politiche sociali, ponendosi come soggetti attivi e responsabili di un processo di riforma che deve sicuramente essere nei prossimi anni più ampio e partecipato. 1

3 Anche Regione Lombardia ribadisce come si sia aperta una nuova fase del welfare lombardo, che partendo dall esperienza maturata nella Regione, rilancia in un ottica di innovazione l impostazione dei futuri indirizzi di sviluppo dei servizi. Il Programma Regionale di Sviluppo della nuova Legislatura promuove, infatti, il riordino del welfare regionale, con l obiettivo di conciliare il nuovo quadro dei bisogni con la programmazione e l organizzazione di risposte appropriate, anche sotto il profilo del riorientamento e dell integrazione delle risorse. La nuova fase si caratterizza per una rinnovata attenzione alla rete dei servizi sociali e sociosanitari e al supporto che il sistema di interventi può offrire alle famiglie perché i loro bisogni trovino adeguata risposta nelle reti di offerta. Si rende sempre più necessario focalizzare l attenzione sulla ricomposizione istituzionale e finanziaria degli interventi, sulle decisioni e sulle linee di programmazione, affinché siano promosse dagli attori locali esperienze di un welfare aperto alla partecipazione di tutti i soggetti presenti nella Comunità, capace di ricomporre efficacemente interventi e risorse. L orientamento, dunque, è verso un sistema di welfare locale capace di leggere in modo integrato i bisogni di cura delle persone e delle loro famiglie con particolare riferimento ai loro componenti fragili, garantendo che questi siano presi in carico ed accompagnati verso il servizio più adeguato ai bisogni, con l attenzione che gli interventi effettuati siano davvero appropriati, supportando in tal modo sia la persona in difficoltà sia i suoi familiari che talvolta sono lasciati soli nella decisione e nell organizzazione del percorso di cura. La programmazione territoriale deve pertanto necessariamente configurarsi come strumento volto alla ricomposizione degli interventi e delle risorse presenti nel territorio, partendo da una adeguata lettura dei bisogni di cura delle persone e delle loro famiglie. Gli interventi ed i servizi devono sempre più essere in relazione ai bisogni della persona, passando da un sistema centrato sull erogazione di prestazioni ad un sistema che risponda ai bisogni di ascolto, cura, sostegno e presa in carico ; in linea con quanto evidenziato da Regione occorre continuare a perseguire come criteri di fondo che sostengono la centralità della persona e della famiglia: prossimità dei servizi; centralità di una presa in carico integrata; continuità assistenziale per le persone. Tali criteri richiedono una decisa alleanza della rete locale degli interventi e una forte integrazione delle risorse. Regione Lombardia riconosce e valorizza il ruolo di autonomia dei territori senza però sottrarsi al proprio compito di fornire orientamenti ed indirizzi ai territori stessi sulle modalità di sviluppo e attuazione delle politiche, ponendo particolare attenzione al tema dell appropriatezza, sia rispetto al riconoscimento del bisogno sia nell individuazione delle risposte, salvaguardando comunque il criterio generale dell assegnazione di risorse in modo indistinto. In particolare, Regione Lombardia indica ai territori la necessità di una lettura integrata e approfondita dei bisogni, anche attraverso un forte raccordo tra A.S.L. ed Ambiti territoriali. Mentre la lettura dei bisogni spetta ai territori, Regione rafforza il proprio impegno nella definizione di meccanismi di trasferimento finanziario sempre più orientati a sostenere la ricomposizione delle politiche locali. La programmazione territoriale deve quindi essere sempre più indirizzata a: Fornire risposte appropriate ai bisogni che si manifestano in modo sempre più articolato Maggiore integrazione tra A.S.L. ed Enti Locali Necessità di conoscenze a sostegno dei processi di programmazione locale Supporto costante degli attori coinvolti nella programmazione locale sia nell autonomia Le linee di indirizzo regionali presentano sicuramente degli aspetti innovativi rispetto al passato. In primo luogo il riconoscimento della programmazione sociale locale e degli uffici di piano quale nodo strategico per qualificare e rafforzare l integrazione tra i diversi soggetti del welfare locale e, insieme a questo, una considerazione paritaria di Piani di zona e Asl. 2

4 Secondo, sembra chiara la volontà di passare da un orientamento alla programmazione basato sul mero adempimento giuridico/amministrativo verso un approccio maggiormente attento all efficacia del processo. A questo sembra essere indirizzata l assunzione di una logica premiale e di incentivo nella distribuzione delle risorse. Il documento indica espressamente che parte delle risorse trasferite verrà utilizzata per premiare il perseguimento di alcuni obiettivi generali, prevedendo al contempo la decurtazione di risorse per gli ambiti che raggiungeranno livelli di integrazione e presa in carico inferiori agli obiettivi definiti. Infine l assunzione di un nuovo ruolo da parte della Regione che: - si propone quale soggetto paritetico nella costruzione di un processo condiviso con i territori, portando avanti il percorso di confronto intrapreso in questi mesi di predisposizione delle linee guida; - pur nel riconoscimento dell autonomia dei territori, non si sottrae al ruolo di orientamento e indirizzo sulle modalità di sviluppo e attuazione delle politiche - si assume in prima persona compiti e impegni specifici, in particolare in ordine al tema della ricomposizione delle risorse. 1.2 Strumenti e assetto della programmazione Sulla base delle linee guida per la definizione del Piano di Zona vengono individuati come strumenti atti alla programmazione i seguenti: I sistemi informativi a supporto della programmazione Il sistema informativo sociale regionale è sviluppato ed incentivato da Regione Lombardia a supporto della programmazione sociale con lo scopo di rendere disponibili ai vari livelli gli elementi utili ad alimentare processi di confronto tra i territori, al fine di delineare in modo condiviso e consapevole le linee di sviluppo del welfare locale Vengono quindi indicati da Regione alcuni strumenti che gli ambiti hanno a disposizione per perseguire l obiettivo di ricomposizione, che si precisa saranno utili sia ai fini programmatori per operare scelte, per confrontarsi con altri territori e porsi obiettivi di miglioramento (in una logica del benchmarking), che a fini rendicontativi. a) il sistema di conoscenza dell evoluzione delle policy di welfare locale, ovvero il sistema di indicatori costruito in raccordo con Asl e Ambiti in un percorso di accompagnamento condotto dal Cergas Bocconi e adottato sperimentalmente nei mesi scorsi b) il sistema di rendicontazione della spesa sociale dei comuni, fonte ormai utilizzata dal 97% degli ambiti c) l anagrafica delle unità d offerta sociali, ovvero uno strumento in avvio, costruito in coerenza con quello in uso in area sociosanitaria, che consentirà nel corso del 2015 di avere un riferimento univoco e puntuale per ciascuna unità, completando così il quadro dell offerta del welfare locale. A questi si aggiungono i flussi regionali, ovvero d) quello derivante dal Fondo sociale regionale, con dati puntuali su posti, utenza e costi; e) quello derivante dal Fondo nazionale per la non autosufficienza, che consentirà sperimentare modalità rendicontative sul singolo beneficiario, in linea con quanto già accade nel sistema sociosanitario Il Piano di Zona 3

