LAUREA IN INFORMAZIONE SCIENTIFICA SUL FARMACO, FARMACIA

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1 1 Università di Pisa ELEMENTI di PSICOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE per i CORSI di LAUREA IN INFORMAZIONE SCIENTIFICA SUL FARMACO, FARMACIA e SCIENZE ERBORISTICHE Dott. Prof. Fulvio Corrieri, psicologo Avvertenza. Il presente lavoro costituisce un supporto per la didattica universitaria dell Ateneo di Pisa. La Sua riproduzione è quindi riservata ai Corsisti e alle persone autorizzate che possono effettuare il downloading della stessa. L eventuale utilizzazione e/o riproduzione per scopi diversi dalla consultazione per motivi di studio e/o di ricerca, d interesse scientifico e/o culturale, comunque non autorizzato al di fuori del Corso di Laurea e dell Ateneo di Pisa, è da considerarsi perciò illegittima. E ovviamente possibile la citazione di parti dello strumento didattico nelle forme riconosciute indicandolo lo stesso quale fonte sitografica. Presentazione Fulvio Corrieri, psicologo iscritto all OPT (Ordine degli Psicologi della Toscana, posizione 1154) con studio clinico libero professionale ove svolge attività psicodiagnostica e di sostegno, da anni collabora alle attività di ricerca psicologica dell Ateneo di Pisa e del CAFRE, sotto la direzione di Piero Paolicchi ed Elena Calamari. Docente a contratto presso la SSIS per l insegnamento di Psicologia e per Psicologia e Mediazione (corso base) presso il Corso di Laurea in Scienze per la Pace. Fa parte del CISP dell Ateneo di Pisa. Fa parte della Commissione di Psicologia e Scuola (OPT). E membro del CUG presso l USR della Toscana. Ha realizzato numerosi interventi in campo formativo ed educativo. fulviocorrieri@alice.it. - corrieri.fulvio@gmail.com Cellulare: ; oppure:

2 2 Programma Definizione di comunicazione I modelli della comunicazione Le funzioni della comunicazione La pragmatica della comunicazione umana CV e CNV Stili di comunicazione: passivo, aggressivo e assertivo Comunicazione e gruppo Il gruppo sociale e il gruppo di lavoro Le reti comunicative nei gruppi Comunicazione e leadership Comunicazione, stereotipi e pregiudizi Comunicazione e conflitto La gestione costruttiva delle emozioni e dei conflitti nelle relazioni interpersonali Life-skills e comunicazione efficace Empowerment, self-empowerment e comunicazione Cos è comunicare?

3 3 ( ) la comunicazione non è solo razionalità, ma anche e soprattutto espressione di emozioni, di sentimenti, di valori (S. Castelli, 1996) Comunicare e comunicazione sono termini che etimologicamente rimandano alla parola latina communis, composta dal prefisso cum, con, indicante lo stare insieme, e munis, cioè svolgere una funzione. Com-munis rimanda a ciò che è comune e condiviso, in opposizione a ciò che è proprius, perciò non condivisibile per sua natura con altri. Nella sua accezione più ampia, come sottolinea Galimberti (1992), il termine viene impiegato in ambiti diversi, quali quelli della biologia, della cibernetica *, della etologia, intesa come lo studio del comportamento animale nelle condizioni più prossime a quelle dell habitat naturale, per indicare lo scambio di messaggi tra soggetti, organismi e macchine. La comunicazione umana nell ottica della psicologia è un processo sociale. Essa, infatti, è un sistema che richiede più attori impegnati in una serie di eventi. La comunicazione è perciò un attività eminentemente sociale: per definizione, infatti, si ha comunicazione soltanto all interno di gruppi (o comunità), in quanto il gruppo rappresenta una condizione necessaria e un vincolo per la genesi, l elaborazione e la conservazione di qualsiasi sistema di comunicazione (Anolli, 2006, p.13). A sua volta, qualsiasi sistema di comunicazione alimenta, influenza e modifica in modo profondo la vita stessa del gruppo, per cui socialità e comunicazione sono due dimensioni distinte ma intrinsecamente interdipendenti; esse si evolvono in modo congiunto, con un andamento a spirale senza fine, attraverso un processo reciproco di continui rimandi (ibidem). La comunicazione ha quindi una natura relazionale. La comunicazione inoltre è un attività cognitiva perché ci consente di esplicitare ad altri ciò che pensiamo e sperimentiamo nel nostro teatro interiore come, ad esempio, le emozioni. Infine la comunicazione è strettamente connessa all azione perché implica sempre un fare qualcosa nei confronti di un altro. Essa perciò rappresenta un attività umana sofisticata, oltremodo complessa e articolata, costitutiva dell identità dei soggetti partecipanti e delle culture di riferimento (Anolli, cit., 2006, p. 14). Bateson (1972) ha posto in evidenza che gli individui non solo si mettono in comunicazione, né semplicemente prendono parte alla comunicazione, bensì sono in comunicazione e attraverso di essa mettono in gioco se stessi e la propria identità. Dal punto di vista psicologico essere in comunicazione significa che nella e mediante la comunicazione le persone costruiscono, alimentano, mantengono, modificano la rete delle relazioni in cui sono immerse e che esse stesse hanno contribuito a tessere (Anolli, cit., 2006, p.33). Occorre quindi distinguere tra comportamento, inteso come qualsiasi azione motoria di un individuo, osservabile in qualche modo da un altro, informazione, intesa come contenuto del messaggio, e interazione, che è un qualsiasi contatto (sia fisico che virtuale) che avviene tra due o più individui, anche involontariamente, e che ha la

