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1 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 1 / LQILQLWRQHOSHQVLHURVFLHQWLILFRHILORVRILFR 1HVVXQ FRQFHWWR FRPH TXHOOR GL LQILQLWR KD HVHUFLWDWR XQ IDVFLQR H VROOHYDWR TXHVWLRQL QHOOD VWRULD GHO SHQVLHURVFLHQWLILFRHILORVRILFRÊXQ LGHDSRWHQWHFRQODTXDOHWXWWHOHFXOWXUHVLVRQRLQTXDOFKHPLVXUD FRQIURQWDWH(WXWWDYLDqXQ LGHDSHUFHUWLYHUVLVIXJJHQWHFKHVLODVFLDLQWUDYHGHUHPDPDLFRPSOHWDPHQWH SRVVHGHUH 1LHQWH QHOO HVSHULHQ]D GHOOD UHDOWj XPDQD SXz SURSULDPHQWH GLUVL LQILQLWR HSSXUH O LQILQLWR VHPEUDQHFHVVDULRSHUIRQGDUHTXHVWDVWHVVDUHDOWjRTXDQWRPHQRSHUVSLHJDUQHDVSHWWLLPSRUWDQWL1HVVXQ DOWURFRQFHWWRSRLWRFFDFDPSLWDQWRGLVWDQWLGHOOHDWWLYLWjGHOO LQJHJQRXPDQR/ LQILQLWRFDQWDWRGDOSRHWD QHOOHVXHYLVLRQLRTXHOORQHOTXDOHVLGLVVROYHODFRVFLHQ]DGHOPLVWLFRqLQIDWWLORVWHVVRDFXLLOILORVRIRFHUFD GL GDUH XQD FRQQRWD]LRQH ULJRURVD QHOOH VXH VSHFXOD]LRQL PHWDILVLFKH H FKH LOPDWHPDWLFRDGGLULWWXUDXVD FRPH VWUXPHQWR RSHUDWLYR QHL SURFHGLPHQWL GHO FDOFROR LQILQLWHVLPDOH,Q TXHVWH EUHYL QRWH GLVFXWHUHPR DOFXQHGHOOHSULQFLSDOLYDOHQ]HFKHODPDWHPDWLFDHODILORVRILDKDQQRDWWULEXLWRDOFRQFHWWRGLLQILQLWRQHO FRUVRGHOORVYLOXSSRGHOSHQVLHURRFFLGHQWDOH,1',&(,QWURGX]LRQH / LQILQLWRQHOSHQVLHURJUHFR$ULVWRWHOHH$UFKLPHGH,OGLYLHWRGHOO LQILQLWRLQDWWR $UFKLPHGHHLOPHWRGRGLHVDXVWLRQH / LQILQLWRQHOODPHQWDOLWjFRPXQH 6FDOHGLJUDQGH]]DQHOO XQLYHUVRILVLFR / LQILQLWRGHOODSRHVLD 7RPPDVRG $TXLQRLQILQLWjDWWXDOHVHFXQGXPTXLGH DVVROXWD,OSUREOHPDGHOO LQILQLWRQHOODPDWHPDWLFDPRGHUQD 3URVSHWWLYDHSXQWLGLIXJD *DOLOHRHODJHRPHWULDGHJOLLQGLYLVLELOL 1DVFLWDHVYLOXSSRGHOO DQDOLVLLQILQLWHVLPDOH *HRUJ&DQWRU,WUDQVILQLWL,QILQLWRDVVROXWR,OFRQFHWWRGLLQVLHPH /LPLWD]LRQHGHOODGLPHQVLRQHGHJOLLQVLHPL,QILQLWjHGHWHUPLQD]LRQHLQUDSSRUWRDOODUHDOWjILVLFD,VLQJROLHQWLPDWHULDOL / LQWHURXQLYHUVR 8QLYHUVRLQIOD]LRQDULR 8QLYHUVRFLFOLFR,PSOLFD]LRQLILORVRILFKHGHLPRGHOOLFRVPRORJLFL ÊSRVVLELOHXQDYLWDSHUSHWXD" &RQFOXVLRQL

2 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 2,QWURGX]LRQH Fin dai suoi inizi, il pensiero scientifico e filosofico occidentale ha sentito l esigenza di confrontarsi con il concetto di infinito. I termini fondamentali delle problematiche connesse con questa importante idea risultano chiari già nelle dottrine di Aristotele, se non addirittura nei presocratici. Vi è infatti una doppia direttrice sulla quale analizzare la questione: in primo luogo se assegnare all infinito la valenza negativa di assenza di determinazioni o quella positiva di superlativa abbondanza delle qualità di cui si può avere esperienza; in secondo luogo se un infinito attualizzato possa realmente (cioè incontraddittoriamente) esistere oppure solo l infinito potenziale sia un concetto esente da patologie. Nel corso del presente lavoro prenderemo le mosse proprio dal pensiero greco, evidenziando come già un filosofo presocratico Anassimandro introduca il concetto di infinito, e lo faccia con una valenza negativa, che lo accosta ad una sorta di nulla dal quale gli enti sorgono per aggiunta di successive determinazioni. È però con Aristotele che l idea di infinito viene estesamente sviluppata, e ciò avviene nella direzione di una rigida proibizione dell infinito in atto, proibizione che verrà accettata da tutta la matematica greca (in particolare gli (OHPHQWL di Euclide), con l unica vistosa eccezione di Archimede che introduce espliciti riferimenti all infinito in atto per implementare ingegnose tecniche di calcolo. Di queste originarie valenze concettuali troviamo traccia anche nell odierna mentalità comune, che tende però generalmente ad assumere una visione attualista (o meglio, finitista) dell infinito come quantità inconcepibilmente grande, ma pur sempre determinata. Nel pensiero medievale la riflessione sull infinito raggiunge vette altissime; in particolare sul versante della metafisica con Tommaso d Aquino e Duns Scoto e su quello mistico con Meister Eckhart. Si tratta di una riflessione principalmente filosofica, che a differenza di quella greca esclude i temi più specificamente matematici; tuttavia proprio quegli spunti teoretici rivestiranno una grande importanza come fondamenti nella matematica dei secoli successivi, in particolare nell opera di Georg Cantor. L età moderna è caratterizzata da un proliferare di tecniche matematiche basate sull infinito, e si tratta spesso di infinito in atto. Un utilizzo un po spregiudicato di un concetto così delicato, in conseguenza del quale non mancheranno aporie e contraddizioni che costringeranno nel periodo a cavallo tra i secoli XIX e XX a ripensare profondamente la questione dei fondamenti della matematica.

