LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO. Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente -

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1 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente - Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere - Dott. FILABOZZI Antonio - rel. Consigliere - Dott. TRIA Lucia - Consigliere - Dott. TRICOMI Irene - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 12767/2010 proposto da: TERRA ARMATA S.R.L. (OMISSIS) (già S.R.L. FREYSSINET TERRA ARMATA) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO COSSA 41, presso lo studio dell'avvocato PORCELLI Vincenzo, che la rappresenta e difende giusta delega in atti; - ricorrente - contro A.R.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 11, presso lo studio dell'avvocato GIURATO Ugo, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti; - controricorrente - avverso la sentenza non definitiva n. 3613/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 04/05/2009 r.g.n. 5715/05; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI; udito l'avvocato PORCELLI VINCENZO; udito l'avvocato GIURATO UGO; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

2 ROMANO Giulio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO A.R.F. ha chiesto la condanna della società Terra Armata srl al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso e dell'indennità supplementare prevista dall'art. 19 del Ccnl dirigenti aziende industriali, oltre ad altre somme dovute per altri titoli, assumendo di avere svolto funzioni di direttore generale fin dal mese di aprile 1994 e di aver rassegnato le dimissioni per giusta causa, ex art c.c., a seguito del declassamento subito per effetto dell'assegnazione, dal , a mansioni di vice direttore generale. Costituendosi in giudizio, la società convenuta ha proposto, a sua volta, domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna del ricorrente al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso e di altre somme dovute per altri titoli. Il Tribunale di Roma ha respinto la domanda del lavoratore e la domanda riconvenzionale per la parte relativa alla indennità sostitutiva del preavviso (accogliendola nel resto), con sentenza che è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Roma, che, con sentenza non definitiva del , ha dichiarato inammissibile l'appello incidentale della società "per sopravvenuto giudicato esterno" e ha dichiarato il diritto dell' A. all'indennità sostitutiva del preavviso e all'indennità supplementare, disponendo il prosieguo del giudizio per la determinazione del quantum e per l'esame degli altri motivi dell'appello principale. A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta osservando che su tutte le questioni collegate alla sussistenza della giusta causa delle dimissioni del dirigente si era formato il giudicato esterno a seguito della pronuncia emessa dal Tribunale di Roma, che, in sede di opposizione proposta dalla società contro il decreto ingiuntivo richiesto dall' A. per il pagamento del trattamento di fine rapporto, aveva rigettato l'eccezione di compensazione proposta dalla società opponente - che sosteneva a sua volta di essere creditrice nei confronti del lavoratore dell'indennità sostitutiva del preavviso per non avere questi provato l'esistenza della giusta causa delle sue dimissioni - ed aveva condannato la società al pagamento della differenza del trattamento di fine rapporto ancora dovuto all' A.. Precisava al riguardo la Corte territoriale che l'appello proposto dalla società avverso tale sentenza era stato dichiarato improcedibile, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata e definitivo accertamento che le dimissioni del dirigente erano assistite da giusta causa, sì che non poteva più revocarsi in dubbio l'esistenza del diritto dell' A. all'indennità sostitutiva del preavviso e all'indennità supplementare. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la società Terra Armata srl affidandosi a quattro motivi di ricorso, illustrati anche con memoria, cui resiste con controricorso il lavoratore. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.- Con il primo motivo si denuncia violazione dell'art. 324 c.p.c. e art c.c., nonchè vizio di motivazione, relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che si fosse formato il giudicato esterno anche sull'esistenza della giusta causa di dimissioni del lavoratore, richiamando il principio secondo cui il giudicato non si forma sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento specifico e concreto, e chiedendo a questa Corte di stabilire "se violi l'art c.c., la sentenza d'appello che abbia ritenuto costituire giudicato esterno il capo della sentenza emessa nel procedimento inerente ad opposizione a decreto ingiuntivo, sostanziata da eccezione di parziale compensazione delle somme dovute per Tfr con quelle vantate dalla società per mancato preavviso delle dimissioni da parte del dirigente, nella parte introdotta dal giudice con la locuzione "per mero tuziorismo", dopo aver lo stesso giudice affermato che quello stesso credito oggetto della locuzione, non sia opponibile in compensazione in quanto non certo, liquido ed esigibile, ed oggetto di accertamento in diversa sede giudiziaria, ed in ordine al quale non

