Andrea Martelli IL PRINCIPIO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE NEL DIRITTO AMBIENTALE INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E ITALIANO

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1 Udine, 16 dicembre 2005 L edilizia sostenibile per il Comune di Udine Andrea Martelli IL PRINCIPIO DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE NEL DIRITTO AMBIENTALE INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E ITALIANO 1. Premessa Benché il tema del mio intervento attenga essenzialmente al principio dello sviluppo sostenibile così come definito e applicato a livello internazionale, comunitario e italiano leggendo attentamente il Regolamento del Comune di Udine in materia di edilizia sostenibile e la recente legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 23 del 2005 ho avuto modo di constatare che entrambi i provvedimenti applicano in parte, forse, inconsapevolmente anche alcuni altri importanti principî del più moderno diritto dell ambiente internazionale ed europeo. Per questa ragione, amplierò in parte l oggetto della mia relazione, al fine appunto di evidenziare come i suddetti provvedimenti appaiano coerenti con le politiche di tutela ambientale affermatesi negli ultimi anni e, pertanto, si inseriscano a pieno titolo nell alveo tracciato al riguardo dalla Conferenza di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo e dal Trattato istitutivo dell Unione Europea. Fatta questa doverosa premessa, credo che si possa affermare che molte delle innovative soluzioni adottate o promosse dal Regolamento del Comune di Udine e dalla LR 23/2005 siano riconducibili ai seguenti tre concetti-cardine : sostenibilità, integrazione e informazione. È opportuno pertanto analizzarli separatamente. 2. Sostenibilità Il principio dello sviluppo sostenibile (talvolta denominato anche principio dello sviluppo durevole ) è stato definito per la prima nel 1987 nel Rapporto della Commissione mondiale su ambiente e sviluppo, secondo il quale «lo sviluppo sostenibile è quello che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare a propria volta i loro bisogni».

2 Esso ha poi trovato espresso accoglimento nella Dichiarazione internazionale adottata nell ambito della Conferenza di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo del 1992 e nel Trattato istitutivo dell Unione Europea (così come riformulato dal Trattato di Amsterdam del 1997). Non solo: il tema dello sviluppo sostenibile ha costituito l oggetto specifico del Quinto programma d azione in materia ambientale dell Unione europea del 1993 e della Conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Johannesburg nel Il grande successo riscosso dalla formula sviluppo sostenibile deriverebbe, secondo alcuni suoi detrattori, dal carattere molto vago della stessa, dovuto a propria volta al fatto che essa mirerebbe a conciliare elementi vale a dire, lo sviluppo e l ambiente difficilmente compatibili. Per attribuire maggiore concretezza al concetto di sviluppo sostenibile può essere perciò utile ricordare che esso comprende tre diversi finalità: 1) la prima solitamente definita equità (o solidarietà) intergenerazionale comporta la già segnalata necessità di considerare le esigenze ambientali della presente generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni; 2) la seconda equità (o solidarietà) intragenerazionale richiede che i Governi si facciano carico delle esigenze ambientali dei Paesi economicamente meno sviluppati o, in altre parole, che, secondo il concetto delle responsabilità comuni da differenziate, i vari Stati collaborino per perseguire l obiettivo di salvaguardare l ambiente secondo le proprie (diverse) possibilità economiche e tecnologiche; 3) la terza (ed ultima) pone l attenzione sull uso equo e sostenibile delle risorse naturali, esprimendo cioè l esigenza di proteggere le risorse ambientali nella loro capacità di rigenerazione. Proprio quest ultima finalità intrinseca al principio dello sviluppo sostenibile che si traduce, a livello pratico, in misure volte a preservare e risparmiare le risorse naturali assume particolare rilievo in questa sede. Ne costituiscono un evidente applicazione, infatti, tutte le azioni che mirano al risparmio idrico (ad es., riduzione degli sprechi, riciclo e riutilizzo delle acque reflue, raccolta e uso delle acque piovane, ecc.), al risparmio di materie prime (ad es., impiego di materiali riciclati o materie prime secondarie, riciclo, riutilizzo o recupero di rifiuti, ecc.) e al risparmio energetico (ad es., riduzione dei consumi, utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ecc.). Questa ed altre finalità riconducibili al principio dello sviluppo sostenibile sono del resto sottese a molte norme ambientali attualmente in vigore nell ordinamento italiano. Vediamone alcuni noti esempi: art. 1, legge 36/1994 (c.d. legge Galli ), secondo cui «tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà» (comma 1) e «qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale» (comma 2); 2