5 L art. 18 della l.r. 3/2008 definisce il piano di zona come lo strumento della programmazione in ambito locale della rete d offerta sociale e dell attuazione dell integrazione tra la programmazione sociale e la programmazione sociosanitaria in ambito distrettuale, anche in rapporto al sistema della sanità, dell istruzione e della formazione, della casa e del lavoro. Il Piano di Zona si configura dunque come lo strumento privilegiato per conseguire forme di integrazione tra le varie politiche mediante l analisi dei bisogni, la definizione delle priorità, la gestione innovativa, flessibile e partecipata del sistema di offerta. Il Piano di Zona rappresenta dunque il documento di programmazione che integra la programmazione sociale con quella sociosanitaria regionale e definisce il quadro unitario delle risorse. Obiettivo della programmazione è quello di integrare risorse e conoscenze degli attori territoriali. In quanto tale la programmazione sociale si deve connettere con gli altri strumenti di programmazione degli enti locali del territorio e con le altre iniziative di promozione di interventi di rete. Pertanto, a partire da questi assunti, il presente Piano, così come i precedenti, vuole individuare, in primo luogo, gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione. Il Piano di Zona è inoltre volto a favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi. Il Piano di Zona intende pertanto definire, partendo da un analisi del territorio in termini di bisogni e di risorse e da una valutazione delle azioni poste in essere nei precedente trienni, gli obbiettivi strategici per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, le modalità di gestione ed i tempi di realizzazione, gli strumenti per la partecipazione, la valutazione della qualità e la raccolta di informazioni, le modalità di coordinamento ed integrazione, e, in un secondo momento, l organizzazione delle risorse umane e finanziarie, in particolare definendo i criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle A.S.L. e degli altri soggetti firmatari dell accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obbiettivi. Ai sensi dell art. 18 della l.r.3/2008, il documento di piano è approvato dall Assemblea dei Sindaci di Distretto. Ha valenza programmatoria triennale; annualmente potrà essere aggiornato rispetto alla definizione delle priorità di intervento, all allocazione delle risorse economico-finanziarie, alle modalità organizzative e gestionali delle unità di offerta. La legge regionale ha pertanto aggiunto ai compiti propri dell Assemblea dei Sindaci, previsti dall art.6 della LR 31/97 (formulazione di pareri e proposte sulle linee di indirizzo e di programmazione dei servizi sociosanitari e formulazione di parere sulla finalizzazione e sulla distribuzione territoriale delle risorse finanziarie), la diretta competenza circa l approvazione del piano di zona. Si tratta di un atto, quindi, non meramente consultivo ma di amministrazione attiva in materia di programmazione della rete locale delle unità d offerta sociali Le gestioni associate Regione Lombardia riconferma anche per il nuovo triennio che la programmazione dei Piani di Zona debba assicurare una idonea integrazione gestionale, promossa nel territorio, attraverso azioni mirate a garantire la gestione unitaria delle funzioni sociali almeno a livello distrettuale, mediante il ricorso alle diverse modalità gestionali previste dalla normativa vigente. La promozione della gestione unitaria su base distrettuale deve permettere l identificazione delle specificità del territorio garantendo una unitarietà di risposta nell ambito territoriale del Piano di Zona. Le forme associative e di cooperazione previste dalla normativa vigente sono utilizzate dai soggetti interessati in armonia con la programmazione del Piano di Zona, al fine di conseguire un uniforme livello qualitativo dei servizi sociali e di integrazione sociosanitaria e di realizzare un miglior coordinamento degli interventi nel territorio. 4

6 1.2.4 L Accordo di Programma L accordo di programma è lo strumento tecnico-giuridico che dà attuazione al Piano di Zona, così come disciplinato dal Testo Unico delle leggi sull ordinamento degli Enti Locali - Decreto Legislativo 267/2000, art nella l.r. 4 marzo 2003, n. 2 e nella l.r 12 marzo 2008, n. 3 art. 18 comma 7. Costituiscono elementi essenziali dell accordo di programma: - le finalità e gli obiettivi; - la designazione dell Ente Capofila dell Accordo, individuato dall Assemblea tra i Comuni del distretto o altro ente con personalità giuridica di diritto pubblico, espressione di gestioni associate di Comuni; - l individuazione dell Ufficio di Piano, quale struttura tecnico-amministrativa di supporto e di coordinamento alla realizzazione delle attività previste dal documento di programmazione; - l indicazione dei soggetti sottoscrittori e aderenti e la descrizione dei relativi impegni; - gli strumenti e le modalità di collaborazione con il Terzo Settore; - le modalità di verifica e monitoraggio dell attuazione dell Accordo di Programma; - la durata triennale della programmazione sociale definita dal Piano di Zona: 1 maggio dicembre Ai sensi dell art. 18 della l.r.3/08, l Accordo di Programma è sottoscritto da tutti i Sindaci dei Comuni dell Ambito distrettuale e dall A.S.L. territorialmente competente. I soggetti del Terzo Settore, che partecipano all elaborazione del documento di piano, aderiscono, su loro richiesta, all Accordo di Programma. A livello regionale, nel corso dei vari cicli di programmazione, si rileva la tendenza, da parte dei Comuni, per quanto riguarda l attribuzione di ente capofila, ad optare in alcuni casi per l azienda speciale consortile o per il consorzio, soprattutto in quei territori in cui c è stata un evoluzione della gestione associata dei servizi ed interventi sociali. Nella fattispecie, l ente capofila dell accordo di programma del Distretto di Menaggio viene individuato nell Azienda Sociale Centro Lario e Valli, fino alla naturale scadenza della stessa. La l.r. n.3/08, prevedendo che l Accordo di Programma sia sottoscritto dai Comuni e dall A.S.L., assegna a questi enti non solo la responsabilità circa l attuazione delle azioni previste nel Piano di Zona, ma fornisce loro lo strumento regolatore di diversi rapporti di collaborazione, anche nell ambito sociosanitario. L accordo di programma è pertanto lo strumento principale con cui i comuni, nella loro forma associata, intervengono sulla rete delle unità d offerta sociali e sull esercizio stesso delle loro attribuzioni, con particolare riferimento all art.13 della LR 3/08. 5

