ANALISI COMPARATIVA DEL COMPORTAMENTO DI PROTESI FISSE PARZIALI: L EFFETTO DEL RINFORZO IN FIBRA

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1 Associazione Italiana per l Analisi delle Sollecitazioni (AIAS) XXXV Convegno Nazionale Settembre 2006, Università Politecnica delle Marche ANALISI COMPARATIVA DEL COMPORTAMENTO DI PROTESI FISSE PARZIALI: L EFFETTO DEL RINFORZO IN FIBRA L. Pallotto, L. Scalise *, F. Cannella, E.P. Tomasini Dipartimento di Meccanica, Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche Ancona Sommario Una protesi fissa parziale, che ricostruisce permanentemente solo una porzione dell arcata dentaria nella configurazione detta a ponte ha lo scopo di sostituire l elemento mancante appoggiandosi ai due denti adiacenti. Nel caso in cui essa sia costruita in materiale composito, per irrobustire la struttura e limitarne la possibile inflessione, è prassi ormai consolidata inserire al suo interno delle fibre di vetro, la cui disposizione può assumere diverse configurazioni. Lo scopo di questo lavoro è quello di confrontare, attraverso l analisi agli elementi finiti, quanto la disposizione delle fibre di rinforzo influenzi la distribuzione e l entità delle tensioni e delle deformazioni subite dalla struttura protesica. A tale scopo si sono confrontate quattro diverse geometrie di rinforzi, costituite dallo stesso materiale e sottoposte alle medesime condizioni di carico. Nell analisi dei risultati, particolare attenzione è stata dedicata alle regioni centrali della struttura e alle zone di connessione coi denti pilastro. Abstract A Fixed Partial Denture (FPD) is a dental prosthesis that replaces one or more teeth. It may have the bridge shaping (Figures 1.b-c), in which it is bound to the adjacent teeth, using the pits suitably drawn in them (Figure 1.d). It is possible to introduce inside the prosthesis, usually built in composite material, various types of fibre, in order to improve the structure s mechanical resistance. The aim of this study is to observe, using the Finite Elements Analysis, how much the strengthening piece s shape affects the stress s distribution into the FPD. Therefore four different outlines (Figures 2.a-3.m) have been placed in the same prosthesis s model (Figure 2.b) and they have been subjected to the same load conditions (Figures 2.l-m). Looking at the results maps (Figures from 3.a to 3.p), it is possible to examine the distributions of equivalent stress, deformation and equivalent strain on the external structure s surfaces and along two interesting sections (Figures 3.g-h). Parole chiave: protesi a ponte, analisi agli elementi finiti, fibre di rinforzo 1. INTRODUZIONE Con il termine protesi fissa parziale in odontoiatria si intende un dispositivo avente lo scopo di sostituire uno o più elementi dentari andati perduti, ripristinando sia l estetica che la funzionalità dell apparato masticatorio, così da ottenere un adeguato stato di comfort per il paziente. Dal punto di vista estetico, negli ultimi anni si sono avuti notevoli progressi, che hanno portato alla sintetizzazione di materiali tali da integrare perfettamente la protesi nella bocca. Gli stessi risultati non sono però stati ancora ottenuti dal punto di vista funzionale, tanto che la speranza media di vita di una protesi continua a non superare i anni. Qualora l elemento mancante appartenga alla parte posteriore dell arcata, le soluzioni possibili per vincolare permanentemente la protesi alla sua sede sono due: la si può fissare ad un impianto precedentemente avvitato nell osso sottostante (Figura 1.a), oppure la si può realizzare su una travata, a sua volta appoggiata ai due denti adiacenti (Figura 1.b), in questo caso la protesi viene detta * Corresponding author: Lorenzo Scalise Tel: 071/ ; Fax: 071/ ; l.scalise@mm.univpm.it

