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1 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr settimanale diretto da luigi amicone numero luglio ,00

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3 EDITORIALE La tragedia di gaza e degli infiniti lutti Solo leader che esaminano l esperienza possono salvare due popoli dall abisso Caratteristico della follia è continuare a ripetere le stesse azioni aspettandosi un risultato diverso. Questa definizione dell infermità mentale, spesso citata da Einstein, descrive perfettamente quello che sta succedendo fra Israele e Gaza da tre settimane, fra israeliani e palestinesi da quasi ottant anni. Né il terrorismo né la sua repressione indiscriminata producono la resa dell avversario e quindi la vittoria definitiva. Producono invece i risultati che, nel conflitto israelo-palestinese, ricorrono ormai da 80 anni: lutti, dolore, rabbia, odio, desiderio di vendetta, frustrazione, angoscia, depressione, nuova violenza. L eterno ritorno del medesimo orrore, solo con vittime sacrificali sempre nuove. Anche se per ipotesi, grazie a questa operazione militare voluta dal governo Netanyahu, Israele riuscisse a schiacciare la testa del serpente Hamas, la fiaccola della lotta armata verrebbe ripresa da altri soggetti politico-militari che capitalizzerebbero l umiliazione e la rabbia di centinaia di migliaia di palestinesi che hanno perso case e parenti a causa della guerra. Anche se ottenesse la riapertura del valico di Rafah e dei tunnel sul versante egiziano attraverso i quali si rifornisce di armi, infliggesse perdite significative all esercito israeliano e riuscisse Né israele, né i palestinesi a colpire coi suoi razzi Tel Aviv e altre hanno IL potere DI piegare la REsisTEnza DELL ALTRO. città, Hamas non piegherebbe di un È evidente che servirebbe millimetro l istinto e la forza di autodifesa che dai giorni dell Olocausto det- un modo nuovo DI pensare ta i comportamenti dello Stato ebraico e prima di esso dei suoi fondatori. Con tutta evidenza, servirebbe un modo nuovo di pensare, da una parte e dall altra. Una discontinuità con la coazione a ripetere. Un popolo palestinese che lotta per i suoi diritti solo con metodi non violenti e un popolo israeliano che crede talmente nelle sue ragioni da assumersi il rischio di dare fiducia ai palestinesi con gesti politici coraggiosi sono oggi solo immagini ideali, etichettabili come utopia, ma apparirebbero opzioni di puro realismo se gli uni e gli altri decidessero di intraprendere una revisione critica ciascuno della propria storia. Fino a quando israeliani e palestinesi continueranno in prima battuta a giustificare i propri comportamenti, e non a giudicarli alla luce delle loro conseguenze nel tempo, nessuna soluzione reciprocamente accettabile sarà possibile: questo lo sanno bene tutti coloro che, per molti anni, hanno inutilmente cercato di favorire trattative fra le parti. Il cambiamento di prospettiva deve venire dai protagonisti del conflitto: il ruolo di chi sta fuori deve essere quello di incoraggiare e favorire tutte le leadership e le figure morali, nei due campi, che incarnano un approccio diverso. Come Izzeldin Abuelaish, il medico e padre palestinese che perse tre figlie e una nipote a causa dell Operazione Piombo Fuso, autore del libro Io non odierò e promotore della fondazione Daughters for Life per l educazione delle ragazze arabe. È lui che ha scritto su un giornale britannico, a commento degli orrori di Gaza, «La follia, come diceva Einstein, è continuare a rifare la stessa cosa aspettandosi un risultato diverso». MINUTI Che benedizione è il lavoro Una casa di cure per malattie nervose. Nella sala di soggiorno già di mattina è accesa una tv: un malato le sta davanti senza guardarla. Due pazienti in pigiama affacciati a un balconcino fumano, aspirando avidamente. Una bella donna col viso devastato da un ignoto dolore se ne sta seduta in un angolo, come ripiegata su se stessa, assente. Tutti si trascinano con passi pigri, strascicando le scarpe, come gente che non ha alcun luogo in cui andare. Dalla cucina arriva rumore di piatti, e odore di minestra di verdura. Sull orologio sul muro le lancette avanzano con esasperante lentezza. Improvvisamente nella sala entra uno sconosciuto e svelto la traversa, con una cassetta degli attrezzi in mano. A un infermiere chiede dove si trova il locale caldaia: è un operaio, addetto a una qualche riparazione. Ma in questo luogo di destini sospesi, di passi spenti che tornano sempre nel medesimo punto, la rapida andatura di un uomo che va a lavorare sembra un evento eccezionale. Gli sguardi dei malati lo seguono con un ombra di nostalgia: anche loro, in un tempo che adesso sembra remoto, andando a lavorare camminavano a quel modo. Che benedizione è, pensi, per gli uomini il lavoro, che li trae fuori da sé, che li costringe ad alzarsi e a fare e a essere insieme agli altri. E che benedizione è averlo, un lavoro, anche uno qualunque: nei passi certi di un operaio in mezzo all andirivieni opaco dei malati, lo ho riconosciuto. Marina Corradi 30 luglio

