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1 p a r t e I I I IndagInI e contributi c a p I t o l o 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d e l l a r I f o r m a I n a t t o

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3 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o di Luciano Hinna componente della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l integrità delle Amministrazioni Pubbliche - CIVIT PREMESSA Il ruolo della formazione nel processo di riforma in atto viene contestualizzato in alcuni paradigmi organizzativi e manageriali che fanno da sfondo al tema. Il primo è il ruolo che la formazione svolge nella gestione e nello sviluppo del risorse umane: un ruolo al quale si è abdicato per dare spazio quasi esclusivamente alla semplice e sola amministrazione del personale. Il secondo muove dalla considerazione che la Pubblica Amministrazione per caratteristiche ed operatività è assimilabile ad una azienda di know-how, e come tale certamente diversa da un azienda industriale, ma diversa anche da una di servizi alla quale, dai tempi di Giannini, si accostava per similitudine. Nelle aziende di know-how, pertanto, la formazione gioca un ruolo diverso e più potente da tenere in conto nel momento in cui si individua la formazione come strumento per accompagnare la riforma. Il tutto, però, va legato alla storia ed alla situazione attuale della funzione formazione nella Pubblica Amministrazione: una storia che evidenza come essa sia di fatto una funzione che fino ad oggi è costata tanto e prodotto poco e presenta nelle singole Amministrazioni livelli qualitativamente non omogenei e comunque suscettibili di grandi miglioramenti. Per meglio comprendere di quale tipologia di formazione la riforma abbisogna viene proposta, infine, una mappa concettuale che consente di leggere il ruolo della formazione nel processo di evoluzione manageriale che la riforma impone. IL RUOLO DELLA FORMAZIONE NELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE La formazione è una funzione che costituisce un elemento fondamentale nell ambito della catena del valore del ciclo della gestione delle risorse umane in un momento come quello che stiamo attraversando caratterizzato da profonde trasformazioni organizzative e culturali. Esiste una differenza sostanziale tra amministrazione del personale e gestione e sviluppo delle risorse umane. Storicamente la Pubblica Amministrazione ha sempre quasi esclusivamente amministrato il personale invece che gestirlo e svilupparlo e questo è il motivo che ha fatto leggere nell immaginario collettivo la PA come una struttura talent killer invece che come un talent scout. Eppure i talenti da scoprire tra i tre milioni e seicentocinquantamila dipendenti, se non altro per semplice distribuzione statistica, ci sono e probabilmente in misura maggiore rispetto ad altri comparti economici. 13 rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

4 Eppure esistono tutti i presupposti perché la formazione diventi subito un investimento come è logico che sia. Gli elementi che fanno leggere la formazione delle risorse umane della Pubblica Amministrazione come una opportunità sono sinteticamente le seguenti 1 : m la numerosità della popolazione che consente, anche a piccole variazioni di proparte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o La recente riforma introdotta con il decreto legislativo 150 del 2009 obbliga le Pubbliche Amministrazioni a migrare dalla semplice amministrazione alla più complessa gestione e sviluppo delle risorse umane e quindi obbliga a rivalutare l intero ciclo di gestione che inizia con la selezione ed il reclutamento, continua con la mappatura delle competenze, misurazione del capitale intellettuale, prosegue con la formazione manageriale e tecnica e si conclude con la gestione dell interruzione del rapporto di lavoro, vuoi per pensionamento vuoi per iniziativa del singolo dipendente. La formazione, quindi è allo stesso tempo strumento di cambiamento e strumento di manutenzione delle conoscenze, è uno strumento organizzativo per gestire il cambiamento, ma anche un supporto per migliorare lo stato esistente. Se la Pubblica Amministrazione rinuncia a gestire gli elementi che orbitano intorno alle risorse umane, significa che ha proprio rinunciato a gestire dal momento che il costo del personale ammonta tra il 75 e l 80% del budget di ogni PA. Esiste un paradosso nelle Pubbliche Amministrazioni: le risorse umane sono l unico fronte dove si possono realmente ottenere dei miglioramenti ma è anche quello dove invece sembra si sia sempre rinunciato ad esplorare nuove vie e nuovi stilemi organizzativi, un obiettivo, invece, che avrebbe una ricaduta economica sul Paese ed una ricaduta sociale sugli stessi lavoratori del comparto pubblico. Il motivo è semplice: non si è voluto, o non si è stati capaci, di introdurre sistemi per gestire la funzione formazione come enzima del cambiamento, ma come semplice strumento di manutenzione dell attuale. La formazione