3 art. 1, d. lgs. 152/1999, a norma del quale «il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee, perseguendo i seguenti obiettivi: ( ) c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili» (comma 1) e «il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti: ( ) f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche» (comma 2); art. 25, d. lgs. 152/1999, che impone a coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica di adottare «le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili»; art. 1, DM 185/2003, secondo il quale «il presente regolamento stabilisce, ai sensi dell'art. 6, legge 36/1994, le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue»; art. 2, DM 185/2003, che definisce il recupero come «la riqualificazione di un'acqua reflua, mediante adeguato trattamento depurativo, al fine di renderla adatta alla distribuzione per specifici riutilizzi» e il riutilizzo come l «impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità per specifica destinazione d'uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea»; art. 3, DM 185/2003, che indica fra le destinazioni d'uso ammissibili delle acque reflue recuperate anche l uso civile, «per l'alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento; per l'alimentazione di reti duali di adduzione, separate da quelle delle acque potabili, con esclusione dell'utilizzazione diretta di tale acqua negli edifici a uso civile, ad eccezione degli impianti di scarico nei servizi igienici»: art. 3, d. lgs. 22/1997 (c.d. decreto Ronchi ), secondo cui le autorità competenti devono adottare «iniziative dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti mediante: a) lo sviluppo di tecnologie pulite, in particolare quelle che consentono un maggiore risparmio di risorse naturali; b) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di eco-audit, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo; art. 4, d. lgs. 22/1997, a norma del quale le autorità competenti devono favorire la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso «a) il reimpiego ed il riciclaggio; b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti; c) l'adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi» (comma 1), «il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia prima debbono essere considerati preferibili rispetto alle altre forme di recupero» (comma 2) e «le autorità competenti 3

4 promuovono e stipulano accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati al fine di favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, con particolare riferimento al reimpiego di materie prime e di prodotti ottenuti dalla raccolta differenziata con la possibilità di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie ed il ricorso a strumenti economici» (comma 4). Applicato al campo dell edilizia, il principio dello sviluppo sostenibile si traduce nella formula edilizia sostenibile. A questo proposito, va ricordato che l edilizia sostenibile è considerata come uno dei quattro temi prioritari (assieme alla gestione urbana sostenibile, al trasporto urbano sostenibile e alla progettazione urbana sostenibile) enunciati dalla Comunicazione n. 2004/60 dell 11 febbraio 2004 della Commissione Europea dal titolo Verso una strategia tematica sull ambiente urbano (tale documento, che costituisce parte integrante del Sesto programma d azione in materia ambientale dell Unione europea avente valenza sino al 2010, individua quale «obiettivo globale della strategia tematica sull ambiente urbano» quello di «migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane e assicurare agli abitanti delle città europee un ambiente di vita sano, rafforzando il contributo ambientale allo sviluppo urbano sostenibile e tenendo conto nel contempo dei connessi aspetti economici e sociali»). Chiaramente connessa al tema dell edilizia sostenibile quantomeno, limitatamente al tema del risparmio energetico è la recente normativa, di matrice europea, in tema di rendimento energetico degli edifici, vale a dire la direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell edilizia, recepita in Italia con d. lgs. 192/2005. Alla luce di quanto illustrato, è evidente come le numerose disposizioni del Regolamento del Comune di Udine in materia di edilizia sostenibile (ad es., l art. 4) e della LR 23/2005 (ad es., gli articoli 2 e 6) finalizzate ad incentivare il risparmio idrico, il risparmio di materie prime e il risparmio energetico siano assolutamente in linea con uno dei principali obiettivi riconducibili al concetto di sviluppo sostenibile. 3. Integrazione Il principio di integrazione che trova anch esso origine nel diritto internazionale e comunitario stabilisce che gli obiettivi di tutela ambientale debbano essere perseguiti non più (o non soltanto) in maniera autonoma (ossia attraverso specifiche azioni settoriali di salvaguardia dell ambiente), ma come aspetti complementari rispetto agli obiettivi di sviluppo. Integrare significa in tal caso considerare le problematiche di tutela dall ambiente all interno delle politiche aventi altri obiettivi principali (ad esempio, di tipo sociale, energetico, urbanistico, edilizio, ecc.). 4

