LA PESTE DA METAFORA DEL MALE A OCCASIONE DI RINASCITA Mauro Marabini

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1 SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di laurea in Beni culturali [L] LA PESTE DA METAFORA DEL MALE A OCCASIONE DI RINASCITA Tesi di laurea in BIO/08 ANTROPOLOGIA Relatore Prof. Giorgio Gruppioni Presentata da Mauro Marabini Correlatore Prof. Antonio Clemente Domenico Panaino III sessione Anno Accademico 2013/2014

2 La peste (dal latino pestis, "distruzione, rovina, epidemia") è una malattia infettiva acuta e molto grave causata da uno schizomicete, Yersinia pestis, che trova la sua riserva naturale nei Roditori (zoonosi), ma può colpire l'uomo (antropozoonosi), fino a determinare epidemie. L'infezione viene abitualmente trasmessa tra i Roditori e dai Roditori all'uomo da un ectoparassita ematofago: la pulce. Nel passato, le epidemie di peste diffuse in tutto il mondo (pandemia pestosa) hanno prodotto veri e propri genocidi, tanto da meritare la citazione nell'invocazione cristiana "Libera nos Domine a peste, a fame et bello" di Antonio Sebastiani, Giorgio Quaranta

3 INDICE 1. INTRODUZIONE Pag LA MALATTIA, LA CURA E LA PREVENZIONE Pag LA PESTE DA ATENE AI GIORNI NOSTRI Pag CONCLUSIONI Pag BIBLIOGRAFIA Pag. 61

4 1 INTRODUZIONE Perché la peste? Perché la peste è il simbolo del male e una fonte inesauribile di ispirazione per l arte e la letteratura? Perché la peste fra tutte le malattie ha avuto una forza così straordinaria da determinare cambiamenti radicali, momenti di rottura e di rinascita? Per secoli e ancor oggi il termine peste 2 viene associato ad ogni calamità vera o presunta. Non è solo una malattia del singolo individuo, ma coinvolge l intera comunità. La peste n'est pas la peste, elle est bien plus qu'une maladie. 3 Se l'uomo non ha inventato il tifo o il colera, ha però inventato la peste, vale a dire, l'idea di una piaga collettiva, che solo un unica azione collettiva può combattere. Quello che oggi chiamiamo epidemia e che per secoli l'occidente ha chiamato Peste colpisce una comunità in quanto tale, a differenza della malattia che colpisce l'individuo, a prescindere dalla appartenenza ad una comunità. 4 Per i greci il termine che definiva la pestilenza era loimos, 5 il flagello, la piaga. «non solo gli uomini, ma gli animali e la terra stessa, come fonte fertile di nutrimento, sono colpiti dal flagello. Ne deriva che, così intesa, la pestilenza presenta caratteristiche al di fuori della natura.» 6 Attraverso i contributi delle diverse discipline, che hanno rappresentato nella forma più varia il significato allegorico e morale della peste si può comprendere perché la peste sia un male antico dal significato moderno. La scienza medica, gli argomenti letterari e le rappresentazioni artistiche ci possono aiutare a spiegare l impatto degli eventi epidemici, il fascino della metafora e la dimensione culturale nel presente. «In tutte le società le malattie gravi spingono gli uomini e le donne a confrontarsi con la dimensione morale della vita è dovere e privilegio dell antropologia medica ridestare l attenzione verso l esperienza dell uomo, verso 2 Pestis in latino e Loimos in greco designavano in antichità un generico flagello di carattere epidemico; anche successivamente il termine pestis non perse questa valenza generica. In francese designava un infinità di morbi contagiosi; oggi il termine peste viene usato solamente in presenza della malattia specifica e del bacillo che la identifica (J. Ruffié, J. C. Sournia, Le epidemie nella storia, Roma 1986, p.85). 3 Florence Dupont, Pestes d'hier, pestes d'aujourd'hui, in «Histoire, économie et société», Vol. 3, N. 3-4, 1984, pp Si «l'homme n'a pas inventé la typhoide, la peste ou la choléra», en revanche il a inventé la Peste, c'est-à-dire la notion d'un fléau collectif que seule une action collective peut combattre. Ce que nous appelons aujourd'hui épidémie et que pendant des siècles l'occident a appelé Peste frappe une communauté en tant que telle à la différence de la maladie qui n'atteint que l'individu, indépendamment de son appartenance à une communauté. Florence Dupont, op. cit. 5 I greci associavano alla parola loimos, oltre al significato di peste, anche quello di carestia, dato che il contagio colpiva più duramente coloro che si trovavano sprovvisti di difese fisiologiche a causa di lunghi digiuni. I latini, invece, discesero la parola pestis da peius, ovvero peggiore, per indicare appunto la peggior malattia. 6 Raffaele Ghirardi, La febbre cattiva. Storia di un'epidemia e del suo passaggio per Mantova, s.l., Bruno Mondadori, 2013, p.2.

5 la sofferenza, il significato e l interpretazione, verso il ruolo della narrazione e della storicità, come pure verso il ruolo delle formazioni e delle istituzioni sociali» 7. La medicina ufficiale è stata per secoli sconfitta, smarrita su false piste e pregiudizi, dalla dottrina aerista di Ippocrate alle cause astrali di Avicenna. Giovanni Boccaccio nel Decameron (I giornata, Introduzione) così descrive l impotenza dei medici di allora: «a cura delle quali infermità né consiglio medico, né virtù di medicina alcuna pareva che valesse o facesse profitto: anzi, o che la natura del malora nol patisse, o che la ignoranza de medicanti (de quali grandissimo) non conoscesse da che si muovesse e, per conseguente, debito argomento non vi prendesse». Ben prima della nascita della microbiologia gli interventi di sanità pubblica promossi pragmaticamente dalle autorità attraverso gli uffici di sanità, i lazzaretti, l isolamento e la quarantena hanno avuto una certa efficacia. Le epidemie di peste così come i provvedimenti delle autorità (isolamenti, cordoni sanitari e bandi) hanno avuto grandi conseguenze sul commercio e l economia con enormi danni per alcuni e vantaggi per altri. Le carestie, gli sconvolgimenti sociali e le reazioni umane che accompagnavano la peste hanno provocato altre morti tanto da far dire che ne uccise più la paura che il contagio. Le grandi pandemie hanno stravolto la demografia di interi continenti, molte città hanno perso oltre la metà degli abitanti in ricorrenti epidemie. Le malattie epidemiche hanno avuto nella storia un importanza fondamentale secondo Jared Diamond. «I peggiori killer dell'umanità nella nostra storia recente (vaiolo, influenza, tubercolosi, malaria, peste, morbillo e colera) sono sette malattie evolutesi a partire da infezioni degli animali, anche se i microbi che le causano sono al giorno d'oggi esclusivamente caratteristici della specie umana. Poiché queste sono state le principali cause di morte per lungo tempo, sono anche state fattori decisivi nel corso della storia. Nelle guerre fino alla seconda mondiale, le epidemie facevano molte più vittime delle armi, e le cronache che esaltano la strategia dei grandi generali dimenticano una verità ben poco lusinghiera: gli eserciti vincitori non erano sempre quelli meglio armati e con i migliori strateghi, ma spesso quelli che diffondevano le peggiori malattie con cui infettare il nemico. L'esempio più tristemente famoso viene dalla conquista dell'america seguita al viaggio di Colombo del Gli indiani che caddero sotto le armi dei feroci conquistadores furono molto meno di quelli che rimasero vittime degli altrettanto feroci bacilli spagnoli.» 8 7 J. Byron Good. Narrare la malattia. Lo sguardo antropologico sul rapporto medico-paziente. Torino. Einaudi p. 39 (edizione originale: Medicine, Rationality and Experience: An Anthropological Perspective, Cambridge University Press, Cambridge 1994). 8 Jared Diamond, Armi, Acciaio e Malattie, Einaudi, Torino, 2006, p. 150.