è stata sempre considerata a parole un centro di investimento, ma alla prova dei fatti si è rivelata solo e quasi sempre un centro di costo. Ora, per avere una idea dello stato dell arte della formazione nel ciclo di gestione delle risorse umane è sufficiente verificare che cosa si misura della formazione del personale; la misurazione, infatti, è importante come mark organizzativo in quanto ciò che non si misura non si gestisce e non si può migliorare. Ebbene, misuriamo le ricadute in termini di miglioramento organizzativo, la coerenza con gli obiettivi aziendali, il delta più delle conoscenze del personale che vi ha partecipato? Insomma la formazione è un investimento o una spesa? Forse è una spesa se si considera che molte Amministrazioni stentano addirittura a ricostruire il numero di seminari organizzati internamente o esternamente alla Amministrazione ai quali hanno partecipato i propri dipendenti. Diventa forse uno spreco se a fronte di ingenti fondi assegnati negli anni alla formazione, non si è riscontrato alcun incremento nella produttività. 1 Sul tema si confronti la proposta di E. Borgonovi, Pubblico. Ripartire dalle virtù, in Il Sole 24 Ore, 27 febbraio rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009

5 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 m m m m m duttività, di ottenere grandi risultati: si pensi che un recupero di efficienza, di pochi punti percentuali può significare 1-2 punti del PIL 2 ; le risorse umane sono una risorsa di fatto mai gestita e quindi appena si comincia lavorare con tecniche e professionalità è inevitabile che i risultati arrivino; il livello di scolarizzazione della Pubblica Amministrazione è migliore di quello degli altri settori economici; il numero dei laureati dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni è superiore del 10-12%; quindi esiste una materia prima di grande potenziale sulla quale lavorare; il popolo della Pubblica Amministrazione non è mercenario, nel senso che da indagini realizzate si sa che di fatto è poco incentivato ed incentivabile a cambiare comparto per passare al privato. Per questo è un personale che si può considerare poco volatile e considerando l età media ed i probabili limiti per l età pensionabile, vale la pena investirci con interesse. L investimento è ovviamente la formazione; c è una domanda latente diffusa e non espressa di partecipazione al processo organizzativo che attraversa tutti i dipendenti pubblici e che non è mai stata intercettata per carenza di managerialità che, viceversa, se opportunamente gestita avrebbe grandi ricadute positive. La stessa domanda è stata invece intercettata dal settore del volontariato civile che ha saputo proporre agli stessi dipendenti delle organizzazioni pubbliche valori sociali aggreganti e che riesce a fare il proprio PIL sociale proprio con l aiuto di questi lavoratori pubblici che si impegnano gratuitamente regalando parte del loro tempo libero per attività degne della massima considerazione; oggi questa domanda latente di partecipazione al processo organizzativo si combina con il valore dell innovazione che anima diversi dipendenti pubblici con voglia di spendere al meglio la loro unica opportunità lavorativa della vita. La domanda di partecipazione al processo organizzativo e di innovazione da parte dei dipendenti pubblici è un elemento sul quale lavorare e costituisce una condizione di successo potenziale dell attività di formazione. Ma perché questo si verifichi è importante leggere la Pubblica Amministrazione in maniera diversa: non come una normale azienda di servizi che offre in monopolio servizi del welfare state dalla cui qualità dipende il benessere di tutti i cittadini, ma come una azienda di know-how a tutti gli effetti. LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LETTA COME UNA AZIENDA DI KNOW-HOW La Pubblica Amministrazione, anche se è difficile pensarlo, è più assimilabile ad una azienda di know-how che non ad una azienda di servizi. Certamente non è una azienda industriale, nella Pubblica Amministrazione, infatti, ci sono più colletti bianchi e camici bianchi che tute blu. Ora se in una azienda industriale la formazione ha il ruolo dell addestramento, ovvero consentire agli addetti di seguire le innovazioni tecnologiche e produttive proposte dalla scienza, nelle aziende di servizi la formazione ha una valenza organizzativa legata ai comportamenti: cambiare una catena di montaggio serve una notte e qualche cacciavite e chiave inglese, mentre per cambiare gli atteggiamenti delle persone servono mesi 2 Cfr N. Rossi, intervista a L imprenditore, numero 3, marzo 2007, pag rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

