UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA
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- Celia Gasparini
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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI M.FANNO CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E MANAGEMENT PROVA FINALE INVESTIRE NELLA PRIMA INFANZIA PER UNA SOCIETA' PIU' EQUA ED EFFICIENTE RELATORE: CH.MO PROF. CESARE DOSI LAUREANDO: PIETRO SOLARO MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO
2 Indice Introduzione Capitale umano e formazione di abilità Capitale umano Evoluzione della teoria Importanza delle abilità, cognitive e non cognitive Formazione di abilità: fattori rilevanti Patrimonio genetico e fattori ambientali Periodi critici e sensibili nello sviluppo Ambiente familiare Meccanismi del processo di apprendimento L'investimento nella prima infanzia Considerazioni sull investimento in formazione di abilità Investimento nella prima infanzia Investire presto Dove e perché investire: arricchire il contesto familiare svantaggiato Evidenze empiriche Perry Preschool Program Carolina Abecedarian Project Ritorno dell investimento Efficienza ed equità dell investimento Efficienza Equità Considerazioni finali Riferimenti bibliografici
3 Introduzione L aforisma la fonte di ricchezza in una nazione sta nell abilità dei suoi cittadini ha un significato speciale per la nostra epoca (Carneiro e Heckman 2003). L'importanza del capitale umano è stata ampiamente riconosciuta anche dalla teoria economica che, con lo sviluppo di modelli endogeni della crescita economica ne ha messo in luce il ruolo non solo come mero fattore di produzione (come avveniva in passato nel modello solowiano), ma come elemento decisivo per la crescita, gli incrementi di produttività ed il progresso tecnologico. Studiare la produzione di capitale umano risulta quindi di particolare interesse. In questo lavoro concentreremo l attenzione su una delle fasi più importanti per la formazione del capitale umano: la prima infanzia. Nel 1994, la pubblicazione del libro The Curve Bell da parte dello psicologo Richard J. Herrnstein e del politologo Charles Murray diede il via ad un acceso dibattito a causa di alcune presunte allegazioni di predeterminismo genetico e biologico riguardo il successo sociale ed economico individuale, attribuito all innato livello di abilità cognitiva. Oggi è invece largamente condivisa la tesi secondo cui un più vario ventaglio di abilità è responsabile di tale successo, abilità la cui formazione non è predeterminata geneticamente. Si apre quindi la possibilità di investire nel loro sviluppo, con vantaggi individuali e collettivi. Il presente elaborato è così articolato. Nel primo capitolo viene introdotto il concetto di capitale umano e vengono illustrate, da un lato, il ruolo e impatto delle abilità sul successo socioeconomico individuale, dall altro il loro processo di formazione. Nel secondo capitolo, muovendo dalle teorie delineate nel capitolo precedente, viene indagato l investimento nella prima infanzia. Infine, nel terzo capitolo, verrà illustrato come l investimento nella prima infanzia, nel caso di contesti familiari svantaggiati, si configuri come un caso di intervento pubblico capace di procurare, insieme, maggiore efficienza ed equità, senza quindi i trade-off tra queste dimensioni che spesso caratterizzano gli interventi governativi. 2
4 Capitolo 1 Capitale umano e formazione di abilità Nello studiare l investimento in formazione, o, più generalmente, qualsiasi investimento che coinvolga il capitale umano, sarà bene chiarire preliminarmente cosa si intende con tale termine, nonché la portata e i potenziali effetti di tale investimento. Nella prima parte di questo capitolo, verrà esplorato il concetto di capitale umano e ne verrà illustrata l evoluzione nella letteratura economica. Verrà evidenziata l importanza del capitale umano in relazione alle sue espressionicomponenti abilità, e verrà illustrato l approccio verso il capitale umano dominante nella più recente letteratura economica. Nella seconda e terza parte, l attenzione si sposterà sui processi di sviluppo del capitale umano. Questi verranno analizzati relativamente ai fattori determinanti lo sviluppo delle abilità. Verrà quindi proposta un'analisi del processo di apprendimento, fondamentale per la progettazione di interventi volti allo lo sviluppo del capitale umano. 1.1 Capitale umano Evoluzione della teoria Nella primissima letteratura riguardante il capitale umano, il concetto di accumulazione di capitale umano viene visto come una teoria rivale rispetto quella delle abilità nello spiegare differenze di reddito osservabili tra gli individui. Uno dei primi contributi pioneristici che hanno dato il via alla moderna trattazione del capitale umano, si può trovare in Becker (1964). La prospettiva adottata è che accumulazioni di capitale umano sono alla base di differenze di reddito tra gli individui. La rivale teoria delle abilità, al contrario, sosteneva che tali differenze erano spiegabili sulla base di diversi livelli di abilità cognitive (innate ed immodificabili). La tesi di di Becker era che un nuovo modello di capitale umano che considerasse ben più delle sole abilità cognitive innate potesse meglio spiegare le caratteristiche e le dinamiche delle distribuzioni di reddito rispetto ad una teoria basata su differenze genetiche ed innate di abilità cognitive negli individui. Contro la tesi secondo cui le abilità individuali sarebbero caratteristiche determinate geneticamente, quindi innate e non modificabili, la teoria del capitale umano proposta da 3
5 Becker suggerisce un concetto di accumulazione del capitale umano in cui investimenti nel suo sviluppo (come educazione, formazione sul lavoro etc.) sono suscettibili di modificare le prospettive di successo economico e sociale dell individuo, avendo perciò un potenziale ritorno economico. Il concetto di capitale umano così delineato da Becker risultava però alquanto sfocato e di difficile definizione, così come l attenzione era posta sull investigazione di possibili ritorni di investimenti in capitale umano (come educazione primaria, secondaria, universitaria etc.) senza però delineare le cause o i meccanismi sottostanti tali ritorni. Di conseguenza, il focus era su indicatori formali ed esteriori del livello di capitale umano, come, ad esempio, il livello di istruzione o il livello di specializzazione tecnico-professionale. Tali fattori infatti erano supposti essere indicatori affidabili di un non meglio definito e tendenzialmente inafferrabile concetto di capitale umano. Nonostante tali limiti, Cunha et al. (2006) rilevano come tale approccio sia ancora alla base di molti modelli economici recenti riguardanti l investimento nell infanzia, come ad esempio si può osservare in Aiyagari et al. (2002). Da letteratura successiva, come si può osservare in Griliches (1975), tentando di superare questa contrapposizione duale tra abilità innate e capitale umano, propone un modello teorico in cui l innato ed immodificabile livello di abilità veniva considerato come una delle componenti del capitale umano. Cunha et al. (2006) fanno significativamente notare come, tuttavia, l effetto del livello di abilità sull accumulazione di capitale umano (misurato in relazione ad indicatori formali, come il livello di istruzione) risultasse ambiguo. Un maggiore livello di abilità innata poteva infatti comportare un minore livello di istruzione, se tutto ciò che l istruzione formale offriva era insegnare ciò che una persona abile poteva imparare senza bisogno di istruzione formale. Ma, allo stesso tempo, una parte della letteratura faceva notare come maggiori livelli di abilità avrebbero potuto facilitare gli studi comportando più alti (e prestigiosi) livelli di istruzione. In tale visione, Stiglitz (1973) fa notare come, conseguentemente a tale effetto, uno delle funzioni delle istituzioni dell istruzione potesse essere quello di fornire informazioni riguardo il livello di abilità degli individui, contribuendo così ad un loro processo di scrematura. Tale teoria, conosciuta come signalling theory, congetturava come individui con diversi livelli di abilità innate conquistassero diversi livelli di istruzione per segnalare tali abilità nel mercato del lavoro. Una delle funzioni dell istruzione formale era quindi segnalare informazioni relative ai livelli di abilità dei partecipanti (Cunha et al. 2006). Le posizioni precedentemente illustrate si basavano su una errata e superata concezione delle abilità rispetto a quanto conosciuto al giorno d oggi. Come si legge infatti in Cunha et al. (2006), l intera letteratura assumeva che le abilità fossero innate, non mutabili con l età, relative 4