3 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 3 In quanto detto finora la discussione sull infinito è limitata unicamente agli aspetti matematici e filosofici, escludendo qualsiasi riferimento alla fisica. Sembra infatti che la realtà materiale debba escludere qualsiasi aspetto di infinità per sua stessa definizione. Ciò è sicuramente vero finché consideriamo fenomeni limitati e circoscritti, ma è una prescrizione che continua a valere anche nell ambito della cosmologia? In particolare i recenti modelli di universo inflazionario a bolle e di universo ciclico sembrano compatibili con una matrice spazio-temporale infinita, e anche volendo rimanere ad un ambito più ristretto ma pur sempre rilevante sul piano cosmologico la situazione attuale di generazione di informazione e aumento della complessità organizzata (in pratica la vita) è potenzialmente prolungabile all infinito o si tratta comunque di un processo destinato ad avere un termine temporale? / LQILQLWRQHOSHQVLHURJUHFR$ULVWRWHOHH$UFKLPHGH All idea di infinito si possono assegnare due valenze complementari: l una negativa di mancanza di determinazioni e quindi di imperfezione, l altra positiva di superamento di ogni limitazione. In effetti l essere dell ente è sempre un essere determinato e con ciò finito, limitato (RPQLVGHWHUPLQDWLRHVWQHJDWLR, secondo la celebre massima scolastica). Si tratta allora di intendere questa mancanza di determinazione come superamento o come imperfezione. Tra i filosofi presocratici Anassimandro è il primo ad introdurre il concetto di απειρον come mancanza di limite (appunto, περα XQDPDWHULDLQIRUPHFKHFRQWLHQH in sé tutte le determinazioni e proprio per questo è totalmente indeterminata; gli enti si formano da essa per separazione degli opposti: $QDVVLPDQGURSULQFLSLRKDGHWWRGHOOHFRVHFKHVRQRO LQGHILQLWRHGLIDWWRULGDFXLqOD QDVFLWDSHUOHFRVHFKHVRQRVRQRDQFKHTXHOOLLQFXLVLULVROYHODORURHVWLQ]LRQHVHFRQGRLO GRYXWR SHUFKp SDJDQR O XQD DOO DOWUD HVVH JLXVWD SHQD HG DPPHQGD GHOOD ORUR LQJLXVWL]LD VHFRQGRODGLVSRVL]LRQHGHOWHPSR 1 Ma già in questa fase arcaica del pensiero scientifico troviamo spunti di interpretazione che poi sotto varie vesti caratterizzeranno tutto lo sviluppo successivo fino ai nostri giorni. È questo il caso della critica portata dai filosofi eleatici al concetto di divenire, critica che si appoggia proprio su una concezione dell infinito totalmente diversa da quella di Anassimandro, una concezione che potremmo chiamare attiva, ma che più propriamente 1 SIMPLICIO, 3K\V., 4, )UDPPHQWR 1 in: Alessandro LAMI (curatore),, SUHVRFUDWLFL7HVWLPRQLDQ]HHIUDPPHQWLGD7DOHWH D (PSHGRFOH. BUR, Milano, 1997, 139.

4 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 4 consiste nel pensare l infinito come una attualità di parti esistenti. Il paradosso di Achille e la tartaruga, attribuito a Zenone di Elea, ci viene riportato da Aristotele nel VI libro della )LVLFD, ed è uno dei più celebri della storia del pensiero matematico e filosofico:,ovhfrqgrqlofrvlgghwwr³$fklooh TXHVWRLQWHQGHSURYDUHFKHLOSLOHQWRFRUUHQGRQRQVDUj PDLVRUSDVVDWRGDOSLYHORFHLQIDWWLQHFHVVDULDPHQWHO LQVHJXLWRUHGRYUHEEHJLXQJHUHSULPD OjGRQGHLOIXJJLWLYRqEDO]DWRLQDYDQWLVLFFKpQHFHVVDULDPHQWHLOSLOHQWRFRQVHUYDXQDFHUWD SUHFHGHQ]D 2,OGLYLHWRGHOO LQILQLWRLQDWWR Di fatto, il ragionamento di Zenone funzionerebbe solo se nel percorrere un segmento un mobile dovesse occupare concretamente ognuno degli infiniti punti che compongono il segmento, cioè se l infinità dei punti che compongono il segmento fosse una infinità attuale. Che la considerazione degli infiniti in atto comporti ogni sorta di paralogismi fu chiaro sin dai tempi antichi; in particolare Aristotele nel primo libro del 'H &DHOR formula una serie di argomenti contro l ipotesi che lo spazio fisico (l universo) sia infinito, in pratica contro l esistenza dell infinito in atto 3. Questi argomenti sono strettamente dipendenti dalla cosmologia accettata dallo stagirita. Ad esempio il primo di essi si basa sul concetto di LQWHUYDOOR tra due linee come il massimo segmento che unisce le due linee; ora, se l universo (che lo ricordiamo nella visione aristotelica è una sfera centrata nella Terra) avesse dimensione infinita, sarebbe infinito anche l intervallo tra due qualsiasi raggi della sfera e per percorrere tale intervallo occorrerebbe un tempo infinito, contro l evidenza che la rivoluzione del cielo delle stelle fisse si completa in un anno. Tuttavia in altri luoghi l impossibilità dell infinito in atto viene affermata sulla base di argomentazioni più fondamentali, come ad esempio nel terzo libro della )LVLFD: Ê FKLDUR SRL FKH QRQ VL SXz DPPHWWHUH FKH O LQILQLWR HVLVWD FRPH XQ HVVHUH LQ DWWR R FRPH VRVWDQ]D H SULQFLSLR GLIDWWL TXDOVLDVL SDUWH GHVXQWD GD HVVR VDUHEEH LQILQLWD VH HVVR IRVVH GLYLVLELOHLQSDUWLLQYHURFLzFKHqDOO LQILQLWRqLQILQLWRHVVRVWHVVRVHSXUO LQILQLWRqVRVWDQ]D H QRQqLQUHOD]LRQHDXQVRVWUDWRVLFFKpHVVRRqLQGLYLVLELOHRqGLYLVLELOHDOO LQILQLWR0DFKH ODPHGHVLPDFRVDVLDPROWLLQILQLWLqLPSRVVLELOHFKpDQ]LFRPHXQDSDUWHGLDULDqDULDFRVu XQDSDUWHGLLQILQLWRqLQILQLWRVHO LQILQLWRqVRVWDQ]DHSULQFLSLR'XQTXHHVVRqLPSDUWLELOHH 2 ARISTOTELE, 3K\VLFD, VI, 9, 239b 3 ARISTOTELE, 'H&DHOR, I, 271b 273a.