6 parte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o ed anni ed invece che la chiave inglese serve la persuasione, la convinzione, il coinvolgimento, la motivazione. Tutti elementi che si iscrivono nel solco della formazione. Nelle aziende di servizio, la qualità del servizio, infatti, passa attraverso i comportamenti delle persone e si intuisce il ruolo che in esse la formazione assolve. Nell azienda di know-how, invece, la formazione non solo è strumento di gestione dei cambiamenti come nelle aziende di servizi, ma è anche strumentale alla innovazione, alla creatività, alla soluzione di problemi, alla sperimentazione. Nelle aziende di knowhow la formazione ha un valenza diversa: è elevata al cubo. E questo spiega perché in una azienda di know-how le funzioni aziendali assumono un peso completamente diverso: la selezione ed il reclutamento diventano i momenti dell investimento, la formazione è allo stesso tempo manutenzione e ricerca e sviluppo, l uscita per pensionamento, per dimissioni o licenziamento, rappresenta il momento del disinvestimento. Il patrimonio vero no è quello economico, ma è costituito dal livello di conoscenze che coesistono all interno dell azienda in un determinato momento e la materia prima da trasformare diventa il tempo. L azienda di know-how, infatti, è difficile intuirlo, cambia il valore del tempo: un ora di un operaio non specializzato ed un ora di un chirurgo che salva vite umane, hanno un valore diverso per effetto delle diversa concentrazione di conoscenze. È logico quindi che la formazione in una azienda di know-how abbia un peso diverso anche in senso quantitativo oltre che qualitativo: l incidenza della formazione può raggiungere anche il 10-12% del totale delle ore lavorate che reso in termini economici, in milioni di euro, significa un cifra enorme. La formazione è il cliente interno più grande e più importante che l azienda ha e come tale va curato con la massima attenzione. La formazione per i camici bianchi ed i colletti bianchi, però, non è solo quella in aula, in presenza, come la intendiamo normalmente, ma è anche quella on the job, ovvero sul lavoro quando il lavoro però è strutturato per consentire l apprendimento e la crescita professionale. A questa va aggiunta la formazione individuale quella che avviene al di fuori del contesto aziendale. Un ultima considerazione: nelle aziende di know-how operano i professional e quindi molta della formazione è fatta a carico del proprio tempo libero se si vuole mantenere aggiornato il proprio patrimonio di conoscenze che è l unica ricchezza che di cui l individuo dispone e quindi la sola formazione, quella pagata dall azienda e somministrata come una flebo di conoscenze nei momenti istituzionali, non è sufficiente. È solo uno stimolo a rilanciare e fare di più. Avanzando queste considerazioni sorge legittimo il dubbio, ma siamo sicuri che le Pubbliche Amministrazioni sono veramente aziende di know-how? Certamente si. Lo sono in maniera particolare, anche per dimensione: le aziende di know-how infatti, difficilmente sono di grandi dimensione, collassano prima di diventarlo per incapacità a bilanciare il know-how tecnico con quello gestionale ed hanno carenza croniche di knowhow manageriale che è la fusione tra il know-how tecnico e quello gestionale. Le aziende pubbliche, invece, nascono già grandi e non avendo il confronto con i risulta rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009

7 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 ti economici ed il mercato, continuano a rimanere in vita anche quando non sussistono le condizioni di efficienza ed economicità. La dimensione, quindi, è un ulteriore elemento di complessità che si aggiunge agli altri già accennati che richiede un livello di managerialità certamente più elevato e sofisticato. Per gestire l equilibrio complessità-managerialità serve una compensazione che è costituita dalla formazione manageriale. La conclusione è che le Pubbliche Amministrazioni sono aziende di know-how, anche se particolari, ma dispongono di una funzione formazione che non è quantitativamente e qualitativamente ancora all altezza delle esigenze ne per gestire il quotidiano, ne tanto meno per gestire le innovazioni che la riforma impone. LA FORMAZIONE UNA FUNZIONE CENERENTOLA CHE COSTA TANTO E RENDE POCO La Pubblica Amministrazione ha speso e spende in tutta Italia ed in diverse Amministrazioni fiumi di denaro in formazione che, senza una attenta analisi ex ante ed un controllo ex post intesa come misurazione e valutazione dei risultati ottenuti (effettiva qualità della docenza, ricaduta culturale e tecnica realizzata, incremento della produttività) rischia di essere una semplice spesa con un ritorno sull investimento solo per le società di consulenza che operano nel business della formazione. La cosa in un momento di compressione della spesa pubblica ed in una stagione di risorse limitate non è accettabile. La formazione nel processo di gestione delle risorse umane riveste in qualsiasi azienda un ruolo importante: la manutenzione e l aggiornamento dei saperi e la domanda interna di formazione, non degli individui ma delle strutture, è direttamente proporzionale alle dimensioni aziendali ed al tasso di innovazione e cambiamento che il settore di appartenenza registra. Se poi l azienda è una azienda di know-how, ovvero