STUDIO LEGALE LUPI & ASSOCIATI
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1 I CONTRATTI DI GARANZIA FINANZIARIA A DIECI ANNI DAL D. LGS. 170/2004 a cura di Beatrice Lupi In forza di una disciplina comunitaria tuttora assai poco conosciuta, da dieci anni è possibile la circolazione in ambito comunitario di forme di garanzia finanziaria che derogano alla disciplina della legge fallimentare interna e possono financo prevalere sul divieto del patto commissorio. La forza dirompente dell Istituto è tale che ha spaventato i potenziali beneficiari, tanto da causare un utilizzo del tutto marginale della normativa comunitaria. I contratti di garanzia finanziaria sono entrati a far parte del diritto civile italiano con l emanazione del D. Lgs. 170/2004, normativa di recepimento della Direttiva Comunitaria 47/2002/CE: queste due norme, nate dalla dichiarata esigenza di porre rimedio alla frammentarietà dei sistemi giuridici degli Stati Membri dell Unione Europea in materia di garanzie, hanno lo scopo di uniformare tali sistemi ed emanare una disciplina comune idonea ad assicurare una maggiore efficienza e certezza nei traffici intracomunitari. Partendo dalla nozione dell istituto in esame, ai sensi dell art. 1 lettera d) si tratta del contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà o di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l adempimento di obbligazioni finanziarie. Tale contratto può quindi avere ad oggetto: - attività finanziarie: questa categoria ricomprende azioni, obbligazioni, titoli negoziati nel mercato dei capitali, quote di fondi comuni di investimento e affini; - strumenti finanziari dematerializzati; - contante, da intendersi non come denaro in forma cartacea, bensì come conti corrente bancari e denaro accreditato su un deposito. Sebbene siano passati dieci anni dall entrata in vigore della normativa, tuttavia, è estremamente esiguo il numero di casi in cui la stessa ha effettivamente trovato applicazione nel nostro ordinamento: la ragione di ciò è da rinvenirsi nel fatto che, a ben 1
2 vedere, la disciplina comporta una serie di problematiche e di rischi ad esse connessi, che scoraggiano gli operatori finanziari e hanno un effetto deterrente. Le criticità che maggiormente sono venute in luce sono suddivisibili in tre macro-problematiche, che di seguito procediamo ad esaminare. 1. Diritto d uso della garanzia attribuito al creditore La normativa in esame diverge rispetto alla disciplina civilistica di pegno, ipoteca e privilegi per il fatto di consentire al beneficiario della garanzia di disporre della stessa uti dominus, anche cedendolo ed utilizzandolo liberamente: l art. 5 del decreto stabilisce infatti che il creditore pignoratizio può disporre, anche mediante alienazione, delle attività finanziarie oggetto del pegno, se previsto nel contratto di garanzia finanziaria e se conformemente alle pattuizioni in esso contenute. 2. Il creditore pignoratizio che si sia avvalso della facoltà indicata nel comma 1 ha l obbligo di ricostituire la garanzia equivalente in sostituzione della garanzia originaria entro la data di scadenza dell obbligazione finanziaria garantita. 3. Qualora, prima dell adempimento del dell obbligo indicato nel comma 2, si verifichi un evento determinante l escussione della garanzia, tale obbligo può essere oggetto della clausola di <<close-out netting>>. In mancanza di tale clausola, il creditore pignoratizio procede all escussione della garanzia equivalente ( ). Ciò crea diversi problemi relativi agli obblighi gravanti sul soggetto garantito nei confronti del garante, e perciò è necessario contemperare il bilanciamento degli interessi in gioco per stabilire quale debba prevalere: il debitore avrà infatti interesse a riottenere esattamente il bene che ha concesso in garanzia, mentre il garante vorrà soddisfarsi e restituire eventualmente la differenza del maggior valore del bene (come espressamente previsto dall art. 4, comma 2 del decreto). Il problema sta nel fatto che né la direttiva né il decreto danno una risposta univoca, seppur appaia chiaro che l impianto complessivo delle normative sembrerebbe tendere verso un rafforzamento della tutela del garantito a scapito del garante: al creditore, infatti, potendo alienare la garanzia finanziaria, viene attribuito un potere equiparabile a quello tipicamente riconosciuto al proprietario della stessa. Infatti, ove il creditore pignoratizio alieni l oggetto della garanzia finanziaria, il debitore perderà il controllo su questo, non potendo avanzare nessuna pretesa nei confronti del terzo acquirente; in secondo luogo, nei confronti del proprio creditore pignoratizio il debitore vanta unicamente il diritto di pretendere la ricostituzione della garanzia 2