7 2 MODELLO DI GOVERNANCE DEL DISTRETTO DI MENAGGIO 2.1 Premessa La governance è il momento in cui regole, norme, risorse economiche e bisogni si mescolano per fare programmazione e produrre servizi e interventi coerenti con i bisogni. Perché ci sia governance occorrono sia requisiti di merito (un territorio, un organismo politico ed uno tecnico) sia un metodo partecipativo in cui i soggetti pubblici e privati possano lavorare insieme. Il territorio di riferimento è il Distretto socio sanitario. L organismo politico è l assemblea distrettuale dei sindaci, che approva il documento di Piano e delibera l accordo di programma che lo rende operativo. L organismo tecnico è l Ufficio di Piano che ha il compito di garantire l erogazione delle azioni (dalla programmazione alla valutazione), di gestire i budget, di amministrare le diverse fonti di finanziamento e di coordinare i sottoscrittori dell accordo di programma. Questo organo è la cabina di regia del Piano. Inoltre, l assemblea dei sindaci, nell esercitare le funzioni di governance, può affidare la gestione dei servizi di Piano ad un soggetto terzo, quale per esempio un Azienda Speciale Consortile, come peraltro è avvenuto nel Distretto di Menaggio dove si sono incardinate all interno di questo ente strumentale sia le funzioni di Ufficio di Piano sia quelle di carattere gestionale legate alle attività di gestione associata. L attività dell Ufficio di Piano nel corso del triennio sarà completamente rivoluzionata sia per obblighi legati alla DGR 2941/2014, impostazione Legislativa Regionale di cui peraltro stiamo aspettando le delibere esplicative e risposte a quesiti posti da più Comuni alla Direzione Regionale competente, sia per le Delibere che l Assemblea dei Sindaci assumerà sul futuro dell Azienda Sociale e dell Ufficio di Piano, che sembrano scegliere la separazione tra l Azienda Sociale e l Ufficio di Piano. Il percorso sembra quello di scorporare l Ufficio di Piano che avrà una funzione di Programmazione e Controllo dall Azienda Sociale che avrà la funzione di gestione dei servizi e del personale addetto. Il Consiglio di Amministrazione auspica una proroga rinnovo dell Azienda Sociale per 6 mesi per poter innanzitutto portare avanti tutti i servizi importantissimi svolti con professionalità agli utenti del nostro territorio, nel frattempo studiare con le modalità che l Assemblea dei Sindaci deciderà le nuove funzioni di Azienda Sociale e Ufficio di Piano. Per Statuto, art. 26, il CdA verrà affiancato con funzioni di consulenza da un organo di Sindaci deliberato in assemblea di ambito sociale, data la complessità della separazione fra Ufficio di Piano e Azienda Sociale, si ritiene necessario, per valutare le diverse posizioni dei Sindaci e raggiungere un sistema che non comporti oneri aggiuntivi e che contempli la soddisfazione dell utenza dei nostri servizi, un cospicuo lasso di tempo. 2.2 L Azienda Sociale Centro Lario e Valli L Azienda Sociale Centro Lario e Valli è stata istituita nell anno 2006 dai 36 Comuni del Distretto di Menaggio per l esercizio comune delle funzioni previste dal Piano di Zona. I Comuni firmatari hanno infatti ritenuto che - in base alla normativa vigente - fosse questo lo strumento più diretto ed efficace che, mantenendo l esperienza positiva prima realizzata di integrazione territoriale intercomunale, consentisse una riorganizzazione dei servizi alla persona finalizzata ai seguenti obiettivi: 1. maggiore centralità del cittadino utente dei servizi, in termini di flessibilità ed articolazione delle risposte; 2. sviluppo attivo del ruolo del Terzo Settore, sia nella gestione che nella progettazione degli interventi, anche sperimentando nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato; 3. sviluppo degli interventi nei confronti di nuovi bisogni sociali; 6

8 4. integrazione e cooperazione tra servizi sociali, servizi educativi, servizi per la Formazione Professionale, per la politica abitativa, per le politiche attive del lavoro e più in generale per lo sviluppo locale; 5. mantenimento e qualificazione dell integrazione socio sanitaria in un ottica di servizio globale alla persona, con particolare riferimento alle fasce più marginali; 6. consolidamento dell integrazione territoriale a livello intercomunale per evitare duplicazioni ed ottimizzare risorse finanziare ed umane e pervenire ad una omogenea diffusione dei servizi e delle attività, con particolare riferimento al loro potenziamento nei comuni di minori dimensioni demografiche; 7. sviluppo dell informazione e della partecipazione attiva alla realizzazione degli interventi da parte dei cittadini utenti e delle loro associazioni; 8. attivazione e consolidamento delle forme di equa contribuzione da parte degli utenti alle spese gestionali dei singoli servizi. 2.3 Il modello di governance del Distretto di Menaggio Premessa Nell ambito territoriale di Menaggio, fin dalla nascita dell Azienda sociale nel 2006, sulla scorta delle linee di indirizzo Regionali per l attuazione del Piano di Zona (circolare 9 e 34 del ), l assemblea dei sindaci ha individuato l Azienda Sociale Centro Lario e Valli ente capofila dell accordo di programma per dare attuazione attraverso al sua struttura tecnico amministrativa al Piano di Zona. Tale Azienda è, per statuto, in scadenza nel mese di gennaio In questi anni l ufficio di piano ha svolto le funzioni previste per legge: Supportare il tavolo politico in tutte le fasi del processo programmatorio Gestire gli atti conseguenti all approvazione del piano di zona Essere responsabile dell attuazione degli indirizzi e delle scelte del livello politico Organizzare e coordinare le fasi del processo di attuazione del piano di zona Costruire e governare la rete Studiare, elaborare ed effettuare l istruttoria degli atti Coordinare i tavoli tecnici Nel triennio , avendo Regione Lombardia indicato esplicitamente nel documento di programmazione che qualora l Assemblea distrettuale individui l azienda consortile o il consorzio quale ente capofila dell accordo di programma, particolare attenzione va posta nell individuazione del soggetto istituzionale a cui viene attribuito il ruolo di Ufficio di Piano, in quanto non si ritiene opportuno che le due componenti quella di programmazione sociale territoriale e quella di gestione di unità d offerta/interventi coesistano all interno di un medesimo soggetto che spesso nasce con lo scopo di produrre ed erogare servizi per il territorio di riferimento, si ritiene fare una approfondita analisi, una volta approvato il Piano di Zona, per definire il nuovo assetto organizzativo legato ai servizi socio assistenziali. Posto ed accolto il principio generale in ordine alla separazione tra funzioni di programmazione e funzioni di gestione, sarà un obiettivo del triennio entrante definire in maniera dettagliata: di assicurare che la programmazione zonale rimanga univocamente in capo ai soggetti istituzionali deputati (cioè i Comuni riuniti nell assemblea distrettuale dei sindaci, con istituzione di apposita commissione di controllo) e non risponda agli organi societari delle aziende consortili; di preservare con le dovute forme tutte le esperienze positive che hanno consentito negli anni di consolidare gli uffici della programmazione d ambito, anche nel tessuto ordinamentale delle aziende stesse, accrescendo contestualmente professionalità e metodologie e pratiche operative, in un contesto di chiara distinzione dei ruoli e delle prerogative. 7

9 2.3.2 L assemblea dei sindaci di ambito sociale Dovrà essere identificata e dotata di apposito regolamento l Assemblea dei Sindaci di ambito sociale come organismo politico, quale espressione di continuità rispetto alla programmazione sociosanitaria e ambito dell integrazione tra politiche sociali e politiche sanitarie, per la quale va definito un regolamento di funzionamento, che farà riferimento alle regole di funzionamento previste per l assemblea distrettuale dei sindaci (individuata e normata ai sensi dell art. 9 comma 6 della l.r , n.31 e delle direttive approvate con dgr. n.41788/1999). L Assemblea dei Sindaci di ambito sociale costituirà pertanto l organismo politico dei Piani di Zona. In particolare, l Assemblea dei Sindaci, che rappresenterà quindi il luogo "stabile" della decisionalità politica per quanto riguarda i Piani di Zona, sarà chiamata a deliberare in ordine a: - approvazione del documento di Piano e suoi eventuali aggiornamenti; - verifica annuale dello stato di raggiungimento degli obiettivi di Piano; - aggiornamento delle priorità annuali, coerentemente con la programmazione triennale e le risorse disponibili; - approvazione annuale dei piani economico-finanziari di preventivo e dei rendiconti di consuntivo; - approvazione dei dati relativi alle rendicontazioni richieste dalla Regione per la trasmissione all ASL ai fini dell assolvimento dei debiti informativi. L assemblea dei sindaci di ambito sociale si avvarrà di una struttura tecnica con funzione di ufficio di piano, L assemblea dei sindaci di ambito sociale avrà funzioni di indirizzo e controllo sulla struttura tecnica dell ufficio di piano, affinchè questi svolga per conto della stessa assemblea correttamente i propri compiti di programmazione e controllo. 2.4 La cabina di regia a supporto del processo di integrazione sociosanitaria e sociale La d.g.r. 2941/15 ribadisce che la d.g.r. n. 326/13 ha identificato nella Cabina di Regia il luogo dove garantire la programmazione, il governo, il monitoraggio e la verifica degli interventi sociosanitari e sociali erogati da A.S.L. e Comuni, singoli o associati, nell ambito delle aree Comuni di intervento. Ciò al fine di evitare duplicazioni e frammentazione nell utilizzo delle risorse e nell erogazione degli interventi e contestualmente garantirne appropriatezza. Il ruolo di integrazione della Cabina di regia è stato confermato anche con le Regole di sistema 2014 per il settore sociosanitario (d.g.r. n. 1185/13). La Cabina di regia rappresenta un importante risorsa che si pone in sinergia ed integra il ruolo degli uffici che le A.S.L. hanno istituito a supporto delle funzioni del Consiglio di rappresentanza dei sindaci e delle Assemblee distrettuali. La cabina di regia costituita in provincia di Como vede la partecipazione di figure professionali dell A.S.L. che si occupano dei temi discussi al fine di dare un maggiore apporto e approfondimento sulle questioni a forte valenza sociosanitaria e dei rappresentanti degli ambiti scoiali territoriali. Regione Lombardia indica quale debba essere il ruolo della Cabina di regia nel nuovo triennio di programmazione sociale: monitoraggio dello stato di avanzamento degli obiettivi del Piano di Zona dei territori, rispetto alle dimensioni conoscenze risorse servizi; orientare, sulla base dell esperienza svolta, l attività della Cabina di regia in particolare sul tema delle non autosufficienze, privilegiando progressivamente il livello della programmazione strategica e di sistema, e qualificando maggiormente la dimensione programmatoria e di pianificazione delle azioni e delle risorse rispetto alla dimensione erogativa; 8

