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1 Facoltà di Medicina e Odontoiatria Tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze Ginecologiche ed Ostetriche XXV Ciclo Direttore- Prof. MASSIMO MOSCARINI FOLLOW-UP DEL DIABETE GESTAZIONALE Studio retrospettivo longitudinale su una popolazione seguita presso l ambulatorio di Diabete e Gravidanza Ospedale San Pietro Fatebenefratelli Relatore :Chiar.mo Prof: Francesco Maria Primiero Correlatore: Chiar.ma Dott.ssa.: Nicolina Di Biase Dottoranda : Dott.ssa Enas Nejad Anno Accademico 2012/2013

2 Indice 1. Il Diabete Mellito Gestazionale(GDM)..pag Il Diabete Gestazionale in Italia Studio DAWN pag Fisiopatologia del GDM pag Diabete Mellito non insulino dipendente e GDM..pag L Obesita in Gravidanza fattore di rischio per GDM..pag Criteri di Screening e Diagnosi di GDM STUDIO HAPO...pag Terapia: dieta...pag Terapia: insulina pag Esercizio fisico nel diabete gestazionale.pag Complicanze Materne Ostetriche. pag Alterazioni Metaboliche Materne e Morbilità Neonatale...pag Follow-up...pag Prospettive di prevenzione...pag Parte Sperimentale....pag Materiali e metodi.pag Risultati.pag Conclusioni e discussione.pag Biblografia. pag. 46

3 Diabete Mellito Gestazionale (GDM) Il GDM, definito come intolleranza ai carboidrati con insorgenza o prima diagnosi durante la gravidanza, si verifica in circa il 2-5% di tutte le gravidanze negli Stati Uniti 1. E stata riportata un ampia variabilità nelle prevalenza del GDM in varie aree del mondo. Il fenomeno è riportato in dettaglio nelle relazione presentate alla Second International Workshop Conference sul GDM 2. Da queste rassegne dettagliate appare che molti fattori contribuiscono a questa variabilità, come le differenze di definizione, di criteri diagnostici e di metodi di screening e di accertamento, che si aggiungono alla differenze di incidenza e prevalenza di IDDM e NIDDM. Negli ultimi 5 anni sono stati pubblicati ulteriori studi di prevalenza del GDM. Tra questi, abbiamo identificato i lavori che hanno utilizzato test di screening e di diagnosi relativamente ben definite la Tab.1 riassume la prevalenza di GDM, riportata in questi studi, relativa a gruppi razziali/etnici diversi. Sebbene rimanga difficile confrontare direttamente tutti i lavori ( non è stato fatto nessun tentativo di standardizzazione per età come fu fatto nel lavoro di King e Rewers 3 ), la marcata variabilità di prevalenza del GDM tra differente gruppi razziali / etnici è evidente nei dati di Melbourne 4, Alabama 5,New York 6, Yup ik Eskimo 7 e Corea 8. Autori/Anno Soggetti Metodo di screening OGTT/Criteria (razzo/etnia) (carico di glucosio/cutoff) diagnostici Henry et al. (57) (1993) Vietnamiti NA 50g/1h 9mmol/l* 2h 7 mmol/l Beischer et al. (58) (1991) Nati in Vietnam NA 50g/1h>9 mmol/l* Cinesi 2h>7 mmol/l Subcontinente indiano Australia e Nuova Zelanda Africa e Mauritius Ranchod et al. (59) (1991) Indiani 75g/1h/141 mg/dl* EASD WHO Green et al. (60) (1990) Dooley et al. (61) (\991) Roseman et al. (62) (1991) Berkowitz et al. (63) (1992) Bianchi Neri americani Ispanici Cinesi Bianchi Neri americani Ispanici Altri Prevalenza di GDM(%) 7,8 7,3 13,9 15,0 4,3 9,4 3,8 1,6 50g/>150 mg* NDDG 1,6 1,7 4,2 7,3 50g/ 130 mg* NDDG 2,7 3,3 4,4 10,5 Neri americani 100g/2h/ 115mg/dl* NDDG 2,4 Bianchi Neri americani Ispanici 50g/ 135 mg*.nddg 2,3 3,7 4,1 Murphy et al. (64) Yup ik Eskimo 50g/1h/ 140 mg/dl* NDDG 5,8 (1993) Jang et al. (65) Coreani 50g/ 130 mg* NDDG 2,1 (1993) Tab.1 Prevalenza del GDM in diversi gruppi razziali/etnici 1

4 Abbreviazioni: WHO=WHO Export Committee on Diabetes Mellitus, WHO Tech Rep Ser 1985;No. 727, 13, Criteri per GDM: valore a 2h 7,8mmol/l; EASD = Editorial, Glucose tolerance in pregnancy-the WHO and how of testing,lancet 2; 1173, 1988, Creteri per GDM: a digiuno 5,2 mmol/l,2h; 9,0mmol/l; NDDG = National Diabetes Data Group: Classification and diagnosis of diabetes mellitus and other categories of glucose intolerance, Diabetes 28: 1039, 1979, devono essere presenti due o più dei seguenti valori: a digiuno 95 1h 190 mg/dl, 2h: 165 mg/dl, 3h: 145 mg/dl; OGTT= test orale di tolleranza al glucosio; GDM = diabete mellito gestazionale; NA = non applicabile. *Test somministrato universalmente come screening. Alcune indicazione circa un effetto della migrazione sulla prevalenza del GDM è evidente in donne cinesi, coreane o del subcontinente indiano 9, come accade per il NIDDM e l IGT nella popolazione in generale 10. Studi come il NHANES II ( National Health and NutritionExaminationSurvey II) 11 illustrano che una grossa quota di NIDDM e di IGT non viene diagnosticata nelle persone di età superiore ai 20 anni in parecchi gruppi razziali / etnici negli Stati Uniti. Sulla base di queste conclusioni, è stato suggerito che la diagnosi di GDM non rappresenti altro che la scoperta di donne in età fertile che avevano una preesistente intolleranza al glucosio 12. Infatti, sembra esserci una correlazione tra la prevalenza di GDM e di NIDDM in varie popolazioni 13. Quando le donne sono state sistematicamente sottoposte a test periodici per intolleranza al glucosio durante la gravidanza, in una parte significativa di queste la diagnosi di GDM è stata confermata entro il primo trimestre 14. Tuttavia, ripetendo gli esami durante tutto l arco della gravidanza, si individuano ulteriori casi di GDM anche fino alla 36 settimana di gestazione 15. Inoltre, una notevole messe di dati indica che l insulino -resistenza in gravidanza avanzata è cospicua e svolge un ruolo importante 16 nella patogenesi del GDM. Infine, i test di tolleranza al glucosio dopo la gravidanza dimostrano una normale tolleranza al glucosio nella maggior parte delle donne che hanno sofferto di GDM. Non ci si attenderebbe tale preponderanza di normale tolleranza al glucosio dopo il parto se il test in gravidanza svelasse solo i casi di intolleranza al glucosio preesistente. Comunque, il GMD è seguito da una progressione verso il NIDDM relativamente rapida. Entro 5 anni, fino al 50 % dei casi in alcuni lavori, o anche più in almeno uno studio, soddisfano i criteri per la diagnosi di diabete mellito. Il Diabete Gestazionale in Italia: lo Studio DAWN Sulla base dei dati di prevalenza nazionali ed europei, si stima che circa il 6-7% di tutte le gravidanze risulta complicato da diabete (97,5% diabete gestazionale, 2,5% diabete pregravidico). In accordo con questi dati ogni anno in Italia oltre

5 gravidanze sono complicate da diabete gestazionale e circa 1500 da diabete pregestazionale (tipo1e 2). In questo contesto è da segnalare, inoltre, come l aumento dell incidenza di diabete tipo2 nelle donne in età fertile ed il fenomeno dell immigrazione con l aumento delle donne provenienti da paesi in cui l incidenza di diabete tipo 2 è elevata, porterà nei prossimi anni ad un aumento delle gravidanze nelle donne con diabete di tipo 2. Per la sua elevata frequenza, perché può rimanere misconosciuto e per l efficacia dell intervento terapeutico nel ridurre la morbilità materno-fetale ad esso correlata, il Diabete Gestazionale (GDM) rientra già da tempo tra le patologie per cui è indicato un programma di screening e diagnosi precoce. Mentre questo tipo di diabete normalmente scompare dopo il parto, le donne con pregresso GDM sono ad alto rischio di sviluppare il diabete mellito di tipo 2 e la sindrome metabolica negli anni successivi al parto. È stato evidenziato che il 50% di donne obese che hanno sofferto di diabete gestazionale diventa diabetica nell arco di 10 anni. Pertanto, l identificazione precoce e l adeguato trattamento del GDM, oltre a ridurre la morbilità materno fetale legata a questa condizione, permette la prevenzione del diabete tipo 2 e la riduzione del rischio cardiovascolare in questa popolazione. Le indagini sulle donne italiane e immigrate con diabete gestazionale fanno parte della fase ad hoc dello Studio DAWN Italia, iniziato nel 2006, che ha ripreso l impianto dello studio DAWN internazionale (Diabetes Attitudes, Wishes and Needs) adattandolo - sul piano metodologico e tecnico - alla specifica situazione italiana e arricchendolo con moduli di ricerca ad hoc su target non contemplati nello studio internazionale 17. Lo Studio DAWN Italia è un articolato impianto di ricerca, focalizzato sui vari soggetti in relazione con il diabete: le persone con diabete, i medici specialistici, gli infermieri professionali, gli operatori istituzionali di Regioni significative, i familiari di persone con il diabete, immigrati con diabete, i medici di immigrati con il diabete, ecc.. La ricerca sulle donne italiane con diabete gestazionale è stata realizzata tra il giugno ed il settembre 2007 su un campione di 200 donne, suddivise tra 10 centri specialistici. La ricerca sulle donne immigrate con diabete gestazionale è stata condotta da metà marzo ai primi di luglio 2008, raccogliendo 88 questionari presso 14 3

6 centri italiani specializzati nella cura e nell assistenza delle donne con diabete gestazionale. La ricerca ha mostrato che le gestanti immigrate con diabete in gravidanza hanno mediamente 2 anni in meno delle italiane (32 anni e 3 mesi) e che il diabete è stato loro diagnosticato 17 mesi prima, con 8 mesi di anticipo rispetto al rapporto tra l età e l età della diagnosi delle italiane. Le donne intervistate, sia italiane sia immigrate, esprimono una soddisfazione pressoché unanime nei confronti dei centri specialistici per la cura del diabete gestazionale, a riprova della qualità del sistema italiano di cura del diabete già rilevata nella indagine di base sulle persone con diabete dello Studio Dawn Italia. Il motivo principale di soddisfazione nei confronti del Centro è la sensazione generale di essersi affidate a specialisti competenti, sia per le italiane sia per le immigrate. Tra queste ultime appare, inoltre, ben più marcata che tra le italiane la compliance. Attualmente la maggioranza delle gestanti italiane, pur essendo preoccupata in relazione alla propria gravidanza, è convinta che andrà tutto per il meglio, plausibilmente proprio in relazione alla sensazione sopra segnalata di essersi affidate a specialisti competenti. La percentuale delle immigrate che, pur essendo preoccupate in relazione alla propria gravidanza, sono convinte che andrà tutto per il meglio è significativamente inferiore a quella delle italiane: il 30% a fronte del 52%. E, inversamente, le preoccupazioni sono più diffuse tra le immigrate che tra le italiane; sia quelle relative al bambino (che possa avere il diabete sin dalla nascita o avere malformazioni), sia quella personale di essere ammalata per tutta la vita, sia quella infine di non riuscire a portare a termine la gravidanza. Fisiopatologia del GDM Le modificazioni del metabolismo glucidico e lipidico che si verificano in gravidanza, sono necessarie ed indispensabili per un apporto continuo di nutrienti al feto e per un adeguata preparazione dell organismo materno al parto e alla lattazione. Tra gli adattamenti metabolici che fisiologicamente caratterizzano la gravidanza, particolarmente evidenti nel secondo e terzo trimestre, il più importante è certamente lo svilupparsi di uno stato di insulino-resistenza che clinicamente si manifesta con glicemie post-prandiali significativamente più elevate e più prolungate rispetto a quelle pregravidiche. Benché la gravidanza sia da considerarsi una condizione fisiologicamente diabetogena, il 95-97% di tutte le donne presenta una normale 4

