LA LEADERSHIP NELLE ORGANIZZAZIONI
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- Lazzaro Righi
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1 LA LEADERSHIP NELLE ORGANIZZAZIONI Immacolata Messuri * Riassunto. Il concetto di leadership, pur essendo stato indagato da molti autori, non ha ancora una definizione univoca. In questo articolo, viene presentato come uso di un influenza non coercitiva per dirigere e coordinare le attività dei membri di un organizzazione verso il perseguimento degli obiettivi del gruppo. All interno delle organizzazioni la leadership si può manifestare in diverse forme, tanto che si parla di stili differenti di leadership, ma l esplicitazione di questa influenza tiene sempre conto di caratteristiche importanti sia della persona, che dell organizzazione. Il tener presente queste caratteristiche fa in modo che gli stili di leadership attuati siano, nella maggior parte dei casi, funzionali al raggiungimento degli obiettivi. Lo studio della leadership è caratterizzato da molteplici ricerche nel campo del comportamento organizzativo; tuttavia, nonostante le numerose ricerche effettuate, a tutt oggi non vi è ancora una definizione univoca del termine leadership. Alcuni autori affermano che la leadership e il potere sono la stessa cosa, mentre autori come Avallone preferiscono incentrare il tema della leadership sul processo di influenzamento degli altri. Il potere evoca la coercizione e il controllo, mentre l influenza rinvia alla persuasione e al coinvolgimento (Avallone, 2005). La leadership, quindi, si può definire come l uso di un influenza non coercitiva per dirigere e coordinare le attività dei membri di un gruppo organizzativo verso il raggiungimento degli obiettivi del gruppo (Jago, 1982). La leadership, infatti, non implica l uso del potere basato su premi e punizioni o l impiego della coercizione, ma si basa su una volontaria adesione da parte degli individui agli obiettivi prefissati dal leader. Essa consiste nella capacità di influenzare e di determinare un consenso volontario. Il potere è altresì la capacità di superare o di influenzare le resistenze degli altri assicurandosi un certo tipo di comportamento, di adesione e di acquiescenza (Novara e Sarchielli, 1996). Il leader, a differenza di chi ricopre un ruolo di potere formalizzato, è tale quando così appare agli altri. Da queste definizioni si può notare che la leadership e il potere sono tra loro collegati ma sono due concetti differenti che esplicano funzioni diverse. Nelle organizzazioni il potere può essere espresso da una persona fisica che ricopre il suo ruolo in maniera formalizzata, mentre si assiste alla nascita di un leader informale che non necessariamente condivide gli obiettivi organizzativi: in questo caso la situazione che si viene a creare minaccia la funzionalità organizzativa stessa. Il leader è pertanto un promotore, un attivatore, un gestore orientato al compito e agli obiettivi del gruppo ma è anche un portatore di valori, un punto di riferimento per le tensioni emotive e per i conflitti che inevitabilmente sorgono e accompagnano la comprensione delle cause e delle conseguenze dell attività organizzata. Spesso, il leader è chiamato a semplificare, comunicare e rendere intellegibile la complessità della realtà esterna e interna all organizzazione, e in questo lavoro di analisi e di interpretazione sta la crucialità di un ruolo professionale e sociale dal cui esercizio dipendono in buona misura sia la possibilità di conseguire obiettivi impegnativi, sia l evoluzione degli stili di convivenza interumana. La leadership, quindi, ha la funzione di mantenere un gruppo orientato verso un obiettivo specifico. Proprio perché quest ultima si basa su un consenso volontario pone l accento non tanto sulle funzioni quanto sulle persone delle quali cerca di individuare le potenzialità e le capacità, al fine di operare al massimo delle stesse; cerca inoltre di utilizzare l autonomia del singolo e di spronare lo spirito di iniziativa. Persegue con gli individui un progetto comune analizzando la realtà circostante e mantenendo l obiettivo prefissato difendendolo dall esterno. La focalizzazione è su nuove possibilità e sul cambiamento, sulla capacità di intrattenere ed individuare relazioni sia all interno che all esterno. Il livello di prestazione è valutato non tanto sul controllo produttivo quanto sulla motivazione e sul coinvolgimento al progetto comune. Il leader è una persona, dunque, capace di spronare al massimo