Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza 1 Marcello Maneri

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1 Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza 1 Marcello Maneri "Buongiorno, vorremmo parlare con lei del problema della criminalità che aumenta sempre di più" - "Veramente mi sembra un aumento fasullo, sono più che altro i mass media che ne parlano" [ ] - "Ha ragione. Purtroppo molta gente non vuole parlare con noi per pregiudizio, allora cerchiamo di iniziare con un argomento di attualità che conoscono tutti ". (Conversazione avuta con due testimoni di Geova il 10/2/01 sulla porta di casa). 1. Quale insicurezza? Gli anni novanta potrebbero a buon diritto definirsi come il decennio dell'insicurezza. In Italia come in Europa questo sentimento è al centro di un numero crescente di riflessioni e gli indicatori della sua diffusione abbondano - dalla reazione sociale all'immigrazione all'affermazione generalizzata delle polizze assicurative 2, dalla crescente presenza di sistemi di allarme e apparati di vigilanza privata ai continui crolli nelle vendite degli alimenti di volta in volta "a rischio". Tutto ciò non dovrebbe sorprendere. Nelle società contemporanee, afferma Beck, "la produzione sociale di ricchezza va di pari passo con la produzione sociale di rischi" (2000:25). In altre parole, lo sviluppo economico si fa sempre più riflessivo: alla nozione di pericolo, proveniente dall'esterno, da cui difendersi, va sostituita quella di rischio, come esito dello stesso manifestarsi della modernità. Anche secondo Bauman (1999) la crescita dell'insicurezza risponde a logiche comprensibili e non troppo dissimili da quelle evidenziate da Beck. Egli distingue tra la mancanza di sicurezza esistenziale (security) - legata al liberismo economico che fa di tutti noi dei potenziali 'esuberati' e comunque dei precari -, la mancanza di sicurezza cognitiva o incertezza (certainty) - connessa alla crescente perdita di intelligibilità del sistema sociale, nel quale è sempre più difficile interpretare sintomi e cause, prevedere esiti favorevoli o sfavorevoli - e la mancanza di sicurezza personale o incolumità (safety), che riguarda "il corpo e le sue estensioni", come i familiari e i beni personali. Queste tre facce dell'insicurezza appaiono inestricabilmente legate, con una tendenza degli attori sociali a riversare sulla terza le ansie dovute alle prime due, impossibili da affrontare sia per gli individui che per istituzioni politiche sempre più limitate nelle sfere di competenza. Nell'ambito di queste riflessioni l'oggetto da spiegare, l'insicurezza, appare così diffuso da non meritare una valutazione della sua reale consistenza empirica, anche perché quanto sia presente l'insicurezza nelle sue varie accezioni, e quale ruolo giochi nell'agire sociale, non è cosa semplice da 1 Una precedente versione dell'analisi riportata nel terzo paragrafo, qui rielaborata, è apparsa sui Quaderni di Cittàsicure, 14b,

2 determinare. Stimolare gli individui ad esprimersi su un fenomeno sociale comporta sempre il rischio di produrre e rilevare atteggiamenti e sentimenti volatili e scarsamente radicati. Per questo, nelle indagini di opinione, le risposte che individuano nella criminalità uno dei problemi più sentiti vanno considerate con cautela. Più istruttivi possono essere gli andamenti registrati dai vari item nel tempo. Ma le rilevazioni disponibili in Italia in serie storica vanno raramente abbastanza indietro negli anni. Quando è però possibile allargare i riferimenti temporali, si possono trovare interessanti sorprese. Ad esempio, stando alle rilevazioni di un istituto privato di ricerca (GPF) la cui serie inizia nel 1980, l'insicurezza, in un senso generale, rimane sostanzialmente costante, mentre nell'accezione che fa riferimento alla criminalità (e quindi all'incolumità), dopo un leggero aumento al principio degli anni novanta, addirittura diminuisce. 3 Anche le rilevazioni del Censis, della Doxa e dell'istat, che però si limitano a questo decennio, forniscono risultati pressoché analoghi. 4 Dai dati del Censis si dedurrebbe però che la preoccupazione per la delinquenza comune, insieme a quella per l'immigrazione, aumenti leggermente in questi ultimi tre anni. 5 Se è estremamente difficile scandagliare empiricamente in modo non superficiale il fenomeno dell'insicurezza, con i suoi dati insufficienti o contraddittori 6, più facile è rilevare la sua centralità nel discorso pubblico. L'insicurezza è diventata il tema dominante nelle campagne elettorali degli 2 I premi assicurativi pagati dagli italiani sono passati da miliardi nel 1991 a nel 1999 (fonte: Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici; ho ricalcolato i valori in denaro corrente). 3 Si è confrontata la media delle risposte date nel primo quinquennio degli anni ottanta con quella data nel secondo quinquennio degli anni novanta, sui seguenti item: "Ho l'impressione di essere circondato dai pericoli, di dover stare costantemente sul chi vive"; "Spesso ho paura"; "Di questi tempi uscire la sera diventa sempre più pericoloso"; "Siamo un po' tutti bersagli della malavita". Su questa media non si registrano spostamenti di rilievo. Soffermandosi sulla sola risposta "molto d'accordo", tra l'altro, gli anni novanta appaiono ancor meno insicuri rispetto al decennio precedente. Si passa infatti, per il primo item, da una media del 10% di persone che rispondono "molto d'accordo" nelle rilevazioni che si sono succedute tra il 1980 e il 1985 a una media del 8% tra il 1995 e il 2000; da una media del 11% a una media del 9% per il secondo item (entrambi indicatori di un'insicurezza generica); da una media del 40% a una del 27% per il terzo; da una del 29% a una del 17% per il quarto (questi ultimi due indicatori di insicurezza nel senso di incolumità). 4 Il Censis rende disponibili confronti tra il 1994, il 1997 e il Le persone che ritengono che la pericolosità della propria zona sia aumentata diminuiscono nell'arco di questi 6 anni (dal 48% al 36%). Con una formulazione leggermente diversa, la Doxa rileva che le persone che avrebbero paura di camminare in qualche luogo pubblico nella propria zona aumentano leggermente dal 1992 al 1999 (dal 33 al 37%), però quelle che affermano che non vi è alcun luogo insicuro rimangono costanti (dal 61 al 60%). Aumenta invece la percentuale di coloro che non si sentono sicuri a casa propria (dall'8 al 15%), pur rimanendo largamente minoritaria. Riguardo alla diffusione della delinquenza, per la Doxa la percezione dell'entità della sua diffusione nella propria zona rimane praticamente invariata dal '92 al '99. Tuttavia se si domanda la percezione della tendenza ("Sempre pensando solo alla zona in cui Lei vive, Lei ritiene che si commettano reati penali e vi sia delinquenza piccola o grande di più o meno di quanta ce ne fosse tre anni fa?") diminuiscono coloro che ritengono che sia aumentata negli ultimi 3 anni (dal 52 al 44%) e aumentano quelli che ritengono che la delinquenza sia diminuita nella propria zona (dal 6 a 9%). Dai dati Istat (rielaborazione in Barbagli, 1999) si deduce che le persone che dichiarano che la zona in cui vivono è "molto" o "abbastanza" a rischio di criminalità rimane costante dal 1993 (31%) al 1998 (31%). 5 La preoccupazione per la delinquenza comune è scelta tra le preoccupazioni principali dal 25% degli intervistati nel 1997 e dal 30% nel 2000 (vedi anche la fine della nota successiva). La preoccupazione per l'immigrazione passa invece dal 27 al 31%. Nel considerare queste percentuali bisogna tenere presente che gli intervistati potevano indicare più risposte. 6 Una ulteriore distinzione andrebbe per esempio operata tra insicurezza in astratto (come, nel caso dell'incolumità, la "paura della criminalità") e in concreto (come il timore di subire personalmente in futuro determinati reati) che risultano, da un'indagine condotta per 5 anni in Emilia-Romagna, differentemente distribuite nella popolazione. Il dato più rilevante è che la paura della criminalità in astratto è sempre molto più diffusa di quella in concreto. Secondo questa indagine entrambe sarebbero comunque aumentate (la prima più della seconda) a partire dal 1998 (cfr. Mosconi, 1999). 2