6 al solo campo cognitivo. Le abilità non cognitive, come, per esempio, motivazione, persistenza, gestione del tempo, auto controllo etc. erano quindi trascurate dalla ricerca economica e trattate alla stregua di abilità di secondo ordine, solo periferiche nella determinazione del successo educazionale, sociale e lavorativo dell individuo (Cunha et al. 2006). Tale visione delle abilità portava ad una incompatibilità strutturale tra la teoria del capitale umano e la teoria delle abilità. Una maggiore comprensione delle abilità e dei loro meccanismi di formazione, mettendo in evidenza la loro solo parziale predeterminazione genetica (v. par ), ha reso possibile una integrazione tra teoria delle abilità e del capitale umano (Carneiro e Heckman 2003). Secondo tale approccio, il capitale umano risulta essere costituito da abilità, le quali però risultano essere non innate e predeterminate geneticamente, ma influenzate dall ambiente di sviluppo. Le abilità si configurano come delle entità multidimensionali, comprendendo sia quelle di tipo cognitivo che quelle non cognitive (come ad esempio: motivazione, autocontrollo etc.: per per una più attenta trattazione, vedi par. successivo). In tale teoria, le abilità sono influenzate dai processi di istruzione formale, e non si comportano invece da sostituto (Carneiro e Heckman 2003). Anche, le abilità cognitive sono solo una forma di capitale umano, e non un suo rivale (Carneiro e Heckman 2003). Considerando quindi che il capitale umano è composto da abilità, l attenzione si sposta di conseguenza verso quest ultime Importanza delle abilità, cognitive e non cognitive Come evidenziato in questo paragrafo, diversi livelli di abilità sono collegati ad una serie di importanti effetti sulla vita dell individuo, lungo un'ampia gamma di dimensioni economicosociali. Tale tesi è supportata da una fitta letteratura fondata su studi empirici e non, sia in ambito psicologico che economico. Come afferma Heckman (2008b), molti importanti problemi economici e sociali come criminalità, gravidanze precoci, abbandono scolastico e cattive condizioni di salute sono collegate ad un basso livello di abilità negli individui. Benché in passato l attenzione fosse posta sulle sole capacità cognitive, recentemente la ricerca ha riconosciuto come le abilità non cognitive siano importanti almeno quanto quelle cognitive, come verrà illustrato in seguito. Come si legge in Brunello e Schlotter (2011), le abilità cognitive sono solitamente identificate con l intelligenza e l abilità di risolvere problemi astratti. Tali abilità si riferiscono, per esempio, ad aspetti come memoria, l abilità di apprendere nuove informazioni, la comprensione di materiale scritto etc., e strumenti di misurazione di tali abilità includono, ad esempio, il test per 5
7 la misurazione del quoziente di intelligenza (QI test). Tali abilità vengono spesso associate al concetto intelligenza g elaborato da Spearman (1904), il primo studio ad avanzare scientificamente una teoria dell intelligenza. Nel suo lavoro Spearman nota come vi sia una correlazione tra buoni risultati in diverse attività di tipo cognitivo da parte degli stessi individui (ad esempio, un soggetto con un ottima capacità di calcolo avente mediamente anche una buona memoria): per spiegare tale fenomeno, viene avanzata l ipotesi di un fattore g, o intelligenza generale, responsabile del fenomeno (Spearman 1904). Le abilità non cognitive sono solitamente opposte alle hard skills cognitive (Anon n.d.). Esse vengono spesso accomunate ai tratti della personalità (Cunha et al. 2006), e si riferiscono a fattori quali, ad esempio, motivazione, perseveranza, abilità socio-emozionali, attenzione, sicurezza in sé stessi, autocontrollo etc. (Heckman 2008b). Benché in passato la letteratura economica abbia trascurato, se non ignorato del tutto, l importanza di tale tipo di abilità, la più recente letteratura ne ha riscoperto la fondamentale importanza. Benché in passato le abilità non cognitive siano state trascurate dalla letteratura, lo stesso non si può dire per le abilità dell'altro tipo, le cognitive. Ad Herrnstein e Murray (1994) si deve un importante contributo sul ruolo delle le abilità di tipo cognitivo (misurate dai test scolastici negli anni di sviluppo del bambino) nei confronti del successo sociale ed economico dell'individuo. Murnane et al. (1995) analizzano i dati di due estesi sondaggi svolti in USA, mostrando una chiara relazione tra abilità cognitive e salari, e come tale correlazione tendesse ad aumentare nel tempo. Neal e Johnson (1996) mostrano come differenze di abilità cognitive rilevate durante l adolescenza spiegavano, negli Stati Uniti, differenze di salario tra donne bianche e di colore: del tutto per giovani donne, e per la maggior parte per giovani uomini. Numerosi altri studi, come Cunha et al. (2010) hanno testimoniato, rilevano l'importanza delle abilità cognitive nella vita dell individuo. Le abilità non cognitive, tuttavia, si configurano come parimenti importanti. Heckman e Rubinstein (2001) fanno significativamente notare come tale attribuzione di importanza sia relativamente diffusa nel senso comune della gente. E infatti comune ritenere che tratti non cognitivi come la motivazione, la tenacia, la perseveranza etc. ricoprano un ruolo importante nella vita. In tale ambito, risulta significativo lo studio sui qualificati GED negli Stati Uniti. Heckman et al. (2000) notano come gli individui sostenenti il GED negli Stati Uniti (un esame equiparato al diploma di scuola secondaria superiore ma che non richiede alcuna frequenza delle lezioni) abbiano mediamente le stesse capacità cognitive dei diplomati che hanno seguito un processo 6
8 tradizionale: tuttavia, i dati mostrano come i qualificati GED guadagnino in media salari decisamente più bassi dei normali diplomati (Cameron e Heckman 1991). Tali differenze possono quindi essere spiegate, come suggeriscono Heckman et al. (2000), da abilità diverse da quelle di tipo cognitivo, ugualmente importanti: le abilità non cognitive. Infatti, gli autori continuano, è osservabile nei qualificati GED un maggior livello di cattivi comportamenti nell adolescenza come, ad esempio, marinare la scuola, microcriminalità etc.: tali comportamenti sono infatti più effetto della carenza di adeguati livelli di abilità socioemozionale che della carenza di capacità di tipo cognitivo. Tali differenze di salario tra qualificati GED e diplomati normali sono da spiegarsi, conseguentemente, sulla base delle abilità non cognitive. Quindi, tale esempio è particolarmente significativo ed emblematico della loro importanza. Sempre riguardo l importanza delle abilità non cognitive, Heckman (2008b) fa significativamente notare come i test usati da Herrnstein e Murray per dimostrare l importanza delle abilità cognitive riflettano in realtà fattori sia cognitivi che non. Ancora, Dunifon e Duncan (1998) mostrano come diversi tratti motivazionali correlino significativamente con differenze nei livelli di salario. Groves (2005) illustra come misure di diversi tratti della personalità abbiano influenza sulle posizioni lavorative e sul successo nel mercato del lavoro. Come si legge in Borghans et al. (2008), numerosi studi dimostrano l importanza delle abilità non cognitive sul successo della vita dell individuo, i cui effetti e rilevanza sono quindi riconosciuti dall attuale mondo accademico. In un'ottica di integrazione tra le abilità cognitive e non, risultano di particolare interessi gli studi che, a partire dagli anni 2000, hanno analizzato gli effetti delle abilità considerate globalmente, senza procedere a quella trattazione monotematica cognitiva (o non cognitiva), risultante a seconda dei casi nella svalutazione dell un tipo (cognitivo) o nel tentativo di riscatto dell altro (non cognitivo). Un ottimo esempio di tali studi è offerto da Heckman et al. (2006). Il modello vettoriale sviluppato muovendo da studi empirici e teorici precedenti, illustra vari e significativi effetti causati da differenti livelli di abilità, cognitive e non, sulla vita dell individuo. Dal momento che tale modello è non lineare e multidimensionale, il miglior modo di presentare i risultati è simularlo (Heckman et al. 2006). Tale simulazione si basa sui dati del National Longitudinal Survey of Youth 1979 (NLSY79) che contiene un ampia serie di dati relativi a soggetti di età compresa tra i 14 e i 21 anni nel 1979 (Heckman et al. 2006). Verranno illustrati, per brevità di trattazione, solo alcuni dei risultati del modello: per una completa analisi (anche delle modalità di indagine e della struttura del modello) si rinvia pertanto al lavoro originale. 7
9 Le figure che seguono mostrano tali risultati. Esse sono composte da tre grafici: la prima mostra la distribuzione in base all effetto combinato di abilità cognitive e non cognitive, mentre il secondo e terzo grafico mostrano l effetto marginale di ciascun tipo di abilità, neutralizzando l effetto dell altro tipo; i decili più alti sono associati a livelli più alti di abilità. Fattori esterni a quelli presentati nei grafici sono neutralizzati. I grafici si riferiscono ai soli effetti sugli uomini: per brevità di trattazione quelli relativi agli effetti sulle donne, quando non sono rilevabili significative differenze, sono qui omessi. Il considerevole effetto positivo delle abilità sui salari è mostrato in figura 1. Il valore della funzione logaritmo ha una relazione positiva (e non proporzionale) con la variabile oggetto della funzione, il salario. Figura 1 Logaritmo Medio dei Salari ad anni 30 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) 8
