Ammirazione e la costituzione del Sé.

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1 Ammirazione e la costituzione del Sé. Romeo Lucioni Con la parola ammirazione viene a stabilirsi forse la più primitiva forma di affetto, il fondamento che dà significato alla relazione in una dinamica della qualità tradotta nella forma di assenso-dissenso, di desiderio, di attesa e soprattutto di sorpresa. Heidegger traduce queste tribolazioni intime con la parola tremore che rispecchia la paura di perdere qualcosa che si percepisce come unico, che non ha senso se avvicinato al senso della mancanza. Cartesio vede nell ammirazione la presenza di un oggetto insolito, nuovo, diverso, per il quale siamo affetti, colpiti. Kant la vede come finalità della natura inspiegabile con i concetti della comprensione e dell intelletto e che è capace di indurre fantasie, ma anche la creatività ed un senso primitivo di trascendenza. Da queste considerazioni si intuisce la nascita degli affetti come qualcosa che trascende la costituzione istintiva dell animale-uomo per gettarlo-in, come direbbe Heidegger, quindi, costituirlo come essere definitivo. Proprio nella differenziazione tra essere, esser-ci ed essere-con, Heidegger libera l uomo dalla necessità di una intenzionalità di coscienza, da una realtà fondamentalmente inclusa nel mondo e dalle sue leggi. Heidegger afferma la centralità di un essere libero per il quale la sua libertà è l adeguamento alle sue necessità di comprendere, ma anche di amare, di seguire il proprio destino, di creare dinamiche ultra-umanistiche che, in fin dei conti, entrano nella sfera del trascendente. Heidegger, sotto un profilo di psicologia dello sviluppo timologico, riscopre il soggetto gettato-in, dove trova la possibilità di creare le sue molteplici immagini identificatorie (metafora della maschera). Nella distinzione tra concezione idealistica della libertà di Sartre e quella pragmatica, ma profondamente umana di Heidegger, sta lo scontro ontologico che si è creato nella filosofia del secolo scorso e che forse non è ancora del tutto risolto proprio perché non è stato possibile raggiungere una connessione unanime sulla differenza tra emozioni ed affetti che però le neuroscienze hanno decisamente portato a risolvere. In questa logica, l ammirazione deve essere dislocata nella sfera trasformativa degli affetti proprio perché non solo è atto primario di percezione, di comprensione e di conoscenza, ma anche qualcosa che supera l istinto, la pulsione ed il possesso dell oggetto creando la questione dell Altro. L alterità dell altro nasce così dal riconoscimento delle sue qualità, dalla sensazione di non poterlo perdere e, quindi, dalla sottomissione alla legge dell altro del quale si percepisce una capacità di scelta messa come volontà di separazione. In questo possiamo vedere l intuizione di Freud che vede negli affetti una prova di verità che non può essere falsa, ma solo adeguata o inadeguata ad un determinato contenuto rappresentativo. L ammirazione viene così rimandata alla verità della relazione, al senso di riconoscimento ed alle qualità giuridiche dell Altro. In questo sta la verità come sguardo dell Altro, come dice Levinas, come senso di perfezione per il quale Nicola Angelillo dice: la ragione esprime solamente