6 La peste tra mitologia, arte e letteratura Dai dardi di Apollo ai flagelli biblici la peste ha avuto innumerevoli citazioni nei testi antichi e nella mitologia. Nella tradizione ebraico-cristiana la peste è la «giusta ira di Dio a nostra correzione mandata» (Boccaccio); è la pena per la degradazione e la corruzione di cui gli uomini si erano macchiati. Durante la peste nera la compagnia dei disciplinati di Cristo conobbe un nuovo vigore, prese il nome di movimento dei flagellanti e si diffuse con straordinaria rapidità ed intensità, in Italia, Francia, Svizzera, Germania, Ungheria, Boemia e Olanda, come pratica religiosa e mortificatrice, ma anche come mezzo attraverso cui ottenere da Dio la cessazione di catastrofi, guerre o epidemie. La peste come evento causato dalla volontà divina è però un concetto ancora più antico. «La peste compare nel proemio de l Iliade. Ancora non ha un nome proprio, ma quello generico di morbo maligno, e non è ancora considerata come una malattia causata da batteri in seguito a scarsa igiene e infezioni, ma è opera di un dio adirato con gli uomini. La peste è quindi in origine la collera di Dio, la punizione di Febo Apollo nei confronti di Agamennone; non ha un eziologia di natura organica, né sintomi precisi se non la morte, che colpisce dapprima gli animali e poi giunge tra gli uomini, essa esiste in quanto emanazione del divino, metafora della punizione.» 9 «Il figlio di Zeus e Latona; egli, irato col re, mala peste fe' nascer nel campo, la gente moriva, perché Crise l'atride trattò malamente.» 10 Anche Ovidio, quando narra della crudele pestilenza che si abbatté su Egina per volere di Giunone ricorre all interpretazione religiosa del morbo e pur nella presenza degli elementi tradizionali i sintomi sono irriconoscibili e si sono trasformati in veri e propri luoghi comuni. «Una terribile pestilenza, dovuta all ira di Giunone, spietata contro questa terra [...], si abbatté sulla popolazione. Finché parve un male naturale, finché era oscuro cosa nuocesse, quale fosse la causa dell immane sciagura, si combatté con le armi della medicina. Ma il flagello era tale che ogni soccorso era vano, e arrendersi bisognava. Da principio calò sulla terra una caligine spessa, opprimente; una cappa di nubi formò una morsa d afa spossante, e per tutto il tempo che la luna impiegò a colmare quattro volte il disco pieno, soffiò un caldo Austro dalle folate mortali. Risulta che l infezione si propagò anche alle fonti e ai laghi, e che molte migliaia di serpenti, errando per campi desolati, contaminarono i fiumi con i loro veleni.» 11 Nell Edipo 9 Roma, Università La Sapienza 24/01/2015. Seminario Prof. G. Massara, Intervento E. Gennaro. 10 Omero, Iliade, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Ovidio, Metamorfosi VII, ; trad. in prosa P. Bernardini Marzolla.

7 Re Sofocle parla di una pestilenza che tormenta la città di Tebe e l oracolo di Apollo, dice che causa di questa peste è Edipo che ha assassinato il re Laio. «E il dio del fuoco, il dio della febbre, la pestilenza nemica, si avventa sulla città e la devasta; e le case dei Cadmei si svuotano, e le nere vie dell Ade si riempiono di gemiti e di lamenti» 12 Charles François Jalabert, La peste di Tebe, XIX secolo, Marsiglia, Musée des Beaux Arts Se non è Dio che manda la peste, la responsabilità è di qualcun altro. In varie epoche l isterismo collettivo della folla manzoniana ha avuto bisogno di far ricadere la responsabilità di ogni tragedia su qualcuno, meglio se diverso, una psicosi collettiva culminata nell'individuazione di capri espiatori : gli ebrei, le streghe e gli untori. La peste diviene un motivo ricorrente nella letteratura occidentale; un topos letterario dove compare come relazione scientifica o come sfida alla ragione e ai timori della morte o come segno della fragilità dell uomo e metafora del male. La vastissima letteratura sulla peste va da Tucidide a Virgilio, da Ovidio al Leopardi; con Boccaccio una cornice che lega la trama, per Petrarca la causa della perdita dell amata, per Manzoni e Camus l argomento fondamentale e morale del romanzo. La peste è un argomento ricorrente nel cinema, talvolta tema escatologico come nel film Il settimo sigillo, di Ingmar Bergman (1956). 12 Sofocle, Edipo Re, vv , trad. Valgimigli.