10 I grafici 2A e 2B mettono in evidenza l impatto del livello di abilità sui livelli di occupazione. Come si nota, è osservabile un effetto maggiore delle abilità non cognitive sul livello di occupazione nel caso delle donne. Figura 2A Probabilità di Avere un Occupazione ad anni 30 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) Figura 2B - Probabilità di Avere un Occupazione ad anni 30 Donne - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) Anche il tipo di lavoro è influenzato dai livelli di abilità. Come si può osservare in figura 3, le abilità impattano la probabilità di essere in una posizione lavorativa da colletto bianco a 30 anni. Figura 3 - Probabilità di Essere un Colletto Bianco ad anni 30 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) 9
11 Il grafico 4 mostra la rilevanza della abilità sulla probabilità di abbandono scolastico durante la scuola secondaria di secondo grado. Figura 4 - Probabilità di Abbandono della Scuola Secondaria di Secondo Grado Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) La figura 5 mette in evidenza la correlazione tra livelli di abilità e salute (e, conseguentemente, di spese sanitarie), mostrando come bassi livelli di abilità correlano con più alte probabilità di essere un fumatore a 18 anni. A proposito del rapporto tra abilità, salute e costi sanitari è significativo lo studio di Kaestner (2009), dove viene mostrato come livelli abilità diversi hanno un significativo impatto sulle abitudini, stato di salute e, conseguentemente, spese sanitarie degli individui. Figura 5 - Probabilità di Essere un Fumatore ad anni 18 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) 10
12 Il grafico 6 introduce il rapporto tra abilità e assunzione di droghe, mostrando la relazione negativa tra livelli di abilità e probabilità di uso di marjuana durante il 1979, anno di inizio dei dati. Figure 6 - Probabilità di Fumare Marijuana durante il 1979 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) Quanto alla relazione tra livelli di abilità e criminalità, i grafici 7 e 8 mostrano come bassi livelli di abilità correlino con una maggiore probabilità di comportamenti criminali, in relazione all essere stato in prigione ad anni 30 ed all aver compiuto atti criminali nel 1979, anno di partenza dei dati del NLSY79. Figura 7 Probabilità di Essere Stato in Prigione ad anni 30 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) Figura 8 Probabilità di Compiere Attività Illegali durante il 1979 Uomini - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) 11
13 Infine, il grafico 9 mostra come bassi livelli di abilità comportino una probabilità relativamente, per una donna, di incorrere in gravidanze precoci. Figure 9 Probabilità di Essere Single ed Avere un Bambino ad Anni 18 Donne - ii., iii. rispetto al decile di abilità cognitive e non (Heckman et al. 2006) Ciò che si evince dallo studio è che, benché in taluni casi abilità cognitive e non cognitive possano mostrare differenti meccanismi di intensità e correlazione con l effetto specificamente considerato, si nota in generale un simile comportamento ed effetto delle due variabili cognitive e non cognitive, quantomeno in relazione al segno di tale effetto. Alti livelli di abilità sono associati ad effetti positivi o alla diminuzione di effetti negativi, mentre si osserva l opposto per bassi livelli di abilità. Gli effetti nella vita dell individuo influenzati dalle abilità riguardano un ampio raggio di fattori economico-sociali come il salario, l occupazione, la posizione lavorativa, l abbandono scolastico, l uso di droghe etc. Le abilità non cognitive risultano quindi di eguale importanza in confronto a quelle cognitive (Cunha et al. 2006). Inoltre, tutti e due i tipi di abilità risultano fondamentali per l impatto conseguente sulla vita dell individuo, lungo una vasta gamma di dimensioni relative al successo economico-sociale. Data quindi la notevole importanza delle abilità, risulta quindi interessante investigarne la formazione. 1.2 Formazione di abilità: fattori rilevanti In passato, i modelli economici di sviluppo delle abilità del bambino trattavano l infanzia come un unico singolo periodo (Cunha e Heckman 2007). Esempi di tali modelli possono essere trovati, ad esempio, in Becker e Tomes (1985), o Aiyagari et al. (2002). In tali modelli, gli investimenti effettuati per lo sviluppo di abilità in momenti differenti dell infanzia erano considerati come perfetti sostituti. Tuttavia, gli studi più recenti dimostrano come sia 12
14 importante costruire un modello della formazione di abilità che tenga conto di differenti effetti in diversi periodi nell infanzia, e dei meccanismi di formazione delle abilità (Cunha e Heckman 2007). Vi è più di una differenza tra i vecchi e nuovi modelli teorici ed empirici. Nel passato, l investimento di tempo verso il bambino da parte dei genitori era trascurato, e l unico investimento considerato era quello in educazione (Heckman e Mosso 2014). Le abilità cognitive erano le uniche considerate, e non venivano distinte da un più generale concetto di abilità. L investimento in ogni periodo dell infanzia veniva ritenuto avere la stessa produttività di qualsiasi altro periodo. Come Heckman e Mosso (2014) scrivono, le indagini più recenti hanno evidenziato la necessità di suddividere e tenere conto di svariati periodi di sviluppo sia nell infanzia che nell età adulta. La considerazione delle abilità come fattori importanti nella vita è estesa anche a quelle non cognitive. L investimento in formazione viene visto in maniera più ampia rispetto alla mera educazione tradizionale scolastica e, specificamente, viene evidenziato l importante ruolo dell ambiente familiare (Heckman e Mosso 2014) Patrimonio genetico e fattori ambientali Il dibattito tra predeterminismo genetico e sviluppo ambientale, sintetizzato dalla famosa terminologia nature vs. nurture, affonda le radici nel passato. L introduzione di tale terminologia risale a Francis Galton nel 1874 (West e King 1987). Galton, in English Men of Science: Their Nature and Nurture scrive: "[t]he phrase 'nature and nurture' is a convenient jingle of words, for it separates under two distinct heads the innumerable elements of which personality is composed. [...] When nature and nurture compete for supremacy [...] the former proves the stronger" (Galton 1874, p.12). Nel 1994, molti studiosi lessero in The Curve Bell di Herrnstein e Murray (1994) una tesi di predeterminismo genetico, sulla base di presunte dichiarazioni di come differenze riscontrate nei test tra individui di differenti fossero dovute in gran parte a differenze genetiche. Questo (insieme a delle implicazioni razziali derivanti dalla combinazione dei risultati dei test con l argomento di spiegazione genetico di tali differenze) alimentò un acceso dibattito accademico (Chabris 1998), dimostrando come ambiguità e posizioni contrastanti nel mondo accademico 13
15 riguardo al ruolo del patrimonio genetico e dell ambiente risalga fino a tempi relativamente recenti. Oggi, la ricerca ha fatto progressi riguardo la comprensione di tale rapporto, chiarendo come una posizione di esclusivo o dominante predeterminismo genetico sia largamente inadeguata. Come scrivono Heckman e Mosso, [t]he early emergence of skill gaps might be interpreted as the manifestation of genetics: smart parents earn more, achieve more, and have smarter children. There is, however, a strong body of experimental evidence on the powerful role of [... environments]. Genes are important, but skills are not solely genetically determined (2014, p.8). Vi sono infatti significative prove relativamente al fatto che l espressione genetica venga mediata dall ambiente. Nisbett et al. (2012) mostrano come l importanza dell ambiente sulla formazione del quoziente di intelligenza (QI) può essere rilevata dall incremento del QI da 12 fino a 18 punti nel momento in cui un bambino viene adottato spostandosi da una famiglia della classe operaia ad una del ceto medio. Caspi et al. (2007) dimostrano come fattori ambientali influenzino anche l espressione biologica dei geni, mostrando come bambini allattati al seno raggiungono QI più alti che bambini non allattati al seno: ciò grazie ad un gene (FADS2) controllante gli acidi grassi, il cui comportamento è influenzato dall allattamento, o meno, al seno. Lo studio dei gemelli illustra come fattori ambientali possano influenzare considerevolmente un'ampia gamma di fattori, in quanto gemelli omozigoti (geneticamente identici), influenzati da una diversa esperienza di vita possono esibire un'espressione genetica in età adulta (Fraga et al. 2005) Periodi critici e sensibili nello sviluppo Una volta appurata l importanza dell ambiente, diventa importante individuare in quali periodi determinati tipi di abilità risultino influenzabili e modificabili. A differenza del passato, vi è ormai consapevolezza di come l infanzia, così come l età adulta, non possa essere considerata come un periodo unico, ma debba essere suddivisa in più periodi. I periodi più efficaci nella produzione di certe abilità sono chiamati periodi sensibili per l acquisizione di tali abilità; se solo un certo periodo è efficace nella produzione di un abilità, questo è chiamato periodo critico per lo sviluppo di tale abilità (Cunha e Heckman 2007). Come si legge in Thomas e Johnson (2008), vi sono prove riguardo alla presenza di periodi critici e sensibili nello sviluppo 14