gli altri, rendendoli partecipanti attivi di un progetto, che diventa prioritario rispetto ad una serie di bisogni e obiettivi personali, che vengono posticipati volontariamente per raggiungere uno scopo comune. Parlando di leadership si fa riferimento a tre diverse forze: le caratteristiche del leader (capacità, tratti di personalità, comportamenti tipici, stili di decisione, ecc.); le caratteristiche degli altri membri del gruppo; la situazione (cotesto storico, culture dell organizzazione, natura del compito, disponibilità delle risorse ecc.). La ricerca in psicologia si è orientata su quali siano i tratti di personalità del leader. Sono state fatte, a questo proposito, molte liste di aggettivi per rappresentare le caratteristiche di una buona leadership senza che sia stato comunque possibile individuare i tratti salienti di questa figura. * Università degli studi di Cassino QUALE Psicologia, 2010, 36 62
2 Caratteristiche come intelligenza, capacità di comprendere situazioni e bisogni degli altri, originalità di giudizio, bisogno di riuscita, socievolezza, adattabilità, popolarità, estroversione ecc. sono infatti caratteristiche comuni non solo ai leader efficaci ma anche a chi non lo è mai stato e a chi ha perso la propria posizione di leadership. Una caratteristica interessante è che spesso i tratti del leader vengono giudicati come positivi anche se le stesse caratteristiche in altre persone non hanno la stessa accezione positiva (Avallone, 2005). Gli studi più recenti hanno evidenziato che esistono differenti stili di leadership e che non tutte vanno bene per tutte le situazioni, dovendo il leader cambiare al cambiare di queste. In alcuni casi può risultare utile uno stile orientato alla produzione, in cui diventa importante il raggiungimento dell obiettivo; in altri, sono più indicati leader maggiormente interessati ai dipendenti e ai loro bisogni. In questo modo si supera la convinzione che vi sia uno stile di leadership migliore in assoluto; infatti, come aveva più volte affermato Vroom (1976), è necessario saper esercitare funzioni diverse in situazioni in cui i compiti sono differenti. Inoltre, è necessario sottolineare che la capacità diagnostica non può prescindere da importanti fattori quali le caratteristiche personali dei collaboratori, del compito, dell organizzazione e dell ambiente esterno. Se non si tenessero ben presenti queste caratteristiche gli obiettivi del leader e di tutta l organizzazione sarebbero pessime e con poche prospettive sia di successo dell organizzazione sia di una leadership funzionale. Caratteristiche del leader Da queste premesse, gli autori Hersey e Blanchard (1984) hanno strutturato un modello situazionale di leadership che deriva dalla combinazione di due stili comportamentali, quello supportivo e quello direttivo. Lo stile supportivo è caratterizzato dalla capacità di fornire sostegno, di comunicare, di agevolare le interazioni; mentre, quello direttivo è caratterizzato dalla capacità di specificare gli obiettivi, di organizzare le persone e la loro attività lavorativa, fornire direttive precise. Gli Autori, inoltre, pongono l accento anche sui collaboratori, in quanto sono poi loro ad accettare o respingere una specifica leadership determinandone il potere personale. Il livello di maturità, inteso come competenza ed esperienza di un individuo o gruppo, la capacità di stabilire obiettivi, di raggiungerli e di prendersi le responsabilità definisce anche lo stile di leadership più appropriato. Affrontando il tema della leadership non si può prescindere dal chiarire le caratteristiche ricercate in un leader. Il vero leader possiede delle caratteristiche fondamentali, dei tratti caratteriali che sono da ritenersi indispensabili. Queste caratteristiche sono presentate di seguito: La Self-awareness, cioè la coscienza di sé. Il leader deve essere pienamente cosciente delle proprie capacità e della propria intelligenza e deve sapere come usare queste doti per raggiungere obiettivi ben precisi. La coscienza di sé, però, non deve essere confusa con l immodestia e la presunzione; caratteristiche che non agevolano il ruolo di leader specialmente nei rapporti con i sottoposti. La Credibilità è un altra caratteristica importante tanto che tutti coloro che hanno a che fare con il leader lo devono reputare una persona credibile ed affidabile; è importante che il team, che le persone in generale, si fidino di lui. Il leader deve essere sempre ritenuto credibile. L Empatia, perché il leader deve