ACCORDI IN VISTA DELLA SEPARAZIONE CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE, SENTENZA 25.06/ , N
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- Rocco Ferretti
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1 ACCORDI IN VISTA DELLA SEPARAZIONE CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE, SENTENZA 25.06/ , N LA MASSIMA n tema di validità e rilevanza, nell ambito del giudizio di separazione giudiziale, degli accordi precedenti alla sua instaurazione ed intesi a disciplinare aspetti di natura patrimoniale della separazione di fatto dei coniugi, trova applicazione il principio di non interferenza delle pattuizioni convenute antecedentemente e contemporaneamente all accordo omologato, o perché concernenti un aspetto che non è disciplinato nell accordo formale, oppure perché hanno un carattere meramente specificativo di disciplina secondaria, ovvero in posizione di conclamata e incontestabile maggior rispondenza rispetto all interesse tutelato, come per l assegno di mantenimento concordato in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione. La pretesa fondata sulla prevalenza di un assegno determinato anni prima, per regolare la separazione di fatto dei coniugi, rispetto alla somma stabilita in misura maggiore in sede giudiziale, nel rispetto dei criteri stabiliti dall art. 156 c.c., si colloca su un fronte antitetico rispetto a quello delineato della giurisprudenza di questa Corte, evidentemente inteso a garantire le ragioni del coniuge più debole. In riferimento all obbligo di fedeltà coniugale, che costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, la sua violazione, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. La sentenza Svolgimento del processo 1. - Con sentenza, in data 2005 il Tribunale di Firenze pronunciava la separazione personale, con addebito al marito, dei coniugi F.F. e M.T., in favore della quale veniva assegnata la casa coniugale e disposto un assegno mensile di mantenimento pari ad Euro 3.800,00, da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT Avverso tale decisione proponeva appello il F., il quale in primo luogo deduceva l insussistenza dell addebito, in quanto l infedeltà coniugale a lui attribuita non aveva rilevanza causale rispetto alla intollerabilità della prosecuzione della convivenza, da individuarsi, al contrario, nella disaffezione reciproca della coppia; denunciava l incongruità per eccesso dell assegno di mantenimento, richiamando un accordo, per la separazione consensuale, poi non attuato, in base al quale la M. aveva accettato un importo di gran lunga inferiore; contestava, infine, il regolamento delle spese processuali Proponeva appello incidentale la M., chiedendo una determinazione in misura maggiore del contributo disposto per il proprio mantenimento e avanzando richieste specifiche in merito alle spese di manutenzione e conduzione della casa coniugale, di cui paventava la perdita, per essere di proprietà del cognato.
2 La corte d appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, premesse alcune osservazioni di carattere generale sull addebito della separazione sotto il profilo dogmatico e nella prassi giurisprudenziale, riteneva che il fatto posto alla base della pronuncia di addebito, vale a dire la violazione dell obbligo di fedeltà, culminata, ancor prima della cessazione della convivenza coniugale, nella creazione di un nucleo familiare con altra donna e con il figlio avuta dalla stessa, non potesse essere valutato disgiuntamente dall esame della condotta della M., ragion per cui detta circostanza, sfuggendo a una visione complessiva, non consentiva una pronuncia di addebito. Quanto agli aspetti di natura patrimoniale, veniva evidenziato, da un lato, l elevato tenore di vita tenuto dalla coppia durante la convivenza e, dall altro, l inadeguatezza dei mezzi di cui disponeva la donna (il cui patrimonio immobiliare ammontava ad ) rispetto all ingente capacità economica del F., titolare di beni immobili per 10 milioni di euro, oltre che di titoli mobiliari e partecipazioni societarie. Per tale ragione, in parziale accoglimento dell appello incidentale, il contributo posto a carico del marito veniva elevato fino a 4.000,00 euro mensili, rilevandosi, quanto alla casa coniugale, che l eventuale cessazione dell assegnazione avrebbe potuto costituire l oggetto di una revisione delle condizioni. Venivano, infine, compensate le spese di lite relative a entrambi i gradi del giudizio Per la cassazione di tale decisione il F. propone ricorso, affidato a tredici motivi. Resiste con controricorso la M., che propone ricorso incidentale, sorretto da tre motivi, illustrati da memoria, cui controparte resiste con controricorso. Motivi della decisione 2. - Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione. 3. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1372 c.c. e 156 c.p.c., per non aver la corte territoriale considerato gli accordi intercorsi fra le parti, consacrati in una scrittura privata del 19 dicembre 1998, allo scopo di regolare gli aspetti della separazione personale Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell art. 112 c.p.c., per non essersi la corte di appello pronunciata, come richiesto, sulla validità della scrittura sopra indicata Con il terzo motivo si prospetta, sempre in relazione alla scrittura privata del 19 dicembre 1998, vizio motivazionale, anche con riferimento alla circostanza inerente all espressione, durante un periodo di circa tre anni, degli accordi già intervenuti I primi motivi, da esaminarsi congiuntamente in considerazione della loro intima connessione, ed in relazione ai quali risultano formulati, rispettivamente, idonei quesiti di diritto ed il c.d. momento di sintesi, sono infondati. Premesso che non può ravvisarsi vizio di omessa pronuncia ogni qualvolta dal tenore della decisione emerge una statuizione, sia pure implicita, su una richiesta della parte, appare del tutto evidente come la determinazione di un assegno di mantenimento in favore della moglie, in misura maggiore rispetto a quella indicata dal F., comporti il rigetto di tale eccezione. La stessa non attiene, per altro, a un elemento fattuale, fondandosi esclusivamente su una questione giuridica, vale a dire la validità e la rilevanza, nell ambito del giudizio di separazione giudiziale, degli accordi precedenti alla sua instaurazione ed intesi a disciplinare aspetti di natura patrimoniale della separazione di fatto dei coniugi. Non appare, pertanto, neppure ipotizzabile, a tacere della carenza
3 di decisività della questione, il dedotto vizio motivazionale, che non può essere denunciato, anche in considerazione della possibilità, in sede di legittimità, di emendare la decisione ai sensi dell art. 384 c.p.c., in relazione all interpretazione all applicazione di norme giuridiche (Cass., Sez. un., 28 novembre 2008, n ). Passando all esame della questione, essenzialmente fondata sulla determinazione, nella scrittura privata del 19 dicembre 1998, di un assegno nella misura di lire e di altri aspetti di natura patrimoniale, deve rilevarsi che la fattispecie in esame è solo in parte assimilabile ai temi trattati nelle decisioni di questa Corte, richiamate dallo stesso ricorrente, in materia di accordi anteriori o contemporanei alla separazione consensuale. Nel caso di specie, invero, non risulta che le parti abbiano inteso regolare i propri interessi in vista di una eventuale omologa: prescindendo da tale aspetto, il dato fondante dell orientamento, ormai consolidato, di questa Corte è costituito dal principio di non interferenza delle pattuizioni convenute antecedentemente e contemporaneamente all accordo omologato, o perché concernenti un aspetto che non è disciplinato nell accordo formale, oppure perché hanno un carattere meramente specificativo di disciplina secondaria, ovvero in posizione di conclamata e incontestabile maggior rispondenza rispetto all interesse tutelato, come per l assegno di mantenimento concordato in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione (Cass., 22 gennaio 1994, n. 657; Cass., 28 luglio 1997, n. 7029; Cass., 20 ottobre 2005, n ). La pretesa fondata sulla prevalenza di un assegno determinato anni prima, per regolare la separazione di fatto dei coniugi, rispetto alla somma stabilita in misura maggiore in sede giudiziale, nel rispetto, come si vedrà, dei criteri stabiliti dall art. 156 c.c., si colloca su un fronte antitetico rispetto a quello delineato della giurisprudenza di questa Corte, evidentemente inteso a garantire le ragioni del coniuge più debole Del pari infondati sono il quarto, il quinto ed il sesto motivo, fra loro intimamente collegati in quanto relativi alla questione, prospettata sotto diversi profili, dell omessa considerazione dell emolumento percepito dalla M. in forza della suindicata scrittura privata. In realtà, anche se non esplicitamente, sembra volersi affermare, contrariamente a quanto emerge dal tenore della decisione impugnata e dalle stesse difese delle parti, che l assegno di mantenimento stabilito nel giudizio di separazione venga ad aggiungersi a detta entrata. Essendo evidente la natura sostitutiva dell assegno di mantenimento stabilito in giudizio rispetto a quello, di natura precaria, e di importo inferiore, indicato dal ricorrente, correttamente non si è tenuto conto di una prospettazione reddituale, in realtà, a partire dalla