16 delle abilità, ed in particolare nell infanzia. Alcune abilità, infatti, sono meglio acquisite in certi periodi dell infanzia che in altri. Vari studi supportano tale ipotesi. Pinker (1994) suggerisce come molti periodi sensibili e critici sono conseguenza di processi naturali riguardanti lo sviluppo funzionale del cervello dopo la nascita. Tale prospettiva suggerisce come, in generale, periodi fondamentali per un corretto sviluppo siano tendenzialmente nella primissima e più tenera età. Ad esempio, se la sintassi e la grammatica non sono apprese precocemente, è molto difficile procedere ad un loro apprendimento più tardi nella vita (Heckman 2008a). Abilità cognitive e non cognitive risultano modificali in periodi diversi. Riguardo le abilità cognitive, il valore del quoziente d intelligenza si stabilizza intorno ai 10 anni circa, suggerendo un periodo critico per la sua formazione precedente i 10 anni (Cunha et al. 2006). Tuttavia, alcuni studi anticipano ulteriormente tale soglia suggerendo l'importanza dei primissimi anni dell infanzia (Armor 2003). Becket et al. (2006) riportano uno studio condotto sulle adozioni di bambini orfani Rumeni provenienti da orfanotrofi statali configurantesi come ambienti pesantemente svantaggiati. Più ritardato il periodo dell adozione (momento in cui l orfano era ritirato dall isolamento sociale, emozionale e cognitivo dell orfanotrofio), minore risultava livello di capacità cognitive a 6 anni. Significativamente, bambini adottati a differenti età da 6 a 42 mesi non differivano tra di loro ad 11 anni riguardo l abilità cognitiva, mentre tutti gli altri bambini adottati successivamente mostravano una media di quoziente intellettivo inferiore di 15 punti. Come Becket et al. (2006) fanno notare, questi risultati supportano la presenza di un notevole periodo critico per lo sviluppo cognitivo nella primissima infanzia. Riguardo le abilità non cognitive, Brunello e Schlotter (2011) fanno notare come, al confronto delle abilità di tipo cognitivo, le abilità non cognitive risultano malleabili in un arco temporale più esteso e possano essere modificate sino alla tarda adolescenza. Alcuni autori giustificano tale fenomeno sulla base delle evidenze apportate dalle neuroscienze, che suggeriscono la malleabilità della corteccia pre-frontale fino i primi anni successivi i 20 anni (Dahl 2004). Inoltre, una significativa parte della letteratura si spinge oltre, sostenendo come tali abilità possano essere apprese e modificate lungo tutto l arco di vita dell individuo (si veda, ad esempio: Cherniss e Goleman (1998), Rutter et al. (2001)). Le abilità non cognitive presentano quindi un arco di modificabilità maggiore rispetto a quelle cognitive, e generalmente è accettato come tale arco temporale si estenda almeno sino alla tarda adolescenza. 15
17 Appurata l importanza dei primissimi anni di vita dell infante, così come dell ambiente in cui lo sviluppo avviene, un importante fattore da considerare, in quanto relativo all ambiente che perlopiù circonda l infante nei primissimi anni di vita, è l ambiente familiare Ambiente familiare La famiglia, per i motivi delineati precedentemente, è una delle componenti più importanti nello sviluppo delle abilità del bambino. La sua influenza è duplice, in quanto il nucleo familiare si configura sia come l ambiente in cui l infante trascorre gran parte del tempo nei primi anni dello sviluppo, sia come l attore che tradizionalmente è supposto responsabile dell investimento nello sviluppo delle abilità del bambino, particolarmente nei primissimi anni di vita. Come sottolineano Cuhna et al. (2006), la famiglia gioca un importante ruolo nel modellare ed influenzare lo sviluppo delle abilità del bambino, essendo la maggiore contribuente di ambiente post-natale. E estremamente significativo notare come differenze di abilità attraverso diversi gruppi socioeconomici hanno come maggiore determinante differenze nella qualità degli ambienti e degli investimenti familiari nello sviluppo del bambino (Heckman e Mosso 2014) (Cunha e Heckman 2009). E alle differenti condizioni familiari che si deve attribuire il precoce emergere di differenti livelli di abilità tra differenti gruppi economico-sociali, e non quindi alla predeterminazione genetica (Cunha e Heckman 2007). Vari studi evidenziano l impatto che l ambiente familiare può avere sullo sviluppo. Fernald et al. (2013) illustrano significative disparità nel vocabolario lessicale e nell abilità linguistica tra bambini provenienti da famiglie di superiore ed inferiore status socio-economico, già evidenti a 18 mesi. A 24 mesi si manifesta un distacco di 6 mesi tra tali gruppi riguardo lo sviluppo di abilità critiche nell area linguistica. Hart e Risley (1995) analizzano più specificamente l impatto del nucleo familiare sullo sviluppo delle abilità linguistiche: la loquacità del bambino smette di crescere quando raggiunge il livello di quella dei sui genitori; prima della scuola primaria vi sono già grandi differenze (nei bambini Americani) riguardo lo sviluppo dell area linguistica; fattori causanti tali differenze sono da ricercarsi nel nucleo familiare, in quanto la qualità e la quantità di interazione sociale linguistica del bambino con i genitori risulta come la 16
18 primaria fonte delle esperienze linguistiche nei primi anni di vita, nonché come una fondamentale determinante del successivo sviluppo di ulteriori abilità linguistiche. Appurata l importanza della famiglia, è interessante notare come sia una caratteristica degli attuali tempi moderni una maggiore entrata in crisi del nucleo familiare, rispetto al passato. Come Cunha e Heckman (2007) fanno notare per gli Stati Uniti (ma si potrebbe sostenere come questo sia un fenomeno piuttosto diffuso in gran parte dei paesi occidentali), un minor numero di bambini vive con due genitori sposati, e la nascita di bambini da donne non sposate è andata aumentando. Questi tipi di strutture familiari risultano maggiormente associati a ridotte risorse familiari, una minore stimolazione cognitiva ed emozionale del bambino e scarse capacità genitoriali (Cunha & Heckman, 2007). 1.3 Meccanismi del processo di apprendimento Quello che potrebbe essere considerato come un quarto fattore da considerare è lo stesso processo dei meccanismi di formazione delle abilità. In particolare, risulta fondamentale nel processo di apprendimento delle abilità la relazione tra la produzione di un'abilità in un certo periodo e l impatto che tale produzione ha sui livelli di abilità dei momenti successivi. Infatti, il processo di formazione delle abilità si presenta come un processo dinamico, in cui ogni investimento in un dato periodo influenza ed è influenzato da, rispettivamente, livelli di abilità futuri e passati. Specificamente, si verificano due importanti fenomeni: l auto-produttività e la complementarità dinamica dell investimento, fenomeni che verranno ora illustrati. Tali scoperte riguardo i meccanismi di formazione delle abilità sono il frutto di una letteratura basata sia su studi empirici che su modelli teorici quantitativi e multidimensionali (si veda, ad esempio Heckman e Mosso (2014), Cunha et al. (2010), Cunha e Heckman (2007)). Riguardo al fenomeno dell auto-produttività, un'importante caratteristica del processo di formazione è che le abilità prodotte in un certo periodo t=0 aumentano il livello di abilità sviluppate in un tempo successivo t=1 senza bisogno di ulteriori investimenti (Cunha et al. 2006). Vi sono due meccanismi che causano tale fenomeno. Primo, un abilità sviluppata in un certo momento persiste in periodi successivi. Secondo, le abilità sono auto-rinforzanti: ad esempio, costanza e motivazione nell intraprendere attività intellettualmente stimolanti possono comportare un maggiore sviluppo di abilità cognitive nel tempo. Quindi, lo sviluppo 17
