Intervista al Nobel Harald zur Hausen La relazione tra virus e tumori. Cybercondria Quando la rete scatena paure immotivate

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1 IN ABBINAMENTO AL Anno VII - Numero 4 - Aprile 2011 Intervista al Nobel Harald zur Hausen La relazione tra virus e tumori Cybercondria Quando la rete scatena paure immotivate Il nuovo contraccettivo che si mette sotto la cute Un fascio di luce pulsata per ringiovanire la pelle Proteggersi dal sole non solo al mare AZ Salute ogni ultimo mercoledì del mese in allegato gratuito al Giornale di Sicilia Richiedilo al tuo edicolante!

2 IN ABBINAMENTO AL Anno VII - Numero 4 - Aprile AZ SALUTE In questo numero Anno VII - Numero 4 aprile 2011 Mensile in abbinamento gratuito al Giornale di Sicilia 4 Così il sole fa invecchiare la pelle. Il segreto è proteggersi sempre di Monica Melotti 19 L Alzheimer nella sua quotidianità. Clic d autore e d amore di Rita Caiani Intervista al Nobel Harald zur Hausen La relazione tra virus e tumori Cybercondria Quando la rete scatena paure immotivate Il nuovo contraccettivo che si mette sotto la pelle Un fascio di luce pulsata per ringiovanire la pelle Proteggersi dal sole non solo al mare AZ Salute ogni ultimo mercoledì del mese in allegato gratuito al Giornale di Sicilia Richiedilo al tuo edicolante! Storie di copertina di Giovanni Pepi 6 Malati immaginari nella rete. Il Web accende gli ipocondriaci di Paola Mariano 20 Allarme per l obesità infantile. Una rete di sorveglianza in Sicilia di Garden Tabacchi Direttore Responsabile Carmelo Nicolosi Rubriche Adelfio Elio Cardinale Minnie Luongo Giuseppe Montalbano Luciano Sterpellone Arianna Zito Hanno collaborato a questo numero Rita Caiani Maria Grazia Elfio Monica Melotti Luisa Monini Rossana Marcianò Paola Mariano Giulia Letizia Mauro Anna Musciotto Patrizia Randazzo Garden Tabacchi Cinzia Testa Coordinamento redazionale Monica Diliberti Giulio Francese Editrice Az Salute s.r.l. Registrazione del Tribunale di Palermo n. 22 del 14/09/2004 Redazione Via XX Settembre, Palermo Tel Fax redazione@azsalute.it Redazione di Milano Responsabile Cinzia Testa Sala Stampa Nazionale Via Cordusio, Milano Tel Fax Redazione grafica e coordinamento advertising Officinae s.r.l. Art director: Vincenzo Corona Pubblicità AZ Salute s.r.l. Tel Fax pubbli@azsalute.it Concessionaria per la stampa Promo Offset s.r.l. via A. De Gasperi, Caltanissetta Tipografia AGEM San Cataldo (CL) Fotografie: foto di stock, AAVV, ICPOnline Intervista al Nobel Harald zur Hausen La relazione tra virus e tumori di Luisa Monini 10 Morbo di Crohn, intestino a dura prova. Ora è più facile tenerlo sotto controllo di Cinzia Testa 12 L alito cattivo rende amara la vita. Nuove soluzioni per uscire dal disagio di Anna Musciotto 14 I nostri bambini Troppe «trappole» tra le mura amiche. Come evitare ai nostri figli di cadervi di Giuseppe Montalbano 15 Osservatorio Il ritorno della tubercolosi, il killer che sembrava scomparso di Adelfio Elio Cardinale 16 Check-up per un Vip Elizabeth Taylor. La vita tempestosa della paladina anti-aids di Luciano Sterpellone 18 Per l Alzheimer, pista genetica. A Troina un «oasi» della ricerca di Maria Grazia Elfio 21 La tradizione casearia siciliana si arricchisce di nuovi formaggi di Arianna Zito 22 Luce pulsata, un fascio di bellezza per pelli più giovani e senza peli di Patrizia Randazzo 23 Trombosi venosa profonda. Quei rischi per gambe e polmoni Intervista a Giancarlo Agnelli 24 Artrosi dell anca, mai sottovalutarla. Agire in fretta per prevenire la deformità di Giulia Letizia Mauro 26 Nuovo contraccettivo sottocutaneo. Si mette nel braccio, dura tre anni di Rossana Marcianò 28 Focus Associazioni Skineco aiuta a salvarsi la pelle e a fare luce sul mondo della cosmesi di Minnie Luongo 29 Salute da sfogliare Sul limite di Arianna Zito AZ SALUTE È IN EDICOLA IN ALLEGATO GRATUITO CON IL GIORNALE DI SICILIA L ULTIMO MERCOLEDì DI OGNI MESE. RICHIEDILO AL TUO EDICOLANTE

3 SALUTE AZ EDITORIALE Dialogo tra ospedale e territorio Una scommessa che non va persa Se ne parla da tempo, direi da sempre, in Sicilia. Nel mio lavoro più che trentennale nel campo del giornalismo orientato alla Salute e alla Sanità, ho sentito parlare così tanto del dialogo tra territorio e ospedale da esserne stufo. Ora, pare che l amministrazione attuale voglia veramente che si arrivi al connubio. Finalmente, appare credibile che si siano comprese la necessità e l improrogabilità di questo matrimonio. Non posso che applaudire. Ma poiché, come ho detto all inizio, ne ho sentito parlare (solo parlare beninteso), in più e più occasioni negli anni passati, la mia preoccupazione è che, al di là delle parole e delle buone intenzioni, poco si muova. Non va dimenticato che, a mio avviso, tra ospedalieri e medici di medicina generale, esiste una storica separazione che, per la verità, negli ultimi anni sta diminuendo, forse perché ci si rende conto, in coscienza, che senza una collaborazione fattiva tra le due grandi componenti deputate alla salvaguardia della salute dei cittadini, non si va da nessuna parte. Ora, la parola d ordine deve essere buona volontà e collaborazione, nel reciproco rispetto dei ruoli, per il benessere psico-fisico della gente di Sicilia. Altro argomento che non va trascurato è l educazione del cittadino ad una cultura che non sia sproporzionata, come accade oggi, verso l ospedalità. Purtroppo, è un fatto assodato che esiste nella gente una predisposizione, quasi innata, a rivolgersi all ospedale, anche per problemi minimi. Una cultura che va cambiata. Come? Col ritornello che predico da sempre: informazione e formazione. Occorre far capire, ma per far ciò non bastano solo le intenzioni dei nostri amministratori, che le riforme per diventare veramente epocali occorre farle capire ai cittadini e agli operatori. Senza il loro coinvolgimento, anche la più bella delle riforme rischia di non decollare mai. L attuale visione ospedalocentrica dei cittadini porta ad intasamenti nei pronto soccorso, ad una allungamento delle liste d attesa, con grande nocumento di chi ha veramente bisogno di prestazioni. E qui, l opera di convincimento dei medici di famiglia è essenziale per fare capire che non esiste solo l ospedale, al quale ci si deve rivolgere solo se è il medico di fiducia ad indirizzarne il paziente, ma anche il territorio, come prima istanza. Ma, mettiamo le mani avanti: il territorio deve essere messo in condizione di lavorare e rispondere adeguatamente alle esigenze dei cittadini. Sta tutto qui. Altro punto basilare è la conoscenza del territorio attraverso un sistema informativo socio-sanitario che aiuti l organo decisionale a contare su elementi utili alla individuazione delle criticità e dei bisogni della popolazione di un area, al fine di sviluppare delle priorità negli interventi da adottare. Significa, che ogni decisione deve essere programmata, articolata e mirata al raggiungimento di un preciso obiettivo. Il sistema informativo socio-sanitario rappresenta un supporto tecnico importante per la raccolta di informazioni indispensabili a comprendere i bisogni di salute, le necessità di prevenzione del territorio considerato e la valutazione delle risorse da impiegare. In quest opera non vanno trascurate le caratteristiche dell area oggetto di indagine: da quello orografico, ove necessario, agli insediamenti industriali, alle caratteristiche demografiche, agli indici di vecchiaia, alle attività economiche, alle divisioni per sesso ed età. Importante è anche l attento monitoraggio delle attività svolte dai servizi sanitari e la valutazione della loro efficacia. Il raggiungimento dell obiettivo non deve poggiare solo su una massa di dati raccolti freddamente e occasionalmente, ma su uno strumento flessibile, orientato anche all individuazione dei problemi umani ai quali dare soluzione. In sintesi, comprendere il territorio nelle sue differenti necessità. di Carmelo Nicolosi Se ne parla da sempre, ma sono state solo parole. Ora, si spera, che si sia veramente compresa la necessità dell importante connubio 3