2 l attività del pensiero e non dà alcuna garanzia che ciò che il pensiero produce sia bello, buono, santo e mio potremmo aggiungere. Nell ammirazione vediamo una realtà illuminata da un raggio di luce che ci può dare piacere, che può essere accettato o respinto, ma che, in definitiva, serve per camminare, per evitare di percorrere la strada nel buio (N. Angelillo). Sotto un altro profilo ontologico, l ammirazione risponde alla domanda iniziale del soggetto su cosa sono?, da dove vengo?, dove vado? Il significato di verità è tradotto dall ammirazione come andare verso l altro e questo traduce un senso di infinito che, come riflesso, porta alla responsabilità di difendere l Altro che è parte di me e che, nella logica affettiva, trasforma l Io-adattivo in un Sé-creativo o Io-ideale. Heidegger si pone la domanda del senso dell essere e trova una risposta nel Esserci che è un essere posto-in, essere gettato-in, in una situazione: gettati in essa ed in un rapporto attivo nei suoi confronti (N. Angelillo). Esserci non è mai una semplice presenza come le cose, giacché è proprio quell ente per cui le cose sono presenti (N. Angelillo). Per Parmenide ed Eraclito, l essere, come essere unico, immobile, che occupa spazio e si differenzia dagli altri esseri, induce un dualismo che sta tra essere e non essere. Levinas nega questo concetto neutro, generale e a-personale, che riduce l Altro a oggetto della percezione e, quindi, a un prodotto di me stesso. Levinas difende l altruità che permette di superare il male, la sopraffazione, l egoismo e la violenza. Dando valore all altruità, dà senso all esser-ci nel riconoscere nello sguardo dell Altro le dinamiche creatrici di verità : nel tuo volto sono presenti le tracce dell infinitamente altro (N. Angelillo). Il volto dell Altro ed il senso di verità ci portano alla pratica clinica che ci ha permesso di evidenziare quella specifica metafora del ruolo materno per la quale nel soggetto resta, per tutta la vita, un senso di verità riferito al Sé, al senso di sicurezza e a quel senso di rifugio che si colloca nel profondo e può emergere anche nelle fasi più gravi della demenza di Alzheimer. Da questo si desume come lo sguardo dell Altro non fa parte della cosiddetta pulsione scopica (bisogno di guardare) proprio perché si naturalizza nel bisogno di essere guardato o, meglio, di esser visto come soggetto: è lo sguardo dell altro che ti crea come soggetto nuovo, valido e, soprattutto, vero. Nei pazienti che dimostrano una profonda incapacità di autovalorizzazione (con un conseguente senso di svalorizzazione ) troviamo una specie di deficit materno, un bisogno di mamma che è bisogno di uno sguardo infinitamente onnipotente, tanto da esser capace di dare senso al mondo ma la cui mancanza porta ad una incapacità affettiva proprio perché nulla acquista valore. Da questo possiamo anche dedurre come sia lo sguardo della madre a dare senso all amore, di quell amore simbiotico che dà certezza e valore al Sé, sicurezza ed autosoddisfazione. Da questo si desume anche come sia il ruolo materno a dare senso di verità anche agli oggetti, anche a quel oggetto padre che è vero proprio perché è quello di cui Lei parla. Proprio per tutto questo diventa chiara la necessità che sia la madre a introdurre il bambino con problemi di sviluppo alla seduta di psicoterapia, proprio perché è il suo sguardo a dare valore e permissività, a tradurre un desiderio perché Io possa crescere senza il pericolo di una dissoluzione nella sua perdita. Queste dinamiche fanno riferimento allo sviluppo di:

3 - senso di essere e di esistere; - senso di sé come soggetto ; - senso di poter funzionare con normalità; - senso di valere e di saper farsi valere; - senso di poter funzionare con libertà ed in creatività - senso di potersi relazionale con gli altri; - senso di essere accettati per quello che si é. Tutto questo però ha inizio dalla percezione di un senso di benessere personale ed intimo, che possiamo anche chiamare come serenità e anche come felicità. Queste sensazioni intime si riferiscono ad una autosoddisfazione che ci ricorda la visione kantiana della felicità come percezione che tutto si svolga e succeda secondo i propri desideri. La clinica dello sviluppo ci insegna anche come si possa parlare di: - sensazione di potere che ha un carattere intuitivo, globale e non sostenuto da un ragionamento o da processi analitico-deduttivi; - parliamo di un senso di furbizia che rende il soggetto più valido per poter raggiungere i propri desideri, anche se gli altri sono più forti, più intelligenti, più capaci; - questo ha anche un po il senso di capacità di sopportare il dolore, ma anche quello riferito alla capacità di resistere perché non ho bisogno di nulla, posso perdere tutto quello che ho perché nulla è più importante della mia libertà. Emanuele Severino lega la verità alla competenza (dal greco màthos) chiarendo che competenza priva di verità è inefficace. Da queste percezioni possiamo dedurre che il senso di sé è sostenuto dal riconoscimento delle proprie competenze che però si sciolgono al sole del dubbio se non sono convalidate dal senso di verità. Questo non può venire dal Sé, ma richiede la luce assegnata nello sguardo dell altro che, nelle prime tappe della vita, è la figura della madre. Raggiungere la verità significa acquisire auto-riconoscimento ed autosoddisfazione che rappresentano, in sintesi, un senso di felicità che non può derivare da un processo conoscitivo-razionale, ma da un vissuto. Proprio per questo, la verità non può essere uno scopo, ma è un mezzo. Severino arriva a chiarire questi processi in quanto dice: - se la felicità è lo scopo, questo si pone come non-verità o come conseguenza della verità; - se la verità è un mezzo guidato da uno scopo (non-verità) risulta essere una verità non primaria e, quindi, logorabile ; - perché la verità (che produce felicità ) non si logori, è necessario che lo scopo sia la verità e che dunque la felicità sia una conseguenza della verità. A questo punto il problema ontologico richiede una soluzione pratica: come raggiungere la felicità. Severino ha una risposta con la tecnica di servirsi di forze ideologiche o, come dicevano i greci, riferirsi alla verità come alla condizione autentica, conseguendone che la filosofia rende felici. Naturalmente l esperienza clinico-terapeutica ci porta a guardare oltre le dinamiche di integrazione cognitiva. Le esperienze che il bambino fa nella prima infanzia gli restano incomprensibili proprio per i limitati mezzi psico-mentali di