3 ultimi anni 7 e più in generale il frame entro il quale svariati fenomeni sociali sono affrontati nel dibattito politico (non solo la criminalità e l'immigrazione, ma anche, in molti casi, le politiche sociali). Anche nel discorso mediatico il riferimento ai concetti di sicurezza e insicurezza è sempre più insistente. Può essere utile a questo proposito considerare alcuni indicatori. Sul più diffuso quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, il termine "sicurezza" appare, nella titolazione, una media di 131 volte all'anno tra il 1992 e il 1995, una media di 252 volte tra il 1996 e il 1997 e una media di 362 volte all'anno tra il 1998 e il Un andamento simile, anche se un po' meno accentuato, si riscontra analizzando la sua presenza nel quotidiano "La Stampa". 8 Anche la parola "insicurezza" e i suoi derivati ("insicuri/o/a/e") compaiono, nella titolazione, solo 6 volte all'anno, in media, tra il 1992 e il 1996, e invece mediamente 16 volte all'anno tra il 1997 e il La frequenza d'uso del concetto è dunque fortemente aumentata tra la prima metà e la fine degli anni novanta. Simili proporzioni si riscontrano nelle titolazioni degli articoli dedicati alla criminalità, e quindi limitatamente al significato di incolumità, in 15 edizioni locali di testate pubblicate in Emilia-Romagna. Anche in questo caso il 1998 appare come l'anno di svolta. 10 E' soprattutto il mutamento semantico ad essere interessante: mentre dalla metà degli anni ottanta fino al , sul Corriere della Sera "insicurezza" è sinonimo di pericolosità di strade, edifici, impianti, oppure di inefficienza di determinate istituzioni, o, ancora, di problemi della sessualità, a partire dal 1998 l'accezione che fa riferimento all'incolumità personale o dei propri beni, prima praticamente assente (in tutto 9 occorrenze in 14 anni), diventa improvvisamente la più importante (è il significato attribuito in un terzo dei casi nel 1998, nella metà nel l'anno dell'"emergenza criminalità" a Milano - e in un quarto nel 2000). Nel caso della Stampa, anche se attraverso una rilevazione più limitata, la tendenza è la medesima: una sola occorrenza in 6 anni tra il 1992 e il 1997, 4 articoli su 10 invece nel 1998). Su entrambe le testate è quindi proprio alla diffusione di 7 Anche nella campagna per le elezioni di questa primavera la sicurezza promette di essere il tema più battuto. I manifesti di inaugurazione della campagna elettorale dei candidati dei due principali schieramenti recitano "Più sicurezza per tutti" (Berlusconi) e "La sicurezza è un diritto di tutti. E' mio dovere garantirlo. Certezza della pena; Stop al racket dei clandestini; Giustizia più rapida" (Rutelli). Pur con differenti sfumature (Berlusconi che dispensa un bene prezioso, Rutelli che si impegna personalmente a difendere questo diritto dei cittadini - tra l'altro collegando esplicitamente alla sicurezza il fenomeno dell'immigrazione clandestina) entrambi i leader si propongono, in primo luogo, come fiduciari della sicurezza. 8 Dove "Sicurezza" appare nella titolazione una media di 131 volte tra il 1992 e il 1995, 179 volte nel 1996 e una media di 207 volte tra il 1997 e il Traggo questi dati dagli archivi elettronici delle due testate. Nel caso della Stampa ho potuto effettuare il computo solo fino al In questo caso nella Stampa si registra un aumento solo con il 1998, anno in cui si passa da una media di 6 occorrenze ad una di 10). 10 Faccio riferimento ai dati dell'osservatorio sulla stampa locale del Progetto Cittàsicure della regione Emilia-Romagna, con cui è stata analizzata l'informazione sulla criminalità per tre anni, dal 1 maggio 1996 al 30 aprile Nelle titolazioni dei articoli pubblicati nelle pagine locali dalle 15 testate presenti nelle varie province della regione, i termini "sicurezza", "insicurezza", "sicuri/e", dal primo al terzo anno dell'indagine, terminata a metà del 1999, triplicano quasi la loro presenza percentuale (passando dal 1,1% al 2,8%; il numero non è altissimo - una media di circa 240 all'anno - ma il mutamento di proporzioni è molto significativo, a maggior ragione trattandosi di dati rilevati sull'universo della popolazione esaminata e non su un campione). 3

4 questa accezione che si deve l'aumento della presenza del concetto di insicurezza, di cui si diceva prima. Un simile slittamento semantico si è registrato pochi anni prima nell'uso del termine "degrado" (anch'esso di utilizzo sempre più frequente 12 ). Inteso quasi sempre come "abbandono" di stabili, luoghi pubblici, parchi e beni artistici, il termine assume, a partire dal e più decisamente dal 1997 il significato di deterioramento del paesaggio urbano dovuto alla presenza di immigrati, senza-casa, tossicodipendenti, piccoli criminali, con i disagi e l'insicurezza che questa presenza comporta (questo è, sul Corriere, il significato del 1% delle occorrenze del termine tra il 1984 e il 1987, del 16% tra il 1988 e il 1991, del 18% tra il 1992 e il 1994, del 29% tra il 1995 e il 1996 e del 53% tra il 1997 e il 2000; sulla Stampa si passa addirittura, con un andamento anticipato di un anno, dal 5% delle occorrenze del , al 22% del fino al 56% nel ). Anche in questo caso, è esclusivamente alla diffusione di questa accezione che dobbiamo l'aumento della frequenza del termine in cifre assolute registrato nel corso degli anni novanta.. Il concetto di "degrado", normalmente associato a quello di sicurezza, comporta un più ampio significato di disordine sociale: minaccia alla sicurezza ma anche offesa al decoro e al vivere civile, per la presenza di categorie di persone poco gradite (cfr. Palidda, 1999). In realtà, offesa al decoro e minaccia alla sicurezza sono visti come sinonimi e gli inviti impliciti o espliciti all'intervento su questi fenomeni li confondono continuamente, consegnando all'azione di polizia una classe di comportamenti teoricamente ad essa estranea e ridefinendo in questo modo il confine tra legalità e illegalità (cfr. Dal Lago, 1999b e Maneri, 1998a). In sostanza, il quadro della situazione presenta questi elementi: una forte accelerazione, negli ultimi 4-5 anni e soprattutto dal 1998, del discorso pubblico sull insicurezza (intesa però in un'unica accezione, quella complementare alla categoria di criminalità); un presunto aumento del senso generico di insicurezza, peraltro non determinabile empiricamente; un leggero aumento della preoccupazione per la criminalità, soprattutto comune, nell ultimo triennio. A questo punto due linee interpretative sono possibili, anche se non necessariamente alternative. Si potrebbe affermare, da un lato, che un aumento dell'insicurezza, nei suoi vari significati e soprattutto nell'ultimo (quello legato alla criminalità), si è comunque verificato, malgrado gli indicatori empirici, peraltro scarsi, non sembrino registrarlo nel medio e nel lungo periodo. In 11 Per il Corriere in questo caso ho considerato anche le annate comprese tra il 1984 e il Non è possibile fare confronti con le annate più recenti sulla frequenza d'uso di un termine (a causa della diversa organizzazione dell'archivio) ma si può analizzare, come in questo caso, l'accezione con la quale è impiegato. 12 Per quanto riguarda l'andamento quantitativo complessivo, "degrado" compare sul Corriere una media di 38 volte all'anno nel , solo 17 volte all'anno nel , poi di nuovo 38 volte in media nel fino a una media di 53 articoli all'anno tra il 1998 e il 2000.Sulla Stampa si passa da una media di 27 occorrenze all'anno tra il 1992 e il 1995 a una media di 48 tra il 1996 e il Nei quotidiani pubblicati in Emilia-Romagna prima citati, la parola triplica la propria presenza in tre anni (dallo 0,4% dei titoli 4

