La S.p.A. nel quadro dei fenomeni associativi e i limiti legali alla sua utilizzazione

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1 La S.p.A. nel quadro dei fenomeni associativi e i limiti legali alla sua utilizzazione

2 1) Premessa In sede di costituzione di una S.p.A. occorre definirne il profilo funzionale e quello organizzativo. Infatti, la S.p.A., se e in quanto fattispecie riconducibile alla categoria dei contratti associativi, 31 ne partecipa delle caratteristiche essenziali e, quindi, richiede la scelta sia di uno scopo comune dei soci (profilo funzionale) sia di un modello di produzione delle decisioni inerenti lo svolgimento dell attività economica, idoneo alla sua realizzazione (profilo organizzativo). La formulazione in termini ipotetici è dovuta alla constatazione che oggi, cioè dopo la riforma del diritto societario ex d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la stessa dimensione contrattuale della S.p.A. e, conseguentemente, la sua configurabilità come contratto associativo merita di essere riconsiderata, dal momento che essa non è più condizione indispensabile per l accesso alla relativa disciplina. Infatti, il novellato art. 2328, c.c. ha esteso alle S.p.A. la possibilità di costituzione unilaterale, precedentemente prevista per le sole S.r.l. (v. oltre par. 4). E evidente che in caso di costituzione per atto unilaterale la problematica dello scopo comune fra i soci non ha ragion d essere 32 sebbene, come si vedrà più avanti (v. oltre par. 4), anche nelle S.p.A. di matrice contrattuale la comunanza di scopo tra i soci possa presentare elementi di criticità. 31 Sui contratti associativi cfr., per tutti, P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, Milano, 1971; P. SPADA, La tipicità delle società, Padova, 1974; F. GALGANO, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, nel Commentario del cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1976; G. MARASA, Le Società. Società in generale, nel Trattato di dir. priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, Ciò, tuttavia, non legittima qualsiasi utilizzazione della S.p.A. costituita per atto unilaterale e, in particolare, la previsione statutaria di una destinazione a terzi degli utili conseguiti. In tal senso cfr. G. OPPO, Società, contratto, responsabilità (a proposito della nuova società a responsabilità limitata), in Riv. dir. civ., 1993, II, 183 ss., ivi p. 187; C. IBBA, La società a responsabilità limitata con un solo socio, Torino, 1995, p. 17 ss.; ROSAPEPE, La società a responsabilità limitata uni personale, Milano, 1996, p. 14 ss.; contra ROSSI ANT., S.r.l. uni personale e tramonto dello scopo lucrativo, in Giur. comm., 1997, I, pp. 115 ss. 2

3 In linea di principio, comunque, il problema preliminare da affrontare in sede di costituzione della S.p.A. è stabilire quale obiettivo possa essere previsto dai soci come <<scopo comune>> e attraverso quali strutture organizzative tale scopo possa essere realizzato o, in altri termini, se e quali limiti incontri l autonomia privata relativamente al profilo funzionale e a quello organizzativo della fattispecie. Le due questioni sin qui accennate, cioè se l accesso alla disciplina della S.p.A. richieda una dimensione contrattuale o meno, e se e quali siano i limiti dell autonomia privata nella scelta della componente organizzativa e di quella funzionale della fattispecie, hanno avuto soluzioni storicamente variabili. La disamina al riguardo può essere svolta distinguendo tre diversi scenari normativi che si sono succeduti a partire dal 1942: a) quello risultante dal codice civile nella sua configurazione originaria; b) quello intermedio scaturente da successivi interventi legislativi, quale si presentava alla vigilia della riforma del 2003; c) quello posteriore alla riforma del ) Limiti all uso della S.p.A. nel codice civile del Nel vigore del codice civile del 1942 l opinione prevalente era nel senso che i diversi contratti associativi (società lucrative, cooperative, consorzi con attività esterna, associazioni riconosciute e non) dovessero, in linea di principio, differenziarsi in base al criterio funzionale della causa del contratto, cioè in base al diverso scopo comune dei contraenti. A tal fine veniva valorizzata principalmente la disposizione dell art c.c. che conteneva (e contiene) la definizione generale della società lucrativa 33 e che identificava lo scopo comune dei contraenti nella produzione dell utile (c.d. scopo di lucro oggettivo) e nella sua divisione tra i soci (c.d. scopo di lucro soggettivo). 33 In tal senso cfr. T. ASCARELLI, Il contratto plurilaterale, in Saggi giuridici, Milano, 1949, p. 259 ss., ivi p. 282 ss.; P. FERRO-LUZZI, op. cit. passim; P. SPADA, La tipicità, cit., p. 182 ss.; G. MARASA, Le società senza scopo di lucro, Milano, 1984, passim. 3