4 4 capacità di modificare lo stato delle cose preesistente fra di loro. Queste distinzioni ci consentono di rilevare che la comunicazione, a differenza dell informazione, implica l intenzionalità comunicativa: infatti, A vuole comunicare qualcosa a B, e vuole che il suo atto comunicativo sia riconosciuto in quanto tale da B. Inoltre ogni comunicazione implica un interazione, ma non tutte le interazioni sono comunicazioni. Fatte queste distinzioni, si può affermare che la comunicazione (in quanto atto comunicativo) può essere definita come uno scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato d intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento (Anolli, 2006, p. 37). La cultura costituisce perciò un elemento essenziale per la definizione della comunicazione. Essa è l ambiente invisibile nel quale viviamo senza rendercene conto, un po come il pesce che vive nell acqua e che non può fare a meno di essa. La cultura è dentro e fuori le nostre menti, essa è ovunque. La stessa comunicazione peraltro, come la cultura, è esterna ed interna a noi: infatti, essa trae origine da un lato, dal progetto interno e dall intenzione comunicativa di un soggetto e, dall altro, dalla manifestazione pubblica di tale intenzione in modo ostensivo ** (verbale e non verbale) ad altre persone (Anolli, 2006, p. 76). Il rapporto tra cultura, gruppi sociali ed individui è dialettico: la cultura plasma gruppi sociali e persone e questi trasformano la cultura. La comunicazione fa parte integrante di questi processi di interdipendenza dai quali si originano anche nuove forme di comunicazione, come dimostra lo sviluppo recente dei nuovi media. * con il termine cibernetica s intende quel ramo della scienza pura ed applicata, che si prefigge lo studio e la realizzazione di dispositivi e di macchine capaci di simulare le funzioni del cervello umano, autoregolandosi per mezzo di segnali di comando e di controllo in circuiti elettrici ed elettronici o in sistemi meccanici (De Voto, Oli, 2011). Fu introdotto dal matematico americano N. Weiner (1947), derivandolo dall espressione greca l arte del pilota. ** ostensivo significa diretto a mostrare Modelli di comunicazione Una delle prime formalizzazioni teoriche apparse in tempi moderni dei modelli di comunicazione è il classico modello di Shannon e Weaver (1949), in cui si definisce la comunicazione come il trasferimento di informazioni da un emittente a un ricevente a mezzo di messaggi. Lo schema teorico è semplice e lineare: esso prevede un emittente che, dopo averlo codificato, trasmette un messaggio attraverso un canale a capacità limitata ad un ricevente, che lo decodifica. Il processo avviene nell ambito di un contesto che consente di definire la natura e il tipo di comunicazione che si realizza tra i due poli dell interazione.

5 La presenza di rumori che possono disturbare la trasmissione del messaggio è una delle caratteristiche peculiari del modello che consente di indagare le condizioni che rendono più efficiente ed efficace la comunicazione. I rumori possono essere di varia natura: parole difficili, concetti confusi, perifrasi, evocazioni connesse alla storia emozionale dei due poli del processo comunicativo ne sono esempi. Esistono inoltre errori connessi alla educazione ricevuta o alla struttura stessa di personalità, che spingono a distorcere sistematicamente alcune parole o alcuni significati. Il rischio di questo schema è quello di interpretare come rumore anche ciò che in effetti essenziale alla piena riuscita del processo comunicativo, come, ad esempio, l insieme delle conoscenze, credenze, convinzioni, aspettative dei soggetti che interagiscono tra loro e che condizionano sia la trasmissione che la ricezione del messaggio e del suo contenuto. In altri termini, lo schema rischia di sottovalutare l importanza della pre-comprensione che i soggetti possiedono relativamente ai contenuti del messaggio e che può distorcere la corretta ricezione e codifica e decodifica dello stesso. Inoltre fa parte di questa pre-comprensione dei soggetti comunicanti l idea che gli stessi hanno del comunicare e di come si comunica. Si pensi, in proposito, all uso errato delle modalità d interazione comunicativa dettate dai nuovi strumenti di comunicazione, in particolare dalla CMC, la comunicazione mediata attraverso il computer, oppure all utilizzo degli SMS, sempre più diffuso, con i quali si tenta spesso di esprimere contenuti in forme inadeguate (ad esempio, si è costretti a utilizzare immagini convenzionali come le cosiddette emoticons per dare informazioni sul senso da attribuire al contenuto del messaggio). La stessa posta elettronica richiede di essere utilizzata in forme adeguate, altrimenti si può distorcere anche nel suo utilizzo il senso del messaggio trasmesso. Da qui l attenzione crescente anche agli aspetti etico - giuridici, quali quelli legati alla privacy e al contrasto degli abusi, talvolta involontari, dovuti alla scarsa conoscenza del mezzo comunicativo. Con l estendersi degli studi sulla comunicazione, prendendo soprattutto in esame le modalità non verbali, si è reso necessario abbandonare modelli lineari come quello di Shannon e Weaver, nonostante permanga intatta la loro importanza storica, per rendere conto del fatto che la comunicazione non solo passa da un emittente ad un ricevente, ma che viene in ogni istante modulata dalle risposte che il ricevente elabora. Infatti l informazione trasmessa dall Emittente al Ricevente origina inevitabilmente un feedback, un segnale di ritorno che consente all emittente di modulare la propria comunicazione successiva, adattandola a quella che gli appare essere la situazione di chi riceve. Il passaggio da modelli di comunicazione a causalità linearità a modelli a causalità circolare ha rappresentato una vera e propria rivoluzione scientifica nell ambito degli studi della comunicazione. Nei modelli lineari il rapporto di causa-effetto è di tipo deterministico: si può dire cioè che l evento A (il passaggio dell informazione) viene per primo, e che l evento B (il comportamento conseguente) è causato dal verificarsi di A. I modelli circolari o interattivi della comunicazione, invece, introducono nuovi concetti tra cui è fondamentale quello di retroazione o di feedback: tra le due parti implicate nel 5

6 6 processo comunicativo; perciò nello scambio comunicativo si attua sempre un processo di retroazione negativa con il quale il ricevente è in grado di far pervenire all emittente la sua reazione a quanto gli viene comunicato. Il ricevente è così in grado di influire con le sue parole e con il suo comportamento sul successivo procedere del processo comunicativo. Pertanto la comunicazione non segue più un processo lineare (da A a B a C ecc.), bensì circolare: il messaggio torna al punto di partenza, proprio come i dati in uscita rientrano nel sistema arricchendo lo spazio vitale in cui si realizza l interazione comunicativa di ulteriori dati, essenziali al mantenimento dello stesso processo comunicativo. La comunicazione è quindi un processo di interazione circolare dove non ha più senso dire che l evento A viene per primo e che l evento B è causato dal verificarsi di A, (non è possibile stabilire qual è la causa determinante e l effetto determinato, cosa viene prima e cosa viene dopo), perché commettendo lo stesso errore si potrebbe dire che l evento B precede l evento A a seconda di dove si scelga di interrompere la continuità del processo circolare. Non c è generalmente un inizio ed una fine, bensì ogni messaggio o comportamento è insieme effetto e causa di altri messaggi o comportamenti. L assenza della consapevolezza di questo carattere circolare del processo comunicativo produce errori spesso fatali per le relazioni interpersonali, come accade quando sia la persona A sia la persona B dichiarano che i loro comportamenti comunicativi sono soltanto la reazione al comportamento del partner, senza accorgersi che sono loro stessi ad influenzare l altro con la loro reazione. In ogni caso l idea che esista una struttura comune a tutte le possibili forme di comunicazione è universalmente accettata nella forma che stata elaborata dal linguista Jakobson (Galimberti, 1992). Le funzioni della comunicazione Jakobson ha indicato sei principali funzioni della comunicazione: referenziale (denotativa e cognitiva), espressiva (emotiva), conativa, fàtica, metalinguistica e poetica. Lo scambio di informazioni tra gli interlocutori su determinati temi ed argomenti è essenziale per l adattamento all ambiente e il linguaggio costituisce il veicolo privilegiato per eseguire la 1) funzione referenziale o proposizionale, che è orientata verso il referente, cioè verso il contesto, la realtà extralinguistica. Sono esempi di tale funzione asserzioni come oggi piove, la felicità esiste, i marziani sono verdi. Questa funzione è detta denotativa perché l enunciato non contiene alcuna sfumatura di carattere soggettivo o emotivo (De Voto, Oli, 2011) (il suo opposto è la connotazione), ma è anche cognitiva perché serve ad elaborare, organizzare e trasmettere conoscenze fra i partecipanti, processi questi che avvengono attraverso la formulazione di proposizioni. Il linguaggio riveste qui un ruolo essenziale perché rende comunicabile il proprio pensiero. La 2) funzione espressiva si riferisce all espressione diretta dell atteggiamento del soggetto riguardo a ciò di cui si comunica ed è concentrata sul mittente, mentre quella 3) conativa è