7 tolleranza glucidica e solo il 3-5% sviluppa il GDM. Nonostante la notevole riduzione dell insulino-sensibilità, l organismo materno riesce a mantenere, infatti, l omeostasi glucidica grazie al progressivo incremento compensatorio della secrezione insulinica (iperinsulinemia compensatoria). L aumentata attività secretoria si associa ad ipertrofia ed iperplasia delle beta-cellule e ad aumentata risposta ai secretagoghi. Questi fenomeni potrebbero, almeno in parte, essere sostenuti da alcuni ormoni placentari quali gli estrogeni. La presenza di una ridotta sensibilità insulinica può esaurire la funzione della ß- cellula. Nella maggior parte delle donne con GDM questa funzione è alterata e non sufficiente a garantire le aumentate richieste. Tale deficit si manifesta contestualmente con una riduzione della prima fase di secrezione insulinica, in risposta al carico <endovenoso di glucosio. Le donne che non presentano tale alterazione (circa il 25%) tendono a manifestare una forma blanda di GDM e hanno un rischio relativamente basso di sviluppare diabete conclamato negli anni successivi al parto. In alcuni casi (<10%) sono stati evidenziati segni d autoimmunità diretta contro le ß -cellule. La ricerca di geni implicati nella secrezione insulinica ha evidenziato una mutazione della glucochinasi in meno del 5% dei casi 18. Pertanto, nella maggior parte delle gestanti, i meccanismi patogenetici del GDM possono ritenersi sovrapponibili a quelli del Diabete Tipo 2: in entrambi i casi si sviluppa un intolleranza ai carboidrati nel momento in cui la secrezione ß -cellulare non è più sufficiente a compensare la resistenza insulinica periferica. Per tale motivo, secondo alcuni autori, il GDM rappresenta una fase precoce della storia naturale del diabete tipo 2, anche perché sono simili, per le due condizioni, i fattori costituzionali ed ambientali Ereditati Storia Familiare Positiva Etnia Acquisiti Obesità Età Gravidanza Etnia Insulino-Resistenza GDM e DIABETE DI TIPO 2 5

8 Interessante l osservazione di Peters 19 secondo cui una seconda gravidanza triplicherebbe il rischio di diabete tipo 2 nelle donne con un anamnesi positiva per GDM, suggerendo come un periodo di insulino-resistenza possa accelerare il declino della funzione ß-cellulare. Il rischio di progressione verso la forma conclamata di diabete mellito è di circa il 2-3%/anno. Sono più a rischio le donne con GDM diagnosticato prima della 24 settimana (rischio a 5 anni dell 80%), che hanno presentato elevati valori glicemici a digiuno, con deficit secretorio d insulina, che hanno avuto necessità di terapia insulinica; le obese (rischio del 50-75%), le non caucasiche, le donne con familiarità per diabete mellito, quelle che vanno incontro ad un eccessivo incremento ponderale nel post-partum. Eterogeneità Fenotipica Degli studi epidemiologici 20 suggeriscono che una buna parte delle donne adulte con NIDDM può avere avuto GDM. L obesità e l età materna avanzata aumentano il rischio di GMD, come nel caso del NIDDM. Di conseguenza, il GDM è comunamente considerato semplicemente come un precursore del NIDDM. Tutti i casi di GDM condividono il fatto di essere diagnosticati per la prima volta durante la gravidanza, una condizione di marcata insulino-resistenza fisiologica. Questa ampia definizione fornisce, tuttavia, una denominazione comune ad una popolazione di soggetti che, invece, è molto eterogenea. Studi dettagliati su molti soggetti con GDM hanno rivelato una eterogeneità fenotipica e genotipica considerevole. La gravità dell intolleranza ai carboidrati al momento della diagnosi rappresenta una forma di eterogeneità fenotipica, ed è servita come base all impiego della glicemia a digiuno per sotto classificare il GDM 21. Una elevata glicemia a digiuno alla diagnosi è associata ad un rischio più alto e ad una insorgenza più precoce di diabete postparto. Esiste, inoltre, una apprezzabile eterogeneità nell età e nel peso corporeo nelle donne con GDM, tendono ad essere di età superiore e peso corporeo maggiore rispetto a popolazioni non selezionate di donne gravide. Il GDM è anche eterogeno rispetto alla secrezione insulinica. La maggiore parte, ma non la totalità dei soggetti con GDM, presenta una riduzione della prima e della seconda fase della secrezione insulinica dopo un carico orale o endovenoso di glucosio, rispetto a donne gravide normali paragonabili per età e peso. 6

9 Sebbene l eterogeneità della secrezione insulinica sia sostanziale, l insulino-resistenza nelle fasi tardive della gravidanza non è differente nelle donne gravide con GDM e in quelle con un normale metabolismo dei carboidrati quando controllate per età e peso 22. Eterogeneità genotipica Gli studi nella ricerca di marcatori genetici suggeriscono che nel GDM è presente anche una discreta eterogeneità genotipica. In uno studio 23, l aumentato polimorfismo del DNA nelle regioni a fianco del gene del recettore insulinico era significativamente associato al rischio di GDM in donne americane nere e in donne bianche non-ispaniche. Una rara forma di diabete mellito, associato a mutazioni del DNA mitocondriale, può essere inizialmente rivelata come GDM. Anche il MODY, un altra forma non comune e atipica di NIDDM, si può presentare come GDM. E anche di importanza clinica e prognostica il determinare se e quando il GDM rappresenti una fase precoce di IDDM in evoluzione. Noi e altri 24, 25 abbiamo trovato una maggiore frequenza degli antigeni HLA DR3 e DR4 nel GDM. La prevalenza degli ICA in donne con GDM varia in funzione dei metodi diagnostici utilizzati e delle popolazioni esaminate. Tutto sommato, i lavori suggeriscono una maggiore prevalenza di ICA tra le donne con una glicemia a digiuno più elevata. In lavori recenti 26 che utilizzavano metodi più specifici, la prevalenza di titoli di ICA maggiori di 20 U JDF non è risultata significativamente più alta rispetto alla popolazione ostetrica generale. L eterogeneità genotipica, che con ogni probabilità è legata ad una mescolanza di IDDM in evoluzione, è anche suffragata dalla scoperta che i frammenti di restrizione dell endonucleasi dell HLA-DQB sono presenti con una frequenza aumentata in donne gravide bianche con GDM della casistica di Chicago come in donne non gravide con IDDM. Queste prove di eterogeneità immunologica, genetica e clinica suggeriscono che una piccola parte di donne gravide con prima diagnosi di intolleranza al glucosio durante la gravidanza può essere costituita da pazienti con un IDDM ad evoluzione lenta. Questa opinione è suffragata dai dati provenienti da Copenhagen 27, una delle aree dove l incidenza e la prevalenza di IDDM sono più elevate. In questo centro, tra le donne con IDDM documentato, un numero più elevato del previsto avevano avuto il primo riscontro clinico durante la 7

10 gravidanza. Inoltre, le donne con GDM che progredivano verso un diabete clinico manifesto, richiedevano la terapia insulinica entro un anno dalla diagnosi di GDM. Influenze materne Dati derivanti da un certo numero di lavori 28 confermano che fattori materni o intrauterini possono influenzare il rischio di sviluppare il diabete mellito sia di tipo I che di tipo II. L evidenza scientifica che una forma di diabete mellito sia ereditata come disordine legato al cromosoma X è scarsa o nulla. Comunque è stata descritta la trasmissione materna del diabete, legata a mutazioni nel DNA mitocondriale. E stata recentemente identificata una vasta discendenza in cui il diabete mellito si manifesta associato alla perdita neurosensoriale dell udito. L ereditarietà materna e una riduzione delle attività enzimatiche mitocondriali della catena respiratoria indicano un difetto genetico a livello del DNA mitocondriale. Nei soggetti con questa sindrome è stata identificata una transizione A G nel gene mitocondriale per il t-rna (Leu [ UUR ] in posizione 3,243 ) e questa modificazione è risultata assente nei controlli. Simili riscontri sono stati riportati in soggetti giapponesi con NIDDM 29. 8

11 Diabete mellito non insulino dipendente e diabete mellito gestazionale L influenza di fattori metabolici intrauterini sullo sviluppo a lungo termine della prole è stato di grande interesse per molti gruppi di studio. Freinkel 30 ha formulato l ipotesi della teratogenesi mediata dai substrati che afferma che i substrati materni possono influenzare lo sviluppo del feto tramite modificazioni dell espressione fenotipica del gene in cellule già differenziate in scarsa replicazione. Gli effetti a lungo distanza dipendono dal tipo di cellule in fase di differenziazione, proliferazione e maturazione funzionale nel momento in cui si verificano i disturbi dell economia dei substrati materni. E stato postulato che le ß-cellule pancreatiche ed il tessuto adiposo siano tra i tessuti soggetti ad alterazione funzionale durante le fasi successive della vita. Il Diabetes in Pregnancy Center è stato creato presso la Northwestern University allo scopo di saggiare questa ipotesi. Alcune relazioni da questo studio in corso hanno mostrato un legame tra l ambiente intrauterino e lo sviluppo di obesità nell infanzia e di IGT nell adolescenza 31. Negli Indiani Pima con alto indice di incroci tra consanguinei, il diabete materno (esclusivamente di tipo II ) è associato ad un rischio aumentato sia di obesità che di sviluppo di NIDDM nei giovani adulti. Inoltre, nelle donne con GDM, si è osservato familiarità materna positiva per diabete più frequentemente del previsto 32.Studi epidemiologici traversali in Gran Bretagna e Francia hanno dimostrato che individui con NIDDM hanno avuto più spesso una madre diabetica che un padre diabetico. Lo sviluppo di diabete nella prole di ratti diabetici è influenzato da un alterato metabolismo materno dei carboidrati, oltre che da fattori genetici. Negli Indiani Pima, il rischio di sviluppare NIDDM è maggiore se la madre presentiva il diabete durante la gravidanza piuttosto che dopo la gravidanza. A sostegno dell ipotesi della teratogenesi mediata dai substrati, questo dato significa che, oltre al rischio genetico, esiste una componente legata a un ambiente metabolico anomalo. In un nostro gruppo di pazienti, la predisposizione all obesità e all IGT sembra essere legata a fattori metabolici prenatali, ma non alla forma genetica di diabete della madre (esse appaiono con uguale frequenza nei figli di madri con diabete di tipo I,II, o GDM). I rischi di obesità nell infanzia e di IGT nell adolescenza sono legati indipendentemente alla presenza di iperinsulinismo fetale, che è stato documentato attraverso il riscontro di una elevata concentrazione di insulina nel liquido amniotico nell ultimo periodo della gravidanza. Un ulteriore prova che l esposizione ad un 9