2 ponte. La scelta tra le due opzioni viene effettuata dall odontoiatra in base alla propria esperienza ed alle condizioni del paziente. Figura 1.a: Protesi su impianto Figura 1.b: Protesi a ponte La protesi a ponte (Figura 1.c), di cui si tratterà nel presente studio, per la sua applicazione richiede la presenza dei due denti adiacenti alla lacuna, detti denti pilastro, in quanto su di essi vengono ricavate le cave su cui poi appoggiarla (Figura 1.d). Sulla protesi sono quindi presenti delle appendici, dette ancoraggi, di forma tale da garantire, dopo il loro incollaggio sulle cave, un adeguato supporto alla struttura. Figura 1.c: Il ponte Figura 1.d: La cava su un dente pilastro Allo scopo di irrobustire la protesi, che tende ad inflettersi, solitamente al suo interno vengono posizionati dei rinforzi, che possono sia avere diverse disposizioni che essere costruiti con diversi tipi di fibre di vetro, in base al modo in cui esse sono intrecciate. Lo scopo di questo lavoro è di osservare, attraverso l analisi agli elementi finiti, come la forma del rinforzo influenzi la distribuzione e l entità delle tensioni subite dalla struttura protesica. Data la complessità della struttura, l analisi agli elementi finiti si presenta infatti come utile strumento di indagine, permettendo di osservare regioni di difficile accesso per le verifiche sperimentali, ad esempio, è possibile osservare cosa si verifica al centro della protesi e all interfaccia tra i vari elementi. 2. MATERIALI E METODI Per stimare l influenza della disposizione dei rinforzi, ne sono state selezionate quattro configurazioni, che sono state sottoposte alle stesse condizioni di carico, nello specifico ad un carico verticale e ad un carico orizzontale, entrambi centrati nella faccia di protesi coinvolta. La scelta delle configurazioni date ai rinforzi è stata dettata dall esperienza e quella dei carichi è stata attuata in modo da rispecchiare le tipiche condizioni cliniche e fisiologiche. I risultati ottenuti sono stati analizzati confrontando le tensioni equivalenti calcolate secondo il metodo di Von Mises, si sono poi osservate la risultante degli spostamenti subiti dalle diverse strutture e le loro deformazioni equivalenti, calcolate anch esse col metodo di Von Mises Le configurazioni di rinforzi analizzate Le configurazioni di rinforzo sottoposte ad analisi sono state quattro, scelte fra quelle più comunemente utilizzate in ambito clinico, e sono visibili in Figura 2.a, in sezione mesio-distale, ed in Figura 3.n, in vista tridimensionale. La configurazione 1 è tipica di una fibra a nastro; la configurazione 2 modella invece un rinforzo ispessito, esattamente come quello della configurazione 3, che in aggiunta è stato abbassato per sorreggere maggiormente la parte centrale interna del ponte;

3 la configurazione 4 rappresenta infine un rinforzo progettato in maniera tale da ricostruire il profilo esterno della protesi, così da irrobustirne la maggior porzione possibile. Figura 2.a : Sezioni dei ponti con le varie disposizioni di rinforzo modellate In modo da sottoporre le diverse configurazioni di rinforzi alle medesime condizioni di lavoro, esse sono state di volta in volta introdotte nello stesso modello di ponte+pilastri, che si presentava come in Figura 2.b Semplificazioni apportate Figura 2.b : Il modello meshato Si è scelto di non modellizzare il legamento parodontale. Da quanto deducibile dalla letteratura [6, 7], esso si comporta da smorzatore per il sistema, quindi la sua assenza fa aumentare la criticità delle condizioni di lavoro della struttura. La mancata simulazione del legamento impone inoltre di vincolare la struttura attraverso degli incastri perfetti applicati ai nodi esterni delle radici. Nell ottica di rendere il calcolo sul modello il più snello possibile, si è condotto uno studio per comprendere quanta parte di radice si potesse eliminare pur mantenendo il modello sufficientemente realistico. Tale studio è stato condotto, per ragioni di comodità, su un solo dente, e ha portato alla decisione di troncare le radici dei denti pilastro 3 mm sotto la fine dello smalto La costruzione dei modelli I modelli in esame sono stati costruiti direttamente all interno del programma di analisi, vale a dire ANSYS,inc nella versione 8.0. Per fare questo si è partiti dallo studio della morfologia degli elementi in esame, per arrivare a definire un numero di parametri tali da descriverla in maniera sufficientemente accurata, sulla base di questi si è disegnato il modello di ogni oggetto. Tale parametrizzazione permette una maggiore versatilità del modello, attraverso la modifica di poche righe di codice, infatti, si possono ricostruire delle strutture anche molto diverse da quelle rappresentate nelle figure di questo articolo, il che ne incrementa enormemente le potenzialità di metodo esplorativo.