7 7 diretta al destinatario; ne sono esempi le espressioni verbali all insegna dell imperativo (un comando). A differenza di una frase dichiarativa (ad esempio, questo oggetto è rosso ), la frase imperativa (ad esempio, alzati e cammina! ) non può subire alcuna verifica di verità (Galimberti, 1992, p. 206). La 4) funzione fàtica si riferisce, invece, alla capacità che i messaggi possono avere per stabilire, mantenere, prolungare o interrompere la comunicazione o a verificare il funzionamento del canale (ad esempio, Pronto, mi senti? ). Nella 5) funzione meta - linguistica o meta - comunicativa gli interlocutori possono comunicare sulla stessa comunicazione in atto, precisando le caratteristiche della relazione o il significato del messaggio stesso; ad esempio, dopo aver pronunciato una frase ambigua o pesante, si può dire Volevo solo scherzare! (Pedon, 2011). Tale funzione comporta due operazioni distinte, costituite dalla riflessione sul linguaggio che si usa e dall evidenziare gli aspetti relazionali implicati negli scambi comunicativi. La prima operazione consente di decodificare in modo corretto il messaggio (ci aiuta a capire cosa significa il messaggio, oppure se il messaggio ha un valore puramente dichiarativo è così e così - o direttivo fai così e così), mentre la seconda consente di chiarire la relazione che sussiste tra gli interlocutori. Essa permette di precisare la definizione di sé che ciascuno intende proporre (Pedon, cit., 2011, p. 79). M illumino d immenso di Ungaretti è un esempio tra i più famosi della 6) funzione poetica della comunicazione: qui l accento è posto non sul destinatario né sul mittente oppure sul canale o sulla relazione, quanto sul messaggio per se stesso (Galimberti, 1992). Si può comunque osservare che a queste funzioni sono sottese funzioni ancor più generali, come la funzione relazionale della comunicazione, che evidenzia come la comunicazione genera e rinnova le relazioni ed è alla base della intersoggettività dialogica nella negoziazione dei significati e nella condivisione degli scopi (Anolli, 2006, p. 42). La pragmatica della comunicazione Di ciò di cui non si deve parlare si deve tacere (L. Wittgenstein, Tractatus logicus-philosophicus, 1920) Negli anni Sessanta - settanta del secolo da poco trascorso, un gruppo di studiosi, del quale facevano parte studiosi come Watzlawick e a cui comunemente ci si riferisce come scuola di Palo Alto (la località californiana dove sorgeva il loro laboratorio di psicologia della comunicazione, il Mental Research Institute), analizzarono sistematicamente gli effetti pragmatici, cioè comportamentali, della comunicazione, ponendo in evidenza il ruolo patogenetico dei processi comunicativi nelle patologie psichiatriche (ad esempio, nella schizofrenia). La loro ricerca si concentrò quindi sul modo in cui la comunicazione influenza il comportamento, considerando sia il contenuto verbale sia gli aspetti non verbali dei processi comunicativi. A differenza degli studiosi del modello lineare della comunicazione, il loro interesse non era limitato all effetto della comunicazione sul comportamento del solo

8 8 ricevente, ma si rivolgeva anche all effetto che la reazione del ricevente produceva sull emittente. Nel loro studio ormai classico "Pragmatica della comunicazione umana" (1967), gli Autori indicarono le "proprietà semplici della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali" (Watzlawick et al., p.40). Tali proprietà hanno quindi una natura assiomatica, trattandosi di affermazioni basilari che consentono di dimostrare l'influenza che la comunicazione stessa esercita sui comportamenti umani, e derivanti da una vasta gamma di osservazioni dei fenomeni di comunicazione. Gli assiomi della comunicazione sono cinque. Il primo assioma Il primo assioma sostiene che non si può non comunicare. Se si accetta che l intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare, per cui l attività e il suo opposto, le parole o il silenzio sono comunque messaggi in grado di influenzare gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro (ibidem, p.41). In effetti qualsiasi comportamento, le parole o i silenzi, l attività o l inattività dei soggetti hanno il valore di messaggio, influenzando gli interlocutori che non possono non rispondere a queste comunicazioni. Occorre ricordare che gli Autori il termine di comunicazione viene usato come sinonimo di comportamento e il comportamento non ha un suo opposto, non è possibile non avere un comportamento. Il passeggero di un treno che siede con gli occhi chiusi o tenendo ben fisso un giornale davanti a sé, sta comunicando di non voler parlare con nessuno e di non voler essere disturbato. I vicini di solito afferrano il messaggio e rispondono in modo adeguato, lasciandolo in pace. La comunicazione comunque avviene, anche quando non è intenzionale e conscia. Il che significa che il processo comunicativo non s identifica con la comprensione reciproca dei soggetti in interazione tra di loro. Il secondo assioma Il secondo assioma metacomunicazionale afferma che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione di modo che il secondo classifica il primo, ed è quindi metacomunicazione (ibidem, p.46). In ogni processo comunicativo sono implicati due livelli comunicativi, cioè il livello del contenuto e quello della relazione, per cui una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso impone un comportamento (ibidem, p.43).