5 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 5 LQGLYLVLELOH0DqLPSRVVLELOHFKHFLzFKHqLQHQWHOHFKLDVLDLQILQLWRGLIDWWLqQHFHVVDULRFKH HVVRVLDXQDTXDQWLWj(DOORUDVLGLUjO LQILQLWRHVLVWHFRPHDWWULEXWR0DVLqSXUGHWWRFKHVH q FRVu QRQ OR VL SXz FRQVLGHUDUH FRPH SULQFLSLR EHQVu SULQFLSLR q SURSULR TXHOOR FXL HVVR FDSLWDFRPHDWWULEXWRO DULDDGHVHPSLRHLOSDUL6LFFKpFDGUHEEHURLQGLPRVWUD]LRQLDVVXUGH TXHOOL FKH DQGDVVHUR ULSHWHQGR OH DVVHU]LRQL GHL SLWDJRULFL FRVWRUR LQIDWWL FRQVLGHUDQR O LQILQLWRFRPHVRVWDQ]DHQHOORVWHVVRWHPSRORGLYLGRQRLQSDUWL 4 Aristotele dunque rifiuta in maniera chiara e netta l infinito attuale, quello degli eleatici; la concezione che egli ha è quella di un infinito potenziale, cioè di un processo per il quale non è prevista alcuna procedura di terminazione in linea di principio, anche se poi la grandezza in esame assumerà sempre valori (ovviamente) finiti: 'LIDWWL VH QRL GD XQD JUDQGH]]D ILQLWD GHVXPLDPR XQD GHWHUPLQDWD JUDQGH]]D H SRL QH GHVXPLDPR DQFRUD XQ DOWUD QHOOD PHGHVLPD SURSRU]LRQH VHQ]D SHUzSRUWDUYLDODJUDQGH]]D VWHVVDGHOO LQWHURQRQULXVFLUHPRDSHUFRUUHUHLOILQLWR 5 E poco più avanti: $QFKHSHUDJJLXQ]LRQHO LQILQLWRqFRVuSXUVHPSUHLQSRWHQ]DHQRLGLFLDPRFKHLQXQFHUWR VHQVRORqDOORVWHVVRPRGRFKHSHUGLYLVLRQHVHPSUHLQIDWWLVLSRWUjDVVXPHUHTXDOFRVDDOGL IXRUL GL HVVR PD QRQ GL PHQR HVVR QRQ VXSHUHUj RJQL JUDQGH]]D ILQLWD FRPH LQYHFH SHU GLYLVLRQHVXSHUDRJQLJUDQGH]]DILQLWDHULPDQHVHPSUHPLQRUH 6 In altri termini, noi diciamo ad esempio che i numeri interi sono infiniti perché data una collezione di Q oggetti non vi è alcuna ragione di principio che ci impedisce di pensare ad una collezione di Q + 1 oggetti, indipendentemente dal valore di Q; questo però non significa che esistano collezioni composte da un numero infinito di oggetti. Di fatto, quando metto insieme degli oggetti per costruire una collezione ne avrò sempre un numero determinato. $UFKLPHGHHLOPHWRGRGLHVDXVWLRQH Malgrado la posizione di Aristotele, già nei tempi antichi ci si era però accorti che l infinito in atto poteva avere interessanti risvolti, e non ci stiamo qui riferendo ai paralogismi della scuola eleatica, ma ad aspetti molto più concreti legati alla geometria. All interno della eclettica produzione di Archimede troviamo alcuni risultati di cui per molto tempo è stato difficile comprendere come sia stato possibile ottenerli con gli strumenti del tempo (in particolare senza l analisi matematica). Il mistero venne risolto in 4 ARISTOTELE, 3K\VLFD, III, 5, 204a. 5 ARISTOTELE, 3K\VLFD, III, 206b, ,YL, III, 206b,

6 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 6 tempi relativamente recenti, all inizio del XX secolo, quando venne ritrovato il manoscritto di un opera del grande matematico siracusano,o 0HWRGR di cui si erano perdute le tracce fin dai primi secoli dell era cristiana 7. Questo trattato contiene quindici proposizioni, delle quali Archimede fornisce non proprio una dimostrazione, ma una giustificazione, cioè il procedimento euristico per giungere a formularle. La prima di queste proposizioni riguarda il calcolo dell area sottesa da un arco di parabola. Il procedimento utilizzato è quello che Archimede stesso definisce meccanico, cioè la regione compresa tra l arco di parabola e una sua corda viene affettata in segmenti ad ognuno dei quali si assegna un peso proporzionale alla sua lunghezza. Considerando poi una opportuna leva, ogni segmento viene equilibrato dal corrispondente segmento di un particolare triangolo. Si giunge così a stabilire l equivalenza tra la regione compresa tra l arco di parabola e la sua corda, e il triangolo. A parte l idea originale di applicare le leggi della meccanica a problemi di geometria, quello che è rilevante ai fini della presente discussione è il fatto che una regione piana venga considerata come l unione di infiniti segmenti. Una regione piana infatti può sempre essere suddivisa in un certo numero (finito) di strisce; quanto più sono sottili le strisce tanto più aumenta il loro numero. Se riduciamo la larghezza delle strisce fino a farle diventare segmenti, il loro numero diviene infinito (in atto); abbiamo cioè una regione finita di piano composta da una infinità attuale di segmenti, esattamente come il segmento che separa Achille dalla tartaruga è composto da una infinità attuale di punti. Nel caso dell argomento di Archimede tuttavia, il ragionamento non porta ad un paralogismo, ma ad un risultato corretto che può anche essere dimostrato (e di fatto lo è, in un altra opera dello stesso Archimede) senza chiamare in causa l infinito attuale o potenziale che sia ma facendo ricorso unicamente ai metodi della geometria sintetica. Di fatto, proprio su argomenti di questo tipo si fonderà, molti secoli più tardi, il calcolo infinitesimale, la moderna analisi matematica. Archimede, quindi, non reclama al suo ragionamento la dignità di una valida procedura dimostrativa, però è indubbio che esso abbia una notevole forza persuasiva. L idea è fertile, e con gli opportuni accorgimenti cioè con la sostituzione dell infinito attuale in potenziale può assumere la valenza di un procedimento rigoroso. Ciò è quanto viene 7 Carl B. BOYER, 6WRULDGHOODPDWHPDWLFD. ISEDI, Milano, 1976, 161.

7 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 7 realizzato nella seconda proposizione del dodicesimo libro degli (OHPHQWL di Euclide, la cui dimostrazione sfrutta il cosiddetto metodo di HVDXVWLRQH, sviluppato e formalizzato da Eudosso di Cnido 8. Dunque, il dodicesimo libro degli (OHPHQWL si apre con una proposizione riguardante i poligoni: «3ROLJRQLVLPLOLLVFULWWLLQFHUFKLVWDQQRIUDORURFRPH L TXDGUDWL GHL GLDPHWUL 9» (nel presente contesto quando si parla di proporzionalità tra poligoni si intende proporzionalità tra le rispettive aree). La seconda proposizione invece recita: «, FHUFKL VWDQQR WUD ORUR FRPHLTXDGUDWLGHLGLDPHWUL 10». Potendo considerare l infinito in atto, questa seconda proposizione sarebbe semplicemente un corollario della prima; infatti basterebbe considerare il cerchio come un poligono regolare con un numero infinito di lati. Abbiamo detto che un certo richiamo all infinito in atto è alla base del calcolo infinitesimale; non stupirà quindi che uno studioso che vive a cavallo tra XVII e XVIII secolo, cioè negli anni in cui l analisi matematica veniva sviluppata, faccia un commento proprio in tal senso. Si tratta di quel Gerolamo Saccheri che nella sua celebre opera: (XFOLGHVDERPQLQDHYRYLQGLFDWXV, fornisce l ultimo dei grandi tentativi di dimostrazione del postulato delle parallele, e col suo fallimento apre di fatto la strada alle geometrie non euclidee e al passaggio da una concezione apodittica della matematica ad una ipoteticodeduttiva. Scrive dunque il gesuita milanese: (XFOLGHKDJLjGLPRVWUDWRSURSFKHGXHSROLJRQLVLPLOLLQVFULWWLLQGXHFHUFKLVWDQQRWUD ORUR FRPH L TXDGUDWL GHL GLDPHWUL SURSRVL]LRQH GD FXL FRPH FRUROODULR DYUHEEH SRWXWR ULFDYDUHODFRQVLGHUDQGRLFHUFKLFRPHSROLJRQLLQILQLWLODWHUL 11 «FRQVLGHUDQGRLFHUFKLFRPHSROLJRQLLQILQLWLODWHUL»; in queste poche parole è contenuta l essenza di una questione centrale sui fondamenti della matematica, dibattuta fin dall antichità, e che non ha perso la sua rilevanza fino ai tempi moderni. Tuttavia, è proprio per evitare il ricorso all infinito in atto che Eudosso escogitò il metodo di esaustione. Per capire in cosa consista tale metodo, andiamo a vedere la definizione di HVDXVWLRQH in un moderno dizionario di termini matematici 12 : 8 EUCLIDE, (OHPHQWL, a cura di Attilio FRAJESE e Lamberto MACCIONI, UTET, Torino, 1970, , in particolare nota 2 p ,YL, ,YL, Gerolamo SACCHERI, (XFOLGHVDERPQLQDHYRYLQGLFDWXV, trad. BOCCARDINI, Hoepli, Milano, 1904, Sebastiano NICOSIA, /H YRFL GHOOD PDWHPDWLFD 3HUFRUVL DOIDEHWLFLIUDWHRUHPLHIRUPXOH, Ghisetti e Corvi, Milano, 2006.

