Un ritorno durato sei anni, la storia di Mario Rossi

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1 Quistellesi in guerra. Un ritorno durato sei anni, la storia di Mario Rossi Mario Rossi ce l ha fatta, uno dei pochi tra i tanti che partirono, ma lui era riuscito a tornare a casa, nella sua Quistello, dopo sei lunghi anni trascorsi tra campi di battaglia e la prigionia. Già, perché sono proprio lunghi sei anni lontano da casa, dagli affetti più cari, dagli amici del bar, dalla tranquilla, rasserenante monotonia che solo un piccolo paese nel mezzo della campagna padana degli anni 30 poteva concedere. Poche migliaia di anime dedite onestamente al proprio duro lavoro, dove c era poco ma quel poco bastava, doveva bastare. La storia di Mario Rossi la racconta il nipote, Alessandro, una storia che parte nel 1939 quando Mario, esuberante 19enne di paese, parte per Cividale del Friuli, il servizio di leva lo fanno tutti in fondo, qualche mese distante da casa poi il ritorno alla vita di sempre, agli amici di sempre, alle abitudini e ai visi di sempre. Lo pensava Mario, lo pensavano tanti altri ragazzi che come lui hanno visto questa speranza inesorabilmente spazzata via da un vento impetuoso, terribile, in quel fatidico 1 settembre 1939, vento di guerra. Mario Rossi si trova da un giorno all altro catapultato dal Friuli al fronte orientale italiano, divisione Acqui del 18mo fanteria, il 20 marzo del 41 si registra notizia ufficiale del suo trasferimento presso la città di Valona in Albania, neanche il tempo di orientarsi che al suo reggimento viene imposto un ulteriore spostamento ed il primo di maggio Mario Rossi sbarca sull isola greca di Corfù, presidio passato sotto il controllo dell esercito italiano da poche settimane. La vita scorre lenta, come il pregiato olio greco dalle ampie giare di terracotta lasciate a scaldarsi al caldo sole mediterraneo. Il 1943 giunge inesorabile, sono quasi quattro anni lontano da casa per il soldato di fanteria Mario, ed anche se l isola è abitata da 5000 italiani ed appena 500 tedeschi, c è voglia più che mai di tornare al paese. Ignorava Mario che il suo percorso doveva ancora affrontare la salita più impervia, la strada più sconnessa, la camminata più incerta. L estate di quell anno è figlia di una guerra che vede l Italia sempre più accerchiata, il regime fascista, stremato da sconfitte chiave sul fronte russo e nordafricano, vede concludere la propria egemonia sulla penisola a fine luglio, con la destituzione di Mussolini in favore del maresciallo Badoglio. In settembre l Italia si arrende agli alleati anglo americani, l armistizio è annunciato ufficialmente l 8 settembre. I tedeschi si sentono traditi ma reagiscono prontamente, ora lo scenario di guerra è fatto coincidere con la nostra penisola, a Nord i tedeschi a sud gli alleati. I soldati italiani di stanza fuori dal territorio nazionale sono abbandonati a loro stessi, gli ufficiali non ricevono ordini precisi e le divisioni stabilite sulle isole greche vengono decimate dalle truppe tedesche, a Cefalonia uno dei casi più eclatanti, gli italiani considerati disertori sono passati per le armi, metà guarnigione cadrà sotto i colpi tedeschi., si parla di 5000 soldati ed oltre 400 ufficiali. Anche a Corfù Mario Rossi con il suo reggimento viveva febbrilmente i primi giorni successivi alla comunicazione dell armistizio. In questo caso, tuttavia, le guarnigioni italiane comandate dal colonnello Lusignani fanno valere il loro numero a discapito del ristretto presidio tedesco. L inevitabile approdo di numerosi rinforzi teutonici ribalta inesorabilmente la situazione, la Corfù italiana cade prigioniera il 26 settembre del 1943 dopo un eroica resistenza, il piano d azione tedesco prevede la fucilazione immediata degli ufficiali, tra i quali Lusignani, ed il trasferimento in Germania delle truppe italiane superstiti i cui soldati erano classificati come internati militari, tra loro anche Mario Rossi. Imbarcato su una nave diretta verso il continente inizia la seconda parte della storia, da soldato a prigioniero. L imbarcazione sulla quale viaggiano Rossi ed i suoi commilitoni è vittima di bombardamento da parte dell Aviazione Britannica che batteva le acque adriatiche in quei giorni: Muoiono in tanti tra l attacco aereo ed il successivo naufragio, tanti, ma non tutti, Mario Rossi è tra i primi e sopravvive, riesce a tornare a riva, incarnazione di eroe omerico in quest Odissea moderna di bombe e sangue. La sensazione di essere in salvo dura lo spazio di poche ore, Rossi ed i suoi, appena giunti sulle rive del suolo patrio tanto desiderato negli ultimi anni, sono di nuovo prigionieri e questa volta il