4 cui dispone. In tempi successivi, le esperienze riemergono da un passato oscuro, impreciso, conflittuale e complesso per essere ricostruito attraverso i sogni, i sintomi, un nucleo di verità storica che è descritta come après-coup. Questo va inteso come rifigurazione-retrospezione, come sviluppo a due tempi dello psichismo che, nel doppio movimento presente-passato e passato-presente, porta a unire tensione e piacere, pulsione e soddisfacimento, mantenimento ed esaurimento. La temporalizzazione del après-coup è parte dello sviluppo e non il riflesso di una incapacità, è parte dell inconscio che permette di elaborare tutti gli après-coup dell esperienza, dell immaginario, dei conflitti per i quali non c è limite di età. Tutti questi elementi hanno poi ricevuto una lettura innovativa a partire dalle ricerche sulla timologia per la quale i processi psico-mentali portano alla strutturazione del IO e del Sé, sulla base delle problematiche primarie che emergono nel rapporto con l oggetto genitoriale. Severino dice che solo con l incolumità della sua identità l uomo è salvo e in questo non ci sono dubbi. Il problema sta nel come il bambino-soggetto arrivi a strutturare quel senso di sé fondamentale che è retto dal senso di verità. Siamo ormai tutti d accordo che l identità è il risultato di un divenire, di un processo e non di una situazione innata e immobile. Severino dice che il divenire è possibile solo se c è un sottogiacente ed è appunto questo che permette di raggiungere un se stesso che è ciò che si diventa partendo da un qualche cosa. Il sottogiacente può essere inteso come sfera dell inconscio. Inconscio è un sapere che il soggetto esprime senza saperlo e che segue le trame oscure e tortuose dei sogni, il lapsus immediato, il motto di spirito quasi un voler dire clandestino che spesso interferisce con la coscienza della realtà, anche se l opera della rimozione tende a condannare all esilio (Massimo Recalcati). Per alcuni ricercatori, l inconscio esprime un sapere completamente differente dall istintuale, dall irrazionale o anche dall espressione psicotica o schizofrenica. Tutto ciò suscita profonde discussioni dal momento che sarebbe difficile stabilire un inconscio particolare per ognuna di queste espressioni cliniche. Per il principio che rispetta un continuum tra coscienza vigile e coscienza onirica, si potrebbe, al contrario, intendere che sempre l espressione della mente, conscia e/o inconscia, rispecchia intricate reti nelle quali si esprimono le emozioni, gli affetti, le cognizioni e diciamo anche le intuizioni. Proprio per questo possiamo sostenere M. Recalcati quando dice che l inconscio non è un incolto, pre-linguistico o caos sotterraneo ma una ragione strutturata come linguaggio. Questo significa che siamo di fronte ad una narrazione dentro una sua logica e che, come dimostrato dai sogni, è fortemente influenzata dalle percezioni, dagli stimoli interni ed esterni, dai vissuti. Proprio per questo, M. Recalcati riconosce come Freud, con le sue scoperte, spinge la ragione verso il suo limite, dovendosi confrontare con la sua radice più scabrosa, a volte incomprensibile, ma sempre reale, valida ed anche fondamento per il funzionamento psico-mentale: affettivo e cognitivo. Il rapporto triadico con i genitori è il segno fondamentale per decifrare l importanza dei rapporti identificatori che il bambino ha con entrambi i genitori.