3 equivalente, configurando così una situazione nella quale il debitore trasferisce al creditore il suo diritto di proprietà sulla res oggetto della garanzia, mantenendo unicamente il diritto personale di credito alla ricostituzione della garanzia equivalente. È quindi possibile dire che il diritto di utilizzazione consiste in una forma di trasferimento della proprietà, in quanto il creditore che si avvalga della facoltà di usare l oggetto della garanzia si comporta nei confronti di essa come se ne fosse il legittimo proprietario: si configura così una sorta di pegno irregolare, estendendo l ambito di applicazione della disciplina di quest ultimo alle parti di un contratto di trasferimento della proprietà delle attività finanziarie con funzione di garanzia. Altro aspetto caldo è la possibilità per il beneficiario della garanzia di alienarla nell ambito UE, ed il potere corrispondente per l acquirente la garanzia di registrare in altro Stato la stessa. Pacificamente, in caso di contestazione, la giurisdizione è determinata dallo Stato ove la garanzia è registrata. Come si vede è amplissima la tutela accordata al creditore garantito a scapito del debitore, i cui diritti sono fortemente limitati. 2. Superamento del divieto del patto commissorio Il D. Lgs. 170/2004 all art. 6 comma 2 stabilisce che ai contratti di garanzia finanziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di garanzia, compresi i contratti di pronti contro termine, non si applica l articolo 2744 del codice civile. La norma codicistica qui menzionata, principio cardine nel nostro sistema, per il bilanciamento degli interessi fra garante e garantito, sancisce il divieto del patto commissorio, stabilendo che è nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione del pegno o dell ipoteca. La deroga introdotta dalla norma in commento ha destato molta preoccupazione, sia in sede dottrinale che giurisprudenziale, in considerazione del fatto che, ammettendo il superamento del divieto codicistico, si aprirebbe un varco, difficilmente controllabile, per la violazione di quello che risulta essere uno dei principi fondamentali in tema di garanzie. La ratio sottesa all art. 2744, infatti, risiede nell esigenza di proteggere il debitore, sia dalle pressioni del creditore che voglia ottenere il bene, sia dal rischio di sproporzione tra il valore del bene e il credito garantito. In realtà, a ben vedere, parte della dottrina ritiene che la disapplicazione dell art cod. civ. è qui giustificata dal fatto che, poiché il decreto pone il limite sia del 3
4 soddisfacimento creditorio solo fino a concorrenza del credito garantito, sia del doveroso rispetto del principio di ragionevolezza economica (art. 8), tale esigenza protettiva viene meno. È infatti quest ultimo criterio a tutelare il debitore, poiché la realizzazione della garanzia può verificarsi solo previa valutazione dell obbligazione finanziaria garantita, i cui criteri di valutazione sono rimessi alle stesse parti (e legittimi purché siano ragionevoli sotto il profilo commerciale). Resta tuttavia innegabile l impatto che il decreto ha avuto sul nostro ordinamento poiché, pur con le attenuanti menzionate, esso comporta comunque la disapplicazione di una norma civilistica che si pone come uno dei criteri fondamentali del nostro sistema giuridico, andando così ad ampliare ulteriormente i benefici riconosciuti al creditore garantito. Va infine considerato, sul punto, che la decisione sulla correttezza e/o continenza della condotta del garantito verrà affidata alla autorità Giudiziaria, o amministrativa, dello Stato in cui la garanzia è stata registrata (pensiamo ad Andorra, al Lussemburgo, all Olanda), anche dopo l eventuale cessione della stessa fra Enti Finanziari. 