REPUBBLICA ITALIANA n. 230/09 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

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1 REPUBBLICA ITALIANA n. 230/09 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI Nella persona del Referendario dott. Giovanni Comite. Visto il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei Conti, approvato con r.d.12 luglio 1934, n.1214, e successive modifiche; visti gli artt.1 e 6, del d.l. 15 /11/93 n. 453, convertito nella l.19/1994; visto l art. 5, della legge 21 luglio 2000 n.205; visti gli artt. 131, 132, 420, 421, 429, 430 e 431 c.p.c, nonché l art. 26 del Reg. Proc. per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti, di cui al r.d. 13 agosto 1933, n.1038; visto l atto introduttivo del giudizio; esaminati gli altri atti e i documenti tutti di causa; chiamato il giudizio alla pubblica udienza del 17 marzo 2009, con l assistenza del segretario sig.ra Nadia Tonolo, ha pronunciato la seguente SENTENZA Sul ricorso in materia di pensioni, iscritto al n del registro di segreteria, promosso ad istanza del sig. G. F., nato,, a, residente a.., in., assistito, rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine dell atto introduttivo del giudizio, dall avv.

2 2 Alessandro Sartore Caleca, del foro di Treviso, ed elettivamente domiciliato a Venezia Mestre, in via S. Rocco n.10, ora, come risultante dalla relata di notifica del decreto di fissazione dell udienza, in via Cappuccina n.40, presso lo studio dell avv. Ezio Conte, contro l Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell Amministrazione Pubblica (I.N.P.D.A.P.), Direzione provinciale di Treviso, per <l annullamento della nota di data 07 marzo 2006 prot /2005 e di ogni altro atto presupposto e/o conseguente> e per l accertamento <del diritto al ripristino del trattamento di pensione in godimento prima della rideterminazione operata con nota INPDAP di Treviso prot /2005 del 07 marzo 2006 >. Considerato in FATTO Con il ricorso in epigrafe indicato, ritualmente notificato e depositato il 04 aprile 2008, il sig. F. G. si gravava della comunicazione n /2005, del 07 marzo 2006, con la quale la sede I.N.P.D.A.P. di Treviso partecipava la formazione, sul trattamento provvisorio di pensione, del debito di ,02, oltre 752,99 intimato per recupero della metà dell Equo Indennizzo, per il periodo 01 gennaio febbraio Dalla documentazione in atti emergeva che l attore, già M.llo Maggiore Aiutante dell E.I., era cessato dal servizio, per limiti di età, il 31 dicembre 1992 e, con decorrenza 01 gennaio 1993, veniva collocato in ausiliaria. In ragione di tale posizione percepiva il c.d. assegno di ausiliaria, composto dalla voce pensione e dall indennità di ausiliaria (provvisorie).

3 3 Inoltre, sul trattamento in questione, come da nota n , del 04 aprile 1996, del Ministero della Difesa, era applicato l aumento del decimo a titolo di privilegio. A far tempo dal 01 gennaio 1998 il sottufficiale era collocato nella riserva per congedo assoluto. La pensione, in forma di acconti, era corrisposta, sino al 30 giugno 1998, dall Amministrazione Militare e, con decorrenza 01 luglio successivo, dall allora Direzione Provinciale del Tesoro di Treviso (ora INPDAP), autorizzata ad erogare il trattamento provvisorio nella misura annua lorda di ( ,31), comprensiva dell aumento del decimo, oltre indennità integrativa speciale, 13^ mensilità e indennità speciale mensile, il tutto giusta comunicazione n.252/03/tes., del 18 marzo 1998, del Centro Pensionistico della Regione Militare Nord Est. Con decreto n.942, del 12 settembre 2005, l Amministrazione militare attribuiva al ricorrente il trattamento ordinario definitivo (c.d. pensione normale) nella misura di ,40, a decorrere dal 01 gennaio 1993, con aggiornata indennità di ausiliaria, e di ,13, a far tempo dal 01 gennaio Sul predetto trattamento normale era, altresì, applicato l aumento del decimo così come a suo tempo autorizzato dall Amministrazione attiva. Il citato decreto, pervenuto il 03 novembre 2005, era applicato dall INPDAP nel mese di gennaio 2006 e in termini operativi sulla rata di marzo successivo, con emersione, in ragione del conguaglio tra pensione provvisoria e definitiva, del credito erariale di ,02, la cui restituzione era intimata al ricorrente, con la comunicazione n.

4 /2005, del 07 marzo 2006 (la copia INPDAP per mero refuso reca la data del 20 marzo 2006), congiuntamente all importo di 752,99, pari alla metà dell Equo Indennizzo di 1.505,99, conferito al militare per le stesse infermità oggetto del privilegio (decreto n.765, del 02 giugno 1988). Le predette somme erano oggetto di recupero con ritenuta cautelare mensile di 436,74, per l indebito pensionistico e a decorrere dal mese di marzo 2006, e di 376,50, per l Equo indennizzo, dal 01 marzo al 30 aprile In seguito a domanda di più favorevole rateizzazione, del 20 marzo 2006, il rateo per l indebito pensionistico era ridotto a 247,60 dal maggio 2006 al febbraio Per completezza espositiva va evidenziato, inoltre, che il successivo decreto definitivo di privilegio, n.1174, del 31 luglio 2007, nel confermare l aumento del decimo, per pensione privilegiata ordinaria di 7^ categoria a decorrere dal 01 gennaio 1993 e da durare a vita, ribadiva l obbligo, ai sensi dell art.144, del D.P.R. n.1092/1973, per l Amministrazione previdenziale, di recuperare la metà dell Equo Indennizzo già conferito per le stesse infermità. Ad ogni buon conto con l applicazione di tale ultimo decreto, sulla rata di gennaio 2009, sono stati corrisposti in favore del militare 2.023,94 lordi, somma comprensiva degli accessori di legge. A fronte della predetta ingiunzione il ricorrente esperiva l odierno gravame in cui rivendicava l irripetibilità delle somme erogate in più in