3 accoglieva l'istanza di riunione", e quindi "se, a seguito della sentenza di improcedibilità emessa nel giudizio d'appello proposto dalla società avverso la detta sentenza, il conseguente giudicato sulla sentenza di primo grado si sia formato anche sulle ragioni e natura del credito opposto in compensazione dalla società ovvero unicamente in ordine al parziale accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo... per la parte riguardante la somma del Tfr dovuto all'ing. A.F. nell'importo dalla stessa società indicato, senza la trattenuta operata". 2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 2697, 2909 c.c., artt. 24 e 111 Cost., nonchè vizio di motivazione sullo stesso punto, chiedendo a questa Corte di stabilire "se violi l'art c.c. e art. 111 Cost., commi 1 e 2, la sentenza d'appello che abbia fatto derivare diritti (riconoscimento del diritto dell'ing. A. all'indennità sostitutiva del preavviso, cumulabile con l'indennità supplementare spettante per contratto, art. 19 Ccnl), per una delle parti processuali, cui incombeva l'onere probatorio al riguardo, dalla sola mancata prova da parte dell'altro soggetto processuale sul credito opposto in parziale compensazione con il Tfr o se piuttosto da tale inottemperanza all'onere probatorio non derivino i meri effetti limitati all'insussistenza del credito opposto in compensazione nella procedura di opposizione a decreto ingiuntivo relativo al detto Tfr". 3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'art c.c. e art. 16 Ccnl per i dirigenti di aziende industriali, nonchè vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata per omessa motivazione in ordine alla eccezione di inammissibilità della domanda di dimissioni per giusta causa, che era stata sollevata dalla società sul rilievo che il ricorrente con la lettera di dimissioni aveva fatto riferimento unicamente all'art. 16 Ccnl e non alla giusta causa di dimissioni. 4.- Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 1362, 1363, 2118 e 2119 c.c. e art. 19 Ccnl per i dirigenti di aziende industriali, nonché vizio di motivazione, relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che il dirigente potesse vantare contemporaneamente il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso e all'indennità supplementare, prevista dall'art. 19 Ccnl, indennità, quest'ultima, che, secondo la società ricorrente, sarebbe prevista solo in caso di licenziamento ingiustificato. 5.- Il primo motivo è infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. n. 6635/2004, Cass. n /2003, Cass. sez. unite n. 1481/97) che nel rito del lavoro, allorquando la motivazione della sentenza si limiti alla mera esplicitazione di statuizioni già sostanzialmente argomentabili dalla struttura logico- semantica del dispositivo, non può invocarsi il principio della non integrabilità del dispositivo con la motivazione della sentenza (principio che presuppone l'effettiva carenza nell'uno di statuizioni rinvenibili formalmente solo nell'altro), bensì bisogna fare riferimento all'altro principio per il quale la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata non solo tenendo conto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma coordinando questo con la motivazione, le cui enunciazioni, se dirette univocamente all'esame di una questione dedotta in causa, incidono sul momento precettivo e vanno considerate come integrative del contenuto formale del dispositivo, con la conseguenza che il giudicato risulta simmetricamente esteso. 6.- Nel caso di specie, come ha esattamente rilevato la Corte territoriale, la statuizione di rigetto dell'eccezione di compensazione sollevata dalla società Terra Armata, contenuta nella sentenza del giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo, era fondata su due ragioni autonome e concorrenti, ognuna delle quali idonea a sorreggere la decisione sul punto: l'una concernente la inidoneità del credito vantato dalla società nei confronti del lavoratore ad essere opposto in compensazione per mancanza dei requisiti previsti dall'art c.c., ed in particolare di quello della certezza del credito opposto in compensazione; l'altra attinente alla infondatezza di tale pretesa nel merito sul rilievo che la società opponente non aveva "offerto alcuna prova (come era suo onere a sostegno dell'eccezione sollevata) dell'assenza di declassamento, oltre a risultare dalla lettera dello stesso capitolo 2 di cui al ricorso in opposizione del tutto infondata la questione relativa alla decadenza dal diritto di