19 di un abilità in una certa fase della vita aumenta, senza alcun altro ulteriore investimento, il livello di abilità raggiunto in una fase successiva (Cunha e Heckman 2007). Un secondo importante fenomeno è la complementarità dinamica, ossia un abilità prodotta in un dato momento aumenta la produttività dell investimento in periodi successivi (Carneiro e Heckman 2003). Ciò ha due importanti conseguenze: investimenti in periodi precedenti rendono più profittevole investire successivamente; nel contempo, investimenti in periodi precedenti non sono produttivi se non sostenuti da investimenti successivi (Cunha e Heckman 2007). In altre parole, risulta importante non trascurare ciascuna fase dell investimento, in quanto ciò si riflette in un minor livello di abilità sviluppate a parità di investimento, o in maggiori costi di investimento a parità del livello di abilità da raggiungere. Gli investimenti in formazione di abilità presentano, quindi, caratteri sia di auto-produttività che di complementarità dinamica. La formazione di abilità si configura pertanto come un processo dinamico, in cui le abilità acquisite in una periodo impattano la produttività dell apprendimento nel periodo seguente. Insieme, i meccanismi delineati sono causa di un effetto moltiplicatore (Cunha e Heckman 2007), che spiega perché "[s]kill begets skill [... and] learning begets learning" (Heckman e Masterov 2007, p.34). Tale effetto è sintetizzato dalla figura 10, che mostra il più alto ritorno dell investimento di un dollaro nei primi periodi di vita piuttosto che successivamente. Infatti, "[c]eteris paribus the rate of return to a dollar of investment made while a person is young is higher than the rate of return to the same dollar made at a later age" (Heckman e Jacobs 2010, p.22). Figura 10 Ritorno di uno stesso dollaro investito in differenti periodi del ciclo di vita dell individuo (James J. Heckman 2011) Come sostengono Cunha et al. (2006), a causa di questi meccanismi di formazione delle abilità i ritorni dell investimento nella prima infanzia sono elevati, e riparare a livelli inadeguati di 18
20 investimento nella prima infanzia si rivela difficile e costoso (Heckman e Masterov 2007). Nel prossimo capitolo concentreremo quindi l'attenzione sull'investimento nella prima infanzia. 19
21 Capitolo 2 L'investimento nella prima infanzia 2.1 Considerazioni sull investimento in formazione di abilità 'The Bell Curve' di Herrnstein e Murray (1994) assegnava un ruolo primario alla genetica nello spiegare differenze in abilità cognitive tra gli individui, e un ruolo primario alle abilità cognitive nella determinazione del successo in età adulta (Heckman 2008b). Come Heckman (2008b) fa significativamente notare, se l abilità cognitiva è geneticamente determinata e risulta essere la componente principale nella determinazione del successo in età adulta, le politiche governative verso i soggetti svantaggiati non possono che limitarsi ad un trasferimento di risorse verso i meno abili. Herrnstein e Murray (1994) sostenevano che la società statunitense stesse trasformandosi sempre più in una società estremamente meritocratica. Alla base delle, a volte anche estreme, differenti condizioni economico-sociali degli individui vi erano corrispondenti differenze in abilità. In tale prospettiva, trasferimenti verso gli svantaggiati avrebbero la la mera funzione di diminuire le ineguaglianze, senza alcun beneficio in termini di efficienza complessiva. In altre parole, la società avrebbe sprecato risorse in modo da soddisfare una preferenza di maggiore equalità sociale. Fortunatamente, questo non è il caso. Come sottolineato nel capitolo, la tradizionale antitesi di nature contro nurture si rivela inadeguata, in quanto oggi la ricerca riconosce l importanza di entrambi i fattori nel successo socio-economico dell individuo, mettendo in evidenza come l espressione genetica dipenda dall ambiente, e come le abilità dipendano (potendo essere modificate ed incrementate) da opportuni investimenti lungo l arco di vita dell individuo. E bene chiarire che per investimenti si intende una concezione più ampia rispetto ai tradizionali investimenti in educazione scolastica. Infatti, il temine comprende fattori quali la quantità di tempo dedicata al bambino, la qualità di tale tempo in relazione al processo di genitorialità e tutoraggio, la qualità dell ambiente in cui il bambino è inserito etc. Dal momento che investimenti nello sviluppo possono modificare il livello di abilità (e, quindi, il successo socio-economico) e procurano un qualche tipo di ritorno, si apre la possibilità di studiare e 20
22 quantificare tali ritorni, come ad esempio tentato in un primo e pioneristico studio di Becker (1964). In passato, tuttavia, si è assistito ad una inadeguata concezione del processo di apprendimento delle abilità. Come si è evidenziato, l infanzia (così come l età adulta) era infatti considerata come un unico ed omogeneo periodo in cui investimenti in momenti diversi erano supposti avere carattere di perfetta sostituibilità. In tale contesto, aveva senso trattare diversi periodi (come, ad esempio, la formazione primaria, la formazione secondaria di primo grado etc.) separatamente ed indipendentemente da altri periodi rispetto a quello considerato. Tuttavia, l emergere di prove a favore di un processo di formazione dinamico e multifase (v. par. 1.3), in cui i ritorni dell investimento in diverse fasi interagiscono influenzandosi tra loro, nonché la presenza di periodi critici e sensibili (vedi par ), che rendono più conveniente (o talvolta, addirittura, l unica via possibile) investire in certe fasi piuttosto che altre, suggeriscono come le decisioni di investimento in formazione di abilità debbano tenere conto di tutto il quadro d insieme. Diversi fattori ed orizzonti temporali devono infatti essere considerati simultaneamente, in un'ottica decisamente più ampia ed integrata di quanto è fatto in passato in buona parte della letteratura (e di quanto viene ancora fatto negli abituali discorsi politici). E quindi opportuno evidenziare come discutere di una sola fase, senza prestare alcuna attenzione e considerazione di sorta alle altre, risulta decisamente inadeguato. Nel prossimo paragrafo verrà dunque, tra le altre cose, illustrato il motivo e la giustificazione dell attenzione su una delle diverse fasi nella formazione di abilità: nello specifico, la prima infanzia. 2.2 Investimento nella prima infanzia Come si legge in Heckman et al. (2006), dal momento che la base di abilità cognitive e non cognitive viene formata presto nella vita, differenze in tali abilità accumulate inizialmente risultano generalmente persistenti. E, dal momento che tali differenze sono alla base del successo economico e sociale, le differenze tra individui con diverso reddito, posizione sociale etc. affondano le radici in differenze di abilità spesso accumulate sin dai primi momenti di vita del bambino (Heckman et al. 2006). E quindi evidenziata l importanza, nel processo di sviluppo delle abilità, della prima infanzia. Tale fenomeno può essere spiegato sulla base delle teorie della formazione delle abilità illustrate nel capitolo 1. Il processo di formazione delle abilità si configura, infatti, come un processo dinamico e multifase, in cui gli investimenti fatti in un periodo influenzano (e vengono 21
23 influenzati dagli) investimenti fatti in altri periodi. Come si vedrà, le caratteristiche del processo di apprendimento viste nel par. 1.3, nonché la presenza di periodi critici e sensibili visti nel par , giustificano l importanza della prima infanzia nello sviluppo delle abilità, abilità che a loro volta sono causa di importanti effetti che si protraggono lungo tutta la vita dell individuo. L importanza dell investimento in formazione nella prima infanzia risulta quindi il motivo della sua trattazione in questo lavoro. Il rapporto della prima infanzia con le altre fasi dello sviluppo è un rapporto di necessità, ma non sufficienza. Investimenti nella prima infanzia si configurano, a causa della sensibilità di tale periodo per lo sviluppo delle abilità, ed a causa dell effetto moltiplicatore (v. par. 1.3), come degli investimenti la cui mancanza comporta una perdita, maggiore del risparmio ottenuto non effettuando tali investimenti. Da un altro punto di vista, tuttavia, è bene notare come la mancanza di investimenti successivi al periodo della prima infanzia ha comunque l effetto di compromettere ugualmente lo sviluppo. Gli investimenti nella prima infanzia devono cioè essere supportati da opportuni investimenti successivi. E tuttavia significativo osservare che gli investimenti nella prima infanzia vengano prima. In presenza di risorse scarse (a causa dei meccanismi del processo di formazione) conviene trasferire risorse da periodi successivi a quelli precedenti, fino a raggiungere livelli di investimento ottimale nei periodi precedenti prima di investire in quelli successivi. Nonostante la mancanza di un livello ottimale negli investimenti successivi comporterebbe comunque, complessivamente, una situazione sub-ottimale (per lo stesso meccanismo per cui sarebbe subottimale non investire adeguatamente nella prima infanzia) ciò sarebbe comunque una situazione migliore della presenza di investimenti sub-ottimali nei periodi precedenti. L investimento nella prima infanzia risulta fondamentale: una condizione non sufficiente, ma certamente necessaria per lo sviluppo dell individuo, e in generale della società Investire presto Un primo fattore che si deve considerare nel discutere la tempistica dell investimento nella formazione di abilità è la presenza di periodi critici e sensibili per lo sviluppo di abilità (v. par ). Se un periodo è sensibile per lo sviluppo di un abilità si può considerare di investire in tale periodo in quanto l investimento avrà come effetto un incremento delle abilità. Se è critico, risulta fondamentale investire in tale periodo in quanto un mancato investimento potrebbe comportare conseguenze irreparabili. L infanzia (fino a 10 anni) risulta critica per lo sviluppo 22