4 AZ SALUTE Al mare come per strada, si è esposti tutti i giorni Così il sole fa invecchiare la pelle Il segreto è proteggersi sempre di Monica Melotti Molti si tutelano dai danni causati dai raggi solo quando sono in spiaggia. I lavoratori all aperto, invece, se ne curano poco Sono passati dieci anni dalla prima ricerca, commissionata a Eurisko, con cui Eau Thermale Avène, nel 2001, scattò una fotografia degli italiani al sole. Il nuovo studio, presentato da poco, ha fotografato una situazione migliore: oggi c è una maggiore consapevolezza dell importanza di proteggersi dal sole. Resta, però, ancora molto lavoro da fare: quasi il 40 per cento della popolazione, infatti, pur conoscendo i rischi, non usa alcuna strategia per difendere la pelle dai raggi. La protezione solare è relegata, quasi esclusivamente, alle situazioni di viaggio e vacanza, e non viene percepito il bisogno di tutelarsi dal sole tutti i giorni. Si potrebbbe parlare di una foto-protezione situazionale, che avviene soprattutto al mare. La maggioranza non è consapevole che è sempre a rischio radiazioni solari, anche quando pensa di non esserlo. Gli italiani al sole La ricerca ha coinvolto 1200 persone dai 14 anni in su e due sottogruppi, entrambi presenti nel campione: il primo, le madri di figli di età inferiore ai 14 anni (234 soggetti), la cui fotosensibilità della pelle richiede precauzioni e protezioni particolari; il secondo, i lavoratori all aperto, particolarmente esposti alle radiazione solari (228 soggetti). Da questa indagine sono emersi alcuni concetti-chiave interessanti. Il primo punto è che stare al sole è piacevole e fa bene alla salute, purché sia fatto adottando adeguate strategie preventive. Rispetto al passato, esiste una maggiore consapevolezza dei rischi associati all esposizione solare e alla necessità di proteggersi. Tale consapevolezza viene, però, maggiormente percepita riguardo al rischio di chi ci vive accanto (vedi le mamme con i loro bambini). Oggi, rispetto al passato, si fa un maggiore uso di fattori protettivi (61 per cento, contro il 53 del 2001), con maggiore frequenza di applicazione ed un progressivo aumento del numero dei fattori usati. Ma c è ancora molto da fare. È fortemente ancorata la falsa idea che non ci sia rischio in caso di esposizione solare involontaria, ossia mentre si fanno altre cose. In tale caso, infatti, c è minore ricorso ai prodotti protettivi (31 per cento) rispetto a quella abituale (61 per cento). Una conferma viene dai lavoratori all aperto: questi, nonostante i suggerimenti del testo unico della Sicurezza del lavoro, sono ancora troppo disattenti verso questo aspetto. Un abbronzatura perfetta Il segreto per una tintarella perfetta? Protezione forever : sempre, in ogni caso e con qualsiasi fototipo. Non bisogna mai abbassare la guardia, specie sul viso e anche chi ha la pelle scura deve esporsi al sole in modo consapevole e usare le creme di protezione. «La pelle scura non arresta i danni dei raggi UV», spiega Corinna Rigoni, presidente dell Associazione donne dermatologhe italiane. «Soprattutto quelli degli ultravioletti A, chiamati anche silent killer, perché a differenza di quelli B, che manifestano 4

5 SALUTE AZ subito i loro effetti con eritemi e scottature, gli UVA non risentono dell ora, della posizione geografica e passano anche attraverso i vetri, compresi occhiali da sole con lenti chiare. Gli esperimenti dimostrato che sono sufficienti due ore di esposizione non protetta al sole per veder ridotta dell 85 per cento la quantità di vitamina A. Poi, sono necessari otto giorni di permanenza all ombra perché i suoi valori risalgano a livello normale. Il risultato di un esposizione selvaggia? Indebolimento progressivo delle cellule e delle fibre elastiche della pelle, acceleramento della comparsa di rughe, aumento dello stress ossidativo». Proteggersi, quindi, è un obbligo per tutti i fototipi, anche le persone con la pelle nera soffrono dei danni solari. La Commissione Europea ha stabilito, di recente, che il grado minimo di protezione deve essere Spf 6 e che dichiarazioni protegge al cento per cento o schermo totale non devono essere più usate. Perché un filtro con questo potere non esiste. Come proteggersi «È, inoltre, indispensabile aggiunge la dottoressa Rigoni aumentare le riserve di sostanze protettive che consentano alla pelle di affrontare meglio lo stress indotto dal sole. E questo a qualsiasi età, anche da giovanissime, proprio per ritardare il più possibile il photoaging. Le creme più indicate sono a base di vitamina C e di vitamina E, sotto forma di sieri, creme e maschere. Particolare attenzione va riservata alle zone delicate, come il contorno occhi, labbra, collo e décolleté, dove lo strato cutaneo è sottile e richiede una protezione mirata, da applicare almeno ogni due ore. Per rafforzare la pelle si possono assumere, venti giorni prima della partenza per le vacanze, delle pillole abbronzanti. Mixano carotenoidi, betacarotene, aminoacidi che combattono i radicali liberi e accelerano la formazione di melanina. La sera vanno applicate delle creme e sieri riparatori e antimacchia, che aiutano a riassorbire la melanina prodotta di giorno. Sono anche indicati i sieri al retinolo, utili per ricostituire, durante le ore notturne, le risorse di vitamina A, quella anti-età per eccellenza». Capelli al sole È dimostrato da studi scientifici che sono soprattutto i raggi solari a indebolire i capelli. Le radiazioni aumentano la fase telogen, responsabile della caduta dei capelli. Inoltre, aggrediscono il fusto, sfibrandolo, e se la chioma è tinta, l effetto è maggiore. Il primo importante gesto è proteggersi dal sole. Persino in una giornata uggiosa il 90 per cento di raggi solari riesce a filtrare attraverso le nuvole. Esiste, però, tutta una serie di prodotti dall azione protettiva, di solito spray e oli, che grazie alla presenza di silicone e aminoacidi formano una guaina oleosa e morbida con un potere schermante anti Uv e antiossidante. L uso dei filtri solari ad alto fattore di protezione non è sufficiente. Nelle ore più calde è importante indossare un cappello o una bandana. Meglio scegliere tessuti in cotone dalla fitta trama, piuttosto che un copricapo in paglia, dove i raggi solari penetrano facilmente. Un peeling contro le macchie scure L abbronzatura ci fa sentire più belle e in forma, ma il sole rende la pelle secca e disidratata, e tende a spellarsi facilmente. I raggi UV incrementano i radicali liberi e, di conseguenza, lo stress ossidativo, nocivo per l invecchiamento. Sulla pelle possono anche formarsi delle macchie brune. Che fare? Oltre ad assicurare una costante idratazione con cosmetici ad hoc, si può intervenire con un peeling, come Ferulac, di matrice spagnola. In cosa consiste questo peeling? «Il nuovo peeling Ferulac ha forti proprietà antiossidanti perché contiene acido ferulico, floretina, retinolo e sostanze naturali come acidi della frutta, quali il malico, acido lattico e acido citrico, che ne incrementano la penetrazione», dice Dvora Ancona, medico estetico a Milano e docente al master di Medicina Estetica all Università di Pavia. «Sono presenti continua la dottoressa Ancona anche il retinolo, dalle proprietà antiaging e le ceramidi che idratano la pelle in profondità. Questo peeling, in una seduta, permette di ottenere dei risultati eccellenti sfruttando il meccanismo delle nanotecnologie». Il trattamento si svolge in due fasi: nella prima viene rimosso il make-up con una speciale lozione. Si passa, quindi, all applicazione di Ferulac Classic su tutto il viso, usando un guanto e si massaggia per 2-3 minuti. Secondo la necessità (stato della pelle), si ripete l applicazione 2-3 volte, fino ad ottenere una maschera bianca. Gli attivi portano immediatamente a uno sbiancamento e la pelle appare più levigata e liscia. Nella seconda fase si applica Ferulac nano additive Foam, che ha un azione complementare: rafforza l acido ferulico, previene le irritazioni ed ha una funzione calmante. Il trattamento è molto delicato e dura circa 30 minuti. «Il protocollo aggiunge Dvora consiste nel ripeterlo ogni 7-14 giorni per 6/8 trattamenti. La bellezza di questo peeling è rappresentata dal fatto che, dopo il trattamento, non sono stati osservati eritemi, esfoliazioni o croste, mentre la pelle appare radiosa e liscia». 5