9 Se vi trovate di fronte ad un cartello indicatore che vi segnala la direzione della città che dovete raggiungere, e sotto il nome della città trovare scritto ignorate questa indicazione, costituisce un esempio di comunicazione paradossale dovuta al conflitto tra il contenuto della comunicazione e la metacomunicazione, intesa come comunicazione sulla comunicazione stessa. Ciò equivale a dire che, quando vi è una comunicazione tra due o più persone, non vi è mai solo uno scambio di contenuti e informazioni, ma viene definito anche il tipo di relazione che sussiste tra le persone e implicitamente se stessi. Dire ad un guidatore inesperto che sta imparando a condurre l auto è importante togliere la frizione gradatamente e dolcemente, non è diverso, nel contenuto del messaggio, dal dire togli di colpo la frizione e rovinerai la trasmissione del mezzo!, mentre è assai diverso dal punto di vista relazionale, perché nel primo caso la relazione si caratterizza nel senso dello sforzo per sostenere le difficoltà dell allievo, mentre nel secondo caso l accento cade sulla posizione di subalternità di questi rispetto al guidatore esperto che rimarca la sua superiorità sull altro proprio attraverso in cui comunica il messaggio. L informazione sul contenuto è perciò data dagli aspetti semantici, mentre ciò che codifica quella relazione è il modo del nostro messaggio: tono, gesti, parole scelte, determinano il significato del contenuto stesso. Lo stesso identico contenuto cambia di valore in funzione della modalità in cui viene espresso; infatti, la domanda: perché non provi ad ordinare il materiale cartaceo prima di inserirlo nel PC? Vedrai che ti troverai meglio non presenta alcuna informazione diversa dalla frase Ordina le schede prima di inserirle nel PC!. Quello che cambia è la relazione: nel primo caso un collega propone una relazione più o meno paritaria, collaborativa, mentre nel secondo caso la relazione che viene proposta è di dominio-sottomissione. Le risonanze emotive e le risposte comportamentali che provocano questi due messaggi sono molto diverse: perciò è l aspetto di relazione che chiarisce il significato del contenuto. Come nel caso dei due colleghi, quando qualcuno non accetta un certo messaggio, il rifiuto spesso non è rivolto al contenuto, ma alla relazione proposta, al come si comunica piuttosto che al cosa si veicola nel processo comunicativo. Non seguendo il suggerimento del suo collega, il soggetto A non ha fatto altro che contestare il tipo di relazione veicolato dalla comunicazione. Molti dei conflitti della comunicazione nascono proprio perché i due interlocutori non sono d accordo su come impostare la loro relazione comunicativa. Spesso si crede di scontrarsi per ragioni di contenuto, in realtà lo si sta facendo a livello di relazione. È probabile che ognuno di noi abbia fatto esperienza di scambi di opinioni, discussioni o litigi che avevano come oggetto argomenti di nessuna importanza: quello che è in gioco non è la scelta di un mobile rosso o di una lampada blu, ma la definizione di chi gioca quale ruolo all interno della relazione interpersonale. 9

10 10 Quanto più una relazione è spontanea e sana, tanto più l aspetto relazionale della comunicazione ( ecco come mi vedo ecco come ti vedo ecco come ti vedo che mi vedi.. ) recede sullo sfondo. Viceversa le relazioni patologiche sono caratterizzate da una lotta costante per ridefinire la natura delle relazioni, mentre l aspetto del contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante (ibidem, p.44). Perciò la capacità di metacomunicare in modo adeguato non solo è la conditio sine qua non della comunicazione efficace, ma è anche strettamente collegata con il grosso problema della consapevolezza di sé e degli altri (ibidem, p.45). Il terzo assioma Il terzo assioma, che si richiama agli studi del matematico Bernard Bolzano sul concetto di infinito, afferma che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura dalle sequenze di comunicazione tra i partecipanti (ibidem, p.51). L alternanza continua fra messaggio e feedback rende la comunicazione umana un processo continuo per cui un osservatore esterno potrebbe considerare una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi. Poniamo la situazione di un capo e del suo collaboratore in cui il primo si comporta in maniera sempre più autoritaria e il secondo non perde occasione di manifestare atteggiamenti sempre più polemici. Se si chiede spiegazioni di questa situazione ai due protagonisti presi separatamente, essi si pronunceranno in maniera simmetrica: il capo giustificherà il proprio autoritarismo a causa degli atteggiamenti polemici del suo collaboratore, mentre quest ultimo sosterrà di difendersi dal comportamento del proprio capo contestandolo apertamente. La lettura non si differenzia per i contenuti, ma per il diverso ordine in cui li pongono, o come sostiene il terzo assioma, per il diverso modo di punteggiare la comunicazione, per cui ognuno interpreta il proprio comportamento come una risposta a quello dell altro. Partendo da posizioni diverse, i due punteggiano diversamente lo stesso scambio con la pretesa di entrambi di imporre la propria punteggiatura su quella dell altro. L errore non nasce dal fatto che una delle due prospettive sia meno corretta dell altra, ma da un imprescindibile esigenza umana, quella di voler attribuire una linearità, un inizio e una fine, ad un fenomeno che invece si configura come circolare, al fine di renderlo più compatibile con i nostri schemi mentali per lo più improntati alla causalità lineare. La possibilità di interpretare il processo comunicativo in tanti modi, fa sì che persone mosse da emozioni, aspettative, desideri diversi, segmentano diversamente la comunicazione fra di loro. Per risolvere i casi di malintesi o di conflitti che si generano per il diverso modo di punteggiare l interazione, è necessario spostare il piano del confronto: il capo e il collaboratore possono uscire dall empasse soltanto a patto di comunicare sulla loro comunicazione, cioè di metacomunicare. Si tratta cioè, di parlare del loro modo di rapportarsi l uno all altro, di come comunicano.