24 delle abilità cognitive, e sensibile per lo sviluppo delle abilità non cognitive. La presenza di un periodo critico nell infanzia per lo sviluppo delle abilità cognitive e di un periodo sensibile per lo sviluppo di quelle non cognitive comporta che l infanzia si configuri come un periodo fondamentale per investire nello sviluppo di abilità. Tuttavia, anche il processo di formazione delle abilità deve essere preso in considerazione (v. par. 1.3). Come sottolineano Cunha et al. (2006), infatti, il carattere dinamico del processo di accumulazione di abilità ha implicazioni su come l investimento nello sviluppo di abilità dovrebbe essere distribuito lungo il ciclo di vita dell individuo. La formazione delle abilità è infatti un processo che comincia nell utero, per poi proseguire successivamente lungo la vita. Dal momento che l abilità acquisita in una fase del ciclo di vita influenza la produttività dell apprendimento della fase successiva (Cunha et al. 2006), prendere in considerazione i meccanismi di tale sviluppo di abilità risulta estremamente importante ottimizzare l investimento nei vari periodi del ciclo di vita. Specificamente, a tal proposito risulta fondamentale considerare i caratteri di complementarità dinamica e auto-produttività nella formazione di abilità, insieme sintetizzate dal concetto di effetto moltiplicatore dell investimento in formazione di abilità. Come conseguenza del carattere di complementarità, un investimento comportante un incremento di abilità in un certo periodo aumenta la produttività di un investimento successivo. Se quindi un adeguato livello di investimento manca nei primi periodi, eventuali investimenti successivi soffriranno di una minore produttività rispetto al caso in cui fossero stati supportati da adeguati investimenti precedentemente. I primi periodi, e quindi la prima infanzia, risultano quindi fondamentali al fine di rendere produttivi investimenti successivi quali, ad esempio, la formazione primaria, secondaria o universitaria. Investire grandi somme in periodi successivi (come, ad esempio, l istruzione universitaria) senza supportare tale investimento con adeguate spese precedenti risulta quindi essere una scelta assai discutibile a motivo della bassa produttività dell investimento. Gli investimenti nella prima infanzia risultano quindi, sotto questo aspetto, imprescindibili. Come conseguenza del carattere di auto-produttività dell investimento, un incremento di abilità in un certo periodo provoca (senza alcun ulteriore investimento) un più alto livello di abilità in un periodo successivo. In altre parole, le abilità crescono autonomamente e fisiologicamente. Un'abilità sviluppata in un certo periodo non solo persiste in periodi successivi, ma le abilità sviluppate in un certo periodo risultano essere auto-rinforzanti. Ciò sia in relazione all abilità stessa (che tende ad affinarsi nel tempo), sia in relazione alle interazioni tra le varie abilità (un tipo o una particolare abilità ha di solito effetti positivi sullo sviluppo di altre abilità, le quali 23
25 poi a loro volta hanno carattere di auto-produttività). Quindi, prima gli investimenti sono effettuati, maggiore sarà il livello di abilità sviluppato in seguito in relazione al carattere di auto-produttività delle abilità prodotte. Investimenti precedenti hanno quindi maggiori livelli di produttività di quelli successivi, fino al raggiungimento di una soglia di ottimalità. In questo senso, gli investimenti fatti nella prima infanzia (il primo periodo disponibile) risultano essere gli investimenti più produttivi possibili per la formazione di capitale umano. Tali concetti di complementarità dinamica e di auto-produttività sono sintetizzati dal concetto di effetto moltiplicatore degli investimenti in formazione. Investimenti fatti prima risultano essere maggiormente produttivi (auto-produttività) ed hanno come conseguenza una incremento di produttività degli investimenti successivi (complementarità dinamica): il ritorno di tali investimenti è quindi maggiore rispetto a quelli effettuati in periodi successivi. Le precoci differenze nello sviluppo di abilità (sia cognitive che non) riscontrabili in diversi gruppi economico-sociali forniscono prove empiriche dei ragionamenti teorici illustrati in precedenza. La figura 11 mostra l evoluzione delle differenze in abilità cognitive in bambini nati sotto-peso, in base all educazione della madre: differenze di abilità sono riscontrabili molto presto, già a 3 anni. Buona parte delle differenze presenti a 18 anni (che aiutano a spiegare differenze di successo economico-sociale nella vita) sono già presenti a 3 anni (Heckman 2008a). Figura 11 Livello Medio di Abilità Cognitive in Base al Livello di Educazione della Madre (Brooks-Gunn et al citato in Heckman 2008a) 24
26 La figura 12A mostra le differenze di voti conseguiti in matematica in base al reddito familiare. Anche in tale figura, come nella precedente, differenze tra bambini di diverso ceto economico sono osservabili già a 6 anni. Figura 12A Evoluzione del Percentile Medio del Voto al Test PIAT di Matematica in Base al Reddito Familiare (Carneiro e Heckman 2003 citato in Heckman 2008) Simili meccanismi si riscontrano anche per le abilità socio-emozionali. La figura 13A mostra il livello di comportamenti antisociali (misura di problemi comportamentali collegati a bassi livelli di abilità socio-emozionali). Ancora una volta, differenze in base allo stato socioeconomico sono osservabili molto presto (4 anni) e persistono successivamente. Dal momento che, come evidenziato nel capitolo 1, la predeterminazione genetica non è sufficiente per spiegare tali profonde differenze in livelli di abilità cognitive e non, l importanza dei primissimi anni della vita dell infante, ben prima il periodo di formazione primaria (a 6-7 anni), è ribadito. Figura 13A - Evoluzione del Percentile Medio del valore del Behavioural Problem Index (BPI) in Base al Reddito Familiare (Cunha et al. 2006) 25
27 La prima infanzia si configura quindi come un periodo estremamente importante per lo sviluppo di abilità, nel quale la mancanza di un adeguato livello di investimento comporta gravi e persistenti conseguenze in tutta la vita dell individuo. Il procedere da parte dello stato ad investimenti in tale periodo, quando i livelli di investimento sono altrimenti inadeguati, risulta quindi altamente auspicabile. Più specificamente, il luogo dove (ed in relazione al quale) effettuare tale investimento è oggetto del prossimo paragrafo Dove e perché investire: arricchire il contesto familiare svantaggiato Come visto nel par , nella formazione delle abilità un ruolo importante è giocato dall ambiente in cui avviene lo sviluppo. E, dal momento che i primi anni risultano di estrema importanza, l ambiente che circonda il bambino nei primi anni di vita risulta conseguentemente fondamentale. Come Heckman e Masterov scrivono, "early environments play a large role in shaping later outcomes" (2007, p.35). Nel contesto dell ambiente iniziale nei primi anni di sviluppo dell infante un ruolo preponderante è ricoperto dalla famiglia. Così come Heckman e Mosso (2014) fanno significativamente notare, dal momento che l infanzia è giurisdizione della famiglia, qualsiasi analisi di come le condizioni ambientali dell infanzia influenzino i successivi esiti di vita è uno studio dell influenza della famiglia. Come scrive Heckman, "[f]amily environments of young children are major predictors of cognitive and socioemotional abilities" (2008b, p.2). Alla base delle precoci differenze in livelli di abilità viste nel paragrafo precedente vi sono quindi differenze nei contesti familiari iniziali, che sono quindi da considerarsi come causa di tali precoci diversità. A supporto di tale tesi, tenere conto (o, in altre parole, "neutralizzare") le differenze nell ambiente familiare iniziale fra diversi gruppi economico-sociali risulta importante. Nelle figure che seguono, i risultati delle figure 12A e 13A vengono presentati nuovamente: stavolta, l effetto dei fattori familiari iniziali viene "neutralizzato" tramite l uso della regressione lineare (Heckman 2008a). In particolare, viene tenuto conto dell educazione materna, delle abilità cognitive materne (tramite il risultato del test AFQT) e della struttura familiare (problemi familiari). 26
28 La figura 12B presenta i risultati della figura 12A (voti ottenuti in un test di matematica, in base al reddito familiare) neutralizzando però l effetto dell ambiente familiare: come conseguenza, le differenze tra diversi gruppi economici sono significativamente ridotte. Figura 12B Evoluzione del Percentile Medio del Voto al Test PIAT di Matematica in Base al Reddito Familiare, Aggiustato per Educazione Materna, AFQT della Madre e Problemi Familiari (Carneiro e Heckman 2003 citato in Heckman 2008) La figura 13B, relativa stavolta ad abilità non cognitive, è costruita analogamente rispetto la figura 13A: anche in questo caso è osservabile un analogo effetto. Figura 13B - Evoluzione del Percentile Medio del valore del Behavioural Problem Index (BPI) in Base al Reddito Familiare, Aggiustato per Educazione Materna, AFQT della Madre e Problemi Familiari (Cunha et al. 2006) I fattori familiari iniziali sembrano quindi poter essere considerati responsabili di buona parte delle differenze osservabili fra differenti gruppi economico-sociali. Sono anche significativi, a tal proposito, esempi dell impatto negativo che condizioni familiari iniziali avverse hanno sullo sviluppo del bambino, con conseguenze che si protraggono fino alla vita adulta. Felitti e Anda (2005, citato in Heckman, 2008a) presentano i risultati di un 27