6 AZ SALUTE Si fa strada una nuova sindrome, la cybercondria Malati immaginari nella rete Il Web accende gli ipocondriaci di Paola Mariano Sempre più spesso si ricorre a Internet per una autodiagnosi. Il rischio di alimentare paure immotivate Internet è utile, ma può farci ammalare. Non parliamo solo della web-dipendenza scatenata dalla mania di chat, , social network e giochi online: c è anche un altro pericolo che corre in rete, la cybercondria, una nuova forma di ipocondria, che colpisce gli internauti alla ricerca di informazioni di medicina sul web. Nessuno ne è totalmente immune, seppure le persone più a rischio di cadere preda della cybercondria sono quelle già di per sé predisposte all ansia di essere malati, gli ipocondriaci. Una recente indagine eseguita dalla Microsoft, su un campione di migliaia di individui, per misurare la potenza di internet nel distorcere la percezione del nostro stato di salute, mostra che l autodiagnosi attraverso l uso dei motori di ricerca (come Google) porta spessissimo l utente di internet a concludere di avere il peggiore dei mali possibili tra quelli che potrebbero corrispondere ai suoi sintomi. L indagine, condotta da Eric Horvitz, mostra che, per esempio, se il sintomo sentito da una persona è un generico dolore toracico, nel corso della sua ricerca online quella persona si convincerà di essere a rischio infarto, invece di addebitare il proprio dolore toracico a una più banale, ma maggiormente probabile, indigestione o a un semplice bruciore di stomaco. Insomma, internet porta a pensare al peggio. «L ipocondria colpisce dall 1 al 6 per cento della popolazione. Solo in Italia rileva Graziano Pinna, professore associato del Dipartimento di Psichiatria dell Università dell Illinois, a Chicago la paura di essere ammalati, pur stando in salute, riguarda 8 milioni di persone, uomini e donne in eguale misura; la fascia di età più colpita è quella tra i 40 e i 50 anni, ma anche teenager e anziani non ne sono immuni». Ipocondria, ma non solo. «Esiste anche un disturbo correlato, la somatizzazione, ovvero la comparsa di sintomi organici come il classico mal di pancia, in assenza di patologie», spiega lo psichiatra Ferdinando Pellegrino, dirigente medico presso il DSM dell ASL di Salerno. Si tratta di sintomi su base psicologica e senza lesioni organiche che possano spiegarli. L apparato gastroenterico, in particolare con la sindrome del colon irritabile, è quello più colpito dai processi di 6

7 SALUTE AZ Da sinistra Graziano Pinna e Ferdinando Pellegrino somatizzazione, arrivando fino al 15 per cento dei casi osservati in medicina generale: dolore diffuso, alternanza di stipsi e diarrea, ventre gonfio, digestione lenta, bruciore allo stomaco sono i sintomi di maggiore riscontro. Essi sono variabili, si manifestano periodicamente, ovvero in rapporto ad eventi o situazioni stressanti, fino ad essere persistenti ed invalidanti in molti soggetti, per l instaurarsi di un circolo vizioso difficile da spezzare. «Il fenomeno ipocondria continua Pellegrino è rilevante in medicina generale. Coloro che ne sono affetti rientrano tra i cosiddetti alti utilizzatori del medico di base, al quale si rivolgono spessissimo in cerca di una malattia. Si stima che rappresentino il 5-10 per cento della popolazione generale e sono responsabili del per cento delle prestazioni sanitarie erogate». Ma il medico di famiglia non ha le competenze per gestire, dal punto di vita psicologico, questi pazienti che, spesso, arrivano nello studio dello psichiatra troppo tardi. L ipocondria è, invece, un disturbo psichico serio e come tale va inquadrato e trattato. «Non a caso spiega il dottor Pinna è associata spesso ad ansia e depressione e, da un punto di vista psicologico, è definibile come un meccanismo di difesa, associato alla vita relazionale e sociale, oppure all identità». L ipocondria sembra essere un meccanismo di difesa nei confronti di un sentimento di inutilità, della mancanza di autostima, che verrebbero espressi col timore di malattie fisiche, psicologicamente più tollerabili. Nei pazienti ipocondriaci vi è un alterazione degli schemi relativi all interpretazione di sé e delle proprie sensazioni corporee, per cui anche normalissimi segnali fisiologici (ad esempio la normalissima peristalsi intestinale, il battito cardiaco, ecc.) vengono avvertiti come anormali e patologici. «Rischiano maggiormente di cadere nella paura di mali terribili le persone fragili, psicologicamente dipendenti, nevrotiche, stressate», sottolinea il dottor Pellegrino. E aggiunge che «qualsiasi evento-situazione può contribuire a rendere manifesta una polarizzazione ipocondriaca latente, ossia una modalità pervasiva della mente di prestare attenzione a tutti i segnali dell organismo interpretandoli come segni di malattia». Una tendenza all ipocondria può essere anche resa manifesta da un problema fisico reale: ci sono forme di questo disturbo che seguono ad un evento malattia, ad esempio l ipocondria che sfocia dopo un infarto cardiaco, con lo sviluppo di sintomi ipocondriaci a distanza di alcuni mesi. «Questo avviene perché - rileva Pellegrino - fin quando stiamo bene pensiamo di essere i padroni del mondo, che le brutte cose capitano solo agli altri. Quando, però, succede qualcosa, il mondo ci crolla addosso e ci accorgiamo di essere fragili: per tale motivo si possono innescare modalità difensive psicologiche disadattive, come l ipocondria. Si perde così la libertà di pensare, ovvero, pur volendo pensare ad altro, la mente continua a concentrarsi in modo ossessivo sulle malattie». In questo quadro, Internet ci mette lo zampino, soprattutto perché non tutti hanno le competenze per capire e orientarsi nel marasma di informazioni mediche presenti in rete. «Proprio di recente racconta il dottor Pellegrino ho visto una paziente che ha esordito così: ho gli occhi secchi, ho letto su internet della sindrome di Sjogren, per questo ho chiesto al mio medico di farmi tutte le analisi e vedere se ho questa patologia su base immunitaria». È quello che succede un po a tutti gli ipocondriaci, si fanno prescrivere una miriade di esami diagnostici, anche invasivi, che hanno molto spesso una funzione tranquillizzante, almeno per breve tempo, prima che un altro sintomo appaia. Perché, è questa la loro caratteristica, accusano sempre un malore ed hanno la capacità di descrivere con molti dettagli i sintomi della malattia che sono convinti di avere. Internet in questo senso aiuta a pigiare il piede sull acceleratore dell ansia della malattia, fornendo molte, troppe, e spesso improprie, informazioni su ogni sintomo esistente. Ma c è anche un ipocondria che può essere correlata semplicemente a periodi di stress: in questi casi è sufficiente un approccio psicologico ben condotto, per non entrare nel loop del malato immaginario. Il problema è che quando questa fase precoce-reattiva dell ipocondria non viene riconosciuta, iniziano le complicazioni, in quanto il disturbo può strutturarsi in una vera patologia. I rimedi, tuttavia, ci sono, sia per l ipocondria, sia per i disturbi somatoformi: la terapia d elezione è la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), che aiuta a far luce sul proprio comportamento e a limare i tratti caratteriali che predispongono a credere in malattie che non esistono. Uno studio pubblicato sulla rivista Psychotherapy and Psychosomatics e condotto, su 182 pazienti ipocondriaci, da Arthur Joseph Barsky, docente di psichiatria alla Harvard Medical School di Boston, mostra che un ciclo di sei settimane di CBT, con sedute settimanali di 90 minuti ciascuna, abbassa significativamente il livello di ipocondria e ansia correlata dei pazienti. La terapia comportamentale, ad esempio, insegna a ridurre il livello d attenzione per le proprie sensazioni corporee fisiologiche e a correggere determinati comportamenti, ridimensionando, per esempio, il proprio rapporto patologico con Internet.