4 I volumi presenti in ogni modello sono dunque otto: i due denti pilastro, costituiti entrambi dai volumi di smalto, dentina e polpa, e la protesi, composta dai volumi rappresentanti il rinforzo e il composito. Le modalità con cui sono stati ottenuti i diversi volumi sono essenzialmente due: o li si è disegnati partendo dalle coordinate del minor numero possibile di punti chiave, oppure li si è costruiti attraverso volumi di appoggio. Il disegno diretto (Figure 2.c e 2.d) è stato utilizzato soprattutto per i rinforzi, dato che molti dei loro punti chiave erano ottenibili per traslazione di quelli dell esterno della protesi. Figura 2.c : Le linee alla base del rinforzo della configurazione 1 Figura 2.d : Il volume finale della stessa configurazione I modelli dei volumi visibili sono stati invece ottenuti procedendo attraverso successive estrusioni dell area di base, fino ad avere un insieme di semplici volumetti che, nella complessiva forma esterna, rispecchiasse quella dell oggetto finale (Figura 2.e). Per disegnare le cuspidi dei vari denti e i volumi della dentina, attraverso i vertici chiave dei volumetti di appoggio sono poi state fatte passare delle splines, che hanno permesso di costruire i volumi complessivi utilizzando soltanto le nuove aree esterne, alleggerendo così il quantitativo delle entità oggetto di calcolo e nel contempo rendendo i vari profili più morbidi, quindi più realistici (Figura 2.f). Figura 2. e : I volumetti utilizzati come base per lo smalto del molare Figura 2.f : Il premolare con le cuspidi ottenute dalle nuove aree basate sulle splines Ai volumi finali si è arrivati, però, dopo una serie di manipolazioni: le tre entità (pilastri + ponte) sono state disegnate singolarmente e di ogni loro costituente è stato esportato un file in formato IGES. Gli otto files.iges sono stati re-importati nel programma di calcolo e lì sono stati sottoposti ad una serie di operazioni booleane (sottrazione ed addizione di volumi), che hanno portato dalla situazione di Figura 2.g, ossia con dei volumi che si sovrappongono, a quella di Figura 2.h, in cui i volumi si interfacciano correttamente (il perché della zona cerchiata in rosso verrà spiegato al Paragrafo 3). Figura 2.g : Sezione di alcuni volumi di interesse al termine delle operazioni di importazione Figura 2.h : Sezione degli stessi volumi al termine del ciclo di operazioni booleane

5 Il passaggio attraverso il formato IGES ha permesso di dimenticare la genesi dei vari elementi e di operare una sorta di pulizia al loro interno, ad esempio rinumerando sequenzialmente le diverse aree. Senza la serie di operazioni booleane invece non si sarebbe, ad esempio, riusciti ad avere una protesi che, nei suoi ancoraggi, riproducesse correttamente le cuspidi dei denti adiacenti, essendo impossibile disegnarle a priori Caratteristiche meccaniche imposte Le caratteristiche meccaniche imposte ai materiali costituenti i denti naturali sono state desunte dalla letteratura, dato che in essa si può trovare una grande varietà di dati, si sono scelti i valori più frequentemente assegnati [1]. Tutti i materiali sono stati considerati lineari, elastici ed isotropi, sebbene esistano alcuni studi tendenti a dimostrare la loro anisotropia [9]. Nello specifico si sono imposti: smalto : Modulo Elastico = 41 GPa Modulo di Poisson = 0.33 dentina : Modulo