5 questa chiave, il discorso pubblico non farebbe altro che riprendere una sensazione diffusa, manifestatasi in vari modi e legata alle grandi trasformazioni sociali dell'ultimo decennio, riportando osservazioni, diagnosi, soluzioni al problema della criminalità e del disordine sociale. Dall'altro lato si può ritenere che l'insicurezza, per gli attori sociali, sia un fenomeno tendenzialmente sfumato e impalpabile, legato a trasformazioni profonde ma difficile da esprimere e quindi da rilevare empiricamente, che si manifesta generalmente con le categorie concettuali e discorsive disponibili sul mercato delle parole. In quest'ottica, la decisa emergenza di un discorso pubblico sulla criminalità e l'insicurezza non sarebbe il riflesso delle insicurezze della popolazione, ma semmai la sorgente che fornisce le parole e le categorie per esprimere l'ansia. 13 Questa seconda ipotesi sembrerebbe più coerente con gli indicatori empirici sinora considerati: l'insicurezza rilevata nella popolazione sembra crescere solo leggermente, nel significato di "incolumità insicura", solo negli ultimi due o tre anni e limitatamente ad alcuni indicatori (per esempio quelli che fanno riferimento alla criminalità comune e all'immigrazione); inoltre questa crescita si registra nelle indagini temporalmente prossime all'esplosione del discorso sull'insicurezza (nel quale gli indicatori analizzati, limitatamente ai significati affini a quello di incolumità, aumentano invece la loro presenza in modo esponenziale) del quale apparirebbe dunque un fenomeno derivato. In altre parole, sembra plausibile che l'affermarsi del discorso sicuritario (certo anche attraverso la raccolta di umori, disagi, problemi espressi da settori della società civile attivi nella scena pubblica 14 ) possa avere influenzato, propagato, legittimato le categorie attraverso le quali la sicurezza si esprime, in connessione con l'inevitabile accompagnamento di pratiche sistematiche di esclusione con cui le istituzioni trasformano il discorso sulla sicurezza nella realtà della prevenzione dell'insicurezza. 15 In questa linea interpretativa le affermazioni di Bauman e Beck non perdono alcuna rilevanza, aiutandoci invece a comprendere in un senso più generale il discorso sull'insicurezza. La prima funzione di questo discorso appare così di tipo trasformativo: il "rischio" che caratterizza la modernità, la perdita di sicurezza esistenziale ("security") e di certezza cognitiva ("certainty") vengono ritradotte nel discorso pubblico in incolumità ("safety") a rischio (lo abbiamo visto prima sul solo terreno lessicale), ovvero nell'unico genere di insicurezza, quella minacciata dalla tra la metà del 1996 e la metà del 1997 al 1,2% nelle due annate successive - per una media, in queste ultime due annate, di 152 titoli all'anno). 13 Di fatto oggi i media, pensiamo soprattutto alla televisione, sono diventati sempre più l unico dizionario di cui dispongono molte persone. Cambiando in parte pubblico di riferimento, i mezzi di informazione si sono attrezzati a esercitare una nuova funzione, che per assicurarsi il legame coi lettori mette continuamente in gioco elementi di paura e rassicurazione. Questi elementi provengono spesso dalla dimensione del privato e del locale, tematizzabile soprattutto a partire da spunti di cronaca, mentre si è ridotto un po alla volta l interesse per la dimensione istituzionale, politica e nazionale. 14 Per un'analisi delle attività dei comitati di cittadini vedi Petrillo, Non mi riferisco qui soltanto ai provvedimenti legislativi e amministrativi, ma anche al funzionamento standard degli apparati del controllo sociale (per alcune analisi vedi Palidda, 1995 e 2000; Quassoli, 1999; Quassoli e Chiodi, 2001; Maneri, 1998). 5

6 criminalità, che un sistema politico con una capacità d'azione precaria e una sfera di competenza sempre più limitata da centri di decisione sovranazionali può legittimamente pretendere di affrontare. E' evidente qui anche la seconda funzione: l'impegno di restituire ai cittadini la sicurezza minacciata dalla criminalità può apparire in questa congiuntura come il terreno privilegiato sul quale un legame fiduciario in crisi tra rappresentanti e rappresentati può essere rimesso in gioco. Il discorso sull'insicurezza, del quale il mondo politico è ormai il locutore dominante, si pone come il tramite, il canale, dell'unione simbolica tra politici e cittadini. Attraverso rimedi altamente emblematici (di volta in volta il braccialetto elettronico, i freni all'immigrazione, l'aumento degli organici delle polizie) i primi si prendono cura, come da mandato, dei secondi. Non è nemmeno necessario che i cittadini presentino realmente i sintomi per i quali si propone la cura. In questo senso non ha alcuna importanza che aumenti realmente la vittimizzazione, oppure che ne cresca semplicemente il timore. La "gente" ha già trovato il suo simulacro nei mass media, i quali dopo aver coltivato per anni una vicinanza simbolica con essa 16 ne possono rappresentare la paura, raccogliendone i messaggi e gli umori (perlomeno nel caso di certe minoranze attive), riprendendone il linguaggio e le categorie di senso comune. 17 Individuare le funzioni di un discorso non significa comunque averne spiegate le cause o, almeno, le condizioni di manifestazione. Per evitare qualsiasi interpretazione cospirativa di queste dinamiche è il caso di soffermarsi quindi su alcune delle modalità con le quali, in Italia, nel corso dell'ultimo decennio il discorso sull'insicurezza si è affermato. 2. Rapsodici panici morali Il frame dell'insicurezza condensa in Italia due temi così legati tra loro discorsivamente da essere spesso utilizzati in modo intercambiabile. L'allarme per la criminalità e quello per l'immigrazione emergono progressivamente nel corso del decennio, hanno una configurazione simile - identificando un 'loro', portatore di minaccia - e presentano un diverso grado di focalizzazione: il primo ha come bersaglio una categoria situazionale o contestuale - i devianti -, il secondo una categoria allo stesso tempo sociale, etnica e giuridica - gli "immigrati extracomunitari". I tre temi, immigrazione, criminalità, insicurezza (o forse sarebbe più corretto parlare di frame, per la loro capacità di incorniciare diversamente gli stessi concetti), si pongono per certi versi su uno stesso continuum che va da un minimo a un massimo di astrazione. L'allarme per l'immigrazione, e in particolare per i reati che questa comporterebbe, identifica un nemico pubblico definito, visibile, suscettibile di interventi preventivi o repressivi ad hoc. L'allarme per la criminalità si rivolge ancora 16 Cfr. Sorrentino (1993). 17 Cfr. Maneri (1998a). 6