12 accesso di insulina in utero possa esercitare un effetto a lungo termine è stata ottenuta con modelli animali. Scimmie Rhesus, rese iperinsulinemiche ma euglicemiche in utero mediante infusione di insulina nel feto, sviluppano un alterata tolleranza al glucosio da adulte gravide 33. Insieme, questi dati ricavati dall uomo e dai primati implicano l esposizione ad un eccesso di insulina in utero nella predisposizione all IGT e verosimilmente al NIDDM. Noi pensiamo che la catena di eventi rappresentati nella Figura 1 spieghi le nostre osservazioni. Molti figli di madri diabetiche nel nostro studio raggiungeranno presto l età fertile. Se questa propensione per una intolleranza al glucosio porta al GDM nella seconda generazione, si stabilirà un modello di trasmissione della malattia tra generazioni. Ciò suggerisce che il diabete mellito può predisporre ad altri casi di diabete, e questo contribuisce ad un numero crescente di casi di diabete nella popolazione. Comunque, il processo è potenzialmente prevenibile con una normalizzazione del metabolismo del glucosio durante tutta la gravidanza, e con una diagnosi precoce e con la correzione dei disturbi del metabolismo nel GDM. PGDM GDM Substrati materni Alterata funzionalità insulare dell adulto Obesità infantile Alterata funzionalità insulare del feto L Obesita in Gravidanza fattore di rischio per Diabete Gestazionale L obesità ha raggiunto proporzioni epidemiche nelle società industrializzate e nella popolazione americana, la sua prevalenza è raddoppiata nel periodo , passando dal 14,1 al 31%. In tutto il mondo l obesità è in rapido aumento nelle donne, soprattutto in quelle in età fertile. Studi Italiani indicano che il 22% delle donne è da ritenersi obesa ed il 34% in sovrappeso. IGT Puberale 10

13 La gravidanza è caratterizzata da una progressiva insulino-resistenza, che viene superata, in condizioni normali, da un aumento della secrezione insulinica betacellulare e da un accumulo di grasso a livello del tessuto adiposo; tali modifiche, indotte dagli ormoni dell unità feto placentare hanno lo scopo di garantire un normale afflusso di nutrienti al feto. La presenza di obesità pregravidica, quindi, non fa che peggiorare la condizione di insulino-resistenza caratteristica della gravidanza e rendere più frequenti i suoi effetti negativi sul metabolismo del glucosio. Pertanto l obesità può considerarsi uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo del diabete gestazionale: il rischio di sviluppare il diabete gestazionale è del 6,5% per le donne in sovrappeso e del 17% per quelle con obesità grave. L associazione di obesità e diabete gestazionale determina un elevata incidenza di tutte le complicanze della gravidanza, anche se il dato più allarmante è quello relativo al rischio di malformazioni congenite. Dopo iniziali segnalazioni di una più elevata frequenza di malformazioni, in particolare di spina bifida, nei nati di gravide obese, due recenti studi hanno focalizzato il problema. Garcia-Patterson e coll. 34 esaminando 2060 donne con diabete gestazionale hanno messo in evidenza che l obesità costituiva il predittore maggiore di malformazioni congenite, soprattutto per quelle cardiovascolari. Risultati simili sono stati evidenziati recentemente da Galliano et al. 35 e coll. in uno studio caso controllo: il rischio di sviluppare malformazioni congenite per un nato da madre obesa con diabete gestazionale è risultato di 2.78 ( ; p<0.001) comparato a quello della madre obesa con normale tolleranza ai carboidrati. Le donne obese con pregresso diabete gestazionale hanno anche un rischio maggiore di sviluppo di diabete tipo 2 negli anni successivi al parto, come documentato dai vecchi studi di O Sullivan (dopo 8 anni dal parto, il 50.1 % nelle donne obese contro 34.6% nelle donne non obese aveva sviluppato il diabete tipo 2) e più recentemente dallo studio di Lobner e coll. 36. Anche lo sviluppo di sindrome metabolica è più frequente nelle donne con diabete gestazionale obese rispetto alle non obese: Albareda e coll. 37 in 262 donne con pregresso diabete gestazionale, dopo 5 anni dalla gravidanza, hanno evidenziato una frequenza di sindrome metabolica del 2.9% nelle donne non obese (BMI< 30) e del 44.2% nelle donne obese. 11

14 Criteri di Screening e Diagnosi di GDM STUDIO HAPO 38 Il diabete mellito gestazionale (GDM) rappresenta dunque la complicanza più frequente in gravidanza con una prevalenza mediamente del 5-6% (1-14%) ed ha delle importanti implicazioni, sia per la madre che per il nascituro. Tale condizione si associa, infatti, ad un incremento della morbilità perinatale che si può manifestare attraverso l insorgenza di: macrosomia fetale, ipoglicemia neonatale, iperbilirubinemia, sindrome da distress respiratorio, ipocalcemia e distocia di spalla. Negli anni successivi al parto, le donne con pregresso diabete gestazionale hanno un elevato rischio di sviluppare il diabete tipo 2 ad altre anomalie metaboliche che conferiscono loro un elevato rischio di malattia cardiovascolare. Questo spiega la necessità di predisporre un piano di screening e diagnosi precoci in modo da poter individuare e trattare efficacemente le gravide affette da tale malattia ed attuare un programma di follow-up che permetta di prevenire l insorgenza del diabete mellito di tipo 2, di dislipidemia e ipertensione arteriosa negli anni successivi. Al primo appuntamento in gravidanza, a tutte le donne che non riportano determinazioni precedenti, va offerta la determinazione della glicemia plasmatica per identificare le donne con diabete preesistente alla gravidanza. Sono definiti affette da diabete preesistente alla gravidanza le donne con valori di glicemia plasmatica a digiuno 126 mg/dl (7.0 mmol/l), di glicemia plasmatica random 200 mg/dl ( 11.1mmol/l), di HbA1c(standardizzata ed eseguita entro le 12 settimane ) 6.5%. Indipendentemente dalla modalità utilizzata, è necessario che risultati superiori alla norma siano confermati in un secondo prelievo. Nelle donne con gravidanza fisiologica è raccomandato lo screening per il diabete gestazionale, eseguito utilizzando fattori di rischio definiti. A settimane di età gestazionale, alle donne con almeno una delle seguenti condizioni : diabete gestazionale in una gravidanza precedente indice di massa corpora (IMC) pregravidico 30 riscontro, precedentemente o all inizio della gravidanza, di valori di glicemia plasmatica compresi fra 100 e125 mg/dl ( mmol/l) 12

15 Deve essere offerta una curva da carico con 75 di glucosio (OGTT 75 g ) e un ulteriore OGTT 75g a 28 settimana di età gestazionale, se la prima determinazione è risultata normale. Sono definite affette da diabete gestazionale le donne con uno o più valori di glicemia plasmatica superiori alle sogli riportate in tabella 2.. Tab. 2. Valori sogli per la diagnosi di diabete gestazionale Glicemia plasmatica Mg/dl Mmol/l digiuno 92 5,1 Dopo 1 ora ,0 Dopo 2 ore 153 8,5 A 24 settimane di età gestazionale,alle donne con almeno una delle seguenti condizioni: età 35 anni indice di massa corporea ( IMC ) pregravidico 25 macrosomia fetale pregressa ( 4,0 kg ) diabete gestazionale una gravidanza precedente (anche se con determinazione normale a settimane ) anamnesi familiare di diabete ( parente di primo grado con diabete tipo 2 ) famiglia originaria di aree ad alta prevalenza di diabete: Asia meridionale (in particolare India, Pakistan, Bangladesh), Caraibi (per la popolazione di origine africana), Medio Oriente (in particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Giordani, Siria, Oman, Qatar, Kuwait, Libano, Egitto ) Deve essere affette da diabete gestazionale le donne con uno o più valori di glicemia plasmatica superiori alle soglie riportate in tabella. 13

16 Per lo screening del diabete gestazionale non devono essere utilizzati la glicemia plasmatica a digiuno, glicemia random, glucose challenge test (GCT) o minicurva, glicosuria, OGTT 100 g. I professionisti devono informare le donne in gravidanza che : nella maggioranza delle donne il diabete gestazionale viene controllato da modifiche della dieta e dall attività fisica se dieta e attività fisica non sono sufficiente per controllare il diabete gestazionale, è necessario assumere insulina; questa condizione si verifica in una percentuale compresa fra il 10% e il 20% delle donne se il diabete gestazionale non viene controllato, c è il rischio di una aumentata frequenza di complicazioni della gravidanza e del parto, come pre-eclampsia e distocia di spalla la diagnosi di diabete gestazionale non viene è associata a un potenziale incremento negli interventi di monitoraggio e assistenziali in gravidanza e durante il parto le donne con diabete gestazionale hanno un rischio aumentato, difficile da quantificare, di sviluppare un diabete tipo 2, particolarmente nei primi 5 anni dopo il parto Alla donne cui è stato diagnosticato un diabete gestazionale deve essere offerto un OGTT 75 g non prima che siano trascorse sei settimane dal parto. La diagnosi di Diabete Gestazionale (GDM) dà il via ad un percorso assistenziale strutturato che ha l obiettivo di gestire le varie fasi della gravidanza. Obiettivo terapeutico centrale nella gravidanza complicata da GDM è il benessere del nascituro. È, quindi necessario che sin dalla prima visita vengano individuati e definiti la frequenza dei controlli ambulatoriali ed i target di trattamento domiciliari. Il monitoraggio metabolico rappresenta una parte importante di questo percorso e si basa su un lavoro multidisciplinare, dove il team diabetologico (diabetologo, infermiere e dietista) si deve strettamente collegare con quello ostetrico (ginecologo, ostetrica e infermiera) e con il neonatologo. Al centro di questa equipe 14