8 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 8 (VDXVWLRQHVPGDOODWLQRHVDXULUH0HWRGRGLHVDXVWLRQH0HWRGRXWLOL]]DWRGD$UFKLPHGH H IRUVH VFRSHUWR GD (XGRVVR SHU FDOFRODUH OH DUHH GL ILJXUH D FRQWRUQR FXUYLOLQHR FRPH HOHPHQWRGLVHSDUD]LRQHGLFODVVLGLSROLJRQLLQVFULWWLHFLUFRVFULWWLHFRQXQQXPHURGLODWLFKH DXPHQWDQRLQGHILQLWDPHQWH7DOHPHWRGRVLIRQGDVXOODVHJXHQWHSURSULHWjGLHVDXVWLRQHVHOq XQD JUDQGH]]D GDWD H U XQD IUD]LRQH FRPSUHVD IUD ò H DOORUD SHU RJQL JUDQGH]]D H RPRJHQHDFRQOHGDUELWUDULDPHQWHSLFFRODqSRVVLELOHWURYDUHXQQXPHURQDWXUDOHQDSDUWLUH GDO TXDOH VL DEELD O( 1 U) Q < H /D SURSULHWj GL HVDXVWLRQH VL GLPRVWUD SHU DVVXUGR DVVXPHQGRO DVVLRPDGLFRQWLQXLWjGL$UFKLPHGH Questa definizione coincide esattamente con un altra proposizione degli (OHPHQWL di Euclide, e precisamente la prima del decimo libro: 'DWHGXHJUDQGH]]HGLVXJXDOLVHVLVRWWUDHGDOODPDJJLRUHXQDJUDQGH]]DPDJJLRUHGHOODPHWj GDOODSDUWHUHVWDQWHXQ DOWUDJUDQGH]]DPDJJLRUHGHOODPHWjHFRVuVLSURFHGHVXFFHVVLYDPHQWH ULPDUUjXQDJUDQGH]]DFKHVDUjPLQRUHGHOODJUDQGH]]DPLQRUHLQL]LDOPHQWHDVVXQWD 13 In altri termini non esiste una grandezza minima, ma si può sempre procedere a successive divisioni ottenendo grandezze sempre più piccole. Nella dimostrazione di questa proposizione è essenziale il riferimento ad un postulato che negli (OHPHQWL viene presentato come definizione, e precisamente la quarta definizione del quinto libro: 6LGLFHFKHKDQQRIUDORURUDSSRUWRRUDJLRQHOHJUDQGH]]HOHTXDOLSRVVRQRVHPROWLSOLFDWH VXSHUDUVLUHFLSURFDPHQWH 14 L importanza di questo postulato in rapporto alla nostra trattazione è fondamentale. Malgrado la forma un po criptica, esso esprime un carattere della continuità tutto sommato intuitivo, cioè detto in altri termini che date due grandezze omogenee tra loro (per esempio due segmenti), la prima delle quali una è minore dell altra, si può sempre trovare un multiplo della più piccola che supera la più grande. Questa definizione a partire dal XIX secolo è meglio nota come SRVWXODWRGL$UFKLPHGH, ed esprime un carattere basilare della geometria euclidea, tanto da poter essere considerato un ulteriore postulato da aggiungersi ai cinque ben noti 15. È altresì interessante notare come l enunciato di Euclide consista proprio nell esclusione dal novero delle grandezze per le quali si possano costruire rapporti di quelle per le quali non vale la proprietà archimedea. Sorge dunque spontanea la domanda se esistano tali grandezze, manchevoli di una proprietà così ovvia. La risposta è affermativa. 13 EUCLIDE, FLW, ,YL, Attilio FRAJESE, Il sesto postulato di Euclide, in 3HULRGLFRGLPDWHPDWLFKH 1-2 (1968)

9 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 9 Già nella geometria antica abbiamo un importante esempio negli angoli curvilinei, cioè nei quali almeno un lato è una linea curva 16 ; la proposizione 16 del terzo libro degli (OHPHQWL 17 mostra infatti come non esista alcun sottomultiplo di un angolo rettilineo che sia minore dell angolo di contingenza (cioè dell angolo curvilineo compreso tra il cerchio e la tangente). Quindi, gli angoli sia rettilinei che curvilinei sono una classe di grandezze per la quale non vale la proprietà archimedea, e pertanto non si possono costruire rapporti tra di esse. Non così per la classe dei soli angoli rettilinei. Un altro importante esempio è dato dalla geometria piana costruita sulla sfera. È questa senza dubbio il più popolare modello di geometria non euclidea; se infatti chiamiamo retta un cerchio massimo sulla sfera il quinto postulato viene violato, nel senso che non esistono parallele poiché due qualsiasi rette si incontrano sempre nei poli; una delle conseguenze più notevoli di questo fatto è che la somma degli angoli interni di un triangolo eccede l angolo piatto, e possono aversi anche triangoli con tutti e tre gli angoli retti. Quello che è forse meno noto è che si tratta anche di una geometria non archimedea (i segmenti, definiti come archi di cerchio massimo, non possono essere moltiplicati per un intero arbitrariamente grande, ché oltre un certo valore il giro si completa e si ricomincia da capo). / LQILQLWRQHOODPHQWDOLWjFRPXQH La dottrina di Aristotele, ripresa dalla tradizione scientifica del mondo antico, esclude, come abbiamo visto, la possibilità di un infinito in atto tanto nell universo fisico che sul piano logico, cioè nel pensiero. Sul secondo punto torneremo tra breve, adesso però domandiamoci quanto è plausibile il primo e che senso può avere una discussione sull infinito in rapporto alla realtà materiale. Nella mentalità comune il piano concettuale (l infinito come ente matematico) viene spesso riportato a quello materiale, e ciò che ne risulta è una specie di LQILQLWR SUDWLFR, vale a dire una grandezza ancorché finita vertiginosamente maggiore di ogni scala accessibile all esperienza umana. Non vi è dubbio 16 cfr. ARISTOTELE, $QDO3U, I, 24, EUCLIDE, (OHPHQWL, cit., 228.