8 Ingmar Bergman, Una scena del film Il Settimo Sigillo, Il cavaliere gioca a scacchi con la morte. Le opere di tema apocalittico o post apocalittico in cui si narra il contagio che annienta la civiltà umana hanno origine dalla letteratura sulla peste. Jack London scrive nel 1912 La peste scarlatta (The Scarlet Plague), un romanzo di fantascienza apocalittica, testo visionario in cui l'autore anticipa temi destinati ad avere larga diffusione nei decenni successivi. Oltre alla filmografia e alla narrativa, oggi sono ampiamente rappresentative del genere le serie televisive, i fumetti, l animazione e i video giochi. Anche i pittori, come gli scrittori e i cronisti, hanno raccontato il flagello in ogni suo aspetto e con modalità diverse. Nelle varie epoche la rappresentazione della peste ha assunto significati allegorici diversi, frutto di complesse elaborazioni intellettuali. Sono spesso rappresentati gli effetti che la peste produce sulla società e le persone. I Santi protettori San Rocco, San Sebastiano e San Cristoforo sono raffigurati in numerosissimi dipinti e le loro immagini presentano dopo la Peste Nera e nei secoli successivi inconfondibili richiami alla peste e ai suoi simboli. 13 La leggenda non comprovata di San Rocco e dei suoi miracoli di guarigioni risale alla Peste Nera. La storia di San Sebastiano è molto più antica, trafitto da frecce ricorda il patimento dei bubboni e i dardi di Apollo. San Cristoforo, ancora più antico, essendo stato decapitato è ritenuto protettore di tutti gli eventi acuti e quindi la peste che provoca una morte quasi improvvisa. 13 San Rocco presenta quasi sempre un bubbone inguinale, San Sebastiano è trafitto da frecce a ricordare i dardi di Apollo, nelle immagini più antiche di Ravenna e Roma non compaiono i segni del martirio.

9 Parmigianino, San Rocco e un donatore, Basilica di San Petronio, Bologna, 1527 S. Sebastiano, Processione dei martiri, VI sec., Chiesa di S. Apollinare Nuovo, Ravenna San Cristoforo Cinocefalo, icona bizantina nel Museo Bizantino e Cristiano di Atene. Dal 1300 si diffondo poi in tutta Europa i temi iconografici medievali del Trionfo della Morte, della Danza Macabra e dell Incontro tra i Tre Vivi e tra i Tre Morti ispirati a quel senso di caducità umana al termine di secoli di guerre, carestie e pestilenze. Il Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis a Palermo, 1445 La Signora del mondo, Oratorio dei Disciplini a Clusone, 1485 Incontro dei tre vivi e dei tre morti, Buonamico di Martino detto Buffalmacco, affreschi del Camposanto di Pisa ora al Museo delle Sinopie di Pisa,1330 Le conseguenze della peste sono talvolta antitetiche con risultati opposti di sovvertimento della morale. Invece del pentimento i ricchi «pensavano di dover godere rapidamente di ciò che avevano e di servirsene a lor piacere, considerando le loro vite e le loro ricchezze ugualmente effimere» (Tucidide, V sec. a.c.). Anche i poveri avendo improvvisamente a

10 disposizione i beni dei morti si davano ad eccessi nel mangiare e nel bere, comportamenti sessuali ritenuti fino allora immorali e il lusso nell'abbigliamento. «Vestendo le fanti e le vili femmine tutte le belle e care robe delle orrevoli donne morte» (Matteo Villani, 1300). Per Boccaccio la peste è infine l'occasione per poter di nuovo iniziare da capo e bene; il ritirarsi della brigata in campagna è l'occasione di una rinascita, è un modo per avviare la catarsi, liberandosi piano piano della solitudine e della paura. La peste può essere dunque anche all origine della rinascita. La peste come male sociale A peste, fame et bello, libera nos, Domine, o Signore. Liberaci dalla peste, dalla fame e dalla guerra : era questa la principale invocazione che nel medioevo il popolo elevava a Dio. La peste, metafora del male, con la guerra e la fame è uno dei fattori di annientamento dell ordine precostituito e quindi preludio al cambiamento della società. Così nel 300 così nel 500: «d improvviso, tra il 1494 e il 1538, sull Italia si abbatterono i Cavalieri dell Apocalisse. Il paese divenne campo di battaglia di un conflitto internazionale che coinvolse spagnoli, francesi e germanici. Con la guerra vennero le carestie, le epidemie, le distruzioni di capitale e le interruzioni dei traffici». 14 La metafora della peste giunge quindi fino ai nostri giorni. Se in antichità i termini usati per indicare una pestilenza coincidevano spesso con calamità, epidemia o contagio, in epoca moderna per qualificare un evento con ripercussioni negative su tutta la popolazione si usa altrettanto spesso il termine peste con associata un altra parola che contestualizza il fenomeno che si vuole identificare. Nell ottocento la tubercolosi è il mal du siècle, ma viene chiamata anche la peste bianca. La pandemia influenzale del 1918 chiamata spagnola è la peste del XX secolo. Il bioterrorismo ha preso spunto da fatti del passato, ma anche dalla metafora della peste come male incontrollabile. L AIDS è la peste del In questi giorni la nuova peste è l infezione da virus Ebola, ma la manifestazione clinica è associata alle condizioni socio-economiche dei paesi colpiti. In contesti completamente diversi da quello sanitario si utilizza da sempre in termini metaforici la parola peste. Torquato Tasso ne Il Nifo ovvero del Piacere accosta il flagello della peste a quello dell idolatria: «benché il mondo avesse ricevuta la fede di Cristo, nondimeno la pestilenza de l'idolatria non era men sospetta ch'or sia quella de l'eresia luterana». A Basilea Calvino incontrò il vecchio 14 C.M.Cipolla, Storia economica dell Europa pre-industriale, Bologna, Il Mulino, 1975, p. 293.