8 AZ SALUTE Intervista ad Harald zur Hausen, Nobel per la Medicina nel 2008 Scoprì la stretta relazione tra agenti virali e tumore di Luisa Monini Si stima che il per cento dei casi di cancro siano correlati ad infezioni specifiche Rita Levi Montalcini, in una lettera scritta dall America nel 1951 all adorata sorella gemella, Paola, così definiva il cancro: «Il cancro è la ribellione di una cellula che, moltiplicandosi, ne genera milioni contro le leggi che regolano lo sviluppo e la vitalità di un organismo: è la ribellione di Satana contro Dio, l instaurarsi del caos dove prima era l ordine, la vittoria dell anarchia sulla legge. È un dramma». Quel pensiero, a distanza di 60 anni e alla luce delle più recenti scoperte, è di un attualità sconcertante. Alcuni virus, infatti, possono determinare in cellule dell organismo una proliferazione continua, una sorta di immortalizzazione, primo passo verso la conversione maligna del tessuto colpito. Oggi, dunque, Satana ha un nome. Anzi, tanti nomi quanti sono i virus, i batteri, i parassiti che giocano un ruolo importante, diretto o indiretto, nel determinismo dei differenti tipi di tumore nell uomo. Allo stato attuale delle conoscenze, si stima che circa il per cento dei tumori umani siano strettamente correlati ad infezioni specifiche, soprattutto da virus. Ne parliamo con Harald zur Hausen, virologo tedesco, Nobel per la Medicina nel 2008 per aver scoperto la relazione esistente tra il Papilloma virus umano e il cancro del collo dell utero, seconda causa più comune di morte per tumore nella donna, dopo quello al seno. Professor Zur Hausen, crede che i virus siano organismi viventi o, piuttosto, strutture biologiche che affidano la loro funzione alle cellule che invadono? «Direi né l una né l altra cosa. Penso che i virus, originariamente, siano derivati da geni cellulari che acquisirono un certo grado di indipendenza dalla cellula stessa imparando a modificarne il metabolismo e che poi, grazie ad un avvolgimento proteico, siano stati in grado di replicarsi con successo trasmettendosi anche ad altri tipi di cellule. I virus sono dunque parte di organismi viventi che si sono evoluti, ovviamente in un lungo periodo di tempo; in questo processo sono mutati sia per sviluppare questo tipo di indipendenza sia per dirigere, con i propri geni, l apparato regolatore delle cellule verso la propria replicazione». Le infezioni provocano i tumori per mezzo di agenti carcinogeni specifici o per irritazioni aspecifiche? «Bisogna distinguere tra gli agenti che io definisco carcinogeni diretti e indiretti. I primi possono svilup- 8

9 SALUTE AZ Nella foto, Luisa Monini con Rita Levi Montalcini pare geni specifici capaci di essere mantenuti nelle cellule infette e dove il loro livello di espressione va a condizionare le trasformazioni delle cellule. Nelle cellule normali l espressione degli oncogeni virali è abitualmente contrastata da meccanismi cellulari. Solo dopo aver acquisito modificazioni nel loro stesso genoma o altre variazioni nei geni della cellula ospite, essi possono determinare una proliferazione maligna. Il secondo modo di interazione tra virus e cellula ospite, è quella della carcinogenesi indiretta che può essere favorita, per esempio, da una prolungata immunosoppressione, come quella determinata dal virus Hiv, il responsabile dell Aids, o da processi infiammatori cronici che producono radicali di ossigeno o di azoto che, a loro volta, portano all accumulo di mutazioni nel DNA della cellula ospite, favorendone la trasformazione maligna». La sede del tumore dipende dal punto dove agisce l infezione o da una sensibilità organo-specifica? «In realtà per tutte le carcinogenesi dirette la localizzazione del tumore coincide con la sede dell infezione». Sarà possibile creare un vaccino che esprima proteine capaci di sconfiggere il tumore? «Esistono già virus oncolitici, ma la loro applicazione pratica richiede ancora ulteriori studi». Il vaccino contro il tumore del collo dell utero è una scoperta epocale perché introduce il concetto di prevenzione primaria nella malattia tumorale. Pensa lei che, in un futuro non lontano, sarà possibile preparare un vaccino per ogni tumore virus dipendente? «Non mi aspetto che troveremo vaccini specifici per tutti i virus oncogeni. Per varie ragioni: il virus dell Epatite C o i virus responsabili delle immunodeficienze umane, per esempio, mutano molto rapidamente e sfuggono così ad una risposta immunitaria». Il vaccino contro il Papilloma virus umano per il suo costo è al momento improponibile nei Paesi emergenti, i più penalizzati dal cancro della cervice uterina. Quale politica si pensa di adottare a livello internazionale per favorire la vaccinazione nei Paesi poveri del Mondo? «La vaccinazione contro il cancro del collo dell utero è davvero molto efficace. Purtroppo, oggi, è ancora costosa per i Paesi poveri. Spero tuttavia che nel futuro si possano produrre vaccini a prezzi più contenuti e allora, anche con l aiuto della Organizzazione mondiale della sanità, si potranno vaccinare le giovani donne dei Paesi in via di sviluppo che ne hanno così drammaticamente bisogno». V ale la pena ricordare che il cancro del collo dell utero colpisce, ogni anno, mezzo milione di donne nel mondo e che circa muoiono per questo tipo di tumore. In Italia, si registrano, ogni anno, circa nuovi casi e decessi. La realtà nei Paesi emergenti, soprattutto in quelli dell Africa sub-sahariana, è tra le più tragiche: donne ogni anno ammalano di tumore del collo dell utero e circa ne muoiono, per lo più in giovane età. «L Africa sub-sahariana osserva il professore Sergio Pecorelli, presidente dell A.I.F.A. è il buco nero che abbiamo da questo punto di vista. Sono anni che mi dedico alle problematiche della salute della donna nel mondo, in particolare d quella oncologica. Il cervico-carcinoma è una devastazione vera. Di fatto, ricordiamoci che oggi, in Africa, il problema rilevante, per quanto riguarda il tumore del collo dell utero, è quello di poter disporre di farmaci analgesici per lenire il dolore delle donne che ne sono colpite. Nel 90 per cento dei casi, hanno un tumore così avanzato che non si può far nulla da un punto di vista terapeutico. Una situazione di questo tipo va affrontata su due fronti: umanitario e della prevenzione. La prevenzione costa e presenta delle problematiche che in questi Paesi sono incredibili, ma bisogna che si inizi a vaccinare le nuove generazioni, se si vuole pensare di liberare le donne africane da questa condanna ad oggi senza appello». 9

10 AZ SALUTE Grazie ai nuovi esami endoscopici Morbo di Crohn, intestino a dura prova Ora è più facile tenerlo sotto controllo di Cinzia Testa Enormi i progressi nel campo della diagnostica: dalle capsule, ai palloncini gonfiabili, alla cromoendoscopia Ci sono novità per il morbo di Crohn, grave malattia cronica intestinale che ha un impatto non indifferente sulla vita dei pazienti, con riduzione della capacità lavorativa, difficoltà nelle relazioni sociali e generale peggioramento della qualità della vita. Oggi, infatti, ci sono nuove endoscopie. E trattamenti da effettuare nei casi avanzati, che possono evitare un intervento chirurgico demolitivo. «Sono importanti passi avanti spiega il dottor Gianpiero Manes, responsabile dell Unità Dipartimentale Endoscopia Digestiva Diagnostica e Terapeutica dell ospedale universitario L. Sacco di Milano anche perché si tratta di una malattia che colpisce, prevalentemente, i giovani tra i 15 e i 25 anni, diventando la sgradita compagna di una intera vita». La diagnosi è fondamentale: prima si interviene con le cure adeguate e minore è il rischio di aggravamenti. L endoscopia rimane l esame principe. È l unico in grado di visualizzare, direttamente, le zone dell intestino dove si localizza la malattia, valutarne l estensione, la gravità dello stato infiammatorio e, nel tempo, seguire l efficacia delle cure prescritte. «Dieci anni fa tutto ciò sarebbe stato pressoché impossibile continua il dottor Manes ma sono stati fatti enormi progressi nel campo delle endoscopie e oggi disponiamo di tecniche raffinate». Le apparecchiature sono molte. «L intestino è lungo circa 7-8 metri e non è facile esaminarlo nella sua totalità», spiega Manes. E aggiunge: «Fino a pochi anni fa, potevamo esplorare solo la sua parte iniziale, fino allo stomaco, con la gastroscopia, e quella finale, il colon, con la colonscopia. Oggi, l endoscopia ci consente di vederlo tutto. In questo senso, dobbiamo molto alla video capsula endoscopica e all enteroscopio a doppio pallone». La prima è una vera e propria capsula, che il paziente deve mandare giù, esattamente come una pastiglia. Man mano che passa lungo il sistema digerente e intestinale, cattura le immagini inviandole a un registratore agganciato alla cintura. L esame dura quasi una giornata intera e il paziente può, nel frattempo, condurre il suo solito stile di vita. Il registratore viene, quindi, prelevato dal medico e le immagini scaricate su un computer ed elaborate. La capsula riesce a individuare le piccole lesioni, simili ad afte, che si formano nell intestino tenue e che sono il campanello d allarme della malattia. L enteroscopio a doppio pallone, invece, dura un paio di giorni e si attua in day hospital. Grazie a speciali palloncini che si gonfiano ancorandosi alle pareti, è possibile avanzare, man mano, lungo l intestino e avere una visione completa di tutto l apparato gastrointestinale. Questa tecnica offre il vantaggio di consentire 10