17 multidisciplinare si pongono la paziente ed il partner, senza il cui coinvolgimento, tutto il lavoro del team è destinato a fallire.. L educazione terapeutica La fase iniziale del monitoraggio della donna con GDM inizia al momento della prima visita, dopo la diagnosi della malattia, con un approccio di tipo educazionale. La corretta impostazione di questo primo contatto fra la donna e l equipe diabetologica è importante, perché serve a fornire un sostegno psicologico alla gravida che si trova improvvisamente di fronte ad una diagnosi che la preoccupa, per i possibili risvolti negativi che può avere soprattutto nei confronti del feto. Il team diabetologico ha il compito di rassicurarla e di fornire informazioni sulla malattia, sulla corretta alimentazione e sui necessari cambiamenti dello stile di vita. Durante questo colloquio di educazione terapeutica individualizzata, si forniranno alla paziente le nozioni necessarie per fronteggiare le eventuali emergenze legate alla malattia, quali l ipoglicemia e la chetosi. In particolare la gestante dovrà essere informata sul diverso significato della chetosi al mattino associata a normoglicemia, legata ad un insufficiente apporto di carboidrati con la dieta rispetto alla chetosi che si associa ad iperglicemia, quando i valori glicemici superano i 200 mg/dl. La seconda fase dell approccio educazionale riguarda l automonitoraggio glicemico. L obiettivo è quello di permettere alla paziente di essere in grado di eseguire correttamente la determinazione della glicemia e di riportare i valori glicemici nell apposito diario. Inoltre, la donna dovrà anche imparare ad intraprendere i comportamenti opportuni per ridurre le oscillazioni glicemiche, attraverso il ricorso a modificazioni delle abitudini alimentari o/e alla somministrazione di insulina. Il mantenimento di uno stretto controllo glicemico, infatti, è fondamentale per una normale crescita del feto e vi è un sostanziale accordo fra le società scientifiche sui target glicemici da mantenere durante la gravidanza In particolare, dato che la glicemia post-prandiale è direttamente correlata con la crescita fetale, particolare attenzione dovrà essere posta alle escursioni glicemiche post-prandiali, specie quelle dopo un ora dal pasto. Glicemia capillare al risveglio Glicemia capillare 1 h dopo pasto Glicemia capillare 2 h dopo pasto 90 mg/dl 140 mg/dl 120 mg/dl 15

18 La frequenza nell esecuzione del monitoraggio glicemico è legata alla stabilità del compenso metabolico. In seguito il numero dei controlli potrà variare in rapporto all andamento del compenso metabolico. Nelle situazioni in cui è sufficiente il solo trattamento dietetico, è possibile far eseguire dei profili glicemici a scacchiera : si tratta di un utile approccio, che permette di monitorare i vari momenti della giornata, senza far ricorso ad un numero eccessivo di determinazioni glicemiche. Quando è necessario, invece utilizzare anche la terapia insulinica, dovrà essere incrementato il numero dei controlli glicemici fino a 6-8 volte al giorno (a digiuno, pre e postprandiale e, se necessario, bed-time e durante la notte). Un altro importante parametro da monitorare è il livello dei chetoni. La metodica attualmente in uso prevede la determinazione della chetonuria o, ancor meglio, della chetonemia. La determinazione andrà effettuata quotidianamente, a digiuno sulle urine del mattino o su plasma. Un livello di chetoni elevato in questa fascia oraria, se non accompagnata da valori glicemici elevati, può infatti indicare un carente apporto di carboidrati nella dieta nelle ore serali. Diverso invece, e più grave, il significato di una chetonuria-chetonemia concomitante a iperglicemia, per il rischio associato alla presenza di scompenso metabolico materno. E necessario, quindi, che in tutte le situazioni in cui venga riscontrata una glicemia superiore a 200 mg% sia effettuato un controllo dei chetoni e, nel caso di positività, che venga contattato il centro diabetologico di riferimento. Negli ultimi anni la compliance al monitoraggio glicemico domiciliare da parte delle donne con diabete gestazionale è sicuramente maggiore rispetto al passato, dato che gli strumenti attualmente in uso sono estremamente semplici nell utilizzo, di dimensioni contenute (possono essere tenuti comodamente in una borsa) e rilevano la glicemia in pochi secondi con un quantitativo modesto di sangue (una piccola goccia). Dato che la tecnologia che utilizzano è per lo più elettrochimica, è importante che vengano utilizzati a temperature comprese fra 2 e 40 C in quanto solo in tali situazioni è assicurato il loro corretto funzionamento, mentre lo strumento e le strisce reattive devono essere conservate a temperatura asciutta compresa fra 4 e 30 C. Se possibile, è preferibile usare strumenti dotati di memoria con possibilità di trasmettere i dati con un apposito software su PC in modo da poter analizzare a posteriori il diario glicemico anche se la gestante non ha riportato nel diario cartaceo tutti i dati 16

19 dell autocontrollo. Inoltre, dato che i target di trattamento suggeriti dalle società scientifiche si riferiscono a valori plasmatici, sarebbe preferibile privilegiare nella scelta gli strumenti che utilizzano strisce il cui risultato appare già plasma calibrato. Controlli ambulatoriali: in genere, dopo la prima visita, viene programmato un follow up dopo una settimana al fine di valutare se la terapia impostata ha permesso di raggiungere i livelli glicemici suggeriti. La frequenza delle successive visite di controllo presso il centro di diabetologia dipende dalla stabilità metabolica della paziente ma in linea di massima dalla 28a alla 38a settimana si può prevedere un frequenza di visite ogni 2-3 settimane, se il trattamento è soltanto dietetico, se i valori glicemici si mantengono nel range consigliato e se non sono presenti situazioni particolari quali una obesità di grado elevato o altre patologie quali ad esempio l ipertensione arteriosa. Nel caso in cui invece la gestante debba seguire un trattamento insulinico, oppure se il grado dicompenso metabolico è insufficiente, le visite dovranno essere più frequenti (ogni 7-15giorni). In questi casi è utile il ricorso ad un regolare contatto telefonico con il centro di diabetologia al fine di provvedere a rapide correzioni della terapia. Negli ultimi anni sono stati valutati anche sistemi di telemedicina, i quali permettono alla donna di evitare gli spostamenti e le inevitabili attese delle visite tradizionali, pur continuando a mantenere un frequente contatto col team diabetologico. Durante la visita di controllo vengono riportati e valutati gli eventuali parametri ematochimici eseguiti nel periodo precedente ed i dati di biometria fetale essenziali per monitorare gli effetti della terapia dietetica e farmacologica impostata. Terapia Terapia Dietetica In gravidanze con Diabete Pregestazionale e Gestazionale il fabbisogno nutrizionale non differisce, sia qualitativamente che quantitativamente, da quello della donna gravida senza alterazioni del metabolismo glicidico. Solo in funzione dell impiego della terapia insulinica è necessario un adattamento agli orari dei pasti e, secondo la cinetica dell insulina, anche degli spuntini. Passeremo quindi ad esaminare il fabbisogno nutrizionale della donna gravida normale. Le esigenze metaboliche della gravidanza normale differiscono da quelle 17

20 della donna normale non gravida; l incremento calorico medio si aggira intorno alle kcal /die. L aumentato fabbisogno calorico è meno di 300 kcal/die nel primo trimestre, mentre può essere anche più alto vicino al termine; negli ultimi mesi, tuttavia, le aumentate necessità nutrizionali possono essere parzialmente controbilanciate dalla diminuita attività fisica legata allo stato gravidico. Le necessità caloriche giornaliere dipendono dall età, dall attività fisica, dal peso pregravidico, dallo stato di salute e dall epoca gestazionale. La maniera più corretta è individualizzare la dieta rispetto ai parametri sopra indicati e quindi controllare l incremento ponderale per assicurarsi che la quantità di calorie sia adeguata. Il fabbisogno glicidico è aumentato in gravidanza, rispetto a quello della donna non gravida, di gr/die; sembra, infatti, che tale sia il consumo giornaliero da parte del feto. Nella donna gravida si manifesta il fenomeno del digiuno accelerato, che è dovuto ad una continua sottrazione di glucosio da parte del feto, anche quando la madre non ne introduce, e ad un blocco nella dismissione degli aminoacidi gluconeogenetici, a causa dell aumentata chetogenesi gravidica; questo comporta una maggiore tendenza all ipoglicemia mattutina e quindi alla chetosi da digiuno, soprattutto nel secondo e terzo trimestre. E possibile che una riduzione dei carboidrati sia qualche volta necessaria, ma soltanto nei soggetti obesi, insieme con la diminuzione calorica. Anche in questo caso è bene non scendere al di sotto dei 150gr/die di carboidrati. La donna gravida è metabolicamente assimilabile ad un organismo in via di sviluppo; ciò giustifica l incremento della quota proteica da 1 a 1,5 g/kg. E ovvio che, oltre alla quantità di proteine introdotte, è necessario considerare la qualità: sono da raccomandare le proteine che contengono tutti gli aminoacidi essenziali. La gravidanza non comporta un aumentato fabbisogno lipidico; si dovrà somministrare la quota necessaria ad integrare il fabbisogno calorico. E logico, quindi, che sulla quota lipidica si potrà giostrare, diminuendola quando sia necessario ridurre l apporto calorico in una donna obesa, tenendo presente che bisogna somministrare una piccola quota di lipidi per l assorbimento delle vitamine liposolubili (A-D-E-K). Il fabbisogno di calcio è aumentato specialmente nella seconda metà della gravidanza, epoca in cui si ha la formazione dell apparato scheletrico fetale che richiede la 18

21 deposizione totale di gr. di calcio. Per tale motivo nell organismo materno avviene un aumento dell assorbimento di calcio e di vitamina D a livello intestinale, durante tutto il corso della gravidanza. E raccomandabile aggiungere alla dieta un supplemento di vitamina D e di calcio per la prevenzione delle ipocalcemie neonatali. Per quanto riguarda l aggiunta di vitamina D nella dieta, questo suggerimento è valido nei paesi nordici, mentre non è necessario nei paesi mediterranei. Infatti, l effetto della luce solare è sufficiente a trasformare la vitamina D inattiva nella forma attiva, 25-OH-colecalciferolo. Per quanto riguarda l aggiunta di calcio, essa è necessaria soltanto nei soggetti che non assumono latte e latticini, altrimenti il fabbisogno calcico giornaliero può essere coperto sufficientemente da latte e formaggi. Si consideri, inoltre, la scarsa validità del parametro calcemia in gravidanza: è dimostrato, infatti, che per l ipoproteinemia relativa, anche con bassi valori di calcemia, la frazione ionizzata è normale o aumentata in presenza di una dieta equilibrata. Durante la gravidanza il volume ematico aumenta gradatamente fino a raggiungere un espansione del 50% rispetto ai valori non gravidici, alla fine del secondo trimestre. Tale espansione è imputabile, per la maggior parte ma non esclusivamente, alla frazione liquida: infatti la frazione corpuscolata aumenta solamente del 20-30%. L incremento totale del numero dei globuli rossi e l accrescimento fetale e placentare richiedono un supplemento di ferro rispetto al periodo pregravidico. E necessario aggiungere preparati di ferro per os ad integrazione del quantitativo assunto con la dieta usuale, per garantire il fabbisogno giornaliero. E importante sottolineare che in gravidanza può verificarsi un deficit di folati. L acido folico costituisce il gruppo prostetico di alcuni coenzimi interessati nella sintesi degli acidi nucleici, sintesi molto attiva nel corso della gravidanza. La carenza di acido folico è stata messa in relazione con i difetti primitivi del tubo neurale. E importante supplementare la dieta della gravida con 400 mg/die di acido folico, se possibile prima del concepimento. Il fabbisogno di altre vitamine aumenta solo modestamente durante la gravidanza. E molto discussa l opportunità di dare un supplemento vitaminico: una dieta bilanciata che contenga frutta e vegetali può essere sufficiente a colmare il fabbisogno. Nella tab.3. sono indicati i fabbisogni nutrizionali in gravidanza. 19