registra grandi concentrazioni di conoscenza, la formazione diventa come la pubblicità per una azienda che opera nei beni di largo consumo, come il cemento per l azienda di costruzioni ed il denaro per una banca: un ingrediente dell attività di cui non si può fare a meno. Ora la Pubblica Amministrazione ha oggettivamente una dimensione rilevante e per effetto delle recenti riforme introdotte con la legge delega ed il decreto 150, registra anche un tasso di innovazione atteso assai elevato. Per giunta è assimilabile ad una azienda di know-how e quindi dovrebbe avere, il condizionale è d obbligo, una funzione che nel tempo si è sviluppata e rafforzata tanto da aspettarsi una collocazione della formazione delle Pubbliche Amministrazioni nel firmamento delle best practice. Così non è stato. Vediamo quale è stata l offerta di formazione nel settore pubblico negli ultimi anni. Essa, come le altre funzioni aziendali, ha subito nel tempo una evoluzione già osservata in altri contesti soprattutto dei servizi (banche ed assicurazioni) ed in altri contesti esteri 3. Vale la pena passare qui in rassegna attraverso le stagioni che ne hanno scandito, in 3 Sulla innovazione registrata dalla Pubblica Amministrazione francese in materia di formazione, ed in particolare in materia di formazione permanente ai dirigenti cfr: S. Carruba, Burocrazia, cambiarla non è impossibile, in Il Sole 24 Ore del 2 marzo rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

8 parte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o una sorta di evoluzione darwiniana, le tappe principali per ritrovare quelle che a macchia di leopardo la Pubblica Amministrazione sta oggi vivendo e che, pur con tutte le differenze del caso, costituisce la base di partenza per qualsiasi risorgimento e rinascimento culturale della funzione. m La prima stagione è quella da gita scolastica : ovvero spirito di partecipazione assimilabile all ora di ginnastica e di religione all ultima ora del sabato ai tempi del liceo. La formazione viene letta come opzione, caratterizzata da scarsa attenzione sulla qualità, scarso impegno dei partecipanti, nessun sistema di misurazione ex post delle variabili (docenza, contenuti, risultati, programmi, ricadute ecc). Il risultato: una spesa, spesso uno spreco, invece che un investimento. m La seconda stagione è letta come la formazione un diritto : oggetto di negoziazione sindacale, forte attenzione al montante ore (% delle ore lavorate), attenzione al contenimento dei costi, scarsa attenzione sulla qualità, scarso impegno dei partecipanti. Siccome i diritti non si misurano, nessuno strumento di misurazione e valutazione viene adottato tranne la rilevazione delle presenze in aula. Il risultato ovviamente è spesa invece che investimento. m Il terzo momento è la formazione intesa come un passaggio obbligato per la carriera : organizzazione di corsi di riqualificazione aperti a tutti, formazione di massa, attenzione alle prove finali spesso facendo ricorso a quiz, attenzione al montante ore, coinvolgimento e negoziazione in ombra dei sindacati nei sistemi di valutazione, attenzione al contenimento dei costi visto il numero elevato di destinatari, negoziazione delle ore da dedicare allo studio, scarsa attenzione alla qualità, maggiore impegno dei partecipanti, misurazione solo del numero degli idonei e non idonei. Il risultato ancora una volta è spesa invece che investimento. m La quarta stagione è la formazione come momento di selezione e valutazione : una formazione pensata non tanto per trasmettere conoscenze, ma per valutare le persone sotto il profilo del potenziale, delle attitudini personali e professionali. Metodi didattici interattivi ad alto coinvolgimento dei partecipanti, massimo impegno degli stessi, comparsa di sistemi anche sofisticati di valutazione. Risultato: investimento più per la funzione gestione delle risorse umane che per i partecipanti. m Quinto momento, la formazione intesa come investiamo insieme nella professionalità : grande attenzione all analisi dei fabbisogni formativi, formazione legata ai compiti ed ai ruoli, selettiva e non per tutti, metodi didattici interattivi, massimo impegno dei partecipanti, utilizzo di voucher della formazione da spendere sul mercato, a volte con contribuzione dei partecipanti alle spese, attenzione sulla qualità, coinvolgimento attivo dei partecipanti nella misurazione dei risultati. Risultato: investimento sulle persone e sulla struttura organizzativa. m Sesta stagione la formazione come momento di trasferimento di conoscenze : coinvolgimento dei dirigenti interni come formatori, logica delle Accademie dove i senior insegnano ai più giovani, coinvolgimento di docenti esterni solo per la progettazione o per la docenza sui temi di frontiera, utilizzo di metodi didattici ad alto contenuto tecnologico (e-learning, video conferenze, lezioni di autore, supporti informatici e tecnologici, cd-rom, dvd, biblioteca casi e lezioni sulla intranet aziendale, realizzazione di project work ecc.), massimo impegno dei partecipanti, grande attenzione sulla qualità, adozione di strumenti di misurazione sofisticati, investimento sulle persone, investimento individuale dei partecipanti e grande investimento dell azienda. m L ultima fase è quella tipica del modello della Corporate University basato spesso su strutture virtuali, reti di conoscenze e laboratori, circoli di qualità ecc. Si tratta rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009