4 Ne conseguiva, perciò, che tutti i tipi di società collocati nel Titolo V, sia quelli cosiddetti personali (Capi II, III e IV) sia quelli capitalistici (Capi V, VI, VII), erano sottoposti al vincolo causale, derivante dalla definizione generale del contratto di società e costituito dal perseguimento dello scopo di lucro oggettivo e soggettivo. 34 Anche la S.p.A., in quanto tipo di società disciplinato nel Titolo V, doveva, perciò, rispettare i limiti posti dall art. 2247, cioè l origine contrattuale e la causa lucrativa. Dalle disposizioni specifiche in materia di S.p.A. si ricavava, poi, che tratto qualificante di questo tipo di società, sotto il profilo organizzativo, era l adozione di un modello decisionale cosiddetto corporativo, compiutamente e dettagliatamente disciplinato da norme imperative di legge e basato sulla ripartizione di competenze tra un organo assembleare, un organo amministrativo e un organo di controllo. 35 Anche sotto tale profilo, quindi, l autonomia delle parti risultava limitata nel senso che in tanto era possibile per i soci accedere alla disciplina della S.p.A. in quanto si adottasse in sede di costituzione (e si rispettasse in sede di svolgimento dell attività sociale) il modello organizzativo corporativo previsto dalla legge In tal senso cfr. T. ASCARELLI, Cooperativa e società. Concettualismo giuridico e magia delle parole, in Problemi giuridici, Milano, 1959, vol. II, p. 379 ss., ivi p. 417; G. MARASA, Le società senza scopo di lucro, cit., p. 83 ss.; nella manualistica successiva, anteriore alla riforma del 2003, fra gli altri, F. GALGANO, Le società, ed. 1998/1999, Bologna 1998, p. 14 ss.; G.F. CAMPOBASSO, Diritto delle società, IV Ed., Torino, 1999, p. 21 ss.; F. FERRARA jr. F. CORSI, Gli imprenditori e le società, 11a Ed., Milano, 1999, p. 258 ss. In giurisprudenza v. Cass. 1958/3251 in Foro it., 1958, I, c. 1617; Cass. 1965/1508, in Foro it., 1965, I, c. 1667; Cass, 1979/4558, in Giust. civ., 1980, I, p Cfr. P. SPADA, La tipicità, cit. passim; ID, voce <<Società. Tipi di società in generale>>, in Enc. giur. Treccani, vol. XXIX, Roma, Si riteneva che una disciplina statutaria in violazione del modello organizzativo corporativo, previsto dalla legge, comportasse il rifiuto dell omologazione da parte del Tribunale, se riscontrata in sede di controllo giudiziario, e provocasse, in caso di avvenuta omologazione-iscrizione nel registro delle imprese, o la nullità parziale della sola clausola in deroga, se ritenuta non essenziale nell intento delle parti ex art. 1419, co. 1, c.c. oppure la <<nullità>> della società per <<mancanza dell atto costitutivo>> ex art. 2332, n. 1, c.c., e la sua conseguente liquidazione ex art. 2332, co. 4, c.c.. Per i riferimenti e il dibattito si rinvia a G. MARASA, Le società. Società in generale, cit. p. 263 ss., ivi p Successivamente, nel senso di un alternativa tra nullità ex art e nullità parziale con sostituzione automatica ex art. 1419, co. 2, v. M. SCIUTO, La <<mancanza dell atto costitutivo>> di Società per Azioni>>, Padova, 2000, pp. 156 ss., 173 ss.. In senso contrario all applicazione dell art. 2332, sia prima sia dopo la riforma del diritto societario, v. G.M. PALMIERI, La nullità della Società per azioni, nel Trattato delle Società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. I, tomo 1, Tipo costituzione nullità, Torino, 2004, spec. pp Per la nullità parziale con sostituzione 4

5 In conclusione, i principali limiti dell autonomia privata in sede di costituzione della S.p.A. erano rinvenibili, anzitutto, nella necessità della matrice contrattuale, poi, nel rispetto dello scopo lucrativo sotto il profilo causale e, infine, nel rispetto del modello decisionale corporativo sotto il profilo organizzativo. I primi due limiti si desumevano dalla definizione generale dell art. 2247, c.c., il terzo, dalla natura essenzialmente imperativa dell insieme delle disposizioni riguardanti l organizzazione sociale. 3) Segue. Evoluzione della disciplina del codice civile. Numerosi interventi legislativi hanno modificato l originario quadro codicistico incidendo, per quanto riguarda i profili esaminati, sull essenzialità dell origine contrattuale del rapporto sociale e sul limite costituito dal rispetto dello scopo di lucro. In ordine al primo profilo vengono in considerazione le cosiddette società di origine legale che hanno subito una notevole intensificazione negli anni 90 del secolo scorso in seguito al processo di privatizzazione degli enti pubblici. 37 Peraltro, poiché in queste società per azioni il rapporto societario trae origine da uno specifico intervento legislativo che a volte facoltizza a volte impone la costituzione di una S.p.A. avente caratteristiche speciali fissate dallo stesso legislatore oppure, crea direttamente lo stesso rapporto sociale, esse si pongono, in linea di principio, al di fuori dell autonomia negoziale. 38 In altri termini, mentre le società costituite per atto unilaterale derogano alla contrattualità, le società di origine legale derogano alla stessa autonomia privata come fonte del rapporto sociale ed esulano, perciò, dalla problematica qui esaminata. automatica della disciplina del modello legale tradizionale, in quanto modello legalmente residuale ex art. 2380, co. 1, c.c., v. M. SCIUTO, La nullità della società, ne Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso vol. I, Torino, 2007, p Per una sintesi cfr. G. MARASA, op. ult. cit., p. 54 ss. 38 Cfr. C. IBBA, Le società <<legali>>, Torino, 1992; ID, voce <<Società legali e società legificate>>, in Enc. giur. Treccani, vol. XXIX, Roma,

6 Un discorso più articolato richiede il profilo funzionale dello scopo di lucro, dal momento che il criterio di distinzione tra i diversi contratti associativi, basato sulla causa del contratto, ha conosciuto vari elementi di criticità vuoi per la difficoltà di individuare le differenze causali tra alcuni contratti associativi (per esempio, tra lo scopo delle cooperative e quello dei consorzi con attività esterna) vuoi per la possibilità di perseguire più scopi attraverso un unico contratto associativo (per esempio, scopi mutualistici e scopi lucrativi con le società cooperative, scopi mutualistici e scopi anticoncorrenziali con i consorzi con attività esterna) sia, infine, per la possibilità che la componente organizzativa di un contratto associativo sia piegata al raggiungimento di uno scopo diverso da quello previsto dal legislatore. 39 Quest ultima vicenda riguarda non soltanto le società di capitali e, particolarmente, le S.p.A. (cosiddette società per azioni senza scopo di lucro) ma anche altre fattispecie associative, come, ad esempio, le cooperative senza scopo mutualistico, quali sono ritenute dai più le banche popolari ex artt. 29 ss., d. lgs. 385/1993 (in quanto cooperative a fine di lucro) e le cooperative sociali ex art. 1, comma 1, lett. a, l. 381/1991 (in quanto cooperative a fini altruistici). Il fenomeno in esame, cioè il cosiddetto uso indiretto dei tipi associativi, in generale, e delle società, in particolare, è reso possibile dalla neutralità causale della componente organizzativa della fattispecie che si rinviene in tutti i contratti associativi. Ad esempio, il modello organizzativo corporativo che, come si è visto, caratterizza il tipo Società per Azioni è, in quanto tale, funzionalmente inespressivo 40 e, quindi, è compatibile anche con il perseguimento di scopi diversi da quello lucrativo, di produzione e divisione degli utili tra i soci. 39 Per una sintesi e per la casistica, cfr. G. MARASA, op. ult. cit., p. 44 ss. 40 Cfr. P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, cit., pp ; P. SPADA, La tipicità delle società, cit., pp ; G. MARASA, Le società senza scopo di lucro, cit., p. 170 s.s. 6