5 5 base al principio di settore contenuto nell art. 206, del D.P.R. n.1092/1973. Richiamava, al riguardo, la sentenza n.7/2007/qm, del 07 agosto 2007, delle Sezioni Riunite di questa Corte, nella quale era evidenziato che l art.162 del T.U. n.1092/1973, afferente la corresponsione del trattamento provvisorio, doveva essere interpretato nell ambito della sopravvenuta legge n.241/1990, per cui < decorso il termine posto per l emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, non può più effettuarsi il recupero dell indebito, per il consolidarsi della situazione esistente, fondato sull affidamento riposto nell amministrazione>. Nel caso di specie, l intervallo protrattosi per oltre un decennio tra la determinazione provvisoria e quella definitiva del trattamento di pensione indubbiamente travalicava i naturali confini temporali entro cui l Amministrazione era tenuta a procedere. Osservava, il patrono dell attore, che in ragione di tali principi, il proprio assistito aveva titolo < al mantenimento del trattamento di pensione nella misura goduta prima dell applicazione della nota INPDAP n.10427/2005, del 07 marzo 2006, e salvi i successivi eventuali miglioramenti con diritto alla restituzione delle somme ritenute maggiorate di interessi e rivalutazione>. Evidenziava, quindi, la violazione degli artt. 2 e 3 della legge n.241/1990. Concludeva per l annullamento del provvedimento impugnato e di tutti gli altri precedenti e/o conseguenti, per il ripristino della pensione così come fruita sino alla data dell atto di recupero, in ragione di quanto statuito

6 6 dalla sentenza n.7/2007/qm, per la restituzione di quanto trattenuto, maggiorato di rivalutazione e interessi di legge, e per la rifusione delle spese. Con memoria, prodotta il 26 febbraio 2009 unitamente alla pertinente documentazione, si costituiva in giudizio l I.N.P.D.A.P., sede provinciale di Treviso, che, in via preliminare, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva ai sensi e per gli effetti dell art. 100 c.p.c., richiedendo, nel contempo, l integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Difesa. In via principale di merito instava per il rigetto del ricorso, poiché infondato in fatto e in diritto, con declaratoria dell obbligo del ricorrente di restituire il debito accertato; in subordine chiedeva che fossero fatti salvi gli effetti della prescrizione quinquennale, con riconoscimento del Ministero della Difesa quale unico obbligato a rifondere il debito dichiarato non ripetibile, non essendo esso Istituto concorso nell erronea liquidazione della pensione. Al riguardo l Amministrazione previdenziale osservava come su di essa incombeva l obbligo del recupero, delle somme indebitamente corrisposte al pensionato, a seguito della determinazione del trattamento pensionistico definitivo, ripetizione evincibile dall art. 162 del D.P.R. n.1092/1973 e non esplicitamente esclusa da alcuna norma. Osservava che l unica disposizione che escludeva il recupero delle somme versate in eccesso era l art. 206 del T.U. n.1092/1973, che però non trovava applicazione per le ipotesi di maggiori somme percepite su trattamento provvisorio, norma avente carattere eccezionale e derogatorio non

7 7 suscettibile d interpretazione analogica. Nel caso di specie, continuava ancora l INPDAP, non sussisteva la possibilità per il giudice di attribuire rilievo alla buona fede del percettore delle somme erroneamente corrisposte, < tanto più che nel caso in questione, il ricorrente era perfettamente consapevole della situazione provvisoria ed evolutiva del proprio trattamento pensionistico per effetto della posizione di ausiliaria in cui si è trovato sino al 01 gennaio 1998>. L Amministrazione convenuta ribadiva, alla luce anche della giurisprudenza richiamata nella memoria a difesa, l applicazione del principio civilistico sulla ripetibilità dell indebito oggettivo, di cui all art c.c. anche nei rapporti pensionistici, mentre nei casi in cui il ritardo della P.A., nell emanare il provvedimento definitivo di pensione, superava i limiti previsti dai regolamenti particolari emanati al riguardo, rilevava come il pensionato poteva attivare gli strumenti giurisdizionali a fronte dell inerzia (nella specie diffida e denuncia per omissione di atti d ufficio), con conseguente pagamento di interessi e di rivalutazione per la tardiva erogazione di arretrati. Onde il richiamo alla sentenza n.7/qm/2007, delle Sezioni Riunite, andava circoscritto entro limiti precisi e, comunque, la normativa vigente nulla aveva innovato in ordine al recupero degli indebiti. L INPDAP osservava, ancora, che per il pensionamento del personale delle Forze Armate non aveva e non ha a tutt oggi alcuna competenza in materia, limitandosi a dare attuazione ai provvedimenti adottati dalle Amministrazioni di appartenenza degli interessati: per cui trattandosi di un ricorso teso all annullamento di un atto conseguente e connesso

8 8 all atto principale corrispondente al provvedimento emesso dal Ministero della Difesa, riteneva di dover eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva. E ove ciò era negato instava per l integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Difesa < al fine di produrre l eventuale dichiarazione resa dal ricorrente, all atto del pensionamento, ai sensi dell art.172, della legge n. 312/1980, d impegno a restituire eventuali maggiori somme corrisposte sul trattamento provvisorio>. Ribadiva, quindi, con riguardo alla richiesta di ripristino del trattamento di pensione in godimento prima della liquidazione definitiva di cui al decreto n.942, < che nessuna normativa né orientamento giurisprudenziale ha mai riconosciuto il diritto a riscuotere emolumenti a carico dello Stato o Istituto previdenziale, in difetto di idoneo atto giuridico/amministrativo valido ai sensi di legge, perpetuando l erroneo calcolo del trattamento provvisorio di pensione e stabilizzando così una situazione di indebito arricchimento >. Infine, in via del tutto subordinata, rilevava che gli importi trattenuti, nella denegata ipotesi di restituzione, non andavano maggiorati di accessori trattandosi pur sempre di somme indebite. Con memoria conclusionale, del 02 marzo 2009, parte ricorrente, nel replicare al difetto di legittimazione passiva denunciato dall INPDAP e nel richiamare a sostegno il contenuto di alcune decisioni di questo Istituto, ribadiva le ragioni per l accoglimento della domanda. Infine, con nota integrativa, in fascicolo al 06 marzo 2009, l Amministrazione resistente produceva dichiarazione, rilasciata dal