11 11 E necessario passare dal piano dei contenuti a quello delle relazioni, cioè dagli argomenti della comunicazione alla sua modalità: il loro problema, infatti, non è sulle informazioni, ma sul modo, rispettivamente autoritario e polemico, di trattarle. Finché il capo contesta il contenuto delle polemiche del proprio collaboratore, per esempio la sua convinzione di essere sempre sfavorito nei turni, nulla cambierà; è parlando della loro comunicazione, cioè dei loro diversi punti di vista, del loro trattarsi reciprocamente in maniera polemica e autoritaria, che riescono a confrontarsi sul problema. Questo passaggio al piano della relazione (che è la metacomunicazione), rappresenta l unico strumento per risolvere gli inconvenienti che derivano dalla circolarità della comunicazione. Il quarto assioma Nel quarto assioma si afferma che gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni (ibidem, p.57). Gli esseri umani quindi comunicano sia con il linguaggio numerico (verbale) sia con quello analogico (non verbale). Il fatto che la specie umana, grazie alle sue caratteristiche biologiche, ha saputo sviluppare un linguaggio inteso come sistema di segni e simboli altamente complessi, non vuol perciò dire che gli esseri umani utilizzino solo il linguaggio verbale per comunicare. Quando noi comunichiamo utilizziamo due modi principali: la parola e tutte le modalità che rientrano nell area della comunicazione non verbale (gesti, posizione del corpo, espressioni del viso, inflessioni della voce, la prossemica). Si può perciò affermare che fondamentalmente esistono due specie di segnali: quelli digitali, che sono simbolici, astratti, spesso complicati e con tutta probabilità specificamente umani, e quelli analogici, che sono diretti, figurati, propri del comportamento corporeo, per cui le parole trasmettono segnali digitali, i gesti segnali analogici. Il linguaggio verbale ha un importanza particolare perché serve a scambiare informazioni sugli oggetti, a nominarli e trasmettere la conoscenza da epoca in epoca; il linguaggio verbale, rispetto a quello non verbale, è molto più ricco, articolato, flessibile, capace di piegarsi alle infinite esigenze della comunicazione, in quanto funzionale ad esprimere concetti mentali, oppure serve per indicare oggetti concreti o per fissare grandi idee o accennare a sottili sfumature. Esiste però un settore in cui facciamo assegnamento quasi esclusivamente sulla comunicazione non verbale, il settore della relazione. Il quinto assioma

12 12 Il quinto assioma della comunicazione afferma che tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari a seconda che siano basati sull uguaglianza o sulla differenza (Watzlawick, 1967, op. cit., p.60). Si ha un interazione simmetrica quando il comportamento di un individuo tende a rispecchiare quello dell altro: se viene comunicato un comportamento di sfida, le stesse caratteristiche saranno messe in evidenza dal partner, nel tentativo di minimizzare le differenze. Nelle relazioni complementari il comportamento di un individuo completa il comportamento di un altro individuo: un partner assume una posizione superiore o dominante (one-up) e l altro occupa la posizione corrispondente (one-down). Si può quindi descrivere le prime relazioni come basate sull uguaglianza e le seconde basate sulla differenza. Appartengono alla categoria delle interazioni complementari non soltanto i rapporti legati a certe idiosincrasie di una data coppia, ma anche quelli stabiliti dal contesto culturale: è il caso dei rapporti tra padre-figlio, tra insegnante e alunno, tra medico e paziente. In molti casi è da notare che queste relazioni asimmetriche non vengono imposte in modo esplicito, ma ciascun soggetto si comporta in modo da presupporre il comportamento dell altro, offrendoli al tempo stesso le ragioni perché tale asimmetria esista e perduri nel tempo. Nella comunicazione, i termini simmetria e complementarietà, non sono in sé sinonimi di buono e cattivo o normali e anormali, perché entrambe svolgono delle funzioni importanti e sono necessarie nelle relazioni sane, ovviamente alternandosi e operando in contesti diversi. Anche nelle relazioni più asimmetriche, come quelle fra genitore e figlio, si può cambiare: ad esempio, nel caso di un figlio con competenze informatiche che il padre non ha, nell ambito dell utilizzazione di un PC è certamente in posizione up rispetto al padre. Se, invece, nelle relazioni si irrigidisce una delle due modalità di entrare in rapporto con il partner, allora si producono patologie o fallimenti comunicativi: la simmetria, ad esempio, può degenerare in una relazione patologica in cui è dominante una dinamica di competizione per dimostrare che io sono meglio di te, come accade, ad esempio, se alla violenza si risponde con violenza, creando un escalation di violenza senza fine. Il legame complementare diventa patologico quando allarga la forbice della differenza fino agli estremi, e, chi domina, lo fa in forma assoluta. Ad esempio, se ad una critica si risponde con un complementare atteggiamento di sottomissione e a questo fa seguito un ulteriore risposta critica, col passare del tempo i messaggi diventano rispettivamente sempre più critici e sempre più sottomessi. Il limite del modello della comunicazione della Scuola di Palo Alto è così sintetizzato da Anolli (2006): la sovrapposizione fra comportamento e comunicazione (...) ha implicato nefaste conseguenze teoriche, poiché, se si fanno coincidere comunicazione e comportamento, tutto diventa comunicazione (anche l azione più accidentale e inconsapevole) e non si ha più alcuna possibilità di

13 13 comprendere quali siano le proprietà e le specificità della comunicazione in quanto tale, dalla significazione all intenzione, alla condivisione, al percorso di senso, ecc. (Anolli, 2006, p. 37). La comunicazione non verbale (CNV). Il linguaggio non verbale svolge nella relazione una funzione elettiva, esprimendo in modo adeguato stati d animo ed emozioni nel segnalare atteggiamenti (superiorità/inferiorità, amicizia/ostilità) e nell influenzare il tipo di relazione che si stabilisce con l altro. In altre parole, con la mimica non possiamo certo addizionare due più due, né parlare della pace nel mondo, ma con un sorriso, più che con le parole, siamo in grado di segnalare all altro la nostra disponibilità a voler simpatizzare con lui. Il codice verbale e il codice non verbale sono complementari e servono a rinforzare reciprocamente il messaggio; tuttavia, quando il non verbale e il verbale sono incongruenti, chi riceve il messaggio presterà più attenzione ai messaggi non verbali e darà ad essi maggiore credibilità proprio perché comunemente sono ritenuti dalle persone più veritieri e diretti. Si è soliti indicare come tipici della comunicazione non verbale i segnali vocali non verbali, i segnali cioè che accompagnano l espressione verbale (il tono della voce, la sua altezza, le pause, la velocità del parlare), le espressioni facciali (ad esempio, aggrottare le sopracciglia, spalancare gli occhi, storcere il naso o la bocca, ecc.), il contatto visivo (lo sguardo, l abbassare gli occhi, il fissare negli occhi, ecc.), il contatto corporeo (ad esempio, prendere sottobraccio l altro), la postura e l orientazione del corpo (ad esempio, lo stare in piedi con le braccia conserte), i gesti e la distanza tra i soggetto comunicanti. E possibile disporre gli elementi della CNV secondo una scala che procede dall alto verso il basso, dai segnali più manifesti e più facilmente percepibili dall interlocutore, a quelli meno evidenti e più mutevoli (Bonaiuto, Maricchiolo, 2012). Tale scala si può così riassumere: ASPETTO ESTERIORE COMPORTAMENTO SPAZIALE COMPORTAMENTO CINESICO Conformazione fisica Abbigliamento Distanza interpersonale Contatto corporeo Orientazione Postura