7 E, dunque, compito del legislatore stabilire i termini del collegamento tra componente organizzativa e componente funzionale, decidendo così, con specifico riguardo alla figura che qui interessa, se una S.p.A. possa essere utilizzata solo quando i contraenti si prefiggono uno scopo di lucro oggettivo e soggettivo o anche quando il loro scopo sia diverso. Come si è inizialmente sottolineato, la scelta nel primo senso del legislatore del 1942, è stata successivamente rimessa in discussione da numerosi interventi successivi; il più significativo in quanto effettuato sulla disciplina codicistica e, quindi, di portata generale è dovuto all introduzione nel codice civile (ex art. 4, l. 10 maggio 1976, n. 377) dell art. 2615ter che ha autorizzato l utilizzazione dei tipi di società (tranne la società semplice) per la realizzazione degli scopi consortili di cui all art. 2602, risolvendo così affermativamente i precedenti dubbi in proposito, generati dalla controversa interpretazione dell art Una prima conclusione è, dunque, che, almeno a partire dal 1976, la S.p.A. può essere utilizzata per il raggiungimento non solo di scopi lucrativi ex art ma anche di scopi consortili ex art Tuttavia, pur con tutti i dubbi inerenti l identificazione degli scopi consortili, è pacifico che si tratta sempre di scopi di natura economica e, dunque, la disciplina del codice civile, anche dopo la novella del 1976, non consente l uso della S.p.A. per la realizzazione di scopi non economici dei soci. Diversamente, sia prima sia dopo il 1976, numerose disposizioni di leggi extracodicistiche hanno autorizzato o addirittura imposto, con riguardo a particolari fattispecie di società per azioni (o, talvolta, più genericamente, di 41 Sulle contrastanti interpretazioni dell art che estendeva i controlli pubblicistici previsti per i consorzi anche alle società che si costituivano <<per raggiungere gli scopi indicati nell art. 2602>>, v. i riferimenti in G. MARASA, Consorzi e società consortili, Torino, 1990, pp

8 società di capitali) l esclusione dello scopo di lucro e, più in generale, di qualsiasi scopo economico da parte dei soci. 42 Una fattispecie particolarmente nota e dibattuta di società (p.a. e a r.l.) senza scopi economici era la società sportiva, secondo la previsione originaria dell art. 10, comma 2, l. n. 91/ Da queste fattispecie di società senza scopi economici, previste al di fuori del codice civile, parte della dottrina aveva desunto il venir meno di ogni limite all autonomia privata nell uso dei tipi di società cosicché, secondo questa opinione, la Società per Azioni potrebbe essere utilizzata per il raggiungimento di qualsiasi scopo lecito anche non economico. 44 Tale conclusione stando alla quale, per esempio, gli azionisti potrebbero legittimamente stabilire nell atto costitutivo che gli utili realizzati siano destinati a scopi di beneficenza o, comunque, altruistici non poteva essere condivisa. Infatti, in tali fattispecie si realizzerebbe la commistione tra la struttura organizzativa propria della S.p.A. e la causa propria di altro contratto associativo, cioè dell associazione in senso stretto. In altri termini, i contraenti deciderebbero di realizzare gli scopi non economici propri di un associazione in senso stretto attraverso l adozione del modello organizzativo proprio della S.p.A.. Così facendo, però, essi eluderebbero la regola per cui gli enti senza scopi economici non possono conseguire la personalità giuridica sulla base di un controllo di mera legalità del contratto come, invece, è consentito alle società di capitali ed alle cooperative in ragione dell attività economica e dello 42 Ad esempio, l esclusione dello scopo di lucro è imposta nelle società per azioni per la gestione dei fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (artt. 11, 1 comma e 12, 4 comma, l. 31 gennaio 1992, n. 59) mentre è autorizzata nelle società per azioni per l organizzazione e la gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari (art. 61, 1 comma, d. lgs. 58/1998) e in quelle per la gestione accentrata di strumenti finanziari (art. 80, 1 comma, d. lgs. 58/1998), dal momento che il legislatore rimette la scelta dello scopo all autonomia delle parti. 43 <<L atto costitutivo deve prevedere che gli utili siano interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell attività sportiva>>. Tale disposizione è stata successivamente sostituita ex l. 586/1996. Per il quadro attuale v. oltre testo e nota n In tal senso v. già G. SANTINI, (Tramonto dello scopo lucrativo nelle società di capitali, Riv. dir. civ., 1993, I, p.151 ss.) che argomentava, però, dalla circostanza che, fra le cause di nullità della s.p.a. ex art. 2332, c.c., non era prevista la carenza del fine di lucro; successivamente A. CARRABBA, Scopo di lucro e autonomia privata. La funzione nelle strutture organizzative, Napoli,

9 scopo economico dei contraenti ma devono sottoporsi ad un controllo amministrativo che, per quanto semplificato, implica comunque una verifica sulla possibilità e liceità dello scopo e sulla adeguatezza del patrimonio alla realizzazione dello scopo stesso (cfr. art. 1, co. 3, d.p.r. 10 febbraio 2000, n. 361). 45 Sulla base di tale rilievo, secondo l opinione preferibile, si doveva escludere che l autonomia privata potesse piegare la società per azioni a scopi diversi da quelli economici o lucrativi (ex art. 2247) o consortili (ex art. 2615ter) se non nei casi specificamente previsti da leggi speciali. 46 Si può, quindi, concludere che, alla vigilia della riforma delle società del 2003, il quadro dei limiti all autonomia privata nell uso del tipo S.p.A., per effetto degli interventi legislativi successivi al 1942, risultava modificato essenzialmente con riferimento al profilo funzionale della causa, dal momento che era consentito l uso della S.p.A. non soltanto per scopi economici lucrativi, secondo quanto previsto originariamente dal codice, ma anche per scopi economici consortili, secondo quanto autorizzato successivamente dall art. 2615ter. Nessuna novità di rilievo si segnalava, invece, sia relativamente alla necessità della matrice contrattuale (almeno per le S.p.A. costituite nell esercizio dell autonomia privata) essendo stata introdotta per le sole S.r.l. la previsione della costituzione per atto unilaterale (ex d. lgs. 3 marzo 1993, n. 88) sia con riguardo al rispetto del modello organizzativo cosiddetto corporativo. 4) I limiti all uso della S.p.A. nel quadro normativo attuale. 4.1) E controverso se la riforma delle società del 2003 abbia investito tutti o solo alcuni dei profili qui in esame. 45 Cfr. G. MARASA, Le società senza scopo di lucro, cit., p. 433 ss.; 46 V. dottrina e giurisprudenza citt. supra in nota 4. 9