11 Erasmo che esclamò: «Vedo una gran peste nascer nella Chiesa contro la Chiesa» 15. Per Giacomo Leopardi, che protesta contro lo stato della società presente, «l'egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società» 16. Con il termine Peste Brune (Peste Bruna) si indicava il nazismo, per analogia al colore delle camicie del primo gruppo paramilitare (Sturmabteilung) del Partito Nazionalsocialista. Questo soprannome paragonava il nazismo, e il fascismo in genere, a una malattia politica, contagiosa ed infettiva molto pericolosa. 17 Nel secolo scorso la peste come male apocalittico è stato evocato più volte, ma il nazismo, come Apocalisse, più di ogni altro male è stato associato alla peste. Non solo Daniel Guérin con la La peste bruna 18, ma anche Karl Kraus parla di nazismo come peste dei cervelli, una peste che «distrugge i concetti fondamentali» del pensiero «come se già fossero in azione le bombe batteriologiche della moderna guerra aerea» e che spalanca le porte alla barbarie. La pestilenza del linguaggio viene denunciata da Victor Klemperer nello studio del linguaggio totalitario rileva che «il nazismo si insinuava nella carne e nel sangue della folla attraverso le singole parole, le locuzioni, la forma delle frasi ripetute milioni di volte, imposte a forza alla massa e da questa accettate meccanicamente e inconsciamente» 19. Il termine peste era usato anche da Hitler quando dichiarava che avrebbe sconfitto la peste giudaico-bolscevica. La paura della bomba atomica nel dopoguerra ha fatto parlare di peste nucleare. Il terrorismo internazionale, secondo il presidente russo Putin, è la peste del XXI secolo. 20 Per denunciare i rischi del calo demografico e la carenza di manodopera nel Vecchio continente Pierre Chaunu e Georges Suffert nel 1976 hanno scritto La peste bianca. Come evitare il suicidio dell'occidente? 21 in riferimento all involuzione rapida etnico-demografica della società europea. Il tema dello sbilanciamento della popolazione verso le classi di età più anziane, ha fatto parlare di peste grigia, alludendo al colore dei capelli. L aumento della vita media e quindi l aumento delle persone anziane secondo il settimanale The Economist, 1999 porterebbe a effetti paragonabili all epidemia di peste dell Europa del XIV secolo. Perfino nella crisi economica del 2008 si è parlato di contagio economico, cioè di un flagello che si diffonde come una malattia 15 Cantù, Cesare. Gli Eretici d'italia: Discorsi Storici Reprint. London: Forgotten Books, 2013 DISC. XLIII p Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, Le Monnier, Firenze Daniel Guérin, La peste bruna, Verona, Bertani, C.f.r. nota n.6 19 V.Klemperer, LTI, la lingua del Terzo Reich: taccuino di un filologo, s.l., Giuntina, 1998, p /12/2014.

12 epidemica. La storia del disastro ambientale in Campania 22 e in generale il degrado ambientale è stato definito la pestilenza chimica. Uno dei flagelli più classici dell umanità come le cavallette non potevano non essere accostato alla peste e infatti in Australia con il significato di peste dell agricoltura, le locali cavallette sono chiamate Australian plague locust. Così come sempre è attuale la questione morale e si parla quindi di rivolta morale contro la peste delle tangenti. Nella sua denuncia ai peccati collettivi razionalizzati il Cardinale Martini ritorna a un sentire antico della peste come male dell anima. 23 Su un fronte forse opposto nel 1880 Johan Most parlò di peste religiosa 24 per denunciare che fra tutte le malattie mentali, la religione è certamente la più orribile. «In principio, c è il Dio della Bibbia che invia la peste bubbonica ai Filistei (cfr. Primo libro di Samuele) Discende anche da tale mitica iattura e prevale in un inconscio collettivo da sempre schiavo della superstizione la fede dogmatica o credulità ideologica, ossia quella metafisica peste religiosa stigmatizzata dal socialista anarchico americano Johann Most [...]» 25. Per amore di completezza non può mancare un riferimento alla polemica politica recente, che ha visto Grillo, il leader del Movimento 5 Stelle, definire gli avversari come peste rossa. 26 La peste è quindi da sempre e ancor oggi il simbolo di una piaga collettiva e il termine viene utilizzato da opposte fazioni per raffigurare la perniciosità degli ideali del nemico. Nel prossimo capitolo attraverso lo studio della malattia e dei suoi rimedi fin dall antichità si cercherà di comprendere l importanza che può aver avuto e ha questa malattia per l umanità. Poi verrà esaminato l impatto storico della peste nei secoli per giungere alle conclusioni anche con l aiuto della letteratura. La peste quindi come metafora del male aiuta a comprendere la capacità di reazione collettiva alle calamità e alle crisi, che possono determinare cambiamenti e forse il progresso dell umanità. Attraverso l esame di alcuni aspetti scientifici, storici, artistici, economici, religiosi e culturali relativi alla peste nel mondo Occidentale 27, fin dalle sue origini, il presente lavoro di tesi ha come scopo valutare l impatto sulla società umana di una malattia dalle caratteristiche uniche. 21 Chaunu Pierre, Suffert Georges, La Peste blanche. Comment éviter le suicide de l'occident. Paris, Gallimard, Sodano Tommaso, Trocchia Nello, La peste. La mia battaglia contro i rifiuti della politica italiana, s.l., Rizzoli, /12/ Johann Most, Sebastian Fauro, La peste religiosa. Dio non esiste: dodici prove dell'inesistenza di Dio, s.l., La Fiaccola, Il Pensiero sul Male, Le scritture di mille e una peste di Stefano Lanuzza, 26/12/ /12/ La peste è nota da almeno 3000 anni. In Cina sono registrate epidemie fin dal 224 a.c. La letteratura indiana è ricca di riferimenti fin dall antichità.

13 Pieter Bruegel il Vecchio, Trionfo della Morte,1562, Museo del Prado, Madrid

14 2 LA MALATTIA, LA CURA E LA PREVENZIONE Lucrezio nel I secolo a.c. nel poema De rerum natura descrive la semeiotica della malattia con sintomi non del tutto specifici, ma la drammaticità della sofferenza descritta, pur come esperienza soggettiva e carente di conoscenze scientifiche, è così toccante e coinvolgente da darci un immagine indimenticabile del malato di peste. Nel VI libro Lucrezio dà spiegazioni naturali di fenomeni fisici e fra l altro descrive, con occhio che potremmo definire scientifico per l epoca, la peste ad Atene. I versi qui riprodotti sono tratti dalla descrizione dei malati: «Da principio avevano il capo in fiamme per la febbre e gli occhi accesi di una luce rossastra. La gola inoltre, nera all'interno, sudava sangue, e occluso dalle ulcere il passaggio della voce si serrava, e l'interprete dell'animo, la lingua, stillava gocce di sangue, infiacchita dal male, pesante nei movimenti, ruvida al tatto. Poi, quando la forza della malattia aveva invaso il petto passando dalla gola ed era affluita fin nel cuore oppresso dei malati, allora davvero vacillavano tutte le barriere della vita. Il fiato che usciva dalla bocca spargeva un puzzo ributtante, simile al fetore emanato dai cadaveri abbandonati e in putrefazione. Poi le forze dell'animo intero e tutto il corpo languivano, già sul limitare stesso della morte.» Un'altra descrizione storica dei malati di peste viene dal Boccaccio (Decameron, Giornata Prima, Introduzione): «[...] nascevano nel cominciamento d essa a maschi e alle femine parimente o nella anguinaia o sotto le ditella certe enfiature, [...] le quali i volgari nominavan gavoccioli. E dalle due parti del corpo predette infra brieve spazio cominciò il già detto gavocciolo mortifero indifferentemente in ogni parte di quello a nascere e a venire: e da questo appresso s incominciò la qualità della predetta infermità a permutare in macchie nere o livide [...] E come il gavocciolo primieramente era stato e ancora era certissimo indizio di futura morte, così erano queste a ciascuno a cui venieno.» Una delle ragioni principali che hanno giocato in passato a sfavore dell individuazione nosologica della peste è il suo manifestarsi sindromico complesso. Fino all Ottocento per quasi tutte le malattie la limitatezza delle conoscenze eziologiche e fisiopatologiche hanno impedito l identificazione di sindromi, cioè di pattern sintomatologici, che non sono un semplice aggregarsi casuale di sintomi, ma che talvolta esprimono un qualcosa di unitario che li lega tra loro a definire un entità autonoma e distinta. Prima della fine del XVII secolo non era stato compreso che le malattie fossero entità specifiche. Si credeva che una malattia potesse trasformarsi in un altra, che una febbre esantematica tifoide, potesse diventare una