data di decorrenza dell assegno di mantenimento vero e proprio, priva di consistenza giuridica ed economica Con il settimo motivo si denuncia insufficiente motivazione in relazione ai cespiti immobiliari della M., per non essersi considerata la redditività potenziale della villa al mare di proprietà della M., per esserle stata ceduta dal marito. La censura non coglie nel segno, in quanto, non risultando, come nello stesso ricorso si afferma, che detto bene produca un reddito effettivo, la corte territoriale ha proceduto a una comparazione del valore del patrimonio, di entrambi i coniugi, senza obliterare il dato in questione, ma ponendolo, nell ambito della valutazione delle rispettive condizioni reddituali e patrimoniali, su un piano di effettività, nell ambito di un confronto di dati omogenei L ottavo, il nono, il decimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo non si concludono con l illustrazione, in maniera sintetica, ma efficace, delle ragioni poste a fondamento della critica alla
4 motivazione della decisione impugnata: la carenza del c.d. momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, determina, in base al consolidato orientamento di questa Corte, anche a sezioni unite (Cass., 1 ottobre 2007, n ), l inammissibilità di tali motivi per violazione della previsione contenuta nell art. 366 bis c.p.c., applicabile, ratione temporis, al procedimento in esame L undicesimo motivo è sostanzialmente caudatario del precedente, con il quale è stata lamentata carenza motivazionale in relazione agli oneri del F. in merito al mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio, e della cui inammissibilità si è già detto. La deduzione di un vizio di omessa pronuncia, prospettata in relazione al medesimo aspetto, attenendo per lo più a questione di natura motivazionale, e non trattandosi, quindi, di vera e propria domanda o eccezione, rimane assorbita da detto rilievo di inammissibilità. D altra parte, essendosi nella sentenza fatto riferimento a una consistenza patrimoniale del ricorrente pari a circa dieci milioni di euro, la questione appare implicitamente valutata Il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale attengono all esclusione dell addebito della separazione al F., per aver disatteso il dovere di fedeltà coniugale, essendosi dedotta, da un lato - con la formulazione di idoneo quesito di diritto - la violazione degli artt. 143 e 151 c.c., e, dall altro, insufficiente e contraddittoria motivazione al riguardo. Deve preliminarmente richiamarsi il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui, in riferimento all obbligo di fedeltà coniugale, che costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, la sua violazione, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass., 12 giugno 2006, n ; Cass., 7 dicembre 2007, n ). Avendo la corte territoriale escluso l addebito in relazione all esclusione del nesso causale fra detta violazione e la crisi familiare, il principio in esame risulta correttamente applicato, laddove le concrete valutazioni della fattispecie sono riservate al giudice del merito, ed insindacabili in questa sede, se non attraverso il controllo della congruità della motivazione. Tale controllo, nel caso in esame, è inibito dalla carenza, nello specifico motivo inerente al vizio motivazionale, del quesito conclusivo formulato nei termini prescritti dall art. 366 bis c.p.c., nell interpretazione - sopra illustrata - fornitane da questa Corte Analogo rilievo di inammissibilità, per la ragione testé indicata, va svolto in relazione al terzo motivo del ricorso incidentale, relativo a vizio motivazionale in tema di determinazione dell assegno di mantenimento Entrambi i ricorsi, pertanto, vanno rigettati. In considerazione della reciproca soccombenza, vanno interamente compensate le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa fra le parti le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
5 Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza. LA NOTA Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione affronta la questione relativa alla validità e rilevanza, nell ambito del giudizio di separazione giudiziale, degli accordi stipulati dai coniugi, antecedentemente alla sua instaurazione, ed intesi a disciplinare aspetti di natura patrimoniale della separazione di fatto. La vicenda investe una questione ben più ampia, relativa in primis alla validità dei cosiddetti accordi a latere, in particolare degli accordi antecedenti, ovvero coevi alla separazione. Occorre, tuttavia, fare una precisazione, tra l altro, effettuata dalla stessa Corte di Cassazione, in sentenza: la fattispecie in esame è solo in parte assimilabile ai temi in