10 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 10 che questa sorta di infinito attuale mutilato è profondamente scorretto dal punto di vista teoretico, tuttavia per capire quanto tale concezione sia profondamente radicata nella mentalità corrente, basta andare a vedere la definizione di infinito in uno dei più autorevoli dizionari della lingua inglese 18 : LQILQLW\QRXQ WLPHRUVSDFHWKDWKDVQRHQG DSRLQWZKLFKLVVRIDUDZD\WKDWLWFDQQRWEHUHDFKHG DQXPEHUWKDWLVODUJHUWKDQDOORWKHUQXPEHUV DQH[WUHPHO\ODUJHQXPEHURIVRPHWKLQJ Particolarmente interessanti ai fini della nostra discussione sono la seconda e la terza definizione; ritroveremo concetti vagamente simili nella teoria dei transfiniti di Cantor. 6FDOHGLJUDQGH]]DQHOO XQLYHUVRILVLFR D altra parte, un occhiata agli ordini di grandezza che separano la scala delle esperienze umane da quella subatomica da un lato, e cosmologica dall altro ci fa capire come un tale senso di infinità pratica sia ben giustificato dal punto di vista psicologico. Se infatti le dimensioni delle cellule del nostro corpo sono dell ordine delle frazioni di millimetro, poco al di sotto della soglia di visibilità ad occhio nudo, e i più piccoli batteri sono grandi appena qualche millesimo di millimetro, bisogna scendere a lunghezze cento volte più piccole per trovare le macromolecole biologiche, come il DNA. Più ridotte, solo qualche milionesimo di millimetro, sono le dimensioni delle piccole molecole inorganiche, e ovviamente ancora minori quelle degli atomi. Se a questo punto vogliamo scendere al livello del nucleo, dobbiamo fare un salto di più di un fattore diecimila; praticamente se il nucleo atomico fosse una biglia al centro di un campo da calcio, l orbita degli elettroni più interni toccherebbe le ultime gradinate. Da questo punto in poi il concetto di distanza mutuato dall esperienza comune inizia a non essere più tanto adeguato, ed è più opportuno ragionare in termini di energia. È un principio generale della ricerca fisica infatti che per esplorare dettagli più interni e strutture più fini occorrono sonde corrispondentemente più energetiche. Se questo precipitare nel mondo microscopico può provocare una certa vertigine, è però quando l uomo rivolge il suo pensiero alle enormi distanze nell universo che si sente sopraffatto. Considerando che la luce viaggia a velocità costante, possiamo farci un idea 18 voce LQILQLW\ su Elizabeth WALTER - Kate WOODFORD editors, &DPEULGJHDGYDQFHGOHDUQHU VGLFWLRQDU\, Cambridge University Press, Cambridge, 2005.

11 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 11 delle dimensioni degli spazi cosmici esprimendole in termini del tempo necessario alla luce per percorrerle. La velocità della luce non è certo bassa: in un secondo percorre chilometri, cioè sette volte e mezzo il giro del mondo all equatore o, se preferiamo, poco meno della distanza tra la Terra e la Luna. In altri termini, per attraversare una stanza essa impiega qualche miliardesimo di secondo, un tempo al limite delle attuali capacità tecniche di misura. Con questa enorme velocità, occorrono circa otto minuti perché la luce del Sole giunga fino a noi, e più di cinque ore per attraversare tutto il sistema solare, fino a Plutone. Oltre, vi è solo un enorme distesa di vuoto fino alla stella più vicina, situata a quattro anni luce e mezzo da noi. L intera galassia, poi, di cui il nostro Sole occupa una regione periferica, è un disco schiacciato del diametro di circa anni luce, e la galassia più vicina si trova a due milioni di anni luce. La distribuzione delle galassie nell universo ha una struttura gerarchica, cioè più galassie sono riunite in ammassi, e gli ammassi a loro volta in superammassi, separati ad ogni livello da distanze sempre maggiori. Più sono lontani gli oggetti che osserviamo e più sono antichi. Per questo motivo vi è una ovvia limitazione alla nostra capacità di accedere a regioni remote dell universo tramite l osservazione, cioè l età finita del cosmo. A causa del fenomeno dell espansione comunque, la distanza che la luce riesce a percorrere in un certo intervallo di tempo è maggiore di un ugual valore espresso in anni luce. Gli oggetti più lontani attualmente accessibili ai nostri strumenti di rilevazione sono a qualche decina di miliardi di anni luce; ciò ovviamente non significa che non esistano regioni di universo anche oltre quel limite, ma solo che non vi è modo di osservarle. / LQILQLWRGHOODSRHVLD La consapevolezza delle reali estensioni del mondo macroscopico e microscopico è una acquisizione relativamente recente (ancora agli inizi del XX secolo si discuteva se la nostra galassia fosse unica o se esistessero altre strutture simili), tuttavia è chiaro che fin da tempi remoti l uomo ha intuito l immensità delle distanze cosmiche. A questo riguardo uno dei riferimenti più scontati è a / LQILQLWR di Giacomo Leopardi, tuttavia il tema è trattato in vari luoghi dallo stesso autore; ad esempio incomparabile è la riflessione nella *LQHVWUD 19 : ( SRLFKHJOLRFFKLDTXHOOHOXFLDSSXQWR &K DORUVHPEUDQRXQSXQWR ( VRQRLPPHQVHLQJXLVD &KHXQSXQWRDSHWWRDORUVRQWHUUDHPDUH 19 Giacomo LEOPARDI, /D*LQHVWUDRLOILRUHGHOGHVHUWR, in &DQWL, minibur Rizzoli, Milano 1993, 92.

12 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 12 9HUDFHPHQWHDFXL / XRPRQRQSXUPDTXHVWR *ORERRYHO XRPRqQXOOD 6FRQRVFLXWRqGHOWXWWRHTXDQGRPLUR 4XHJOLDQFRUSLVHQ] DOFXQILQUHPRWL 1RGLTXDVLGLVWHOOH &K DQRLSDLRQTXDOQHEELDDFXLQRQO XRPR ( QRQODWHUUDVROPDWXWWHLQXQR 'HOQXPHURLQILQLWHHGHOODPROH &RQO DXUHRVROHLQVLHPOHQRVWUHVWHOOH 2 VRQRLJQRWHRFRVuSDLRQFRPH (VVLDOODWHUUDXQSXQWR 'LOXFHQHEXORVDDOSHQVLHUPLR &KHVHPEULDOORURSUROH 'HOO XRPR" Questa nozione più poetica e romantica dell infinito ha comunque un carattere simile a quello tipico del linguaggio comune che abbiamo evidenziato nelle pagine precedenti; dato che si parla degli oggetti lontanissimi, ma non di quello che può esservi oltre, ci troviamo di fronte ad una nozione di infinito attuale, cioè positivo, ma di una positività così schiacciante per l uomo da assumere addirittura una connotazione negativa. 7RPPDVRG $TXLQRLQILQLWjDWWXDOHVHFXQGXPTXLGH DVVROXWD Tornando alle argomentazioni più rigorose dei filosofi, bisogna comunque dire che già nei tempi antichi il divieto aristotelico di pensare l infinito in atto ammette una vistosa eccezione, e cioè Dio. Agostino afferma chiaramente nel capitolo 19 del XII libro del 'H &LYLWDWH'HL che solo un pazzo potrebbe ritenere che la scienza di Dio arrivi a conoscere perfettamente l essenza di alcuni numeri ma non di tutti. Questa possibilità dell infinito in atto LQ PHQWH 'HL avrà come vedremo nelle prossime pagine un importanza fondamentale nella costruzione concettuale di Georg Cantor. Si deve però al genio metafisico di Tommaso d Aquino l ampliamento e la chiarificazione della visione aristotelica dei due infiniti. Oltre all infinito potenziale, si deve introdurre una ulteriore sottile distinzione tra la nozione di ente (insieme) infinito in atto e quella di ente (insieme) attualmente infinito 20. Per comprendere la differenza tra le due nozioni appoggiamoci ad un esempio. Una linea retta è determinata (cioè finita) rispetto ad alcuni suoi caratteri (il fatto di essere una linea e non magari una figura piana o solida...) ma resta indeterminata (infinita) rispetto ad altri (la sua estensione). Quello che abbiamo indicato è quindi un infinito attuale relativo, o LQILQLWXP DFWX VHFXQGXP TXLG. La nozione è perfettamente 20 Gianfranco BASTI, )LORVRILDGHOODQDWXUDHGHOODVFLHQ]D,IRQGDPHQWL (Dialoghi di filosofia Sezione Manuali, 1), Lateran University Press, Città del Vaticano 2002,