10 Anzitutto, è stata ripensata la scelta, effettuata al momento dell attuazione della XII direttiva in materia di società, di consentire per le sole S.r.l. la costituzione con atto unilaterale. Il limite della contrattualità è stato superato anche per la S.p.A. in un ottica di concorrenza tra gli ordinamenti, cioè al fine di eliminare una condizione di accesso alla disciplina della S.p.A. già rimossa nella legislazione concorrente di altri Paesi membri dell Unione Europea. 47 Anche per quanto riguarda gli spazi concessi all autonomia privata nella disciplina dell organizzazione, la situazione è significativamente cambiata poiché al tradizionale modello organizzativo corporativo (paragrafi 2, 3 e 4 della Sezione VI bis del Capo V del Titolo V) se ne sono affiancati altri due, il dualistico (par. 5) e il monistico (par. 6). Quindi, il modello corporativo non è più l unico consentito ma solo il modello legale dispositivo, nel senso che è destinato ad applicarsi solo <<se lo statuto non dispone diversamente>> (art. 2380, comma 1, c.c.), cioè solo se i soci non abbiano optato o per il sistema dualistico o per quello monistico. Peraltro, in linea di principio, non è concesso agli azionisti modificare le caratteristiche essenziali del modello prescelto. In altri termini, la maggiore autonomia delle parti si traduce nella possibilità di scegliere uno dei tre sistemi suddetti, senza, però, poterne modificare le caratteristiche qualificanti se non quando ciò sia consentito dalla legge [ad esempio, nel modello tradizionale, affidando al collegio sindacale anche il controllo contabile, limitatamente alle S.p.A. chiuse, controllo altrimenti affidato dalla legge ad un revisore contabile o ad una società di revisione (cfr. art bis, cod. civ.)] Si è così fatto uso, sia pure con dieci anni di ritardo, di una facoltà, concessa dalla XII direttiva CEE in materia di società, di cui l Italia inspiegabilmente non si era avvalsa quando, con il d.lgs. 3 marzo 1993, n. 88, era stata attuata la direttiva. La disciplina della S.p.A. con unico azionista e le condizioni di fruizione della responsabilità limitata sono oggetto di disamina in altra parte dell Opera a cui si rinvia 48 Per l analisi dettagliata delle caratteristiche dei tre modelli gestionali ora previsti dal codice novellato si rinvia alla specifica parte dell Opera ad essa dedicata. 10

11 In questa sede occorre dare conto dell ultima questione, cioè del problema dei limiti causali nell adozione del tipo S.p.A. Infatti, benché nessuna modifica sia stata apportata alla definizione generale di società lucrativa dell art c.c., il dibattito si è riaperto, dal momento che alcune novità introdotte con la riforma del diritto societario sono state valorizzate da una parte della dottrina per riproporre la tesi della neutralizzazione funzionale, cioè per prospettare la legittimità di una utilizzazione della S.p.A. anche per scopi non economici. 4.2) Prima di esaminare il problema è opportuno ribadire che, anche dopo la riforma, devono essere tenuti fermi alcuni punti, per quanto riguarda i profili causali della Società per Azioni. Anzitutto, l adozione normale della S.p.A. è quella a fine di lucro, con la conseguenza che, qualora l atto costitutivo non contenga <<le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti>> (come previsto dall art. 2328, n. 7), non ne risulterà certamente autorizzata una distribuzione contraria alla causa lucrativa (per esempio, la destinazione a terzi degli utili conseguiti); in linea di principio si applicherà, invece, la regola, tipicamente capitalistica, della distribuzione proporzionale al numero delle azioni (cfr. art. 2350, comma 1, c.c.). 49 In secondo luogo, la causa lucrativa non implica che l azionista abbia diritto ex lege ad una distribuzione periodica dell utile realizzato, cioè abbia un diritto soggettivo al dividendo, essendo pacifico che ogni decisione al riguardo spetta alla determinazione discrezionale dell assemblea, secondo quanto si ricava da una, ormai consolidata, interpretazione dell art. 2433, c.c.. 50 Solo 49 Cfr. G. MARASA, Le società. Società in generale, cit., p V. già G. ROSSI, Utile di bilancio, riserve e dividendo, Milano, 1957; V. BUONOCORE, Le situazioni soggettive dell azionista, Napoli, 1960, p. 265 ss.; GIUS. FERRI, Diritto agli utili e diritto al dividendo, in Riv. dir. comm., 1963, I, p. 405 ss.; contra D. PETTITI, Contributo allo studio del diritto dell azionista al dividendo, Milano, In giurisprudenza per la negazione del diritto al dividendo, fra le tante, Cass. 28 maggio 2004, n , in Società, 2004, 1112 e in Foro it., 2005, I, 816 con nota di L. NAZZICONE; Trib. Milano, 29 giugno 2005, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, p

