ASPETTI PATRIMONIALI ED ASPETTI RELAZIONALI NELLA LORO INTERSEZIONE (Relazione tenuta dall Avv. Vincenzo Teresi in occasione del Convegno Separazione

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1 ASPETTI PATRIMONIALI ED ASPETTI RELAZIONALI NELLA LORO INTERSEZIONE (Relazione tenuta dall Avv. Vincenzo Teresi in occasione del Convegno Separazione e Divorzio, organizzato dall Associazione DueCon, tenutosi il in Napoli, Sala Gemito Galleria Principe Umberto) La legge n. 54 dell 8 febbraio 2006, recante Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, nota come legge sull affidamento condiviso, rappresenta uno strumento che mira a riequilibrare il ruolo dei genitori, con l affermazione della bigenitorialità nell ottica della realizzazione dell interesse esclusivo dei figli, ritenendo che il recupero della paternità, attualmente sacrificata nel 90% dei casi sia positivo per la migliore crescita dei figli, in tutti i casi di crisi del rapporto coniugale o comunque di coppia. Va, infatti, preliminarmente osservato che la nuova normativa, contenuta nell art. 155 c.c., completamente riformulato e sviluppato, negli artt. 155 bis e ss. c.c. di nuova introduzione- e negli artt. 708 e 709 ter c.p.c., si applica oltre che alla separazione personale anche ai casi di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati (art. 4 L. 54/06), ossia ai casi di cessazione delle convivenze more uxorio. 1) L ambito di applicazione della nuova legge consente di chiarire come il nodo centrale della riforma sia rappresentato dall esigenza di raccordare il concetto di bigenitorialità, cioè l essere genitori nonostante il venir meno del vincolo coniugale, con il diritto del figlio al mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, e di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art. 155 c.c.). L interesse morale e materiale dei figli resta, dunque, l elemento cui far riferimento: sia in sede di accordo stilato dai genitori e accettato dal Giudice nei casi di determinazione convenzionale delle modalità della separazione, possibile ovviamente nel solo caso che questa sia caratterizzata da una bassa conflittualità sia, ovviamente, in sede giurisdizionale quando il Giudice è chiamato ad adottare ex se i provvedimenti relativi alla prole. Pertanto, tenendo conto di quell interesse, il giudice valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori ; in caso negativo stabilisce a quale di essi i figli devono essere affidati, determinando egli, in questo caso, modalità e tempi della loro presenza presso ciascun genitore nonché la misura e il modo 1

2 del mantenimento, della cura, dell istruzione e dell educazione dei figli. (art. 155, 2^ comma c.c.) Risulta, in tal modo, oggi completamente invertita la prospettiva rispetto alla disciplina previgente: l innovazione consiste proprio nel ritenere l affidamento bigenitoriale come l ipotesi normale e l affidamento monogenitoriale come l eccezione, circoscrivendo quest ultimo alle ipotesi in cui l affidamento ad entrambi i genitori contrasti o possa compromettere il diritto del minore alla formazione e ad un sano ed equilibrato sviluppo della propria personalità. Anche nel caso che prenda atto degli accordi intervenuti tra i genitori, però, il Giudice dovrà sempre verificare la conformità degli stessi agli interessi del minore (art. 155, 2^ comma c.c.). L affidamento esclusivo resta, pertanto, un ipotesi residuale cui ricorrere in caso di mancato accordo tra i genitori ovvero nel caso che possa risultare comunque diseducativo o destabilizzante per la prole. E ragionevole ritenere che tali regole possano essere seguite sia nel caso di provvedimenti provvisori presidenziali, sia in caso di provvedimenti del giudice istruttore di conferma, revoca o modifica dei primi, sia infine nel caso di provvedimenti dati con la sentenza. Ove trova luogo l ipotesi dell affidamento monogenitoriale, la legge prevede la possibilità, per il coniuge non affidatario, di chiedere in qualsiasi momento, l affidamento esclusivo quando l affidamento all altro sia contrario all interesse del minore ( art. 155 bis 2^ comma)., nell adottare il provvedimento motivato, che accoglie tale istanza, il giudice dovrà far salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal 1^ comma dell art. 155 c.c. Quasi, però, a voler sottolineare il carattere privilegiato dell affidamento condiviso, e nell intento di scoraggiare azioni pretestuose, il legislatore stabilisce che, ove l istanza risulti infondata, tale comportamento possa essere considerato ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell interesse dei figli, ferma restando l applicazione dell art. 96 c.p.c., cioè la condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria. In caso di affido condiviso il nuovo art. 155 c.c., al 3^ comma, conformemente al criterio ispiratore della riforma, prevede che la potestà genitoriale sia esercitata da entrambi i genitori, così innovando rispetto alla disciplina ordinaria precedente secondo la quale la potestà genitoriale era esercitata esclusivamente dal genitore affidatario, sia pure con il limite previsto dall art. 155 cc. dell assunzione congiunta delle decisioni di maggior interesse per il figlio. 2