13 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 13 legittima e non contraddittoria, in quanto viene solamente posta la negazione dell esistenza di limitazioni per un certo carattere di un certo ente (nel nostro esempio per l estensione della linea retta); non viene però indicata una procedura costruttiva per ottenere tutti gli elementi dell insieme (cioè per disegnare una linea retta realmente infinita). In altri termini, non è contraddittorio che un ente venga pensato infinito attualmente e non solo potenzialmente (contenuto cioè in un altro oggetto infinito di ordine superiore), ma lo è il fatto che tale ente venga posto in atto, cioè costruito attraverso una serie di passi. Questa distinzione è della massima importanza per capire l origine profonda dal punto di vista logico dei problemi che hanno afflitto la ricerca sui fondamenti della matematica negli anni a cavallo tra XIX e XX secolo e che sono sostanzialmente legati ad un uso non corretto dell infinito, come ad esempio nell LQVLHPH GL WXWWL JOL LQVLHPL, una nozione che evidentemente presuppone la costruibilità della classe universale a partire da tutti i singoli insiemi 21. Infine, notiamo che dall infinità attuale relativa, cioè rispetto ad alcune determinazioni, possiamo passare all infinità attuale assoluta, vale a dire infinita rispetto a tutti i modi dell essere; un tale concetto esprime qualcosa che non avendo aspetti determinati come invece avviene per l infinito VHFXQGXPTXLG o relativo non è neppure in alcun modo incrementabile, non ha quindi in sé alcun aspetto potenziale ma è pura attualità: siamo così arrivati ad una caratterizzazione razionale di Dio. Questa caratterizzazione dell assoluta infinità (intesa come assenza di determinazioni, anche di quelle positive) di Dio come espressione della sua trascendenza è il tratto principale della teologia negativa, presente nel pensiero cristiano fin dai primi secoli: FLzFKHQRQKDIRUPDGjWXWWHOHIRUPHHLQOXLVRORO HVVHUHSULYRGLVRVWDQ]DqLOVXSHUDPHQWRGL RJQL VRVWDQ]D OD QRQ YLWD q VRYUDEERQGDQ]D GL YLWD OD QRQ LQWHOOLJHQ]D q VRYUDEERQGDQ]D GL VDSLHQ]D 22 In tempi più maturi questi concetti vengono ripresi, tra gli altri, sul piano più specificatamente filosofico da Giovanni Duns Scoto, che fonda la sua dimostrazione dell esistenza di Dio sull incontraddittorietà del concetto di HQV LQILQLWXP 23, e su quello 21 Gianfranco BASTI - Antonio L. PERRONE, /HUDGLFLIRUWLGHOSHQVLHURGHEROH'DOODPHWDILVLFDDOODPDWHPDWLFDDO FDOFROR, Il Poligrafo, Padova 1996 cap PSEUDO DIONIGI, 'HGLYLQLVQRPLQLEXV, IV, 3 111, 697A. 23 cfr. Mario PANGALLO, /DOLEHUWjGL'LRLQ67RPPDVRHLQ'XQV6FRWR, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992,

14 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 14 mistico da Meister Eckhart, il quale arriva fino a negare l essere a Dio ponendolo al di sopra di ogni determinazione 24.,OSUREOHPDGHOO LQILQLWRQHOODPDWHPDWLFDPRGHUQD Nel passaggio alla matematica moderna si assiste ad un proliferare di tecniche e problemi che coinvolgono l infinito. Un primo notevole esempio riguarda l applicazione della matematica all arte. I pittori rinascimentali, rispetto ai predecessori, riescono a dare alle loro opere un senso di profondità, una specie di illusione di una ulteriore dimensione. Tutto ciò non avviene unicamente per effetto di geniali quanto inconsapevoli intuizioni, ma presenta aspetti di rigorosa formalizzazione geometrica. 3URVSHWWLYDHSXQWLGLIXJD Sebbene già il Brunelleschi pare che avesse dedicato molta attenzione al problema di rappresentare scene tridimensionali su una scena bidimensionale, il primo trattato sulla prospettiva è di Leon Batista Alberti e porta il titolo 'HOOD3LFWXUD 25. Tra XV e XVI secolo alcuni tra i massimi artisti dell epoca, tra cui Piero della Francesca, Leonardo e Dürer, si occuparono del problema dal punto più specificatamente teorico ottenendo notevoli risultati. Senza volerci occupare dettagliatamente in questa sede della teoria della prospettiva, vogliamo peraltro evidenziare una caratteristica di tale teoria che ha una certa attinenza con la presente discussione, e cioè il concetto di SXQWR GL IXJD. Secondo la definizione della geometria elementare due rette del piano sono parallele quando non si incontrano. Capita a volte di sentir dire che due rette parallele si incontrano all infinito ; questa locuzione tradisce una certa presenza dell infinito in atto nel linguaggio comune, che abbiamo evidenziato precedentemente. Se tuttavia guardiamo due rette parallele ad esempio i binari di una ferrovia in un tratto rettilineo ci accorgiamo di avere effettivamente l illusione che le due linee si avvicinino fino a toccarsi. Nella teoria della prospettiva questo effetto percettivo viene formalizzato mediante l introduzione di uno o più punti di fuga, veri e propri punti all infinito in cui convergono le rette parallele di piani aventi varie inclinazioni rispetto al piano del disegno, che però occupano posizioni ben determinate nel disegno stesso. Nella geometria proiettiva si ha la formalizzazione del punto di fuga mediante l introduzione di coordinate omogenee; ogni punto del piano, cioè, viene identificato non solo dall ascissa [ e dall ordinata \ ma anche da una terza coordinata 24 cfr. Aniceto MOLINARO, 7UDILORVRILDHPLVWLFD, Città Nuova editrice, Roma cfr. Carl B. BOYER, cit.,