5 Schema per l analisi di un rapporto triadico (modalità triadica) integrazione trascendenza madre parti creative padre parti falliche (modalità diadica) Madre Soggetto Padre Analizzando il problema dei ruoli, abbiamo sottolineato l imprescindibilità della presenza di entrambe le figure per permettere al figlio di raggiungere dinamicamente la sua organizzazione definitiva. Ribadiamo che le figure di riferimento (madre- padre) non debbono essere viste totalmente come figure-concrete in quanto, come abbiamo visto per la formazione del oggetto padre questo è virtuale in quanto è quello di cui Lei parla creando delle attese. Il rapporto triadico non deve poi essere visto come statico, proprio perché è nella sua dinamicità intrinseca che si determina il funzionamento completo e complesso. In questa dinamicità leggiamo la chiralità dell esperienza relazionale che, in definitiva, stabilisce un continuo e asimmetrico rapporto e, quindi, un andamento destrorso e sinistrorso a seconda delle necessità, delle situazioni, delle pulsioni, dei desideri di tutti e tre i componenti-protagonisti. L elaborazione dello schema in rapporto con al chiralità si trasforma in: Nello schema si può facilmente osservare come: a) nel rapporto diadico la relazione si stabilisce in una situazione di dipendenza reciproca che non permette di uscire dalle dinamiche conflittive;

6 b) nel rapporto triadico è la presenza del tre che porta la relazione a strutturarsi in modo tridimensionale che impone continui cambiamenti in rapporto con la chiralità della situazione. La chiralità insita nel rapporto triadico del figlio con i propri genitori, porta il bambino ad avere una dimensione di continua crescita che, prima di tutto, significa uscire alle dinamiche adattive proprie della funzionalità del IO, per entrare in quelle creative ed immaginarie che caratterizzano la funzione del Sé o del IO ideale. METAPSICOLOGIA E SVILUPPO PSICO-MENTALE IO modello difensivo Domina l emotività (intelligenza emotiva): struttura libidico-istintiva egocentrismo onnipotenza coscienza concreta pensiero concreto sistema rappresentazionale personalistico conflitti pre-edipici narcisismo primario Problematiche: Comportamenti aggressivi e distruttivi Comportamenti controfobici Isolamento Paralisi mentale SÉ modello adattivo Domina l affettività (intelligenza affettiva e razionale): struttura affettivo-relazionale valori timologici (l Altro) coscienza affettiva e simbolica pensiero affettivo e simbolico-razionale sistema rappresentazionale condiviso Nome del Padre altruismo e compassione senso di sé e di valere narcisismo secondario Problematiche: Comportamenti dominati dal ritiro Presenza di un nucleo persecutorio profondo Ipertrofia del Super-Io Strutturazione di un falso Sé Se tutto questo fosse frutto di una intuizione mistico-esoterica, avremmo portato gli interventi terapeutico-riabilitativi ad una spiaggia anti-scientifica e quindi poco usufruibile e, soprattutto, incapace di produrre cambiamenti e di raggiungere i propri fini. In realtà lo studio implicito nelle arti-terapie-espressive giunge a costruire una professionalità capace di essere terapeutica perché, nell ambito di attività multidisciplinari, si ottiene: - controllo e modulazione della reattività emotiva che, attraverso crisi di ansia e di angoscia o di emotività libera, di stress e di conflitto, porta ad un intasamento delle funzioni psichiche che diventa la causa di blocchi o di ritardi, ma anche di veri e propri quadri di insufficienza mentale; - sviluppo delle dinamiche affettive che danno senso e significato alle relazioni interpersonali e sociali, che sempre più si dimostrano come il fondamento per uno sviluppo integrato della persona e delle capacità psico-mentali intese come: intelligenza intuitiva - emotiva affettiva cognitiva; - superamento delle dinamiche narcisistico-regressive caratterizzate da egocentrismo ed onnipotenza, sentimenti che bloccano lo sviluppo armonico