29 progetto di ricerca coinvolgente più di soggetti, che ha portato alla pubblicazione di più di 50 articoli scientifici (Center for Disease Control and Prevention 2014). Felitti e Anda (2005, in Heckman, 2008a) definiscono le Adverse Childhood Experiences (ACE) come esperienze negative avvenute nell infanzia (come, ad esempio, abuso, mancanza di attenzione, presenza di violenza domestica, abuso di stupefacenti da parte dei genitori, perdite genitoriali, criminalità a casa e malattie mentali genitoriali). Il loro studio mostra come l indice ACE (maggiore l indice, peggiori le condizioni del nucleo familiare) correli con effetti negativi nella vita adulta degli individui analizzati, relativamente a malattie, benessere, depressione, alcolismo, uso di droga etc. Se è vero che un immagine (o grafico) talvolta può valere più di mille parole, sarà sufficiente esporre le figure rappresentanti i risultati di tale studio. Le figure 14A, 14B, 14C e 14D mostrano alcuni dei drammatici risultati dello studio riguardo l effetto negativo degli ambienti familiari su, rispettivamente, alcolismo, uso di droghe endovena, depressione e casi di malattie sessualmente trasmissibili (MST). I risultati sono particolarmente significativi ed eloquenti. Figura 15A Condizioni Sfavorevoli nell Infanzia (Punteggio ACE test) e Alcolismo in Età Adulta (2005, citato in Heckman, 2008a) Figura 15C Condizioni Sfavorevoli nell Infanzia (Punteggio ACE test) e Prescrizione di Antidepressivi (2005, citato in Heckman, 2008a) Figura 15B Condizioni Sfavorevoli nell Infanzia (Punteggio ACE test) e Uso di Droghe Endovena in Età Adulta (2005, citato in Heckman, 2008a) Figura 15D Condizioni Sfavorevoli nell Infanzia (Punteggio ACE test) e Casi di Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST) (2005, citato in Heckman, 2008a) 28
30 La famiglia si configura quindi come il principale fattore determinante nello sviluppo di abilità nel primo periodo della vita: l investimento in formazione deve quindi essere mirato ad un arricchimento di tale ambiente nel caso in cui l'ambiente familiare iniziale risulti inadeguato. Come Heckman (2008a) fa notare, mentre per i bambini della classe media si possono osservare adeguati ambienti familiari, ciò non è il caso per bambini provenienti da famiglie ed ambienti svantaggiati. Nel caso di famiglie pesantemente svantaggiate, le conseguenze negative nello sviluppo e nella futura vita del bambino sono significativamente negative. Quando gli iniziali ambienti familiari sono quindi ben al di sotto dello standard auspicabile, un investimento da parte dello stato per ovviare tale situazione sarebbe auspicabile. L investimento governativo auspicabile, in base a quanto detto precedentemente, dovrebbe quindi essere effettuato nella prima infanzia, ed essere diretto al miglioramento dei nuclei familiari svantaggiati. Varie sperimentazioni hanno verificato i notevoli vantaggi derivanti da un tale investimento. Come Heckman (2008a) afferma, questi studi sono tra le prove più convincenti a dimostrazione di quanto affermato precedentemente. Nel prossimo paragrafo, quindi, tali sperimentazioni verranno prese in considerazione. 2.3 Evidenze empiriche Alcune sperimentazioni e programmi per l infanzia forniscono prove a supporto delle tesi precedentemente espresse (Heckman 2008a). Tra questi programmi, il Perry Preschool Program e l Abecedarian Project risultano particolarmente significativi, sia per la struttura di assegnazione casuale dei bambini partecipanti, sia per la lunga raccolta di dati relativi a tali soggetti ben dopo il termine della sperimentazione (Heckman 2008a). I due programmi differiscono sia per durata ed intensità dell intervento, che per l età dei bambini sottoposti al programma. Mentre il Perry Preschool Program si rivolge a bambini di 3, 4 o 5 anni, l Abecedarian si dirige su una fascia di età addirittura inferiore, intervenendo molto presto sui bambini, fin dai loro primi mesi di vita (Heckman e Masterov 2007). Come Heckman (2008a) fa significativamente notare, questi studi dimostrano i sostanziali effetti positivi derivanti dall arricchimento di un inadeguato ambientale iniziale familiare, con effetti positivi che spaziano lungo una vasta serie di ambiti e che si protraggono lungo la vita adulta dell individuo, ben dopo che gli interventi sono stati conclusi. 29
31 2.3.1 Perry Preschool Program Il programma prescolastico sperimentale Perry Preschool fu un esperimento in scala ridotto, condotto a Ypsilanti, in Michigan, su 65 bambini di colore sottoposti ad un programma prescolastico di alta qualità, in più ondate tra il 1962 e il I bambini, selezionati casualmente, furono sottoposti al programma dall età di 4 anni fino all età di 6 anni (Cunha et al. 2006). Allo stesso tempo, un gruppo di controllo di analoga dimensione fu istituitoper consentire ai ricercatori di valutare gli effetti del programma. In totale, quindi, il programma esamina la vita di 123 bambini (Highscope n.d.). I partecipanti al programma (sia i bambini sottoposti effettivamente al programma che quelli appartenenti al gruppo di controllo) furono monitorati, fino all età di 40 anni (Heckman 2008a). I soggetti partecipanti erano bambini frequentanti la scuola di Perry, che si trovavano in condizioni di povertà e ad alto rischio di fallimento scolastico (Highscope n.d.). Le famiglie candidate erano identificate dagli elenchi degli studenti della scuola di Perry, consigli delle Associazioni di Vicinato ed interviste porta a porta. I bambini poveri ottenenti un punteggio tra 75 e 85 nel test standard del Quoziente di Intelligenza Stanford-Binet erano divisi casualmente fra due gruppi generici (senza alcuna differenza fra i due gruppi). Quindi, i bambini erano trasferiti tra i due gruppi per bilanciare fattori come il ceto socio-economico, l abilità cognitiva (misurata dal QI test) e il sesso. Infine, veniva lanciata una moneta per determinare quale dei due gruppi avrebbe ricevuto il trattamento e quale invece avrebbe funto da gruppo di controllo (Cunha et al. 2006). A causa del campionamento casuale così effettuato, il periodo di educazione pre-scolastica apportato dall esperimento risulta essere la migliore spiegazione per le differenze di risultati tra i due gruppi lungo gli anni (Schweinhart et al. 2005). Il programma consisteva in lezioni giornaliere da 2,5 ore nei giorni infrasettimanali, ed una visita di 90 minuti dell insegnante a casa del bambino settimanalmente in giorni infrasettimanali, in modo da coinvolgere la madre nel processo di educazione del figlio. Ogni anno prescolastico aveva una durata di 30 settimane, da metà Ottobre a fine Maggio. Il corpo insegnanti era composto da 10 maestre, con un rapporto bambino-insegnante di 5:7. Tutti gli insegnanti erano certificati ad insegnare nella scuola primaria, asilo o istruzione di sostegno. In dollari del 2004, il programma Perry Preschool ha avuto un costo annuo di 9.785$ per partecipante (Heckman e Masterov 2007). 30
32 2.3.2 Carolina Abecedarian Project Lo Abecedarian Project, il secondo programma considerato, ha utilizzato un campione di 111 bambini svantaggiati selezionati tra il 1972 ed il 1977 a Chapel Hill, in North Carolina, in base ad un Indice di Alto Rischio 1 relativo a condizioni familiari indicative della condizione del nucleo familiare (Cunha et al. 2006). Questa volta, l intervento si colloca in una fase temporale precedente nella vita del bambino, cominciando fin dai primi mesi di vita del neonato: conseguentemente, la selezione è basata più sulle caratteristiche del nucleo familiare che su quelle dello stesso bambino, come accadeva nel Perry Preschool Program (Heckman e Masterov 2007) (Cunha et al. 2006). Ciononostante, tutti i bambini erano controllati riguardo l eventuale presenza di ritardo mentale. Praticamente, quasi tutti i bambini erano di colore e provenienti da una situazione familiare in cui i loro genitori possedevano bassi livelli di istruzione, reddito, abilità cognitiva ed alti livelli di comportamenti patologici (Heckman e Masterov 2007). Il programma era così strutturato. Quando i bambini avevano 6 settimane, venivano assegnati al programma prescolastico o ad un gruppo di controllo, per poi partecipare effettivamente a tale programma prescolastico in un età media di 4.4 mesi. Successivamente, a 5 anni, subito prima della scuola elementare, tutti i bambini erano riassegnati ad un programma di intervento scolastico che sarebbe durato fino gli 8 anni di età, o ad un gruppo di controllo. Tale struttura dell'esperimento risultava quindi in 4 gruppi: bambini che non ricevevano alcun intervento, quelli che ricevevano l intervento nei primissimi anni, quelli che ricevevano l intervento quando più grandi, quelli che ricevevano l intervento lungo tutto l arco di vita della loro infanzia, fino agli 8 anni di età. Come conseguenza della strutturazione dell esperimento, sono stati costituiti 4 gruppi da 28 bambini ciascuno (Heckman e Masterov 2007). I partecipanti furono quindi monitorati fino ai 30 anni di età (Campbell et al. 2012). Rispetto il Perry Preschool, l intervento del Abecedarian Project risulta più intenso. I bambini provenienti da famiglie svantaggiate beneficiarono di un intervento educazionale di alta qualità e di un'elevata estensione temporale giornaliera fino ai 5 anni (The Carolina Abecedarian Project n.d.). Il programma prescolastico (fino ai 5 anni) era infatti un programma di intervento a tempo pieno, per tutto il giorno e tutto l anno. Il rapporto bambino-insegnante era di 3:1, 1 I fattori usati per la costruzione dell indice riferiscono a misure pesate del livello di istruzione materna e paterna, reddito familiare, assenza del padre, supporto sociale e familiare della madre, eventuali storie di problemi scolastici di fratelli e sorelle, l uso fatto del reddito, lavoro non qualificato, bassi livelli di QI genitoriali, presenza di parenti che hanno cercato supporto da servizi di counselling o da altri enti (Cunha et al. 2006). 31