4 settimanale diretto da luigi amicone numero luglio ,00 SOMMARIO 08 PRIMALINEA L OGGI E IL DOMANI DELL ARCINEMICO AMICONE NUMERO 30 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr Può non piacere ma l assoluzione di Silvio Berlusconi rafforza un alleanza riformatrice di cui l Italia ha bisogno LA SETTIMANA 16 ESTERI IL CALIFFATO AVANZA E OBAMA TACE CASADEI 22 SOCIETà PERIFERIE. LE MOHICANE DI EBOLI RINALDI Minuti Marina Corradi...3 Foglietto Alfredo Mantovano...7 L ascia nel cuore Emanuele Boffi...15 Mamma Oca Annalena Valenti...41 Acta Martyrum C. Martini Grimaldi...44 Sport über alles Fred Perri...46 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano...47 Mischia ordinata Annalisa Teggi...50 RUBRICHE 30 CULTURA LA SCUOLA DI FABRIANO MOJANA 36 CULTURA SUL MATRIMONIO SPAEMANN Stili di vita...40 Per Piacere...41 Motorpedia...42 Lettere al direttore...46 Taz&Bao...48 Foto: Ansa; AP/LaPresse; Sintesi Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell 11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 20 N. 30 dal 24 al 30 luglio 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini IN COPERTINA: Foto Ansa PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Elcograf Via Mondadori Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/ , fax 02/ , redazione@tempi.it, EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/ , fax 02/ GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/ , fax 02/ abbonamenti@tempi.it Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro. Abbonamento annuale digitale 42,99 euro. Per abbonarti: GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, Milano. Le informazioni custodite nell archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).

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7 FOGLIETTO NUOVA INDAGINE PRELIMINARE CONTRO L ITALIA L Europa ci ricorda le priorità e il Pd si allinea. «Rispettate gli uccelli» DI ALFREDO MANTOVANO Foto: Ansa Q uando (Tempi del 2 luglio), in avvio di presidenza italiana del semestre europeo, auspicavamo che le nostre istituzioni facessero occupare l Unione Europea di questioni serie, non immaginavamo che la faccenda avesse un profilo ben poco paradossale. Un mese fa la riflessione era concentrata sull allargamento delle gabbie per l allevamento delle galline da uova: una sentenza della Corte di giustizia europea aveva dichiarato l Italia inadempiente per non avervi provveduto per tempo e la Commissione aveva aperto una procedura di infrazione; il governo italiano era corso ai ripari, e la Commissione aveva arcignamente garantito che avrebbe vigilato perché i pennuti avessero maggiori spazi a disposizione. Neanche il tempo di prendere fiato. Il 16 luglio la senatrice del Pd Monica Cirinnà informa che nei confronti dell Italia vi è una in- DOPO LE GABBIE PER GALLINE, ARRIVA LA PROCEDURA CONTRO LA CATTURA DI PENNUTI PER FARNE RICHIAMI VIVI. «UNA PRATICA ABERRANTE. QUESTO SEMESTRE DEVE ESSERE UN OCCASIONE DI CIVILTà» chiesta preliminare all avvio di una nuova procedura di infrazione perché sul patrio suolo è in atto «da anni (la) cattura (di) uccelli selvatici per farne richiami vivi»; «una pratica vietata dalla direttiva Uccelli» (maiuscola inclusa) spiega la parlamentare, secondo cui «l Europa ci dice che si può fare a meno dei richiami vivi, ad esempio cacciando senza richiami o con richiami a bocca, o al limite con richiami di allevamento». Per questo il governo Renzi sul punto ha «abbandonato il testo della legge Europea prevedendo, nel decreto 91, il cosiddetto Dl competitività, un nuovo testo, che vieta la cattura»; l auspicio di Cirinnà è che il Senato voglia «attenersi rigorosamente al testo del governo»; ciò in quanto «i richiami vivi sono veramente una pratica aberrante e inaccettabile. Futile, superflua e veramente violenta nei confronti di animali selvatici che vivono viaggiando per decine di migliaia di chilometri. Io penso che ( ) l Italia, nel semestre della sua presidenza europea, possa cogliere una importante occasione di civiltà attesa da decenni». La senatrice Pd non è un personaggio marginale: con una lunga esperienza al consiglio comunale di Roma, è relatrice del disegno di legge sulle unioni civili, e da circa un mese ha elaborato un testo-base che, esclusa solo la possibilità di adottare, individua un regime paramatrimoniale per le Monica Cirinnà ha informato il Parlamento della nuova indagine europea. La senatrice Pd è relatrice del ddl sulle civil partnership coppie dello stesso sesso. Alla direzione Pd di giugno, Renzi ha congelato (per il momento?) il ddl Scalfarotto, e ha puntato sul ddl Cirinnà sulle civil partnership, da mandare avanti con priorità. Ella è dunque una esponente Pd così qualificata da essere incaricata di condurre all approvazione una legge ritenuta importante dal suo partito; per lei non sono «aberranti e inaccettabili» i cadaveri accumulati in una carrozza ferroviaria nella campagna ucraina, esito della follia del conflitto fra Kiev e Mosca e della ritrosia dell Unione Europea a chiamarla col nome di guerra; e neanche la merce umana pestata mortalmente in un fondale di imbarcazione nell illusione di arrivare a Lampedusa, nell indifferenza europea e con Mare nostrum a garantire la tranquillità della coscienza nazionale; e nemmeno i missili di Hamas e le centinaia di vittime civili di Gaza. Nessuna generalizzazione, ma è questa la sensibilità media della Commissione europea e del nostro Parlamento. Impegnati a distruggere quel poco che resta di famiglia, non curanti delle tragedie che colpiscono i propri figli o vicino casa propria, attenti alle galline ovaiole e agli uccelli da richiamo. È una ragione per rassegnarsi, o perché con decisione ancora più forte chi ha a cuore la centralità dell uomo cambi verso realmente, nella cultura e nell azione politica? 30 luglio