15 febbre pestilenziale. Per oltre 2000 anni il superamento della medicina magica non andò oltre all opinione di Ipocrate con le aggiunte di Galeno e Avicenna. Ippocrate di Coo (Cos o Kos) (Kos, 460 a.c. circa Larissa, 377 a.c. terminus post quem) è considerato il padre della medicina occidentale. La teoria umorale, concepita da Ippocrate, rappresenta il più antico tentativo, sempre nel mondo occidentale, di ipotizzare una spiegazione eziologica dell'insorgenza delle malattie, superando la concezione superstiziosa, magica o religiosa. La teoria umorale unificava la concezione fisica dei quattro elementi fondamentali (aria, acqua, terra, fuoco), con una nuova visione medica basata su fenomeni osservabili in natura. Gli elementi del corpo umano corrispondevano, in base ad alcune qualità comuni, degli umori: all aria, che è calda e umida ed è dappertutto, corrispondeva il sangue; al fuoco, caldo e secco, corrispondeva la bile gialla; alla terra, fredda e secca, corrispondeva la bile nera; all acqua, fredda e umida, corrispondeva il flegma. Ippocrate stabilì che c era una relazione tra l eccesso di uno dei quattro umori e la predisposizione a un tipo di costituzione fisica e a un certo temperamento. Nell opera De aere, aquis et locis contenuta nel Corpus Hippocraticum viene data una spiegazione razionale alle forme epidemiche come la peste, «allorché molti uomini son colti da una sola malattia nello stesso tempo, occorre imputarne la causa a ciò che v è di più comune e di cui tutti in primo luogo ci serviamo: e questo è ciò che respiriamo». 28 Era quindi l aria che in certe condizioni quali il clima umido, corrompeva e avvelenava chi la respirava; è questa la Dottrina Aerista giunta fino al Galeno di Pergamo (Pergamo, 129 Roma, 199 circa), riferimento fondamentale fino in epoca moderna, sviluppò le teorie ippocratiche indicando come causa predisponente di malattia lo squilibrio fra gli umori e individuò come contaminanti dell aria: l acqua stagnante, i liquami e i cadaveri insepolti. 29 Il medico persiano Abd Allāh ibn Sīnā più noto in Occidente come Avicenna (Balkh, 980 Hamadan, giugno 1037), aggiunse altre cause di inquinamento dell aria. La congiunzione astrale dei cinque astri maggiori provocherebbe i terremoti, che liberano dalle viscere della terra vapori infernali e in mare morie e putrefazione di grandi quantità di pesce e conseguente inquinamento dell aria. Nel Medioevo gli studi di medicina potevano quindi basarsi sul fattore ambientale e sulle caratteristiche dell individuo, a cui si aggiungevano vaghe conoscenze empiriche relative al contagio da persona a persona attraverso l alito, il contatto fisico e il vestiario o qualunque oggetto venuto a contatto con l appestato. 28 Ippocrate, Opere. Sez.Terza: La Natura dell Uomo. Vegetti M. (a cura di), Torino, UTET, 1976: Pazzini A, In pestilenti vero aeris statu inspiratio plurimum est causa. Fit enim aliquando ob eos qui sunt in corpore humano ad putrescendum paratos, Storia dell Arte Sanitaria dalle origini a oggi. Roma, Min Med 1973;I:363

16 La Dottrina degli Umori Cognizioni eziologiche lontane dal vero con l assenza di strumenti terapeutici biologicamente attivi non potevano che generare rimedi inutili e spesso dannosi. Taluni medicamenti divennero famosi, è il caso dell aceto dei quattro ladri 30 durante l epidemia di peste del 1722 a Marsiglia. 31 La composizione è variata nel tempo e nelle diverse città, ma alla base vi era sempre aceto forte, assenzio ed erbe aromatiche. Ben più antica è la tradizione del medicamento universale chiamato Triaca. 32 Marsilio Ficino nel 1481 ne decantava le virtù e la 30 Four Thieves Vinegar: Evolution of a Medieval Medicine, 26/12/ La tradizione diffusa vuole che un gruppo di ladri, durante una delle numerose epidemie di peste in Europa, si aggirassero a depredare morti ed ammalati. Quando vennero arrestati, in cambio della grazia essi offrirono di rivelare la loro ricetta segreta, che permetteva loro di commettere ruberie senza essere contagiati dal male. Un'altra versione narra che i ladri fossero già stati arrestati prima dello scoppio delle peste e, condannati a seppellire i corpi delle vittime, inventassero quest'aceto per sopravvivere al contagio. Le leggende collocano tali avvenimenti nelle città di Tolosa o Marsiglia, in un periodo compreso fra il XIV ed il XVIII secolo. Pare che i ladri di Tolosa siano stati ugualmente impiccati, mentre sorte migliore toccò a quelli di Marsiglia. In ogni caso, nel 1748 l'aceto dei quattro ladri venne inserito nella Farmacopea del Corpo Medico francese, e venduto in farmacia come antisettico, per poi esserne eliminato nel 1884 con l'affermarsi della medicina moderna. 26/12/ Il termine Triaca (o Teriaca) era già in uso in Egitto nel IV-III sec. a.c. per un antidoto contro i morsi degli animali velenosi e come tale fu ufficializzato da Nicandro di Colofone che ne titolò un suo trattato. La Triaca famosa per molti secoli è però quella di Andromaco il Vecchio, medico di Nerone, che la compose aggiungendo al Mitridato, il polifarmaco usato come antidoto dal Re del Ponto, la carne di vipera. La fama di essa crebbe a dismisura e, pur tra qualche autorevole parere dissenziente, tutti i maggiori Medici ne decantarono i benefici: da Galeno ad Avicenna, da Maimonide alla Scuola Salernitana. Questo perché dall originaria funzione di contravveleno, le indicazioni erano via via aumentate fino a comprendere l epilessia, la peste, le pleuriti, l ictus apoplettico, etc. etc. Di pari passo il numero dei componenti era salito dagli originari cinquantasette fino a cento e più, né erano sempre ed ovunque gli stessi, in base alle difficoltà del loro reperimento ed all inventiva di Medici e Spetiali. L alto costo e l elevata richiesta indusse diverse Repubbliche (Venezia, Bologna, Genova, Pisa, Napoli) a farne un proprio monopolio; perché poi ne potessero usare anche i meno abbienti si fece la Triaca di soli quattro ingredienti. Ciarlatani ed imbonitori da un lato ed il progredire delle conoscenze dall altro