essere capace di comprendere gli altri, di «sentire» le persone, di capire quello che provano. L Onestà: il vero leader deve essere una persona onesta, corretta e leale nei confronti degli altri leader, così come nei confronti del proprio team. Il leader è la persona di cui ci si fida, nella quale si ripone fiducia. La Comunicazione è una caratteristica fondamentale del leader in quanto è la capacità di farsi capire, di esprimere chiaramente le idee e gli obiettivi da raggiungere; il bravo leader sa comunicare, sa capire gli altri e sa farsi comprendere dagli altri. L Active listening (l ascolto attivo), che è la capacità di ascoltare e di capire. Il leader, infatti, deve essere in grado di ascoltare gli altri leader come tutto il suo team e deve dare non solo l impressione che stia ascoltando con interesse tutto ciò che gli viene detto, ma anche che sta cercando di capire e di trovare una strategia per agire. La Vision, perché il vero leader ha sempre una vision, guarda lontano, sa quali saranno gli obiettivi da raggiungere ed ha la capacità di trasmettere la sua vision al proprio team. Stili di leadership Dopo aver definito le caratteristiche del leader, è necessario esplicitare gli stili di leadership che si distinguono nel management: lo stile autocratico; lo stile democratico; lo stile di delega o laissez faire. Con lo stile autocratico il leader impone le proprie decisioni, egli decide cosa, come e quali sono i tempi necessari per attuare la decisione presa. In questo modo, il leader non chiede e non ascolta il parere di altri, ma segue il proprio istinto e la propria volontà. QUALE Psicologia, 2010, 36 63
3 Con lo stile democratico il leader chiede al proprio team di partecipare alla risoluzione di un problema, le decisioni sono prese in maniera democratica, il parere di tutti viene ascoltato e tenuto in considerazione per la soluzione del problema. In questo modo, i componenti del team prendono parte al processo decisionale, si sentono coinvolti nel progetto e questo aiuta il leader a fare in modo che gli obiettivi di ciascun individuo coincidano con quelli dell azienda. Un approccio democratico consente poi al leader di avviare una migliore comunicazione con il proprio staff e di conoscere meglio le singole persone; inoltre, l approccio democratico del leader motiva il team, rende il lavoro più difficile ma sicuramente più entusiasmante e più challenging. L individuo che lavora con un approccio democratico è un individuo motivato e soddisfatto, che raggiunge gli obiettivi con più facilità ed entusiasmo. Proprio per questo, in un approccio democratico, il rendimento e la performance in generale, sono migliore che in caso di approccio autocratico. Infine, lo stile laissez faire viene adottato quando il team sa cosa fare e come fare, e, pur restando il leader il vero responsabile delle decisioni che saranno prese, è il team che agisce. In questo caso il leader si fa da parte e fa decidere al team, probabilmente perché la maggior parte delle informazioni necessarie alla soluzione del problema è già nelle mani del team. Non esiste uno stile «universale» e giusto di leadership, perché non esiste uno stile che va sempre bene e che il leader può adottare in qualsiasi circostanza; ma il bravo leader è colui che sa adottare uno stile diverso in base alle situazioni che si creano. Lo stile che il leader deve adottare cambia ogni volta che questi si trova ad affrontare una situazione diversa, e questo significa che egli adotterà uno stile contingente alla situazione. Laddove il leader si trova ad affrontare una situazione di emergenza, laddove c è la necessità di trovare una soluzione immediata, è opportuno che il leader adotti uno stile autocratico, cioè che decida rapidamente e senza dare ascolto a troppe voci perchè non ha il tempo di farlo. Se invece si deve adottare la soluzione per un problema complesso ma vi è tempo per farlo il bravo leader saprà ascoltare il parere del suo gruppo, saprà valutare le opinioni dei suoi collaboratori adottando così uno stile democratico. Quindi, il bravo leader è colui che cambia stile in base ai problemi da fronteggiare e tenendo in considerazione che la soluzione dipende dai seguenti fattori: tempo a disposizione; livello di fiducia nel team; preparazione e competenze del team; capire chi possiede le informazioni necessarie per risolvere il problema e prendere le decisioni; esistenza di eventuali conflitti tra i membri del team o con individui al di fuori del proprio gruppo. Nel primo