7 a un nemico, ma definito situazionalmente o contestualmente e dunque sfuggente e meno personificabile. L'allarme sull'insicurezza sottintende gli altri due temi, ma perde il riferimento al nemico e si rivolge, in positivo, al 'noi' da difendere. E' chiaro che i tre temi si prestano a differenti scopi retorici. Di fatto essi vengono tra loro sostituiti a seconda della situazione comunicativa e dell'orientamento - più o meno democratico, 'buonista', 'tollerante' - dei locutori. Più indefinito è il nemico, più presentabile il discorso. Il frame dell'insicurezza appare quindi come un'opzione subordinata, presentandosi più tardi e prestandosi a usi più 'democratici', privo com'è della figura del nemico. Se è possibile sostituire senza particolari accorgimenti discorsivi tre temi che in realtà fanno riferimento a fenomeni per molti aspetti diversi tra loro, è perché il loro continuo accostamento nel discorso li ha resi intercambiabili. 18 "Immigrazione e criminalità" è uno dei tag 19 con cui sono presentati più frequentemente gli articoli nelle cronache locali a partire dai primi anni novanta; "insicurezza", o "sicurezza", è il frame che sempre più spesso incornicia il discorso sulla criminalità e sull'immigrazione. Questa serie di accostamenti è facilmente rintracciabile nelle cronache quotidiane di quasi tutti i giornali e i telegiornali, ma raggiunge un particolare livello di efficacia quando il sistema mediatico si attiva su eventi che sembrano possedere un carattere di eccezionalità. Le cronache di questo decennio sono punteggiate da cicliche ondate di allarme mediatico, alcune a carattere locale e altre, sempre più frequenti, a carattere nazionale: dalla violenza sessuale subita a Milano da una donna ad opera di tre cittadini rumeni (autunno 1995), agli sbarchi di cittadini albanesi dopo la crisi delle società finanziarie e i disordini che seguirono nel loro paese (primavera 1997), all'allarme sulle violenze sessuali prima a Bologna e poi a Rimini (primavera e estate 1997), fino all'"emergenza omicidi" di Milano (inizio 1999) e all'allarme per i pirati della strada stranieri (inverno ). Di questo sommario e incompleto elenco colpisce la crescente autonomia del processo di attivazione degli allarmi dalla realtà. Allarmi in grado di suscitare un'ampia preoccupazione e sostanziali interventi di prevenzione della criminalità degli immigrati in un caso in cui nemmeno uno straniero era stato individuato come autore dei delitti (quello degli omicidi di Milano), oppure di far apparire come una dilagante emergenza nazionale un caso assolutamente ordinario di omicidio colposo Per una documentazione e una riflessione su questi accostamenti cfr. Maneri, 1998b. Anche Dal Lago (1999a) sottolinea come l'immigrazione appaia nel discorso come una "metafora della devianza sociale". 19 Si intendono per tag quei termini o locuzioni che appaiono 'a bandiera', a fianco di un articolo o di una serie, anche di più giorni, di articoli, con la funzione di rubricarli sotto il tema del momento. 20 Nel caso del cittadino albanese la polemica si concentrò sul lassismo delle istituzioni, evidenziato dalla restituzione della patente all'automobilista incriminato - avvenuta peraltro dopo il regolare periodo di sospensione. Nei giorni seguenti nelle prime notizie dei telegiornali e nelle prime pagine dei giornali apparivano continuamente notizie su persone investite da cittadini stranieri. 7

8 Queste continue attivazioni mediatiche assumono il carattere di panico morale, ovvero di ondate emotive nelle quali un episodio o un gruppo di persone viene definito come minaccia per i valori di una società; i mass media ne presentano la natura in modo stereotipico, commentatori, politici e altre autorità erigono barricate morali e si pronunciano in diagnosi e rimedi finché l'episodio scompare o ritorna ad occupare la posizione precedentemente ricoperta nelle preoccupazioni collettive (Cohen, 1972). I panici morali costituiscono un efficace teatro per la rappresentazione del legame che unisce politici, agenti del controllo sociale e media da una parte e "gente" dall'altra. In particolare, i politici vengono legittimati come rappresentanti e - insieme alle istituzioni addette al controllo sociale - come protettori; i media come portavoce. Le istituzioni della rappresentanza politica beneficiano più delle altre della costruzione di un "noi" omogeneo, opaco e consensuale. Trovano così lo strumento ideale per la definizione pragmatica, operativa, della comunità del "noi" nelle rare occasioni offerte da una società sempre più interdipendente di individuare un folk devil (come Cohen chiama il nemico pubblico del panico morale), un "loro" speculare, fantasmatico ma allo stesso tempo tangibile. Perché la costruzione identitaria sia simbolicamente efficace, il "loro" non deve infatti corrispondere a entità astratte - come potrebbero essere la crescente turbolenza dei mercati, le minacce alla salute comportate dalle sofisticazioni alimentari ecc. -, ma deve costituire una minaccia personificata, perlomeno potenzialmente bersaglio di atti di ostilità. Si comprende qui il ruolo giocato dall'immigrazione, oggetto privilegiato dei panici morali degli anni novanta. "Sicurezza" diventa il bene comunitario promesso da una ferma vigilanza nei confronti di un altro tanto più concreto quanto più identificabile in una precisa categoria di persone. Si potrebbe obiettare che non esiste una figura o un sistema in grado di indirizzare il sistema mediatico e le istituzioni del controllo sociale per i propri fini. Oppure, similmente, che l'apparato mediatico non è in grado di creare emergenze e indirizzare i comportamenti delle altre istituzioni in modo così diretto. Tuttavia i panici morali sono fenomeni complessi, che vedono la compartecipazione di vari attori, non sempre nella stessa misura. Di volta in volta gruppi di interesse, i mass media, il potere politico, l'opinione pubblica possono fungere da catalizzatore, 21 ma in quasi tutti i casi anche altri attori svolgono un ruolo importante. Nei panici morali di cui stiamo parlando, come ci si può aspettare nell'epoca delle comunicazioni di massa, un contributo centrale, anche se non esclusivo, è stato fornito dai mezzi di informazione. Certamente all'inizio del decennio questi si sono limitati a riprendere, amplificare, legittimare le mobilitazioni che sorgevano spontaneamente (peraltro con il contributo sempre più determinante di frange del ceto politico locale) in alcune città del centro-nord (Firenze, 1988; Genova, 1993; Torino, ; Milano, ), facendo in modo che esse ottenessero ascolto e si traducessero in provvedimenti 8

9 amministrativi e di polizia. Negli ultimi anni però il ruolo dei mass media si è velocemente autonomizzato. Non si tratta più - o non solo - di prendere un comitato di alcune decine di persone e chiamarlo "quartiere", e nemmeno di riprendere manifestazioni di centinaia di persone e parlare di "città che si ribella" o, ancora, di assemblare rumour e descrizioni colorite e sensazionalistiche dei mercati illegali per dipingere quadri a tinte fosche di "cittadini assediati in casa" da accompagnare alla narrazione della loro "rivolta" 22. Dalla seconda metà di questo decennio i "cittadini" vengono soltanto rappresentati e sono i mezzi di informazione, in un'interazione sempre più stretta con il sistema politico, a produrre questi allarmi secondo meccanismi largamente impersonali. In altre parole, come vedremo, l'"emergenza" diventa sempre più una pura creazione mediatica, un copione nel quale una parte è riservata alla scena dei cittadini che protestano. 23 Nelle pagine che seguono analizzerò due fenomeni di panico morale avvenuti a pochi mesi di distanza uno dall'altro, entrambi concentrati su apparenti ondate di violenze sessuali che, pur presentando analoghi processi di attivazione mediatica, conosceranno esiti diversi. Si potranno in questo modo evidenziare le logiche di funzionamento del panico morale contemporaneo, sostanzialmente invarianti rispetto ai dispositivi di costruzione dell'emergenza, ma divergenti in merito alle conseguenze sull'ordine sociale. 3. "Ma l'emergenza c'è" Gli avvenimenti 25 Bologna. Maggio-Luglio 1997 Il 7 maggio compare con grande evidenza su tutti i quotidiani bolognesi la notizia di una violenza sessuale commessa da un gruppo di giovani ai danni di una studentessa. Il giorno seguente un altra violenza, ancora su una studentessa, ancora da parte di un gruppo di giovani. Si teme che operi in città una banda di giovani violentatori. Nei giorni precedenti, altri episodi di violenza erano stati trattati dai giornali, ma con minore enfasi. Dopo l 8 maggio le cronache cittadine sono pervase di 21 Si veda, per una ragionamento che presenta un'ampia casistica su questo punto, Goode e Ben-Yehuda, Per un'analisi delle narrazioni delle mobilitazioni di quartiere che appaiono sulla stampa si veda Maneri, Nell'"emergenza omicidi" di Milano le telecamere si tennero in collegamento diretto per ore con "La città [che] si ribella" (Corriere, ) radunata per protestare contro l'immigrazione (gli autori dell'omicidio erano in realtà italiani) davanti alla tabaccheria in cui lavorava la vittima di uno degli omicidi. Tra i partecipanti alla protesta vi era un numero di assessori, consiglieri regionali e comunali, attivisti di forze politiche cittadine perlomeno pari a quello dei "normali cittadini", chiamati ad essere protagonisti dell'informazione per giorni e continuamente sollecitati e stuzzicati dalle domande dei giornalisti. 24 Da un titolo apparso ad agosto a Rimini. 25 L'analisi che segue si basa sugli articoli pubblicati da Repubblica, Mattina (edizione locale de L'Unità) e il Resto del Carlino, tra il 1 Aprile '97 e il 31 Luglio '97, nelle edizioni bolognesi, e gli articoli pubblicati da Corriere, Mattina e Resto del Carlino dal 1 9