Elastico = 14 GPa Modulo di Poisson = 0.31 La polpa è stata invece simulata lasciando cavo il volume che occupa. Il composito, costituente la parte esterna della protesi, è stato modellato con le caratteristiche fornite dalla casa produttrice, anch esso è stato considerato lineare, elastico ed isotropo. I valori assegnati sono stati: Modulo Elastico = 6.5 GPa Modulo di Poisson = 0.28 Anche i rinforzi sono stati considerati lineari, elastici ed isotropi, i valori imposti sono quelli caratteristici di un elemento costituito da fibre di vetro intrecciate ed immerse in un bagno polimerico [8], vale a dire: Modulo Elastico = 27 GPa Modulo di Poisson = Condizioni di carico e vincolo Il modello è stato vincolato applicando degli incastri perfetti ai nodi appartenenti alle aree di appoggio dei denti pilastro (Figura 2.i), interessando un totale di 662 nodi. Alla struttura sono poi stati applicati, separatamente, due tipi di carichi: uno orizzontale e uno verticale. Benché infatti i carichi fisiologici siano solitamente inclinati [5], anche in virtù del movimento masticatorio che si attua lungo traiettorie curve, si è deciso di analizzare separatamente le due situazioni, in modo da isolare gli specifici comportamenti dei differenti rinforzi. Il valore del carico applicato era pari, in entrambi i casi, a 200 N, in modo da simulare una ragionevole sollecitazione fisiologica. Le sue modalità di applicazione sono state scelte in modo che agisse su piccole zone, all incirca pari a 2.5 mm 2. La sollecitazione verticale è stata quindi applicata sulla piccola area posta tra le cuspidi (Figura 2.l), mentre quella orizzontale è stata equiripartita su 12 nodi vicini (Figura 2.m). In entrambi i casi, le zone di applicazione erano poste al centro delle facce di interesse della protesi, in modo tale che, nelle successive serie di simulazioni, si potessero confrontare le risposte della struttura agli stessi carichi applicati eccentricamente. Figura 2.i : I nodi vincolati, vista in pianta Figura 2.l : L area di applicazione del carico verticale Figura 2.m : I nodi di applicazione del carico orizzontale

6 3. RISULTATI Come accennato nell introduzione, i risultati attenuti dalle simulazioni sono stati analizzati da tre punti di vista differenti: la tensione equivalente (Figure 3.a e 3.b), calcolata con il metodo di Von Mises, la risultante degli spostamenti (Figure 3.c e 3.d) e la deformazione equivalente (Figure 3.e e 3.f), calcolata anch essa con il metodo di Von Mises. Figura 3.a : Tensione equivalente in risposta al carico verticale Figura 3.b : Tensione equivalente in risposta al carico orizzontale Si nota come, per tutte le configurazioni e per entrambe le tipologie di carico, la maggior parte dei nove livelli, in cui è uniformemente suddivisa la scala dei valori di sollecitazione agente, sia presente solo intorno alla zona di applicazione del carico. La stessa considerazione può essere applicata anche alle mappe riportanti la deformazione equivalente. Figura 3.c : Spostamento totale in risposta al carico verticale Figura 3.d : Spostamento totale in risposta al carico orizzontale In questo caso i fondoscala delle diverse mappe hanno tutti lo stesso ordine di grandezza, si può quindi valutare visivamente quanto la distribuzione degli spostamenti subiti dalla struttura sia dipendente dalla tipologia di carico applicata.