22 L apporto calorico dovrebbe essere basato sul peso pregravidico della donna e su un normale incremento ponderale. Nella donna normopeso (BMI tra 18.5 e 25kg/m 2 ), il fabbisogno calorico durante la gravidanza viene calcolato come 30 kcal/kg di peso pregravidico/die, nella donna sottopeso (BMI <18.5kg/m 2 ) esso è di kcal/kg di peso corporeo pregravidico/die, infine nelle donne in sovrappeso (BMI> 25kg/m 2 ), esso è di 24 kcal/kg di peso corporeo pregravidico/die. Calcolo della dieta ed esercizio fisico nelle donne con Diabete Gestazionale Il fabbisogno calorico e il conseguente incremento ponderale nelle donne sovrappeso, con o senza Diabete durante la gravidanza, è controverso. Infatti, una restrizione calorica eccessiva può determinare chetonuria, che è potenzialmente dannosa per il feto. Sono controindicate in gravidanza diete con quantità calorica al di sotto delle 1600 kcal/die. Il problema maggiore nelle donne con Diabete Gestazionale è evitare l iperinsulinismo endogeno che porta, nella prima fase della gravidanza, ad un incremento ponderale eccessivo che, se non corretto, conduce (nella seconda fase) ad iperglicemia materna e conseguente macrosomia fetale. Poiché le donne che sviluppano il Diabete Gestazionale sono, per la maggior parte, in sovrappeso o francamente obese, la terapia più indicata per loro è la terapia dietetica modestamente ipocalorica. Per quanto riguarda la composizione della dieta, è consigliabile un apporto del 50-55% di carboidrati, del % di grassi e del 15-20% di proteine. L apporto calorico giornaliero deve essere suddiviso in 3 pasti principali più 3 spuntini, per meglio controllare le oscillazioni glicemiche proprie della gravidanza e ridurre le conseguenze legate al digiuno accelerato recentemente l ADA 39 suggerisce, nelle pazienti obese (BMI>30 kg/m 2 ) una riduzione dell apporto calorico del 30-35%, 20

23 con un apporto di carboidrati del 40%, al fine di ridurre l iperglicemia senza determinare la comparsa di chetosi, di ridurre l ipertrigliceridemia e la frequenza di macrosomia senza aumentare per altro la frequenza di morbilità neonatale. Se la terapia dietetica da sola non è sufficiente a ridurre i livelli glicemici è necessario iniziare la terapia insulinica benché, come è noto, tale trattamento non sia il più corretto nel Diabete Gestazionale, la cui principale caratteristica è l aumento della resistenza insulinica. D altra parte la terapia con ipoglicemizzanti orali non è considerata abbastanza sicura nel trattamento del Diabete Gestazionale; pertanto si è tentato di utilizzare altre strade che consentissero di evitare o almeno ridurre l uso dell insulina: in particolare sono state utilizzate la dieta ricca in fibre e l esercizio fisico. La dieta ricca in fibre è stata abbandonata per la scarsa accettabilità da parte della paziente, ma lavori recenti hanno messo in evidenza che, oltre agli effetti collaterali fastidiosi in particolare modo in gravidanza, non ha effetti rilevanti sui livelli glicemici. L effetto dell esercizio fisico nella donna affetta da Diabete Gestazionale è stato scarsamente studiato. I lavori fino ad oggi pubblicati, mediante la pratica di ginnastica al cicloergometro o piegamenti sulle braccia per 3 volte la settimana, sotto stretto controllo dei parametri vitali materni, hanno dimostrato in alcuni casi una riduzione dei livelli di glicemia, senza necessità di praticare la terapia insulinica. Perciò nelle pazienti con GDM è consigliabile un programma di esercizi anaerobici di 20 minuti 3 volte la settimana. Dolcificanti artificiali Un cenno a parte merita l utilizzo dei dolcificanti artificiali in corso di gravidanza. Attualmente i più diffusi in Italia sono la saccarina e l aspartame. - La saccarina, derivata dagli idrocarburi, è escreta immodificata per via renale; può attraversare la placenta, sebbene non vi siano evidenze che possa essere nociva per il feto. - L aspartame è un dipeptide di L-aspartato e L-fenilalanina metil-estere, che viene metabolizzato a livello intestinale in aspartato, fenilalanina e metanolo. L acido aspartico e il metanolo attraversano la placenta solo in piccola parte e non è stata dimostrata nessuna alterazione fetale. 21

24 - La fenilalanina attraversa la placenta, ma i livelli ottenuti sono notevolmente inferiori ai livelli tossici, anche assumendone quantità doppie a quelle abitualmente raccomandate. Di recente l organismo americano Food and Drug Administration ha approvato l uso dei dolcificanti in gravidanza, ritenendoli sicuri e senza alcun effetto dannoso per il feto. Le ultime linee guida dell American DiabetesAssociation non limitano l uso dei dolcificanti non calorici in gravidanza, mentre sottolineano l astensione delle bevande alcoliche durante la gestazione. La terapia insulinica nel GDM Nell esperienza dei principali centri attivi in questo settore, con un target glicemico fissato a 90/120 mg/dl, il ricorso alla terapia insulinica nel GDM si rende necessario in circa il 20% dei casi. Anche se gli schemi di plurisomministrazioni a disposizione non differiscono da quelli precedentemente indicati per il pre-gdm, le diverse caratteristiche di questa forma clinica, nella quale è quasi sempre presente una buona secrezione beta-insulare endogena, permettono un atteggiamento più elastico, che può prevedere anche interventi limitati, centrati sulle fasce orarie che risultino critiche ad un esame dei dati glicemici in autocontrollo (che ancora una volta si rivela di importanza essenziale). Oltre ai classici modelli a 3-4 iniezioni, a seconda delle necessità trovano, quindi, spazio anche schemi atipici, a 1 o 2 somministrazioni/die, di insulina regolare o isofano isolate e/o miscelate. Si è detto sopra dei problemi aperti riguardanti l uso degli analoghi ad azione rapida; nel caso del GDM, tuttavia, trattandosi di una terapia limitata alla seconda metà della gestazione, queste molecole potrebbero trovare un indicazione elettiva. Su quali parametri metabolici modulare l intervento terapeutico Per quanto riguarda i parametri da prendere in considerazione nella valutazione dell effettivo grado di controllo metabolico, sui quali basarsi per modulare l intervento terapeutico, bisogna necessariamente fare affidamento sui classici indici di compenso glicometabolico utilizzati fuori dalla gravidanza (glicemie, sia a digiuno che postprandiali, valutate in autocontrollo, HbA1c, fruttosamine). Il valore relativo di questi parametri varia però sensibilmente nelle diverse fasi della gravidanza e in funzione del tipo di informazione che si vuole ottenere: nella gestione clinica 22

25 quotidiana, con l obiettivo della ottimizzazione metabolica, non c è dubbio che la terapia vada di volta in volta adattata, tenendo come riferimento i valori glicemici ottenuti in autocontrollo, con una particolare attenzione alle glicemie post-prandiali. Lo spazio degli indici integrati a medio termine, come l HbA1c e le fruttosamine, che pure esiste, è limitato ad una valutazione retrospettiva del controllo metabolico, ottenuto senza ripercussioni pratiche sulla gestione terapeutica. Sul target glicemico vi è oggi un sostanziale accordo fra le principali società scientifiche italiane e internazionali nell indicare un valore di mg/dl a digiuno, 120 mg/dl 2 ore dopo il pasto. Si assegna oggi sempre maggiore importanza alla glicemia post-prandiale precoce (1 ora dopo il pasto), per la quale è fissato un valore di riferimento a 130 mg/dl. Esercizio fisico nel diabete gestazionale Il ruolo terapeutico dell esercizio in questa patologia può essere analizzato in due modi. Primo l esercizio, insieme alla dieta e all intervento farmacologico, può essere efficace nel prevenire una obesità progressiva e la progressione dell IGT e del diabete di tipo 2 allo stesso modo in cui è stato utilizzato in altri trial clinici e come già nei precedenti capitolo. Secondo, e questo è l aspetto meno studiato ma più rilevante per l immediato risultato legato alla gravidanza e alla complicanza materno-fetali, l intervento combinato dell esercizio e della dieta sull omeostasi materna del glucosio e di altri nutrienti potrebbe abbassare i livelli glicemici materni, limitare l eccessivo accrescimento fetale ed eventualmente ritardare o evitare l uso della terapia insulinica. Due trials clinici 40 hanno analizzato il potenziale effetto dell esercizio durante la gravidanza sui livelli glicemici nel DG. Il primo si include soggetti che nonostante la terapia dietetica, presentavano una persistente iperglicemia a digiuno di mg/dl. Il reclutamento è stato eseguito tra la 28 e la 33 settimana di età gestazionale. Le pazienti erano state riunite per età e per grado di obesità prima della randomizzazione. I soggetti di controllo erano state trattati con insulina e la pazienti che dovevano eseguire l esercizio, svolgevano un esercizio al cicloergometro al 50% della capacità aerobica massima (valutato dalla frequenza cardiaca) per 45 minuti (tre sessioni di 15 minuti con un intervallo di riposo di cinque minuti ) tre volte alla settimana per tutta la durata della gravidanza. Quattro delle 21 pazienti e tre dei 20 controlli hanno interrotto lo studio e non sono state valutate. A nessuna donna nel gruppo con esercizio è stata somministrata insulina. Tra le restanti, non sono state 23

26 rilevate differenze dei valori glicemici medi a digiuno tra il gruppo trattato con insulina e il gruppo che eseguiva attività fisica (94+-5 vs 89+-6mg7dl rispettivamente) o nel peso alla nascita del neonato ( vs gr rispettivamente) e delle complicanze materno-fetali. Per cui il trattamento con esercizio fisico programmato e monitorizzato da risultati simili alla terapia insulinica. Il secondo trial randomizzato metteva a confronto 6 settimane di esercizio di flessione dell arti superiori (n=10) con la terapia diatetica (n=9) in donne con DG precedentemente non allenate che presentavano glicemia a digiuno di mg/dl. La frequenza cardiaca sotto sforzo era stata mantenuta a meno di 140 battiti per minuto e l esercizio veniva eseguito tre volte a settimana per circa venti minuti. Durante il triale di sei settimane la glicemia è scesa ma non in modo significativo da a mg /dl nel gruppo di controllo, mentre nel gruppo con esercizio fisico i valori glicemici diminuivano in modo significativo (101 vs 70 mg/dl ). Gli effetti significativi dell esercizio sulla glicemia a digiuno sono stati osservati dopo solo 4 settimane di esercizio, ciò sta ad indicare che solo se i tests diagnostici e gli interventi terapeutici vengono intrapresi tra 24 e la 28 settimana o ancora, quando possibile, in epoca gestazionale precedente, si possono evidenziare gli effetti terapeutici dell esercizio materno sulla macrosomia fetale. Inoltre, visto che l intensità e la durata dello sforza erano relativamente modeste e l esercizio di contrazione della mano non richiedeva un carico di pesi, il protocollo potrebbe avere delle applicazioni fra le donne obese, sedentarie che caratteristicamente presentano un diabete gestazionale. Patterson et al, 41 hanno evidenziato che una attività fisica moderata post prandiale ( 2.52 Km in 1 ora con un incremento della frequenza cardiaca di 9 battiti al minuto) diminuisce i livelli glicemici dopo i pasti in modo significativo rispetto al gruppo di controllo. Resta da chiarire con quali modalità l esercizio fisico regolare e continuo durante la gravidanza induce una diminuzione della glicemia. Si è ipotizzato che, durante la gravidanza complicata da diabete gestazionale, la diminuzione dei livelli glicemici dovuta all esercizio potrebbe essere attribuita a variazioni di alcuni effetti diabetogeni della gravidanza o a variazioni delle anomalie metaboliche proprie del diabete di tipo 2 o DG: come il legame dell insulina al recettore, oppure la traslocazione nei tessuti periferici del GLUT-4 oppure la prima fase del rilascio dell insulina oppure la produzione epatica basale di glucosio. Alcuni autori 42 hanno dimostrato la presenza di multipli difetti nel trasporto di glucosio sull adipocita dell omento di donne con DG al momento del taglio cesareo: la quantità di 24