9 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 della fase più sofisticata che prevede il ricorso a formazione esterna con ruolo di esplorazione, solo per censire e classificare gli attori del mercato, dando un rating ai docenti, alle società di consulenza esterne, alle metodologie, ai contenuti e ai temi. L obiettivo delle Corporate University nella loro più recente evoluzione è quello di mettere a rete le strutture di eccellenza che si interessano di formazione senza essere concorrenti. Il risultato è un investimento in conoscenze, sulla rete di relazioni (patrimonio relazionale della formazione) che richiede certamente risorse finanziarie ma, sopratutto grandi risorse manageriali e di coordinamento. Va da se che nel panorama delle Pubbliche Amministrazioni esistono tutte quante queste situazioni, ma sono le frequenze quelle che contano: le medie e non le punte. Se potessimo classificare le varie iniziative che si sono susseguite negli anni nelle varie Amministrazioni in un ipotetico tracciato evolutivo non sarebbe difficile riscontrare una frequenza altissima nelle prime tre fasi e qualche sperimentazione delle solite avanguardie nelle altre. Il guaio, però, è che a volte si sono utilizzate le Corporate University pubbliche della fase sette per svolgere la formazione-esamificio come passaggio di carriera della fase quattro. Altro elemento da considerare è lo scarso riscorso ai supporti per la formazione a distanza tanto che il costo principale della formazione non è dato dalla progettazione o dai costi di docenza, ma dalle le spese di viaggio e soggiorno dei partecipanti e dalla logistica delle stesse scuole. Così si stravolge lo spirito della formazione. La spesa in formazione però non è poca anche se appare troppa alta se posta in raffronto con i risultati. Si fa difficoltà a mettere a massa critica tutto ciò che si realizza tra partecipazione del personale a corsi e seminari a catalogo organizzati all esterno da strutture private, quelli organizzati dalle varie Università a caccia di fonti di entrata nuove per far fronte ai tagli di bilancio, le commesse di formazione assegnate dalla Pubblica Amministrazione alle varie società di consulenza che operano nel settore, le risorse messe a disposizione dai fondi europei, le iniziative di formazione organizzate direttamente dai servizi formazione e che pesano sui bilanci dei vari Enti e Ministeri. A tutto questo va aggiunta la formazione ricorrente promossa dalle varie Corporate University pubbliche e dalla miriade di consorzi di formazione che si sono formati a livello regionale, provinciale e comunale. Insomma, di formazione se ne fa tanta e si spendono anche molte risorse, ma forse senza una regia comune, certamente difficile da realizzare, non si riesce a fare sistema, verrebbe da dire, e le cose, si sa, non vanno mai a sistema da sole, serve sempre il coordinamento. Sul totale delle risorse che si spendono per la formazione nel settore pubblico la percentuale di quelle intercettate e gestite direttamente dalla Pubblica Amministrazione è ancora troppo bassa e soprattutto disordinata. La migrazione da formazione solo spesa, forse spreco, ad investimento si gioca anche attraverso questa messa a sistema sia delle risorse che delle iniziative. 13 rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

10 parte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o IL CICLO GESTIONALE DELLA FORMAZIONE Come esiste un ciclo delle performance per le Pubbliche Amministrazioni, come esiste un ciclo gestionale nella gestione e sviluppo delle risorse umane, esiste anche un ciclo gestionale della funzione formazione che si articola in primissima battuta su una sinergia tra la ricerca sui temi oggetto di formazione e la formazione in senso stretto. La relazione tra ricerca e formazione è fondamentale: se non si fa ricerca applicata suoi propri contesti non si può alimentare la formazione con valenza organizzativa, si finisce per avere solo valenza culturale, ma in quel caso ci si sovrappone a ciò che i dipendenti pubblici hanno già assimilato nei loro percorsi formativi propedeutici all entrata nel comparto pubblico. Per intenderci la solita overdose di diritto (le regole del gioco) già studiato all università, già oggetto si verifica in mille concorsi pubblici e si trascurano gli aspetti organizzativi e gestionali (come si gioca per vincere). In sintesi, la formazione va legata agli obiettivi organizzativi altrimenti diventa semplice cultura e conoscenza che dovrebbe e potrebbe essere data per scontata se i criteri di selezione seguiti sono