10 focalizzare la programmazione ripartendo dal tema della conoscenza, anche con riferimento al percorso di accompagnamento promosso da Regione Lombardia; condividere i piani operativi A.S.L. e Ambiti relativi alle misure e ai canali di finanziamento regionali e nazionali in tema di interventi e servizi sociali e sociosanitari al fine di avere un quadro chiaro delle azioni che vengono intraprese a livello territoriale ponendo attenzione sia alle possibili sovrapposizioni degli interventi sia alle aree della domanda di intervento/servizi, ancora scarsamente presidiate, condizione questa per poter effettuare analisi territoriali relative ai vari piani operativi e poter confrontare meccanismi di accesso; investire maggiormente sul monitoraggio e soprattutto sulla valutazione delle politiche adottate; rafforzare il ruolo di riferimento della Cabina di regia rispetto agli organismi politici (Assemblea distrettuale, Consiglio di Rappresentanza dei sindaci e Conferenza dei sindaci); adottare un metodo di lavoro e di procedure definite da A.S.L. e Comuni prevedendo modalità di funzionamento flessibili e orientate alla concretezza dei risultati ottenuti; prevedere l utilizzo condiviso (A.S.L./Ambiti) di sistemi informativi e di banche dati per la condivisione dei dati e lo scambio informativo sugli utenti in carico. 2.5 Rapporti con il terzo settore e altri soggetti territoriali Continueranno a più livelli, i rapporti con il Terzo Settore per la costruzione di un welfare territoriale. I soggetti di cui all art. 1 della L. 328/00 potranno esprimere la loro adesione al Piano di zona quale dimostrazione di condivisione con gli indirizzi di politica sociale assunti con il Piano stesso. La dichiarazione di adesione, oltre a rappresentare un atto di condivisione dei contenuti e degli obiettivi del Piano, comporta un espressa volontà a concorrere alla realizzazione degli stessi. In tal caso gli aderenti potranno partecipare con loro rappresentanti ai Tavoli Tematici, intesi come luogo di confronto tra programmatori istituzionali e realtà sociale, e alle équipe multidisciplinari, luoghi di programmazione e progettazione integrata in relazione ai progetti di vita dei singoli cittadini portatori di bisogno. L impegno espresso dalla società civile si inserisca in un ambito di progettazione complessiva partecipata e consapevole per rendere maggiormente efficaci ed appropriate le risposte e consentire un adeguato utilizzo delle risorse. I soggetti del Terzo Settore concorrono, quindi, all individuazione degli obiettivi dei processi diprogrammazione locale e partecipano a livello territoriale alla definizione di progetti per servizi ed interventi di cura alla persona. La partecipazione e adesione agli indirizzi contenuti nel Piano di zona, relativi alla programmazione territoriale, come sempre viene resa possibile anche agli Istituti Scolastici del territorio e alle forze dell ordine. Inoltre, in attuazione della dgr n.ix/1353 del avente per oggetto Linee guida per la semplificazione amministrativa e la valorizzazione degli enti del Terzo Settore nell ambito dei servizi alla persona e alla comunità e del Decreto della Direzione Generale Famiglia, Conciliazione, Integrazione e solidarietà sociale n del 28/12/2011 avente per oggetto Indicazioni in ordine alla procedura di coprogettazione fra Comune e soggetti del terzo settore per attività e interventi innovativi e sperimentali nel settore dei servizi sociali, in un ottica di corresponsabile costruzione di un sistema di risposte alle esigenze e ai bisogni della comunità locale, si continueranno a sperimentare varie forme di collaborazione con i soggetti del Terzo Settore, tra cui la progettazione nelle aree evidenziate come più innovative e sperimentali. Si sottolinea come la stessa dgr n.ix(1353/2011 prevede che la Regione o i comuni (singoli o associati) riconoscano o promuovano le sperimentazioni di unità d offerta e di nuovi modelli gestionali nell ambito della rete dell unità d offerta sociali e socio-sanitarie. In tal caso la pubblica amministrazione può derogare da forme di selezione pubblica e procedere alla collaborazione diretta con i soggetti del terzo settore 9

11 interessati. Si prevede, inoltre, che tale forma di collaborazione possa attivarsi attraverso convenzioni o accordi procedimentali. 3 PERCORSO DI REALIZZAZIONE DEL PIANO DI ZONA Il processo di costituzione del quinto Piano di Zona del Distretto di Menaggio non ha previsto particolari tappe di realizzazione, poiché, a distanza di oltre un decennio da primo piano locale di programmazione, il territorio ha ormai consolidato le sue competenze programmatorie tali per cui ogni periodo dell anno vede i soggetti interessati alla programmazione (enti locali aziende sanitarie e soggetti del terzo settore) impegnati nell analisi dei bisogni, nella definizione delle priorità di intervento, nella valutazione di ipotesi di azioni, nella progettazione e programmazione di servizi e attività, nella valutazione degli esiti di ciò che già è in essere. Certamente per la stesura del presente documento attenzione importante è stata data alla definizione dei contenuti da inserire come priorità per il prossimo triennio programmatorio coerentemente con le esigenze emerse a livello territoriale e con le indicazioni contenute nelle linee regionali di indirizzo. Come già evidenziato in precedenza, Regione Lombardia chiede particolare attenzione alla ricomposizione nel territorio regionale basata: - sulle priorità conoscitive - sull integrazione della spesa - sull integrazione dei servizi Viene chiesto ai territori di: - produrre conoscenza sui bisogni - raggiungere una soglia minima di gestione integrata delle risorse - avere livelli definiti di presa in carico minima per interventi selezionati - definire una soglia di utenti trattati con valutazione multidimensionale condivisa Avendo l ambito di Menaggio già raggiunto tali obiettivi nei trienni precedenti (si veda descrizione delle azioni di sistema e dei servizi e degli interventi realizzati nel distretto di Menaggio), nel triennio entrante la programmazione territoriale deve andare in una direzione di miglioramento. Si è così arrivati a definire i contenuti su cui si dovrà maggiormente lavorare nel prossimo triennio; in particolar modo si è definito che anche in questo Piano di Zona dovrà essere considerato prioritariamente il miglioramento dei seguenti aspetti: - realizzare in forma compiuta un sistema di rete territoriale in grado di incontrare la famiglia, coglierne le esigenze e rispondervi in tempi brevi, in modo trasversale ed integrato; - diversificare e incrementare la gamma dei servizi fornendo ai cittadini risposte sempre più personalizzate e sempre meno indistinte; - razionalizzare e ottimizzare l impiego delle risorse disponibili, perseguendo modelli di gestione associata dei servizi e l integrazione degli strumenti tecnici e dei criteri di implementazione delle policy; - superare le logiche organizzative settoriali, la frammentazione e la duplicazione di interventi favorendo una presa in carico unitaria e semplificando l informazione e le procedure di accesso ai servizi 10