7 Figura 3.e : Deformazione equivalente in risposta al carico verticale Figura 3.f : Deformazione equivalente in risposta al carico orizzontale Osservando i valori massimi delle scale, si nota come, riguardo alla tensione e alla deformazione equivalenti, la struttura sia più sollecitata dal carico verticale, mentre nel caso degli spostamenti, risulti maggiormente critico il carico orizzontale. Per indagare il comportamento della struttura al suo interno, si è deciso di analizzare gli andamenti della tensione equivalente in diverse zone: la sezione mesio-distale (Figura 3.g), con particolare attenzione all ultima parte dell interfaccia tra smalto e dentina (cerchiata in Figura 2.h), i rinforzi nella loro superficie esterna e una sezione vestibolo-linguale degli ancoraggi (Figura 3.h). Figura 3.g : Il piano di sezione mesio-distale Figura 3.h : Il piano di sezione sull ancoraggio Nelle Tabelle 1, 2 e 3 sono riportati i massimi valori delle grandezze di interesse generati dal programma, per ogni configurazione di rinforzi, nelle diverse zone di analisi. Nelle diverse colonne, si è usato il colore blu per evidenziare il valore più alto ed il rosso per il più basso. Si tenga presente che le cifre riportate sono quelle corrispondenti all estremo dell ultimo livello della scala coinvolto e che è possibile che quel valore sia raggiunto anche su un solo nodo, non essendo presente un indicazione sulla frequenza con cui compare. Valore di picco Carico Verticale interf ancoraggi Tabella 1 : Tensione equivalente [Valori in MPa] rinf. Valore di picco Carico Orizzontale interf ancoraggi rinf Configuraz Configuraz Configuraz Configuraz

8 Valore di picco Carico Verticale interf ancoraggi Tabella 2 : Risultante spostamenti [Valori in mm] rinf. Valore di picco Carico Orizzontale interf ancoraggi rinf Configuraz Configuraz Configuraz Configuraz Valore di picco Tabella 3 : Deformazione equivalente [Adimensionale] Carico Verticale Carico Orizzontale Valore di interf ancoraggi rinf. picco interf ancoraggi rinf Configuraz Configuraz Configuraz Configuraz Analisi nelle sezioni Dato che le visioni dell esterno della struttura (Figure 3.a e 3.b) non erano particolarmente indicative, presentando, come logico, un massimo nella zona di applicazione del carico, si è deciso di togliere dalla scala i valori massimi, lì localizzati, e di osservare quindi gli andamenti delle tensioni comprese tra 0 e 30 MPa, riportati nelle Figure 3.i e 3.l. Il valore di 30 MPa è stato scelto perché è dell ordine di grandezza della sollecitazione massima agente nelle altre zone della protesi; qualora vi fossero delle zone sottoposte a una tensione maggiore, esse nella figura apparirebbero di colore grigio. Figura 3. i : Mappe delle tensioni equivalenti scalate nella sezione dell ancoraggio in risposta al carico verticale Figura 3.l : Mappe delle tensioni equivalenti scalate nella stessa sezione in risposta al carico orizzontale Dalle mappe si può notare come i rinforzi siano in grado di assorbire le sollecitazioni, lasciando pressoché scarica la parte inferiore della protesi, costituita dal composito e quindi più debole.