8 Ketty 8 30 luglio 2014 Foto: Ansa Chi ha fatto caso che nel collegio che ha assolto Berlusconi c era una toga rossa? Chi ha saputo che qualche sera prima della sentenza il leader di Fi ha confidato di voler mollare tutto? Ed ecco il domani DI LUIGI AMICONE salva

9 COPERTINA l Arcinemico 30 luglio

10 Può piacere o no. Ma anche se l anagrafe è lì a certificare che il futuro non si chiamerà Silvio Berlusconi, oggi l Italia ha ancora bisogno di lui e del suo spirito pugnace. Matteo Renzi, che di Berlusconi ha il carattere, trent anni in meno e il vantaggio di essere dalla parte giusta, si è preso un bel rischio convocandolo al tavolo delle riforme e scegliendolo come partner nell impresa di cambiare le carte fino ad oggi distribuite nelle segrete stanze delle procure e dei gazzettini di complemento. Da venerdì 18 luglio, data della sentenza di assoluzione che dopo anni di ordalia giudiziaria (e chi ripaga il malcapitato? E l Italia dal bombardamento speculativo in grazia della pessima reputazione del malcapitato? E gli italiani scippati del voto e dal governo del malcapitato?) restituisce al leader di Forza Italia le redini della politica attiva, i giudici della Corte di Appello di Milano confermano che Renzi ha visto giusto. «Con Forza Italia che rappresenta milioni di voti non c è un accordo di governo ma istituzionale perché in un paese civile le regole si fanno insieme. Dal punto di vista istituzionale mantenevo la parola anche se Berlusconi fosse stato condannato», dice commentando il verdetto the boss, lo Springsteen fiorentino. Risultato? Le riforme vanno avanti. Un certo spirito di unità nazionale può prendere corpo. La maggioranza trasversale tiene. M5S è costretto a rincorrere. Gli sfascisti a rosicare. E così, anche il centrodestra riprende a respirare sotto il solleone del 40,8 per cento del rottamatore. Un processo che ha dunque scritto la parola fine sulla guerra dei vent anni, come ha titolato in prima pagina il quotidiano torinese perbene? È così. C è un giudice (rosso) a Berlino Non solo. Nessuno ad esempio ha colto il dettaglio minuscolo, ma di simbolica fascinazione, consistente nel fatto che accanto al presidente Enrico Tranfa, il secondo giudice di Corte che ha mandato assolto l ex Cavaliere, c è una cosiddetta toga rossa come la mitica Ilda Boccassini, regina dell accusa. Accanto al galantuomo Tranfa, che al Palazzo di Giustizia di Milano gode di reputazione per il suo equilibrio e idiosincrasia al protagonismo da riflettori, a sentenziare che la concussione non sussiste (e non costituisce reato neppure l ipotesi che una ragazza che all epoca dei fatti era minorenne ma si spacciava come 24-25enne sia stata ospite consenziente in villa ad Arcore), c era infatti il giudice Ketty Locurto, tessera di Magistratura Democratica e facente capo alla medesima corrente della folta schiera togata che, con o senza Ilda la Rossa, da Milano a Palermo, da Napoli a Bari, si contendono fin dal 1994 anche solo momenti di gloria di inchieste sul Re leone della politica italiana di Seconda Repubblica. Altra noticina in margine a una storica sentenza: nessuno ha notato luglio 2014