12 Infatti, come già detto in premessa, la riduzione delle risorse pubbliche dedicate alle politiche sociali ha reso sicuramente più urgente la necessità di accelerare i processi di cambiamento e innovazione che da un decennio hanno investito il sistema di welfare locale. Per tutti si pone come inderogabile il superamento di una visione riduttiva delle politiche sociali, ponendosi come soggetti attivi e responsabili di un processo di riforma che deve sicuramente essere nei prossimi anni più ampio e partecipato. 4 I PARADIGMI DELLA NUOVA PROGRAMMAZIONE 4.1 Il contesto di riferimento Come sottolineato nelle linee guida regionali, il sistema degli interventi e dei servizi sociali in Regione Lombardia si confronta con una società le cui esigenze si stanno modificando e intensificando. I target di utenti più tradizionali stanno ampliando le proprie esigenze in relazione alle maggiori aspettative verso la qualità dei servizi e, in particolare per quanto attiene alla popolazione anziana, a causa dell aumento di questa fascia di popolazione. D altro lato, il contesto economico e sociale sta ampliando una sfera di bisogni delle persone e delle famiglie in relazione ai fenomeni delle nuove povertà e alle implicazioni che questo induce rispetto alla fragilità della popolazione, in particolare per quanto attiene alle fasce più deboli. Una vasta fascia di giovani che non stanno lavorando, non si stanno formando, non stanno studiando. Le reti familiari sono sempre più fragili e sempre meno in grado di sviluppare forme autonome di presa in carico rispetto ai bisogni più tradizionali. Le difficoltà che molte famiglie vivono nel mondo del lavoro si traducono sempre più in fragilità sociale e in nuovi bisogni, in particolare con riferimento ai minori e alla casa. Di fronte alla complessità di queste nuove esigenze la prospettiva delle finanze pubbliche non permette di sviluppare ipotesi espansive rispetto agli interventi, proprio mentre sono necessarie competenze e risorse per intervenire anche su nuove aree di bisogni. I sistemi di welfare locale, per rispondere del proprio compito istituzionale in una situazione così complessa, sono chiamati a una innovazione paradigmatica. La capacità di attivare e connettere le risorse e gli interventi è rilevante oggi quanto, negli anni precedenti, lo è stata la capacità di promuovere qualità dei servizi e degli interventi: non solo i confini tra politiche sociali e politiche sanitarie, ma anche quelli con le politiche del lavoro e le politiche abitative si allentano e si rendono necessariamente più permeabili. In questa sfida, determinata dalla crescita dei bisogni più noti e dall affacciarsi e affermarsi di nuovi bisogni, la programmazione locale deve sempre più essere caratterizzata da un investimento di risorse e una disponibilità di competenze elevate e qualificate. Sicuramente si rende sempre più necessario integrare maggiormente l azione dei diversi soggetti che operano nei sistemi di welfare locale, ossia tra gli enti locali, tra enti locali e aziende sanitarie, tra soggetti pubblici e soggetti privati, tra intervento pubblico e risposta autonoma organizzata dalle famiglie. Come evidenzia il programmatore regionale, la frammentazione dei sistemi di welfare locali si manifesta su molteplici piani: - le titolarità; - le risorse; - le conoscenze, - i servizi. 11

13 Sul piano delle titolarità, l azione degli enti locali e delle A.S.L. necessita di un consolidamento delle forme di integrazione, permane il rischio di dare vita ad aree di sovrapposizione e di duplicazione così come di lasciare, nello spazio di confine tra l azione degli enti locali e quella delle A.S.L., rilevanti spazi di bisogni non coperti. In quest ultimo triennio già molto si è fatto in questa direzione, ma occorre sicuramente migliorare e qualificare le forme di collaborazione ed integrazione, le quali devono essere basate sul dialogo e sulla comunicazione efficace e non unicamente sulle semplici logiche di adempimento. Sul piano finanziario, l assetto istituzionale del sistema di welfare italiano vede una allocazione delle risorse in cui una componente prevalente è trasferita direttamente alle famiglie, i soggetti pubblici del welfare locale detengono complessivamente una quota tra il 25 e il 30% di tali risorse. All interno di questa quota limitata, le risorse sono a loro volta distribuite tra i soggetti del welfare locale, Comuni e A.S.L., con gli Uffici di Piano che governano direttamente una quota molto limitata delle risorse pubbliche presenti nei territori per gli interventi sociali e sociosanitari. Sul piano delle conoscenze, la frammentazione delle titolarità e delle risorse induce una frammentazione conoscitiva, che rende molto difficile per i singoli attori riconoscere l insieme delle azioni e degli interventi che convergono su specifiche aree di bisogni. Nessuno degli attori riesce in questo modo ad avere una visione d insieme della domanda e dei bisogni di cui si sta occupando, né delle risorse, delle competenze e delle possibilità di risposta che vengono complessivamente attivate nel territorio rispetto ad ogni area di intervento. La programmazione delle risorse definita da ogni soggetto è fondata prevalentemente sulle risorse di cui dispone, e sulla domanda che si rivolge a quello stesso soggetto, fortemente condizionata dall offerta che lo stesso soggetto mette in campo. Infine, la frammentazione si esprime sul piano dei servizi, che determina percorsi di accesso tortuosi e complicati, genera distanza tra i servizi e le persone, e in estrema sintesi compromette la possibilità di accesso per i meno informati (potenzialmente più fragili di coloro che riescono ad esprimere una domanda) e amplifica il rischio che si creino duplicazioni degli interventi tra diversi soggetti o, al contrario, aree di assenza di interventi al confine tra l azione dei diversi attori. Sicuramente a livello distrettuale la scelta di avere una gestione associata di tutti i servizi ha negli anni aiutato a limitare la frammentazione sul piano dei servizi, aiutando il cittadino ad avere un accompagnamento qualificato nel suo progetto di vita. Azioni migliorative in questo senso devono sicuramente essere effettuate nei prossimi anni, ma la direzione intrapresa è già favorevole in tal senso. La ricomposizione territoriale dei servizi ha fatto altresì si che si siano sviluppate negli anni competenze che promuovano innovazione e cambiamento dei servizi avendo delle rappresentazioni del sistema di welfare più integrate. L ufficio di Piano ha sicuramente costituito un soggetto strategico per rafforzare e qualificare le forme di integrazione tra i soggetti del welfare locale, riuscendo a livello territoriale a superare la funzione di gestione del proprio budget e ponendosi ed essendo riconosciuto come promotore di connessioni e opportunità per gli altri soggetti. 4.2 La programmazione sociale In accordo con quanto afferma Regione Lombardia, riteniamo che la programmazione sociale, all interno di questo modello integrato, sia tanto più efficace quanto più è funzionale alla connessione delle azioni sviluppate dagli altri agenti del welfare locale. Al contrario, una programmazione, pure efficace, che si limiti alla gestione delle risorse trasferite agli Uffici di Piano e da questi gestite rappresenta un elemento ulteriore di frammentazione del welfare locale. Fin dal primo piano di zona il Distretto di Menaggio ha visto una programmazione integrata delle risorse sociali territoriali, promuovendo e consolidando la ricomposizione tra i soggetti istituzionali e tra questi e i differenti agenti del welfare presenti nelle Comunità locali. 12