9 9 predetto sottufficiale al Servizio Certificativo del Battaglione Logistico di Manovra <Euganeo> dell Esercito Italiano nell imminenza del collocamento a riposo, ossia in data 25 novembre 1992, con la quale lo stesso autorizzava l Istituzione Militare < a trattenere tutte le somme che in sede di attribuzione del trattamento provvisorio di quiescenza gli dovessero venire corrisposte indebitamente. Quanto sopra anche nel caso in cui dovesse emergere un debito verso l Erario per somme percepite in più presso l Ente di provenienza>. Alla pubblica udienza odierna, presente, per il ricorrente, l avv. Alessandro Sartore Caleca, che insisteva per l accoglimento del ricorso, per l I.N.P.D.A.P. il dott. Mauro Dal Corso, nel riportarsi agli scritti defensionali in atti, avversava le suddette conclusioni, la causa, ritenuta matura, era trattenuta e decisa come da dispositivo in calce, pubblicamente letto ex art. 5, della legge n. 205/2000, depositato al termine dell udienza in allegato al relativo verbale, a disposizione delle parti come da vigente normativa. Ritenuto in DIRITTO In via pregiudiziale di rito, la Sezione è chiamata a scrutinare l eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall I.N.P.D.A.P., in considerazione del ruolo di ordinatore secondario di spesa tenuto dallo stesso nella vicenda di causa. Al riguardo va precisato che a seguito dell emanazione del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.479, che ha istituito l I.N.P.D.A.P. (art.4), e della legge 08 agosto1995 n.335 (art.2), che ha attribuito all Istituto la

10 10 gestione separata dei trattamenti pensionistici del personale delle Amministrazioni statali, l Ente previdenziale, con decorrenza 01 ottobre 2005, ha assunto la competenza a liquidare ed erogare i trattamenti pensionistici anche di tale ultimo personale con l eccezione degli appartenenti alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia ad ordinamento militare gestiti ancora oggi dagli enti di appartenenza (cfr. circolare INPDAP n.67, del 16 dicembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.32, del 27 dicembre 2004). Ne discende, quindi, che la competenza a emanare il trattamento definitivo dell odierno ricorrente, Sottufficiale dell E.I., è, in via esclusiva, dell Amministrazione Militare, mentre all INPDAP spetta l effettivo pagamento delle somme previste dai provvedimenti in questione. Precedentemente a tale data (01 ottobre 2005), per i dipendenti civili, le Amministrazioni statali, così come disposto dal comma 3, dell art.2, della legge n.335/1995, in attesa della definizione dell assetto organizzativo necessario a far fronte ai compiti affidati all INPDAP, hanno continuato ad espletare, in regime convenzionale, le attività connesse alla liquidazione dei trattamenti di quiescenza (quali competenze proprie e non delegate), mentre, come detto, ciò avviene senza soluzione di continuità per i dipendenti militari dello Stato, per i quali l Istituto si limita a dare attuazione ai provvedimenti adottati dalle rispettive amministrazioni di appartenenza. Orbene, nell ipotesi di causa l Amministrazione della Difesa non solo aveva ottemperato, pur se come vedremo in violazione dei termini procedimentali previsti in materia, alle proprie incombenze liquidando i

11 11 provvedimenti di pensione provvisoria e definitiva, ma aveva trasmesso, altresì, all Ente pagatore l integrale documentazione a supporto per operare un corretto conguaglio, a credito o a debito, sul trattamento fruito dal pensionato. E tale documentazione, versata nel fascicolo processuale, non essendo in contestazione il merito del provvedimento definitivo di pensione, per il quale non sono in discussione le prerogative dell Amministrazione datrice di lavoro (in questo caso sì da evocare in giudizio), ma solo l indebito, tout court, da esso scaturito (anche se come di seguito verrà evidenziato a parere del ricorrente, non supportato da indicazioni normative e da orientamenti giurisprudenziali, l irripetibilità darebbe luogo ad una sorta di ripristino del trattamento pensionistico originario), è da ritenere adeguata e sufficiente per valutare la pretesa rivendicata ai fini del giusto decidere. Pertanto, la Corte, ravvisa in fattispecie un concreto interesse a contraddire, ex art 100 c.p.c., in capo all INPDAP, sia in quanto esclusivo soggetto promotore, per previsione normativa, della relativa procedura recuperatoria, sia per i conseguenti propri adempimenti che scaturirebbero da un eventuale accoglimento della domanda di irripetibilità dell indebito. E il prevalente ruolo rivestito dall Ente previdenziale nella vicenda di causa, con piena legittimazione passiva, esclude, altresì, che la Sezione possa favorevolmente valutare l espressa richiesta d integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Difesa, da ritenere non ammissibile oltre che ultronea ai fini dell odierno decidere.

12 12 E ciò perché non può negarsi che la stessa, non mirando la domanda attorea a contestare il decreto definitivo di pensione, sia finalizzata a regolare i rapporti obbligatori, così come precisato nelle conclusioni della memoria INPDAP, del 20 febbraio 2009 (pag. 08 in cui si formula una domanda riconvenzionale), correnti tra l Istituto previdenziale e la predetta Amministrazione, per i quali difetta la giurisdizione di questa Corte. Infatti, è da precisare che mentre è devoluta alla Corte dei Conti sia l azione del privato avente ad oggetto l accertamento del diritto all an ed al quantum di pensione, che l azione di recupero intrapresa dall Amministrazione Previdenziale e quella di rivalsa nei confronti del pensionato ex CPDEL, disposta da parte dell Ente datore di lavoro il quale abbia rifuso l indebito predetto all Ente previdenziale (cfr. Corte di Cassazione SS.UU., sentenza n. 920/1999, e Corte dei Conti Sezione Lombardia sent. n.442/2005, Sezione Veneto, sent. n.584/2006 e n.628/2007), rimane, invece, estranea alla giurisdizione contabile la controversia sull esistenza o meno dell obbligo, ovvero la determinazione della misura della sua eventuale sussistenza, dell Ente di appartenenza del pensionato, o di altri Uffici, di rifondere all Amministrazione Previdenziale l importo indebitamente erogato, per effetto di errore contenuto negli atti di liquidazione del trattamento di quiescenza. In tale fattispecie, la domanda giudiziale attiene a un rapporto obbligatorio distinto da quello pensionistico e sorgente tra soggetti diversi dal pensionato ed in base ad un titolo ed a presupposti differenti(ex multis Corte dei Conti Sezione III, sent. n. 62/2000, n.198/2000, Sezione Sicilia