12 con apposita previsione dell atto costitutivo è, quindi, possibile attribuire al socio un diritto al dividendo ) Venendo ora alla questione se la riforma del diritto societario ed eventualmente altri interventi legislativi successivi abbiano determinato un estensione dell ambito causale di utilizzazione della S.p.A., può osservarsi, anzitutto, che dall unica disposizione definitoria oggetto di modifica da parte del legislatore, cioè quella dell art. 2511, c.c., si ricava una rivalutazione della causa come criterio di identificazione dei singoli contratti associativi; infatti, superando la controversa formulazione del vecchio art. 2511, si chiarisce che la cooperativa si qualifica non solo per la variabilità del capitale ma anche per il perseguimento dello scopo mutualistico da parte dei soci. Quest ultimo non è, poi, una vuota formula definitoria ma trova ora espliciti riflessi a livello di disciplina. Basti pensare, ad esempio, all introduzione della disciplina dei ristorni, che configurano tipica tecnica di realizzazione dello scopo mutualistico (art sexies, c.c.). Nella stessa prospettiva si colloca la disposizione dell art. 2520, c.c., secondo cui <<la legge può prevedere la costituzione di cooperative destinate a procurare beni o servizi a soggetti appartenenti a particolari categorie anche di non soci>>, disposizione da cui si desume che solo al legislatore e non all autonomia privata è consentito prevedere cooperative prive di scopo mutualistico. 52 Quanto alla disciplina delle società di capitali, le novità ritenute più rilevanti ai fini del dibattito riguardano l allargamento dell istituto della trasformazione e la nuova formulazione dell art. 2332, c.c. in materia di nullità della società. 51 Cfr. F. GALGANO, Le società, cit., pp ; N. ABRIANI, Problemi in tema di clausole sulla distribuzione degli utili e sul pegno di azioni, nel volume, Il diritto delle società tra controllo giurisdizionale e autonomia privata, Milano, 1997, p. 123 ss. In giurisprudenza Trib. Milano, 28 settembre 2006, in Giur. it., 2007, p Cfr. G. MARASA, nel Commentario alla riforma delle società, diretto da P.G. MARCHETTI, L. A. BIANCHI, F. GHEZZI, M. NOTARI, Società cooperative, a cura di G. PRESTI, Milano, 2007, sub art. 2520, p. 123 ss. 12

13 4.4) La trasformazione (Titolo V, Capo X, Sez. I) non è più circoscritta ai soli tipi ordinari di società, secondo la prospettazione originaria del codice civile del 1942, ma può riguardare anche enti non societari (associativi e non) ed è consentita anche quando si configuri come eterogenea, cioè quando comporti cambiamento non solo del modello organizzativo originariamente prescelto ma anche della causa, come, ad esempio, quando una società di capitali a fine di lucro si trasforma in altro ente, associativo e non, privo di scopo lucrativo e viceversa (cfr. artt septies e 2500-octies, c.c.). Le basi di questo ampliamento della trasformazione erano state poste da taluni interventi legislativi anteriori e, principalmente, dalla già ricordata introduzione nel codice civile dell art. 2615ter. Infatti, dal riconoscimento legislativo dell utilizzazione dei tipi di società del Titolo V per scopi consortili, scaturiva la possibilità di realizzare legittimamente tali scopi non solo attraverso il modello organizzativo del consorzio (artt ss.) ma anche attraverso modelli organizzativi societari. Da qui una serie di questioni: se la scelta organizzativa potesse variare dopo la costituzione, per esempio, attraverso la trasformazione di un consorzio in una s.p.a. consortile e viceversa; se la trasformazione fosse legittima quando implicava anche cambiamento della causa, come, per esempio, nel caso di trasformazione di S.r.l. consortile in S.p.A. lucrativa o viceversa; se la modifica fosse consentita anche quando consisteva esclusivamente nel cambiamento della causa senza mutamento del modello organizzativo, come, per esempio, nel caso di trasformazione di S.p.A. lucrativa in S.p.A. consortile e viceversa. 53 Nella prassi giurisprudenziale la problematica si era, poi, allargata ad altre fattispecie, come le cooperative e le associazioni in senso stretto, dando 53 Cfr. G. MARASA, Consorzi e società consortili, cit. 13

14 luogo ad una casistica assai articolata, la cui legittimità è stata ora esplicitamente riconosciuta dal legislatore almeno in parte, cioè limitatamente alle trasformazioni eterogenee da società di capitali (art septies, 1 comma) o in società di capitali (art octies, 1 comma); per altro verso, il riconoscimento legislativo va oltre l ambito dei contratti associativi in senso stretto. 54 Tuttavia, la previsione legislativa delle trasformazioni eterogenee, contrariamente a quanto da taluni ritenuto, non va in direzione della neutralizzazione delle forme associative, cioè non implica che la S.p.A. e, più in generale, i contratti associativi possano essere utilizzati per nuove funzioni diverse da quelle precedentemente consentite. Il riconoscimento della trasformazione eterogenea muove proprio da una premessa opposta alla neutralità: è consentito il superamento della cosiddetta barriera causale che, dunque, non costituisce più un limite alla trasformabilità solo attraverso la migrazione da una ad altra fattispecie associativa e, quindi, sul presupposto che ciascuna di queste fattispecie mantenga la propria connotazione funzionale. Infatti, qualificare eterogenea la trasformazione di una società di capitali in una società consortile o in una società cooperativa, come fa l art septies, c.c., significa sancire che lo scopo di lucro ha natura diversa dallo scopo consortile e dallo scopo cooperativistico. 55 In questo contesto, in cui ciascun contratto associativo conserva i suoi confini funzionali, l innovazione più eclatante non sta tanto nella possibilità di superare la barriera causale attraverso la trasformazione eterogenea, quanto nella previsione della regola che, almeno in gran parte dei casi, ciò consente senza una nuova manifestazione di autonomia privata, bensì per volontà di 54 Per la disamina analitica delle singole fattispecie considerate dal legislatore e la relativa disciplina si rinvia alla specifica parte dell Opera. 55 In tal senso P. SPADA, Dalla trasformazione delle società alle trasformazioni degli enti ed oltre, in Scritti in onore di V. BUONOCORE, Milano, 2005, vol. III, tomo III, p ss., a p