15 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 15 W che può assumere i valori 0 e 1. Le ordinarie coordinate del punto sono ridefinite mediante le relazioni: [ [ e W \ \. Per i punti con W = 1 W nulla è cambiato, ma se W = 0 i rapporti non si possono formare e il punto viene definito come punto all infinito. Abbiamo quindi il risultato estremamente importante dal punto di vista concettuale che mediante una terna di valori in un opportuno sistema di coordinate ad esempio ( 1 ;1;0 ) si può attualmente identificare un punto all infinito, il quale è diverso da altri punti all infinito ad esempio da ( 1;1;0 ). *DOLOHRHODJHRPHWULDGHJOLLQGLYLVLELOL Il richiamo all infinito della teoria della prospettiva non è né l unico né il più importante nella matematica dell età moderna. Una concezione dovuta originariamente a Galileo e successivamente sviluppata dai suoi allievi, Evangelista Torricelli e Bonaventura Cavalieri, sostiene la possibilità della divisione di un continuo ad esempio un segmento in un insieme infinito in atto di parti indivisibili e prive di estensione; SDUWLQRQTXDQWH, per usare la terminologia di Galileo 26. Assumere questa posizione non è privo di risultati, in particolare comporta risultati molto interessanti riguardo al calcolo dei volumi delle figure solide, cioè il cosiddetto principio di Cavalieri 27 : VH GXHVROLGLVLSRVVRQRGLVSRUUHULVSHWWRDXQSLDQRLQPRGRFKH RJQLSLDQRSDUDOOHORDTXHVWROLWDJOLVHFRQGRVH]LRQLHTXLYDOHQWLVRQRHTXLYDOHQWL. Per spiegare meglio il concetto con un esempio, consideriamo due insiemi di otto dischetti di cartone tutti uguali tra loro. Con il primo gruppo costruiamo una torre facendo combaciare esattamente ogni dischetto con il sottostante, otterremo così un cilindro retto. Anche con il secondo gruppo costruiamo una torre, ma facendo in modo che ogni dischetto sia leggermente spostato rispetto al sottostante. Avremo così un cilindro non retto, ma inclinato rispetto al piano della base (qualcosa di simile alla torre di Pisa). I due solidi così costruiti hanno forme diverse, ma poiché ogni dischetto del primo corrisponde ad un uguale dischetto del secondo è immediato riconoscere che essi avranno 26 cfr. Lucio LOMBARDO RADICE, / LQILQLWR,WLQHUDULILORVRILFLHPDWHPDWLFLGLXQFRQFHWWRGLEDVH, Editori Riuniti, Roma Giovanni MELZI - Livia TONOLINI, /H]LRQLGL*HRPHWULD, Minerva Italica, Bergamo 1993, 286.

16 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 16 lo stesso volume. Il principio di Cavalieri estende queste osservazioni, ma adesso invece che un dischetto sottile abbiamo una sezione piana, cioè una figura di spessore nullo. Non dovremo più quindi confrontare gli otto dischetti di un cilindro con gli otto dell altro, ma le infinite sezioni di un solido con le infinite dell altro. È immediato osservare che nell ultima frase abbiamo dato all aggettivo infinite la stessa valenza di qualsiasi numerale finito, ad esempio otto. 1DVFLWDHVYLOXSSRGHOO DQDOLVLLQILQLWHVLPDOH Di fatto la moderna analisi matematica non è basata sulla galileiana geometria degli indivisibili (la cui unica traccia nei testi moderni è il principio di Cavalieri) ma sul calcolo infinitesimale sviluppato da Newton e Leibniz. In esso non ci si confronta più con l infinito, ma con un concetto a questo strettamente correlato, quello di infinitesimo. Una quantità infinitesima può diventare più piccola di qualsiasi valore fissato, senza peraltro mai annullarsi completamente. Il concetto di limite su cui si basa tutta l analisi matematica consiste proprio in questo: si dice ad esempio che il limite di una funzione in un dato punto è un certo valore se la funzione si può arbitrariamente avvicinare al limite quando la variabile indipendente si avvicina opportunamente al punto; tuttavia la variabile indipendente non coinciderà mai esattamente con il punto, né la funzione con il limite. Anche in questo contesto vi è un chiaro richiamo all infinito (avvicinamento indefinito, quantità più piccola di qualsiasi piccolo valore arbitrariamente scelto e tuttavia diversa da zero...) però riconosciamo facilmente che si tratta di un infinito potenziale e non attuale; di fatto, l infinitesimo attuale è semplicemente lo zero, che non presenta alcuno dei problemi concettuali dell infinito attuale, sebbene sostituire gli infinitesimi con lo zero non porterebbe ad alcun risultato. La proprietà della continuità tanto importante per l analisi matematica esprime la possibilità per la retta dei numeri reali (o un suo sottoinsieme, semiretta o segmento) di essere suddivisa in intervalli localizzati e piccoli quanto si vuole; se interpretiamo ciò dicendo che la retta o il segmento è composta da una infinità attuale di punti ricadiamo nei paradossi del tipo di quello di Achille e la tartaruga, l applicazione del concetto di limite ci permette invece di affermare la possibilità di un avvicinamento non limitato dal alcun vincolo al punto desiderato. La differenza è sostanziale; da un punto di vista operativo

17 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 17 qualsiasi tentativo di determinare completamente un numero irrazionale 28 si risolve con procedure che richiedono un numero infinito (in atto) di operazioni elementari. Nondimeno, il numero irrazionale è perfettamente definito (ancora un eco della distinzione tomista tra ente infinito in atto ed ente attualmente infinito), tanto che processi di costruzione geometrica possono permetterci di determinare esattamente il segmento corrispondente sulla retta dei numeri reali. *HRUJ&DQWRU All interno di questo genere di problematiche si situa l opera geniale di Georg Cantor. Bisogna innanzitutto ricordare che i problemi affrontati da Cantor non sono quelli usuali dell analisi matematica, legati alla continuità della retta reale e all operazione di limite, ma piuttosto di un ordine più fondamentale, riguardanti un concetto che per la sua elementarità poteva rappresentare un ottimo punto di partenza per l intera matematica: il concetto di insieme. C è da dire che l aspirazione a fondare apoditticamente la matematica partendo dagli insiemi (come da altri principi-base) si rivelò fallimentare, e ciò proprio a causa di una serie di patologie che sorgono quando si prendono in considerazione gli insiemi infiniti, evidenziate da Cantor stesso e da alcuni tra i maggiori matematici vissuti a cavallo tra otto e novecento. A noi tuttavia non interessa in questa sede l analisi della crisi dei fondamenti della matematica 29, quanto piuttosto prendere in esame le idee di Cantor sull infinito. Non sarà forse inutile ricordare in estrema sintesi l essenza dei risultati ottenuti da Cantor.,WUDQVILQLWL Partendo dall ovvia osservazione che due insiemi (finiti) hanno lo stesso numero di elementi (o come si dice la stessa cardinalità) quando ogni elemento del primo può essere messo in corrispondenza con uno del secondo, e che nel caso degli insiemi infiniti, e solo in quel caso, un insieme può essere messo in corrispondenza con una sua parte propria (per esempio l insieme dei numeri interi con quello dei numeri pari), egli dimostra una serie di risultati che apparentemente stridono con il comune senso matematico. Per esempio le frazioni, che ci immaginiamo densamente distribuite sulla retta dei numeri reali, 28 I numeri irrazionali a differenza dei numeri razionali non si possono esprimere come un rapporto tra due numeri interi e quindi nel loro sviluppo decimale esibiscono una sequenza non terminata di cifre che non presenta alcuna periodicità. 29 cfr. Bruno D AMORE - Maurizio L. M. MATTEUZZI, 'DOQXPHURDOODVWUXWWXUD%UHYHVWRULDGHOODPDWHPDWLFDPRGHUQD, Zanichelli, Bologna 1975, capp. 4 e 5.