9 3.2. Analisi dei rinforzi Le mappe della tensione equivalente rilevata sulla superficie esterna dei rinforzi, mostrate nelle Figure 3.m e 3.n, sono invece auto-scalalate al valore massimo agente su di essi. Figura 3.m : Tensione equivalente sui rinforzi in risposta al carico verticale Figura 3.n : Tensione equivalente sui rinforzi in risposta al carico orizzontale Confrontando le risposte della configurazione 1 con le altre, si può notare come l ispessimento del rinforzo negli ancoraggi porti alla diminuzione dell area su cui agisce lo sforzo massimo, pur non facendo variare in maniera rilevante il valore di picco che esso raggiunge Analisi negli ancoraggi Anche queste mappe sono state scalate fino a 30 MPa, come fatto per le sezioni mesio-distali. Si può notare come, nel caso di carico verticale, solo una piccola zona delle varie configurazioni superi questo valore e, dalla visione delle mappe non scalate, si nota come lo superi solo di pochi MPa, a conferma del fatto che il valore scelto come fondoscala è idoneo a rappresentare il fenomeno. Figura 3. o : Mappe delle tensioni equivalenti scalate nella sezione dell ancoraggio in risposta al carico verticale Figura 3.p : Mappe delle tensioni equivalenti scalate nella stessa sezione in risposta al carico orizzontale Dalle mappe in risposta ala sollecitazione verticale è possibile osservare come la distribuzione delle tensioni all interno dei rinforzi sia influenzata da una, seppur minima, eccentricità del carico (visibile dalla Figura 2.l).

10 4. DISCUSSIONE Tenendo conto delle ipotesi fatte, i risultati riportati nelle Tabelle 1, 2 e 3, uniti alle mappe sinora riportate, permettono di trarre alcune conclusioni riguardo al comportamento delle diverse configurazioni di rinforzi. Sia nel caso di carico verticale che di carico orizzontale, la configurazione numero 4 presenta la minor tensione equivalente agente sul rinforzo, il che è dovuto proprio alla sua forma, che, essendo allargata, le permette di distribuire molto le tensioni, impedendo loro di raggiungere valori pericolosi. La stessa configurazione presenta un valore di picco non altrettanto ridotto rispetto alle altre, ma esso è registrato sul composito interposto tra il carico e il rinforzo, quindi molto sollecitato. Quanto detto della tensione equivalente, nel caso di carico verticale, vale anche per la deformazione equivalente. Nel caso di carico orizzontale, la configurazione che meglio risponde, in termini di minimi spostamenti e deformazioni, è la numero 3, perché la sua travata ha una conformazione idonea a rispondere bene alla sollecitazione imposta. La configurazione 1 presenta costantemente il valore massimo registrato in termini di spostamenti e deformazioni, sia nel caso di carico orizzontale che verticale, nelle prime tre colonne delle tabelle; questo fa sì che la si ritenga la meno idonea tra le varie configurazioni, dato che il problema non risiede tanto nell entità delle tensioni sopportate dai rinforzi, quanto in quella delle deformazioni e/o spostamenti che il circostante composito è costretto a subire. Va infatti ricordato che la maggior parte delle protesi a ponte cede per cricche sulla parte sospesa degli ancoraggi, vale a dire per danneggiamento del composito esterno; il fatto che i rinforzi poi si deteriorino dipende dall umidità e dagli elementi estranei che li vanno a contaminare entrando appunto da queste cricche. A tale proposito si nota come, mentre le tensioni equivalenti agenti nella sezione degli ancoraggi siano assai simili per le varie configurazioni, i valori di spostamento e deformazione equivalente differiscano in maniera più rilevante. 5. CONCLUSIONI Questo studio dimostra come l analisi agli elementi finiti permetta di ottenere utili informazioni su aspetti del comportamento delle protesi che altrimenti non risulterebbero agevolmente indagabili. L analisi basata sulle tensioni equivalenti, la risultante degli spostamenti e la deformazione equivalente permette inoltre di avere un quadro globale del comportamento con solo tre parametri per ogni struttura, consentendo una facilità di confronto tra i vari modelli che non riuscirebbe utilizzando le singole componenti delle tensioni. Da tale studio inoltre è emerso chiaramente che la comparazione tra le diverse configurazioni non può avvenire basandosi soltanto sul valore raggiunto dalla tensione equivalente, ma che si devono tenere in considerazione anche gli spostamenti e le deformazioni subiti dalla struttura e le zone in cui essi agiscono maggiormente Limiti del modello Va premesso che il lavoro esposto in questo articolo rappresenta il primo livello di uno studio ancora in corso. Tale studio, volto ad indagare l influenza del rinforzo interno in una protesi a ponte in condizioni di utilizzo fisiologiche, è infatti articolato in passi di complessità crescente: questo primo livello si occupa proprio dello studio della forma data ai rinforzi, il secondo livello riguarda invece le caratteristiche meccaniche loro assegnate (rendendoli di materiale trasversalmente ortotropo), mentre nel terzo livello vengono valutate le risposte della struttura a dei carichi più complessi (eccentrici e/o inclinati). Per questo il fatto di aver qui considerato i rinforzi isotropi non costituisce un limite, ma una ragionevole approssimazione. Un limite è invece costituito dal non aver ancora validato sperimentalmente il modello, ma esso verrà superato, dato che si intende utilizzare la tecnica ESPI (Electronic Speckle Pattern Interferometry) per valutare gli spostamenti subiti dalla struttura in condizioni di carico uguali a quelle modellate.