17 proponeva come profilattico nel suo Consilio contro la pestilentia. 33 Consiglia di portare «in sul cuore questo sacchetto» 34. Le misure di protezione individuale adottate dai medici avevano una maggiore concretezza empirica anche se ci fa sorridere l immagine simbolo del medico della peste. A parte le sostanze aromatiche contenute nel becco, una qualche premura ad evitare il contatto diretto era senz altro efficace. L'abito del medico della peste in un disegno del 1656 Nel Medioevo la situazione della medicina era la stessa descritta secoli prima da Tucidide. «I medici non riuscivano a fronteggiare questo morbo ignoto ma, anzi, morivano più degli altri, in quanto più degli altri si avvicinavano ai malati, né alcuna tecnica umana veniva loro in soccorso. [ ] E oltre alla peste, nessun altra malattia delle solite infieriva in quel tempo: e anche se sorgeva, andava a risolversi in questa. E gli uni morivano per mancanza di cure, gli appannarono prima e cancellarono poi il prestigio e la credibilità di un farmaco ricco di due millenni di storia. L aggettivo Teriacale, ad indicare crediamo soltanto un effetto ricostituente, è resistito fino al secolo scorso. Potenza di una tradizione! S. Signorelli, S. Tolomelli, E. Rota. Lo Spallanzani (2004) 18: S. Signorelli, S. Tolomelli, E. Rota. Lo Spallanzani (2004) 18: Ficino M.: Sulla Vita. A cura di Tarabochia Canavero A. Milano, Rusconi Ed. 1995:121,229, Ficino M, Contro la Pestilentia (in Collectanea). Firenze, Giunti, 1577:1-76.

18 altri anche se erano molto ben curati. Non esisteva, per così dire, nessuna medicina che si potesse applicare in generale: quello che a uno era di giovamento, per un altro era dannoso.» 35 Come è accaduto in passato e talvolta accade oggi, la medicina accademica era la parte più conservatrice della società. La figura del medico rimase quindi per secoli di secondo piano rispetto alla gestione politica e amministrativa. Le autorità cittadine e di governo, non vincolate all assoluta fedeltà agli indiscutibili insegnamenti dei maestri antichi, per caso o per necessità, provarono qualsiasi mezzo pur di raggiungere lo scopo di sconfiggere il flagello della comunità, la selezione competitiva fra le città e i paesi fece il resto. La peste nera ebbe quindi un ruolo importante nella nascita della sanità pubblica. E così che si va oltre la semplice fuga dai centri urbani, considerato il miglior rimedio contro la peste. «L alternativa è di fronteggiare l epidemia con norme di prevenzione atte a limitare il contagio ed a circoscriverlo il più possibile. Si tratta in genere di provvedimenti che condizionano pesantemente la vita delle comunità urbane, ma che raggiungono con ogni probabilità il loro scopo. Nell adozione di questi interventi, il sistema sanitario italiano nel Medioevo fu all avanguardia e, in effetti, la peste scompare dall Italia alcuni decenni prima che negli altri paesi europei. In caso di contagio, gli scambi di informazioni degli Ufficiali di Sanità dei diversi Stati della penisola divennero frequenti e circostanziati. Si diffusero così i concetti di quarantena e cordone sanitario o la pratica di bandire le località contagiate e di chiudere le frontiere degli Stati o le porte delle città, impedendo la libera circolazione di uomini e merci, se non per situazioni particolari e certificate da permessi degli Ufficiali di Sanità.» 36 Già durante l epidemia del 1300 vengono istituiti gli Uffici di Sanità o Magisteri, prima a Milano, quindi a Venezia e Firenze e poi in ogni comune italiano (in Europa solo dopo il 1500). Viene regolamentato l accesso alle città, l approvvigionamento di cibo, di acqua e di altre merci. La quarantena è codificata per la prima volta a Reggio Emilia nel Sono previste norme per l evacuazione ed il seppellimento dei cadaveri. Sono proibite le manifestazioni pubbliche e le processioni religiose, poiché «dopo la processione s'accresce la peste». 37 Sono chiusi i locali pubblici e gli esercizi sospetti. Di fondamentale importanza storica e sanitaria è la nascita dei lazzaretti. L innovazione della fondazione di un ospedale 35 Tucidide, La guerra del Peloponneso II, Giuseppe Rosati (a cura di), Scrittori di Grecia. Il periodo attico, Sansoni Editore, Firenze, 1972, pp /12/ La peste di Milano del Libri cinque cavati dagli annali della città e scritti per ordine dei LX decurioni dal Canonico della Scala Giuseppe Ripamonti istoriografo milanese volgarizzati per la prima volta