4 dimettersi" (così in motivazione la sentenza del Tribunale con cui è stata rigettata l'opposizione a decreto ingiuntivo). Nè tale seconda autonoma ratio decidendi può essere considerata alla stregua di un mero obiter dictum, non idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata, per il solo fatto che la motivazione espressa sul punto è preceduta dalla locuzione "per mero tuziorismo", posto che, come pure rilevato nella sentenza impugnata, con tale locuzione il giudice non ha certo inteso diminuire la portata di quanto andava affermando, quanto piuttosto stabilire che, in ogni caso, e cioè anche nel caso in cui fossero state ritenute esistenti le condizioni per pronunciare sulla compensazione, la relativa eccezione non avrebbe potuto trovare accoglimento in quanto infondata nel merito. Resta, perciò, confermata, anche sotto questo profilo, la correttezza della decisione della Corte territoriale secondo cui le questioni attinenti alla sussistenza del declassamento e della giusta causa di dimissioni dovevano ritenersi coperte dal giudicato esterno formatosi a seguito del passaggio in giudicato della sentenza resa nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. 7.- Anche il secondo motivo è infondato. La società sostiene che, anche a voler ritenere che vi sia stato un accertamento specifico sulla fondatezza o meno della eccezione di compensazione, e che quindi sia coperta dal giudicato l'affermazione della insussistenza del credito vantato dalla società a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, mai potrebbe pervenirsi alla conclusione di ritenere fornita, da parte del lavoratore, la prova (positiva) dell'avvenuto declassamento e, così, della sussistenza della giusta causa di dimissioni. Ma tali argomentazioni si scontrano con il principio già affermato da questa Corte (Cass. n. 7302/2001) secondo cui il passaggio in giudicato di una sentenza non è impedito dalla sua erroneità, sia pure in ipotesi "macroscopica", nè dall'insufficienza della sua motivazione, dovendo essere tali vizi fatti valere mediante gli opportuni previsti mezzi di impugnazione (come, del resto, aveva fatto l'odierna ricorrente, che aveva proposto l'impugnazione, sia pure non coltivandola nel prosieguo del giudizio). Nella specie, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, il giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo ha stabilito che l'opponente non aveva fornito alcuna prova "dell'assenza di declassamento" (di cui pertanto restava provata l'esistenza), e tale accertamento, che costituisce il presupposto del riconoscimento della sussistenza della giusta causa di dimissioni e del diritto alla indennità sostitutiva del preavviso, e sul quale si è formato il giudicato, preclude la proposizione della medesima questione in un successivo giudizio tra le stesse parti. 8.- Il terzo motivo, con il quale si denuncia l'omessa motivazione sulla eccezione di inammissibilità della domanda di accertamento dell'esistenza di una giusta causa di dimissioni, eccezione che era stata sollevata dalla società sul rilievo che il lavoratore con la lettera di dimissioni aveva fatto riferimento unicamente all'art. 16 Ccnl e non alla giusta causa di dimissioni, è infondato. La società ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere l'inammissibilità del mutamento del titolo delle dimissioni in quanto "un negozio giuridico di già perfetto ed esaurito non può essere revocato, senza l'adesione della controparte, e sostituito con una volontà volta a produrre effetti del tutto diversi". L'assunto, tuttavia, non considera che l'effetto tipico che consegue alle dimissioni del lavoratore è quello di produrre la risoluzione del rapporto di lavoro, che è nella disponibilità delle parti, a prescindere dai motivi che ebbero a determinare le dimissioni e dall'eventuale esistenza di una giusta causa, che può essere addotta anche successivamente (cfr. ex plurimis Cass. n /2002). Al riguardo, questa Corte ha già precisato (Cass. n /2006) che, nell'ambito della disciplina positiva, non è dato rinvenire sotto il riflesso giuridico alcuno spazio per attribuire rilevanza alle motivazioni ovvero alle ragioni che hanno condotto il prestatore al recesso, ulteriore rispetto a quella tipica dello scioglimento del contratto. Deve dunque escludersi in radice la possibilità che venga in rilievo qualsivoglia questione concernente la modificabilità/immodificabilità dei motivi di recesso addotti dal lavoratore - fermo restando l'onere della loro allegazione e dimostrazione ex art c.c., qualora egli intenda conseguire le prestazioni economiche e/o le attribuzioni patrimoniali conseguenti al negozio realizzato - dovendo ritenersi, conclusivamente, che il principio di immutabilità dei motivi di recesso, applicabile al licenziamento disciplinare, non possa estendersi anche all'ipotesi di dimissioni (così in motivazione Cass. n /2006 cit.). Anche il terzo motivo deve essere pertanto respinto. 9.- Il quarto motivo deve ritenersi inammissibile non risultando dalla sentenza impugnata (e non

5 essendo stato dedotto nel ricorso) che la questione della impossibilità di conseguire, in aggiunta all'indennità sostitutiva del preavviso, anche l'indennità supplementare (prevista dall'art. 19 del Ccnl) sia stata oggetto di trattazione nella precedente fase di merito. Al riguardo, deve ribadirsi che, come questa Corte ha già ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. 5150/2003), i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, solo questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2013

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