11 COPERTINA PRIMALINEA Nel processo d appello sul caso Ruby, Silvio Berlusconi è stato giudicato non colpevole per entrambi i capi di imputazione. Nella foto, i giudici durante la lettura della sentenza. Al centro, Enrico Tranfa se IL verdetto ha RISPosto ALLE RIchIESte della difesa IL capo della PRocuRA non ha MAI SPIEgato PERché ha dato un caso di concussione AL capo dell ANtIMAfIA Foto: Fotogramma che, visto il sorprendente cappotto rispetto al verdetto di primo giudizio, e considerato che la difesa degli avvocati Coppi e Dinacci ha ottenuto dai giudici di secondo grado risposta oltre ogni aspettativa, nessuna risposta è invece venuta dal capo della Procura di Milano all accusa una delle tante mossagli da un suo sostituto di avergli sottratto fascicoli di sua pertinenza. Nel caso, Edmondo Bruti Liberati non ha ancora detto una parola sul perché ha girato il faldone riguardante la concussione del caso Ruby (capitolo che in primo grado ha pesato per sei anni sui sette di pena comminati all imputato B.) a Ilda Boccassini, direttrice dell ufficio distrettuale antimafia, invece che a Alfredo Robledo, responsabile dell ufficio per i reati contro la pubblica amministrazione. Come buon senso e regola che si è data la stessa Procura di Milano avrebbero esigito, essendo appunto la concussione un reato contro la pubblica amministrazione. Ma insomma, comprensibile è errori, delle sue follie, della sua condanna passata in giudicato e perfino delle miserie che condivide con tutti noi mortali, sussiste in una misura civilmente e umanamente superiore a quella di questi presunti gesuiti della Repubblica dalle mani pulite e i guanti prensili. Prendi un altro papa alla Scalfari. L abbiamo davanti come se fosse qui, adesso, con il suo profilo aquilino, il naso adunco, la mansuetudine che muta improvvisamente in ira, Mr. Hyde in Dr. Jekyll. «Guai alla chiesa se appoggerà Berlusconi». Così disse Norberto Bobbio e lo scrivemmo in tempi non sospetti, di ritorno dalla sua casa torinese dove fummo suoi graditi ospiti agli inizi del 94, quando l uomo di Arcore aveva annunciato la sua discesa in campo. Allora il filosofo della politica si interrogava sul male dell universo, sembrava un Socrate, ma dentro di sé rosicava per l inquilino privo del supposto pedigree istituzionale, da cui in seguito scaturì il famoso giudizio di Unfit sentenziato su Berlusconi da quei così tanto fit e fighi dell Economist che finirono con la loro corrispondente da Roma tale Tana de Zolueta a farsi rappresentare in parlamento italiano nella lista di quel fine esponente di pedigree istituzionale, common low e diritto britannico, che fu Tonino Di Pietro da Montenero della Bisaccia. Ecco, i vent anni della persecuzione giudiziaria su mandato dell antiberlusconismo da regimetto dei parrucconi e della lunga lista dei Picone da complemento, sta dentro quest arco tra il Bobbio del 94 e lo Scalfari di domenica 20 luglio L arco che va dall avviso di garanzia consegnato dal Corriere della Sera con un titolo a nove colonne nel luglio del 1994 a Silvio Berlusconi presidente del Consiglio e scintillante capotavola al summit dei grandi a Napoli, al titolo più sommesso, ma chirurgicamente devastante con cui lo scriba del Corriere della Sera del giugno 2013 rifaceva i conti della prescrizione e, sbaglianstata la delusione dei bastian contrari a una sentenza che concettualmente libera il paese dai tutori delle manette e dai parrucconi di palazzo. L addio all Italia dei poveri Scalfari E infatti, per maramaldeggiare su un affare che dopo tutto riguarda solo i fanti, c è stato addirittura uno che ha scomodato i santi. «Nessuno è infallibile, papa Bergoglio sa che non lo è neppure il papa». Se la presunzione fosse dio, Eugenio Scalfari sarebbe l Altissimo. Come si fa ad avere il dono della lingua retorica biforcuta e disprezzarlo al punto da farsi accecare dal più gretto dei sentimenti umani, il pregiudizio per la persona? O odioso errore, figlio della malinconia, perché mostri agli impressionabili pensieri degli uomini le cose che non sono? Avesse evocato il drammatico dilemma shakespeariano, perfino Scalfari avrebbe avuto un lampo di genio. E invece, neghittoso e avaro oltre ogni Narciso quale egli è, scrive e fa titolare l omelia domenicale Sentenza forse giusta ma che disonora il paese. Ora, a parte lo sbilenco non senso dell affermazione (poiché è evidente che ristabilire giustizia è per definizione un rendere onore), con questo suo patente rachitismo interiore incapace di riconoscere l onore delle armi anche all avversario più ostico da atterrare nella polvere e perfino dinnanzi alla legge di cui lo Scalfari- Repubblica pensiero mena vanto di essere sommo baluardo, il Fondatore non solo riesce a fallire l incredibile opportunità di tre, dicasi tre colloqui a tu per tu con il Sommo Pontefice, ma si candida a fallire anche l ultimo miglio della sua predica terrena. Ma passando dal mal di vivere che si nutre del vissuto altrui, all altro capo del mondo dove il mondo si specchia nel tipo venuto dalla imprenditoria alla politica a miracolo mostrare, la sentenza di Milano fa ritrovare uno che con tutta la somma dei suoi difetti, dei suoi 30 luglio

12 PRIMALINEA COPERTINA Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento doli, sottraeva Silvio Berlusconi al suo giudice naturale per consegnarlo in fretta e furia alla condanna del famoso giudice feriale Ferdinando Esposito. In entrambi i casi le veline hanno avuto effetti pesantemente distorsivi nel gioco della democrazia. In entrambi i casi non si conoscono gli architetti dell operazione che, nella prima circostanza minò e quindi ribaltò gli esiti del primo trionfo elettorale di Berlusconi. Nella secondamise una pietra sopra alla sopravvivenza anche solo in laticlavio del leader che nel suo quarto mandato da premier aveva ottenuto il plebiscito degli italiani. Si fa presto a dire promesse non mantenute. In tutti gli altri casi, miriadi nell arco dei due sopra citati, forse perché ben tre presidenti della Repubblica hanno giocato contro o si sono sempre voltati dall altra parte quando c è stato di mezzo Berlusconi, il sistema delle corporazioni e dello Stato profondo gli hanno mosso guerra usando ogni leva. Altro che Commissione di inchiesta. Toccherà agli storici misurare l infinita pochezza di un regimetto e la grandezza di un carisma controverso ma autentico. D accordo, se nel 1997 ci fu almeno un Paolo Mieli a fare mea culpa su quel primo titolo (di cui mai ha voluto rivelare la fonte) e sull accanimento mediatico-giudiziario che ne seguì, per quei paradossi e nemesi della Storia, oggi tocca a un giudice e perfino militante di Md, sentenziare che non solo la gloria di un passato, ma che il presente è ancora lì, politicamente a disposizione di colui che solo due settimane or sono fu a un passo al darsi per vinto. «l ho invitata per darle una notizia in esclusiva». ora ci sono le basi perché renzi, berlusconi e chi ci sta, compiano l impresa del riscatto nazionale Quella tentazione di mollare tutto «L ho invitata a cena, caro direttore, per regalarle una notizia in esclusiva: Berlusconi si ritira dalla scena politica». Succedeva quindici giorni fa, la sentenza non era alle viste, men che meno il sette a uno della Germania sul Brasile. Ebbene sì, quella sera ci parve che l inquilino di Arcore ne avesse abbastanza. Tanto gli sembravano soverchianti le forze avverse e gli anni addosso, sembrava volesse mollare il colpo. Così, seduto al desco di un tardo lunedì in cui la mestizia si mescola al vuoto di prospettiva di un altra settimana divisa tra Roma e Cesano, Berlusconi passava e ripassava per le mani le agenzie di giornata. «Sì, perché leggi qui, Renzi dice le cose bene, le dice meglio di me, ed è più giovane di me». Naturalmente la malinconia era per farsi dire che no sono testimoni al tavolo una deputata e una collaboratrice della comunicazione è impossibile immaginare un centrodestra senza Berlusconi. Più semplicemente, gli consigli, «Presidente, non le conviene. Fare politica è l unico modo che lei ha per difendersi e per difendere una grande azienda che dà lavoro. Quanti italiani sono? Cinquantacinque, sessantamila? Ecco. Naturalmente la serata si concluse con un «naturalmente caro direttore scherzavo». E da copione burlesque come si conviene a un genio burlone, «ma non troppo». Ce la faranno a compiere l impresa? Il resto è storia del week-end più felice a casa Arcore. E del capo di Forza Italia che raccomanda ai suoi di non attestarsi nelle grida di giubilo e di cortigianeria, rimettersi a fare politica, togliersi dai binari a far da massi in compagnia dei frenatori del treno Renzi. E del tam tam, pepe sulla sciapita cronaca politica estiva, intorno alle telefonate ad Alfano e agli altri di Ncd che restano sulla difensiva ma capiscono che alternativa non c è al tornare insieme o al marciare separati con le stampelle sotto il solleone. Molti sostengono che Berlusconi sia il suo doppio. Invece Berlusconi è, almeno nel punto sorgivo, sempre e solo Berlusconi. Libertà. Adesso, in piena continuità con l Italia dei liberi, e perciò veramente laici, da De Gasperi a Einaudi a Craxi, da Amendola a Giussani a Ferrara, il resuscitato anche grazie a Ketty la Rossa può e deve offrire l ultima parte della sua impressionante durata politica a cause impossibili e perciò degne. La causa delle riforme condivise col Pd di Renzi e con chiunque ci sta. La causa della rimessa in carreggiata dell Italia di fronte alla disintegrazione del mondo europeo. La causa di un nuovo centrodestra. Ce la farà? Ce la farà, se si farà almeno sui fondamentali, la grosse koalition all italiana? Ce la farà il giovane alla Boschi e Toti a dar torto ai menagramo? Non lo sappiamo. Sappiamo però che l Italia ha bisogno di loro, e non dei gufi. n Foto: Ansa luglio 2014