19 speciale permanente da parte del Senato della Repubblica di Venezia avvenuta il 28 agosto del 1423 sotto il dogato di Francesco Foscari appena tre mesi dopo i primi casi di peste in laguna è stata preceduta dall antica pratica dei lebbrosari. «Nei confronti dei lebbrosi si era definita fin dal 1300 la volontà di ricorrere al ricovero coatto o alla cacciata. Il 23 aprile il Maggior Consiglio aveva infatti deciso di liberare Venezia dalla scomoda presenza di quanti, con il corpo devastato delle infermità, stazionavano nelle chiese, sui ponti, sulle pubbliche vie, corrompendo l aria e provocando la nausea a chi li vedeva (viscere hominum commoventur). Si stabilisce dunque di far accogliere lebbrosi e infermi dagli ospedali o altrimenti di cacciarli dal centro abitato. Le isole marginali, circondate dagli ampi specchi lagunari, e funzionali alla contemplazione dei numerosi e antichi insediamenti monastici, si rivelano ideali per ospitare le attività protette dal segreto di stato come la lavorazione del vetro, ma soprattutto si dimostrano adatte all emarginazione dei corpi martoriati dalla malattia in uno spazio liminare che nell Occidente cristiano caratterizza la realtà del lebbrosario e a Venezia viene individuato nell isola di San Lazzaro, divenuto il lembo di terra per la città dei morti viventi. Il Lazzaretto Vecchio di Venezia Il lebbroso, infatti, in questa sorta di limbo lagunare vive il tempo della malattia cronica, lenta, invalidante e orripilante, nella simulazione del tempo e della città dei sani.» 38 L originalità veneziana della fondazione di un ospedale di isolamento per la peste sta soprattutto nella volontà del governo cittadino di affrontare in modo organico l epidemia, statalizzando una struttura e una tradizione religiosa, compreso il personale assunto e stipendiato dallo stato. dall'originale latino da Francesco Cusani con introduzione e note. Milano, Tipografia Libreria Perotta e C., 1841, cap.xvii, p

20 «La trasformazione del nome non fu casuale, ma assecondò il processo di laicizzazione dell antico complesso monastico le cui originarie funzioni vennero cancellate nel 1436 assieme alla primitiva denominazione per ordine del papa, che formalizzò l oramai avvenuta trasformazione del monastero di Santa Maria di Nazareth nel Lazzaretto dei veneziani.» 39 Al Lazzaretto di Venezia seguirono Milano nel 1488 e quelli istituiti dalle maggiori città italiane. Sotto la pressione dell emergenza e della paura della peste fu assunta una decisione impegnativa e delicata, che è stata di esempio per gli altri governi delle città di Italia e fonte di ispirazione anche per quello che diverrà il primo grande ospedale pubblico moderno per acuti, la Ca Granda di Milano, fondato da Francesco Sforza nel L "Ospedale Maggiore" di Milano, tradizionalmente noto come "Ca Granda" Gli ospedali cominciarono infatti a cambiare e ad assumere l aspetto moderno di luogo di cura e non solamente di isolamento in attesa della morte. Dopo la peste, gli ospedali tentarono di curare gli ammalati, anche se, ancora, coloro che venivano dimessi lo erano più per le loro difese immunitarie che per le cure ricevute. La professione medica, che aveva visto diminuire il proprio prestigio, fu stimolata a innovarsi. Venne dato maggior rilievo alla medicina pratica orientata clinicamente, un cambiamento che rifletteva l importanza del chirurgo e il declino del medico teorico. I testi di anatomia divennero più accurati, perché la pratica dell autopsia diventava più comune e nelle scuole di medicina ci fu uno spostamento verso le scienze applicate. Questi cambiamenti contribuirono a creare i presupposti verso una medicina più scientifica dal momento che sempre più il medico, invece di limitarsi a trarre conclusioni dalla semplice lettura dei testi antiche, formulava nuove teorie, le sottoponeva alla prova dell osservazione, analizzando i risultati per vedere se confermavano la teoria stessa Giorgio Cosmacini, La Ca' Granda dei milanesi. Storia dell'ospedale Maggiore, s.l., Laterza, 1999.

21 Indipendentemente e molto prima che i progressi della medicina abbiano dato risultati tangibili, le comunità cittadine con la loro organizzazione sociale ottennero buoni risultati in termini di qualità e durata di vita. Sembra che in alcuni momenti, per alcune città si possa parlare addirittura di casi clamorosi se pur poco conosciuti. «Milano vanta una vocazione, radicata nei secoli, alla partecipazione collettiva, alla vita di vicinato, al soccorrere il prossimo. A testimoniarlo, a partire dal XV secolo, sono i dati statistici che si evincono dai Registri dei Morti, ossia la registrazione anagrafica del decesso di tutti i suoi abitanti (residenti, domiciliati temporanei, di qualsiasi nazione, età, religione e condizione sociale): oggi, è convinzione comune che la durata media di vita, in epoche antiche, si attestasse intorno ai anni; a Milano, sappiamo invece che, nella seconda metà del Quattrocento, più del 30% della popolazione era ultrasettantenne; non solo, si vantavano anche decine di centenari e di ultracentenari, come ad esempio Maddalena Portaluppi, deceduta nel 1474, alla veneranda età di 110 anni, manifestando qualche lieve problema respiratorio. Questi dati, che non sono frutto di fantasie letterarie, ma provengono da una fonte ufficiale di proto-statistica clinica, implicano la presenza di un fenomeno sociale di lunga durata e di forte tenuta: affinché un così elevato numero di anziani potesse sopravvivere, considerati i disagi materiali ascrivibili all epoca e la pressoché totale assenza di strumenti tecnologici a disposizione, non solo doveva essere elevato il livello di assistenza sanitaria e medica accessibile a una larga fascia della popolazione, ma ci doveva essere anche una rete di vicinato, un senso della collettività e della comunità estremamente efficace e per noi, oggi, straordinario.» 41 Non sempre e non per tutti è andata così. Se i paesi e le nazioni hanno imparato dal Medioevo a sopravvivere e a svilupparsi nonostante terribili calamità, la gran parte del popolo ha migliorato in modo sostanziale le proprie condizioni di sopravvivenza solo molti secoli dopo. Ancora oggi le condizioni dei poveri sono spesso disperate in molti paesi non sviluppati. Ma fino al IXX secolo erano condizioni comuni anche in Europa. La Commissione Salute (Board of Health), che contribuì all emanazione del Public Health Act (1848), la legge inglese di istituzione del servizio nazionale di sanità pubblica, rivelò che a Liverpool l aspettativa di vita media per classe alla nascita variava dai 15 anni per i disoccupati e i poveri a 35 anni per i cosiddetti benestanti. 42 Per cui le condizioni non erano 41 AA.VV., Le periferie dell'umano, Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano, Stralcio dell intervento della prof.ssa F. Vaglienti, Docente di Storia Medievale per Beni Culturali - Università degli Studi di Milano, durante il Ca Granda Seminar del 21 ottobre 2014, dal titolo: Il caso della Ca Granda di Milano. Storia e attualità. 42 «In Liverpool average life expectancy by class ranged from 15 years for the unemployed or poor to 35 years for the well to do.» G. Mooney, S. Szreter, Urbanization, mortality, and the standard of living debate: new estimates of life at birth in nineteenth century British cities, Econ. Hist. Rev. 1998; 51:84-112