corretti, ma questo apre un altro tema che non vale la pensa qui affrontare. Il ciclo della formazione è costituito da una serie di macroaree incardinate in un processo tutt altro che semplice che ogni sevizio formazione, qualsiasi sia la forma organizzativa che si è data corporate university, scuola, accademia, consorzio o semplice servizio formazione dovrebbe presidiare al massimo livello possibile. Interessante, quindi, è interrogarsi sul livello di presidio esistente nelle varie macro-fasi della formazione per capire se ciascuna è oggettivamente svolta al meglio. Come illustrato nella figura 1 le macro-fasi sono diverse ma per dare un idea dell importanza spesso trascurata basti pensare solo alle prime fasi, le più semplici, e porsi qualche domande: m analisi delle esigenze di formazione: autorilevazione o legate agli obiettivi organizzativi che si intendono raggiungere? m programmazione di medio e lungo termine: è chiaro il numero di persone da formare nel medio e lungo termine? Anche per decidere i supporti e le formule più idonee; m progettazione di dettaglio: si confonde la progettazione con la stesura del semplice programma? Si fa solo un matching tra temi e relatori o si delineano metodologie tempi, risultati attesi, prove di apprendimento di uscita ecc? m gestione della faculty: come si selezionano i docenti? Come si classificano, per competenze, capacità, didattiche e tipologia di aula, come si valutano, come si coinvolgono, quali gli interni e quali gli esterni? O si gestiscono solo sulla base delle disponibilità individuali dei docenti disposti a partecipare con compensi spesso ridicoli e con calendari che sconvolgono anche l agenda più vuota? Insomma, le macro-aree sono tutte finestre che si aprono su mondi che sono molto ben presenti a chi gestisce la formazione in maniera professionale, ma la situazione che si rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009

11 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 Progr. di m/l Analisi esigenze Progettazione di dettaglio Gestione della faculty Biblioteca casi e materiale Ricerca per alimentare l innovazione Materiale di supporto Audit della qualità Rendicontazione sociale Logistica E-learning distanza University press Valutazione delle ricadute Grafico 1 le macro-aree della formazione osserva nelle nostre Pubbliche Amministrazioni non è assolutamente omogenea e chi per professione fa formazione sono elementi che è in grado di cogliere subito. Basti pensare che di tutte le scuole pubbliche, le nostre Corporate University, che non sono poche, solo una è certificata in qualità. Questo non significa nulla, ma dà l idea dell attenzione che esiste in tema di qualità del processo. Una ulteriore criticità che va rilevata è che gli addetti alla formazione sono spesso dirigenti di passaggio con esperienze interessanti alle spalle, ma non sempre coerenti con la formazione e sono comunque sempre in attesa di promozioni in ambiti ancora diversi. Nelle direzioni formazioni non si fa carriera e così anche le buone esperienze maturate rischiano di sparire al cambiamento di ogni responsabile se non si riesce a far migrare il capitale umano individuale in capitale organizzativo collettivo della struttura. La conclusione è che, fatte le solite rare eccezioni, la formazione come funzione all interno delle singole Pubbliche Amministrazioni non è presidiata con il livello di attenzione ed importanza che merita soprattutto in un momento in cui le riforme imposte dal legislatore chiamano le strutture di formazione a svolgere un ruolo importante, fondamentale ed insostituibile. IL RUOLO DELLA FORMAZIONE NELLA RIFORMA INTRODOTTA CON IL DECRETO LEGISLATIVO 150 DEL 2009 Si è fatto più volte riferimento al ruolo della formazione come enzima dell innovazione, ora per cogliere pienamente il ruolo che essa è chiamata a svolgere nel processo di innovazione avviato con il decreto 150 del 2009 è importante cogliere che cosa questo significa in chiave manageriale ed organizzativa. Certamente la riforma, proponendo una discontinuità con il passato, ha spezzato un equilibrio giusto o sbagliato che sia che deve essere ritrovato anche se su basi diverse; è il sistema di ri-equilibratura che è garantito proprio dalla formazione. 13 rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