18 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 18 e quindi molto più numerose dei numeri interi (dei quali se ne incontra solo uno ogni tanto ) hanno in realtà la stessa cardinalità. Corrispondentemente si dimostra che questa stessa cardinalità è minore di quella dei numeri reali, nel senso che se per assurdo supponessimo di numerare tutti i valori reali, ne resterebbe sempre fuori almeno uno. In altri termini, ogni numero intero o frazione può essere messo in corrispondenza con un numero reale, ma non ogni numero reale può essere messo in corrispondenza con un numero intero o frazione; questo basta per affermare che la cardinalità dei numeri reali è maggiore di quella dei numeri interi e delle frazioni. Le conseguenze di queste osservazioni sono enormi. Non sarà più sufficiente infatti distinguere tra insiemi finiti e insiemi infiniti, ma nell ambito degli insiemi infiniti ve ne saranno alcuni più grandi di altri. Si introduce cioè una sorta di confronto o ordinamento tra infiniti; ma per poter confrontare due quantità, ho bisogno di averle entrambe presenti e in atto. Sembra dunque che l infinito in atto faccia il suo ritorno trionfale; in realtà quello di Cantor non è lo stesso infinito attuale che aveva in mente Aristotele, tanto è vero che gli si dà un nome differente: non infinito, ma transfinito. I transfiniti sono infiniti in atto incrementabili che obbediscono ad operazioni di confronto, composizione, ecc., ben diversi dall unico infinito in atto non incrementabile (l Assoluto) che sfugge per sua stessa natura a qualsiasi formalizzazione di tipo logico-matematico. In altri termini, l opera di Cantor non è una confutazione del principio aristotelico di impossibilità di un infinito in atto che non sia l Assoluto (come talvolta capita di sentir dire), ma piuttosto l inserzione di una classe a sua volta infinita di livelli intermedi tra i due infiniti aristotelici: quello potenziale e l Assoluto.,QILQLWRDVVROXWR Questo punto è della massima importanza, e risulta chiaramente dagli scritti di Cantor 30. In effetti Cantor ha una concezione essenzialmente platonica: gli enti matematici esistono da sempre nella mente di Dio, e affinché un ente matematico esista basta che sia possibile, cioè non contraddittorio. Non si tratta però di formalismo alla Hilbert (sebbene possa per certi versi assomigliargli). Infatti l esistenza implicata dall incontraddittorietà è qualcosa di più forte della semplice coerenza logica dei formalisti. In particolare distinguiamo tra: - possibilità - esistenza astratta - creabilità (da parte di Dio) 30 cfr. Michael HALLETT, &DQWRULDQVHWWKHRU\DQGOLPLWDWLRQRIVL]H, Oxford University Press, New York 1984.

19 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 19 - concreta esistenza Questa posizione non era condivisa da Frege, per il quale la coerenza logica da sola non basta a garantire l esistenza di un ente matematico o logico. Per Cantor invece Dio non crea ogni cosa che vuole, ma tutto ciò che può. Il richiamo a Dio è essenziale per giustificare l ontologia cantoriana; in particolare gli enti matematici, che sono possibili in quanto incontraddittori, esistono da sempre nella mente di Dio. Questa è come la mente umana, ma incommensurabilmente più potente, per cui può contenere concetti e idee inaccessibili all uomo 31. Se questo principio vale per ogni sorta di ente matematico, esso assume la massima rilevanza per quanto concerne i transfiniti. Come abbiamo visto, secondo la scolastica l unico possibile infinito in atto è Dio, altrimenti possiamo avere solo infiniti potenziali. Cantor si pone in continuità con questa posizione, sostenendo che essa era perfettamente giusta e coerente in quanto al tempo non era ancora stata scoperta la teoria dei transfiniti. Avendo egli dimostrato la possibilità di infiniti in atto incrementabili, appunto i transfiniti, viene automaticamente rilevato come essi esistano nella mente di Dio, e abbiano pure la loro esistenza in qualche modo nella creazione, secondo il principio della massima possibilità. I transfiniti non sono dunque uno sminuire la grandezza di Dio togliendogli l unicità della prerogativa dell infinito in atto, ma anzi un modo in più per glorificarlo, in quanto aggiunta di un ulteriore strumento alla Sua potenza creativa, che Egli utilizza alla stessa stregua dei numeri finiti. I principi fondamentali sulla base dei quali Cantor giustifica il suo utilizzo dell infinito attuale sono tre 32 : 1. 3ULQFLSLR GHOO LQILQLWR DWWXDOH R SULQFLSLR GHO GRPLQLR: ogni infinito potenziale presuppone sempre l esistenza di un corrispondente infinito attuale; ciò significa che le totalità infinite esistono in atto, e quando riconosciamo una successione potenzialmente infinita, abbiamo in realtà sollevato il velo su una parte di una totalità infinita già completamente data. 2. 3ULQFLSLR GL ILQLWLVPR: i transfiniti sono sullo stesso piano degli ordinari numeri (finiti), e il trattamento matematico di tali entità è il più possibile simile a quello dei numeri; ciò significa che si costruisce una vera e propria aritmetica dei transfiniti, una scala in base alla quale essi sono ordinati, e in generale tutte quelle cose che si 31,YL, ,YL, 7.

20 $OHVVDQGUR&RUGHOOL 1RWHVXOFRQFHWWRGLLQILQLWR 20 possono fare con oggetti matematici che sono appunto definiti e quindi concretamente esistenti. 3. 3ULQFLSLR GHOO LQILQLWR $VVROXWR: l infinito Assoluto non può essere determinato matematicamente; rispetto alla tradizionale suddivisione di origine aristotelica dell infinito in potenziale ed attuale, Cantor introduce l ulteriore divisione dell infinito attuale in transfinito (incrementabile) e assoluto. Quest ultimo coincide con l unico infinito attuale a non incrementabile che la tradizione aristotelicotomista identifica con Dio; Cantor non cancella questa suprema concezione di infinito, ma la arricchisce di un ulteriore strumento della sua potenza creativa, che sono appunto i transfiniti.,ofrqfhwwrgllqvlhph Quello a proposito del rapporto tra infinito potenziale e Assoluto da una parte e transfiniti dall altra non è l unico equivoco che viene sovente incontrato riguardo al pensiero di Cantor. Alla base della teoria degli insiemi vi è infatti il concetto stesso di insieme che a dispetto del suo carattere fondamentale e basilare non è affatto un concetto banale. Cantor non considera insieme un qualsiasi raggruppamento di oggetti, enti, ecc. messi insieme, bensì una molteplicità che possa sulla base di qualche legge essere pensata come una unità 33. In termini platonici, potremmo dire che un insieme è una molteplicità la cui corrispondente unità possiede un idea come modello esemplare nell iperuranio. Cosa si intende con poter pensare come una unità non è molto chiaro. Potrebbe essere correlato ad una impostazione intensionale, cioè l unificazione avviene per mezzo di un concetto. Tuttavia Cantor sembra optare per una visione estensionale quando dice che gli elementi dell insieme devono essere chiaramente identificati. Naturalmente in questo modo sorge immediatamente un problema con gli insiemi infiniti, per i quali non è possibile il passaggio dall intensionale all estensionale, in quanto non si potrà mai realizzare una enumerazione completa. C è poi un altra questione: cos è che rende una molteplicità di oggetti una unità, cioè un insieme. Forse il fatto che vengano pensati come unità? Ma allora si avrebbe una sorta di ruolo costruttivo del pensiero umano, in grado di trasformare, per esempio, due mele sul tavolo in un insieme di due mele. In realtà l azione costruttiva che Cantor sottintende non è quella dell uomo ma della mente di Dio, che si trova così ad avere il ruolo di iperuranio nel quale sono conservate le idee. Inoltre questo 33,YL, 33.

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