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15 l ascia nel cuore la pretesa dell amicizia Cosa si vede quando si guarda in faccia Susanna DI emanuele BOFFI Susanna Campus, malata di Sla (sclerosi laterale amiotrofica) circondata a casa sua dallo staff e dai giocatori della Dinamo Sassari, che quest anno ha vinto la Coppa Italia di basket. Susanna ha un blog su tempi.it, Scritto con gli occhi In un testo di Flannery O Connor (Il mistero di Mary Ann) si riporta un passo di un racconto di Nathaniel Hawthorne, intitolato La voglia. Alymer, dopo anni di matrimonio, per la prima volta, nota sulla faccia della moglie Giorgiana un leggero segno. «Hai mai pensato che la macchia che hai sulla guancia potrebbe essere tolta?». Da quell osservazione, lei capisce che lui non l ama più. L amore che, fino a quel momento, l ha preservato dal ritenere degna di nota quell imperfezione, è svanito. Alymer non le dice che non l ama. Le dice di rimuovere quella voglia, così da essere «perfetta». Ma, appunto, Giorgiana, con intuito, diciamo così, assai femminile, comprende anche il non detto. Amore e perfezione sono nemici. Non stanno assieme. Cozzano. Il passo di Hawthorne mi è tornato alla mente settimana scorsa quando la mia amica Susanna Campus mi ha comunicato che la Dinamo Sassari, squadra di basket sarda che quest anno ha strabiliato tutti per i suoi risultati sul campo, la prossima stagione porterà sulla maglia il logo di Aisla, l associazione dei malati di Sla (sclerosi laterale amiotrofica). Susanna l ho conosciuta nell estate del Ero in Sardegna per occuparmi del caso di Giovanni Nuvoli, un ex arbitro di calcio, malato di Sla che aveva chiesto l eutanasia. A un certo punto, Demetrio Vidili, il primario del reparto di anestesia di Sassari, mi portò a casa di un altra malata di Sla, sua paziente e amica. Susanna aveva fatto posizionare un vaso di fiori sotto la finestra, «in modo tale che posso vederli crescere», mi disse dettando con gli occhi un pensiero sul cartello delle lettere. Chi è costretto a letto e non può nemmeno muovere una mano, deglutire, grattarsi il naso quando più ne ha voglia, ha un senso del tempo assai diverso da chi può muoversi liberamente. Susanna vede crescere le piante, non so se capite. È una sorta di privilegio divino, se ci pensate. Susanna percepisce ogni istante come definitivo, assapora ogni secondo come quello conclusivo. Ogni respiro è una battaglia, letteralmente. Per tutti è così. Ma solo chi è sul ciglio del burrone sa che non è solo un pensierino della sera. In verità, quella fu solo la prima lezione che mi impartì quel giorno. Infatti la seconda frase che mi rivolse fu un rimprovero perché la madre mi aveva offerto un caffè e io lo stavo sorseggiando in piedi. «Siediti!», mi ordinò dettando con gli occhi. «È maleducazione bere il caffè in piedi a casa di amici». E due. Ero lì da cinque minuti e già m aveva dato due belle lezioni. Così siamo diventati amici. Due anni fa, Tempi le ha chiesto di tenere un blog sul sito. Si chiama Scritto con gli occhi ed è un diario non piagnucoloso né edulcorato di quella che è la quotidianità di un malato di Sla. È piena di cose la giornata di Susanna. Ci sono le rondini alla finestra che ballano per lei, le rare passeggiate all aria aperta, le visite di amici e infermieri, il quotidiano e ammirevole sacrificio della madre e della sorella Immacolata, il cambio cannula, la sbobba sorbita tramite Peg, i guai di una malattia che non lascia tregua, le imprecazioni da querela per il montascale rotto. Ci sono, soprattutto, le passioni sportive per la Torres Calcio e la Dinamo Sassari Basket. Susanna è talmente cocciuta che, non solo è riuscita ad andare a vedere qualche partita delle due squadre, stressando oltremodo presidenti, dirigenti e giocatori, ma è anche riuscita a portarli a casa sua. Non uno o due giocatori: tutte e due le squadre al gran completo. La Dinamo quest anno ha vinto la Coppa Italia e la prima uscita ufficiale è stata a casa di Susanna. Una dozzina di marcantoni hanno invaso la sua stanzetta per consegnare simbolicamente la coppa alla loro «tifosa numero uno». La passione di Susanna per i suoi beniamini non ha nulla di composto e accomodante. È esagerata, selvaggia, cieca, importuna, come solo i grandi amori sanno esserlo. Non ho mai visto nessuno essere così fedele alla propria pretesa di amicizia. È una pretesa viscerale, che non ammette ritirate e sotterfugi. Se bevi il caffè in piedi a casa mia dai già l idea che sei sulla porta. Invece, se sei un amico, devi stare. Impressiona vedere quanta frenesia si crei attorno a un motore immobile. E si potrebbe quasi dire che tutta questa gente che le si avvicina e la vuole conoscere, intuisca dal contraccolpo con una vita tanto fisicamente ammaccata, quanto sia simile alla propria vita apparentemente intonsa. Soprattutto, a differenza dell Alymer di Hawthorne, tutta questa gente quando la guarda in faccia non vede più la macchia della Sla. Vede Susanna. 30 luglio