14 14 VOLTO SEGNALI VOCALI Movimenti di busto e gambe Gesti delle mani Movimenti del capo Sguardo e contatto visivo Espressione del volto Segnali vocali verbali Segnali vocali non verbali Silenzio L aspetto esteriore. Diversi comportamenti comunicativi non verbali sono quelli legati all aspetto esteriore, tra cui vanno ricordati, oltre al volto, la conformazione fisica, l abbigliamento, il trucco, l acconciature dei capelli, lo stato della pelle. L aspetto esteriore perciò può essere considerato una forma di CNV, affermano Bonaiuto e Maricchiolo (2012), poiché fornisce informazioni sugli individui, influenza la formazione delle impressioni e provvede all autopresentazione ( cit., p. 40). Gli elementi che la compongono sostanzialmente sono riconducibili alla conformazione fisica e all abbigliamento. Si tratta di elementi descritti come statici perché non sono modificabili nel corso dell interazione, almeno a breve termine. Nella conformazione rientra tutto ciò che è costituzionale del fisico della persona come la corporatura, la forma del volto, il colore degli occhi, il colore e lo stato della pelle. L abbigliamento, invece, è decisamente più mutevole dell aspetto esteriore; esso comprende gli abiti, il trucco, l acconciatura, gli accessori, gli oggetti posseduti, i segnali status symbol. Questi elementi sono meno statici della conformazione fisica. L abbigliamento viene considerato come canale privilegiato di presentazione di sé. Ciò avviene soprattutto nell adolescenza in quanto permette definire il senso della propria appartenenza al proprio gruppo di riferimento, per cui tale aspetto della CNV contribuisce alla costruzione della propria identità sociale, perciò è strumento di socializzazione. La funzione comunicativa degli abiti segue un processo di sviluppo nell individuo. Nella prima infanzia con la distinzione dei ruoli sessuali, nella fanciullezza e soprattutto nell adolescenza con la ricerca di ruoli legati a modelli reali o immaginari offerti, ad esempio, dai media. Infine raggiunge una fase di costruzione e codificazione dell apparenza di sé, accessibile a tutti e utilizzata per mostrare agli altri e a se stessi un identità e un ruolo sociale specifici, come, ad esempio, accade con le uniformi, come quelle professionali, quali il camice del personale sanitario (Bonaiuto, Maricchiolo, cit., 2012, p.43). All interno dell interazione sociale l abbigliamento svolge il ruolo di definizione della categoria sociale di appartenenza della persona; mantiene tale funzione anche in rapporto agli altri indici comunicativi, sia verbali che non

15 15 verbali, rappresentando una cornice interpretativa (ibidem). Le funzioni principali dell abbigliamento e degli accessori sono quella di aiutare a negoziare le proprie identità con gli altri e a definire le situazioni e i contesti d interazione. Essendo associato a identità e ruolo sociale, l abbigliamento ha effetti significativi sulle relazioni interpersonali. Infatti, influenza l immagine della persona negli interlocutori. La ricerca ha confermato il detto che l abito fa il monaco, nel senso che le persone vestite, ad esempio, in modo formale o informale, vengono percepite in maniere differente dai loro interlocutori. L individuo viene positivamente percepito se c è congruenza tra l aspetto esteriore e le altre fonti informative. L abbigliamento influenza l immagine percepita dagli altri sia nella formazione della prima impressione sia nel suo permanere nel corso del tempo. Dato che l abbigliamento cambia in funzione del momento che il soggetto sta vivendo, dettato dall organizzazione della vita sociale che è complessa per la varietà dei ruoli sociali ricoperti dalla singola persona, per cui nel corso di una stessa giornata questa può presentare diverse facce di sé, diverse identità sociali e che variano a seconda dell immagine di sé che si vuole comunicare agli altri in quel dato momento e in quel determinato contesto (Bonaiuto, Maricchiolo, cit., 2012, p.44). L abbigliamento può persino assumere una funzione discorsiva : si pensi, ad esempio, quando ci togliamo la giacca, ci leviamo la cravatta, per sottolineare l informalità del momento). Il linguaggio del corpo. Se il linguaggio verbale è il mezzo più raffinato ed evoluto attraverso cui gli uomini si mettono in relazione tra loro, la CNV può comunque essere definita come comunicazione a tutti gli effetti, essendo una trasmissione di contenuti, una costruzione e condivisione di significati che avviene a prescindere dall uso delle parole (Bonaiuto, Maricchiolo, cit., 2012, p.7). Si è infatti sostenuto che più che di CV (comunicazione verbale) e CNV (comunicazione non verbale) sarebbe più opportuno distinguere la comunicazione che fa uso di parole da quella che non ne fa uso, e altri Autori (in particolare Argyle, 1972) affermano l esistenza di un vero e proprio linguaggio del corpo o di un autentica comunicazione corporea (bodily communication). Fermo restando il dibattito scientifico sul tema, per finalità didattiche si possono adottare i due termini di CV - CNV e linguaggio del corpo come interscambiabili (Bonaiuto, Maricchiolo, ibidem). Occorre peraltro pensare che la comunicazione umana non si può ridurre, come si è affermato in precedenza, alla mera trasmissione lineare di messaggi secondo un modello che alcuni Autori definiscono come telegrafico (Wikin, 1996; Akoun, 1994; in Lalli, 2001) e che contrappongono ad un modello orchestrale della comunicazione, in cui le modalità non verbali rientrano a pieno titolo nei processi comunicativi. Le funzioni della CNV