13 13 sent. n. 1235/2003, id. Sezione Lazio, sent. n. 547/2004). Così come compiutamente evidenziato dalla Sezione III centrale d appello il < difetto di giurisdizione appare giustificato dal fatto che le parti processuali in senso formale e sostanziale sono soggetti che, in questa specifica fase, nulla hanno a che vedere con la determinazione di un trattamento di pensione (omissis) controvertendo tra loro soltanto in ordine all individuazione del soggetto cui dovranno essere addossate le responsabilità di un versamento erariale ritenuto conseguenza (omissis) di errori imputabili all Amministrazione di appartenenza ovvero all Ente liquidatore del trattamento di pensione>(cfr. Corte dei Conti, Sezione III, sentt. n.62/2000 e n.24/2005). Con riguardo, infine, all argomentazione motiva dell Istituto, tendente a giustificare l evocazione in giudizio del Ministero della Difesa con la possibilità che lo stesso possa fornire < l eventuale dichiarazione resa dal ricorrente all atto del pensionamento ai sensi dell art.172 della legge n.312/1980, di impegno a restituire eventuali maggiori somme corrisposte sul trattamento provvisorio>, non può seguirsi il ragionamento dell INPDAP, atteso che è suo preciso onere dimostrare i fatti su cui la relativa eccezione si fonda (ex art.2697 c.c.), eventualmente anche attraverso l attivazione di idonee forme, preliminari e preprocessuali, di collaborazione con il dicastero della Difesa, onere che, come vedremo in seguito e in adesione all interpretazione fornita da questo Giudice, è stato adempiuto dall INPDAP con la produzione documentale del 06 marzo In sostanza la chiamata in giudizio di un terzo soggetto (Ministero della

14 14 Difesa), non può trovare piena legittimazione solo nel ruolo formale attribuito allo stesso in termini di <certificatore notarile> della completezza della documentazione, ma deve, altresì, essere supportata dalla titolarità, in relazione all emerso e contestato indebito, di una posizione sostanzialmente pregnante sulla quale devono poter incidere, efficacemente, le statuizioni dell odierna sentenza, cosa che nella fattispecie di causa, anche per le considerazioni sopra formulate in tema di obbligo di rifondere il debito da parte dell Istituzione militare e per la sussistenza in atti dei decreti di pensione tutti, non è dato rilevare. Ciò chiarito, sempre in sede pregiudiziale ma gradata, va rilevato che le conclusioni del ricorrente in termini di annullamento del provvedimento n.10427/2005, del 07 marzo 2006 (quello prodotto in atti dall INPDAP reca invece e per mero refuso la data del 20 marzo 2006) inducono ad ulteriori riflessioni, giacché l irripetibilità pretesa è rivolta all intera cifra in esso riportata, comprensiva della somma di 752,99 costituente la metà dell Equo Indennizzo. Attesa l inequivoca formulazione di parte attorea, la Sezione deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione con riguardo alla richiesta d inesigibilità delle somme recuperate a titolo di equo indennizzo e pari a 752,99: nella specie, come imposto dalla vigente normativa, ossia art. 144, del T.U. n.1092/1973, ripetute nella misura del 50 per cento, di quanto a suo tempo attribuito al M.M. Aiutante G. F. ( 1.505,99 con Decreto n.765, del 02 giugno 1988), in ragione del conferimento di pensione di privilegio per le stesse infermità. E, invero, si tratta di un beneficio economico fondato sulla protezione del

15 15 rischio professionale, destinato ai dipendenti legati da rapporto d impiego con una Pubblica Amministrazione, che avevano riportato infermità o lesioni riconosciute dipendenti da causa di servizio. Ora, trattandosi di un emolumento connesso allo status giuridico ed economico del pubblico dipendente, da cui ripete il proprio titolo immediato, come tale rientrava, per il personale militare come nell ipotesi di causa, nella giurisdizione del Giudice Amministrativo, proprio perché la relativa questione era estranea all an e al quantum debeatur di pensione per i quali, così come previsto dagli artt. 13 e 62, del R.D. 12 luglio 1934, n.1214, sussisteva, invece, la Giurisdizione della Corte dei Conti (cfr. Corte dei Conti, Sezione III, sent. n.71142, del 28 aprile 1994, Sezione Sardegna, sent. n.306/2002, id. Sezione Liguria, sent. n.517/2004, e Sezione Lazio, sent. n.713/2007). Infine, sempre in forma gradata, il Giudicante osserva che in fattispecie, contrariamente a quanto rivendicato da parte attorea in termini di accoglimento del ricorso previo annullamento del provvedimento denunciato e di tutti gli altri atti precedenti e/o conseguenti, la giurisdizione di questa Corte ha natura dichiarativa poiché tende all accertamento del diritto a pensione e nella misura di legge (rientrando nella cognizione della stessa anche le conseguenze in termini di recupero): in tale evenienza l atto o gli atti gravati sono degradati a meri presupposti processuali proprio perché la giurisdizione investe l intero rapporto. La pienezza di quest ultima consente, quindi, di conoscere di ogni aspetto del provvedimento impugnato (legittimità e merito) all unico scopo di

16 16 accertare il diritto soggettivo a pensione nella sua esatta misura con esclusione di pronunce a carattere caducatorio o annullatorio, estranee al potere ascrivibile alla Corte dei Conti. Fatta luce, quindi, sull ambito soggettivo e oggettivo, nel merito va detto che l odierna controversia riguarda la giuridica possibilità, per l Amministrazione Previdenziale, di ripetere o non somme di denaro corrisposte in più e non dovute, nella misura complessiva di ,02 sul trattamento provvisorio di pensione dell accipiens pensionato, dal 01 gennaio 1993 al 28 febbraio Ciò premesso, rileva questo Giudice come nel caso in esame non sono dirimenti le censure formali sollevate dal ricorrente, con riferimento all illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 241/1990, giacché, come sopra precisato, il giudizio pensionistico ha notoriamente per oggetto il rapporto obbligatorio di quiescenza nella sua globalità e non può, quindi, ridursi ad un mero sindacato sulla legittimità dei relativi atti. Con riguardo all inesigibilità del debito ingiunto, parte ricorrente sosteneva, invece, che la non ripetibilità era una conseguenza automatica della buona fede e dell affidamento ingenerato dal conferimento, per un lungo lasso di tempo, di un trattamento di quiescenza non esatto nel suo ammontare complessivo e non da ascrivere a proprie responsabilità: avendo, lo stesso, percepito per diverso tempo (oltre un decennio) l assegno provvisorio in misura maggiore, quindi oltre i termini procedimentali previsti per l emanazione del provvedimento definitivo, ciò era motivo per ritenere che quanto conferito fosse effettivamente dovuto.

