LA CITTA DEL VATICANO

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2 LA CITTA DEL VATICANO La Città del Vaticano costituisce la residenza dei papi dal 1377: prima del periodo della cosiddetta cattività avignonese, tra il 1305 ed il 1377, la sede del pontefice era infatti il Laterano. Dall 11 febbraio 1929, la Città del Vaticano è costituita in Stato sovrano grazie ai Patti Lateranensi, con i quali fu risolta la questione romana tra la Chiesa e lo Stato Italiano. In età romana, sul colle Vaticano fu edificato da Nerone un grande circo, nel quale fu martirizzato l Apostolo Pietro. Le sue spoglie furono sepolte nelle vicinanze e, più di 250 anni dopo, Costantinocostruì sopra la tomba di Pietro una splendida basilica. Nel corso dei 68 anni durante i quali la residenza dei papi fu relegata ad Avignone, la basilica costantiniana fu trascurata a tal punto che qualunque restauro fu ritenuto inutile. Nicolò V stabilì di ricostruirla ex novo, affidando il progetto al Rossellino: tuttavia, per la morte del papa i lavori furono sospesi. Planimetria della CITTA DEL VATICANO 98

3 BASILICA DI SAN PIETRO La Basilica di San Pietro in Vaticano è la maggiore delle basiliche papali, spesso descritta come la più grande chiesa del mondo e centro del Cattolicesimo. In questo luogo sorgeva una basilica risalente al IV secolo, fatta costruire dall imperatore romano Costantino I nel luogo in cui si apriva il circo di Nerone e dove la tradizione vuole che San Pietro, uno degli apostoli di Gesù, fosse stato sepolto dopo la sua crocifissione. Sotto il papa Niccolò V ( ), la basilica costantiniana, sopravvissuta ai saccheggi ed agli incendi subiti dalla città dopo la caduta dell IMPERO ROMANO D OCCIDENTE, fu interessata da una sostanziale opera di ristrutturazione. La costruzione dell attuale BASILICA DI SAN PIETRO fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel Con i suoi 136 metri di altezza, i suoi 42 metri di diametro ( di poco inferiore però a quello del Pantheon) ed i suoi 537 scalini, la CUPOLA è il simbolo stesso della basilica e dell intera città di Roma. Poggia su un alto TAMBURO e quattro immensi 99

4 PILASTRI, di 71 metri di perimetro, sorreggono l intera struttura il cui peso è stimato in tonnellate. Fu costruita in soli due anni seguendo i disegni di Michelangelo, il quale però aveva probabilmente previsto una cupola perfettamente sferica; per prevenire dissesti strutturali, fu invece realizzata a sesto rialzato, circa sette metri in più rispetto a quella michelangiolesca. Dal punto di vista strutturale essa è costituita da due calotte sovrapposte, secondo quanto già realizzato a Firenze da Filippo Brunelleschi: la calotta interna, più spessa, è quella portante, mentre quella esterna, rivestita in lastre di piombo ed esposta agli agenti atmosferici, è di protezione alla prima. PROGETTO DI MICHELANGELO 100

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6 FACCIATA DI CARLO MADERNO SEZIONE LONGITUDINALE DELLA BASILICA CON LA VISIONE DELLE GROTTE VATICANE 102