15 una maggioranza (cfr. art septies, 3 comma e art octies, 2 comma). In tal modo il principio di continuità dell impresa in cui parte della dottrina individua la ratio dell istituto della trasformazione 56 assume un significato molto più ampio di quello tradizionale. Qui, infatti, si consente alla maggioranza non solo di scegliere un nuovo modello organizzativo per lo svolgimento dell attività d impresa cioè nuove regole sulla produzione delle decisioni inerenti lo svolgimento dell attività, ritenute più idonee di quelle originarie ad assicurare la continuità dell impresa ma anche di cambiare gli obiettivi perseguiti attraverso lo svolgimento dell attività d impresa, cioè il risultato originariamente programmato nel contratto come scopo comune. Non sembra, però, ammissibile che la maggioranza possa disporre dello scopo comune anche quando non vi sia alcuna esigenza di mutamento della struttura organizzativa inizialmente scelta per lo svolgimento dell attività. Ne consegue, ad esempio, che una S.p.A. non può, sia pure con la maggioranza qualificata prevista dall art septies, 3 comma, mutare il proprio scopo da lucrativo a consortile restando Società per Azioni. Infatti, si può discutere se anche in tal caso si configuri una trasformazione sia pure diversa da quelle espressamente previste dalla legge oppure per chi voglia tener ferma la configurazione tradizionale secondo cui la trasformazione richiede comunque un cambiamento del modello organizzativo se anche in tal caso possa invocarsi analogicamente la disciplina dell art. 2498, c.c., cioè la regola della continuità dei rapporti, ma sicuramente non si giustifica l applicabilità della regola maggioritaria Cfr. C. ANGELICI, Introduzione alla riforma delle società di capitali, ne Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2007, vol. I, p. 5 ss., ivi, p. 12 ss. B. LIBONATI, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Introduzione, Milano, Cfr. G. MARASA, Le trasformazioni eterogenee, ora in La riforma di società, cooperative, associazioni e fondazioni. Scritti, Padova, 2005, p. 77 ss.; contra G. FRANCHI, nel Commentario alla riforma delle società, diretto da P. G. MARCHETTI, L. A. BIANCHI, F. GHEZZI, M. NOTARI, Trasformazione, fusione, scissione, a cura di L. A. BIANCHI, Milano, 2006, sub art septies, pp

16 4.5) L altra novità da valutare in materia di società di capitali è la nuova e più restrittiva formulazione dell art. 2332, c.c., nella quale non compare più la <<mancanza dell atto costitutivo>> fra le possibili cause di nullità della S.p.A. (cfr. art. 2332, 1 comma, n. 1, vecchio testo). In proposito occorre ricordare che la mancanza dell atto costitutivo veniva intesa da una parte della dottrina come previsione riferentesi anche al caso di vizi funzionali dell atto costitutivo, tali da impedirne la riconduzione al tipo legale Società per Azioni lucrativa e, quindi, ad esempio, al caso di S.p.A. con clausola di destinazione altruistica degli utili. 58 Tuttavia, se si conviene con la premessa che quest ultima fattispecie, cioè la S.p.A. in cui gli azionisti non perseguono uno scopo economico, è tuttora incoerente rispetto ai vincoli funzionali stabiliti dall art (ed allargati dall art ter ai soli fini economici consortili), l odierna impossibilità di prospettarne l eliminazione attraverso l applicazione della disciplina della nullità ex art non esclude il ricorso ad altri rimedi, quale la nullità della clausola di devoluzione altruistica e la sua sostituzione automatica con la clausola lucrativa imposta dall art (cfr. art. 1419, co. 2, c.c.) Cfr. C. ANGELICI, La società nulla, Milano, 1975, p. 264 ss.; E. BOCCHINI, I vizi della costituzione e la <<nullità>> della società per azioni, Napoli, 1977, p. 195 ss.; G. MARASA, Le società senza scopo di lucro, cit., pp ; in senso contrario M. SCIUTO, La <<mancanza dell atto costitutivo>> di Società per Azioni, Padova, 2000, spec. pp ; G. M. PALMIERI, La nullità della Società per Azioni, nel Trattato delle Società per Azioni, diretto da G. E. Colombo e G. B. Portale, vol. I, tomo 1, Tipo Costituzione Nullità, Torino, 2004, spec. pp ove tutti i riferimenti. 59 In tal senso P. SPADA, Dalla trasformazione delle società alla trasformazione degli enti, cit., pp e 3891, testo e nota 10; M. SCIUTO, La nullità della società ne Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2007, vol. I, p. 439; G. COTTINO, Diritto societario, Padova, 2006, p Lo stesso rimedio non sembra, invece, prospettabile nei confronti delle s.p.a. che indicano come oggetto sociale un attività di mero godimento in contrasto con gli artt e 2248, c.c., là dove impongono alle società, quale che sia il tipo prescelto, lo svolgimento di un attività economica. (Sulla distinzione tra società esercenti attività, economica, di amministrazione dei beni appartenenti al patrimonio sociale e società di mero godimento v. MARTUCCI, Il godimento collettivo di beni in forma societaria nell esperienza europeo-continentale, in Riv. dir. civ., 2009, I, p. 311 ss., ivi p. 330 ss.). Infatti, non si saprebbe con quale attività sostituire quella statutariamente indicata, dal momento che il requisito dell economicità, imposto dal codice, deve essere puntualizzato dall autonomia delle parti con la scelta dell oggetto sociale (art. 2328, co. 2, n. 3, c.c.), cioè con l indicazione della specifica attività economica che i soci intendono svolgere. (Nel senso che l amministrazione statica di patrimoni immobiliari non integra un oggetto sociale conforme alla previsione dell art. 2328, co. 2, n. 3, v. MUCCIARELLI, Profili dell oggetto sociale nelle società di capitali, in Abbadessa e Portale, Il nuovo diritto, I, cit., p. 305 ss., ivi p. 308). Prospetta la soluzione dello scioglimento della società per impossibilità di conseguire l oggetto sociale CETRA, Società e comunione, in ID, Impresa, sistema e soggetti, Torino, 2008, 1 ss. ivi 10-11; cfr. pure PAVONE LA 16

