Non esiste in Italia una normativa sul consenso informato, non c'è nessuna legge che codifichi, precisi il significato, regolamenti il rilascio.
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- Cristiano Landi
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1 IL CONSENSO INFORMATO Alessandra BIANCHINI P&D.IT Non esiste in Italia una normativa sul consenso informato, non c'è nessuna legge che codifichi, precisi il significato, regolamenti il rilascio. Al di là del modulo che ci fanno firmare in occasione di un intervento chirurgico, cosa significa consenso informato? O meglio, la firma che mettiamo in occasione di trattamenti sanitari è veramente il consenso informato di cui si parla? Il modulo soddisfa le richieste della legge e le necessità delle persone? CONSENSO INFORMATO O CONSENSO FIRMATO? Non risponderò alla domanda, che invece porrò a voi alla fine della relazione, dopo aver esaminato la Costituzione, che però non dice molto, le convezioni internazionali e alcune normative speciali, come la legge sul riordino del servizio sanitario nazionale, la legge sulla procreazione assistita, sul trapianto del rene, sulla interruzione volontaria della gravidanza. Soprattutto dopo che il dottor Torrisi avrà parlato dal codice deontologico dei medici, che è forse la più completa disciplina del consenso informato, anche se non è tecnicamente una legge. Partiamo però dalla storia. Il più antico abbozzo di consenso terapeutico che ho trovato risale a Platone ( IV sec. a.c.).
2 Per Platone il medico segue il decorso del morbo, lo inquadra, mette a parte della diagnosi il malato e i suoi cari, e così facendo nel medesimo tempo impara qualcosa dal paziente e quando gli riesce anche insegna qualcosa. A tale scopo non farà nessuna prescrizione prima di averlo in qualche modo convinto, ma cercherà di portare a termine la sua missione, che è quella di risanarlo, ogni volta preparandolo e predisponendolo con un opera di convincimento. Poi c'è il famoso aneddoto da cui trae origine il detto in corpore vili. Un umanista francese, in viaggio in Italia, si ammala e vengono chiamati alcuni medici che non lo conoscono e che tra loro parlano in latino, per non farsi capire dal malato. Non sapendo cosa fare decidono faciamus experimentum in corpore vili. Per sfortuna loro e per fortuna del malato, questo capisce perfettamente il latino, risponde per le rime, e scappa via guarito, forse dallo spavento. Già si evidenziano i due diversi tipi di rapporto medico paziente, quello paternalistico, (il medico ha la responsabilità morale e giuridica di curare e di guarire, se possibile, il paziente, che deve affidarsi a lui e fidarsi completamente e ciecamente), e quello della più moderna, o forse più antica, alleanza terapeutica: il medico informa e aiuta il malato a scegliere consapevolmente, o meglio ancora a scegliere insieme al medico. Allora consenso informato o affidamento al medico? La scelta sembrerebbe ovvia, ma per secoli i medici hanno tenuto per sè la loro scienza, dispensando cure senza spiegazioni. Ci sono voluti secoli per arrivarci. Per prima è la Corte d'appello della California a parlare di consenso consapevole da parte del paziente al trattamento proposto, utilizzando il termine informed
3 consent, tradotto da noi con consenso informato, anche se alcuni autori sostengono che una traduzione migliore sarebbe informazione per il consenso. Nello stesso anno (1957) anche in Italia si comincia a parlare di consenso informato, quando, partendo dall'art. 32 della costituzione, si collega il consenso all'obbligo di informazione da parte del medico, che deve spiegare all'interessato i rischi del trattamento terapeutico, perchè il paziente è un profano dell'arte medica, motivo per cui il suo consenso non avrebbe senso se non ricevesse dal medico le informazioni e spiegazioni opportune. Ma è solo una voce. Grandi giuristi continuano a propendere per la visione paternalistica, sostenendo che il consenso non può quasi mai essere chiaro, libero e maturo e che il medico deve poter assumere su di sé la responsabilità del trattamento. Normative specifiche accennano al consenso in modo ancora embrionale: il prelievo del sangue può essere fatto solo su persona consenziente, la donazione di un rene può essere autorizzata solo se il donatore abbia raggiunto la maggiore età, sia in possesso della capacità di intendere e di volere e sia consapevole delle conseguenze che la donazione comporta. Ovvio, no? La situazione cambia radicalmente solo verso la fine degli anni 70, inizio degli anni 80. Per prima la legge sulla interruzione della gravidanza delinea il percorso del consenso informato, anche senza utilizzare questo termine: il medico esegue gli accertamenti necessari, valuta con la donna le circostanze che la spingono a chiedere l'interruzione della gravidanza, la informa sui diritti a lei spettanti.