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8 La maestosa Piazza San Pietro, progettata dal Bernini, è a forma di un enorme ellisse con un trapezio nella parte alta che include la Basilica di San Pietro. Le 284 colonne che circondano la piazza sono poste su quattro file e sono costruite in modo tale che posizionandosi al centro della piazza grazie ad un effetto ottico si vede un' unica fila di colonne. Nel 1950 venne realizzata Via della Conciliazione per collegare la piazza a Castel Sant'Angelo e semplificare l'affluenza dei pellegrini alle udienze papali. In piazza San Pietro potete inoltre ammirare il grande obelisco proveniente dall'antica città egizia di Heliopolis. L'obelisco Vaticano venne portato a Roma nel 37 d.c, al tempo dell'imperatore Caligola, e per il suo trasporto venne costruita una delle navi più grandi della flotta romana. Inizialmente l'obelisco non si trovava al centro della piazza, dove venne successivamente collocato da Domenico Fontana, per volere di Papa Sisto V. L'impresa fu davvero ardua, vennero impiegati quasi 1000 operai, argani e cavalli; inoltre l'architetto vietò alla folla di curiosi di emettere qualsiasi rumore durante lo svolgimento dei lavori che iniziarono ad aprile e si conclusero ben 5 mesi dopo. 104

9 PLANIMETRIA DEI MONUMENTI ED OPERE D ARTE CONTENUTI ALL INTERNO DELLA BASILICA DI SAN PIETRO 105

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12 PROPOSTA DI UN ITINERARIO SEMPLIFICATO ALL INTERNO DELLA BASILICA 108

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18 CURIOSITA' SUL BALDACCHINO DELLA CONFESSIONE 114

19 GIAN LORENZO BERNINI, URBANO VIII E IL PARTO In un articolo di Achille Ianniruberto e Maria Ianniruberto, pubblicato qualche anno fa (Artemisia News 1997;1:13-15), viene narrata una interessante e curiosa storia (ripresa dal libro di G.E. Curatolo L arte di Julo Lucina in Roma, Roma, 1901) riguardante il Baldacchino dell Altare della Confessione in San Pietro. Quando all interno della basilica di S. Pietro fu terminata la grande navata del Maderno restava da occupare l immenso spazio vuoto sotto la cupola: nel 1624, Papa Urbano VIII, della famiglia Barberini, affidò l incarico al Bernini, che impegnò ben nove anni per progettare e realizzare l opera: il Baldacchino della Confessione, in bronzo dorato prelevato dal Panteon, fu inaugurato il 23 giugno A sostegno del baldacchino Bernini realizzò quattro colonne, poggiate ciascuna su enormi piedistalli di marmo bianco; su ognuna delle due facce esterne di ogni piedistallo scolpì lo stemma dei Barberini, integrandovi inspiegabilmente la rappresentazione della donna nelle diverse fasi del parto, dal periodo dilatante fino alla nascita del bambino. Per comprendere la rappresentazione scultorea delle diverse fasi del parto, la lettura deve partire dal primo piedistallo, anteriormente e a sinistra di chi guarda, e procedere intorno al baldacchino da destra a sinistra. Si potrà vedere come, su ciascun piedistallo, tra lo stemma e le chiavi di San Pietro è scolpita pure una testa di donna, il cui viso, in ogni faccia dei piedistalli, appare atteggiato a varie espressioni a seconda del periodo del parto a cui si riferisce: nell ottava e ultima scultura, al di sotto della tiara papale, al posto della testa femminile è raffigurata la testina di un paffuto neonato, ad indicare la felice conclusione dell evento. E da notare che anche nella prima scultura, quando il travaglio non è ancora cominciato, è raffigurata, sulla tiara papale, quasi come programma, una piccola testa di bambino. Un altro particolare interessante da notare è che, osservando da vicino gli otto stemmi barberiniani in una posizione tangenziale ad essi, si nota come lo stemma dei Barberini con le sue caratteristiche tre api, assomigli al tronco femminile, con la parte superiore che rappresenta il torace e quella inferiore l addome; inoltre, osservando sempre dallo stesso punto di vista, ci si accorge come l addome cambi di forma e di curvatura a seconda delle diverse fasi del parto. Infine, si può vedere che tutti gli stemmi terminano inferiormente con un grottesco mascheroncino i cui lineamenti alludono nella forma ai genitali femminili esterni i quali, di stemma in stemma, accompagnano con le loro significative modificazioni i diversi periodi del travaglio di parto. Per spiegare questa inusuale rappresentazione, tanto più considerando il tipo di opera in cui fu inserita, si fa riferimento a due tradizioni popolari: una riconducibile all usanza degli artisti dell epoca di ricordare in qualche modo il committente nell opera d arte, l altra in sintonia con la personalità ricca di fantasia e il carattere forte e ironico del Bernini. Secondo la prima tradizione, una principessa di casa Barberini, nipote di Urbano VIII, in gravidanza, aveva fatto voto di donare i piedistalli che il Bernini si accingeva ad eseguire, nel caso avesse partorito felicemente un bambino: esaudito il voto, l artista eternò sul marmo il lieto evento. 115