16 ESTERI LO STATO ISLAMICO

17 L espansione indisturbata Il califfato avanza, l America tace. I jihadisti hanno sottratto armi e munizioni all esercito iracheno e ora tornano in Siria per riconquistare Aleppo. Qual è la strategia di Obama? Qualche ragionevole dubbio sul suo silenzio interessato DI RODOLFO CASADEI

18 ESTERI LO STATO ISLAMICO no creato fra i due gruppi terroristici un antagonismo che dall inizio di quest anno si è trasformato in scontro armato per la supremazia. Nonostante tutti gli altri gruppi della ribellione (principalmente il fatiscente Libero esercito siriano e i salafiti del Fronte Islamico) si siano schierati con Jabhat al Nusra, Isil sta avendo la meglio. Da gennaio ad oggi 8 mila ribelli sono caduti in battaglie fra gli uomini di al Baghdadi e combattenti di tutti gli altri gruppi, per la grande soddisfazione del governo di Damasco. Che ha facilitato il compito di Isil continuando a contrattaccare le posizioni del Libero esercito siriano (Les), di Jabhat al Nusra e del Fronte islamico, ma non quelle dello Stato islamico in Iraq e Levante. Tattica politico-militare molto facile da comprendere: Isil è l unico gruppo armato di oppositori del regime stabilmente impegnato a combattere gli altri gruppi ribelli per sottrarre loro territorio e risorse; non c è bisogno di nessuna ipotesi complottistica per spiegare la reticenza delle forze governative a colpire i più estremisti dei jihadisti: il nemico del mio nemico è il mio amico. Fino a quando non diventa troppo forte. L aviazione di Damasco ha dedicato alcuni dei suoi più recenti raid alle postazioni dell Isil nella provincia di Der Ezzor dopo la caduta di Mosul. Un attrazione irresistibile Non c è bisogno di ipotesi complottistiche nemmeno per spiegare la guerra pendolare di Isil, prima in Iraq e adesso in Siria. Fermo restando che l obiettivo dell organizzazione è uno Stato islamico che abbracci i due paesi, Isil ha bisogno di dare la priorità al rafforzamento del suo insediamento in Siria, dove ha ampi margini di espansione. Con le forze attuali non è in grado di impadronirsi di Baghdad, anche se potrebbe da subito precipitare la capitale in una condizione di anarchia. Il problema di Isil in Iraq sono le alleanze: le hanno permesso di cacciare le forze governative da molte località del paese, ma non le permetterebbero di vincere e dominare incontrastata. I successi iracheni di Isil sono stati resi possibili dall esasperazione della minoranza sunnita, emarginata, oppressa e mal governata dagli esecutivi a egemonia sciita di Nouri al Maliki soprattutto dopo il ritiro delle truppe americane nel L antenato dell Isil, che dopo aver cambiato vari nomi si chiamava Al Qaeda in Mesopotamia, fu messo alle corde nel dal movimento del Risveglio Qualche dubbio che la deriva verso l instabilità permanente di due paesi (Siria e Iraq) retti da governi in ottimi rapporti con l Iran non dispiaccia affatto ad Obama si fa sempre più forte. Sotto, il presidente iracheno al Maliki. Nella foto grande, la città di Aleppo, devastata dalla guerra di questi anni PER GODERE DEL SOSTEGNO DEGLI STATI UNITI BAGhDAD DEVE cambiare LE POLITIche DI AL maliki, A PARTIRE DALLA VIcINANza con l IRAN, NEmico GIURATO DEL GOVERNO americano cresce e avanza, l America non fa nulla. Si riassume così quello che è accaduto nel vasto campo di battaglia che L Isil va da Aleppo nel nord della Siria a Tikrit nel centro dell Iraq sei settimane dopo la presa di Mosul e di altre località irachene da parte degli uomini di Abu Bakr al Baghdadi e di altri gruppi armati antigovernativi. E il dubbio che all amministrazione Obama la deriva verso l instabilità permanente di due paesi retti da governi centrali in ottimi rapporti con l Iran non dispiaccia affatto si fa sempre più forte. I notiziari hanno dato l impressione che, a parte l enfatica dichiarazione con cui è stata annunciata la rinascita del califfato il 12 luglio scorso sotto forma di Stato islamico governato dall emiro dell Isil, niente di rilevante dal punto di vista militare sia accaduto negli ultimi tempi e che l offensiva jihadista si sia arrestata a rispettabile distanza da Baghdad. Non è affatto così. Mentre il fronte iracheno è quasi immobile, quello siriano risuona di battaglie. I jihadisti hanno spostato uomini e mezzi da ovest verso est, riattraversato la vecchia frontiera fra Iraq e Siria carichi delle armi leggere e pesanti che hanno sottratto alle truppe irachene in fuga, e stanno combattendo per riportarsi su Aleppo, da dove erano stati cacciati nel gennaio scorso non dalle truppe governative, ma da una coalizione di forze ribelli. In questo momento stanno combattendo contro le milizie armate curde del Pyd nella regione di Ain al Arab al confine con la Turchia, dopo avere strappato la città di Der Ezzor (tranne alcuni quartieri e un aeroporto militare ancora controllati dalle forze di Damasco) e l intera omonima provincia agli alqaedisti di Jabhat al Nusra che da due anni le avevano occupate in grandissima parte. L obiettivo sembra essere quello di creare una continuità logistica che permetta di muovere le forze dell organizzazione lungo una direttrice est-ovest da Mosul fino ad Aleppo. Il Pyd è il principale partito curdo siriano dotato di un ala armata, e politicamente si mantiene in equilibrio non essendo schierato con nessuno dei protagonisti del conflitto siriano: né col governo, né coi ribelli. Jabhat al Nusra è la filiale locale di Al Qaeda, riconosciuta da Ayman al Zawahiri in persona. Inizialmente in Siria operava in sintonia con Isil, ma la pretesa di al Baghdadi, nell aprile del 2013, di fondere le due organizzazioni, il rifiuto di Jabhat al Nusra di sottomettersi e il sostegno di al Zawahiri alla linea di quest ultima hansunnita, chiamato anche Figli dell Iraq, coltivato dagli americani che fornirono armi, addestramento e denaro a decine di migliaia di elementi delle tribù della provincia di Anbar e poi delle altre province a forte presenza sunnita. Al momento del ritiro degli americani, al Maliki si è trovato con 100 mila civili sunniti in armi da stipendiare. Ha deciso di assorbirne 20 mila nella funzione pubblica e di mandare gli altri al diavolo. Nello stesso periodo sono iniziate le manifestazioni di piazza e gli accampamenti di protesta dei sunniti contro il governo centrale: repressi con la violenza e gli arresti. Assieme all Isil hanno luglio 2014

