Piano-programma (P-Pr) aziendale per la Sicurezza e la Gestione del rischio. Annotazioni conclusive - IV (2 luglio 2012)
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- Cecilia Albanese
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1 Piano-programma (P-Pr) aziendale per la Sicurezza e la Gestione del rischio. Annotazioni conclusive - IV (2 luglio 2012) Come utilizzare queste annotazioni L intento è quello di offrire una griglia di lavoro, uno schema di riferimento, che non deve necessariamente considerarsi vincolante rispetto all indice o alla struttura del documento P/Pr aziendale. La proposta che emerge dall attività del GdL Piani/programmi vuole piuttosto mettere a fuoco le componenti e le caratteristiche fondamentali che un P/Pr dovrebbe includere. L ordine delle sezioni e il loro livello di dettaglio, nelle singole Aziende, potranno cambiare o differire. Premessa In questa sezione vengono proposti alcuni ambiti di ricognizione e riflessione preliminare, utili ad orientare il lavoro preparatorio alla stesura del P/Pr (lavoro che potrebbe svolgersi nei 3-6 mesi precedenti la fase di redazione): Elementi di contesto 1 1. Ricognizione sullo stato delle conoscenze (da letteratura, da esperienze): a questo obiettivo può essere dedicato periodicamente un momento di confronto regionale (seminario, convegno), anche con la partecipazione di esperti esterni alla regione, ma articolato in modo da poter fornire gli elementi necessari alla progettazione, soprattutto strategica, da avviare sostanzialmente ogni 2-3 anni. In questo l ASSR può agire da catalizzatore/facilitatore. 2. Riferimenti normativi, regionali (v. lavoro di Vania Basini, presentato in data 3 aprile) e nazionali, che rappresentano indirizzi sovraordinati a cui l'azienda deve adeguarsi e rispondere; questa materia può essere oggetto di una ricognizione e di una discussione/condivisione periodica, in sede regionale o aziendale. In questo ambito possono rientrare anche, ad esempio: a) la definizione di obiettivi per la sicurezza nelle DGR di finanziamento alle aziende; b) l avvio del nuovo programma regionale assicurazioni ; ecc 3. Azioni regionali a supporto delle Aziende in tema di sicurezza e gestione del rischio, come ad esempio: c) il lavoro fatto dall Agenzia sul tavolo del Bilancio di Missione; b) la redazione, da parte dell'agenzia, del ritorno informativo alle Aziende ; c) interventi formativi pertinenti a rischio e sicurezza, a beneficio di tutte le Aziende, nell ambito di eventuali progarmmi regionali ecc. 4. Assetti organizzativi per la sicurezza: il punto di partenza può essere rappresentato dalla ricognizione e dall inquadramento storico fatti da Vania Basini (v. 3 aprile), che ha "mappato" il panorama degli assetti organizzativi ad oggi presenti nelle Aziende, evidenziando il ruolo formale rivestito dal Direttore Sanitario e delineando collocazione e caratteristiche delle infrastrutture oggi esistenti nelle Aziende per la gestione del rischio; 5. Condizioni strutturali e organizzative. Si fa riferimento in questo caso a un eventuale analisi, condotta nelle singole Aziende, in merito alle condizioni complessive, strutturali e/o organizzative, che hanno (o si ritiene abbiano) influenza o debbano orientare la progettazione per la sicurezza. L analisi può includere elementi storici (condizioni attuali a cui si è giunti con un impegno precedente, anche distribuito su diversi anni) ma anche contingenti (pensiamo 1 ASSR si impegna ad offrire qualche approfondimento su possibili criteri di lettura e analisi del contesto, anche attraverso qualche spunto dalla letteratura. 1