10 notizie sulle indagini e su altri episodi di molestie o di violenze, tentate o commesse. Per alcune settimane il tema della città violenta monopolizza l attenzione dei giornali (nei momenti di maggiore intensità, il numero di articoli pubblicati sul tema si aggira intorno alla ventina al giorno per le tre testate bolognesi), i quali continuano a pubblicare notizie su nuove violenze, ospitando dibattiti, commenti di esperti, interventi di politici e forze locali. La reazione della città culmina con una manifestazione indetta per il 31 maggio dai collettivi femministi e un incontro promosso per il 3 giugno dal sindaco, allo scopo di fondare un associazione di maschi contro le violenze. Accanto a queste iniziative, si accumulano le proposte che cercano di porre rimedio alla situazione: l istituzione della figura del vigile di quartiere, la creazione di uno spazio protetto in cui le donne possano denunciare le violenze subite, il pattugliamento dei parchi cittadini da parte di uomini volontari. Il 13 giugno un altro caso di violenza di gruppo catalizza l attenzione dei giornali. Dopo una settimana di ampia copertura, questa volta l attenzione scema più velocemente per ritornare improvvisamente con notizie, approfondimenti e polemiche il 22 luglio, quando dalla Procura arriva la notizia dell archiviazione dei 4 episodi più eclatanti. Vi sono contraddizioni e lacune nelle testimonianze e un caso di ritrattazione. 26 Rimini. Agosto 1997 Il 9 agosto è riportata, con grande evidenza e richiami nelle pagine nazionali, la notizie della violenza subita di notte sulla spiaggia da due ragazze svizzere ad opera di sei individui, forse albanesi. Per una settimana le prime pagine dei giornali locali, ma anche quelle dei giornali nazionali, riportano una sorta di bollettino di guerra dalla Riviera. Il ritmo delle notizie è serrato, il loro numero eccezionale, sfiorando i 30 articoli al giorno per le tre testate nel momento di picco. L 11 agosto si denuncia un tentativo di violenza sul lungomare di Torre Pedrera da parte di un cittadino marocchino, il 12 un altro tentativo a Misano Adriatico, il 17 un ultima denuncia di violenza, questa volta nei confronti di un bagnino che conosceva la vittima. Nel frattempo, già il 12 agosto, si diffonde la notizia dell'arrivo di 1000 agenti con il compito di controllare le spiagge della Riviera. Ad affiancarli i City Angels, un gruppo di volontari già attivi a Milano. Il 15 si svolge un vertice tra il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Interni. La polemica sulle proposte avanzate per far fronte all emergenza è accesa: a dividere le opinioni sono soprattutto le idee - proposte dal Sindaco ma già discusse in passato - di illuminare le spiagge di notte e di istituire permessi di soggiorno regionali per gli immigrati non comunitari. Luglio '97 al 31 Agosto '97, nelle edizioni riminesi (edizione "Romagna", nel caso di Mattina). I materiali utilizzati nell'analisi sono stati forniti dal Progetto Cittàsicure con la collaborazione della Cisl e del Siulp. 10

11 3.2 La struttura del panico morale Gli allarmi per le violenze a Bologna e Rimini presentano una serie di analogie che vale la pena di sottolineare. In entrambi i casi, prima dell episodio scatenante, si può individuare una fase di avvertimento in cui fatti analoghi raggiungono una certa evidenza nell informazione. A Bologna, nei primi 15 giorni di aprile, una serie di casi di molestie e violenze fa la sua comparsa nelle cronache, ma senza ottenere una posizione di particolare rilievo. Anche a Rimini, prima del 9 agosto, vi erano stati due casi di violenze su prostitute e due su turiste. Ma quali ingredienti determinano la risonanza ottenuta dalle violenze che hanno fanno scattare l allarme? A Bologna una circostanza gioca un ruolo importante: il fatto che la prima violenza venga a conoscenza della stampa con quasi tre mesi di ritardo, esattamente il giorno precedente della seconda, crea un effetto di emergenza che è più apparente che reale. A Rimini invece sembrerebbe che a destare sensazione sia il fatto che la violenza si sia consumata in spiaggia e in Agosto, nel luogo e nel momento simbolo delle vacanze delle famiglie italiane. Ma quali che siano le ragioni dell impatto iniziale, sia a Bologna che a Rimini l andamento della copertura mediatica segue per molti versi lo stesso schema, 27 che possiamo ricostruire partendo dalla natura degli articoli pubblicati oltre che dal loro andamento quantitativo (in termini di numero di notizie pubblicate, riportato nel Grafico 1, e di evidenza 28 loro assegnata): una fase di avvertimento, in cui episodi anche molto gravi ottengono un attenzione che sembra rientrare più o meno nella norma (la parte della curva che precede il primo picco); una fase di impatto, caratterizzata da un rilievo sproporzionato rispetto alla consueta prassi giornalistica (il picco principale, sia a Bologna che a Rimini); una fase di propagazione, dove una serie di episodi - minori, secondo i criteri di selezione normalmente in uso e spesso anche secondo i principi di salienza stabilitisi durante l impatto - riceve una forte enfatizzazione. Questi episodi sono considerati ulteriori esempi dell'emergenza in corso e la loro trattazione giornalistica prolunga la mobilitazione emotiva (la parte 26 L'archiviazione dei casi suscitò molte polemiche. La Procura la motivò con la ritrattazione di una delle vittime, ottenuta dopo intercettazioni telefoniche durante le quali confessava di aver mentito, una perizia scientifica che contraddiceva la versione di una seconda ragazza, le lacune e la vaghezza delle altre denunce. 27 Cohen distingue quattro fasi nel panico morale che chiama "avvertimento", "impatto", "inventario", "reazione". Ne propongo una diversa formulazione che mi sembra più aderente ai processi di attivazione mediatica e più adeguata al loro andamento cronologico. 28 Si è calcolata l evidenza attraverso un indice additivo, standardizzato e ponderato, che tiene conto, in ordine di importanza, del tipo di pagina, del numero di colonne occupate dal titolo, della posizione nella pagina e della eventuale presenza di una fotografia o un disegno. Si riporta solo il grafico costruito a partire dal numero di notizie, ma quello che si basa sull'evidenza data agli articoli ha lo stesso andamento. 11

12 discendente della curva, a destra del picco). A questa si accompagna, in parte sovrapponendosi: una fase di reazione, in cui la maggior parte dello spazio è guadagnata dalle iniziative messe in atto dagli agenti del controllo sociale per far fronte all emergenza e dalle proposte che vengono avanzate per affrontare il problema alla radice, attraverso iniziative di prevenzione; una fase di latenza, in cui l attenzione cala riportando l informazione sul tema ai livelli consueti, fino a un eventuale nuovo impatto. Da questo punto di vista, i fenomeni mediatici registrati a Bologna e Rimini sono perfettamente coincidenti, con la differenza che a Bologna lo schema si ripete due volte, per il presentarsi di un episodio analogo a quello dell impatto, ed è seguito da un ultimo picco, non a caso di forma diversa dagli altri (vedi Grafico 1), che potremmo definire di chiusura, a causa dell effetto di disinnesco provocato dall archiviazione dei 4 casi. 12