20 La seconda tradizione, invece, ci narra che Bernini nutrisse una forte passione, corrisposta, per una giovane nipote di Urbano VIII, fino a chiederla in sposa. Il pontefice, pur stimando l artista, si oppose decisamente alle nozze non ammettendo il matrimonio tra la nipote, appartenente ad una delle più nobili e potenti famiglie di Roma di allora, con un uomo indubbiamente geniale ma di comune lignaggio. La giovane preferì seguire i sentimenti piuttosto che le convenzioni e gli ordini dello zio, al punto che da questa passione nacque un figlio, ciò che irritò ancor di più il papa: Bernini, dunque, volendo recare un affronto alla famiglia Barberini, rappresentò, all insaputa dello stesso padre della nobile donna, scolpendone sui piedistalli le diverse fasi intrecciate con lo stemma dei Barberini. Le due ipotesi sono entrambe assai curiose e, probabilmente, non sapremo mai la verità. Vorremmo però suggerire una terza ipotesi, visto che la progettazione e la realizzazione dell opera durarono ben nove anni (come i nove mesi di gestazione): e se Bernini avesse voluto semplicemente comunicarci il travaglio e la fatica che aveva portato al parto dell opera? Urbano VIII incarica il Bernini di realizzare il Baldacchino di San Pietro per l'altare maggiore della Basilica all'età di soli 25 anni. In quel periodo la fama dell'artista è grande, tuttavia il compito che gli si prospetta, mostra aspetti di innegabile difficoltà a partire dalle dimensioni stimate per l'opera per finire alla posizione centrale che essa dovrà occupare all'interno della Basilica di San Pietro. La progettazione e l'esecuzione dell'opera richiedono circa dieci anni, ma il risultato è un complesso architettonico, ed al tempo stesso scultoreo, che proietta Bernini, e l'arte tutta, verso il modo di concepire ed interagire con lo spazio proprio del barocco. Il baldacchino in bronzo ha pianta quadrata e si alza per circa trenta metri; quattro colonne tortili, ognuna culminata dalla statua di un angelo, sorreggono gli architravi e le grandi volute che si uniscono salendo verso il centro. Il moto rotatorio e centripeto della composizione, così come il colore brunito, che per effetto ottico tende a far percepire la struttura come più piccola di quella che realmente è, sono precise scelte scenografiche del Bernini che è costretto ad interpretare un vasto spazio aperto dominato dalla severa geometria rinascimentale della cupola di Michelangelo. Il Baldacchino di San Pietro è un monumentale impianto architettonico barocco all'interno della basilica di San Pietro in Vaticano, ideato per segnare il luogo del sepolcro del santo, inserendosi sullo spazio semicircolare della confessione. Fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il luglio 1624 e il L'incarico di realizzarlo fu la prima grande commissione pubblica che l'artista ottenne in seguito all'elezione di papa Urbano VIII nel 1623; l'opera venne inaugurata il 28 giugno 1633 dallo stesso papa. Quella del Baldacchino è la prima impresa di Bernini in cui si fondono scultura e architettura a tal punto da creare una allegorica immagine di un oggetto, un catafalco processionale di grandezza monumentale, molto più grande del solito, e che sostituisce il consueto ciborio inserendosi nello spazio in maniera innovativa e scenografica, aprendo nuove prospettive all'architettura barocca. Quest'impresa è anche il risultato di un lavoro di cantiere collettivo che vide coinvolti altri artisti celebri come Francesco Borromini, suo assistente per la parte architettonica, e gli scultori Stefano Maderno, Francois Duquesnoy, Andrea Bolgi, 116