3. Superamento della normativa nazionale in materia di insolvenza Il profilo che desta maggiori perplessità resta senza dubbio quello relativa al rapporto intercorrente tra la disciplina in oggetto e il nostro sistema nazionale in materia di insolvenza e procedure concorsuali: sebbene infatti il decreto 170 sia stato emanato nel 2004, e quindi anteriormente rispetto alla nuova Legge Fallimentare (modificata con vece assidua dal 2007 in poi praticamente ogni anno, fino al 2014), la disciplina in materia di contratti di garanzia finanziaria prevede la concreta possibilità di disapplicazione della legge nazionale. L art. 9 del D. Lgs. 170/2004 stabilisce infatti che la garanzia finanziaria prestata, anche in conformità ad una clausola di integrazione o di sostituzione, e il contratto relativo alla garanzia stessa non possono essere dichiarati inefficaci nei confronti dei creditori soltanto in base al fatto che la prestazione della garanzia finanziaria o il sorgere dell obbligazione finanziaria garantita siano avvenuti: a) il giorno di apertura della procedura medesima e prima del momento di apertura di detta procedura; b) il giorno di apertura della procedura medesima e dopo il momento di apertura di detta procedura, qualora il beneficiario della garanzia possa dimostrare di non essere stato, né di aver potuto essere, a conoscenza dell apertura della procedura ( ). 4
5 L effetto come è facile cogliere dalla semplice lettura della norma, può avere effetti dirompenti. Una applicazione letterale della norma delinea una sorta di sterilizzazione dell azione revocatoria rispetto al negozio costitutivo della garanzia: si accorda così al beneficiario della garanzia una protezione molto ampia, con profili più che concreti di superamento del principio della par condicio creditorum, con conseguente inapplicabilità - alle operazioni garantite - dell inefficacia disposta dagli artt. 44 ss l. fall.: l obiettivo del decreto è infatti quello di assicurare stabilità e certezza ai contratti di garanzia finanziaria, e per farlo la norma impedisce che la loro realizzazione possa venir compromessa dall esercizio di azioni revocatorie. L art. 9, infatti, fa sì che anche in caso di apertura di una procedura liquidatoria, fallimentare o di risanamento nei confronti del costituente la garanzia finanziaria, il contratto non perda automaticamente efficacia per il fatto che l apertura di tale procedura sia cronologicamente anteriore o contestuale alla costituzione della garanzia; lo stesso nel caso in cui la procedura sia stata aperta dopo la prestazione della garanzia, ma senza che il beneficiario fosse a conoscenza dell apertura della procedura medesima. In particolare, la lettera b) dell art. 9 I comma focalizza l attenzione non tanto sul dato storico dell apertura della procedura, quanto sul piano soggettivo, sulla conoscenza del beneficiario: se infatti questi dimostra di non esserne stato a conoscenza, la prova in tal senso è liberatoria e assicura la sopravvivenza del negozio costitutivo della garanzia. La norma va letta in relazione alla facoltà di circolazione della garanzia, della vendita in ambito europeo, della registrazione della garanzia ove ha sede l eventuale cessionario della stessa in ambito europeo. La previsione di cui al D. Lgs. 170/2004 va dunque a limitare fortemente ogni possibilità di controllo (e, conseguentemente, di tutela) degli altri creditori concorsuali, i quali potranno vedersi opporre il diritto vantato dal garantito ancorché questi lo faccia valere dopo l apertura della procedura fallimentare. E come accennato, poiché il decreto consente al creditore di cedere il negozio senza particolari formalità, può facilmente accadere che un ente creditizio italiano ottenga una garanzia il giorno del fallimento e la ceda a un ente finanziario (ad esempio) lussemburghese, il quale avrà il diritto di registrare la garanzia là ove ha la propria sede, e far così valere la propria non consapevolezza del momento in cui la garanzia ricevuta 5