11 SALUTE AZ Gianpiero Manes le biopsie per giungere ad una diagnosi sicura ed è anche indicata per piccoli interventi, come asportare polipi o dilatare zone ristrette. Oggi, sono disponibili anche endoscopi più precisi in grado di restituire immagini più nitide e dettagliate dell intestino. È il caso della cromo endoscopia. «Durante l esame prosegue il dottor Manes sulla mucosa viene spruzzata una sostanza colorata, che consente di mettere in evidenza l eventuale presenza di lesioni. Molto, però, ci aspettiamo dalla tecnica FICE. Si tratta di un apparecchiatura endoscopica che rielabora l immagine della mucosa raccolta dall endoscopio, mette in evidenza alcune bande di colore e permette di evidenziare le lesioni più piccole. Al momento, stiamo portando avanti uno studio per valutare l efficacia di questa pratica, rispetto alla cromoendoscopia e alla colonscopia tradizionale». Questi esami sono indicati per tenere sotto controllo i pazienti che soffrono di malattia di Crohn da molto tempo. Dopo dieci anni dalla diagnosi, infatti, il rischio di tumore al colon inizia ad aumentare. Il problema, con le endoscopie tradizionali, è che è difficile evidenziare le lesioni pre-cancerogene in un intestino che è già alterato di per sé dalla malattia. Questo comporta la necessità di dover eseguire biopsie, circa quattro ogni dieci centimetri di intestino, alla ricerca delle piccole lesioni che precedono il tumore. Con le nuove metodiche, invece, viene eseguito un minor numero di biopsie. E le novità sull endoscopia non sono ancora finite: viene utilizzata, anche a scopo terapeutico, per risolvere le stenosi, un problema che riguarda due malati su dieci. Si tratta del restringimento di un tratto dell intestino, che fino ad ora veniva risolto solo chirurgicamente. «Grazie all endoscopia, viene introdotto un palloncino che dilata la stenosi», sottolinea Manes. E conclude: «Nelle pareti di questa zona dell intestino, viene iniettato un farmaco che blocca i processi responsabili del restringimento. Il principio attivo più usato è il cortisone. Ora, però, presso il nostro Centro, è in corso una sperimentazione con la mitomicina, un farmaco antineoplastico». LA scheda La malattia e i suoi sintomi Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria cronica, di origine autoimmune, cioè causata da un alterazione del sistema immunitario. Nella mucosa dell intestino si altera l equilibrio tra fattori proinfiammatori e infiammatori, cioè tra le sostanze che regolano la risposta immunitaria dell intestino. A causare questo sbilanciamento è l eccessiva presenza di sostanze chiamate citochine, che spostano l ago della bilancia verso uno stato di infiammazione. Attualmente, non sono ancora chiare le ragioni che portano a determinare questa situazione. Probabilmente, un ruolo importante lo ha la componente genetica, per cui si eredita un gene specifico che predispone alla malattia. Perché questa possa scatenarsi, tuttavia, sono necessari dei fattori che innescano il meccanismo. Anche qui, al momento, ci sono solo ipotesi. Una di queste potrebbe essere l eccesso di igiene. Oggi, infatti, nelle nostre case le condizioni igieniche sono decisamente migliorate e questo è un bene. C è, però, una tendenza quasi maniacale a disinfettare tutto, a creare degli ambienti pressoché asettici. Questa asetticità vale anche per gli alimenti, che vengono sottoposti a sofisticati processi di sterilizzazione. Il risultato è non che c è più il rischio di infezioni intestinali, come poteva avvenire un tempo. Ma tutto questo ha portato a una diminuzione nell intestino di tutti quei batteri buoni, capaci cioè di mantenere il sistema immunitario forte e in grado di difendere l organismo dall attacco di virus e batteri. Nel caso del morbo di Crohn, la carenza di questi agenti potrebbe far scattare il meccanismo di infiammazione nell intestino, che riesce a prendere il sopravvento, senza incontrare difficoltà. quando ricorrere all intervento Il morbo di Crohn non è una malattia semplice da gestire. Le crisi possono manifestarsi con intensità diversa, da un paziente all altro e i periodi di remissione, cioè quelli durante i quali i sintomi diminuiscono o scompaiono del tutto, possono durare talvolta giorni, settimane, ma anche anni. Per questo è indispensabile che ci sia un legame a doppio filo tra il medico e il paziente. La strategia terapeutica per tenere sotto controllo il morbo di Crohn prevede due diversi approcci: una cura di attacco, per spegnere l infiammazione che si scatena durante la crisi, e una di mantenimento, che ha l obiettivo di prevenire le ricadute o perlomeno di ridurne l intensità. I farmaci sono sempre gli stessi, che vengono somministrati con dosaggi differenti. Attualmente, la probabilità di intervento chirurgico per chi soffre di morbo di Crohn è pari al per cento nell arco di dieci anni dalla diagnosi. All intervento si ricorre solo in caso di complicanze, come occlusioni intestinali, ascessi intra-addominali, stenosi e fistole. In questi casi, si deve procedere alla resezione dei segmenti di intestino colpiti. L intervento è in anestesia totale, la convalescenza è di 2-3 settimane circa. 11

12 AZ SALUTE Nel 90 per cento dei casi è dovuto ai batteri che si annidano nel cavo orale. Solo in pochi casi sono interessati il fegato, lo stomaco, i bronchi A Palermo un centro di Medicina orale per curarlo L alito cattivo rende amara la vita Nuove soluzioni per uscire dal disagio di Anna Musciotto Dipartimento Discipline Chirurgiche ed Oncologiche-Settore Medicina Orale Università di Palermo Il termine alitosi indica l odore sgradevole o spiacevole dell aria emessa dal cavo orale in espirazione e durante la fonazione, indipendentemente dal sito in cui le sostanze odorifere vengono prodotte. L alitosi è un disturbo in grado di condizionare la qualità di vita di un individuo, soprattutto nella componente della socializzazione: è molto fastidioso percepire il cattivo odore proveniente dalla bocca altrui, ma è, soprattutto, imbarazzante sapere da altri di soffrirne. Accade anche che coloro i quali soffrono di alitosi non ne siano consapevoli, mentre, di contro, tra quelli che sono convinti di soffrirne, spesso l alito cattivo non è percepibile dall esaminatore, né può essere investigato dalle metodiche strumentali. Questa situazione è stata riassunta dal professor Mel Rosemberg nell espressione bad breath paradox (il paradosso dell alito cattivo). Rispetto al passato, oggi vi è evidenza che l alitosi è associata a cause ben determinate: può manifestarsi transitoriamente, come caratteristica parafisiologica correlata a taluni momenti o situazioni della vita quotidiana, oppure essere persistente e/o patologica, provocata da una serie di affezioni orali e sistemiche. Nel 90 per cento dei casi, l eziologia dell alitosi è da ricercare nel cavo orale (alitosi intra-orale), per la presenza di batteri che si annidano in alcune sedi (dorso lingua, gengive infiammate, tasche parodontali, restauri dentali incongrui) e producono i cosiddetti composti volatili solforati (CVS), i principali responsabili dell alitosi. Soltanto in pochi casi l origine del cattivo odore è da riferire ad altri distretti tradizionalmente ritenuti sorgente del problema, quali stomaco, intestino, bronchi, fegato, pancreas e rene (alitosi extra-orale). Esiste anche un alitosi para-fisiologica o transitoria, che può essere presente in tutti gli individui in determinati periodi della giornata o del mese, per esempio al risveglio (alito del mattino), dopo lunghi periodi di fonazione o di digiuno, o durante il ciclo mestruale, tutte condizioni che determinano una riduzione del flusso salivare, con conseguente alterazione dell equilibrio fisico-biochimico orale, tale da favorire la produzione dei CVS. Rientra in questa tipologia anche l alitosi che insorge dopo assunzione di aglio, cipolla, formaggi, uova o di alcuni farmaci e soprattutto dopo aver ecceduto nel fumo o nel bere alcolici, seppure, in questi casi, il problema potrebbe protrarsi per parecchie ore dopo l assunzione dell agente responsabile, poiché i prodotti del metabolismo, trasportati dal sangue, vengono immessi nell atmosfera attraverso il circolo polmonare ( blood-borne halitosis, ovvero l alitosi trasportata dal sangue). Il trattamento dell alitosi assume modalità diverse in relazione alla causa: se l origine è di natura extraorale o mista (intra ed extra orale), sarà necessario sia l intervento dello specialista di competenza (otorinolaringoiatra, epatologo, gastroenterologo) che dell odontoiatra; se invece l origine è intra-orale, escluso che si tratti di alitofobia (in tal caso il paziente dovrebbe far riferimento ad un neurologo, psicologo o psichiatra), sarà allora pertinenza dell odontoiatra gestire la patologia. In generale, una buona igiene orale quotidiana (di gengive, denti e dorso lingua), una dieta equilibrata e la limitazione di alcune abitudini voluttuarie, sono di grande ausilio nella maggior parte dei casi; la semplice mimetizzazione dell alitosi mediante prodotti commercializzati ad hoc non può essere considerata una soluzione definitiva. A Palermo l alitosi è studiata e curata presso il settore di Medicina Orale (Policlinico P. Giaccone - Università di Palermo), che è sede del Centro regionale, che dispone delle più innovative apparecchiature diagnostiche (Halimeter e OralChroma ), in grado di eseguire in maniera obiettiva la misurazione quantitativa e qualitativa dei CVS. Per informazioni o per effettuare una prenotazione, si può telefonare allo 091/ , o inviare una mail a medicinaorale@odonto.unipa.it. 12