caso (stile autocratico) è il leader che impone la propria volontà e che prevale sul team; nel secondo caso (stile democratico) il leader e i membri del team sono posti sullo stesso piano mentre nel caso di laissez faire c è la supremazia del team sulla volontà del leader. Questo semplice concetto dei tre stili di leadership viene ampiamente trattato dagli studiosi Kotter e Schlesinger, i quali evidenziano diversi stili di leadership, legati a come i leader introducono il cambiamento e a come prendono le decisioni. La presa di decisioni e la conseguente attuazione delle decisioni è un fenomeno da osservare, come è da osservare il modo in cui il leader arriva alla decisione. Strategie utilizzate dal leader 1. Coinvolgere i followers (i membri del team) può essere una strategia molto importante in quanto questi membri vengono coinvolti nel processo decisionale e partecipano alla scelta delle decisioni; 2. Negoziare: il leader cerca di trovare un accordo con le altre parti che hanno interesse nell azienda; 3. Educare: tutti coloro che hanno interesse nell azienda vengono educati a capire che la comunicazione con i followers può portare al raggiungimento della decisione; 4. Supportare: il leader supporta le persone che hanno interesse nell azienda, affinché si raggiunga la decisione finale; 5. Manipolare: il leader manipola le altre parti dell azienda al solo scopo di ottenere le informazioni necessarie per prendere le decisioni; 6. Minacciare: il leader potrebbe obbligare una persona del proprio staff a fare determinate cose o a fornire determinate informazioni dietro minaccia di mancata promozione; 7. Cooptare: il leader illude perché fa credere agli altri di coinvolgerli, ma in realtà pensa solo al suo tornaconto personale. Gli studiosi come Mac Gregor Burns e poi Bass, ci parlano di due tipi di leadership: transactional e transformational. Il transactional leader è colui che si comporta da leader esercitando la propria autorità e ricevendo qualcosa in cambio. In questo caso, tra il leader e il led (la persona che viene guidata) s instaura un rapporto che dura fino a quando entrambi riescono ad ottenere qualcosa. Questo tipo di leadership ha come presupposto il fatto che le persone sono motivate da ricompense e da punizioni. Il transactional leader è generalmente una persona dominante, orientata all azione e a dare direttive per raggiungere obiettivi a breve termine; come s intuisce, il suo stile sarà sicuramente uno stile autocratico. Il transformational leader è colui che può definirsi leader nato, colui che sa guidare e motivare gli altri senza chiedere nulla in cambio, senza scambi di favori; è colui che riesce a guidare una squadra grazie alla propria QUALE Psicologia, 2010, 36 64
4 fondamentale capacità di motivare gli altri. Costui è di solito una persona di alta integrità morale, una persona con una vision ed una mission; si tratta di un individuo assertivo, sicuro, che adotta generalmente un approccio partecipativo (stile democratico), che sa ottenere l impegno del proprio team e che è pienamente in grado di gestire i conflitti. Il transformational leader è una persona carismatica, capace di trasformare l azienda e di trasformare i propri followers, perseguendo obiettivi a medio e lungo termine. Teorie di riferimento Il leader è tale quando è in grado di costituire un team coeso e orientato a determinati obiettivi. Se c è un punto d accordo (tra i teorici nella letteratura sulla leadership), esso è dato dalla constatazione che il leader è il nucleo focale del gruppo. Nel passato sono stati diversi i tentativi di definire la leadership, Cooley (1902) riteneva che il leader fosse sempre il nucleo di una tendenza e dall altro canto, il nucleo di tutti i movimenti sociali. Mumford (1906) osservò che la leadership è la preminenza di uno o di pochi individui in un gruppo nel processo del controllo dei fenomeni sociali. Blackmar (1911) riteneva che la leadership consistesse nel tentativo di centralizzare in una persona l espressione del potere di tutti. La leadership è stata definita anche come esercizio d influenza; infatti, l uso del termine influenza segna il passo nella direzione verso la generalità nella definizione della leadership. Nash (1929) suggerì che il concetto di leadership implichi un cambiamento d influenza nella direzione delle persone. Tead (1935) definì la leadership come quell attività di influenzare le persone alla cooperazione rivolta ad alcuni scopi desiderabili, mentre Stodgill nel 1950 sosteneva