17 17 Osservava, ancora, il patrono dell attore, che in ragione di tali principi, affermati dalle Sezioni Riunite di questo Istituto con la sentenza n. 7/2007/QM, il proprio assistito aveva titolo < al mantenimento del trattamento di pensione nella misura goduta prima dell applicazione della nota INPDAP n.10427/2005, del 07 marzo 2006, e salvi successivi eventuali miglioramenti con diritto alla restituzione delle somme ritenute maggiorate di interessi e rivalutazione>. L Amministrazione previdenziale, da parte sua, nell evidenziare il ruolo di ordinatore secondario di spesa assunto nella vicenda, avversava le predette conclusioni in conseguenza dell obbligo giuridico al recupero gravante sulla medesima, atteso che nel caso de quo l indebito era sorto da una pensione provvisoria in cui la ricorrenza della buona fede e dell affidamento non erano giuridicamente rilevanti, il decorso dei termini procedimentali non trasformava il provvedimento provvisorio in definitivo e, quindi, non era applicabile l art. 206, del D.P.R. n.1092/1973, bensì l art.2033 c.c., così come affermato in alcune sentenze di talune Sezioni Regionali. Per le ragioni e nei termini di seguito espressi, il ricorso si appalesa non fondato e, pertanto, non meritevole di accoglimento. Al riguardo è necessario, preliminarmente, inquadrare la fattispecie sotto l aspetto normativo disciplinare. L art del c.c. disciplina il c.d. pagamento non dovuto, poiché non supportato da idonea causa (ad es. solvendi, donandi), accordando al solvens la ripetizione di quanto pagato, indipendentemente da ogni altra considerazione relativa alla scusabilità dell errore ed alla buona fede

18 18 dell accipiens: ciò in ragione del fatto che il nostro Ordinamento non ammette l esecuzione di una prestazione non sorretta da giustificazione causale giuridicamente rilevante. La giurisprudenza ha poi introdotto, progressivamente, il principio della tutela dell affidamento ingenerato nel privato in buona fede, nel senso che la legittimità del provvedimento amministrativo, con cui si agiva per il recupero dell indebito, era valutata anche alla stregua di tale affidamento. Per altro verso, la non ripetizione delle somme pagate in più rispetto a quelle dovute, da parte di talune amministrazioni, trovava riscontro in proprie peculiari discipline, che attribuivano rilevanza all elemento psicologico del beneficiato. Tra tali normative, particolari e derogatorie al principio generale della ripetizione dell indebito, merita menzione, per il favorevole trattamento che ne conseguiva per i pensionati, l art. 206 del D.P.R del 1973, che stabiliva il principio dell irripetibilità dell indebito emergente a seguito di revoca o modifica del provvedimento definitivo di pensione, in assenza di fatto doloso dell interessato. La norma era autenticamente interpretata dal 1 comma, dell art. 3, della legge 428/1985, nel senso che il recupero era escluso quando, in presenza delle condizioni stabilite dagli artt. 204 e 205 del T.U. 1092/1973, il provvedimento definitivo di concessione o di riliquidazione di pensione veniva modificato o revocato da altra determinazione formale soggetta a registrazione. Analoga disciplina si rinviene nell ambito delle pensioni a carico dell Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), ove l art. 52, della legge n.88 del 1989, anch esso interpretato autenticamente dal Legislatore con

19 19 l art. 13, della legge 412 del 1991, precisava che la < sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all Ente erogatore >, fatto, comunque, salvo il caso di percezione dolosa. La suddetta disciplina, con riferimento all art. 52, della legge 88/1989, avente formulazione letterale e sostanziale identica all art. 206 del T.U del 1973, in termini di definitività del provvedimento di pensione, ha superato anche il vaglio di legittimità costituzionale, con la sentenza n.383, del 31 luglio 1990, del Giudice delle Leggi. Quest ultima affermava che < in altri termini, è sancita l irripetibilità delle somme erogate, sia che l errore sia caduto sull an, sia sul quantum. Unica condizione richiesta è quella della mancanza di dolo dell interessato La suddetta interpretazione è adeguatrice ai precetti costituzionali, ponendo su un piano di parità il trattamento dei pensionati INPS e quello dei pensionati ex dipendenti pubblici >. Ne conseguiva, quindi, che l Amministrazione attiva dell interessato e l Ente previdenziale, nei casi previsti, potevano revocare o modificare, quale espressione del loro potere di autotutela, un provvedimento definitivo di pensione, alla presenza di errore di fatto in cui le stesse fossero incorse in sede di liquidazione del trattamento di quiescenza, con conseguente irripetibilità delle somme in più corrisposte, in assenza di dolo dell interessato. Ora, la normativa vigente, in specie l art.162 del D.P.R. 1092/1973, nel testo modificato dall art. 7 del D.P.R.138/1986, per i dipendenti delle