2 all evento terremoto, alla necessità di trasferire un ospedale, a eventuali impegni strutturali che l azienda si trovi ad affrontare..ecc.) Alcuni esempi (v. anche oltre, processi gestionali): a. modello organizzativo per la sicurezza (più o meno esplicito e formalizzato) b. cultura della sicurezza (misurata? Se sì con quali risultati? Percepita?..) c. livello di integrazione della tecnostruttura (facilità o meno di lavorare in modo integrato per le funzioni che maggiormente presidiano le azioni per la sicurezza, come accreditamento, governo clinico, ecc.) d. staffing (attuale o previsto nell immediato futuro, soprattutto in alcune aree assistenziali) e. inclusione di obiettivi per la sicurezza nel processo di budgeting f. attenzione alla sicurezza nelle procedure di acquisto Finalità e implicazioni del P/Pr 6. La discussione su questo punto può essere considerata un ultimo passaggio, apparentemente scontato, che tuttavia offre l opportunità di una valutazione collettiva ad es. al tavolo dei RM - e/o o contestualizzata nella singola Azienda in merito a sostenibilità, priorità, peso istituzionale del P/Pr, livello di condivisione e coinvolgimento delle componenti organizzative, congruenza tra obiettivi e risorse ecc. - basati sulle informazioni disponibili raccolte nella fase preliminare e in gran parte pertinenti alle sezioni 1-5. Il Piano-programma: presupposti 1. L'Assetto organizzativo aziendale per la GR-sicurezza deve essere reso esplicito a introduzione del P/Pr 2. In particolare, la descrizione dell assetto organizzativo dovrà prendere in considerazione: a. ruolo specifico e impegno, strategico e operativo, del Direttore Sanitario; b. composizione, mandato e attività del Board per la sicurezza; c. informazioni riguardanti il Collegio di Direzione: attività per la sicurezza di cui si fa carico, in aggiunta o a maggior sviluppo rispetto alle funzioni assegnate per legge (cit LR 29): d. collocazione nell organigramma e funzionigramma, mandato e risorse assegnati ai Risk manager; e. estensione, livello di formalizzazione, attività della rete dei referenti (di Dip.to o di UO); f. relazioni istituzionali di rilevanza per la sicurezza, ad esempio: con le organizzazioni sindacali, con i Comitati Consultivi Misti, ecc. 2. Sintesi dei risultati ottenuti con il P/Pr precedente. Si tratta di un autovalutazione - condotta ad hoc oppure contenuta in e/o estratta da un apposito report - con il supporto, ove possibile, di informazioni quantitative, anche di fonte regionale. La valutazione dovrebbe concretizzarsi in una formulazione di risultati raggiunti rispetto agli obiettivi, di criticità riscontrate e priorità identificate. La sintesi dei risultati può essere facilitata dal riferimento a due macro-categorie concettuali: a. condizioni strutturali e organizzative per la sicurezza (ad es.: cambiamenti avvenuti nell'assetto org.vo, mantenimento e sviluppo di attività di monitoraggio, formazione, ecc): b. interventi per il miglioramento dei comportamenti professionali o per lo sviluppo di buone pratiche organizzative 3. La distinzione tra interventi per la pratica clinica e interventi per la pratica organizzativa è in parte un artefatto: molti interventi possono avere un impatto sia sull una sia sull altra. 2 Questa esplicitazione è stata richiesta da ASSR, anche al Gruppo regionale del referenti aziendali per il Bilancio di Missione, per la redazione della sezione Sicurezza e Gestione del rischio del BdM Intendendo in particolare, ogni azione con ricadute individuali sul paziente. Ricadono in questo ambito, ad esempio, tutti gli interventi (in particolare quelli strutturati in forma di progetto) per l implementazione di pratiche efficaci e sicure. 2
3 La struttura del Piano/Programma Si propone un articolazione in due grandi ambiti: 1. Sicurezza del paziente 2. Gestione degli eventi avversi: Oltre ai due fronti di impegno citati, le Aziende potranno individuarne altri, in ragione del modello organizzativo adottato nel presidiare la sicurezza (ad es. Sicurezza degli operatori) o in relazione a specifici ambiti assistenziali (punto da sviluppare). 