13 Oggi, il mondo di domani Oggi il mondo di domani è l impegno ad agire per un presente responsabile ed un futuro sostenibile. Per Bristol-Myers Squibb significa scoprire, sviluppare e offrire terapie innovative per aiutare i pazienti a sconfiggere malattie gravi. Ma significa anche avere la piena consapevolezza degli obblighi verso la comunità locale e globale, trasformandoli in impegno concreto. Il nostro impegno guarda al futuro e alle realtà più lontane ma inizia nel presente e dai luoghi a noi più vicini. Oggi per il domani.

14 AZ SALUTE I NOSTRI BAMBINI Troppe «trappole» tra le mura amiche Come evitare ai nostri figli di cadervi di Giuseppe Montalbano Pediatra di famiglia, consigliere dell Ordine dei Medici di Palermo Incidenti domestici tra le pareti di casa. Nello scorso numero di Az Salute, abbiamo esaminato, per vie generali, le principali precauzioni da prendere per evitarli. Ora andiamo ad analizzare, ambiente per ambiente, le trappole da evitare. In cucina L ambiente in assoluto in cui avvengono più frequentemente gli incidenti è la cucina, dove ustioni, cadute ed avvelenamenti sono sempre in agguato. Dai fornelli, con relativo pentolame, e dal forno, nascono i maggiori guai: la curiosità del bimbo, che circola con il girello, di vedere cosa nasconda un manico di pentola che sporge dal piano di cottura, oppure cosa c è dietro l oblò del forno, in quel momento rovente, rappresentano momenti di particolare pericolosità, forieri di ustione o a tutto il corpo (immaginate una pentola piena di acqua bollente che si rovescia, ad altezza del capo) o alle mani. Buona regola è non mettere il piatto contenente la pappina ancora calda, a raffreddare sul tavolo, con il bambino vicino, già posizionato sul sediolone: la curiosità e la fame possono spingerlo ad afferrare la sua pappa, rovesciandosela addosso. Mai lasciare incustoditi o in posti facilmente accessibili per il bambino, prodotti per la casa: la maggior parte di essi contengono detersivi, sostanze velenose o caustiche. Nel caso di contatto di sostanze chimiche con gli occhi, occorre lavarli immediatamente, anche tenendo il bambino sul lavabo e facendogli scorrere acqua sugli occhi per alcuni minuti. Nel caso di ingestione di detersivi che contengono solamente saponi e non sostanze caustiche, non fare bere acqua al bambino, si potrebbe formare della schiuma nello stomaco che, a sua volta, risalendo lungo l esofago, potrebbe finire in trachea e quindi nei bronchi, provocando una polmonite da corpo estraneo (la cosiddetta polmonite ab ingestis ). Nel caso di contatto o ingestione di sostanze caustiche, bisogna lavare abbondantemente con acqua le zone venute a contatto; se ingerite, bisogna subito somministrare del latte e protettori della mucosa gastro-esofagea (in mancanza di altro va bene anche l olio o latte con aggiunta di albume di uovo) e portare subito il piccolo al più vicino pronto soccorso. In bagno Altro ambiente altamente pericoloso è il bagno, luogo dove avvengono con maggiore frequenza gli annegamenti (specialmente quando si lascia il piccolino dentro la vasca, accudito momentaneamente dal fratellino più grande, magari per rispondere al telefono o al citofono, oppure perché stanno suonando alla porta. Anche le ustioni sono all ordine del giorno nel bagno: basta lasciare aperto il rubinetto dell acqua calda più del dovuto per provocare danni. Nel bagno, infine, a causa del pavimento bagnato dagli schizzi di acqua, avvengono più spesso cadute rovinose ed è facile sbattere contro il bordo della vasca o di altri sanitari, con gravi lesioni traumatiche. In soggiorno Il soggiorno sembra, apparentemente, un posto discretamente sicuro, ma anche lì i pericoli sono in agguato: quante volte apprendiamo dai mass media di bimbi schiacciati dal televisore di casa, tirato dal bambino stesso tramite il tappetino posto sotto il televisore. Mai mettere sedie sotto le finestre: la tentazione di vedere cosa succede all esterno può essere fatale; come pure è buona norma mettere nelle finestre e nelle porte, vetri che, in caso di rottura, si scheggiano ma non si rompono in mille pezzi. Altra fonte di possibili danni è rappresentata dalle piante che si tengono in casa o nel balcone: di ognuna, l ideale sarebbe conoscerne il nome, magari scrivendolo alla base del vaso, in maniera che, in caso di ingestione di foglie o fiori, si possa facilmente ricorrere ai rimedi, magari consultando il centro antiveleni, indicando l esatto nome della pianta incriminata. Concludendo, occorre usare una costante attenzione nel gestire il rapporto casa-bambino, affinché il soggiornarvi sia non solo confortevole, ma soprattutto sicuro. 14

15 OSSERVATORIO Il ritorno della tubercolosi Il killer che sembrava scomparso di Adelfio Elio Cardinale Direttore Scientifico Policlinico Universitario di Palermo SALUTE AZ Un pericolo in agguato. Il ritorno di una malattia che sembrava debellata. Un killer della salute considerato scomparso e, pertanto, quasi dimenticato. L ultima indagine dell Organizzazione mondiale della sanità riporta 9,4 milioni di casi di tbc l anno nel mondo con 1,7 milioni di morti. Abbiamo già scritto (AZ Salute, anno 5, numero 7, luglio 2009) di questo danno incombente per la salute. I dati più recenti che riguardano la Sicilia e, in particolare, Palermo inducono a riprendere l argomenti per mettere in guardia i cittadini e i lettori. In Sicilia, i casi di tisi dal 2008 al 2010 sono saliti da 47 a 111. Quadruplicati i malati a Palermo e provincia nel citato biennio: da 19 a 83. Vale a dire un incidenza di 5,62 casi ogni 100 mila abitanti. La tbc (causata dal Mycobacterium Tubercolosis, microrganismo comunemente chiamato bacillo di Koch, in quanto scoperto e descritto da Robert Koch nel 1882), può assumere carattere di estrema aggressività negli organismi debilitati o costituzionalmente predisposti e colpire a tutte le età. Sino ai primi decenni del secolo scorso, veniva curata attraverso norme igienico-dietetiche e climatiche, terapie a base di calcio e sali d oro, cure chirurgiche e collassoterapia, vale a dire istituzione strumentale di un pneumotorace o pnx artificiale. Quest ultimo trattamento, per decenni, è stato un vanto della medicina italiana ad opera di due maestri, Carlo Forlanini, professore all università di Pavia, e del suo allievo, Eugenio Morelli, poi cattedratico a Roma che inventarono e perfezionarono l apparecchio per pnx. Sino alla seconda guerra mondiale, l Italia ebbe primazia, riconosciuta in campo mondiale, nella lotta anti-tbc, creando una vasta rete di ospedali sanatoriali, dispensari e consultori, nonché leggi apposite e assicurazione obbligatoria. La terapia medica fu rivoluzionata attraverso la cura biologica, con l introduzione degli antibiotici e, in particolare, con la scoperta della streptomicina ad opera dell americano Waksman, che, per questo, fu premiato nel 1952 con il Premio Nobel. Successivamente, si è privilegiata, in quanto più consona, la terapia pluriantibiotica. La tbc è un problema serio collegato alla crescente immigrazione, alla povertà e fragilità, specie in ambienti precari e affollati, come carceri, dormitori, ambienti con scarsa ventilazione. Si valuta che per ogni caso di tubercolosi attiva vengono contagiati, in un anno, 10 soggetti esposti. La questione si aggrava perché la diagnosi viene mediamente effettuata 4 mesi dopo l insorgere della malattia: per la difficoltà dei medici a riconoscere una patologia quasi dimenticata e poco studiata soprattutto dai giovani. Circa un italiano su 10 non ha mai sentito parlare di tubercolosi e 4 su 10 non sanno cosa sia. Questa critica e preoccupante situazione deve suscitare vigile e consapevole conoscenza in quanto tutto il pianeta sanità medici, specialisti, docenti, professionisti dell area sanitaria ha da confrontarsi con sintomi spesso subdoli e mimetici. Ma la medicina occidentale dei Paesi avanzati è pronta e preparata a tutto ciò? Purtroppo solo parzialmente. I provvedimenti necessari assumono valore di rilievo nella politica della salute, in quanto è dovere etico di sanità pubblica curare al meglio ogni singolo individuo affetto da tbc. Bisogna agire su più fronti: ricostituzione di una rete territoriale, registrazione standard dei casi, continuità, uniformità ed efficienza della terapia, chiarezza nella piramide organizzativa, superamento delle barriere linguistiche. A monte di tutto ciò è necessario un ripristino e un rinvigorimento formativo nei corsi di laurea di medicina e delle professioni sanitarie anche con corsi di aggiornamento intensivi. In estrema sintesi: bisogna prevenire e preoccuparsi del possibile danno, ricordando Padre Dante: «Chi teme i pericoli non perisce per quelli». 15