19 Jabhat al Nusra è la filiale locale di Al Qaeda IN siria. inizialmente operava in sintonia con Isil ma NEGli ultimi tempi fra i due gruppi terroristici si è creato UN antagonismo che si è trasformato in scontro armato per la supremazia Foto: AP/LaPresse; Sintesi/Photoshot; Pete Souza/White House ripreso vitalità tutte le guerriglie sunnite che avevano sfidato gli americani dopo l occupazione del 2003: l Esercito islamico dell Iraq, l Esercito dei Mujaheddin dell Iraq, i nostalgici di Saddam Hussein riuniti negli Uomini dell esercito dell Ordine di Naqshbandia Tutti costoro e una parte dei ricostituiti tribali Consigli del Risveglio sunnita hanno dato vita a un alleanza tattica con Isil che ha permesso di mettere in crisi il controllo delle forze armate governative sull insieme del territorio nazionale nel giugno scorso. Gli stessi gruppi sunniti che in passato avevano disarticolato l Isil, oggi appoggiano la sua sfida al governo di Baghdad. Ma gli uni e gli altri sanno che si tratta di un alleanza fragile e opportunistica, già esposta a tensioni a Mosul e altrove. In Siria è diverso, l Isil sembra esercitare un attrazione irresistibile: un anno fa i suoi combattenti sul posto erano circa 3 mila, oggi sono stimati in 10 mila, risultato non solo della campagna di reclutamento mondiale lanciata sui social media, ma di migliaia di defezioni dagli altri gruppi ribelli verso quello che appare meglio dotato di armi e denaro in contanti. Mentre i 500 milioni di dollari che Obama ha decretato di spendere per alimenta- re ribelli filo-occidentali contro il regime di Bashar el Assad non si sa se e quando saranno erogati: il Pentagono ha fatto sapere al Congresso (che deve approvare l iniziativa presidenziale) che con quella cifra può addestrare al massimo uomini nell arco di 18 mesi, che ci vorrà molto tempo a trovare aspiranti guerriglieri sicuramente refrattari alle sirene jihadiste e che la Giordania non è più disponibile a ospitare campi di addestramento americani per ribelli siriani da quando Jabhat al Nusra si è insediata nella regione di confine. Tutti sono d accordo che per un anno almeno non succederà niente. 30 luglio