6 era stata messa sul mercato. Ciò potenzialmente crea problemi tutt altro che trascurabili sia da un punto di vista di sicurezza nei traffici, sia sul piano della scelta di giurisdizione con riferimento alla certezza del diritto e della legge applicabile. Al momento della stipulazione del contratto di garanzia finanziaria, infatti, è sottratta alla disponibilità del garante ogni possibile scelta del garantito in relazione alla cessione della garanzia, e conseguentemente al Paese di registrazione della stessa, né è ipotizzabile che le parti si accordino e dispongano come procedere nella gestione dei loro rapporti alla luce di ogni possibile legislazione che, a seconda dello Stato in cui il beneficiario ceda la garanzia, dovrebbe trovare applicazione. Il rapporto rischia così di essere precario e fisiologicamente non determinabile in toto, a causa dell impossibilità oggettiva di predisporre a priori tutte le possibili eventualità: non è infatti prevedibile dove il beneficiario potrebbe alienare o cedere la garanzia, e di conseguenza a quale normativa e legislazione sarebbe assoggettato il negozio, andando così ad accordare al creditore una tutela decisamente più incisiva rispetto a quella disposta dalla legge fallimentare, sia quanto alla dichiarazione d inefficacia dell atto, sia nel giudizio revocatorio. Infine, l art. 4 del decreto 170 consente al creditore di escutere la garanzia nel momento in cui viene aperta una procedura concorsuale: la tutela riconosciuta al creditore beneficiario della garanzia, dunque, è notevolmente più incisiva, in quanto per ottenere il proprio soddisfacimento non è necessaria l insinuazione al passivo fallimentare. In questo modo si estende ai crediti assistiti da pegno regolare la stessa disciplina vigente in materia di pegno irregolare, ove non è necessaria l insinuazione al passivo: ciò è confermato da una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Civ. sez. un., 4 maggio 2001, n. 202), le quali hanno affermato che il creditore assistito da pegno irregolare non ha l onere di insinuarsi al passivo, ottenendo così il suo soddisfacimento al di fuori del concorso e su beni non ricompresi nel patrimonio del debitore. Tale previsione si sostanzia quindi in una deroga agli artt. 51 e 52 l. fall., poiché il creditore si soddisfa nel modo convenzionalmente pattuito anche ove venga aperta una procedura di liquidazione o un procedimento di risanamento. La legge fallimentare, per evitare che il creditore proceda illegittimamente alla vendita di beni del debitore, afferma il principio secondo il quale spetta al giudice delegato autorizzare il creditore, solo ove la vendita avvenga secondo quanto stabilito nel programma di liquidazione, attribuendo un eventuale eccedenza al curatore; al contrario, come precedentemente sottolineato, il D. Lgs. 170/2004 consente 6
7 al creditore di procedere autonomamente alla vendita diretta delle attività oggetto della garanzia finanziaria, senza la necessità di coinvolgere altri soggetti intermediari posti a garanzia del debitore. ** *** ** È chiaro che, così com è attualmente strutturata, la disciplina in esame solleva e lascia aperti numerosi dubbi applicativi, che rischiano di ostacolarne il diffuso utilizzo nei rapporti tra gli operatori abilitati: ciò trova riscontro nella prassi, poiché a distanza di ormai dieci anni dall entrata in vigore del D. Lgs. 170/2004 sono ben pochi i casi in cui tale normativa ha trovato effettiva applicazione. Per una più diffusa applicazione della disciplina, dunque, potrebbe rivelarsi necessario un ulteriore intervento del legislatore, volto a rendere l istituto maggiormente idoneo a rispondere alle esigenze degli utilizzatori. Pur essendo condivisibile l intento armonizzatore auspicato dalla Direttiva 2002/47/CE, dalla quale il D. Lgs. 170/2004 prende le mosse, non va tuttavia dimenticata la necessità di armonizzazione con importanti Istituti del diritto interno, coi quali ogni intervento, ancorché comunitario, deve necessariamente fare i conti: in caso contrario, infatti, l inevitabile risultato sarà quello di accantonare, o comunque trascurare, una disciplina che, ove invece fosse adeguatamente adattata e rispettosa di alcuni qualificanti principi del nostro ordinamento, potrebbe avere un ottimo potenziale integrativo nei mercati e nei rapporti intercomunitari. 7
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