3 La norma, tuttavia, introduce una distinzione tra questioni di ordinaria amministrazione e decisioni di maggior interesse per i figli, quali quelle relative alla salute, all istruzione e all educazione. Riguardo alle prime il giudice può, infatti, stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente, mentre le decisioni più importanti o di maggior interesse dei figli, come si esprime il Legislatore, continuano a dover essere assunte di comune accordo; la riforma aggiunge che a tal fine dovrà essere tenuto conto delle inclinazioni naturali, delle aspirazioni e delle capacità dei figli: ciò per evitare che i genitori debbano continuamente consultarsi su ogni questione, anche di minima importanza, correlate alla quotidiana permanenza della prole presso ciascuno. In caso di mancato accordo tra i genitori, è chiaro che dovrà farsi ricorso al Giudice che darà le disposizioni necessarie. In ogni caso, va ricordato che sia nel caso di affidamento condiviso sia in quello dell affidamento esclusivo non vi sono eccezioni alla regola assoluta secondo la quale la potestà è esercitata da entrambi i genitori: eventuali limitazioni o la esclusione della potestà genitoriale, possono essere infatti pronunciate dal Tribunale dei Minori a norma degli artt. 330, 333 e 336 c.c. 2) In base al nuovo art. 155 quater cc. il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell interesse dei figli : venendo meno l affidamento monogenitoriale viene meno, di conseguenza anche il criterio preferenziale dell assegnazione dell alloggio al coniuge affidatario di prole minorenne, ovvero convivente con figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente. Dunque, l attribuzione della casa viene condizionata dalla presenza dei figli e, prosegue la norma, dell assegnazione il giudice ne tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l eventuale titolo di proprietà. La disposizione in esame stabilisce, quindi, che il giudice, nel disporre l assegnazione, deve tener conto del criterio prioritario dell interesse dei figli; poi, nel regolare i rapporti economici tra i genitori correlati all assegnazione della casa coniugale, dovrà tenere conto dell eventuale titolo di proprietà di quella: ciò significa che una assegnazione in contrasto con il titolo dovrà essere considerata come un contributo economico, sia in relazione all eventuale assegno di mantenimento per la moglie, sia in relazione al contributo suppletivo che un genitore deve corrispondere all altro per il mantenimento dei figli. 3) Collegato all affermazione del principio della bigenitorialità è quello relativo al mantenimento dei figli minori, per il quale l art. 155 cc., al 4^ comma, stabilisce che salvo diversi accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al 3

4 mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Con questa disposizione è stato introdotto il principio del mantenimento diretto, cioè il principio che ciascun genitore provveda in modo diretto al soddisfacimento dei bisogni del figlio, in luogo della corresponsione del vecchio assegno periodico al coniuge affidatario. Ciò vuol dire che il Giudice detterà le norme per il mantenimento dei figli soltanto nel caso che le parti non avranno raggiunto un accordo sul punto ovvero in quello che egli non ritenga confacente agli interessi morali e materiali dei figli l accordo tra quelli intercorso; in questo caso residuale il Giudice dovrà ripartire tra i genitori l onere di sostenere in maniera diretta le spese relative ai bisogni dei figli, ponendone alcune a carico dell uno e altre a carico dell altro. Per rendere effettivo il principio di proporzionalità, poi, la norma in esame prevede anche che il giudice stabilisca, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico in aggiunta al mantenimento diretto, assegno che tenga conto dei parametri fissati dalla norma e cioè le esigenze attuali del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i previsti tempi di permanenza presso ciascuno di essi, le risorse economiche di entrambi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. In tal modo, in sede di determinazione dell assegno periodico aggiuntivo, il tradizionale criterio legato al reddito personale dovrà essere necessariamente contemperato con i nuovi criteri legati alla permanenza del figlio presso ciascun genitore e alla valenza economica dei compiti domestici e di cura assegnati a ciascuno. Poiché la norma contiene l inciso ove necessario, si può ipotizzare il caso, anche se piuttosto infrequente, di un affidamento congiunto tra genitori con redditi eguali e con eguale distribuzione dei tempi di presenza e dei compiti domestici tra gli stessi: in tal caso, infatti, il giudice potrà ritenere non necessario ricorrere all assegno perequativo. Al contrario, la collocazione del figlio presso la abitazione di un genitore potrebbe avere rilevanza per il maggior impegno di cura e di compiti domestici, così come i diversi tempi di permanenza potrebbero comportare variazioni di tale assegno. Tali valutazioni andranno necessariamente compiute caso per caso stante la mancata precisazione del concetto di periodicità : la norma, infatti, affida al giudice il compito di stabilire la corresponsione di un assegno periodico ma non chiarisce con quale cadenza temporale questa debba avvenire, lasciando all interprete e al giudice ampia flessibilità ( o discrezionalità) al riguardo. Significativa è, altresì, la previsione, già esistente in materia divorzile, dell azione accertatrice della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto di una eventuale 4