che la leadership fosse quella attività di influenzare le azioni di un gruppo organizzato al fine di raggiungere i propri scopi ed obiettivi. Per Shartle (1951) il leader dovrebbe essere considerato un individuo che esercita un influenza positiva sulle azioni degli altri o che per lo meno esercita un influenza più importante rispetto gli altri membri dell organizzazione. Per Cartwright (1965) la leadership è uguale al dominio dell influenza. La leadership può essere intesa anche come forma di persuasione e secondo questo filone teorico il leader rappresenta il fattore determinante nella relazione con i seguaci. Per Schenk (1928) la leadership è amministrazione, gestione degli uomini attraverso la persuasione e l ispirazione piuttosto che con la coercizione; il leader risolve problematiche immediate applicando la conoscenza e i fattori umani. Nella concezione di Cleeton e Mason (1934) la leadership indica l abilità di influenzare gli uomini e assicurare i risultati attraverso appelli emotivi piuttosto che attraverso l esercizio d autorità. Un ennesima importante definizione in tal senso è quella fornita da Copeland (1942) secondo il quale la leadership è l arte di influenzare il corso di un azione attraverso la persuasione. La definizione della leadership sulla base della persuasione tende ad essere favorita dagli studenti e dai politici. Alcuni autori hanno parlato della leadership come relazione di potenza ed hanno incluso nella loro descrizione del concetto l idea del perseguimento e del conseguimento dello scopo. Alcuni hanno definito la leadership in chiave di valore strumentale per il raggiungimento degli scopi e bisogni del gruppo. Cowley (1928) riteneva che il leader è una persona che ha un programma e che si sta muovendo verso un obiettivo con il suo gruppo in un determinato modo. Bellows (1929) descrisse la leadership come quel processo di sistemazione di una situazione così che i vari membri del gruppo, incluso il leader, possano perseguire gli obiettivi comuni minimizzando le spese di tempo e lavoro. Davis (1942) si riferì alla leadership come alla principale forza dinamica che stimola, motiva, coordina l organizzazione nel perseguimento dei propri motivi. Per alcuni autori la leadership viene vista come effetto dell interazione; Pigors (1935), ad esempio, sostiene che la leadership è un processo di stimolazione mutuale che controlla l energia umana nel conseguimento di una causa comune. Anderson nel 1940 sosteneva che il vero leader fosse capace di individuare le differenze individuali e rivelare al gruppo una base per definire gli scopi comuni. La leadership, talvolta è descritta come un ruolo differenziato. Di particolare rilevanza risulta essere la teoria del ruolo, secondo la quale ciascun soggetto occupa uno status nella società, così come nelle organizzazioni e nelle istituzioni. In questo contesto la leadership può essere considerata come una caratteristica di differenziazione tra ruoli. Per Gordon (1935) la leadership può essere concettualizzata come un interazione tra una persona e il gruppo o, più specificamente, tra una persona e i membri del gruppo; ciascun partecipante in questa situazione può giocare un ruolo e tali ruoli sono differenziati. Nella concezione di Sherif (1956) il leader è un ruolo all interno di uno schema di relazioni ed è definito da uno schema di aspettative reciproche tra leader e altri membri; il ruolo del leader è definito, come gli altri ruoli, da aspettative stabilite. Newcomb, Converse e Turner (1965) osservarono che i membri del gruppo forniscono dei contributi diversi per il raggiungimento dello scopo; questi sono rilevanti ed indispensabili, quindi i membri devono essere considerati esattamente alla pari del leader. Alcuni teorici che si sono occupati di leadership la descrivono come iniziazione di una struttura. Con questa definizione vogliono affermare che non vedono la posizione del leader passiva o come ruolo acquisito ma, anzi, come un processo d originazione e mantenimento di una struttura di ruolo. Gouldner (1950) suggeriva l esistenza di una differenza tra lo stimolo che parte dal seguace e quello che parte dal leader; in quest ultimo caso c è la probabilità che lo stimolo strutturi il comportamento del gruppo in quanto il gruppo stesso ritiene QUALE Psicologia, 2010, 36 65