21 Giuliano Finelli, Luigi Bernini (fratello di Gian Lorenzo) e una schiera di fonditori e scalpellini. Per realizzare l'opera vennero asportati e fusi gli antichi bronzi del Pantheon, consistenti nelle sculture poste sul frontone e negli elementi di copertura del pronao. La scellerata decisione ispirò la celebre pasquinata Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini ("ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini") con la quale si voleva sottolineare la smisurata ambizione della famiglia del pontefice che, pur di autocelebrarsi con monumenti spettacolari, spendeva cifre enormi e neppure si fermava di fronte al danneggiamento di uno dei monumenti più importanti dell'antica Roma. Le caratteristiche colonne tortili, alte 11 metri, sono composte di tre pezzi ciascuna, a cui si aggiungono i capitelli e i basamenti; sono tortili ad imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio della vecchia basilica e attraversate da elementi naturalistici bronzei come tralci di lauro (che alludono alla passione di papa Urbano VIII per la poesia), lucertole (simboli di rinascita e di ricerca di Dio) e api, che fanno parte dello stemma della famiglia papale e che si trovano anche nei basamenti marmorei. 117

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25 MONUMENTO SEPOLCRALE AD URBANO VIII DESCRIZIONE: L'elaborazione dello schema architettonico del sepolcro fu lenta e graduale, prendendo l'avvio dai modelli cinquecenteschi; ancor più lenta l'esecuzione delle varie parti, praticamente dal 1628 al Bernini sovvertì tutti i canoni accademici, mischiando il bronzo ai marmi, instaurando complessi rapporti spaziali, in altezza e in profondità, fra la figura maestosa del papa-principe e le allegorie della Carità e della Giustizia, unite dalla teatrale invenzione del genio della morte che incide sulla lapide il nome del papa defunto: ne scaturiscono effetti di acceso pittoricismo, suggestioni di dichiarata teatralità, retta peraltro da una regia impeccabile che domina lo spazio semicircolare della grande nicchia (ancora un proscenio) con la calcolata rispondenza ed euritmia dei movimenti interni alla grande piramide formata dal papa al vertice e dalle Virtù alla base. 121