1. Sicurezza del paziente Identifica l'impegno dell'azienda per la prevenzione (e quindi per la tutela del livello attuale, o di un livello ulteriore, di sicurezza). La suddivisione in azioni di mantenimento/miglioramento e azioni o progetti di sviluppo è indicativa, ma intende sottolineare la distinzione tra attività stabili/ricorrenti (per le quali possono comunque essere identificati obiettivi di miglioramento/estensione) e attività emergenti; la distinzione può essere rilevante in termini di risorse da garantire, acquisire, cercare, riorganizzare. Le azioni di mantenimento rappresentano il passo di marcia in sicurezza dell organizzazione, l impegno nella manutenzione e il livello di solidità (garanzia?) di questo impegno. Le azioni o i progetti di sviluppo identificano le attività emergenti - o per le quali si intende promuovere il rilancio e le attività di ricerca. Rappresentano i salti in avanti, le sperimentazioni, le innovazioni (che in seguito potranno, a loro volta, trasformarsi in passo di marcia ) e possono essere collaborativi (regionali o sovraziendali ad esempio SOSnet) o di interesse specifico per l azienda. Naturalmente tutte le azioni proposte devono essere sorrette da motivazioni e documentazione chiara in termini di prove di efficacia ed appropriatezza. Per entrambe le categorie di azioni si propone di distinguere: attività di monitoraggio/sorveglianza, processi gestionali (ad esempio: documentazione, comunicazione, gestione delle tecnologie, delle risorse economico-finanziarie, di strutture e impianti, gestione delle persone, ), con una visibilità specifica per la formazione (che si è scelto di indicare separatamente, per consentirne una migliore tracciabilità), e interventi sulla pratica, clinico-professionale o organizzativa. Questi ultimi vengono intesi, in questa sede, come azioni che si propongono di raggiungere, in un modo o nell altro, il singolo paziente. Se è vero che, così come spesso accade per le articolazioni tematiche-concettuali, possono esistere categorie intermedie o parzialmente sovrapposte (ad es. un intervento sulla pratica professionale potrà includere attività di formazione), l attenzione, da un lato, alle azioni di mantenimento e, dall altro, ai processi gestionali, intende ricordare che, quanto più l attenzione alla sicurezza vi trova posto, tanto più si può probabilmente affermare che il passo di marcia in sicurezza è solido. Nella Tabella 1 vengono proposti, per ciascuna delle categorie proposte, alcuni esempi. 2. Gestione degli eventi avversi In questo capitolo trova collocazione l'impegno dell'azienda nella gestione dell evento, soprattutto del caso paziente (errore, sinistro, evento critico in genere) ma anche, del caso organizzativo (se si rende necessaria una reazione tempestiva e mirata del sistema La suddivisione in azioni di mantenimento/miglioramento e di sviluppo è valida anche in questo caso e altrettanto indicativa. Per quanto riguarda gli ambiti, ne vengono proposti 4: a) processo di gestione vera e propria; b) monitoraggio; c) interventi sulle pratiche professionali; d) interventi sulle pratiche organizzative (v. esempi in Tabella 1). 3
4 Tempi Gruppo di lavoro E stata condivisa l estensione del P/Pr su un triennio, con piani di azione annuali. Tabella 1 Schema di riferimento per la stesura di un Piano/Programma, con esempi per ciascuna delle categorie concettuali proposte. Sicurezza del paziente impegno sulla prevenzione (e quindi sulla tutela del livello attuale, o di un livello superiore, di sicurezza) Azioni di mantenimento e/o miglioramento Azioni di sviluppo Ambiti Monitoraggio, sorveglianza Formazione Altri processi gestionali Attività stabili/ricorrenti (per le quali possono comunque essere identificati obiettivi di miglioramento o estensione) Rappresentano il passo di marcia in sicurezza dell organizzazione, la manutenzione, il livello di solidità (garanzia?) raggiunto. Es. sorveglianza SICHER Es. formazione alla sicurezza per i neoassunti Es. Controllo della documentazione clinica Es. Mantenimento di competenze su rischio e sicurezza di professionisti. Attività emergenti. Rappresentano i salti in avanti, le sperimentazioni, le innovazioni (che in seguito potranno, a loro volta, trasformarsi in passo di marcia ) e le attività di ricerca. Es. Utilizzo dell incident reporting per il controllo sul campo del malfunzionamento dei dispositivi Es. formazione nei dipartimenti in merito ad aspetti specifici ed emergenti Es. Uso dell ICT per la sicurezza in chirurgia 4 Es. Igiene delle mani Es. Uso della SSCL in SO (SOSnet) pratiche prof.li