22 molto dissimili dal Medioevo e forse peggiori a quelle dell età Antica. Secondo gli archivi ufficiali della famiglia reale britannica, l'aspettativa di vita media nel 1276 era di 35,28 anni per la parte più agiata della società. Tra il 1301 e il 1325, durante la Grande carestia, la speranza di vita si era ridotta a 29,84 anni, mentre tra il 1348 e il 1378, durante la Morte Nera scese a 17,33. Solo nel XX secolo si sono avuti risultati stabili e generalizzati e solo in parte dovuti ai progressi della medicina. La popolazione del mondo ha superato nell anno 2011 i 7 miliardi di individui e siamo ancora in una fase di espansione demografica seppure attenuata dal calo di natalità effetto della transizione demografica presente pressoché in tutte le popolazioni. Secondo il CIA World Factbook (stime 2014) la speranza di vita alla nascita ha raggiunto la media mondiale di 68,35 anni, anche la distanza fra il paese peggiore e quello migliore si è ridotta, se a Monaco ci si aspetta di vivere fino a 90 anni, nel Ciad si sfiorano i 50 anni. Per la sopravvivenza e la qualità della vita dalla seconda metà del XX secolo la medicina scientifica ha portato enormi benefici a un numero sempre maggiore di persone in tutto il mondo. Vaccini e antibiotici hanno cambiato la storia delle malattie, ma fino all Ottocento ben poco si sapeva e si poteva fare per curare l individuo malato. Sembra incredibile che tre secoli prima, nel 1546 a Venezia sia stato pubblicato il De contagione et contagiosis morbis et curatione eorum di Girolamo Fracastoro, forse l intuizione più geniale di tutta la storia della medicina. Soltanto il XVII secolo fu testimone, non consapevole, della scoperta di microrganismi: nel 1673 un mercante di stoffe che viveva in Olanda, Van Leeuwenhoek, descrisse, di fronte alla British Royal Society, le sue osservazioni ottenute con l'aiuto di un microscopio elementare, confezionato da sé, rivelarono animaletti sui liquidi più diversi. Per più di un secolo, offuscate dalle dottrine a sfondo mistico di Paracelso, rimasero nell ombra le teorie scientifiche di Fracastoro, vero fondatore della moderna patologia, che ipotizzò l esistenza di organismi viventi invisibili, detti seminaria, e intuì inoltre che questi erano agenti di malattia: corpuscoli che si trasmettevano o per contatto diretto o attraverso materiali o attraverso l aria. «Tutta la patologia delle malattie infettive è giudicata per la prima volta con grande acutezza di giudizio, frutto di un'osservazione accuratissima: le ipotesi del Fracastoro sulle cause e le vie delle infezioni sono state quasi integralmente convalidate dalle moderne ricerche scientifiche.» 43 Solo nell Ottocento la moderna scienza batteriologica grazie alle scoperte di Bassi, Pasteur e Kock renderà possibile scoprire l agente responsabile della peste. Nel 1894 il medico svizzero Alexandre John-Émile Yersin, durante l'epidemia di Hong Kong, isolò il bacillo della peste e lo nominò Pasteurella

23 pestis, in onore di Louis Pasteur, suo maestro. Lo stesso anno anche il medico giapponese Shibasaburō Kitasato, discepolo di Robert Koch, ottenne indipendentemente gli stessi risultati. Ma in Occidente si ricorda solo Yersin e in suo onore il bacillo della peste verrà chiamato anziché Pasteurella, Yersinia pestis. Questo coccobacillo Gram-negativo ha una caratteristica rara e cioè la capacità di moltiplicarsi a temperature vicine a quella corporea (36-37 C), ma anche a C; questa proprietà può forse avere importanza per alcune modalità diffusive del germe. La Y. pestis appartiene al genere Yersinia composto da numerose specie. 44 A sua volta, la Y. pestis viene abitualmente distinta in tre varianti (ceppi) sulla base di caratteristiche biologiche 45, che hanno un interesse filogenetico e sono indubbiamente suggestive dal punto di vista storiografico: Y. pestis Antiqua, ritenuta l agente eziologico delle antiche epidemie di peste ( Peste di Giustiniano del VI secolo); Y. pestis Medievalis, sospettata quale agente eziologico della Peste Nera del 1348; Y. pestis Orientalis, agente eziologico dell'attuale pandemia di peste (la cosiddetta terza pandemia ). Il dibattito sull eziologia delle grandi pestilenze storiche è stato arricchito recentemente da importanti studi di paleogenetica. 46 Gli agenti causali delle tre grandi pandemie sono stati confermati dallo studio dei resti scheletrici provenienti da scavi archeologici, mediante l analisi del DNA. Nel 2013 analizzando il DNA antico in due laboratori indipendenti 47, è stato confermato in modo inequivocabile la presenza del DNA della Y. pestis nei resti di scheletri umani provenienti dal cimitero altomedievale del VI secolo di Aschheim- Bajuwarenring (Germany). I risultati confermano che la Y. pestis è stata responsabile della peste di Giustiniano e dovrebbero porre fine alla controversia riguardante l'eziologia di questa pandemia. I genotipi isolati suggeriscono che la prima pandemia ha avuto origine in Asia, come per le altre due pandemie. Uno studio genetico pubblicato nel 2014 suggerisce che la Peste di Giustiniano (e altre epidemie dall'antichità) è dovuta a ceppi ormai estinti di Y. pestis, 44 Al genere Yersinia appartengono 12 specie a se stanti: Y. aldovae, Y. aleksiciae, Y. bercovieri, Y. enterocolitica, Y. frederiksenii, Y. intermedia, Y. kristensenii, Y. mollaretii, Y. pestis, Y. pseudotuberculosis, Y. rohdei, Y. ruckeri. Le tre patogene umane sono: Yersinia pestis, Y. pseudotuberculosis, Y. enterocolitica. 45 Capacità di fermentare il glicerolo e di ridurre il nitrato. 46 La paleogenetica è lo studio del passato attraverso l'esame del materiale genetico preservato proveniente dai resti di antichi organismi. Il termine "paleogenetica" fu introdotto nel 1963 da Emile Zuckerkandl e dal chimico fisico Linus Carl Pauling, in riferimento all'esame delle possibili applicazioni nella ricostruzione di sequenze di polipeptidi del passato. Nel 1984 da Allan Wilson e altri fu isolato, da un campione museale del quagga estinto, la prima sequenza di un DNA antico.

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