17 In sintesi, dalla sottrazione della Società per Azioni funzionalmente viziata alla disciplina della nullità ex art non può ricavarsi la legittimità della sua utilizzazione per fini diversi da quello lucrativo o consortile. 4.6) Tutte le conclusioni fino ad ora raggiunte sono state recentemente condivise dalla Cassazione (con riferimento ad una fattispecie di delibera assembleare modificativa dello scopo di una S.p.A. da lucrativo a mutualistico) in una pronunzia che ha confermato l orientamento espresso dalla stessa Corte in una fondamentale sentenza di mezzo secolo fa. 60 Si è così puntualizzato che <<i limiti, che l esistenza di norme imperative di legge pone all autonomia delle parti del contratto di società, valgono anche per l autonomia dell ente collettivo, che si esprime nelle deliberazioni dell assemblea>>; che, quindi <<l autonomia statutaria della società, già costituita, non può spingersi sino al punto da eleggere uno scopo sociale incoerente con la sua forma giuridica>>; che <<lo scopo di lucro soggettivo è essenziale al contratto di società e. come tale, esso non può essere escluso nella società per azioni, quale disciplinata nel codice civile>>; che <<esso, dunque, non è modificabile dai soci sulla base dell autonomia statutaria (se non attraverso una trasformazione eterogenea della stessa forma sociale) >>; che l insegnamento dottrinale teso a valorizzare le previsioni legislative di S.p.A. con scopi diversi, <<se descrive efficacemente una linea di tendenza della legislazione, non giustificherebbe la conclusione che, attualmente, l autonomia statutaria della società capitalistica possa creare società per azioni o a responsabilità limitata senza scopo di lucro, fuori dei casi espressamente previsti da norme di legge>>. ROSA, Brevi note in tema di rapporto tra comunione dei beni e società, in Giur. comm., 2009, I, p. 397 ss., ivi p. 401, secondo cui si avrebbe inesistenza della società per azioni e sua riqualificazione come comunione di beni, previo scioglimento della società e cancellazione dal registro delle imprese. Ritiene, invece, nulla la società per azioni per illiceità dell oggetto sociale GHIONNI, Società di mero godimento tra teoria generale e nuovo diritto societario, in Riv. soc., 2008, p ss., ivi p ss. 60 Cass., 12 aprile 2005, n. 7536,in Foro It., 2006, I, La pronuncia a cui si fa riferimento è Cass., 14 ottobre 1958, n. 3251, in Foro It., 1958, I,

18 4.7) Con riferimento a quest ultima affermazione merita segnalare che la casistica delle società autorizzate da leggi speciali a perseguire scopi non lucrativi sembra essersi recentemente arricchita in forza del d. lgs. 24 marzo 2006, n. 155, che ha disciplinato la cosiddetta impresa sociale. Infatti, tale qualifica che richiede, tra l altro, l assenza dello scopo di lucro in senso soggettivo, cioè il divieto di distribuire anche indirettamente gli utili (cfr. art. 3) può essere assunta da tutte le organizzazioni private, compresi <<gli enti di cui al Libro V del Codice Civile, che esercitano in via stabile e principale un attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale>> (art. 1, 1 comma). L ampiezza del richiamo fa pensare che esso riguardi tutti gli enti del Libro V e, quindi, anche le società sia di persone sia di capitali. Ne risulta, quindi, una nuova previsione legislativa di uso delle società per scopi non economici dei soci, dalla quale, però, se si condivide il discorso fin qui svolto, non possono trarsi conclusioni generali in ordine alla neutralizzazione funzionale dei contratti associativi. E vero, infatti, che i beni e i servizi di utilità elencati nell art. 2 della legge coprono un ambito assai vasto 61 ma non credo che il vincolo della destinazione egoistica degli utili derivante dall art. 2247, c.c. possa ritenersi sostanzialmente superato sulla base di tale legge 62 e ciò per almeno due ragioni. 61 Assistenza sociale; assistenza sanitaria, assistenza socio-sanitaria; educazione, istruzione e formazione; tutela dell ambiente e dell ecosistema; valorizzazione del patrimonio culturale; turismo sociale; formazione universitaria e post-universitaria; ricerca ed erogazione di servizi culturali; formazione ed erogazione di servizi culturali; formazione extrascolastica; servizi strumentali alle imprese sociali. 62 Come ritiene, invece, una parte della dottrina. Cfr. G. C. RIVOLTA, Profili giuridici dell impresa sociale, in Scritti in onore di V. Buonocore, vol. II, Milano, 2005, p ss., ivi pp ; E. GINEVRA, L utilità sociale dell impresa. Profili sistematici della disciplina dell <<impresa sociale>>, nel volume Mercato (e) non profit, a cura di P. MOROZZO DELLA ROCCA, Pesaro, 2007, p. 65 ss., ivi p. 81 ss.. Nel senso del testo v. invece, G. F. CAMPOBASSO, Diritto delle società, 6^ Ed. a cura di M. CAMPOBASSO, Torino, 2008, pp ; G. PRESTI M. RESCIGNO, Corso di diritto commerciale, vol. II, Le Società, III ed., Bologna, 2007, p. 9, A. CETRA, Responsabilità patrimoniale e impresa sociale, ora nel volume, Impresa, sistema e soggetti, Torino, 2008, p. 147 ss.. 18

19 La prima è che l inclusione degli enti del Libro V fra i soggetti che possono assumere la qualifica di impresa sociale è avvenuta al di fuori di qualsiasi previsione della legge delega (l. 13 giugno 2005, n. 118); 63 il che, se, da un lato, fa dubitare della costituzionalità della norma della legge delegata, d altro lato, induce a ritenere che, comunque, da essa non possano ricavarsi conclusioni sistematiche, che altererebbero la disciplina generale del codice civile. La seconda è che il divieto di realizzare il fine di lucro soggettivo sia durante (art. 3) sia resoluta societate (art. 13, co. 3) è previsto come onere per l assunzione di una particolare qualifica (quella, appunto, di impresa sociale) che determina la sottoposizione ad una disciplina speciale, in deroga alla disciplina generale del codice civile, cosicché gli enti del Libro V (e, quindi, anche le società) qualificati come imprese sociali sono sottoposti a regole particolari sul piano della responsabilità patrimoniale verso i terzi (art. 6), della denominazione sociale (art. 7), dell obbligo di iscrizione in una sezione speciale del registro delle imprese (art. 5, co. 2), dell obbligo di redigere e pubblicare il bilancio sociale (art. 10, 2 co.), della soggezione a particolari controlli sulle operazioni straordinarie e sulla devoluzione del patrimonio (art. 13), della sottoposizione alla procedura di liquidazione coatta amministrativa (art. 15). Non si tratta, quindi, di una disposizione che autorizza (tutte) le società ad escludere il fine di lucro soggettivo bensì di una disposizione che pone un onere a carico delle società (sia di persone sia di capitali) che ambiscano alla qualifica di imprese sociali, cosicché non pare lecito porla sullo stesso piano degli artt e 2615ter, c.c.. 4.8) Deve, perciò, ribadirsi che le differenze funzionali tra i diversi contratti associativi, pur con tutte le attenuazioni conseguenti all evoluzione 63 Come sottolinea A. CETRA, op. loc. ult. cit. 19