7 del Sé, costringendo ad assumere atteggiamenti e/o comportamenti inadeguati; - recupero delle valenze adattive del Io per superare lo stato di Io-debole che non permette l utilizzo delle forze creative ed evolutive che portano al Sé (Ioideale); - superamento delle dinamiche conflittive del Edipo, che portano alla comparsa di organizzazioni decisamente patologiche; - elaborazione di un dialogo interno capace di ripristinare le valenze autoformative sulla base di un più equilibrato e difensivo rapporto con quel Super-Io-arcaico che sempre si evidenzia nelle situazioni di difficoltà e di disagio. Nelle attività terapeutiche applicate ai disturbi dello sviluppo, il nocciolo da affrontare è relativo alle difficoltà di sviluppo del IO e, di conseguenza, alle problematiche relative al processo di identificazione. IDENTITÀ E IDENTIFICAZIONE Il problema dell identità si affaccia precocemente sulla via dello sviluppo psichico del bambino. Superata la questione oggettuale, cioè le problematiche relative alla persistenza degli oggetti (cioè alla percezione di un oggetto concreto o personache non cambia né per modificazione del luogo né per quello del tempo) il soggetto prende atto del rapporto del sé con gli oggetti circostanti e, primi tra tutti, i genitori che parlano, raccontano. Il linguaggio è un vincolo fondamentale per la crescita e per le successive identificazioni proprio perché vengono segnalate e circoscritte con la parola. Il bambino apprende a viversi come corpo e, quindi, come qualsiasi altro oggetto, e lo possiamo verificare con il disegno (nell arte-terapia-psicodinamica) che cambia dallo scarabocchio a un cerco-chiuso, ad un quadrato, ad un rettangolo e, dopo qualche difficoltà, ad un triangolo e quindi ad un cerchio. Posti questi oggetti nello spazio-tempo, compaiono i nomi ed i riferimenti simbolici con il senso delle diversità. Il corpo fisico appartiene ad una famiglia, per questo il bambino preferisce stare con i genitori o con le persone a lui più vicine, poi con i compagni. Da notare che il bambino difficilmente parla di ciò che fa nell asilo, proprio perché c è una specie di legge istintiva di non invasione e questo è molto importante perché il bambino comincia a differenziarsi, ad assumere cioè un pattern di comportamento, di vissuti ed anche di modulazione personologica. Queste successive e molteplici identificazioni che spesso chiamiamo maschere - non sempre sono consce, anzi, per la maggior parte rimangono nell inconscio proprio perché non portino a suscitare angosce conflittuali, dal momento che con i genitori si comportano in un modo ed in casa dei nonni in modo decisamente differente. L identità è sicuramente la principale ragione dell essere e l Io è la somma, più o meno integrata, di molte identificazioni. Queste si sviluppano in un panorama di funzioni dell Io che riguardano: - il controllo delle percezioni e della motricità; - lo sviluppo di un sistema rappresentazionale (che, dapprima di tipo personalistico, diventerà condiviso per l azione del Sé); - lo sviluppo del senso di realtà (formazione di oggetti stabili);

8 - anticipazione e comprensione delle aspettative ( cellule a specchio ); - ordinamento temporale dei processi mentali; - senso di Sé contrapposto al volere dell altro (egocentrismo e onnipotenza); - pensiero concreto che diventa affettivo e poi razionale ; - superamento dell organizzazione istintiva dell intelligenza in favore di un modello analitico-deduttivo e di problem solving. La psicoanalisi, oltre a queste funzioni organizzative dell Io, ne riscontra altre meno efficaci per l economia psichica, come: - la negazione; - la razionalizzazione; - la difesa compulsiva contro le rivendicazioni pulsionali: La psicoanalisi nord-americana, nel tentativo di trovare meccanismi psichici che supportino lo sviluppo, fa intervenire nozioni come: - l energia neutralizzata; - la sfera conflittuale; - le funzioni sintetiche; - gli apparati di una autonomia primaria (funzioni innate) come: percezione, memoria e coordinazione motoria che permettono il raggiungimento del senso di sé e lo sviluppo di una creatività finalistica sostenuta da valenze affettive di volontà e di auto-soddisfazione che portano anche ad una autonomia strutturale di tipo secondario (per questo di parla di maturazione ). Nella psicodinamica ha un ruolo importante l implicazione che Foucault rappresenta come una ritorsione su di sé che serve per un adattamento attivo alla realtà, alle esperienze ed ai vissuti. Questo processo non è sicuramente una attività semplice, ma un caleidoscopio di implicazioni, quasi ad indicare una attività multipla e cambiante nello spazio e nel tempo, intensamente condizionata dalle percezioni, ma soprattutto dalle relazioni interpersonali. La psicoanalisi implicata ha dato uno schema alla ricerca sulle concomitanti della spirale dialettica descritta da Pichon Riviere e dal linguaggio che circola che noi abbiamo rappresentato nella comunicazione triadica. In questi spazi teorici, che però hanno un preciso addentellato con la pratica, il soggetto, l osservatore, il terapeuta (così come succede nelle relazioni familiari con i genitori) hanno tutti una stessa valenza e mai risultano neutrali, proprio perché si condizionano a vicenda e tutti apportano dei loro momenti attivi, fatti di parole, di segnali, di posture, di movimenti ed anche di espressioni simboliche, di dinamiche creative, di suggerimenti che risultano sempre cariche di empatia. La cosiddetta legge di Murphy dice che ogni azione è soggetta a interferenze. Nonostante questo, alcune attività raggiungono un risultato proprio perché l azione di interferenza è a sua volta soggetta ad altre interferenze. L illusione di neutralità, le presunzioni razionalistiche, il riduzionismo di piccoli movimenti soggetti ad autocontrollo, sono solo arzigogoli teorici proprio perché la pratica diventa coerente solo nell impegno clinico di raggiungere degli obiettivi, di apportare trasformazioni, di considerare il cammino dello sviluppo. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