20 20 Amministrazioni Statali, ha previsto, altresì, l attribuzione, in favore dell interessato e nelle more dell emanazione del provvedimento definitivo, di trattamento provvisorio di pensione. La succitata disciplina prevedeva, inoltre, che qualora l importo della pensione definitiva risultante dal decreto di concessione registrato alla Corte dei Conti non fosse uguale a quello attribuito in via provvisoria, la direzione provinciale del tesoro doveva provvedere alle necessarie variazioni, facendo luogo al conguaglio a credito o a debito. Con chiarezza, non sempre agevolmente riscontrabile nel risultato del procedimento normativo, emergeva l esistenza di un dovere giuridico, in capo all Amministrazione, di verificare la sussistenza dei presupposti per operare un conguaglio a debito o a credito sulle poste di pensione, una volta intervenuto il provvedimento definitivo di quiescenza. Ciononostante, le lunghe dilazioni temporali che, sopra tutto per il passato, informavano il procedimento amministrativo pensionistico, hanno sollevato, da un punto di vista interpretativo, il problema della estensione analogica dell art. 206 del T.U. 1092/1973, in tema di irripetibilità di indebito derivante da pensione, quando si era in presenza di revoca o di modifica di decreti di liquidazione provvisoria di pensione, come nel caso che ci riguarda, accompagnata dalla sussistenza di determinate condizioni, quali la buona fede del percettore e la tardività del provvedimento che aveva fatto emergere l indebito. Ora pare ragionevole ritenere che la <ratio> della norma che prevedeva la irripetibilità delle somme corrisposte in più (art. 206 T.U. n.1092/1973) fosse da rinvenire nell affidamento che ingenerava, nel pensionato, la

21 21 concessione del trattamento definitivo di pensione e nella sua buona fede nel percepire somme che la stessa Amministrazione riconosceva definitivamente dovute. Secondo la più autorevole giurisprudenza, seguita anche da questo Giudicante, l'affidamento <dell'accipiens> era ammissibile soltanto con riferimento all'esistenza di una determinazione finale che avesse carattere di definitività, per cui doveva ritenersi che al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 205 e 206 del T.U., conseguenti a provvedimenti di revoca o modifica di pensioni definitive, che avevano carattere eccezionale e derogatorio e non erano suscettibili d interpretazione analogica, non sussisteva la possibilità per il giudice di attribuire rilievo alla buona fede del percettore per somme erroneamente corrisposte dall'amministrazione su trattamenti provvisori (Corte dei conti, Sezioni Riunite, 14 gennaio 1999, n. 1/QM; id. Corte dei conti, Sezione 2^, 10 luglio 2002, n. 228). Tuttavia, giova rammentare che, secondo quanto ritenuto dalla stessa Corte Costituzionale, nel settore previdenziale sembra essersi affermato un principio di settore secondo il quale <...diversamente dalla generale regola codicistica di incondizionata ripetibilità dell'indebito, trova applicazione la diversa regola, propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione in presenza di una situazione di fatto...avente come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta> (Corte cost., sent. n. 166, del 24 maggio 1996, ma anche sentenze n.431, del 14 dicembre 1993, e n. 240, del 10 giugno 1994).

22 22 In ragione di tale principio, parte della giurisprudenza contabile, soprattutto di primo grado, ha affermato, in più occasioni, che l erroneità nell erogazione di somme non dovute non legittima l'azione di recupero da parte dell'ente previdenziale nei confronti del pensionato quando questi le abbia riscosse in buona fede e sia trascorso un tempo così lungo da indurre nel percipiente il ragionevole pensiero che le somme risultassero effettivamente dovute (Corte dei conti, Sezione Piemonte, sent. n.1590, del 15 settembre 2003, id, 28 ottobre 2003, n. 1834; Sez. giurisdizionale Sicilia, sent. n.1, del 2 gennaio 2004). Ora non vi è chi non veda come il sistema normativo, che prevede l'irripetibilità delle sole somme erogate al pensionato in forza del trattamento pensionistico definitivo, appare legittimo, ragionevole e sostenibile solo se il lasso di tempo che intercorre tra la concessione del trattamento provvisorio e l'erogazione di quello definitivo è contenuto e tale da non indurre in errore il percipiente di buona fede che faccia affidamento sulla pensione per il soddisfacimento delle sue esigenze di vita. Al riguardo, infatti, era bene precisare che dal momento del collocamento a riposo del lavoratore si apre il procedimento amministrativo di concessione del trattamento pensionistico, che comportava l'accertamento del diritto al trattamento stesso e la determinazione del suo ammontare. Riguardo a tali adempimenti l'art. 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) stabiliva che ogni amministrazione doveva determinare il termine entro il quale ogni procedimento doveva

23 23 concludersi, a meno che il termine stesso fosse già determinato dalla legge e che in mancanza di determinazioni dell'amministrazione il procedimento doveva concludersi entro trenta giorni, ora novanta, così come disposto dall art. 3, commi 6^ bis e 6^ quater, del d.l. 14 marzo 2005, n.35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n.80, che ha innovato il succitato articolo 2. Si trattava di un principio di civiltà giuridica diretto a favorire l'efficienza dell'azione amministrativa e ad evitare che l'incertezza delle situazioni giuridiche si prolungasse indefinitamente, con danno sia per l'amministrazione che, soprattutto, per il cittadino. Deve, quindi, ritenersi, anche per evitare censure di violazione degli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione, che nell'ordinamento esista una norma generale che impone all'amministrazione di appartenenza del pensionato ed all'ente previdenziale di concludere in tempi brevi e ragionevoli il procedimento per la concessione del trattamento definitivo di pensione e che qualora tale termine venga superato non può onerarsi, il pensionato in buona fede, dell eventuale recupero di somme costituitesi sul trattamento provvisorio ma emergenti in sede di conguaglio con il trattamento definitivo, effettuato a notevole distanza temporale, nel caso di specie dopo quasi tredici anni (lotto di lavorazione di gennaio 2006 applicato sul rateo di marzo successivo). Così posta la questione appare evidente che ogni qualvolta l'ente previdenziale pretenda dal pensionato la ripetizione di somme occorre verificare se si è in presenza di un indebito in senso proprio ovvero se, a causa dell'inerzia dell'amministrazione che ha protratto indefinitamente