20 del quadro normativo dopo il 1942, rimangono oggi quelle anteriori alla riforma del diritto societario del Ne consegue che, nell adozione dei contratti associativi, l autonomia privata è ancora soggetta ad almeno tre limiti di ordine funzionale. a) Non è ammessa l utilizzazione dei tipi ordinari di società (di persone e di capitali) se i soci si prefiggono uno scopo non economico come quando, ad esempio, il loro obiettivo è la destinazione altruistica degli utili, ferma restando la possibilità di eccezioni legislative dettate per particolari fattispecie di società 64, talvolta anche in funzione del riconoscimento di specifiche qualifiche da cui dipende l accesso ad agevolazioni tributarie e non, come nel caso delle imprese sociali ex d. lgs. 24 marzo 2006, n e delle società sportive dilettantistiche ex l. 27 dicembre 2002, n b) Non è ammessa l adozione del tipo società cooperativa se lo scopo mutualistico manca del tutto e ferma restando anche qui la possibilità di eccezioni legislative (prefigurate dall art. 2520, c.c.), come, ad esempio, nel caso delle cooperative sociali (ex art. 1, co. 1, lett. a, l. 8 novembre 1991, n. 381), in cui lo scopo economico-mutualistico dei soci è del tutto assente, o delle banche cooperative (ex artt. 29 ss, d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385), in cui lo scopo economico dei soci, secondo l opinione prevalente, è lucrativo come quello delle società di capitali. 64 Vedine alcune retro testo e nota Peraltro nel d. lgs. 155/2006 non sono previste agevolazioni. Al riguardo Il Sole 24 ore del 15 marzo 2009, segnala che, secondo le risultanze del Registro delle imprese, le imprese sociali operano quasi esclusivamente nel settore dell istruzione e della formazione. Si tratta delle cc.dd. scuole paritarie, cioè delle uniche figure per le quali sono state previste agevolazioni nella forma di contributi statali ex d.m. 21 maggio 2007, (pubblicato in G. U. 2 agosto 2007). 66 Dopo le modifiche introdotte alla l. 23 marzo 1991, n. 91 (dal d.l. 20 settembre 1996, n. 485, conv. in l. 18 novembre 1996, n. 586) le società sportive professionistiche debbono rivestire la forma delle società di capitali (S.p.A. o S.r.l.) e sono a fine di lucro (cfr. BENAZZO, Le società sportive professionistiche nella legge 18 novembre 1996, n. 586, in Riv. dir. impr., 1997, 193 ss., C. MACRI, La vicenda delle società sportive: dal diritto speciale al diritto comune, in Studium juris, 1997, p. 3 ss.) mentre le società e le associazioni sportive dilettantistiche possono costituirsi sia in forma di associazione (riconosciuta o non ) sia in forma di società di capitali o di cooperativa purchè senza scopo di lucro (art. 90, co. 17, l. 27 dicembre 2002, n. 289). All assenza del fine lucrativo è subordinato, infatti, l accesso alle agevolazioni tributarie (cfr. art. 90, l. 27 dicembre 2002, n. 289 e l. 16 dicembre 1991, n. 398). V. da ultimo, R. GUGLIELMO, L oggetto sportivo tra regole generali e disciplina speciale, in Riv. not., 2008, I, p. 359 ss. 20

21 c) Nelle associazioni del Libro I, c.c., che esercitano attività d impresa anche nelle ipotesi in cui il fine ultimo degli associati non sia ideale ma economico-mutualistico così da accentuare gli elementi di contiguità con le cooperative rimane fermo il limite, ricavabile dal complesso del sistema codicistico, per cui non è consentita la ripartizione dei risultati fra gli associati sotto qualsiasi forma (dividendi o ristorni), 67 come, invece, è caratteristico delle società lucrative e delle cooperative. 4.9) Dei vincoli funzionali in materia di contratti associativi che ancora permangono alla luce delle conclusioni dianzi sintetizzate deve, poi, sottolinearsi essenzialmente il significato negativo, nel senso che essi si traducono nell impossibilità o, meglio, nel divieto di realizzare scopi incompatibili con quelli consentiti dalla legge: così nei tipi ordinari vale il divieto di destinare altruisticamente gli utili, nelle cooperative quello di sopprimere lo scopo mutualistico, nelle associazioni quello di ripartire egoisticamente i risultati. Invece, il vincolo nel suo significato positivo, cioè come esigenza di identificare in tutti i partecipanti il medesimo scopo comune, pare talvolta sfumare, almeno con riferimento a talune fattispecie in cui, essenzialmente in ragione delle esigenze dell impresa e del suo finanziamento, la funzione oggettiva non si traduce in posizioni soggettive omogenee. Così, ad esempio, la nuova disciplina della Società per Azioni consente che nell organizzazione sociale vi siano, per un verso, soggetti che partecipano allo svolgimento dell attività comune ed ai suoi risultati senza essere soci come i detentori di strumenti finanziari ex artt. 2346, u.c. e 2351, u.c. e, per altro verso, soci portatori di interessi fortemente differenziati, come nel caso di emissioni di azioni correlate ex art. 2350, 2 comma c.c. <<che consentono di articolare per settore gli interessi dei soci in 67 Cfr. G. MARASA, Forme organizzative dell attività d impresa e destinazione dei risultati, nel volume Contratti associativi e impresa, Padova, 1995, p. 157 ss., ivi p. 179 ss. 21

22 merito alla stessa attività imprenditoriale della società ed in tal modo introducono l eventualità di conflitti non più soltanto tra interessi sociali ed extrasociali, ma anche tra interessi ugualmente dei soci, allora non più comuni >>. 68 Problematiche analoghe si pongono nelle cooperative con riferimento ai soci finanziatori (art. 2526, c.c.) e, più, specificamente, ai soci sovventori di cui all art. 4, l. 31 gennaio 1992, n. 59, la cui presenza nella compagine sociale prescinde da qualsiasi partecipazione allo scopo mutualistico. 69 ( Feb. 2010) 68 Così C. ANGELICI, Introduzione alla riforma delle società di capitali, in ABBADESSA e PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto, I, cit., p V. da ultimo diffusamente E. CUSA, Il socio finanziatore nelle cooperative, Milano, 2006, spec. pp. 88 ss., 126 ss; in precedenza G. MARASA, La disciplina della l. n. 59/1992, ora nel volume Contratti associativi e impresa, cit., p. 17 ss., ivi p. 23 ss. 22

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