11 5.2. Sviluppi futuri La serie di modelli trattata si pone l obiettivo di diventare, una volta validata, uno strumento di indagine predittiva per molteplici configurazioni di protesi a ponte. Grazie alla parametrizzazione impostata nei file contenenti la sequenza di istruzioni necessarie, è possibile, modificando poche righe di codice, ottenere strutture anche molto diverse da quelle sopra rappresentate. In tal modo si potrà valutare l influenza di parametri chiave come ad esempio gli spessori delle cave sui denti pilastro o la lunghezza libera degli ancoraggi. Si ringraziano il dott. Giorgio Rappelli e la dott.sa Erminia Coccia, della Clinica Odontostomatologica dell Università Politecnica delle Marche, per l importante supporto tecnico dato alla fase di studio dei modelli e alla comprensione delle problematiche cliniche ad essi correlate. BIBLOGRAFIA [1] P. Magne, WH. Douglas, Design optimisation and evolution of bonded ceramics for the anterior dentition: a finite-element analysis, Quintessence International., Vol 30, 10, 1999, pp (Journal) [2] M. Ash, S. Nelson, Wheeler s, dental anatomy, physiology and occlusion, 2003 ottava edizione, ISBN (Book) [3] G. Rappelli, L. Scalise, E. Coccia, A. Putignano, E. P. Tomasini, Distribuzione degli stress nei ponti in composito rinforzato con fibre, analisi al FEM, Il dentista moderno, Gennaio 2005, pp (Journal) [4] G. Rappelli, L. Scalise, M. Procaccini, E. P. Tomasini, Stress distribution in fiber-reinforced composite inlay fixed partial dentures, The Journal of Prosthetic Dentistry, Vol 95, 5, 2005, pp (Journal) [5] C-L. Lin, J-C. Wang, Y-C. Kuo, Numerical simulation on the biomechanichal interaction of tooth /implant supported system under various occlusal forces with rigid/non-rigid connections, Journal of Biomechanics, Vol 35, 2006, pp (Journal) [6] M. E. Biancolini, C. Brutti, F. Mangani, L. Reccia, D. Sperandei, Ottimizzazione strutturale di restauri di denti naturali, XXXIII Convegno AIAS, Bari, Agosto 2004 [7] M. E. Biancolini, C. Brutti, F. Mangani, L. Reccia, Studio comparativo dello stato tensionale di diverse tipologie di restauro di denti premolari e molari, XXXIV Convegno AIAS, Milano, Settembre 2005 [8] [9] P. Zaslansky, J. D. Currey, A. A. Friesem, S. Weiner, Phase shifting speckle interferometry for determination of mineralized biological materials: a study of tooth dentin compression in water, Journal of Biomedical Optics, Vol 10, Issue 2, 2005, pp /13

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