9 Il tema dell ammirazione ha portato a sviluppare quello dello sviluppo psicomentale sulla base evolutiva sostenuta dalle relazioni, dai vissuti, dalle componenti un consce che alimentano l organizzazione dell identità. Il nucleo centrale del problema evolutivo è l organizzazione adattiva del IO che si trasforma in un processo di ordine superiore, fondato sulla creatività e sulle funzioni immaginarie e che Kohut ha definito Sé, mentre Lacan ne ha visto le basi per definirlo IO-ideale. Dal punto di vista delle neuroscienze, questo passaggio dall IO al Sé non riguarda solamente momenti e/o meccanismi psicologici e psicodinamici, ma coinvolge cambiamenti nella complessa relazione tra struttura (maturazione del cervello) e funzioni psico-affettive e psico-cognitive. Non parliamo quindi di oggetti statici (strutture), ma di processi che Riccardo Manzotti e Vincenzo Tagliasco hanno denominato le ONFENE, parola femminile indeclinabile, composta dalle abbreviazioni di ontologia, fenomenologia ed epistemologia. Queste sostengono l ipotesi di un unico costituente elementare della realtà, di natura relazionale, che tende all altro da Sé: la realzione intenzionale (Andrea Gavazza). Dalle ONFENE derivano gli eventi, rappresentati da tutto ciò che organizza la realtà e senza il quale questa non sarebbe quella che è, ma diversa. Per questo gli eventi diventano critici, capaci cioè di attivare una catena causale. Non è dunque la presenza dell oggetto a fungere da stimolo, ma le proprietà intrinseche di ogni evento che possiamo anche riferire come linguaggio che circola o, secondo Manzotti e Tagliasco, relazione intenzionale. L essenza della coscienza diventa quindi qualcosa molto diversa da un semplice presa di coscienza, proprio perché diventa una rappresentazione unitaria della molteplicità esperienziale. Ne vediamo la rappresentazione pratica nella teoria dell identificazione multipla che riflette la cosiddetta teoria della maschera. Manzotti e Tagliasco parlano di teoria della mente allargata (Tma), che può essere presa come Teoria delle teorie se riferita allo sviluppo psico-affettivo. Questo è dunque sotteso alla ONFENE che possono anche essere definite da un punto di vista relazionale, rappresentazionale ed oggettuale. Riferiti come teorie parliamo di processi che si intrecciano dal momento che sono sostenuti da continue modificazioni che rispondono all attività percettiva, alla partecipazione emotiva, alle implicanze affettive ed alle elaborazioni razionali. Cercando di rispettare una anche una minima sequenza temporale ricordiamo lo sviluppo di funzioni che assumono una dimensione ontologica in: teoria della ammirazione; seduzione; maschera o della fantasia; irriverenza (esperienza irridente); simulazione (approccio controfobico); attaccamento: oggetto genitoriale; resilienza; falso Sé; consolazione; dei valori (timologia) della mente (descritta da Cohen). La teoria delle teorie, come appunto quella della Tma, ha portato Ray Jackendoff a sostenere una visione a grana fine della modularità, ossia l idea

10 che i moduli non siano da considerare come sistemi di facoltà, ma come singoli elaboratori, capaci di tradurre e di integrare le informazioni ricevute. L interessante di questa teoria sta nel concepire l elaboratore come innato e passibile di specializzazione mediante una esposizione sufficientemente efficace.

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