16 AZ SALUTE CHECK-UP PER UN VIP Elizabeth Taylor La vita tempestosa della paladina anti-aids di Luciano Sterpellone Agli inizi del 1980 fece la sua prima comparsa una nuova malattia che seminò immediatamente il terrore: l AIDS. E una star del cinema così famosa come Elizabeth Taylor non avrebbe avuto motivo di interessarsene, se una delle prime vittime famose dell AIDS non fosse stata uno dei suoi più cari amici, l attore Rock Hudson. Liz rimase talmente sconvolta dalla morte così repentina del suo amico, che decise di sostenere (anche economicamente) la ricerca su una malattia della quale poco o nulla si sapeva ancora. Sorprende tanta determinazione in una donna che non aveva certo salute da vendere: nella sua vita sarebbe stata ospedalizzata almeno una trentina di volte. A 11 anni Elizabeth Rosemond Taylor era già famosa. Nacque a Hampsted, vicino a Londra, il 27 febbraio 1932 da genitori statunitensi poi rientrati in USA. Debuttò (dopo un iniziale flop) nel cinema interpretando il mai dimenticato Torna a casa Lassie (1943), seguito, l anno dopo, da Gran Premio, che la rese subito famosa. Consoliderà il successo con Piccole donne, con Il gigante (accanto a James Dean), La gatta sul tetto che scotta (con Paul Newman), Improvvisamente l estate scorsa (con Kathrine Hepburn e Montgomery Clift). Nei suoi settant anni di carriera, ha interpretato oltre una settantina di film, vincendo due Premi Oscar: uno, nel 1961, come migliore attrice nel film Venere in visone, l altro nel 1967 per Chi ha paura di Virginia Woolf? Ma presto arrivarono anche i guai con la salute. Dopo i quarant anni, Liz venne afflitta da forti dolori alla schiena, che non l abbandoneranno mai. L osteoporosi le provocò la frattura di un femore e di ben cinque vertebre, costringendola per lungo tempo su una sedia a rotelle. Soffrì anche di una grave polmonite. Ma, tutto ciò, non le impedì di sposarsi nel tempo per ben otto volte. Le convulse note vicende della sua vita privata le aprirono la via dell alcool, dei tranquillanti, degli stimolanti che imporranno drastiche cure detossicanti in istituzioni specializzate. Da ragazza, la Taylor era piuttosto esile, alta appena 1,55. Poi, pian piano, si trasformerà in una palla di grasso di oltre ottanta chili. Colpa di una grave forma di bulimia (alternata a periodi di preoccupante anoressia), che la spinse a ingozzarsi di cibo, anche di notte. Con l inevitabile, progressivo, aumento del peso corporeo si acuirono anche i dolori alle ossa e alle articolazioni, il che richiese supplementi di antidolorifici e, purtroppo, di droghe. Nel tempo, comparvero anche i segni di un insufficienza cardiaca: affanno, edemi al viso e alle gambe, stanchezza. Nel 1987 si rese necessario un intervento ortopedico per l impianto di una protesi artificiale all anca. E nel 97 all attrice venne diagnosticato un tumore cerebrale: la notizia la sconvolse, inducendola a raddoppiare le dosi di psicofarmaci. Fortunatamente, la piccola massa di tessuto tumorale estratta dai neurochirurghi, risultò di natura benigna. Ma i guai per la sua salute non finirono. Nel 95 si manifestarono tremori e rigidità degli arti, facendo pensare alla malattia di Parkinson. Liz ridusse sempre più gli impegni, preferendo, quando possibile, starsene nella sua casa di Bel-Air (Los Angeles), dormendo dieci-dodici ore al giorno. Nel frattempo, gli anni e l immobilità fisica aggravarono l insufficienza cardiaca. Nel 2004 sopravvenne un attacco di cuore, che fece seriamente temere per la sua vita. L ultimo un fatale blocco cardiaco lo ha avuto a Los Angeles poche settimane fa. Della grande attrice, indimenticabile per la bellezza del suo viso, il suo sguardo di velluto e le sue mirabili interpretazioni, non va dimenticato il grande merito di non avere mai smesso di sostenere in prima persona le campagne per la ricerca sull AIDS, tra l altro istituendo nel 1991 una propria Fondazione, la Elizabeth Taylor AIDS Foundation. Aveva esclamato sin dalle prime notizie sulla malattia: «È già grave che molti muoiano di AIDS, ma nessuno deve morire per l ignoranza degli altri». 16

17 Innovazione e responsabilità, al servizio del paziente Leader mondiale nell area della salute, Novartis è fortemente impegnata nella ricerca e nello sviluppo di farmaci e soluzioni d avanguardia per curare le malattie, ridurre il carico delle sofferenze e migliorare la qualità di vita delle persone. Con l obiettivo prioritario di soddisfare i bisogni dei pazienti, rispettando le attese e i diritti di tutti i suoi interlocutori, Novartis si adopera per gestire le proprie attività in modo sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Attraverso il suo costante orientamento all innovazione e il suo approccio responsabile alle esigenze della salute, Novartis è un punto di riferimento affidabile per milioni di persone, in Italia e nel mondo.