5 contestazione, anche se intestati a soggetti diversi. Ove, infatti, le informazioni fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone l accertamento della polizia tributaria ( art. 155, 5^ comma c.c.). 4) L art. 155 quinques stabilisce che il giudice valutate le circostanze può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico il quale, salvo diversa statuizione, è versato direttamente all avente diritto. Tale disposizione ha definitivamente consacrato un consolidato principio giurisprudenziale che riconosce, a favore di tale categoria di figli, la permanenza dell obbligo dei genitori di contribuire al loro mantenimento, salvo che il figlio stesso permanga in tale situazione ingiustificatamente. In tal modo, il figlio viene riconosciuto legittimato, iure proprio, a chiedere il mantenimento a ciascuno dei propri genitori, avendo raggiunto la piena capacità di agire. Tuttavia, la nuova disposizione non manca di sollevare qualche perplessità: da un lato, infatti, si aggrava la posizione del figlio maggiorenne, costringendolo ad agire in giudizio per vedersi riconoscere il diritto al mantenimento, dall altro non viene chiarito espressamente se può esistere una concorrente legittimazione del genitore presso cui il figlio convive. Tale dubbio è, invero, sollevato proprio dall inciso salva diversa determinazione contenuta nella norma in esame: tale previsione consente, infatti, di ritenere che il giudice possa continuare in casi eccezionali a disporre il pagamento in favore dell altro genitore. Pertanto, pur avendo eliminato la legittimazione iure proprio del genitore presso il quale vive il figlio maggiorenne, il provvedimento giudiziale può renderlo destinatario di tale prestazione, anche se il figlio maggiorenne è l unico legittimato ad attivare il procedimento giudiziale nei confronti del genitore inadempiente agli obblighi di mantenimento. Anche in tale caso, come avviene per la corresponsione dell assegno a favore dei minori, la determinazione dello stesso andrà fatta tenendo conto dei nuovi parametri introdotti dal quarto comma dell art. 155 c.c., con esclusione, forse, del criterio legato ai tempi di permanenza e della valenza economica dei compiti domestici e di cura. 5) L aspetto forse più ambiguo e oscuro della nuova disciplina in materia di assegnazione della casa coniugale risiede nella previsione, dal forte sapore punitivo, contenuta sempre nell art. 155 quater, secondo la quale il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. 5

6 Mentre sotto il vigore della disciplina previgente l abbandono, da parte del coniuge assegnatario, della casa familiare poteva giustificare l adozione di un provvedimento giudiziale di revoca dell assegnazione stessa, meno comprensibile appare tale conseguenza ove questa sia legata a nuove scelte di vita degli ex coniugi! Con tale previsione, infatti, il legislatore non sembra affatto essersi preoccupato delle esigenze del minore che potrebbe essere privato della casa familiare: tale disposizione sembra piuttosto andare nella direzione di evitare una situazione offensiva per il non assegnatario che veda abitare sotto lo stesso tetto l ex coniuge con un altra persona, senza considerare affatto l interesse dei figli che andrebbe, quindi, sacrificato all interesse dell altro genitore. Il provvedimento di assegnazione andrà perciò revocato obbligatoriamente, stante l espressa previsione normativa, quando il genitore affidatario dei figli e assegnatario della casa coniugale contragga nuovo matrimonio, ovvero quando inizi, nella stessa casa, una convivenza more uxorio; ciò tuttavia, non vuol dire affatto che debba abbandonarla insieme ai figli: se è vero, infatti, che l assegnazione è disposta in considerazione del vantaggio per la prole, si potrebbe ritenere che il figlio possa continuare a vivere nella casa, magari con l altro genitore cui andrà assegnata la casa coniugale. Sembra, tuttavia, certo che la disposizione limitativa del diritto di godimento non possa applicarsi quando la proprietà della casa familiare sia interamente dell affidatario dei figli ed assegnatario della stessa. Nel caso di cambiamento di residenza, o di domicilio, di uno dei genitori, l altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici. Anche in tal caso, dunque, la ratio che muove il legislatore è l esigenza di garantire la necessaria presenza di entrambi i genitori nella vita del figlio. Tuttavia, se da un lato tale fatto può comportare in alcuni casi la perdita dell assegnazione della casa familiare, dall altro la norma non fa altro che regolare quello che veniva già praticato nel vigore della disciplina precedente in quanto il mutamento della residenza, o del domicilio, viene normalmente ritenuto come circostanza sopravvenuta che giustifica una domanda di mutamento delle condizioni di affidamento, anche per genitori non sposati. Teoricamente tale mutamento potrebbe rendere problematico l affido condiviso, soprattutto nei casi di trasferimenti in località lontane, ma di fatto non può ritenersi sconsigliabile in via assoluta. 6

7 Separazioni non conflittuali, distanze logistiche non eccessive, ma anche l età dei figli potrebbero, nel caso concreto, far propendere per un affidamento condiviso, se ciò risponde all interesse della prole. Avv. Vincenzo Teresi 7

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