33 incrementato successivamente a 6:1. Successivamente, durante i primi 3 anni di scuola primaria, un insegnante casalingo/privato avrebbe incontrato i genitori in modo da aiutarli e stimolarli nella fornitura di attività educative a casa, tramite un programma personalizzato creato dall insegnante per ogni bambino (Heckman e Masterov 2007). Le attività si sarebbero concentrate su aree sociali, emozionali e cognitive, ma con una particolare attenzione all area linguistica (The Carolina Abecedarian Project n.d.) Inoltre, l insegnante speciale sarebbe servito come collegamento tra gli insegnanti ordinari scolastici e la famiglia, avendo contatti con la famiglia e gli insegnanti scolastici ogni 2 settimane (Heckman e Masterov 2007) Ritorno dell investimento In entrambi i programmi Perry Preschool Program e Abecedarian Project furono osservati significativi risultati positivi. Infatti, nei gruppi effettivamente sottoposti al trattamento, rispetto al gruppo di controllo, si osservarono miglioramenti relativi a diverse aree come, ad esempio, voti scolastici più alti, minor numero di bocciature, più bassi livelli di criminalità, livelli di istruzione raggiunti e persino miglioramenti nella capacità cognitive (test per il QI) (Cunha et al. 2006). Tali studi rappresentano quindi un esempio delle potenzialità derivanti da opportuni investimenti nel periodo della prima infanzia in famiglie svantaggiate. Il Perry Preschool Program risulta il più emblematico nella dimostrazione dei potenziali benefici derivanti da tale investimento. All età di 40 anni, i vantaggi dimostrati dallo studio sono ben documentati e relativi ad un ampia gamma di aree: in particolare, cinque aree di miglioramento sono individuate (Schweinhart et al. 2005). Una prima differenza osservabile tra i due gruppi riguarda il livello di istruzione, con il gruppo trattato dal programma avente una percentuale di completamento della scuola secondaria superiore significativamente maggiore del gruppo di controllo (77% contro 60%) (Schweinhart et al. 2005). Tali superiori risultati si trasferiscono al di fuori del campo strettamente accademico, con un simile differenza tra i due gruppi sul mercato del lavoro relativamente alla percentuale di impiego (76% contro 62%), che risulta essere la continuazione di una tendenza rilevata all età di 27 anni (69% contro 56%). Anche, il gruppo trattato presenta notevoli differenze nel reddito medio annuale (12.000$ contro $ a 27 anni; e $ contro $ a 40 anni) e nel reddito medio mensile (1.020$ contro 700$ a 27 anni; e 1.856$ contro 1.308$ a 40 anni) (Schweinhart et al. 2005). Un'altra area da considerare è la criminalità. Il gruppo trattato presenta un minor numero di arresti del gruppo di controllo (36% contro 55%: arrestati 5 o più volte), nonché meno arresti per crimini 32
34 violenti (32% contro 48%), reati contro la proprietà (36% contro 58%) e crimini di droga (14% contro 34%) (Schweinhart et al. 2005). Inoltre, nel gruppo trattato si rileva un minore uso di sedativi, sonniferi e tranquillizzanti (17% contro 43%), marjuana (48% contro 71%), ed eroina (0% contro 9%) (Schweinhart et al. 2005). Si rilevano quindi una vasta serie di effetti positivi derivanti dall investimento effettuato nella prima infanzia, che si ripercuotono quindi e sussistono lunga tutta la vita degli individui trattati. Nel Perry Preschool Program tuttavia non è osservato un aumento del Quoziente d Intelligenza del gruppo trattato, rispetto al gruppo di controllo. Infatti, l aumento del Quoziente d Intelligenza osservato inizialmente tende a scomparire intorno gli 8 anni, come si può osservare in figura 17. Figura 17 Evoluzione del QI nel Gruppo Sottoposto al Trattamento e nel Gruppo di Controllo del Perry Preschool Program (Barnett 2004) Il fatto che i partecipanti al programma presentino comunque livelli di successo sociale ed economico significativamente superiori rispetto al gruppo di controllo è quindi una chiara dimostrazione dell importanza delle abilità non cognitive, o almeno di quelle non misurate dal QI test (Cunha et al. 2006), in linea con quanto visto precedentemente (vedi par ). 33
35 L Abecedarian Project presenta invece risultati differenti riguardo lo sviluppo delle abilità dei soggetti partecipanti. Come osservabile in figura 18, il programma contribuisce ad un aumento delle capacità cognitive dei partecipanti rispetto al gruppo di controllo (rilevate dal test per il Quoziente d Intelligenza) osservabili fin dai primi anni e sussistenti fino all età di 21 anni. Figura 18 Evoluzione del QI nel Gruppo Sottoposto al Trattamento e nel Gruppo di Controllo del Abecedarian Project (Barnett 2004) Ciò può essere spiegato dal precoce intervento del Abecedarian (sin sin dai primissimi mesi di vita), in quando è postulata una maggiore malleabilità del QI nei primi anni dell infanzia (vedi par ) (Cunha et al. 2006). Inoltre, tale tesi è corroborata dal fatto che incrementi di QI non furono rilevati nei bambini sottoposti solamente alla seconda fase del programma (Cunha et al. 2006). Riguardo gli effetti del programma sul successo socio-economico nella vita adulta dei partecipanti, si rilevano risultati meno entusiasmanti che nel caso del Perry Preschool. Nonostante gli effetti positivi relativamente al livello di istruzione a 21 anni (ad esempio: relativamente al livello di istruzione raggiunto, voti ottenuti, velocità di completamento e capacità di lettura e matematiche (Cunha et al. 2006)), non vi sono prove significative relativamente ad effetti positivi derivanti dal programma (Campbell et al. 2012). Infatti, ad esempio, il rapporto reddito-necessità ed i livelli di criminalità osservati non variano significativamente rispetto al gruppo di controllo (Campbell et al. 2012). La convenienza economica dell Abecedarian Project risulta quindi piuttosto incerta (Campbell et al. 2012). La significatività del Abecedarian Project sta quindi nell aver provato la possibilità di incrementare le abilità cognitive con adeguati investimenti nella prima infanzia. Inoltre, la diversità degli effetti rispetto al Perry Preschool mette in evidenza la complessità dell implementazione pratica dell investimento. 34
36 Relativamente al ritorno economico del Perry Preschool Program, essi sono giudicati notevolmente alti. A dollari costanti del 2000, scontati al 3%, il ritorno totale del programma per ogni partecipante fu di $, contrapposto ad un corrispondente investimento per partecipante di $ (Schweinhart et al. 2005) Conseguentemente, il guadagno per ogni dollaro investito è di 16,14$. Di tale ritorno, $ andarono al pubblico (12,90$ per ogni dollaro investito), e $ andarono ad ogni partecipante (3,24$ per dollaro investito) (Schweinhart et al. 2005). Del guadagno pubblico, l 88% ( $) derivarono dal risparmio relativo a minori livelli di criminalità, 4% (7.303$) da risparmi sull educazione, il 7% (14.078$) da un incremento del gettito fiscale (causato da redditi più elevati) e l 1% da risparmi in interventi assistenziali (Schweinhart et al. 2005). I partecipanti del programmi guadagnarono mediamente il 14% in più di quanto avrebbero fatto altrimenti: $ lungo il loro arco di vita (Schweinhart et al. 2005). Tali notevoli ritorni economici sia per l individuo che per la società derivanti dall investimento sono sintetizzati dalla figura 19. Figura 19 Costi e Benefici Economici per la Società del Perry Preschool Program, Mediamente per Individuo (Schweinhart et al. 2005) Come rilevano Schweinhart et al. (2005), l'analisi costi-benefici appena esposta potrebbe addirittura rappresentare una sottostima del guadagno effettivo per due motivi. Primo, alcuni possibili benefici difficili da quantificare e misurare, come ad esempio l effetto sul contesto familiare e sulla salute ne sono esclusi. Secondo, nel caso della disponibilità di più fonti dalle quali attingere i dati usati per l analisi, quelli risultanti in una minore differenza tra il gruppo 35
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