4 Con la legge istitutiva delle usl si parla, per la prima volta in modo chiaro, di consenso informato: gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari, e quelli obbligatori devono essere accompagnati da iniziative volte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. Molto limitativo anche questo. La legge sulla fecondazione assistita aggiunge che l'informazione deve riguardare anche i costi economici, i profili giuridici, le alternative e i problemi psicologici. Ma ancora non c'è alcuna definizione di cosa sia il consenso, definizione che arriva solo nel 2008, quando la Corte Costituzionale Italiana si interessa di consenso informato definendolo espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico.. La legge sulla alleanza terapeutica, consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento è ancora ferma in parlamento. Ma la bozza prevede che il consenso scritto debba essere preceduto da corrette informazioni rese dal medico curante al paziente in maniera comprensibile, circa diagnosi, prognosi, scopo e natura del trattamento sanitario proposto, benefici e rischi, eventuali effetti collaterali, nonché possibili alternative, e conseguenze al rifiuto del trattamento. Non c'è una disciplina generale sul consenso informato, abbiamo detto. Cosa abbiamo? La costituzione, art 2, 13, 32, la convenzione di Oviedo, la carta di Nizza, il comitato di bioetica e soprattutto il codice deontologico medico.
5 Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 13. La libertà personale è inviolabile. Art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Art. 2, 13, 32 della costituzione: tutela di diritti fondamentali, diritto alla autodeterminazione e diritto alla salute. Sono principi generali, difficilmente applicabili immediatamente, dai quali la corte costituzionale ha però dedotto che Ogni persona ha il diritto di essere curata, e il diritto di ricevere informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico, e in ordine alle
6 eventuali terapie alternative, informazioni che dovono essere il più possibili esaurienti, al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente, e quindi la sua libertà personale. Un consenso immune da vizi non può che formarsi dopo aver avuto piena conoscenza della natura dell'intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione e dei suoi rischi, dei risultati conseguibili, e delle possibili conseguenze negative, sicchè presuppone una completa informazione sugli stessi da parte del sanitario o del chirurgo. Convenzione di Oviedo: principi base nessun intervento nel campo della salute può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero ed informato. La persona deve ricevere una informazione adeguata sullo scopo, sulla natura dell'intervento, sulle sue conseguenze e su i suoi rischi e deve poter in qualsiasi momento liberamente ritirare il proprio consenso. Il parere del minore deve essere preso in considerazione come un fattore sempre più determinante in funzione della sua età e del suo grado di maturità. Viene disciplinato anche il consenso degli incapaci, e delle persone che soffrono di un disturbo mentale grave. Solo in caso di una situazione di urgenza si potrà procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della salute dell'interessato. Se la persona non è più in grado di manifestare la propria volontà dovranno essere tenuti in considerazione i desideri e le volontà precedentemente espressi. Carta dei diritti dell'unione europea ( carta di Nizza del 2000): ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica, e deve essere rispettato il consenso libero ed informato della persona interessata.
7 Interviene necessariamente la corte di cassazione, che in difetto di leggi si adegua alle normative sovranazionali. Cassazione caso Englaro. Al medico è precluso qualsiasi tipo di trattamento sanitario in difetto di consenso libero ed informato del paziente, che costituisce il presupposto primario del suo diritto di accettare, interrompere e rifiutare la terapia, in conformità della nuova dimensione che ha assunto la salute, non più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico. E ancora la cassazione afferma la violazione dell'obbligo del consenso informato deriva dalla mancata osservanza del dovere di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento chirurgico. Parliamo anche del Comitato di bioetica secondo il quale le informazioni relative al programma diagnostico e terapeutico dovranno essere veritiere e complete, ma limitate a quegli elementi che cultura e condizioni psicologiche del paziente siano in grado di recepire ed accettare, evitando esasperate precisazioni di dati. Il paziente dovrà essere messo in grado di esercitare correttamente i suoi diritti, e quindi di formare una volontà che sia effettivamente tale rispetto alle alternative proposte. Il medico dovrà comunicare con il paziente, tenendo conto delle sue capacità di comprensione. Ho qualche rserva sul "limitare": informazioni complete e limitate?