24 24 un procedimento, il diritto al mantenimento delle maggiori somme percepite si è consolidato nel percipiente. Nel primo caso gli Enti potranno ripetere le somme erroneamente corrisposte secondo le normali regole civilistiche, nel caso di specie troverà applicazione l art c.c. quale norma di chiusura, operante nei casi non soggetti a discipline speciali; nella seconda ipotesi non potrà farsi luogo alla ripetizione perché, in buona fede, il pensionato è legittimato a ritenere che il procedimento per la concessione del trattamento pensionistico si sia ormai concluso e che, pertanto, l'importo percepito sia definitivo. Tali considerazioni hanno trovato conferma nell Autorevole pronuncia, costituzionalmente orientata, delle Sezioni Riunite di questo Istituto, n.7/qm/2007, dell 11 luglio 07 agosto 2007, la quale, risolvendo talune questioni di massima, tutte riferibili alla problematica relativa alla ripetibilità o meno dell indebito corrisposto a titolo di trattamento pensionistico provvisorio, ha statuito che: <...in assenza di dolo dell interessato, il disposto contenuto nell art. 162, del D.P.R. n.1092 del 1973, concernente il recupero dell indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio, deve interpretarsi nell ambito della disciplina sopravvenuta contenuta nella legge n. 241 del 1990, per cui, a decorrere dall entrata in vigore di detta legge n. 241 del 1990, decorso il termine posto per l emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, non può più effettuarsi il recupero dell indebito, per il consolidarsi della situazione esistente, fondato sull affidamento riposto nell amministrazione>.

25 25 Ciò comportava, a parere di questo Giudicante, non una deroga al principio dell esigibilità dell indebito costituitosi sul trattamento provvisorio di pensione, ma una conferma del principio di settore riguardante l irripetibilità di maggiori somme percepite in buona fede solo su pensione definitiva, giacché dal combinato disposto della richiamata normativa in tema di pensione provvisoria e della disciplina sopravvenuta di cui alla legge n.241/1990, derivava la trasformazione del provvedimento provvisorio in definitivo qualora quest ultimo non fosse stato emanato nei termini legali o regolamentari disciplinanti la materia. Soggiungeva, al riguardo, l Autorevole Giudice che: <Il termine di legge o regolamentare amministrativo entro il quale l Amministrazione deve procedere all emissione del provvedimento definitivo di quiescenza assume dunque - atteso l inequivoco dettato normativo relativo alla contestualità dell emissione del provvedimento di pensione definitiva e dell eventuale, conseguente conguaglio - portata identificativa del connesso limite temporale da ritenersi sussistente per l eventuale esercizio legittimo del potere recuperatorio destinato a incidere sfavorevolmente sull assetto economico del percettore...alla scadenza del predetto limite temporale non si può dunque ravvisare alcuna ulteriore possibilità di esercizio del potere di recupero, e ciò nella considerazione che i limiti temporali fissati nella subiecta materia sono previsti a tutela (e non già a discapito) degli interessi privati coinvolti nel procedimento e operano come limite esterno destinato a segnare il discrimine tra esercizio dinamicamente legittimo del potere restrittivo da parte

26 26 dell Amministrazione e il sopravvenire della preclusiva carenza del potere stesso>. Naturalmente l individuazione del limite temporale per l emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, decorso il quale non poteva più effettuarsi il recupero dell indebito, era rimesso all accertamento ed alla valutazione del Giudice di merito, così come precisato nella succitata sentenza, che limitava l operatività <...della...pronuncia di massima solo per le fattispecie successive alla data di entrata in vigore della richiamata legge 07 agosto 1990 n.241>. Ad avviso di questo Giudice per <fattispecie successive> devono, comunque, intendersi non solo i casi in cui il soggetto era stato collocato in quiescenza, con attribuzione del relativo trattamento provvisorio, dopo l entrata in vigore della legge n. 241/1990, ma anche quelle ipotesi in cui il lavoratore era stato collocato a riposo prima del varo della succitata legge (pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 18 agosto 1990), ma il provvedimento di liquidazione definitiva, naturale conclusione del procedimento amministrativo pensionistico, era stato emanato sotto il regime della medesima disciplina, che imponeva, come detto, alle Amministrazioni Pubbliche di definire i procedimenti entro un termine congruo e razionale. In sintesi, la mancanza di una norma che indichi il termine entro il quale il procedimento deve concludersi non implica che al procedimento stesso non sia applicabile alcun termine e che l'amministrazione possa protrarlo indefinitamente senza giungere alla sua conclusione.

27 27 <In buona sostanza l entrata in vigore delle disposizioni di cui alla legge n.241 del 1990 quali integrate dalle disposizioni di legge e regolamentari ex art. 2 della legge stessa ha innovato non tanto con riguardo all obbligo già esistente - di portare a compimento atti dovuti, quanto rispetto alle modalità stesse dell adempimento, per le quali ora vige il dovere di adottare un provvedimento espresso entro il termine univocamente applicabile. Tale innovazione, per quel che qui rileva, è destinata a tutelare i pensionati destinatari dell azione della pubblica amministrazione, i quali da un lato possono ora riporre un affidamento qualificato nella durata dei procedimenti che li riguardano, e, dall altro, possono immediatamente far valere le conseguenze dell inadempimento per superamento del termine prefissato, dovendo peraltro escludersi nella subiecta materia la necessità di previa diffida per contrastare l inadempimento, in quanto nella fattispecie si fanno valere diritti soggettivi non subordinati all adozione di un provvedimento costitutivo dell Amministrazione..., fermo restando la diversa e autonoma problematica relativa alle modalità per accertare e far valere, anche facendo ricorso alle modalità già sommariamente indicate con la sentenza di queste Sezioni Riunite n.1/qm del 1999 ( diffida ex legge n.241 del 1990 e/o denuncia di omissione di atti d ufficio), eventuali responsabilità in ordine al ritardo e/o all omissione del provvedimento di liquidazione della pensione definitiva...>.(corte dei Conti, SS.RR. sent. n.7/2007/qm). In tal modo il Giudice delle Questioni di Massima, con funzione nomofilattica, ha chiarito che il superamento del termine, di legge o