18 AZ SALUTE di Maria Grazia Elfio Raffaele Ferri Mario Zappia Associate per la prima volta al morbo 5 variazioni di geni. Si aprono nuove speranze per la prevenzione Lo studio coinvolge più centri nel mondo Per l Alzheimer, pista genetica A Troina un «oasi» della ricerca Associazione Oasi Maria SS. di Troina, in provincia di Enna, è l unica realtà siciliana L IRCCS, fra i 12 gruppi italiani coinvolti nel Progetto internazionale sulla genetica dell Alzheimer (IGAP), lanciato, lo scorso febbraio, da quattro consorzi di ricerca, europei ed americani, allo scopo di analizzare, dal punto di vista genetico, oltre persone affette dalla malattia neurodegenerativa dagli elevati costi sociali ed economici. «Questa iniziativa evidenzia il dottore Raffaele Ferri, Direttore del Dipartimento per l Involuzione Cerebrale dell IRCCS di Troina è il frutto e la continuazione di un importante attività, svolta negli anni scorsi da questi centri di ricerca e approdata, già nel 2009, alla pubblicazione su Nature Genetics, la rivista di genetica più rilevante al mondo, e di un ulteriore studio pubblicato sulla stessa rivista proprio in questi giorni». Il dottore Paolo Bosco, responsabile dell ambulatorio per la Genetica dell Invecchiamento dell IRC- CS di Troina, spiega: «Le variazioni dei geni denominati ABCA7, MS4A, EPHA1, CD2AP e CD33 permetterebbero di discriminare chi ha più elevate possibilità di sviluppare la malattia, conferendo, potenzialmente, un carattere mirato all azione di prevenzione». «La scoperta di queste nuove varianti genetiche continua Bosco è stata effettuata su un numero elevatissimo di pazienti, utilizzando una nuova metodica, conosciuta come lo studio di associazione sull intero genoma». Per Bosco, nel DNA dei malati è possibile riconoscere oltre mezzo milione di siti di variazione e il progetto mira ad arruolare ulteriori pazienti, poiché la validità statistica, in presenza di una malattia così diffusa come l Alzheimer, deriva dalla forza dei numeri raccolti. E va proprio in questa direzione l impegno dell IRCCS di Troina, il solo a svolgere questa attività in Sicilia. «Gli esiti di questo progetto afferma Mario Zappia, Direttore Generale dell IRCCS di Troina possono costituire la chiave di volta per approfondire le cause dell Alzheimer, vera e propria piaga sociale, a fronte delle sue conseguenze fortemente invalidanti e, quindi, causa di drammatiche ricadute sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie». «La genetica supporta la prevenzione aggiunge Zappia e il nostro obiettivo è quello di implementare la raccolta dati, mediante una rete capillare tra i nostri laboratori, le Unità valutative di diagnosi dell Alzheimer e le associazioni dei pazienti. Tutto ciò, nella consapevolezza che, individuando i soggetti più esposti alla malattia, è possibile intervenire in una fase antecedente alla sua insorgenza e diffondere, così, la cultura della prevenzione». Il successo del progetto internazionale sulla genetica dell Alzheimer sarebbe uno straordinario risultato, coinvolgendo, per la prima volta, tutti i maggiori gruppi di ricerca al mondo che si occupano della genetica di questa malattia e che saranno coordinati dall Istituto Pasteur, dall università di Lille, dalla Scuola di Medicina dell Università di Pennsylvania, dall Università di Boston e da quella di Cardiff. Si aprono, così, nuove speranze per la prevenzione di una malattia che, in Italia, colpisce in modo conclamato il 5 per cento delle persone sopra i 60 anni e che, in considerazione dell assetto demografico del nostro Paese dove spicca il decremento della natalità e il consequenziale invecchiamento della popolazione rappresenta una sfida molto ardua. La strategia di collaborazione internazionale ha dato all Italia la possibilità di fare la sua parte e alla Sicilia, grazie all IRCCS di Troina, di dimostrare che anche dall Isola, che registra una preoccupante fuga di cervelli, può partire un messaggio positivo, capace di rispondere all appello della comunità scientifica mondiale per realizzare una rete territoriale che affronti una malattia sociale collettivamente, così come la sua peculiarità impone, senza lasciare che essa rimanga fardello esclusivo dei malati e delle famiglie, come purtroppo finora è accaduto. 18

19 La fotografa Judit Fox racconta il marito malato L Alzheimer nella sua quotidianità Clic d autore e d amore Ed fa la doccia, prende il sole, si guarda allo specchio. L obiettivo fissa lo sguardo perso nel vuoto, smarrito di quest uomo che è stato un famoso chirurgo e che oggi è solo un malato. Di Alzheimer. Una patologia che fa paura, che suona come una condanna a una vita-non-vita, a un esistenza senza memoria: ci si dimentica perfino del proprio nome e di quello dei propri cari. Ci sono, nel mondo, 18 milioni di persone come Ed. Lui ha al fianco una moglie, Judit Fox, nota fotografa statunitense, che con il suo obiettivo è abituata a guardare l essenza delle cose e che, osservando profondamente il marito, ha provato a raccontare la sua malattia, mettendo in gioco i propri sentimenti. Tanti clic in bianco e nero, o a colori, come un atto d amore, riproposti in una mostra che, dopo Londra, Parigi e Berlino, ha toccato, dal 6 al 19 aprile, anche Roma. Un evento reso possibile grazie al contributo di Pfizer Italia. «Ho cercato di cogliere il lato umano di una malattia che è stata al buio per troppi anni», ha detto la fotografa. La mostra, dal titolo I Still do. Loving and living with Alzheimer s, attraverso gli scatti della fotografa, è il racconto della quotidianità espressa attraverso la grammatica dei piccoli gesti quotidiani, delle piccole cose viste attraverso una lente fotografica intima e toccante, che vede chi è vittima del morbo di Alzheimer con gli occhi dell amore, senza commiserazione. «Non nascondetevi», sembra urlare l artista ai tanti che soffrono di questa malattia. Lei sa che significa e prova a incoraggiare i familiari dei malati, spronandoli a venire allo scoperto, a non lasciarsi sopraffare dalla vergogna, a provare a combattere con un sorriso e l amore i pregiudizi. SALUTE AZ di Rita Caiani Una mostra a Roma coglie il lato umano di una malattia rimasta al buio per troppo tempo 19

20 AZ SALUTE di Garden Tabacchi Specialista in Alimentazione e Nutrizione Umana, Università di Palermo Sarà creata una piattaforma web, che raccoglierà i dati sugli stili di vita degli studenti dell Isola rappresenta, a livello globale, una patologia di proporzioni epidemiche. L andamento dell obesità è allarmante, in modo L obesità particolare in età evolutiva. Risulta, infatti, una prevalenza e un incidenza di obesità infantile elevata, con l aggravante che un bambino obeso ha una grande probabilità di essere un adulto obeso e di sviluppare quelle patologie di frequente associate, quali malattie cardiovascolari, tumori, diabete o disturbi cronici dell apparato respiratorio. L Organizzazione Mondiale della Sanità, ha stimato che più di 177 milioni di bambini e adolescenti sono in eccesso di peso, di cui 155 milioni in età scolare. Palermo, al VIA IL PROGETTO ASSO Allarme per l obesità infantile Una rete di sorveglianza in Sicilia Nei paesi dell Unione Europea, sempre secondo l OMS, un ragazzo su 5 è in sovrappeso. Tra i bambini della scuola primaria di entrambi i sessi, i tassi più elevati di sovrappeso sono stati riscontrati in paesi quali il Portogallo, la Spagna e l Italia con il 27 per cento di bambini tra 6 e 11 anni. Nel nostro Paese, oltre un terzo dei piccoli tra i 6 e i 9 anni risulta in sovrappeso o obeso (34,1 per cento), un dato che scende al 25,4 nella fascia tra i 10 e i 13 anni e al 13,9 nell adolescenza (14-17 anni), secondo lo studio HBSC Italia. In questo contesto, che vede l obesità crescere in modo preoccupante nell età evolutiva, prende il via in Sicilia, presso la sezione di Igiene del Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute dell Università di Palermo, il Progetto ASSO (Adolescenti e Sistema di Sorveglianza per la prevenzione dell Obesità), unico in Sicilia tra i 57 selezionati su 997, della durata di tre anni, finanziato dal ministero della Salute. La supervisione è affidata alla professoressa Caterina Mammina, dell Università di Palermo. Referente istituzionale è l Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS). Al Progetto parteciperanno anche partner stranieri e italiani, quali l Organizzazione Mondiale della Sanità, l Università di Greenwich, il Dipartimento di Scienze Motorie (DISMOT) dell Università di Palermo, il CEFPAS e le Scuole secondarie di secondo grado di Palermo e provincia. Il Progetto si propone di sviluppare un sistema di sorveglianza strutturato e continuo nel tempo, sugli stili di vita degli adolescenti. La creazione di un tale sistema di sorveglianza rappresenta il primo step per comprendere un problema di salute pubblica correlato alla dieta della popolazione adolescente, al fine di promuovere azioni correttive e preventive appropriate. Sarà sviluppato un software innovativo basato su una piattaforma web, nella quale un gran numero di studenti delle scuole potrà inserire i propri dati, riguardanti gli stili di vita e tutto ciò che risulta essere correlato allo sviluppo dell obesità. In questo modo, sulla base di questionari appositamente creati, si otterrà una standardizzazione dei metodi nella raccolta dei dati e un campionamento rappresentativo della popolazione scolastica siciliana in età adolescenziale, nonché la raccoltà di dati sullo stato nutrizionale che siano misurati e non auto-riportati. Il risultato finale sarà quello di fornire al Sistema Sanitario Nazionale uno strumento che permetta una efficace sorveglianza nutrizionale sulla popolazione scolastica. L applicazione di tale sistema di sorveglianza su larga scala può avere un impatto importante ai fini della prevenzione nel campo della nutrizione sul territorio nazionale. Un approccio sistematico e coerente nella raccolta e analisi dell obesità e delle patologie ad essa correlate, unito a una corretta informazione, sono essenziali per programmare e implementare politiche nutrizionali e sanitarie in generale. La ricaduta positiva consiste in una riduzione del carico di tali patologie nella popolazione e in una conseguente diminuzione della spesa pubblica. 20

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