lle pratiche org.ve 5 Es. identificazione del paziente Es. prescrizione informatizzata dei farmaci (dove già esistente) Es Informatizzazione Registro Operatorio (dove non ancora esistente) Gestione degli eventi avversi Impegno sulla gestione dell evento, soprattutto del caso paziente (errore, sinistro, evento critico in genere.) ma anche, del caso organizzativo (se si rende necessaria una reazione tempestiva e mirata del sistema) 6. Processo di gestione Monitoraggio pratiche prof.li partiche org.ve Es. attività del Comitato sinistri Es. mantenimento/miglioramento qualità dei dati nel dbase sinistri/simes Es. Comunicazione a paziente e familiari nel caso di un evento avverso Es. Riduzione dei tempi necessari per la chiusura dei procedimenti Es. Sperimentazione di un nuovo assetto per l autogestione dei sinistri Es. Revisione dell applicativo per la registrazione dei sinistri, con ampliamento della parte medico-legale. Es. Costituzione GdL per una revisione delle pratiche sul consenso informato Es. Costruzione di una procedura regionale per la gestione degli eventi critici 4 E qui definita come pratica clinico-professionale tutto ciò che attiene al comportamento del professionista, nel senso dell esercizio del giudizio clinico e della sua relazione con il paziente. 5 E qui definita pratica organizzativa tutto ciò che interviene sulle condizioni che sostengono e facilitano la pratica clinica, ma non influenzano in modo specifico il comportamento del singolo professionista. 6 Laddove invece, anche a seguito di un caso, si configuri un ipotesi di progetto di miglioramento, questo ricadrà nel primo fronte di impegno, quello delle azioni per la tutela della sicurezza (e, nello specifico, per la prevenzione di eventi analoghi) 4
5 Elementi di qualità di un Piano/Programma Alcune caratteristiche formali e sostanziali contribuiscono alla stesura di Piani/Programmi di buona qualità: - obiettivi generali: devono essere misurabili (evitare espressioni del tipo "...migliorare la sicurezza di..") e realistici in merito alla probabilità di raggiungimento nel triennio, anche in base a considerazioni di congruenza con le risorse assegnate; - responsabilità del coordinamento complessivo del Piano/Programma: deve essere chiara (al di là della catena di responsabilità che sostiene ciascun obiettivo generale); - fasi di attuazione: devono essere indicate per il triennio (e verranno sviluppate in dettaglio nei piani di azione annuali), ad es. con un GANTT a maglie larghe ; - contenuti: alcuni ambiti di impegno sono da ritenersi "obbligatori": infezioni correlate all'assistenza, rischio clinico da farmaci e da dispositivi, sicurezza in chirurgia; le rispettive azioni proposte dovranno ispirarsi alle priorità eventualmente definite nell ambito di programmi o indirizzi regionali; - ambiti assistenziali: dovrà essere preso in considerazione sia l ambito ospedaliero sia quello territoriale; - stile del documento: deve essere sintetico. Il piano annuale In presenza di un piano triennale ben strutturato, il piano annuale può consistere in un semplice piano di azioni, anche organizzato in un sintetico formato "scheda", in cui: - obiettivi specifici: devono essere definiti e declinati secondo la loro pertinenza a ciascun obiettivo generale, con i rispettivi indicatori di monitoraggio; - responsabilità: sono definite (chi fa che cosa per il raggiungimento di ciascun obiettivo specifico); - tempi: è definito un cronogramma (o almeno uno scadenziario); - relazioni istituzionali: sono esplicitate, se ritenute rilevanti per il raggiungimento degli obiettivi. Il piano annuale relativo al primo anno del triennio sarà allegato al P/Pr triennale. Il report per la rendicontazione L'articolazione del report triennale sarà guidata dalla struttura del piano triennale e, in particolare, dalla misurabilità degli obiettivi generali. I report annuali, così come i rispettivi piani, potranno anch'essi essere organizzati come semplici schede, articolate secondo una griglia di verifica degli obiettivi specifici già definiti. 5
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