5 che il leader detenga la legittimazione della fonte dello stimolo. La leadership si realizza in continui tentativi da parte di un leader di influenzare il comportamento dei subordinati in una specifica situazione. In questo contesto la generalità con cui si descrive la leadership permette di estendere il concetto a tutte quelle relazioni interpersonali nelle quali siano presenti tentativi d influenza. Inoltre dalla suddetta definizione su può dedurre come la leadership sia un processo o funzione più che un ruolo prescritto. L esercizio dell influenza interpersonale rappresenta solo un tentativo del leader e non è detto vada sempre a buon fine: è l efficacia che misura il successo di tale tentativo perché una persona che tenta di influenzare un altra, ma senza successo, è considerata comunque un leader, seppure inefficace. Un altro concetto basilare espresso nella definizione di Tannenbaum è quello di situazione in cui l influenza è esercitata. La situazione comprende quegli aspetti che esercitano un impatto attitudinale e comportamentale sugli individui in relazione all affluenza. La situazione può includere: a) fenomeni fisici (rumore, disposizione dei mobili); b) la presenza d altri individui; c) l organizzazione; d) una cultura più ampia, che comprenda ad esempio le prescrizioni di ruolo; e) obiettivi, inclusi quelli personali. Secondo Tannenbaum il leader esercita l influenza tramite la comunicazione, quindi attraverso la trasmissione del messaggio al ricevente, in modo che questi lo interpreti nel modo desiderato dall emittente. Infine, alcuni autori hanno classificato i leader sulla base del tipo di funzioni che essi prestano. Mooney e Reley (1931) focalizzarono 3 processi scalari nell organizzazione, che sono: a) la leadership; b) la delegazione; c) la definizione funzionale. Coffin nel 1944 suggerì 3 funzioni di leadership: pianificazione, organizzazione (esecuzione), e supervisione (persuasione). Gross (1961) propose molte mansioni di leadership: definizione degli scopi, chiarimento e amministrazione degli stessi, scelta dei mezzi appropriati, motivazione e rappresentanza del gruppo. Bales e Slater (1955) osservarono che il leader realizza 2 funzioni distinte: la prima è associata alla produttività e la seconda riguarda il supporto socio emotivo del gruppo. Roby (1961) sviluppò un modello matematico di funzioni di leader fondate sull informazione: creare una congruenza di scopi fra i membri, bilanciare le risorse del gruppo e le capacità con le richieste avanzate dall ambiente, fornire una struttura del gruppo che focalizzi le informazioni in funzione delle soluzioni ai problemi, fare in modo che tutte le informazioni siano disponibili al centro di decisione quando ciò è richiesto. Stodgill (1959) riteneva che il leader deve mantenere la direzione degli scopi e della struttura, riconciliare i conflitti emergenti all interno o all esterno del gruppo. Accanto a tutte queste considerazioni si può aggiungere che le classiche teorie del management suggeriscono che le principali funzioni che un leader dovrebbe espletare sono: pianificazione, organizzazione e controllo; vari teorici aggiungono il coordinamento, la supervisione, la motivazione. Bibliografia Avallone, F., 2005, Psicologia del lavoro, Roma, La Nuova Italia Scientifica. Cooley, C. H. (1902) Human nature and social order, New York: Scribner s Hersey, P., Blanchard, K., 1984, La leadership situazionale, Torino, Sperling and Kupfer. Jago, A. G., 1982, Leadership: Perspesctives in Theory and Research, in Management Science, 28, pp Novara, F., Sarchielli, G., 1996, Fondamenti di psicologia del lavoro, Bologna, Il Mulino. Schein, E., 1980, Organizational psychology, Prentice Hall, Englewood Cliffs (N. J.), 3 ed. Sherif, M. (1966) In common predicament: Social psychology of intergroup conflict and cooperation, Boston: Houghton-Mifflin Sherif, M. and Sherif, C. W. (1967). Attitudes as the individual s own categories: The social-judgment approach to attitude and attitude change. In C. W. Sherif and M. Sherif (eds.), Attitude, ego-involvement and change (pp ). New York: Wiley. Sherif, C. W., Sherif, M. and Nebergall, R. E. (1965). Attitude and attitude change: The social judgmentinvolvement approach. Philadelphia: W. B. Saunders. Sherif, M., Taub, D. and Hovland, C. I. (1958). Assimilation and contrast effects of anchoring stimuli on judgements. Journal of Experimental Psychology, 55, Tannenbaum Arnold S.(1975) Psicologia sociale dell organizzazione del lavoro, Milano, Franco Angeli. Vroom, V. H., Jago, A. G., 1976, "Can leader learn to lead?", Organizational dynamics, I. QUALE Psicologia, 2010, 36 66
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