14 Da un attenta lettura dei report legati al sistema di conoscenza dell evoluzione delle policy di welfare locale, promosso da Regione Lombardia si è potuto evincere come i livelli di integrazione in atto tra i Comuni, tra Comuni e A.S.L., tra servizi e tra aree di policy all interno del Distretto di Menaggio, dando conto dei livelli di conoscenza dei bisogni del territorio, del tipo di omogeneità negli interventi e nella spesa da parte dei singoli soggetti e dal grado di integrazione realizzato tra risorse pubbliche e risorse private dei cittadini possano ritenersi soddisfacenti su più fronti. Come Regione sottolinea, la ricomposizione attiene differenti dimensioni: - le conoscenze e le informazioni che alimentano le decisioni - le risorse impiegate nel sistema di welfare - i servizi offerti ai cittadini Le conoscenze e le informazioni necessarie per programmare in modo integrato La programmazione sociale in questi anni è stata un importante leva per iniziare e consolidare percorsi di ricomposizione delle proprie informazioni con quelle degli altri soggetti che operano nei propri territori, ai fini di sviluppare una lettura integrata degli interventi in atto a livello locale. La programmazione e la gestione associata dei servizi ha infatti fatto si di essere a conoscenza della rete dei servizi territorio offerti, degli accessi ai servizi e delle prestazioni erogate; della domanda espressa, del bisogno potenziale e dei dati relativi agli utenti in carico e alle prese in carico integrate tra Comuni e A.S.L., di anziani, disabili, minori e soggetti in situazione di fragilità sociale. Minori dati o stime invece si riescono ad avere ai fini di monitorare il sistema privato formale o informale di cura (informal care e cure private fruite dalle famiglie ). I servizi per facilitare i percorsi degli utenti L offerta di servizi erogata dai Comuni dell ambito territoriale di Menaggio è omogenea, poiché è previsto un canale unico di accesso ai servizi e di presa in carico attraverso il segretariato sociale ed il servizio sociale professionale gestiti in forma associata, attraverso l Azienda Sociale. È previsto inoltre un sistema di tariffazione omogeneo per la totalità delle unità d offerta, ad esclusione degli asili nido. Vi sono comunque livelli di spesa molto differente tra i Comuni, anche afferenti allo stesso ambito territoriale, legati al numero di utenza raggiunta dai servizi. Nell ambito di Menaggio i regolamenti dei servizi, i criteri di accesso degli utenti, le forme di compartecipazione sono stati definiti a livello distrettuale. Le risorse per ottenere più efficacia e ridurre gli sprechi Nell ambito di Menaggio le risorse programmate e gestite insieme dai Comuni sono mediamente il 95% delle proprie risorse dedicate a interventi in ambito sociale e sociosanitario. La spesa sociale e sociosanitaria degli enti locali è molto eterogenea, come verrà analizzato nei prossimi capitoli: si passa dai 17,00 /pro abitante fino a quasi 90,00 /pro abitante. Tale differenza tra comuni dello stesso ambito non è legata all effettiva possibilità di un cittadino di accedere ai servizi (tutti i servizi sono accessibili a tutti i cittadini del distretto), ma dall effettiva fruizione da parte dei cittadini di un comune agli stessi, in base ai bisogni da loro espressi. Pertanto negli anni tale spese è suscettibile a variazioni in base alla effettiva richiesta di interventi. La spesa minima equivale al fondo di solidarietà pro capite ed è sostenuta dai comuni che non hanno utenti che fruiscono di servizi a domanda individuale specifici, ma unicamente di servizi di presa in carico sociale, servizi di tipo preventivo o servizi che non prevedono oneri per le singole amministrazioni in quanto finanziati da fondi di settore. 13

15 4.3 Un welfare che crea valore per le persone e per il territorio La frammentazione del sistema di welfare normalmente tende a spingere i diversi soggetti a focalizzare la propria attenzione sui propri utenti e sulla propria domanda; l azione dell ufficio di piano, in rete con i diversi attori territoriali, invece, in questi anni ha cercato di analizzare in maniera sempre più approfondita la domanda e i bisogni presenti nel territorio, attraverso tavoli di lavoro tematici e programmazione congiunta delle risposte a tali bisogni, cercando si contrastare la nascita di mercati informali degli interventi molto fragili sia sul piano della qualità, sia sul piano della legalità. Per creare valore per le persone e per le famiglie, nel territorio sempre più l azienda sociale, attraverso l ufficio di piano e il servizio sociale specialistico, ha assunto una postura più promozionale che riparativa, promuovendo l attivazione di tutte le risorse disponibili nelle persone, nelle famiglie e nelle Comunità per ampliare la capacità del sistema di prendere in carico le domande sociali che stanno emergendo in misura più ampia o inedita. Affinché il welfare locale possa assumere sempre più una visione promozionale si sta sempre più andando in una direzione in cui: - la prospettiva sia focalizzata sulle persone e sulle famiglie, oltre che sugli utenti già in carico; - il focus sia sui bisogni e sui problemi, piuttosto che sulla domanda; - le risorse considerate siano quelle dei soggetti pubblici e quelle degli attori privati e delle famiglie - gli interventi siano condotti con un orientamento ad integrare differenti aree di policy, in particolare: casa, lavoro, sanità, scuola. Il nuovo paradigma non vede più una netta distinzione tra le risorse messe a disposizione dal sistema pubblico e i bisogni della società; ma si basa sull alleanza tra il welfare e la società civile, in una connessione di risorse orientate a scelte sostenibili. Si propone un cambio culturale sostanziale a partire dalla contrazione complessiva delle risorse pubbliche, a cui si associa l intento di riforma del welfare verso un ottica di maggior corresponsabilità. Tutti, non solo le istituzioni pubbliche, sono responsabili del benessere delle comunità locali e i Comuni associati sono l attore centrale che ha il compito di attivare reti, cercando risorse aggiuntive con le altre istituzioni, terzo e quarto settore, privati cittadini e mondo dell impresa. In tal senso, il Piano di Zona deve essere lo strumento per orientare tutti gli attori e sviluppare processi di collaborazione e di alleanze. Pertanto deve proseguire nello sviluppare e rafforzare i processi associativi e di gestione integrata tra le amministrazioni comunali come indicato dalle linee guida regionali. Infatti la programmazione dei Piani di Zona deve assicurare l integrazione gestionale del territorio attraverso la predisposizione e l erogazione compartecipata delle funzioni sociali nei distretti, per garantire un uniforme livello di accesso ai servizi sociali e socio-sanitari. Altresì deve predisporre la realizzazione di un miglior coordinamento complessivo degli interventi e il superamento della loro frammentazione, razionalizzando l offerta e offrendo pari opportunità e livelli adeguati d informazione ai cittadini. Se è vero che le risorse pubbliche sono in contrazione, non si può non considerare che le risorse economiche continuano a rappresentare, poche o tante che siano, una leva fondamentale per poter attivare connessioni e spingere verso la condivisione di responsabilità con altri attori. Pertanto, le risorse disponibili devono essere destinate anche al sostegno della capacità programmatoria e ricompositiva dei territori. Infine, in relazione alla necessità della ricomposizione delle decisionalità, non possiamo non essere d accordo sul fatto che in un contesto di risorse drasticamente ridotte, il da farsi sia obbligatoriamente capitalizzare al meglio quello che c è per deciderne - in forma compartecipata e trasversale - le più opportune destinazioni d uso. 14