12 parte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o Stile di direzione Formazione manageriale Mentalità operativa Grafico 2 Il ruolo della formazione nella IntroduzIone dei nuovi strumenti della riforma Formazione on the job : Formarsi facendo Sperimentazione, Progetti pilota D,Lgs 150/09: Gestione delle performance Nuovo sistema premiante Selettività ecc. Sistemi gestionali Formazione tecnica Per prendere confidenza con nuovi sistemi gestionali Esempio:OIV Andiamo con ordine. Semplificando un noto modello di analisi organizzativa, si può affermare che una organizzazione è in equi librio quando sono in equilibrio tre elementi fondamenta li (grafico 2): lo stile di direzione, la mentalità opera tiva ed i suoi sistemi gestionali, e questo è vero anche per le Pubbliche Amministrazioni. È bene chiarire che il concetto di equilibrio va inteso come tendenza in quanto l evoluzione di una organizzazione si realizza proprio attraverso il miglioramento, la trasfor - mazione, l evoluzione di questi tre elementi ed è quindi inevitabile che in un determinato momento della vita di un organismo produttivo uno dei tre elementi si ponga in posizione leggermente avanzata o leggermente arretrata rispetto agli altri. L importante è che la distanza non sia troppa, perché, se così è, vuol dire che si è nel mezzo di una crisi, ovviamente intesa in senso positivo ed evolutivo, che richiede comunque attenzione ed impegno gestionale. Qualsiasi salto qualitativo di una organizzazione, e la riforma impone proprio questo salto, però deve pur partire da qualche parte e allora a volte è il top management che mette in moto tale trasformazione che, senza aspettare la norma, ma per esigenza gestionale, propone modelli gestionali nuovi, adotta stili di direzione diversi ed introduce sistemi pre mianti nuovi. Altre volte è la struttura dei quadri dirigenti (la mentalità operativa) che spinge al cambiamento, altre volte ancora, infine, è l introduzione di nuovi sistemi, vuoi per esigenza, vuoi per norma, che costringe al cambiamento. Una volta fatto il primo passo il processo di innovazione si autoalimenta in quanto la mentalità operativa fa scaturire nuovi sistemi, i sistemi fanno cambiare lo stile di direzione, il nuovo stile di direzione condiziona la mentalità operativa che, a sua volta, attiva nuovi sistemi e così via (grafico 2). Il processo però può girare anche in senso antiorario: è il top management che introduce nuovi sistemi premianti e non e tenta così di cambiare la mentalità operativa dei dirigenti e dipendenti per ritrovare un nuovo equilibrio che permetta a tutti di compiere un ulteriore passo in avanti rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009

13 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 Ciò che è importante sottolineare in questo contesto è che non si può pensare di modificare uno dei tre elementi senza modificare gli altri due e tale adeguamento deve essere armonioso, senza strappi e lacerazioni altrimenti il sistema va in crisi e a volte collassa: se è una impresa privata perde competitività ed esce dal mercato, se è una azienda pubblica si ferma e si paralizza dal punto di vista organizzativo. È chiaro che qui il fattore tempo è determinante nella gestione del cambiamento; c è chi preferisce cambiamenti piccoli ma costanti, chi invece ritiene che la politica del terre - moto e subito possa portare a risultati concreti e permetta di verificare la percorribilità di certe linee di ristrutturazione tracciate. Un altro elemento da considerare è il punto di attacco del processo di trasformazione: è il top management che ha deciso di cambiare? È una norma che lo impone? È la mentalità operativa, ovvero i comportamenti dei collaboratori e dei dipendenti, che lo richiede? Uno dei tre elementi del modello nell ottobre del 2009 è stato modificato con il decreto 150 del Con la riforma, infatti, si sono modificati anche i modelli gestionali e allora come si ri-allineano i tre elementi; stile di direzione, mentalità operativa? Attraverso la formazione. La norma infatti ha introdotto nuovi sistemi di gestione ma anche nuovi sistemi premianti: la gestione delle performance, la loro misurazione, la premialità selettiva (il famoso ) che ovviamente spiazza sia la dirigenza che i dipendenti pubblici e che deve essere riallineata e questo avviene attraverso tipologie diverse di formazione. Innanzitutto serve una formazione manageriale per i dirigenti che debbono essere sensibilizzati sulle valenze manageriali della riforma che è cosa diversa dall interpretazione della norma, cosa che normalmente sanno fare benissimo. Valutare i dipendenti, dire a qualcuno che non si è soddisfatti di quello che è stato fatto, motivare le persone senza disporre di risorse economiche e senza neanche poter far promesse, distribuire premi diversi a seconda delle performance individuali e di gruppo raggiunte sono tutte cose nuove e non semplici da gestire. La formazione manageriale sui temi tipici della riforma, quindi, è quanto mai necessaria. Esiste poi un altra tipologia di formazione, é la formazione on the job, quella che consente di apprendere facendo ed è quella legata alla sperimentazione, ai progetti pilota con i quali si fa ricerca di fatto e si accumulano conoscenze che servono poi ad alimentare l altra formazione. Da quando la riforma è stata annunciata ed entrata in vigore sono partite numerose sperimentazioni anche presso quegli Enti per i quali le scadenze per l implementazione erano più diluite nel tempo. Quelle sperimentazioni sono un patrimonio enorme in chiave di formazione e non solo in chiave organizzativa come è ovvio che sia. Quel patrimonio va recuperato come materiale di ricerca per alimentare la progettazione della formazione in aula, che per non scivolare sulla didattica astratta, deve consentire l illustrazione di casi e progetti calibrati sulle esigenze e sulle necessità degli Enti. Questo serve anche a dimostrare che certe cose si possono fare e si possono anche fare bene. 13 rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