16 16 Nelle relazioni con gli altri spesso sono decisivi sono proprio gli aspetti non verbali della comunicazione. Un leggero tremolio alle mani può dire molto di più sullo stato emotivo di una persona rispetto a quanto dice verbalmente di provare. I messaggi non verbali, infatti, sembrano essere meno soggetti al controllo consapevole da parte del soggetto e possono influenzare in modo decisivo l interazione sociale. Questi aspetti sono stati studiati osservando pazienti psichiatrici, scoprendo che chi tra loro era sotto tensione, angosciato o preoccupato, rivelava all osservatore questa condizione attraverso i gesti del corpo, i movimenti delle braccia e degli arti anche se i soggetti tentavano di mascherare questa loro condizione, simulando una condizione di maggior equilibrio a livello verbale. Questi pazienti riuscivano a controllare il movimento del capo ma non quello del resto del corpo i cui messaggi erano più efficaci nel mostrare la loro autentica condizione emotiva. Dunque il corpo ha un suo linguaggio che, a differenza di quello verbale, è meno controllato in modo consapevole dal soggetto ed esprime in maniera più efficace gli atteggiamenti e le emozioni proprie della persona più del contenuto delle sue parole. Si tratta di un risultato che era stato anticipato dalle osservazioni di Darwin (1872), il naturalista che scoprì l evoluzione biologica delle specie animali e che studiò le espressioni delle emozioni nell uomo comparandole a quelle degli animali. Alcuni studi verificarono sperimentalmente l efficacia della comunicazione non verbale nel trasmettere gli stati emotivi e le reazioni dei soggetti. Si chiedeva ai soggetti di valutare lo stato di superiorità (one-top) o inferiorità (one-down) del protagonista di un video che comunicava messaggi verbali contraddittori o coerenti con messaggi non verbali. In uno di questi esperimenti una donna veniva presentata nel ruolo di una docente universitaria molto decisa e determinata, che comunicava atteggiamenti di grande superiorità, ma ai quali erano accompagnati da messaggi non verbali di inferiorità, quali il sorriso rispettoso, la testa abbassata, il tono della voce nervoso. Questi messaggi non verbali apparivano ben più potenti di quelli verbali nel valutare la donna come effettivamente superiore o autorevole (Forgas, 1995). Le implicazioni di tali ricerche sono chiare: possiamo esprimere con il nostro corpo ciò che tentiamo di nascondere a parole e questi messaggi non verbali saranno decisivi nell interazione sociale, quindi nel rapporto con gli altri. Se non adeguiamo i nostri movimenti corporei al contenuto del messaggio rischiamo di trasmettere messaggi contraddittori e inefficaci. La ricerca psicologica ha analizzato da molti anni i diversi aspetti della CNV ma occorre ricordare i singoli segnali raramente sono utilizzati da soli, per cui il messaggio complessivo è sempre la somma di più parti (Forgas, op. cit., p.159). La postura. La postura, ad esempio, intesa come la modalità con cui il corpo nella sua globalità si atteggia nello spazio, ha un particolare rilievo persino nella diagnosi

17 17 medica e psicologica: un soggetto gravemente depresso presenta un modo particolare di comunicare colla posizione del proprio corpo la sua sofferenza interiore. Essa Lo sguardo. Un altro di questi canali comunicativi non verbali è sicuramente lo sguardo. Basti pensare che la pubblicità utilizza questo canale in modo privilegiato per persuadere i potenziali acquirenti della bontà dei prodotti reclamizzati. Gli occhi non mentono, sostiene la cultura popolare, e se non alzi gli occhi verso l interlocutore vuol dire che provi vergogna; negli occhi si dice che si specchia l anima. In effetti lo sguardo ha un grande potere: basterebbe che il condannato a morte guardasse negli occhi il boia perché questi dubiti della giustezza dell ordine che gli è stato dato di ucciderlo. La benda posta sugli occhi del condannato serve proprio ad impedire che il plotone d esecuzione possa evitare di colpirlo durante la fucilazione a causa del suo sguardo. Eppure molte convinzioni in proposito diffuse a livello di senso comune vanno ridimensionate. Talvolta i selettori inesperti, nelle selezioni del personale da inserire in posti di lavoro, tentano di mettere in difficoltà i candidati fissandoli intensamente per vedere quanto tempo riescono a sostenere lo sguardo dell esaminatore o per vedere come reagiscono. Si tratta di un comportamento controproducente e da evitare perché sappiamo che fissare intensamente una persona acquista il significato di una sfida e può assumere un valore aggressivo. Infatti, se fissiamo intensamente un guidatore ad un semaforo rosso, egli scatterà in avanti più velocemente dei guidatori che non sono stati fissati (Ellsworth et al., 1972; in Forgas, 1995). Lo sguardo intenso infatti esprime anche intimità che può diventare eccessiva, invadente, in qualche modo voyeuristica ed offensiva, mentre guardare poco può assumere il significato di una negazione dell altro. Il contatto fisico. Il contatto fisico ha un intenso valore comunicativo. Si tratta infatti di una modalità comunicativa in grado di esprimere grande intimità: essa è usata dalla mamma e dal bambino nei loro primi contatti fisici e corporei. Il tatto perciò costituisce uno dei più antichi modi di comunicazione con gli altri (comunicazione aptica). Toccare è quindi uno dei segnali non verbali più importanti nella vita di un individuo; da adulti questa modalità di comunicazione non verbale è regolamentata da regole complesse, che variano da cultura a cultura. Il valore comunicativo del contatto fisico varia anche in relazione al sesso: gli uomini toccati da un infermiera prima di entrare in sala operatoria per un intervento chirurgico manifestarono più ansia e un innalzamento della pressione arteriosa ben più significativa delle donne che ricevettero lo stesso contatto fisico (Whitcher e Fisher, 1979; in Forgas, 1995). Il comportamento spaziale: la prossemica.

18 Con il termine prossemica s intende riferirsi al fatto che la distanza e il modo in cui noi occupiamo e ci disponiamo nello spazio ha un valore comunicativo. Lo spazio occupato dai soldati e dai loro ufficiali è preordinato dalle relazioni gerarchiche e di obbedienza che caratterizzano la vita militare. Analogamente, se un uomo sconosciuto si avvicina troppo ad una donna, potremmo pensare che abbia intenzione di molestarla o tentare un approccio. Questo perché esiste uno spazio personale che caratterizza la nostra sfera di intimità e di privacy che non può essere superato da tutti e quando si vuole. Una persona possiamo giudicarla invadente proprio perché infrange quella invisibile bolla che circonda il nostro corpo nello spazio fisico. Le ricerche degli anni sessanta settanta del secolo scorso sono riuscite ad individuare diversi tipi di distanza derivanti dalla maggiore vicinanza o lontananza tra soggetti. Sono tre i tipi di distanza che caratterizzano le relazioni interpersonali nella nostra società occidentale (Forgas, 1995): la distanza personale, che è quella che caratterizza i rapporti di tipo amichevole e va da cinquanta centimetri a un metro - un metro e mezzo; la distanza sociale, che caratterizza le posizioni di ruolo e va da un metro - un metro e mezzo a tre metri; la distanza pubblica, che è quella che caratterizza le posizioni pubbliche (ad esempio, in una conferenza). Attraverso lo spazio possiamo esprimere il rifiuto o l accettazione dell altro. Oltre alla vicinanza-distanza esiste un altra dimensione prossemica, legata al contatto-non contatto tra soggetti: posso avvicinarmi alla mia fidanzata e posso toccarla. Se, però, a comportarsi così fosse un amico, potrei interpretare un tale comportamento come intrusivo e persino offensivo e agire di conseguenza, richiamandolo ad un maggiore rispetto verso di lei. In un altro caso, potrebbe essere proprio lei a dimostrarsi fredda nei miei confronti, sottraendosi alla mia vicinanza fisica, magari per esprimere una sua delusione nei miei confronti per un fatto accaduto tra noi. L esistenza di tale spazio personale e intimo si rende esplicita anche in numerosi contesti della vita quotidiana. Basti pensare a quando ci troviamo in ascensore con altre persone. Quando siamo costretti a ridurre drasticamente le distanze interpersonali, la nostra reazione abituale è di ridurre o evitare di guardare gli altri; evitando lo sguardo diretto, noi evitiamo anche di parlare con chi stavamo parlando in precedenza. Uscendo dall ascensore, riprendiamo a parlare come prima. Questo fenomeno è conosciuto come fenomeno dell equilibrio nell intimità, per cui, diminuendo la distanza interpersonale e aumentando di conseguenza i segnali di intimità, tendiamo a compensare tale turbamento nell equilibrio comunicativo diminuendo altri segnali di intimità (come il contatto visivo). Tale fenomeno consente inoltre di rendersi conto che la CNV, nell uso dello spazio e della distanza, è centrale anche per regolare i rapporti sociali. 18