16 5 INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA 5.1 Integrazione socio sanitaria Area fragilità Obiettivi Obiettivi e priorità del Piano di Zona Gli obiettivi prioritari attinenti l integrazione socio sanitaria riguardano l assistenza e il miglioramento della presa in carico delle persone fragili, quindi anziani e disabili non autosufficienti, e le rispettive famiglie. Dall analisi dei dati raccolti da Regione Lombardia, dai dati demografici provinciali e attraverso il lavoro di analisi delle realtà locali emerge come la gestione delle non autosufficienze e la prevenzione dell inserimento residenziale possa derivare da una più stretta ed efficace collaborazione fra i servizi socio sanitari e i servizi sociali: ciò è necessario che avvenga a partire da una più sistematica condivisione delle informazioni sui bisogni dei cittadini e sulla conseguente domanda di servizi e prestazioni, da una rilevazione congiunta dei bisogni più sentiti e dall uso sinergico dei servizi e delle risorse a disposizione delle istituzioni preposte a garantire la soddisfazione dei bisogni, che sono la Asl e i Comuni in forma singola o associata. Azioni attuative finalizzate al perseguimento degli obiettivi Si ritiene di pianificare e attuare, attraverso protocolli operativi e relative implementazioni di prassi, più frequenti contatti tra le strutture operative Asl (Sportelli Unici per il Welfare) centrati sullo scambio di informazioni, definizione di piani di assistenza, individuazione delle rispettive competenze e definizione del budget di cura per i casi presi in carico. Un azione importante sarà garantire con la massima trasparenza le informazioni sulle opportunità di assistenza offerte dal sistema regionale, siano esse di competenza dei servizi sociali o della Asl. Si prevede infine di mettere in condizione gli operatori di partecipare ad eventi formativi congiunti con la Asl, che possano diffondere buone prassi, soluzioni organizzative e informazioni che provengano anche da altri ambiti territoriali. Indicatori di risultato Si definiscono i seguenti indicatori per misurare o registrare effettivi miglioramenti nel grado di integrazione fra i servizi sociali e socio sanitari: - Numero di casi oggetto di confronto e discussione fra servizi afferenti all UdP o ai Comuni e servizi Asl (SUW) 15

17 - Numero di budget di cura definiti in modo congiunto - Incremento di informazioni e dati inerenti la popolazione fragile condivisi dai rispettivi servizi (dati oggetto di richiesta da parte dell UdP e di risposta da parte dell Asl e viceversa) - Numero di eventi formativi congiunti realizzati Interventi e azioni di sistema previsti per il loro raggiungimento Le azioni di sistema per la promozione e il miglioramento della integrazione socio sanitaria scaturiscono dalla condivisione fra Ambiti territoriali e Asl, attraverso la Cabina di Regia, di obiettivi di coordinamento e strumenti per la loro realizzazione: ciò nell ambito di un percorso progressivo, che si prevede debba avvalersi della condivisione di dati, informazioni, opportunità e coniugarsi con le specificità di questo territorio. Attraverso il Piano operativo condiviso in Cabina di regia per l attuazione delle misure B 2 ex dgr 2883 / 2014 si prevede di seguire le indicazioni regionali, che sottolineano la necessità di mettere a disposizione le opportunità offerte dalla programmazione regionale alla cittadinanza nel modo più semplice e trasparente, con una valutazione multidimensionale del bisogno che si avvalga se necessario delle competenze dei medici di medicina generale o dei servizi socio sanitari. Al di là della definizione della soglia ISEE e di altri requisiti socio economici, si prevede di effettuare una valutazione che tenga conto della intensità e complessità assistenziale richiesta dal caso nonché delle risorse che la famiglia o il contesto microsociale ha a disposizione per la gestione dei bisogni. Per la ottimizzazione delle risorse si prevede di garantire una informazione qualificata degli operatori sociali anche sulle opportunità di assistenza erogabili dalla Asl (dgr 2655 e 2942 / 2014), al fine di definire nei casi che lo richiedono o per cui si profila la necessità un budget di cura congiunto Ambiti di integrazione Gli ambiti operativi di integrazione sono quindi l attuazione della dgr 2883 / 2014, la sinergia con le opportunità offerte dalle dgr 2655 e 2942 / 2014 e loro future evoluzioni, soprattutto per quanto riguarda l accesso alle RSA aperte e l inserimento residenziale di persone in regime di residenzialità leggera, la collaborazione con i SUW della Asl. L integrazione verrà realizzata attraverso un rapporto sistematico con gli Sportelli Unici Welfare (SUW), attuando il protocollo operativo già siglato e promuovendo nel corso del triennio una sempre maggiore sinergia fra gli operatori sociali dedicati alla fragilità e gli operatori socio sanitari: il protocollo operativo già siglato costituisce infatti una base di partenza per costruire un sistema in grado di garantire un approccio integrato, che con lo strumento del budget di cura, dia risposte efficaci ai bisogni delle famiglie ed eviti alle stesse di doversi rivolgere a più sportelli o interlocutori per ottenere informazioni o chiedere l erogazione di prestazioni Ulteriori ambiti di collaborazione L attuazione della dgr 392 / 2013 (Progetti di case management per soggetti autistici), che è limitata alla prima metà del 2015, costituirà un terreno di reciproco scambio di informazioni e di possibili collaborazioni nella presa in carico sinergica fra diverse istituzioni dei casi di autismo e dei minori con disabilità, con modalità adatte alla specificità dell ambito territoriale. Ulteriori ambiti di collaborazione potranno essere sviluppati in tema di sperimentazioni regionali (vd. cure intermedie/post acuti, presa in carico extraospedaliera di minori con disabilità). 16

18 5.1.5 Modalità di integrazione Le modalità di integrazione descritte sono definite attraverso protocolli operativi, i cui contenuti sono già stabiliti o potranno essere integrati e migliorati nell ambito di un processo graduale, finalizzato alla ottimale collaborazione e scambio di informazioni fra i servizi sociali e socio sanitari. Si fa riferimento a questo proposito ai seguenti documenti: Protocollo operativo di attuazione in materia di welfare regionale e modalità di integrazione operativa nei SUW, quindi attinente le valutazioni multidimensionali, il Budget di cura, la formazione. Protocolli operativi di attuazione dei progetti per Genitori separati Protocolli operativi di attuazione dei progetti Nasko e Cresco In particolare, i protocolli operativi che riguardano la integrazione delle attività dei servizi sociali con i SUW riguardano: Informazione Collaborazione con Asl su informazione sulle misure welfare: informazione dei Comuni e dei rispettivi servizi sociali Formazione Eventuale partecipazione a momenti di formazione congiunta previsti con Asl su valutazione multidimensionale e fragilità Incontri cadenzati Previsione di incontri periodici come da protocollo per utenza SUW Equipe multidisciplinare Copresenza presso i SUW Altre forme di collaborazione per la valutazione congiunta o multidimensionale della casistica complessa o per la elaborazione dei PAI integrati e dei budget di cura Risorse impiegate Per l attuazione dei protocolli operativi si pianifica l utilizzo delle seguenti risorse nel corso del triennio: Finanziarie: Professionali (oggetto della rilevazione effettuata nel mese di gennaio) Strumenti utilizzati (procedura per elaborazione PAI integrati, banche dati) Strumenti di valutazione (ADL, IADL, ) Indicatori di esito e range di valutazione (si/no, %, raggiungimento) Tempistica di realizzazione (tempistiche per attuazione B2 ex dgr 2883 / 2014) 5.2 Integrazione socio sanitaria Area dipendenze Analisi dei bisogni In Italia il dato sui consumi di sostanze stupefacenti indica nella popolazione generale (15 64 anni) una tendenza alla diminuzione, in atto ormai da alcuni anni, e che può ritenersi confermata. Questo trend presenta invece un andamento inverso nella popolazione studentesca anni. Tra i giovani infatti si riscontra una tendenza all'aumento dei consumi in particolare per la cannabis e gli stimolanti (ecstasy e amfetamine). L abuso di sostanze alcoliche mostra un notevole incremento proprio nella transizione tra l età preadolescenziale e adolescenziale (a 11 anni ha bevuto il 29.5% dei ragazzi, a 13 il 55.4% e a 15 l 81.0%- HBSC Lombardia 2010). L utilizzo di bevande alcoliche é concentrato in particolare nei week-end, affine al 17