14 parte III - capitolo 1 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o La formazione sul campo, quella legata alla sperimentazione ha una valenza maggiore in quanto consente di alimentare l entusiasmo, di creare lo spirito di gruppo, il senso di appartenenza, tutti elementi che consentono di combattere la diffidenza che è sempre forte davanti al nuovo che avanza. Esiste poi una terza tipologia di formazione: tecnica e puntuale, quasi un addestramento. Essa ovviamente si affianca e completa quella comunque necessaria di sensibilizzazione sui grandi temi della riforma, ma ha come focus l utilizzo dei nuovi strumenti e tecnicalità che la riforma ha introdotto. Solo pensando alla valutazione delle performance individuali non è difficile immaginare, anche sulla esperienza di quegli Enti che hanno già realizzato qualche cosa in questo campo, che servirà formazione mirata e diversa sia per i valutatori che per i valutati. Pensando agli organismi indipendenti di valutazione si dovrà promuovere una formazione strettamente tecnica sul performance auditing, il ruolo che di fatto dovranno svolgere, in un contesto in cui sia la performance che l auditing costituiscono grandi novità. La stessa cosa si può dire per il tema degli indicatori, della qualità, della trasparenza, dell integrità, tutti temi nella agenda della riforma che vanno riempiti di contenuti tecnici e strumenti operativi. Avendo presente il modello proposto con il grafico 2, si intuisce come le cose da fare sono tante e certamente alcune economie di scala si possono realizzare: ripensando la formazione anche attraverso l utilizzo di nuovi supporti didattici. Non si può pensare di portare in aula tremilioni e seicentomila persone, ne si può pensare di realizzare la riforma senza formazione. Qui la tecnologia può venire in aiuto. Ad esempio, per i seminari di sensibilizzazione si potrebbe produrre un dvd da distribuire alle varie Pubbliche Amministrazioni o da divulgare attraverso la varie reti intranet in modo da assicurare efficacia, omogeneità di contenuti e costi praticamente irrisori. La formazione in presenza potrebbe essere così limitata a brevi momenti per favorire approfondimenti e contestualizzazioni. Sulla formazione tecnica e su tematiche specifiche si può fare la stessa cosa. Non è pensabile che ogni Ente progetti in maniera diversa seminari diversi per obiettivi comuni. Ciò che ogni Ente dovrà gestire è la contestualizzazione, la declinazione specifica nel singolo Ente, partendo però da una base comune, di qualità e creata per tutti. LA CONCLUSIONE La formazione è l enzima del cambiamento e non si può attuare la riforma senza accompagnarla con formazione. Quello che serve ora è capitalizzare sugli errori del passato e lanciare un progetto di coordinamento della formazione che metta a sistema professionalità, entusiasmo, competenze tecniche, sperimentazioni e successi: provare una volta tanto a cantare in coro e creare, forse per la prima volta nella storia della nostra Pubblica Amministrazione, un progetto di formazione globale e condiviso, dove ognuno cerca di fare il meglio e lo mette a disposizione degli altri. In questo processo un ruolo centrale potrà essere svolto dalle varie scuole di formazione pubbliche, le nostre Corporate University, i nostri centri di competenza in materia di rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009

15 I l r u o l o d e l l a f o r m a z I o n e n e l p r o c e s s o d I r I f o r m a I n a t t o parte III - capitolo 1 formazione. Un ruolo ancora più importante e diverso da quello del passato potrà essere svolto dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione sia con ruolo di coordinamento delle altre scuole sia convogliando esigenze ed opportunità. La riforma, è stato detto tante volte ed in tanti contesti, è una opportunità. È vero. Oggi abbiamo la possibilità e la necessità proprio nel campo della formazione di sperimentare un modello organizzativo nuovo che ci consenta di lavorare a rete e di legare in un hub ed in cento spoke, mettendo a sistema tutte le competenze, le professionalità e gli slanci, mantenendo ovviamente ciascuno la propria autonomia. La differenza tra la sommatoria ed il sistema è quella che corre tra il rumore e la musica: il coordinamento e l armonia. Anche noi abbiamo la nostra ENA, forse non ce ne siamo accorti, ma se portiamo a sistema e miglioriamo ciò di cui già disponiamo in materia di formazione non solo riusciamo a portare in porto la riforma, ma riusciamo a conquistare una leadership culturale alla quale abbiamo abdicato da troppo tempo. 13 rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione

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