27 trasportatore di glucosio (GLUT4) negli adipociti era del 44% (seppure con ampie variazioni) in meno rispetto alle gravide normali. Tipologia Esercizio Fisico Se l esercizio fisico diventa un presidio terapeutico per ridurre l iperglicemia nel diabete gestazionale, diventa imperativo scegliere il tipo e la durata dell esercizio che non interferisca con il benessere del feto, sull attività uterina, e che tenga in considerazione il continuo e fisiologico adattamento del sistema cardiovascolare all evolvere della gravidanza: aumento del volume plasmatico, della frequenza e della portata cardiaca. Il valore ottimale della frequenza cardiaca, durante l esercizio, non è stato stabilito per le donne in gravidanza; il migliore mezzo per determinare l appropriata intensità dell esercizio è la percezione dello sforzo durante l attività fisica, che corrisponde a circa il 60% del massimo consumo di ossigeno. Prescrivere un qualsiasi esercizio, richiede dunque, la conoscenza delle capacità fisiche della donna, e della presenza o meno di eventuali controindicazioni allo svolgimento della attività fisica Tab. 4. Alcuni autori hanno valutato la prevalenza di contrazioni uterine e la variazione della frequenza cardiaca fetale prima durante e dopo attività fisica senza registrare alcuna anomalia dei suddetti parametri durante lo studio. Bevier et al. 43 hanno valutato gli effetti di cinque differenti tipi di esercizio sul distress fetale, sul basso peso alla nascita, sull ipertensione materna e sulle contrazioni uterine. I diversi tipi di esercizio sono rispettivamente: cicloergometro, cicloergometro in clinostatismo, tappeto mobile walking-treadmil, vogatore ed ergometro per esercizi degli arti superiori. Il cicloergometro è molto faticoso per la madre ed il feto ed ha causato contrazioni uterine nel 50%delle 25 sessioni di esercizio. Il cicloergometro in clinostatismo determina ipotensione materna ; al walking treadmill con andatura lenta il 40% delle donne accusava contrazioni uterine; il vogatore risultava relativamente sicuro, si sono registrate contrazioni uterine in solo il 10% delle donne che partecipavano allo studio. L esercizio più sicuro era l ergometro per gli arti superiori che non induceva contrazioni uterine, ipotensione materna o variazioni della frequenza cardiaca fetale, inoltre Jovanovic-Peterson37 come detto sopra, ne ha dimostrato la validità sui livelli glicemici, In uno studio recente Poehlman 44 et al. ha valutato gli effetti dell esercizio aerobico in endurance vs esercizio di resistenza in giovani donne non obese.lo studio comparava la 25

28 sensibilità all insulina in tre gruppi di donne : 14donne dopo endurance training, 17 donne dopo resistance training e 20 soggetti di controllo. I risultati indicano che entrambi i tipi di esercizio aumentano la sensibilità all insulina, anche se le donne sottoposte all endurance training aumentavano maggiormente il consumo di glucosio rispetto a quelle sottoposte a resistance training o al gruppo di controllo. L autore conclude che, entrambi gli esercizio attraverso diversi meccanismi aumentano il consumo di glucosio in giovani donne non obese. Questo studio rappresenta un ottimo punto di partenza nella gestione dell esercizio fisico nel diabete gestazionale, per le quali, infatti, è maggiormente indicato un resistance training rispetto all esercizio aerobico. Da quanto detto è evidente la necessità di sviluppare un algoritmo, per una attività fisica personalizzata, che consideri l età materna, la eventuale pratica di attività sportiva della gestante prima della gravidanza, e le eventuali complicanze legate alla gravidanza stessa; raccomandando un adeguato apporto di calorie e di liquidi e insegnando alla paziente a riconoscere eventuali segni di allarme che possano compromettere il fisiologico decorso della gravidanza. Inoltre molte donne con diabete gestazionale conducono una vita sedentaria. La consapevolezza dei vantaggi, sia materni che fetali, derivanti dall esercizio fisico, potrebbe rappresentare un ottimo punto di partenza per modificare il proprio stile di vita: introdurre un attività fisica regolare e continua nell ottica di prevenzione della malattia diabetica. L importanza terapeutica dell esercizio fisico nel DG, sembra ampiamente dimostrata. In assenza di controindicazioni. L esercizio fisico può rappresentare una terapia alternativa o aggiuntiva da praticarsi sia prima che dopo il parto. Le nostre attuali conoscenze ci permettono di sviluppare e attuare un programma base, da personalizzare in ogni singolo caso, sotto il controllo di personale qualificato Tab. 4. Il rischio dovuto all esercizio fisico di lieve intensità, durante la gravidanza in donne precedentemente sedentarie, è minimo e coinvolge prevalentemente i tessuti molli. Esercizi quali il nuoto, la bicicletta in posizione seduta o l uso del vogatore sono i più adatti per queste pazienti, anche la passeggiata può essere un utile alternativa. Ciascun esercizio eseguito in ambiente protetto, potrebbe poi essere adattato a casa qualora non si rendesse necessario il monitoraggio delle funzioni fetali e materne. Studi ulteriori saranno necessari per validare le nostre osservazioni e per valutare gli effetti a lungo termine sul feto dovuti all esercizio materno nei nati di madre con diabete gestazionale. 26

29 Tab.4. Controindicazioni assolute e relative allo svolgimento dell attività fisica nel diabete gestazionale. controindicazioni relative Ipertensione Aritmia Malattie della tiroide Diabete tipo 1 Anamnesi di parto pretermine Sanguinamento durante l attuale gravidanza Presentazione podalica del feto Bronchite cronica Obesità eccessiva Magrezza eccessiva Controindicazioni assolute Anamnesi di tre o più aborti spontanei Rottura delle membrane Parto pretermine Gravidanze multiple Sanguinamento o diagnosi di placenta previa Malattia restrittiva polmonare Distress fetale Ritardo di crescita intrauterina Ipertensione indotta dalla gravidanza Preeclampsia Anomalie di impianto placentare Incompetenza cervicale 27

30 Tab. 5. Programma base per l esercizio fisico in donne con diabete gestazionale 1. Attività fisica al 50 % del VO2 max tre volte a settimana della durata di 45 minuti diviso in tre intervalli di 15minuti con 5 minuti di pausa tra un esercizio e l altro 2. L attività fetale deve essere monitorata durante i 5 minuti di pausa 3. Glicemia capillare e pressione arteriosa devono essere registrati prima e immediatamente dopo ciascun esercizio. Complicanze Materne Ostetriche Polidramnios E una patologia relativamente frequente (15-25%) nelle gravidanze diabetiche. Si ritiene che possa essere almeno in parte dipendente da una poliuria fetale secondaria all iperglicemia: la vescica fetale, osservata ecograficamente, è in questi casi dilatata. Sebbene si possano fare associazioni tra diabete materno e anomalie congenite fetali e tra anomalie e maggiore incidenza di polidramnios, la maggior parte dei nati da gravidanze diabetiche complicate da polidramnios sono strutturalmente normali. Ipertensione e Preeclampsia L ipertensione indotta dalla gravidanza (pregnancy-induced hypertension PIH), che può aggravarsi in preeclampsia ed in eclampsia conclamata, è presente nel 10% delle gravidanze di donne diabetiche: valutando globalmente ipertensione gestazionale e cronica si ha una frequenza, anche in questo caso maggiore, rispetto alle gravidanze senza diabete (di 2-3 volte circa). Le concentrazioni di renina e aldosterone nella diabetica di tipo I sono più alte rispetto alla gravidanza fisiologica, mentre quella del substrato retinico è più bassa l angiotensina II nel plasma è direttamente proporzionale alla glicemia. Nonostante l elevata incidenza di preeclampsia nelle gestanti diabetiche sia tradizionalmente correlata ad un controllo glicemico insoddisfacente, è stato dimostrato che assicurare uno stato d euglicemia, sebbene fondamentale, non sembra sufficiente a proteggere la donna dal disordine ipertensivo indotto dalla gravidanza. I risultati, infatti, degli studi più recenti hanno messo in evidenza una significativa associazione tra presenza d anticorpi antifosfolipidi (apl) materni e PIH. 28

31 Il riscontro di apl e/o di anticorpi anti-cardiolipina (ACA) e Lupus Anticoagulant (LAC) in gestanti con diabete di tipo I, è stato associato anche ad altri esiti ostetrici sfavorevoli quali aborto ricorrente, MIF e ritardo di crescita intrauterina fetale. Parto Pretermine (PPT) Il parto pretermine (sotto le 37 settimane compiute di gravidanza) si può verificare per insorgenza spontanea, oppure può essere indotto per necessità di terminare la gestazione per complicanze materne e/o fetali con possibile aumento della mortalità perinatale. Alcuni autori hanno riportato un incidenza fino al 50% di PPT nelle gravidanze diabetiche, di cui più della metà spontanei. Secondo numerosi autori le cause spontanee più importanti di parto pretermine sono la sovradistensione dell utero (da macrosomia e/o polidramnios) e la rottura prematura delle membrane (PROM). Autori come Mimouni 45, pur condividendo l osservazione sulla PROM, non associano, invece, l alto tasso di PPT al poliidramnios, ma piuttosto ad infezioni urogenitali della donna e a precedenti parti pretermine. Per tutti uno scarso controllo metabolico, in particolare nel II trimestre di gravidanza, è alla base di questi meccanismi patogenetici. È necessario sapere che i farmaci beta-bloccanti, usati in genere per tentare di bloccare un parto prematuro, e l uso di corticosteroidi per l induzione della maturità polmonare del feto pretermine, provocano un aumento della glicemia e chetonemia materna. Devono essere somministrate, quindi, dosi supplementari di insulina durante l impiego di questi farmaci o vagliare alternative (es.solfato di magnesio come tocolitico) che non sembrano intervenire sul metabolismo glucidico. Alterazioni Metaboliche Materne e Morbilità Neonatale Le alterazioni metaboliche che si verificano in gravidanza determinano, a carico del feto, un elevata morbilità riconducibile in primo luogo ad alterazioni della crescita. Un alterato assetto metabolico materno influenza le curve di crescita fetale in quanto modifica, sia qualitativamente sia quantitativamente, il passaggio transplacentare di nutrienti. Questo concetto fu per la prima volta espresso da Pedersen nel , nel 29