5 L attribuzione di un chiaro orientamento ecologico (in termini di sostenibilità ambientale degli interventi) alle proprie politiche edilizie rispettivamente, comunali e regionali attraverso il Regolamento comunale oggetto del presente convegno e la LR 23/2005, rappresenta dunque un evidente ed incisiva applicazione anche del suddetto principio di integrazione. 4. Informazione La completa e corretta informazione dei cittadini in ordine alle problematiche ambientali costituisce uno dei pilastri della cosiddetta democrazia ambientale, concetto affermatosi in più occasioni a livello internazionale ed europeo (in proposito, si possono ricordare la già richiamata Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 e la più recente Convenzione di Aarhus del 1998). Informazione dei cittadini significa anche sensibilizzazione e responsabilizzazione degli stessi riguardo alla necessità di salvaguardare l ambiente. Del resto, quello della responsabilità condivisa in forza del quale è necessario rendere partecipi delle politiche ambientali tutte le forze sociali ed economiche (pubbliche e private) rappresenta un altro principio cardine delle moderne legislazioni ambientali. Con specifico riferimento alla materia oggetto del presente convegno, una effettiva sensibilizzazione e responsabilizzazione dei cittadini intesi qui come utenti (o consumatori ) del prodotto-edificio appare del resto fondamentale per rendere concretamente efficace ogni intervento ispirato ai principî dell edilizia sostenibile. Considerando che il prodotto-edificio ha, di norma, un ciclo di vita particolarmente lungo, gli accorgimenti adottati in fase costruttiva, se non accompagnati da un atteggiamento virtuoso e protratto nel tempo dei futuri abitanti dell edificio stesso (in termini, ad esempio, di risparmio delle risorse naturali e di riduzione degli sprechi), potrebbero infatti non essere sufficienti a garantire una adeguata e durevole tutela dell ambiente. Di ciò tengono conto sia il Regolamento del Comune di Udine sia, in particolare, la LR 23/2005, laddove dichiara espressamente di voler «favorire la crescita di una cultura biosostenibile». 5. Conclusioni: Degne di nota appaiono, in conclusione, due ulteriori caratteristiche che accomunano il Regolamento comunale udinese e la LR 23/2005. La prima concerne l applicazione, da parte di entrambi i provvedimenti, del principio chi inquina paga, in forza del quale i costi connessi al deterioramento dell ambiente (o al consumo delle risorse naturali) dovrebbero essere principalmente addossati anziché, come è sempre avvenuto, alla collettività al soggetto responsabile (laddove, ovviamente, sia individuabile). 5

6 Tale principio, se convertito in azioni positive (anziché meramente ripristinatorie o sanzionatorie), si traduce nella previsione di incentivi anche di tipo economico assegnati a quelle ritenute più virtuose sotto il profilo ambientale. Così inteso, esso trova quindi espressa applicazione sia nel Regolamento del Comune di Udine (che contempla varie tipologie di incentivi) sia nella LR 23/2005 (che, ad esempio, all art. 11 prevede l attribuzione di «incentivi economici e fiscali» agli interventi di edilizia sostenibile). La seconda caratteristica riguarda, infine, la grande attenzione riservata alla tutela del patrimonio culturale locale. Se, da un lato, il regolamento udinese intende incentivare l uso in edilizia di «materiali tipici della tradizione locale», dall altro lato la legge regionale è ancora più esplicita, mirando a «privilegiare le peculiarità storiche, ambientali, culturali e sociali» della Regione e a «incentivare il recupero e la salvaguardia della tradizione socio-culturale locale» o, ancora, considerando interventi di «edilizia ecologica, bio-eco-etico-compatibile, bioecologica, naturale e sostenibile» anche quelli che «tutelano l'identità storica degli agglomerati urbani e favoriscono il mantenimento dei caratteri storici e tipologici legati alla tradizione degli edifici». A questo proposito, può essere infatti interessante osservare come il collegamento (tutt altro che scontato) fra ambiente e patrimonio culturale o, meglio, la riconduzione della salvaguardia di quest ultimo (non a caso definito talvolta ambiente costruito ) nell ambito delle azioni di tutela del primo trovi espresso accoglimento nella fondamentale direttiva europea in materia di valutazione di impatto ambientale (direttiva 85/337/CEE), secondo la quale la VIA «individua, descrive e valuta gli effetti di un progetto sui seguenti fattori: l'uomo, la fauna e la flora; il suolo, l'acqua, l'aria, il clima e il paesaggio; i beni materiali ed il patrimonio culturale ( )». 6

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