13 Numero di notizie, grado di enfatizzazione e numero di articoli di proseguimento (quelli nei quali non è presentato un nuovo fatto-notizia, ma in cui vengono riportati gli sviluppi o i commenti a un fatto-notizia precedente) seguono un identico andamento, segnalando in modi diversi lo stesso ciclo di attenzione. Vediamo ora più a fondo i tratti specifici di queste fasi, i meccanismi che le producono e le loro conseguenze Avvertimento Considerata in se stessa, la fase di avvertimento non mostra caratteristiche particolari: una serie di episodi, abitualmente trattati dai giornali, fa la sua comparsa nelle pagine della cronaca, ricevendo il trattamento (selezione, enfatizzazione, scrittura) che viene normalmente riservato a quel genere di notizie. Ciò che distingue questi episodi dalla norma è il fatto di presentarsi con una particolare concentrazione nel tempo, oppure con una loro singolare caratterizzazione, in grado di suscitare un interesse leggermente superiore alla media. A Bologna questo ruolo è giocato in primo luogo da un episodio di violenza ad opera di uno sciamano, il quale avrebbe addormentato la cliente con l'ausilio di uno speciale veleno e, in secondo luogo, dalla condanna a due anni inflitta a un ginecologo per atti di libidine commessi sulle sue pazienti. A Rimini spiccano invece 4 casi di violenza all inizio della stagione estiva, quando gli occhi sono puntati sulla Riviera. Ciò che è più interessante della fase di avvertimento è che essa crea, negli addetti dell informazione e tra l opinione pubblica, una sensibilità particolare nei confronti dell argomento, spingendo le redazioni a dare spazio alle notizie che possono aggiungere elementi nuovi o esempi ulteriori di quello che si ritiene essere un tema che interessa i lettori. Si prepara in questo modo un ambiente favorevole alla fase di impatto. 3.4 Impatto Si è detto che, sia a Bologna che a Rimini, è possibile individuare un punto preciso, un momento, nel quale l allarme mediatico sull "emergenza stupri esplode, attraverso l attenzione improvvisa e sproporzionata (rispetto ai criteri normalmente in uso) dedicata a un singolo (nel caso di Bologna duplice) episodio. Si sono elencate delle circostanze favorevoli, in particolare l accoppiamento fittizio delle due violenze bolognesi e il teatro dell'accadimento - la spiaggia nel periodo delle vacanze - nel caso di Rimini. Possiamo aggiungere a queste circostanze ulteriori fattori che hanno verosimilmente facilitato l allarme. 29 Si trascurerà in questa sede l'analisi della fase di latenza, priva di interesse in merito all'argomento di questo lavoro. 13

14 Innanzitutto, nel caso di Rimini, sono all'opera altri fattori di tipo situazionale. La primavera del 97 è stata segnata dalla cosiddetta emergenza albanesi, durante la quale gli arrivi di profughi dall Albania erano stati trattati dai media nazionali e locali come un invasione che poneva seri problemi di ordine pubblico, creando tra gli operatori dell informazione una particolare sensibilità rispetto ai reati e ai problemi connessi con la presenza albanese. Il forse albanesi (ma in alcune cronache verranno riportati come "slavi") con cui i giornali riminesi hanno definito gli ignoti autori della violenza che ha scatenato la fase di impatto, è probabilmente uno dei fattori che hanno facilitato l enfasi data all allarme (appunto per la particolare sensibilità rispetto alla criminalità degli albanesi). Si tratta anche di un interessante processo inferenziale: a far definire i violentatori come "albanesi è il loro presunto "leggero accento straniero" nonché, a quanto si dice, il fatto che abbiano dichiarato alle ragazze la loro provenienza. La singolarità del fatto che autori di un reato grave e premeditato (come dicono le cronache) declinino le proprie generalità alle loro vittime, e che esse vengano immediatamente considerate attendibili dagli inquirenti i quali, stando sempre alle cronache, orientano le indagini verso il mondo dell immigrazione albanese, sembra suggerire una struttura di aspettative condivisa da tutti gli attori coinvolti. 30 E' in effetti nei confronti del mondo dell'immigrazione nel suo complesso che si concentra un misto di preoccupazione e fastidio in quei giorni: i venditori ambulanti "abusivi" sono il bersaglio delle proteste degli altri ambulanti, dei commercianti e di alcuni attivisti leghisti che effettuano "ronde" a Cesenatico (3 agosto) e nella stessa Rimini (8 agosto). Ma vi è un altro ingrediente circostanziale dell episodio riminese che lo rende così appetibile per il mondo dell informazione, anche se solo in un primo momento: il fatto che si tratti di una violenza di gruppo, esattamente come di gruppo sono le violenze più eclatanti di Bologna. Si verifica dunque in questo caso la coincidenza con quello che era stato il tema dominante delle violenze riminesi solo due mesi prima: quello del branco, come venne chiamato anche a Rimini. Più fattori di allarme particolarmente attivi in quel momento si condensano dunque in questo episodio: una aumentata sensibilità nei confronti delle violenze sessuali favorita dalla fase di avvertimento ; la criminalità degli albanesi divenuta tema di primo piano nelle cronache di quella primavera e l'insofferenza di alcuni rispetto alla presenza di immigrati; le violenze del branco Episodi analoghi supportano questo ragionamento. Vari episodi di violenza sessuale commessa da albanesi, poi risultati inventati dalla presunta vittima, vennero riportati dai giornali nella primavera e nell'estate del '97. Il più noto fu quello avvenuto nella provincia di Brescia, in cui una donna raccontò una violenza subita da due "stranieri" - in altre cronache "extracomunitari" - i quali accoltellarono anche il marito. Si seppe poi che l'episodio era stato inventato per coprire un adulterio scoperto dal coniuge, poi accoltellato dall'amante della moglie. Anche in quei giorni i giornali parlarono, come in questo caso, di "albanesi" o di "slavi". 31 Concorrono a far precipitare la situazione anche altri fattori, presenti negli episodi di impatto, che favoriscono sempre una maggiore attenzione dei media. A Rimini l'impatto avviene nel mese di agosto - quando vengono a mancare le notizie, soprattutto di politica, che normalmente riempiono le pagine dei giornali e i notiziari delle televisioni. In generale, gli episodi di Bologna e Rimini presentano degli elementi adatti in qualunque momento a suscitare un attenzione particolare. Il fatto che gli autori agiscano in gruppo è normalmente un fattore che aumenta lo scalpore suscitato, e dunque la notiziabilità. E poi tutti quegli aspetti che possono far 14

15 Vediamo dunque come, nei due giorni che costituiscono il momento di impatto, la notizia è stata presentata, a Bologna, nei titoli principali dei quotidiani. Tabella 1. Titoli di apertura della fase di "impatto". Bologna Carlino Mattina Repubblica 7-5 Nazionale: Stuprata per strada a Stupro di gruppo in via Guidotti Va a telefonare, la violentano Bologna Locale: Stupro di gruppo in zona stadio 8-5 Nazionale: Bologna si scopre violenta Locale: Donne in balia del branco Tre stupratori bussano alla porta Stupro di gruppo a domicilio Dopo quanto detto non stupiscono le scelte intraprese dalle tre testate circa i temi a cui dare maggiore risalto: al di là dell'evento principale le violenze sessuali e della sua collocazione Bologna i temi preminenti nelle titolazioni sono la città violenta ( per strada, va a telefonare, bussano alla porta, a domicilio, che sottolineano l irruzione della violenza nella normalità cittadina e Bologna si scopre violenta, assai più esplicito) e il branco (tre volte di gruppo e poi il branco e tre stupratori ). Appare anche, per il momento in secondo piano, un tema che riceverà maggiore spazio nei giorni successivi: le donne vittimizzate ( donne in balìa da una parte e stuprata dall'altra, che come forma passiva declinata al femminile prevede la donna quale soggetto sottinteso e la pone quindi in posizione tematica implicita). 32 A Rimini il 9 agosto, nel giorno di impatto, prevalgono quegli elementi che mostrano un'assonanza con l'emergenza, appena esauritasi, di Bologna. Non è casuale che siano proprio Mattina e il Carlino, le due testate vendute in diverse edizioni anche a Bologna, a usare subito la parola "branco", a parlare di vittime, soprattutto in posizioni tematiche implicite ("violentate", "stuprate", "aggredite") e a sottolineare la collocazione degli episodi in un luogo altamente simbolico, la spiaggia (che riceve in questa stagione un'attenzione particolare). apparire la violenza come un evento esterno, che può interrompere la quotidianità e la normalità della vita di qualunque donna: il fatto che avvenga per strada e non in famiglia - dove comunque la violenza è socialmente meno condannata e simbolicamente relegata a fasce sociali che non coincidono con il lettore di riferimento del giornale cittadino; il fatto che avvenga nelle strade, nei giardini, negli androni del centro o nella spiaggia e non in un casolare, in un viale di periferia, in un campo, in quei luoghi insomma che sono considerati al contempo più pericolosi e di pertinenza di quel mondo marginale rispetto al quale le violenze sono considerate moneta corrente e poco interessante per il giornale e i suoi lettori; infine il fatto che a subirla siano delle giovani ragazze normali (turiste e studentesse) e non delle prostitute o senza-casa (che infatti erano state tra le vittime delle violenze della fase di avvertimento in entrambe le città, in particolare di quelle violenze che riceveranno l attenzione più scarsa). 32 Detto in altre parole, attraverso l'uso della forma passiva si parla della donna anche quando non è nominata. Faccio riferimento al concetto di tema quale è proposto da Halliday,