precedenza trattati nelle decisioni del Supremo Consesso e richiamati dallo stesso ricorrente, in materia di accordi anteriori o contemporanei alla separazione consensuale, non trovandoci, infatti, nel caso di specie, innanzi ad una separazione consensuale, bensì, ad una separazione giudiziale. Come evidenziato dai Giudici di legittimità, infatti, non risulta che le parti abbiano inteso regolare i propri interessi in vista di una eventuale omologa. Tale aspetto, tuttavia, è stato ritenuto non preminente dalla Suprema Corte, tanto da indurre il Collegio ad affrontare, comunque, la questione inerente alla validità degli accordi antecedenti e, indirettamente, quella della loro derogabilità da parte del Giudicante. Proprio con riguardo al primo degli aspetti ora richiamati, va evidenziato che, in un epoca ove vigeva una concezione pubblicistica della famiglia, vi era una tendenza a negare validità ed efficacia a quegli accordi coniugali antecedenti alla separazione, che non venissero recepiti e, dunque, formalizzati, nell ambito di un procedimento giurisdizionale. Gli interessi pubblicistici e sovra-individuali sottesi ad una tale concezione di famiglia, imponevano che qualsiasi accordo tra i coniugi, che incidesse sugli assetti familiari, dovesse essere, necessariamente, sottoposto al vaglio di un organo giurisdizionale (Cass. Civ. sent. n.14/1984). In particolar modo, la giurisprudenza considerava tali accordi nulli per illiceità della causa, e/o illiceità o impossibilità dell oggetto, più precisamente, per violazione dell art. 160 c.c. (Diritti inderogabili) che, secondo il più vetusto orientamento, cristallizzava il principio della assoluta indisponibilità dello status coniugale. Di diverso avviso la dottrina maggioritaria, che riconosceva validità ai predetti accordi in quanto tendenti, non già a modificare uno status, bensì a regolamentare i rapporti patrimoniali da esso discendenti. L atteggiamento della giurisprudenza, invero, ha subito un inversione di tendenza successivamente e consequenzialmente alla riforma del diritto di famiglia del 1975, nonché per effetto delle modifiche apportate alla legge sul divorzio, dalla legge n. 74/1987. Con tali interventi, il legislatore ha operato un passaggio da una funzione, inizialmente, pubblicistica della famiglia, in favore di una funzione prevalentemente privatistica della stessa, riconoscendo ai coniugi la possibilità di ricorrere a strumenti contrattualistici, al fine della regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali.
6 In tale nuova ottica, tanto la giurisprudenza, quanto la dottrina, hanno attribuito un ruolo fondamentale alla volontà dei coniugi nell ambito della regolamentazione dei rapporti coniugali. Ciò sia nella fase fisiologica del rapporto, sia in quella patologica dello stesso, riconoscendo validità ed efficacia agli accordi dai medesimi stipulati, in vista di una separazione o, comunque, antecedentemente alla stessa. Ciò, tuttavia, pur sempre nel rispetto dei principi di liceità e meritevolezza di tutela, ed, in generale, dei principi e delle norme inderogabili della disciplina familiare (Cass. Civ., sent. n. 2997/2009). Il mutamento del concetto di famiglia ha consentito, indi, di ritenere applicabile, anche ai rapporti tra i coniugi, il principio della autonomia privata, di cui all art.1322 c.c. (Cass., Civ., sent. n. 6424/1987; Cass. Civ. sent. n. 7470/1992; Cass. Civ. Sent. n. 2270/1993; Cass. Civ., sent. n. 657/1994). Così, ad esempio, è stata riconosciuta validità agli accordi con i quali uno dei coniugi trasferisce all altro, in vista di una futura separazione, al fine della regolamentazione dei propri rapporti patrimoniale, la proprietà di uno o più immobili (Cass. Civ., sent. n /2000). Gli accordi stipulati in vista di una separazione, pertanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, sono dotati di una loro autonomia, validità ed efficacia, anche se poi non trasfusi nel verbale di separazione. Una volta ammessa la piena validità di tali accordi, tuttavia, bisogna chiedersi come essi si collochino rispetto all accordo omologato. A tal riguardo, la giurisprudenza ha delineato un principio, che di fatto è stato recepito ed ulteriormente evidenziato nella sentenza sottoposta alla nostra attenzione: il principio di non interferenza degli accordi a latere con l accordo omologato. Gli accordi stipulati in vista della separazione hanno piena validità ed efficacia nella misura in cui si collochino in un rapporto di non interferenza con l accordo omologato, perché riguardano un aspetto non disciplinato nell accordo formale e compatibile con esso. Al riguardo, La Corte ha, in più occasioni, chiarito che tali accordi sono