19 modello nord-europeo del binge drinking e quindi maggiormente in grado di condurre a comportamenti violenti e ad eventi cruenti. Tali tendenze risultano confermate anche in provincia di Como. Si osserva inoltre: - un abbassamento dell età di prima assunzione in età preadolescenziale; - progressiva diffusione del consumo e del poli-consumo di sostanze nelle fasce giovanili della popolazione, in contesti di normalità e con scarsissima consapevolezza del rischio; - tendenza alla normalizzazione dell assunzione/sperimentazione di sostanze nell ambito del contesto sociale e familiare; - scarsa percezione dell illecito diffusa ai diversi segmenti d età; - aumento delle dipendenze comportamentali (es. Gioco d Azzardo Patologico) - ruolo dei social network e dei nuovi media, che sta accelerando ulteriormente il processo di normalizzazione e diffusione delle droghe fra i nati nell era digitale facilitandone l accesso (in termini di acquisto e consumo) Il numero complessivo dei soggetti in cura per patologie di dipendenza presso i Sert nel 2014 (2.618 soggetti) è in leggero aumento rispetto al 2013 con riferimento in particolare alle dipendenze comportamentali e all alcoldipendenza. Tra le sostanze illegali la sostanza d uso primaria prevalente permane l eroina seguita da cocaina e cannabinoidi. In netto aumento i soggetti in cura per Gioco d Azzardo Patologico a conferma che la popolazione di Como, seconda città italiana nella spesa pro-capite per giochi d azzardo (1924 euro nel 2012), ha un alto rischio di sviluppo per questa dipendenza. Emerge altresì l alta frequenza di comorbilità psichiatrica associata alla patologia di dipendenza, di situazioni di cronicità e la sempre maggiore esigenza di percorsi di integrazione sociosanitaria per il reinserimento. Nelle successive tabelle vengono riportati i principali dati rilevati in merito al bisogno di assistenza. ASSISTENZA SERT ANNO 2010 ANNO 2011 ANNO 2012 ANNO 2013 PROIEZIONE ANNO 2014 Soggetti assistiti nei SERT Prestazioni tariffate erogate nei SERT Soggetti assistiti dal SERT in carcere Soggetti residenti assistiti in comunità INDICATORE ANNO 2011 ANNO 2012 ANNO 2013 PROIEZIONE ANNO 2014 N. utenti Alcooldipendenti Sesso prevalente 73,9% maschi 76,9% maschi 78,4% maschi 79,1% maschi % fascia età ,8 % 8,2 % 4,7 % 5,1 % % fascia età % 66,3 % 58,6 % 52,5% % occupati 59,5 % 59,7 % 59,4% 56,5% Scolarità prevalente 16,4 % l. elementare 50 % l. media inf. 16,5 % l. elementare 51 % l. media inf. 14,9 % l. elementare 50,2 % l. media inf. 15,3% l. elementare 50,7 % l. media inf. 24,9 % dipl. sup. 25,4 % dipl. sup. 29,7 % dipl. sup 29,7 % dipl. sup 18

20 Bevanda alcolica prevalente 55,3 % vino 27,2 % birra 13,7 % superalcolici 57,6 % vino 28,1 % birra 11,9 % superalcolici 54,2 % vino 25,4 % birra 12,2 %superalcolici 55,9 % vino 26,4% birra% 13,4%superalcolici Prevalenza nei distretti di residenza in ordine decrescente Brianza, MAL, Como, Sudovest Brianza, Como, MAL, Sudovest Brianza, Como, Sudovest, MAL, Brianza, Como, Sudovest, MAL, INDICATORE N. utenti Tossicodipendenti e altre dipendenze di cui: Anno 2011 Anno 2012 Anno 2013 Proiezione Anno N. utenti GAP N. valutazioni multidimensionali GAP effettuati su Misura 5 DGR 856 N. voucher assegnati e PAI attivati pazienti GAP su Misura 5 DGR Sesso prevalente 85,4 % maschi 84,4 % maschi 85,2% maschi 85,7% maschi % fascia età % 35 % 14,6 % 14,9% % fascia età ,5 % 43,9 % 41,5 % 38,9% % occupati 67,6 % 63,5 % 61,1% 60% Scolarità prevalente 64,1 % lic. media inf. 25,6 % dipl. sup. 69,5 % lic. media inf. 16,8 % dipl. sup. 61,9 % l. media inf. 26,9 % dipl. sup. 59,5% l. media inf. 29,4% dipl. sup Sostanza d uso primaria 61,5 % eroina 20,8 % cocaina 16 % cannabis 62,5 % eroina 22,3 % cocaina 13,5 % cannabis 61,7 % eroina 21,1 % cocaina 13,7 % cannabis 60,2% eroina 21,4% cocaina 12,7% cannabis Sostanza d uso secondaria 56,3 % cocaina 22,6 %cannabis 13,2 % alcol 54,9 % cocaina 19,5 %cannabis 16,8 % alcol 50,6 % cocaina 20,7 %cannabis 20,3 % alcol 50,2% cocaina 22,1%cannabis 17,4% alcol Prevalenza nei distretti di residenza in ordine decrescente Como, Sudovest, Brianza, MAL Como, Brianza, Sudovest, MAL Brianza, Sudovest, MAL, Como Brianza, Sudovest, MAL, Como I dati epidemiologici sopra riportati confermano l importanza per il contrasto al problema di: - intervenire precocemente, ridurre i fattori di rischio, accrescere i fattori protettivi; - prevenire tutte le forme di abuso elaborando una strategia complessiva di intervento che concerne le attività nell ambito delle sostanze illecite, dell alcol, del gioco d azzardo e delle altre dipendenze; - potenziare le attività preventive rivolte al target adolescenti sia in termini di prevenzione universale ma anche di prevenzione selettiva e indicata favorendo azioni di aggancio precoce; - coinvolgere e sostenere la famiglia migliorando relazione e comunicazione tra genitori e figli nonché l abilità nello svolgere il ruolo educativo genitoriale; - migliorare la prevenzione nei diversi ordini di scuola anticipando l intervento e coinvolgendo sia i destinatari diretti (preadolescenti e adolescenti) che gli adulti con ruolo educativo nei loro confronti 19

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