16 Tabella 2. Titoli di apertura della fase di "impatto". Rimini Carlino Mattina Corriere 9-8 Nazionale: Due ragazze stuprate Nazionale: "Stuprate dal branco Violentate in spiaggia dal 'Branco'" Locale: Violentate in spiaggia dal branco sulla spiaggia. Due svizzere aggredite a Rimini" Locale: "Il 'branco' si scatena sulla spiaggia. In sei violentano due turiste svizzere I temi selezionati lasciano un'impronta che può caratterizzare tutto l'andamento dell'allarme mediatico (sarà il caso di Bologna) oppure fungere da elemento di innesco di un processo che nel suo svolgersi si declina attraverso temi diversi, dei quali spesso uno solo è quello dominante (sarà il caso di Rimini). Quali sono stati questi temi e quali le conseguenze della fase di impatto? 3.5 Propagazione L effetto principale di un evento di impatto è quello di avviare un processo di tematizzazione - ovvero di messa in evidenza di alcuni elementi più o meno direttamente connessi con gli episodi 'notiziati' - che fornisce la chiave di lettura (e interpretazione) del fenomeno nel suo complesso. Adottando i giornalisti delle varie testate sostanzialmente gli stessi criteri di selezione delle notizie da pubblicare, è probabile che tutti i giornali diano approssimativamente lo stesso risalto all evento di impatto. Nei casi di Bologna e Rimini tutte le testate studiate hanno pubblicato la notizia in prima pagina nazionale o locale. La percezione da parte delle redazioni della salienza del tema costruita spesso sulla base dell ampiezza della copertura datane dalla concorrenza della sua attualità e del grado d interesse presso il pubblico, viene così ulteriormente rafforzata. A questo punto le consuete regole di ricerca, selezione e inquadramento delle notizie subiscono un brusco spostamento: faranno notizia soprattutto quegli episodi che si presentano come ulteriori esempi di un fenomeno che preoccupa l opinione pubblica.. Da quel momento: 1) le redazioni ricercheranno attivamente casi di violenze - commesse o tentate - e molestie; 2) questo genere di casi verrà selezionato più facilmente per la pubblicazione (di qui la parte alta della curva subito dopo il picco nel Grafico 1) e otterrà maggiore evidenza rispetto alla norma; 3) infine, tenderanno a essere sottolineati nelle notizie quegli elementi più consonanti col tema, così come esso è stato definito nella fase di impatto o nei giorni immediatamente successivi (lo vedremo in seguito). Diventa allora importante, per comprendere il modo in cui si è sviluppata l emergenza mediatica sulle violenze sessuali, capire quali siano i temi principali utilizzati, dal momento che essi orientano in maniera precisa il successivo lavoro giornalistico e il comportamento degli altri attori coinvolti. A Bologna, i temi emersi nei giorni di impatto rimarranno sostanzialmente dominanti per l'intero andamento dell'allarme sulle violenze sessuali. Nella Tabella 3 sono riportate tutte le locuzioni 16

17 tematizzanti - cioè quegli spezzoni di frase che si concentrano, con funzioni generalizzanti, su un elemento attribuibile agli episodi - comparse nella titolazione a partire dal momento di impatto fino alla fine del periodo considerato. Tabella 3. Locuzioni tematizzanti e tag. Bologna (titolazione) 33 La paura Processo a Bologna La città insicura Il "branco" L'emergenza Il maschilismo Locuzioni La paura 6 / La grande paura / Di notte scatta la grande paura / Tra paura e rabbia / Paura a Bologna / Cinque mesi di paura / Terrore / Dilaga la paura / Contro la paura / Città sotto choc Degrado 3 / Processo a Bologna / Non viviamo in una città incivile / Non è più un Eden / Non siamo l'eden ma siamo diversi / Ombre nell'isola che non c'è / Bologna è cambiata / Addio città civile / Bologna & degrado / Etica da supermercato La città non è insicura 3 / Bologna violenta 2 / Non siamo a New York ma poco ci manca / Riprendiamoci la notte / Off-limits / Per una città più sicura / Arancia Meccanica 5 / Per tre volte in gruppo / "Accuso la società" [per la logica del branco] Emergenza 3 / Allarme violenza / Allarme In ogni uomo un potenziale stupratore / Cultura maschilista / Pretesa di riaffermare una falsa mascolinità / Idea della donna oggetto Tag Allarme violenza 41 / Violenza30 / Violenza alle donne 13 / Il branco non esiste 8 / La città brutale 5 / Il fatto 2 / Il terrore di notte 2 / Il terrore di giorno 2 / Sfida al degrado 2 / Donne contro la violenza 2 / La polemica / Caccia al branco / Donne / Incubo violenza Al contrario di Bologna, a Rimini (vedi Tabella 4) i tre temi individuati nei titoli del primo giorno (l'impatto) non risultano confermati allargando l'analisi a tutto il periodo considerato. Il tema del "branco" sparisce quasi subito. Le successive tentate violenze verranno commesse da singoli o da coppie di uomini, rendendo impropri i primi commenti di routine dedicati alla logica dello stupro di gruppo. Delle donne vittimizzate non c'è più traccia dal punto di vista tematico. La spiaggia di notte avrà invece maggiore fortuna, cosa comprensibile riflettendo sulla sua collocazione simbolica (a Rimini, d'agosto). 33 In questa tabella e in tutte quelle seguenti è considerata la titolazione completa a partire dal momento di "impatto" fino al termine della rilevazione. Le locuzioni apparse più di una volta sono seguite da un numero che ne precisa la frequenza. 17

18 Tabella 4. Locuzioni tematizzanti e tag. Rimini (titolazione) L'emergenza Gli immigrati Il modello Rimini I problemi per il turismo La "caccia al nero" La spiaggia di notte "La rivolta dei sindaci" Locuzioni La sesta in pochi giorni 3 / "A Rimini non c'è allarme rosso" 3 / Rimini violenta 2 / Allarme sicurezza 2 / Città allo sbando / Rimini, i giorni della violenza / Emergenza / Emergenza secolare / Ma l'emergenza c'è / Allarme violenza / "Rimini violenta senza esagerare" / Escalation del crimine / Ancora uno stupro / Ennesimo caso / Amplificati dai media / SOS riviera Il problema degli immigrati / "Legge urgente" / Nordafricani e albanesi un problema concreto / Emergenza immigrati / Anche le altre aggressioni sono state fatte da extracomunitari / "La stagione del buonismo è finita" / "Immigrati, sì alla solidarietà no al parassitismo" / Prodi smonta il caso immigrati / "Non sono riminesi, arrivano da fuori" / Immigrati, occorre un controllo / Società multietnica? "Vogliamo più ordine" / Basta extracomunitari / " sono brave persone, ma quando diventano sono un cataclisma" Trasgressione: la riviera paga per questa fama 2 / Rimini vetrina dei suoi guai 2 / "Stop al divertimentificio" / Basta con la cultura della rendita / Critico con il "sistema" / Rimini è solo un inganno e gli esclusi si arrabbiano / Orfani di cultura / Il sesso dei poveri Bild attaccco a rimini 3 / A difesa dell'immagine della riviera 3 / Turismo pulcino nero 2 / Agosto blindato / Proteggere le vacanze 2 La rabbia della gente / Monta un clima anti immigrati / La gente vuole giustizia sommaria / Clima incandescente e toni pesanti / Tra i bagnini adesso monta un'ondata di rabbia razzista / Rischia di far scoppiare la caccia al nero / La Riviera si solleva Di notte l'arenile è più che mai insicuro / Finiti i tempi della spiaggia romantica / La lunga striscia di sabbia e paura / Rimini è una trincea / Panico / Di notte pericolo mortale La rivolta dei sindaci Tag Estate violenta 32 / Estate bollente 31 / Violenze 9 / Emergenza immigrati 3 / Fine stagione 3 / Riviera violenta 2 / Ferragosto in Riviera 2 / Sempre peggio / Stupro / Incubo in riviera / Rimini / Immigrati Se si eccettua il tema-contenitore dell'emergenza, analogo a quello bolognese, a Rimini il tema che avrà maggior fortuna nell'insieme degli articoli considerati, e che produrrà al contempo le conseguenze più rilevanti, è quello degli immigrati. Si è già detto come vi fossero alcune condizioni facilitanti; ma per capire come esso si affermi è necessario ripercorrere i primi giorni, cruciali, dell'allarme. Innanzitutto gli episodi di cronaca: il giorno precedente a quello d'impatto (la notizia della violenza in spiaggia sulle due ragazze svizzere, del 9 agosto) era apparsa sui giornali la notizia della violenza sessuale commessa da "due russi" ai danni di due prostitute. L'11 agosto, due giorni dopo il caso della violenza in spiaggia, viene riportata la notizia di un tentativo di violenza ancora sulla spiaggia, a Torre Pedrera, a pochi chilometri da Rimini e ad opera, dicono le cronache, di due "marocchini". Il giorno seguente un altro tentativo, a Misano Adriatico, questa volta però lontano dalla spiaggia, sempre da parte di un cittadino marocchino, riconosciuto dalla vittima e arrestato. In realtà, ne parleremo in seguito, questi non sono gli unici episodi di violenza commessi in quei giorni. 18