19 19 In alcune culture avvicinarsi troppo ad una persona socialmente importante significa rompere una specie di regola non scritta : ricerche condotte negli Stati Uniti, ad esempio, hanno dimostrato che i bambini bianchi appartenenti al ceto medio preferiscono stare meno vicino ad altre persone in genere rispetto ai bambini neri e ai bambini appartenenti alla classe operaia che sono, invece, più invadenti lo spazio invisibile che circonda ognuno di noi. Questo spazio sociale in cui ci troviamo condiziona di conseguenza fortemente il nostro modo di interagire con gli altri. Se entrate in un aula scolastica vi accorgete che il modo in cui sono disposti gli arredi (la cattedra, le seggiole, i banchi) condiziona il tipo di relazione e comunicazione tra docente ed alunni. La gestualità. I gesti, come abbiamo già accennato in precedenza, costituiscono uno dei canali più significativi della CNV e risentono dell influenza culturale. Per gestualità si può intendere l'insieme dei gesti di una persona considerati come mezzo di espressione e di comunicazione (Gobbi, Sobrero, 1999). Dato che la comunicazione fra gli uomini non passa infatti solo attraverso il canale verbale, dato negli scambi comunicativi quotidiani si attivano, parallelamente e contemporaneamente, anche canali paralinguistici (ritmo, intonazione, pause, esitazioni ecc.) e cinesici (posture e movimenti del corpo), i gesti sono gli elementi cinesici fondamentali. Essi sono le posizioni e i movimenti del corpo, delle mani, della testa, le espressioni della faccia (e in particolare degli occhi) che, volontariamente o involontariamente, comunicano una o più informazioni. Si può inoltre distinguere fra gesti espressivi (o emotivi), gesti illustratori e regolatori, e gesti simbolici (Gobbi, Sobrero, 1999). I gesti espressivi sono indicatori dello stato emotivo del parlante e sono per lo più prodotti non intenzionalmente (per es., piangere, ridere); il loro canale principale è il volto, ma hanno una funzione analoga anche i gesti compiuti con altre parti del corpo, come, per es., picchiare un pugno sul tavolo, pestare i piedi in segno di rabbia ecc. I gesti illustratori vengono realizzati contemporaneamente alla produzione verbale con lo scopo di illustrare, ampliare, sottolineare il contenuto della comunicazione (ad esempio, indicando forme di oggetti, direzioni di movimento ecc.). I gesti regolatori hanno la funzione di regolare la conversazione: dare e chiedere la parola, mostrare interesse ecc. I gesti simbolici, infine, dotati di alta specificità e di notevole forza comunicativa, vengono prodotti intenzionalmente e sono codificati secondo regole socialmente condivise (per es., il saluto, la preghiera). Gli indicatori paralinguistici. Accanto a questi canali non verbali, esistono una serie di modalità comunicative extraverbali particolarmente importanti che accompagnano la comunicazione verbale, quali il tono della voce, il suo volume, il ritmo, l altezza. Si

20 20 tratta dei cosiddetti indizi (o indicatori) paralinguistici, il come pronunciamo ciò che diciamo. Con il tono della voce possiamo influenzare il comportamento degli altri: se invitiamo alla calma un gruppo di persone urlando e agitandosi a più non posso, con una voce spaventata, l effetto sarà di elevare ulteriormente la tensione. La persona affetta da depressione accompagna il suo parlare con un tono della voce piatto e monocorde, mentre in alcuni soggetti cerebrolesi la voce appare cupa. Perciò, a differenza di quanto comunemente si crede, non sono gli occhi a svelare se una persona non dice la verità: per scoprire questo occorre piuttosto analizzare ancora una volta il tono della voce. Parlare con la lentezza della lumaca o come se fossimo una mitragliatrice che spara parole al posto dei proiettili sono modi errati di gestire un altro importante indicatore paralinguistici, la velocità di emissione delle parole. Anche il silenzio è un indicatore paralinguistico, come lo può diventare il balbettare pur non essendo affatto balbuzienti, che può essere rivelatore delle tensioni emotive che stiamo provando in una certa situazione (ad esempio, se abbiamo sbagliato qualcosa e non abbiamo il coraggio di dire la verità per timore della punizione o di ammettere l errore). Le caratteristiche della comunicazione problematica. Le forme che la comunicazione problematica può assumere sono molteplici, e possono coinvolgere aspetti diversi dell interazione, riguardando uno degli interlocutori o entrambi, oppure riferirsi al contenuto del messaggio o, ancora, alla relazione fra i soggetti interagenti, o ad entrambi gli aspetti. I problemi di contenuto si verificano nel caso di un mancato incontro fra le intenzioni del parlante e l interpretazione dell ascoltatore. Se si considera il soggetto che partecipa all atto comunicativo, possiamo distinguere fra incomprensione dell ascoltatore, quando comprende oppure interpreta in modo sbagliato le intenzioni sottostanti al discorso dell altro, e rappresentazione erronea, quando invece è il parlante a causare il fallimento della comunicazione (non necessariamente in modo deliberato), pronunciando frasi non corrette o non chiarendo in modo accurato le proprie intenzioni. Nelle situazioni in cui due interlocutori desiderano, in buona fede, comunicare, e che nonostante questa premessa hanno difficoltà a farlo, possono verificarsi errori dal punto di vista dell emittente, quali: la percezione interiore di ciò che si ha da dire; la scelta del proprio codice di trasmissione; il canale di trasmissione e l ambiente esterno sono rumorosi. Errori tipici dal punto di vista di chi riceve la comunicazione sono invece: il rischio di interpretazioni eccessivamente soggettive; le deformazioni dovute agli atteggiamenti personali del ricevente ; la valutazione giudicante del contenuto. L incomprensione da parte dell ascoltatore e la rappresentazione erronea da parte del parlante sono due aspetti della comunicazione problematica che riguardano

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