2 biglietto verso la Germania è di sola andata, ad aspettarli ci sono i campi di lavoro per internati militari. Il viaggio è lungo, parte da novembre per concludersi alla vigilia di Natale del 1943, destinazione lo Stalag IV B di Mühlberg, campo di prigionia destinato ai prigionieri di guerra. La carcerazione è dura, Rossi e gli altri italiani sono a completa disposizione delle truppe tedesche della zona, spostano quantità incalcolabili di corpi abbandonati sul macabro scenario del fronte, assistono i feriti in battaglia, anche se principalmente vengono impiegati come operai in una fonderia dell imponente industria bellica tedesca. La condizioni lavorative sono facilmente intuibili, così come quelle quotidiane di vita, Mario Rossi ed i prigionieri vengono stipati in una struttura priva di qualsiasi comodità, vivono di espedienti. Rossi stesso racconterà anni dopo al nipote di quando rischiò la vita in una buia notte tedesca: aveva rubato poche radici per placare la fame e si apprestava a tornare al suo alloggiamento quando, improvvisamente, venne sorpreso dal perentorio alt! di una guardia tedesca, la prontezza, forse l incoscienza di Rossi nello spingere la sentinella in un canale poco distante e correre a perdifiato nella sua camera salvò sia lui che i suoi compagni da un esito fin troppo prevedibile, era noto infatti che i tedeschi punissero duramente i prigionieri una volta riscontrata l assenza ingiustificata di un elemento tra essi. E così passano i mesi, tra il lavoro in fabbrica, durissimo, interminabile, le operazioni di assistenza alle truppe tedesche ed il solo desiderio di vedere l alba del giorno dopo, con il pensiero fisso di poter tornare, un giorno, a casa. Il fronte è soggetto a continui riallineamenti, la Germania perde sempre più terreno e l avanzata dell armata rossa è implacabile. La fredda primavera del 1945 porta con sé le prime avvisaglie della fine del conflitto; ed anche il presidio tedesco di stanza a Mühlberg, presso lo Stalag di Mario Rossi e degli altri italiani comincia gradualmente ad allentare la terribile morsa del proprio giogo sui prigionieri militari. Mano a mano i battaglioni tedeschi venivano sottratti alla gestione dei campi di prigionia per rinfoltire le tormentate linee del fronte, ormai la sensazione della disfatta imminente correva di pari passo col sibilo delle bombe russe. Nelle ultime settimane a guardia del campo non erano rimasti che vecchi militari tedeschi in via di pensionamento e furono loro ad avvistare l arrivo dell armata rossa allo Stalag, tra il 14 ed il 15 aprile del Finalmente la liberazione. Come accadde da altre parti, molti tedeschi, tra loro anche parecchi civili, si uccisero per non cadere tra le mani delle armate russe, i prigionieri si servirono delle poche conoscenze di cirillico esibite da un friulano per ottenere ciò che sognarono ogni notte negli ultimi due anni, la libertà. Mario Rossi ed altri venti prigionieri si trovarono scaraventati in uno scenario terribile e traboccante di incognite, nella Germania di quei giorni ogni incontro poteva essere fatale, i nazisti in ritirata non si fidavano di nessuno, dal canto loro i russi non si facevano molti scrupoli in più, insomma per un prigioniero militare, anche se liberato, il domani restava incerto e pericoloso. A Mario ed ai suoi compagni di viaggio l idea più ragionevole sembra quella di raggiungere gli alleati anglo americani, ed inizia così l ultima parte della loro storia. Ci vorranno settimane per giungere in Austria dove saranno visitati, disinfettati e riportati a condizioni decisamente più dignitose, ma la voglia di tornare è irresistibile e non intende cedere il passo alla stanchezza, alternando passaggi improvvisati e lunghe camminate giungono al Brennero a metà dell anno La Provvidenza invia qui l ultimo dei propri segnali: a Bolzano l improvvisata compagnia incontra un prete di Suzzara salito in montagna per reperire legna da ardere, fu così che Mario Rossi, con altri tre dei prigionieri liberati viene caricato dal sacerdote e condotto a Pescantina, dove era istallato il comando di smistamento alleato, l ultima fermata militare di Mario Rossi, partito per la leva nel 1939, quasi sei anni prima. Tornato a Quistello non si è più spostato, e quando il figlio prima ed in nipote poi gli chiedevano motivo di questa scelta, con il suggerimento di trascorrere qualche settimana di vacanza fuori Quistello, ecco la risposta, serafica, bonaria, sempre quella: Sono stato lontano da casa per sei anni, ora non c è posto dove potrei star meglio. Come darle torto sig. Rossi.

3 è nato nel 1920 a Quistello, lo stesso paese dove si è spento serenamente nel Il padre di Mario è stato a sua volta prigioniero di guerra, dopo aver combattuto a Caporetto fu catturato dagli austro ungarici. Il nipote di Mario, Alessandro Rossi, ha ricostruito le vicende del nonno in guerra raccogliendo una ricca testimonianza documentale dei suoi spostamenti e quelle ancor più preziose tratte dalla sua testimonianza diretta. Dopo un lungo iter burocratico, il 2 giugno 2013 Alessandro Rossi ottiene il conferimento in cerimonia ufficiale di una medaglia d onore attribuita al nonno per gli anni di combattimento e prigionia, il giusto riconoscimento dello Stato per le tribolazioni patite in quelle terribili stagioni.

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