19 Tuttavia, opportunamente selezionati e inquadrati, forniscono materiale sufficiente perché si affermi il tema della "bomba immigrazione". A fornire indicazioni e spunti per questo inquadramento selettivo non sono però solo le logiche del lavoro giornalistico. L'11 agosto, quando ancora non si era affacciato il tema dell'immigrazione, compariva sulla maggior parte delle testate la dichiarazione del sindaco di Rimini, secondo il quale albanesi e nordafricani "sono un problema concreto", che intende risolvere. Lo stesso giorno in cui si ha notizia del secondo episodio di tentata violenza, riconducibile alla fase di impatto, una seconda fonte indica dunque un elemento degno di attenzione - quello degli "extracomunitari" - che verrà non a caso utilizzato dalla maggior parte delle testate per il titolo dell'intervista stessa. Ma è il 12 Agosto il giorno cruciale. Viene diffusa la notizia di un terzo episodio di violenza ad opera di un cittadino non comunitario e, parallelamente, si tiene un vertice in Prefettura durante il quale il Sindaco avanza due vecchie proposte: l'illuminazione notturna delle spiagge e l'istituzione di permessi di soggiorno regionali, che dovrebbero rendere più facile il controllo dei cittadini non comunitari. Da Riccione, il sindaco chiede a sua volta espulsioni più facili. Il segretario provinciale del Pds esprime la stessa richiesta. Sono quindi le massime autorità politiche e amministrative locali, mentre insistono a scartare l'ipotesi di una situazione emergenziale, a confermarla con richieste ad hoc e a selezionare l'obiettivo primario dell'allarme. Dei tre elementi tematici individuati, la spiaggia/riviera, le violenze, il mondo dell'immigrazione, è a questo punto l'ultimo a diventare quello dominante, grazie al ruolo determinante del mondo politico. Con una differenza importante: mentre i primi due temi sono costitutivi dell'allarme ("le violenze sessuali a Rimini"), definito nella fase di impatto, l'ultimo è un elemento tematico aggiunto, nel modo appena descritto, a partire da alcuni spunti certamente concreti ma solo in un secondo tempo. L'"emergenza" è dunque, in senso stretto, qualificata dagli elementi delle violenze sessuali e della spiaggia. Questi elementi fungono allo stesso tempo da categorie di descrizione degli episodi accaduti e da strumenti di catalogazione di nuovi 'eventi' che possono essere inclusi o non inclusi nell'emergenza. Giocano infatti in queste circostanze due esigenze: quella di definire l'emergenza stessa, rintracciando elementi che accomunino i vari episodi (di qui la spiaggia, le violenze), e quella di catalogare le nuove occorrenze, selezionando ed evidenziando in esse ciò che consente di rubricarle come nuovi esempi dell'emergenza in corso ("di nuovo in spiaggia" ecc.). In generale, in ogni catalogazione è possibile, anzi probabile, che siano all opera due meccanismi, alternativi o complementari: la nuova occorrenza può subire parziali 'accomodamenti', necessari a farla rientrare nelle categorie esistenti - nel nostro caso, la spiaggia, le violenze ("effetto di distorsione"); le 19

20 categorie selezionate possono essere modificate ("ridefinizione delle categorie"), soprattutto quando non può funzionare il primo meccanismo. Nell'emergenza riminese sono all'opera entrambi i processi descritti. Le violenze, che sono spesso solo tentate, come negli ultimi due episodi citati, vengono quasi sempre presentate nella titolazione come se fossero state effettivamente commesse (distorsione dell'occorrenza). A sua volta la spiaggia diventa presto, nelle cronache, "Rimini" - in modo da includere anche l'episodio dei due russi - e poi la "Riviera" (ridefinizione delle categorie): si possono così a questo punto ricondurre alla stessa emergenza episodi accaduti in luoghi diversi - la spiaggia, un casolare - e in località diverse - Misano si trova quasi nelle Marche. La categoria degli "extracomunitari", entro la quale si possono riunire violentatori o aspiranti tali di varie nazionalità, come abbiamo visto entra in gioco molto presto, ma è di natura sostanzialmente diversa dalle due precedenti (la spiaggia/rimini/la Riviera e le violenze sessuali). Si è detto che essa non appartiene in senso stretto all'emergenza che è definita come "allarme violenze a Rimini" ed è dunque, in teoria, costitutivamente indifferente alla provenienza dell'autore del reato. Tuttavia questa categoria raggiunge una salienza tematica così forte da entrare a far parte, in maniera a questo punto intrinseca, dell'emergenza stessa, svolgendo in definitiva la stessa funzione delle altre due categorie: quella di mettere a fuoco ciò che 'appartiene' all'emergenza e ciò che non vi appartiene. Le violenze commesse da italiani o da stranieri comunitari vengono in quei giorni ignorate o non conteggiate nei bilanci più volte forniti dagli organi di informazione. Il 12 agosto, quando tutta l'attenzione è puntata sull'episodio di Misano ad opera di un cittadino marocchino, vengono riportati solo da Mattina (nelle pagine nazionali e con risalto decisamente minore) altri tre reati sessuali commessi da italiani: uno stupro a Lignano Sabbiadoro, un tentativo di violenza a Ferrara ai danni di un minore, un altro tentativo a Lido di Pomposa. La stessa Mattina il medesimo giorno parla nelle pagine nazionali di "sesto episodio in cinque giorni, sempre con degli extracomunitari come protagonisti", includendo dunque nella conta riminese la tentata violenza di Misano ed escludendo quelle commesse nello stesso giorno nelle altre tre località. Il 13 agosto il Carlino, come si fa spesso in questi casi, fa il punto dell'emergenza con uno specchietto intitolato "L'escalation della violenza", collocato nelle pagine nazionali ma anch'esso dedicato alle sole violenze commesse da "extracomunitari". Lo stesso giorno il Corriere pubblica una mappa intitolata "Gli stupri in Riviera", accompagnata da un disegno che ritrae due violentatori, dagli inconfondibili tratti vestimentari e somatici arabi, in azione. Questa mappa riporta gli stessi episodi degli altri due elenchi, risalendo però così indietro nei giorni da arrivare a una violenza commessa un mese prima, il 9 luglio, da tre senegalesi (un episodio che "resta misterioso" secondo la stessa testata), tralasciando al contrario due violenze assai più certe e recenti (avvenute rispettivamente il 20

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