20 ESTERI LO STATO ISLAMICO Se tattica e strategia dell Isil sono chiare, quelle degli Stati Uniti sono oggetto di speculazioni. A sei settimane dalla conquista di Mosul e altre località da parte dell Isil e compagni, i droni americani che potrebbero colpire le piazzeforti ribelli restano nei loro hangar. In precedenza le autorità irachene avevano chiesto più volte a quelle americane di intervenire con bombardamenti mirati delle forze ribelli. La prima volta era stata nel dicembre scorso, l ultima, per bocca del premier al Maliki in persona, l 11 maggio scorso. Obama, che nel corso dei suoi due mandati ha ordinato circa 450 attacchi di droni che hanno causato vittime in Pakistan, Yemen e Somalia (paesi che non sono in guerra con gli Stati Uniti), aveva fatto rispondere che l intervento diretto americano in Iraq doveva considerarsi esaurito e che i droni vengono utilizzati contro gruppi terroristici che complottano contro gli Stati Uniti. Che era un po come inviare all Isis il messaggio che non doveva temere nulla dagli Stati Uniti finché si concentrava a colpire obiettivi iracheni. Discorso speculare ha tenuto l Isil quando, dopo la presa di Mosul, commentatori ed esponenti politici americani hanno cominciato a invocare un intervento muscolare da parte di Washington contro i jihadisti vittoriosi: i social media si sono riempiti di messaggi che avvertivano che l Isil avrebbe reagito a un intervento diretto in Iraq contro le sue posizioni con attacchi terroristici sul suolo americano. Che è come dire: continuate a non fare niente contro di noi come avete fatto finora, e non vi succederà niente. Dopo la presa di Mosul e le voci di un imminente assalto a Baghdad, gli Stati Uniti hanno dovuto architettare nuove scuse per giustificare la loro inazione. Che si affacciano sulla pubblica piazza attraverso le colonne del New York Times: il 14 luglio in un articolo di prima pagina si poteva leggere che «senza un controllo aereo avanzato americano sul terreno, attacchi aerei potrebbero accidentalmente uccidere i leader tribali di cui ci potrebbe esser bisogno» per arrivare a una soluzione politica della crisi; il giorno dopo un altro articolo di prima pagina spiegava che «Un documento riservato sulle forze di sicurezza irachene conclude che molte unità sono così profondamente infiltrate da informatori dei gruppi sunniti estremisti o da personale sciita al soldo dell Iran, che consiglieri americani incaricati di assistere le forze di Baghdad potrebbero correre rischi per la loro sicurezza». Sarebbero queste le ragioni per le quali l amministrazione ha inviato finora soltanto 500 uomini in due SE L IRAN INTERVENISSE IN IRAQ SI IMPANTANEREBBE IN UN CONFLITTO SENZA VIE D USCITA E SI RITROVEREBBE CONTRO TUTTI I PAESI ARABI A MAGGIORANZA SUNNITA tranches, sei elicotteri, alcuni droni da sorveglianza e qualche missile Hellfire. Ma i veri motivi sono di natura politica: gli Stati Uniti non interverranno seriamente in difesa del governo di Baghdad fino a quando esso non cambierà le politiche decise da al Maliki negli ultimi anni. E cioè: il rifiuto di un alleanza strategica con Washington, l avvicinamento all Iran (grande sponsor del primo ministro sciita), l emarginazione dei sunniti dai posti di potere e la repressione delle loro proteste. Quest ultimo punto gli Stati Uniti l hanno in comune coi capi delle tribù sunnite che avevano dato vita ai Consigli del Risveglio. Costoro sono disposti a rompere le loro recenti alleanze con l Isil o a uscire dalla neutralità e combattere contro i terroristi, ma non prima che il governo centrale di Baghdad abbia accolto le principali richieste dei partiti sunniti: federalismo, autonomie regionali, posti di potere nella pubblica amministrazione e nell esercito. Né gli americani né le tribù sunnite chiedono ufficialmente la testa di al Maliki, ma lasciano intendere che la sua uscita di scena faciliterebbe le cose. Chi farà la prima mossa? La risposta del primo ministro uscente non si è fatta attendere: il 16 luglio attraverso un portavoce ha fatto sapere che non accettava che un intervento aereo americano fosse condizionato alle sue dimissioni. Tre giorni prima sempre sul New York Times l ex ambasciatore americano in Iraq Zalmay Khalilzad aveva scritto: «Da ambasciatore ho avuto rapporti diretti con al Maliki, e so che resisterà ostinatamente a ogni tentativo di rimozione. ( ) Washington non deve abbandonare i suoi sforzi per aiutare l Iraq a formare un governo di unità nazionale, ma deve anche lavorare ad alternative realistiche nel caso che l Iraq si disintegri». Da come si stanno muovendo, gli americani sembrano essersi convinti che al Maliki e i suoi non cambieranno politica. Danno per finito l Iraq e si ingegnano di trasformarlo in una trappola per gli iraniani. Agiscono in modo da precipitare un intervento militare di Teheran in Iraq in soccorso del governo ultrasciita di al Maliki. I contraccolpi per l Iran sarebbero tutti negativi: si impantanerebbe in un conflitto senza vie di uscita e si ritroverebbe contro tutti i paesi arabi a maggioranza sunnita. La Repubblica islamica è consapevole di queste prospettive, e infatti fino ad ora ha inviato in Iraq solo un numero limitato di consiglieri militari presi dalla Forza Qods, l unità delle forze speciali iraniane incaricata delle missioni all estero. In questo momento America e Iran ricordano due ciclisti su pista impegnati in un surplace, il gesto tecnico che vede le biciclette immobili in equilibrio. Il primo che si muove perde di sicuro la volata. n luglio 2014

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