8 E sempre il comitato di bioetica afferma in epoca successiva (2008) che il medico, non può limitarsi alla informazione fredda e arida di cosa succederà se il paziente decide di rifiutare il trattamento. Compito del medico è infatti favorire il consenso alle terapie, specie quando la scienza medica disponga di strumenti in grado di salvare la vita o apportare benefici concreti alla salute. E se la rinuncia o il rifiuto informato e consapevole ad un trattamento sanitario è l'esercizio di un diritto per il paziente, è dovere del medico cercare di ottenere il consenso alle cure che salvano la vita, sempre astenendosi dall'accanimento terapeutico. Perciò il medico non deve sottrarsi al ruolo di promotore della vita né a quello di curante, che deve prestare assistenza anche a chi decida di respingere la proposta terapeutica. Mi sembra di essere tornata a Platone. Certamente il comitato di bioetica presuppone che il medico sia una specie di angelo dedito al prossimo, che conosca l'antropologia, le religioni, l'anima della gente, che abbia conoscenze in tutti i campi della scienza medica, che sia uno psicoterapeuta e che abbia un solo caso alla volta. Alla fine arriviamo a definire il consenso informato come consenso libero, attuale, maturo e responsabile, raggiunto dopo una adeguata informazione da parte del medico. LIBERO: né il medico né altri possono fare pressioni sul malato per indirizzare la scelta: è necessaria informazione, consulenza e tempo di riflessione. Il medico non deve avere un comportamento di tipo direttivo, deve astenersi dal forzare o influenzare il paziente. Difficilissimo da attuare, la dipendenza terapeutica è una componente importante nel processo di cura, soprattutto in campo psichiatrico.
9 ATTUALE: il consenso deve essere espresso nella immediatezza del trattamento, perché chiunque può cambiare idea, decidere di accettare cure che in precedenza rifiutava, o decidere in qualunque momento di interrompere le cure, di non curarsi. Non sono immediatamente vincolanti per il medico le dichiarazioni anticipate di consenso, anche il dissenso deve essere attuale. E questo crea gravi problemi interpretativi. Il consenso deve ripetersi per ogni fase del trattamento, per ogni attività di valenza autonoma. MATURO (consapevole): è discutibile che il consenso dato la mattina stessa dell intervento sia valido: maturo significa anche che il malato deve avere il tempo di riflettere sulle implicazioni della sua decisione. Il paziente deve avere una panoramica di tutte le implicazioni e delle eventuali possibilità di scelta. Se il soggetto è capace non si può sostituire la sua volontà con quella di un terzo, ad esempio non possono essere i parenti a prestare il consenso. Ma anche il consenso dell'incapace deve essere tenuto in considerazione, questo raccomanda la convenzione di Oviedo a proposito dei minori e delle persone parzialmente incapaci. Se c'è dissenso tra il minore e i genitori il medico è tenuto a segnalare il caso all'autorità giudiziaria. Il consenso del malato psichico è l'argomento più difficile, bisogna esaminare se è in grado e quanto di comprendere le informazioni essenziali, di elaborarle, di valutare le situazioni e le probabili conseguenze della scelta, valutazione che dovrà essere eseguita dal giudice, a cui l'interessato, i suoi parenti e il medico potranno rivolgersi. RESPONSABILE il soggetto che presta il consenso deve essere cosciente del proprio quadro clinico, della propria condizione psicofisica, delle possibilità terapeutiche, dei
10 rischi. La decisione deve essere presa a seguito di un cosciente giudizio di comparazione tra rischi e vantaggi. Alla fine la giurisprudenza afferma che l'informazione deve essere completa, perchè il paziente deve essere concretamente messo in condizione di poter operare una valutazione personale dei benefici e dei rischi al fine della decisione: consenso o rifiuto. Occorre che un medico ( colui che eseguirà l'intervento o il capo dell'equipe), renda edotto il paziente della natura del trattamento, sia esso terapeutico, diagnostico, funzionale, estetico, della portata ed ambito della stesso, se sia invasivo, demolitivo, degli effetti collaterali connessi, ( degenza, invalidità, dolori post operatori, rischi probabili, anche con probabilità minima, percentuali di successo), e dei risultati raggiungibili, delle eventuali alternative al trattamento consigliato, e delle eventuali inadeguatezza della struttura sanitaria. L'informazione deve accompagnare ogni fase del trattamento Dall'insieme di quanto ho detto possiamo dedurre che la terapia medica non è un processo unilaterale. La determinazione al trattamento terapeutico deve essere frutto di un rapporto tra medico e paziente: il medico mette a disposizione le proprie competenze, il paziente il proprio vissuto, i propri valori, le proprie esigenze. Solo questo potrà portare alla cura del paziente, al raggiungimento della salute intesa non come assenza di malattia ma come benessere psicofisico. DETTO QUESTO, CHI RISPONDE ALLA DOMANDA SE IL MODULO CORRISPONDE AL CONCETTO DI CONSENSO INFORMATO O NON PIUTTOSTO A QUELLO DI CONCETTO FIRMATO? La risposta è abbastanza scontata. Sul modulo è stato detto:
11 IN tema ma di consenso informato sussiste responsabilità del medico quando il medesimo non solo omette di riferire al paziente la natura della cura cui dovrà sottoporsi, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando provveda a sottoporre al paziente per la sottoscrizione un modulo del tutto generico dal quale non sia possibile desumere con certezza che il medesimo abbia ottenuto in maniera esaustiva tutte le informazioni (Trib. Pordenone 8 ottobre 2010, n. 852, GM, 2011, 6, 1571); perciò l infomazione dovrà riguardare contenuti, modalità, tempi, conseguenze, effetti, alternative, etc.; dovrà, ulteriormente, riguardare ogni elemento del rapporto e, quindi, la diagnosi, la prognosi nonché il programma diagnostico terapeutico. essere chiara, completa, globale (dovrà riguardare la portata dell intervento, le inevitabili difficoltà, gli effetti conseguibili e gli eventuali rischi, le possibili scelte alternative, i comportamenti che il paziente dovrà tenere a seguito dell intervento, etc.): dovrà coprire ogni singola fase dell intervento, essere specifica cioè resa in stretto rapporto tanto con la soggettività personale quanto con l'oggettiva clinica propria del singolo caso, nonché personalmente offerta dallo stesso sanitario cui è richiesta la prestazione professionale: Aggiungiamo che il consenso informato non è necessario solo in casi di estrema necessità e urgenza, quando il medico non possa proprio aspettare e debba agire immediatamente per salvare la vita al paziente od evitargli gravi danni alla salute, a meno che, anche in questo caso il paziente non abbia espresso un dissenso alle cure. Prendiamo il caso di un testimone di Geova che in stato di incoscienza debba essere sottoposto ad una trasfusione di sangue: il medico dovrà valutare se il paziente
12 abbia espresso una volontà attuale, libera e consapevole contraria alle trasfusioni. In un caso del genere dopo un lungo iter giudiziario è stato deciso che il fatto che il paziente avesse su di sé un foglio con scritto niente sangue non può far presumere la volontà matura e responsabile, cioè non si può affermare che lo stesso paziente, messo di fronte alla situazione alla scelta tra la trasfusione e la morte, debitamente informato avrebbe rifiutato le cure. Se il paziente è cosciente, non si potrà mai in nessun caso fare a meno del consenso. L attualità del consenso pone una serie di dubbi, in caso di necessità di ricostruire la volontà della persona incapace al momento di prestare il consenso. Il medico può chiedere, o invitare i parenti a chiedere la nomina di un rappresentante legale per l incapace, un amministratore di sostegno che assieme al giudice ricostruisca la volontà espressa dal paziente quando era capace, chiaramente o meno, ed essere autorizzato a prestare o negare il consenso. In alcuni casi l amministratore di sostegno è stato autorizzato a prestare il consenso solo per cure palliative, una volta ricostruita la volontà del malato. Conseguenze della mancata informazione. La prova di aver ottenuto il consenso informato spetta al medico. La mancata informazione che porta ad un intervento, costituisce di per sè un illecito che determina un risarcimento, come lesione del diritto ad autodeterminarsi, sancito dalla costituzione. La giurisprudenza riteneva che se l'intervento aveva avuto esito fausto, anche in mancanza di informazione, non c'era responsabilità medica, mentre se l'esito era infausto il medico rispondeva anche se non c'erano stati errori nella esecuzione del trattamento.
13 In seguito è stato detto che la mancata informazione comporta l'illegittimità del trattamento e con essa la responsabilità del medico, per qualunque esito, indipendentemente dalla negligenza, e quindi anche in ipotesi che lo stato morboso rimanga inalterato, per violazione del diritto all'autodeterminazione. Sussiste responsabilità se l'adempimento del dovere di informazione avrebbe portato alla non esecuzione del trattamento dal quale è derivato lo stato patologico. L'omessa informazione e il difetto di consenso assumono autonomo rilievo ai fini risarcitori, anche in mancanza di lesione alla salute, se il paziente prova che se adeguatamente informato avrebbe evitato l'intervento. Il risarcimento si estende anche ai danni da lesione della salute che si siano verificati per le non imprevedibili conseguenze dell'attività medica, necessaria e correttamente eseguita. In conclusione, a mio parere, dobbiamo pretendere di essere adeguatamente informati, anche dal medico nel quale riponiamo la massima fiducia, che rimane alla base di ogni rapporto professionale. Al professionista chiediamo di essere supportati in campi nei quali non siamo esperti, o di cui non comprendiamo nulla. Ma il supporto comprende anche una adeguata informazione, per giungere ad una scelta condivisa, nelle piccole e nelle grandi cose.
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