28 28 regolamentare, entro il quale la P.A. previdenziale deve procedere all emissione del provvedimento definitivo di pensione, <...assume...portata identificativa del connesso limite temporale da ritenersi sussistente per l eventuale esercizio legittimo del potere recuperatorio destinato ad incidere sfavorevolmente sull assetto economico del percettore>. A ciò, inoltre, era da aggiungere, come enunciato con chiaro argomentare dalle Sezioni Riunite, che limitare la tutela del pensionato alla mera applicabilità, in materia di recupero di un indebito tardivo e/o abnorme, delle norme sulla prescrizione decennale, <...non soddisfa l esigenza di pervenire ad una soluzione costituzionalmente orientata e coerente con il complessivo quadro normativo vigente e applicabile...>. Nell ipotesi di causa il ricorrente era cessato dal servizio permanente effettivo il 31 dicembre 1992, quindi nella piena vigenza della legge 07 agosto 1990 n.241: da tale momento, di norma, decorrono i termini entro i quali concludere il procedimento amministrativo pensionistico. Si è detto di norma, giacché per i militari, come in fattispecie, i termini regolamentari o di legge entro i quali ultimare il procedimento pensionistico dovevano tenere conto del tempo che gli stessi trascorrevano nella posizione di ausiliaria e che non consentiva, prima del transito nella riserva, la liquidazione della pensione definitiva. Di fatto l Aiutante G. F., cessato dal servizio permanente effettivo il 31 dicembre 1992, collocato in ausiliaria il 1 gennaio 1993, è transitato nella riserva assoluta a far tempo dal 01 gennaio 1998: quindi è solo da tale momento che può essere utilmente avviato lo specifico procedimento

29 29 amministrativo per la concessione del trattamento definitivo, da concludere nei termini previsti e comportante l accertamento del diritto al trattamento stesso e la determinazione dell ammontare esatto della pensione. Con riguardo ai termini in questione il Decreto Ministeriale 16 settembre 1993, n.603 (Regolamento recante disposizioni di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 07 agosto 1990, n.241, nell ambito dell Amministrazione della Difesa), ha disposto che il procedimento di quiescenza doveva essere ultimato entro 330 giorni, periodo che il successivo decreto, 8 agosto 1996, n.690 (recante Disposizioni di attuazione degli artt. 2 e 4 della legge 07 agosto 1990, n. 241, nell ambito degli Enti, dei distaccamenti, dei reparti dell Esercito, della Marina, dell Aeronautica nonché quelli di carattere interforze), disciplinava, nelle tabelle allegate, in 180 giorni, poi uniformato interpretativamente (anche in esito a rilievi delle Sezioni Controllo di questa Corte) in 330, per il conferimento della pensione definitiva ordinaria diretta (c.d. pensione normale), che è poi quella che interessa giacché l eventuale privilegio è conferito, di norma, nella misura del decimo:quindi ciò che può determinare un indebito nella maggior parte dei casi è solo la variazione, in termine deteriori, del trattamento normale. In seguito, il decreto legge n. 79, del 28 marzo 1997, convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, all art.3 ha previsto che <Il trattamento pensionistico dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all art.1, comma 2, del decreto legislativo 03 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, compresi quelli di cui ai commi 4

30 30 e 5 dell art. 2 dello stesso decreto legislativo (ora art. 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165) è corrisposto in via definitiva entro il mese successivo alla cessazione dal servizio > (comma 1), almeno con riferimento alle fattispecie di collocamento a riposo a domanda (dimissioni) o a seguito di destituzione, così come emergente dal comma 5 dello stesso articolo (cfr. Sezione Centrale di Controllo di Legittimità, delib. n.8, del 14 luglio 2004). Anche l INPDAP provvedeva, comunque, a indicare tali termini nella chiara e puntuale Circolare n. 31, del 17 maggio 1999, ove il tempo per l adozione del provvedimento definitivo era mutuato dai vari Decreti Ministeriali riguardanti la materia (cfr. DD.MM. n.304/1992, n.325/1997 e n.352/1998). E invero, con decorrenza 18 febbraio 1993, l INPDAP ha stabilito criteri temporali uniformi entro i quali concludere il procedimento pensionistico: nella specie 540 giorni per le cessazioni dal servizio avvenute a tutto il 31 dicembre 1991, 180 giorni per le cessazioni collocate tra il 01 gennaio 1992 e sino al 17 febbraio 1993, 120 giorni, per i collocamenti a riposo avvenuti tra il 18 febbraio 1993 ed il 28 marzo 1997, e 30 giorni, a far tempo dal 29 marzo 1997 in poi. Il superamento della predetta previsione temporale (330 giorni previsti dal Regolamento dell Amministrazione attiva qualora non si ritenga applicabile il termine legale di giorni 30, decorrente dal 01 gennaio 1998 di transito nella riserva) potrà conservare, comunque, la conformità a norma solo nella misura in cui lo stesso si presenti come ragionevole e congruo: in sintesi il tempo è funzione dell affidamento, inteso quale

31 31 situazione giuridica protetta dal protrarsi di esso oltre ogni ragionevole limite d incertezza (cfr. in senso conforme Consiglio di Stato, Sezione V, sent. n.1224, del 28 febbraio 2002, e Adunanza Plenaria, dec. n.20, del 12 dicembre 1992, nonché Corte dei Conti, Sezione Lombardia, sent. 309, del 29 aprile 2005). Nel caso che ci occupa il provvedimento provvisorio di quiescenza, composto da pensione e Indennità di ausiliaria (c.d. Assegno di Ausiliaria), maggiorato del decimo, risaliva al 1992, il transito nella riserva assoluta avveniva il 01 gennaio 1998, mentre il decreto definitivo di quiescenza era del 12 settembre 2005 (decreto n. 942), concretamente applicato dall INPDAP sulla rata di marzo 2006, quindi era intervenuto, di certo, oltre ogni ragionevole previsione (dopo oltre sette anni dal transito nella riserva ed applicato dopo ulteriori sei mesi), trasformando così il provvedimento provvisorio in definitivo. Ora, l avere emesso il provvedimento definitivo di pensione oltre i termini di legge o Regolamentari amministrativi, alla luce di quanto enunciato dalle Sezioni Riunite nella sentenza n. 7/2007/QM, non comportava il ripristino della pensione nella misura originariamente conferita, come dedotto da parte attorea (pag.6 del ricorso), ma solo la eventuale non ripetibilità delle somme erogate in più, anche se l effetto sostanziale, almeno sino alla rideterminazione della pensione (gennaio 2006), era identico. Tuttavia, la dilazione dei termini procedimentali non era sufficiente a determinare la non esigibilità delle somme versate in più ove non connotata (preceduta e accompagnata) dalla buona fede e

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