32 tentativo di spiegare la maggiore incidenza di macrosomia ed ipoglicemia nei neonati da madre diabetica. Secondo tale ipotesi l iperglicemia materna indurrebbe un eccessivo passaggio transplacentare di glucosio con conseguente iperglicemia fetale, iperinsulinemia compensatoria, eccessivo sviluppo dei tessuti insulino-sensibili (tessuto adiposo, muscolare scheletrico e miocardico, epatico, isolotti di Langherans), crescita fetale accelerata e quindi macrosomia; l ipoglicemia neonatale sarebbe invece la conseguenza del venire meno, con la recisione del cordone ombelicale, dell apporto nutritivo materno in un neonato iperinsulinemico. Successivamente Freinkel nel , ha esteso il concetto di flusso nutritivo transplacentare non parlando più esclusivamente di glucosio ma anche di acidi grassi ed aminoacidi liberi, facendo particolare riferimento agli aminoacidi a catena ramificata per la loro azione stimolante la replicazione delle beta-cellule fetali e la produzione d insulina. Vari studi hanno ipotizzato l intervento patogenetico sulla crescita fetale di altri importanti fattori di crescita quali IGFs ma a tutt oggi non esistono chiare evidenze sul ruolo che tali fattori esercitano e su come possano essere influenzati dal metabolismo materno. Macrosomia Fetale Un eccessiva crescita fetale, soprattutto a carico dei tessuti insulino-sensibili, è certamente la complicanza perinatale più frequente nelle gravidanze complicate da diabete. La macrosomia viene definita come peso alla nascita superiore o uguale a 4000 gr. o più correttamente come peso alla nascita superiore o uguale al 90 percentile per l età gestazionale (LGA: Large for Gestational Age), con riferimento ad apposite curve di crescita specifiche per ogni popolazione. Circa il 70% delle macrosomie neonatali sono riconducibili a fattori genetico costituzionali, a gravidanze prolungate o, più raramente, alla presenza di particolari sindromi quali tumori, nesidioblastosi e trasposizione dei grossi vasi. In circa il 30% dei casi essa interessa i nati da madre diabetica ed ha maggiore frequenza nelle donne obese e multipare. La macrosomia del neonato da madre diabetica è tipicamente dismorfica per la crescita sproporzionata e maggiore del tronco (spalle ed addome) rispetto alla testa; pertanto è ad alto rischio di complicanze ostetriche quali la temibile distocia di spalla. Nonostante il miglioramento ottenuto negli ultimi anni, mediante le tecniche di 30

33 monitoraggio materno e fetale, l incidenza di LGA rimane tuttora più elevata nelle donne con diabete rispetto ai controlli. E appurato che l eccesso di crescita risente sensibilmente del compenso metabolico anche se una stretta ottimizzazione glicemica materna, ottenuta con un approccio metabolico intensificato, non sempre permette di normalizzare questo parametro. Le conseguenze, in termini di complicazioni alla nascita, riguardano in primo luogo la distocia di spalla che, mentre nella popolazione generale con un normale peso alla nascita ha un incidenza dello 0,2-2,8%, nelle gravidanze diabetiche può interessare fino a quasi il 10% dei nati. Tale incidenza aumenta sensibilmente con l aumento del peso. Microsomia SGA Si definisce microsomia il nato con peso alla nascita < al 10 percentile per l età gestazionale (SGA = Small for Gestational Age). Miocardiopatia Ipertrofica Fetale Rappresenta un altra grave complicanza dell iperglicemia materna e possibile causa di morte eudouterina, è caratterizzata dall ipertrofia del setto e delle pareti ventricolari, che talora può essere di entità tale da ostruire il normale flusso sanguigno. Anche per questa complicanza l iperinsulinismo fetale sembra avere un ruolo determinante, in quanto la ricchezza di recettori insulinici, propria del cuore dei neonati, renderebbe il tessuto miocardico molto responsivo allo stimolo ipertrofico. Tale patologia può rimanere asintomatica ma talvolta è causa di grave scompenso cardiaco. In genere regredisce entro i primi 3-6 mesi di vita. Alterazioni dello Sviluppo Polmonare Fino a circa 20 anni fa, il rischio di Sindrome da Distress Respiratorio (RDS) o Malattia delle Membrane Ialine, nei nati da madre diabetica, era circa sei volte superiore rispetto ai nati da gravide normali. Oggi, grazie al migliore controllo del quadro glicemico materno e alla riduzione dei parti pretermine, il rischio di RDS è sovrapponibile a quello della popolazione generale anche se, in condizioni di diabete non compensato, è sempre presente a causa di un ritardo nel processo di maturazione polmonare. L ipotesi patogenetica più accreditata chiama ancora in causa l iperinsulinismo fetale che, sia direttamente sia indirettamente, determina una ridotta 31

34 produzione di surfactante, per effetto inibitorio dell insulina sulle cellule epiteliali tipo II e sui fibroblasti polmonari che producono un fattore fibroblastico pneumocita che stimola la maturazione polmonare e la sintesi di surfactante. Ipoglicemia Neonatale E una complicanza tipica della gravidanza diabetica è definita come glicemia inferiore a 35 mg/dl nei nati a termine, inferiore a 25 mg/dl nei nati pretermine. Il principale fattore determinante è sempre l iperglicemia materna che porta alla nascita di un feto iperinsulinemico, che ha sviluppato un iperplasia compensatoria delle cellule pancreatiche, cui viene a mancare l apporto materno di glucosio una volta tagliato il cordone ombelicale. Inoltre, una ridotta capacità neoglucogenetica e glicogenolitica tipica, delle prime ore di vita, predispone il neonato all ipoglicemia. Si manifesta in genere nelle prime ore di vita in maniera asintomatica o con sintomi spesso aspecifici quali letargia, agitazione, spasmi delle estremità, turbe respiratorie e, in casi estremi, crisi epilettiche. E più frequente nei neonati di madri in scarso compenso metabolico o a cui siano state somministrate alte dosi di glucosio durante il travaglio o al momento del parto. Ipocalcemia (Ca < 7 mg/dl), Ipomagnesiemia (Mg < 1,5 mg/dl) L esatto meccanismo fisiopatologico per cui si sviluppano tali alterazioni non è ancora ben chiaro, anche se si ritiene che il principale fattore determinante sia l improvvisa cessazione del flusso di nutrienti dalla madre al feto, con istantanea riduzione dell apporto di calcio. L ipocalcemia interessa circa la metà dei nati da madre diabetica. La severità di tale condizione sembra correlata al grado di compenso del diabete materno, al distress perinatale, e al grado d immaturità. Si manifesta ore dopo la nascita con irritabilità, ipereccitabilità neuromuscolare, fascicolazioni linguali, apnea ed occasionalmente convulsioni. Non esistono dati di follow-up relativi alla natura potenzialmente dannosa dell ipocalcemia neonatale. Iperbilirubinemia E definita come bilirubinemia totale > 15 mg/dl ed è più frequente nei neonati da madre diabetica (20%) rispetto agli altri neonati di pari età gestazionale (10%). Accanto ai consueti fattori patogenetici di questa complicanza (prematurità, alterata coniugazione della bilirubina a livello epatico, alterazione del circolo entero-epatico) 32

35 vi sarebbe, in questi feti, un aumentata eritropoiesi stimolata dall iperinsulinismo ed una maggiore emolisi dei globuli rossi, conseguenza della glicazione che conferisce una maggiore rigidità della membrana. Policitemia Definita come ematocrito venoso superiore al 65% o come emoglobina superiore a 20 g/dl, interessa circa il 6 % dei neonati. La sua aumentata incidenza nei figli di madre diabetica (fino al 30%) è probabilmente da imputarsi, almeno in parte, alla condizione d iperglicemia-iperinsulinemia fetale che induce uno stato d ipossia cronica attraverso un ritardo nel passaggio dalla sintesi d emoglobina fetale (molto più affine all ossigeno) a quella dell adulto. Altri fattori concomitanti sono un aumento del consumo fetale d ossigeno senza che vi sia un incremento compensatorio del flusso ematico placentare, una riduzione della disponibilità d ossigeno per l aumento dei livelli d emoglobina glicata, un ostacolo agli scambi transplacentari a causa di un ipertrofia dei villi e riduzione dello spazio intervilloso. Pertanto, l aumentata eritropoiesi extramidollare e la policitemia, tipiche del nato da madre diabetica, potrebbero ben rappresentare le risposte fisiologiche ad episodi acuti o cronici d ipossia. Follow-Up Il Diabete Gestazionale (GDM) è in realtà un entità nosografica eterogenea, comprendente al suo interno sia forme di Diabete preesistenti alla gravidanza ma misconosciute (tanto di tipo 1 che di tipo 2), sia forme precedentemente non conclamate, ma comunque in evoluzione sia, infine, forme d alterata tolleranza glucidica effettivamente esordite durante la gestazione (Fig.1). 33

36 Quest eterogeneità è anche all origine delle diverse strade che possono essere imboccate successivamente al parto (Fig.2): se per lo più si ha un pronto e completo ritorno alla normalità, esiste anche una piccola percentuale di casi nei quali permane uno stato apertamente diabetico; di maggiore importanza però è il fatto che anche le donne inizialmente ritornate ad uno stato d apparente euglicemia sono esposte ad un elevato rischio di sviluppare un alterazione metabolica negli anni successivi, sotto forma di recidiva di GDM, di Diabete di tipo 1, di Diabete di tipo 2. Questo dato, di per sé preoccupante è, tuttavia, d estrema importanza dal punto di vista diabetologico, aprendo notevoli possibilità di prevenzione primaria e secondaria, che andranno sfruttate adeguatamente con programmi di follow-up il più possibile estesi e rigorosi. 34

37 Diabete persistente nell immediato post-parto Gli studi che hanno preso in esame la situazione metabolica nelle prime settimane successive al parto in gravidanze complicate da GDM, hanno evidenziato una persistenza d alterazioni francamente diabetiche (evidenziate all OGTT) variabili dal 3% al 10%; è probabile che queste forme, sia di tipo 1 sia di tipo 2, rappresentino, in gran parte, casi di Diabete non noto precedente la gravidanza. E evidente che, in quest eventualità, mancano i presupposti per un follow-up e per qualunque intervento di tipo preventivo. Evoluzione a distanza Ad una prima riclassificazione, effettuata a distanza di 6-10 settimane dal parto con OGTT 75 gr., la maggior parte delle donne con pregresso GDM rientra, in effetti, nella normalità. Il problema quantitativamente maggiore riguarda, però, l evoluzione a distanza di questi soggetti, con l insorgenza di quadri patologici diversi. Diabete mellito di tipo 1 Studi recenti in popolazioni caucasiche hanno evidenziato un rischio cumulativo di Diabete di tipo 1 successivo a GDM variabile dall 1.7% al 7%, durante periodi di follow-up variabili da 2 a 15 anni. E stato possibile individuare una serie di fattori predittivi di questo tipo d evoluzione, consistenti essenzialmente in markers immunitari (ICA, anticorpi anti-gad, anticorpi anti-ia-2): in particolare è emerso come il dosaggio dei GADA rappresenti attualmente il singolo metodo con maggiore sensibilità (63%), ma solo il dosaggio contemporaneo di più markers consente di aumentare notevolmente la predittività (sensibilità del 82% con screening combinato dei tre anticorpi). Il rilievo (poco comune in popolazioni di donne con GDM) di una positività per più di uno di questi markers durante la gestazione individua pertanto soggetti a rischio molto elevato di sviluppare DM1, sui quali esercitare un controllo ravvicinato dopo la conclusione della gravidanza. Diabete gestazionale (recidiva) in diverse casistiche esaminate negli ultimi anni sono state riscontrate recidive di GDM in occasione di gravidanze successive, con una frequenza variabile dal 30% a 35