da considerarsi compatibili o, comunque, non interferenti con l accordo omologato, nella misura in cui non vengano modificati gli equilibri dell accordo formale omologato, o perché ne rappresentano una specificazione, ovvero perché si pongono in posizione di maggiore o uguale rispondenza all interesse tutelato attraverso il controllo giudiziale previsto dall art. 158 c.c.. (Cass. Civ., sent. n. 2997/09; Cass., Civ., sent. n. 9174/2008; Cass. Civ., sent. n /2007; Cass. Civ., sent. N. 8516/2006; Cass, Civ., sent. n /2005; Cass. Civ., sent. n. 7029/97; Cass. Civ., sent. n. 5829/1998). Con la recentissima sentenza della I sezione civile, la Corte di Cassazione, indi, pur non disconoscendo validità alle scritture private stipulate tra i coniugi in vista della separazione, ha riconosciuto al giudice il potere di disattendere le medesime, in nome della primaria esigenza di tutela di chi, nell ambito della crisi coniugale, indossa gli abiti di parte più debole del rapporto, corroborando, indi, quell orientamento, oramai da tempo consolidato, che dà autonomia e validità agli accordi in questione, sempre e solo purché venga rispettato il principio di non interferenza. Nella fattispecie in esame, i Giudici di Piazza Cavour hanno disatteso la pretesa del marito, di far prevalere un assegno concordato con la moglie anni prima, e di misura inferiore a quella riconosciuta in sede giudiziale. L iter logico-giuridico seguito dal Giudice di Nomofilachia è il seguente: in una concezione privatistica del rapporto coniugale e, più in generale, dei rapporti familiari, pur dovendosi
7 riconoscere l applicazione, nell ambito dei medesimi, del principio, dispositivo, dell autonomia negoziale (art e ss c.c.), tale riconoscimento non può spingersi al punto da sacrificare la primaria esigenza sottesa alle disposizioni in tema di assegno di mantenimento. Ad avviso dei Giudicanti, infatti, la pretesa del marito si collocava su di un fronte antitetico rispetto a quello delineato della giurisprudenza di legittimità, inteso a garantire le ragioni del coniuge più debole. Con tale sentenza la Suprema Corte, lungi dal voler dar luogo ad una riviviscenza della funzione pubblicistica della famiglia, ha voluto porre l accento sulla prevalenza, appunto, di tale primario interesse, posto a fondamento delle disposizioni di cui all art. 156 c.c. Appare interessante, a questo punto, rivolgere un breve sguardo all altra problematica affrontata dalla Corte con la sentenza 16767/2012, ovvero quella relativa alla addebito della separazione al coniuge infedele. Al riguardo gli Ermellini hanno ribadito un principio oramai consolidato, secondo il quale la pronuncia di addebito della separazione non può fondarsi esclusivamente sulla violazione dei doveri di cui all art. 143 c.c. (tra cui il dovere di fedeltà),essendo, di contro, indispensabile accertare la sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione di tali doveri e l intervenuta crisi coniugale. Il giudice, indi, ai fini dell addebito, deve procedere ad una valutazione dei comportamenti di entrambi i coniugi, onde verificare il peso che il comportamento dell uno e dell altro coniuge abbia avuto nel determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza e, quindi, della crisi coniugale (Cass., Civ., sent. n /2010; Cass. Civ., sent. n. 6697/2009; Cass. Civ., sent. n /2007; Cass., 12 giugno 2006, n ). Nel caso in esame, pur avendo il marito instaurato una stabile relazione extraconiugale, la Corte d Appello di Firenze, dopo aver operato un analisi dei comportamenti tenuti da entrambi i coniugi in costanza di matrimonio, aveva escluso la sussistenza del nesso causale tra l infedeltà e la crisi coniugale riformando, pertanto, la sentenza di primo grado che addebitava la separazione al marito. Federica Stellavatecascio RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli,2006; G. AUTORINO STANZIONE, Diritto di famiglia, Torino, 2003; R. GAROFOLI - G. CHINE' M. IANNONE, Codice civile annotato con la giurisprudenza, Roma, 2010; R. GIOVAGNOLI, Codice civile annotato con la giurisprudenza, Milano, 2011; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI Cass. Civ. sent. n. 14/1984; Cass. Civ. sent. n. 6424/1987;
8 Cass. Civ. sent. n. 7470/1992; Cass. Civ. sent. n. 2270/1993; Cass. Civ. sent. n. 657/1994; Cass. Civ. sent. n. 7029/1997; Cass. Civ. sent. n. 5829/1998; Cass. Civ. sent. n /2000; Cass Civ. sent. n /2005; Cass. Civ. sent. n. 8516/2006; Cass. Civ. sent. n /2006; Cass. Civ. sent. n /2007; Cass. Civ. sent. n /2007; Cass. Civ. sent. n. 9174/2008; Cass. Civ. sent. n. 2997/2009; Cass. Civ. sent. n. 6697/2009; Cass. Civ. sent. n /2010.
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