38 quasi il 70%, anche in relazione al gruppo etnico d appartenenza (Fig.3). Si sono riconosciuti elementi predittivi di un evoluzione in questo senso sia relativi alla prima gravidanza (Tab.6) sia successivi a questa (Tab.6) si tratta, in buona parte, degli stessi fattori di rischio coinvolti nell evoluzione da GDM a Diabete Mellito di tipo 2 (DM2): in effetti i presupposti fisiopatologici di una ricorrenza patologica sono simili nei due casi, così che anche i possibili interventi preventivi risultano sovrapponibili. Diabete Mellito di tipo 2 A favore di un rischio aumentato di DM2 (o IGT) in donne con storia pregressa di GDM depongono evidenze sia dirette (derivanti da studi di follow-up) che indirette, ricavabili da dati epidemiologici sulla prevalenza di GDM e DM2 all interno di una data popolazione. Alcuni dei principali studi di follow-up sono richiamati in Tab. 7 36

39 Pur all interno di una grande variabilità di dati (dovuta a differenze nelle caratteristiche delle popolazioni esaminate, nella definizione di GDM, nelle alterazioni metaboliche prese in considerazione (IGT o DM conclamato), negli stessi criteri diagnostici utilizzati, nei tempi d osservazione), dall insieme di queste segnalazioni emerge un incidenza di patologie del metabolismo glucidico francamente elevata già dopo pochi anni dalla conclusione della gravidanza e poi progressivamente crescente. Per altro è fortemente suggestivo il rilievo di una frequenza di GDM molto simile a quella di DM2 e IGT riscontrata nella stessa popolazione a 10 anni di distanza. Fermando ora l attenzione sul DM2, possiamo pertanto dire che la diagnosi di GDM offre un opportunità unica di prevenzione di questa patologia: un programma rigoroso di follow-up nelle donne con pregresso GDM apre, infatti, la possibilità di evitare, o posticipare, l insorgenza di malattia, attraverso una correzione dei fattori di rischio modificabili (prevenzione primaria) o, quanto meno, di effettuare una diagnosi precoce, permettendo un trattamento immediato e, in prospettiva, una riduzione del rischio di complicanze croniche (prevenzione secondaria). E importante, a questo scopo, definire con esattezza i fattori di rischio, modificabili e non, in modo da razionalizzare l intervento preventivo. Evoluzione da GDM a DM2: elementi predittivi Fattori di rischio non modificabili Alcuni fattori di rischio non modificabili sono presenti già al momento de concepimento Tab. 8 37

40 l appartenenza a gruppi etnici ad elevata prevalenza di DM2, l età avanzata, la pluriparità, l obesità ed una familiarità diabetica: tutti concorrono ad individuare un sottogruppo di donne da seguire con particolare attenzione; ad essi vanno aggiunti altri elementi, anch essi non modificabili, ma che si evidenziano a gravidanza iniziata o nell immediato post-parto. Fra questi vanno citati la precocità della diagnosi di GDM, livelli elevati di glicemia a digiuno, il tipo di risposta glicemica e insulinemica all OGTT diagnostico in gravidanza, la necessità di terapia insulinica; forse il più importante è la risposta al primo OGTT post-parto: secondo dati del gruppo di Buchanan, infatti, l area sotto la curva al test, effettuato 4-16 settimane dopo il parto, rappresenta l indice più attendibile di rischio di DM2 nei successivi 5-7 anni. Fattori di rischio modificabili (Tab.9) ( Tab.10) Maggiori possibilità d intervento offrono, ovviamente, altri fattori che verificandosi dopo la gravidanza, possono essere considerati modificabili. A questa categoria appartengono, fra gli altri, le gravidanze ulteriori, alcune terapie farmacologiche (soprattutto ormonali), l obesità (o, comunque, l aumento ponderale), alcune abitudini dietetiche scorrette, la sedentarietà. 38

41 Per quanto concerne la prosecuzione dell attività riproduttiva, mentre non è accertata una relazione fra parità e rischio di DM2 nella popolazione generale (salvo che nel caso di un numero molto elevato di gravidanze) è stato dimostrato come, dopo l occorrenza di GDM, una successiva gravidanza triplichi il rischio di DM2. Questo rilievo trova probabilmente spiegazione nell ulteriore declino della funzione -cellulare che può determinare, in soggetti già in possesso di una ridotta riserva pancreatica, un periodo di marcata insulino-resistenza quale quello causato da una nuova gravidanza. In quest ottica diviene essenziale poter individuare le donne con pregresso GDM con ridotta funzione -cellulare, nelle quali regolare successive gravidanze, intervenendo con un efficace programma contraccettivo. A tale proposito è ormai assodato che in questi soggetti non vi è controindicazione all uso di contraccettivi ormonali d associazione a basso dosaggio; l elevata sicurezza degli estroprogestinici li rende quindi di grande utilità nella programmazione dell attività riproduttiva, nel periodo che segue un episodio di GDM. Analogamente, in chi ha presentato un quadro di GDM, l uso di terapia ormonale sostitutiva in menopausa non va considerato un fattore di rischio diabetogeno: dopo l instaurazione di questo tipo di trattamento è stato anzi segnalato un miglioramento della sensibilità periferica all insulina in donne già diabetiche. Dato il noto effetto cardio-protettivo degli estrogeni, la terapia sostitutiva potrebbe, pertanto, trovare un indicazione elettiva a distanza di anni dal GDM, contribuendo a ridurre il rischio coronarico. Fin dai primi studi sul GDM di O Sullivan è stata sottolineata l importanza dell obesità e dell aumento ponderale post-parto quali fattori di rischio per lo sviluppo di DM2; indipendentemente dalla storia riproduttiva è del resto acquisito che, nel sesso femminile, l insorgenza di DM2 è nettamente favorito dall obesità, soprattutto del tipo addominale, che risulta inversamente proporzionale alla sensibilità insulinica. Anche il fatto che in donne obese con IGT un calo ponderale sia in grado di determinare una più favorevole evoluzione metabolica, contribuisce a far considerare l eccesso ponderale un fattore di rischio potenzialmente correggibile: di qui l evidente indicazione al contenimento del peso corporeo dopo una gravidanza complicata da GDM, particolarmente se in presenza di obesità addominale. Se è dimostrato che diete incongrue aumentano il rischio di DM2 nel sesso femminile, gli unici dati al momento disponibili sul ruolo della dieta nell evoluzione metabolica dopo GDM riguardano le recidive in gravidanze successive, che sarebbero favorite da 39

42 un eccessivo consumo di grassi saturi. In attesa di studi prospettici relativi al rapporto fra dieta e sviluppo di DM2 dopo GDM, sembra perciò logico suggerire fin d ora un intervento dietetico mirato su un ridotto consumo di grassi saturi. Un altro aspetto dello stile di vita sul quale è possibile intervenire a scopo preventivo, dopo GDM, è quello dell attività fisica. E accertato che l esercizio ha effetti positivi sulla sindrome da resistenza insulinica; é quindi evidente come, anche in donne con pregresso GDM, un programma di training possa contribuire a migliorare la prognosi a medio-lungo termine. Prospettive di prevenzione Come emerge da quanto detto finora, le prospettive conseguenti ad una gravidanza complicata da GDM si delineano attualmente in modo sufficientemente chiaro: dei diversi possibili scenari, quello dell evoluzione a distanza di anni verso il DM2 è certamente di gran lunga il più interessante, sia per la sua frequenza sia, soprattutto, per le possibilità che si aprono di modificarne la storia naturale con interventi di tipo preventivo, primario e secondario. Il riconoscimento di fattori di rischio modificabili rende possibile, almeno teoricamente, l impostazione di un programma di prevenzione primaria. Prendendo in esame un approccio basato solamente su modificazioni dello stile di vita (alimentazione, esercizio fisico), prescindendo quindi dalle possibilità di trattamento farmacologico recentemente ipotizzate ed ora in fase di sperimentazione, è stata anche calcolata la ricaduta economica di un intervento di questo genere. Secondo Gregory e coll., calcolando in circa $2800 il costo sanitario medio di una donna con DM2, un piano nazionale di prevenzione primaria in grado di ridurre di solo il 5% annuo la conversione da GDM sul territorio nazionale USA, sarebbe in grado di far risparmiare approssimativamente 179 milioni di dollari in un periodo di 10 anni. Non sono disponibili studi analoghi nella realtà italiana, ma è presumibile che il quadro generale non sia diverso da quello descritto. Un efficace prevenzione secondaria va invece basata, in primo luogo, sull educazione della donna con GDM che, già nel corso della gestazione e poi nell immediato postparto, deve essere esaurientemente informata sulla possibilità di comparsa della malattia diabetica dopo una fase più o meno lunga di normalizzazione del quadro metabolico, sulla sua sintomatologia tipica, ma anche sulla sua frequente pauci o asintomaticità. E però essenziale che questo coinvolgimento diretto della paziente sia 40

43 affiancato e rafforzato dall impostazione di un programma organico di follow-up a medio-lungo termine, che preveda precisi sistemi di richiamo a scadenze programmae. Impostazione del follow-up L attenzione va accentrata su fasi diverse successive al parto, sia per verificare l effettiva normalizzazione dell equilibrio glicemico dopo la conclusione della gravidanza, sia per controllare l evoluzione a distanza. Un primo obiettivo è la verifica dello stato metabolico nell immediato post-parto: a questo scopo è indicato, prima della dimissione dal reparto ostetrico, un controllo dei livelli glicemici a digiuno e post-prandiali, che andrà inserito di routine nei protocolli di gestione delle gravide con GDM. In caso di valori nella norma il passo successivo consiste nell effettuazione di un OGTT 75 gr. (sempre preceduto da una glicemia a digiuno, che potrebbe essere di per sé diagnostica, e quindi rendere superfluo il test da carico) a distanza di 6-10 settimane dal parto o alla fine dell allattamento, quindi al ripristino di un normale milieu endocrino, con la ripresa del ciclo mestruale. Nei casi non risultati francamente patologici a questo primo controllo, ulteriori OGTT saranno poi programmati allo scadere del primo anno dalla conclusione della gravidanza e, in seguito, a cadenza differenziata in funzione del risultato ottenuto Questo protocollo si differenzia in parte dalla posizione emersa dal 4 Workshop di Chicago, in seguito fatta propria dall ADA che prevede, successivamente alla prima riclassificazione post-partum, controlli annuali solo per le donne rientranti nelle 41

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