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27 Sepolcro degli Stuart, Scultore: Antonio Canova ( ). In memoria: di Giacomo III e dei figli Carlo Edoardo ed Enrico cardinale. I grandiosi complessi sepolcrali, su cui si fonda in non esigua parte la reputazione di Antonio Canova, quale massimo scultore del Neoclassicismo europeo, appartengono al periodo centrale della carriera dell'artista. Fa eccezione il Sepolcro degli Stuart, dedicato a Giacomo III ed ai figli Carlo Edoardo ed Enrico, cardinale, morti in Italia. Sorprende che oggi questo monumento non sia molto apprezzato, ed è criticato per la mancanza di fantasia che l'artista ebbe nei monumenti funerari tardi. In San Pietro ebbe un posto infelice, tra due pilastri, a sinistra di chi entra, ma il Canova seppe trarre il massimo da quello spazio ingrato. Nel rilievo di una piramide, sopra stanno allineati i ritratti dei tre defunti. Una porta in basso conduce al sepolcro, alla quale fanno la guardia i due Geni della Morte scolpiti a mezzo rilievo. Canova si è accontentato di evocare un simbolo convenzionale della casa della morte tratto dalle urne cinerarie etrusche, trasformando tali modelli in immagini squisitamente moderne. Raffigura due figure androgine di eterea bellezza, dalle dolci silhouettes e dai delicati profili da cammeo acconciati alla moda quattrocentesca, in affinità con quanto avevano imposto i Nazareni. Sembrano create senza sforzo, nella loro posa, nella solennità delle ali trepidanti, nella linearità delle fiaccole capovolte, nel panneggio scanalato e fluente ai piedi. Hanno teste dai lineamenti apollinei, tristemente reclinate e poggianti sulla mano, che ispirano una così divina malinconia da far pensare ad angeli in terra d'esilio. Sulla massa soffice della capigliatura femminea e fluente, la pressione dei nastri scava un morbido solco all'altezza della fronte. I due angeli che nel bozzetto affiancano la stele indebolendone l'autonomia, nella realizzazione definitiva sono stati inseriti nel perimetro del monumento, confermandone l'unità organica. Questi angeli piangenti sono la forza e la vitalità dell'opera, ed in loro il Canova rinnova l'ardore e la potenza d'ispirazione dei momenti più felici della sua arte. Le due figure sono un miracolo di simmetria, ma molte sottili trasgressioni impediscono a quella simmetria di divenire sterile. Le lievi differenze nella posizione dei gomiti, negli incavi delle grandi ali e nella ponderazione dell'anca, contribuiscono a conferire vitalità a questi angeli, inseriti in un contesto di solenne astrazione. Ma è soprattutto nell'anatomia delle figure, splendidamente modellate, che si riscontrano le qualità plastiche del Canova, in quella «morbidezza con cui è condotto il nudo, che, mentre conserva uno stile largo e copioso, fa risaltare maestrevolmente le minime gradazioni» come ben vide il Perticari. Un complesso plastico omogeneo che incanta per levità di contorni, piani staccati, ombre tenui sulla distesa dello sfondo chiaro. Le grazie delle membra adolescenti, per quanto siano motivi di derivazione pagana, esprimono nel loro angelico atteggiamento la rassegnazione della fede cristiana di fronte al mistero della morte. Un sogno di giovinezza che Canova depone alla 123

28 soglia di una tomba perché la morte sia trasfigurata dall'eterna bellezza dell'arte. Tutta l'opera è pervasa da una patina di un giallo caldissimo che accresce tenerezza alle forme e dà soavità a tutta l'opera. Si gridò allo scandalo e le due figure angeliche si trovarono al centro di polemiche perché il monumento non era abbastanza classico. Il Vaticano trovò esse immorali, e Canova fu invitato a coprire le nudità ritenute sconvenienti al luogo sacro; ma rifiutò deciso. Non appena egli morì Papa Leone XII riuscì nell'intento, ma le coperture di gesso, rimaste fino al pontificato di Leone XIII, furono a loro volta giudicate «profanazionew nonché «artisti vili e mercenari» coloro che le eseguirono. Per lo Stendhal, che fu un severo critico d'arte, i due Geni funebri erano i più amabili capolavori canoviani, giudicandoli come una delle maggiori opere d'arte europee. Pur dichiarandosi incapace di descrivere la loro bellezza, affermò di aver passato ore davanti a loro, restando in estatica ammirazione, talvolta fino all'orario di chiusura. «Di fronte c'è una panca sulla quale ho trascorso le ore più dolci del mio soggiorno a Roma. Soprattutto nell'approssimarsi della notte, la bellezza di questi angeli appare celestiale. Giungendo a Roma bisogna venire presso la tomba degli Stuart per provare se si abbia per caso un cuore fatto per comprendere la scultura. 124

29 APPENDICE (PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE ) SU GIAN LORENZO BERNINI IN SAN PIETRO Fig. 1 Il rapporto di Gian Lorenzo Bernini con i pontefici può essere maggiormente esplicitato attraverso l'analisi di alcune delle principali opere realizzate dall'artista per la basilica vaticana durante tutto l'arco della sua carriera. Sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini, nel 1629, Bernini ottiene l'incarico di architetto della basilica di San Pietro e fra le prime opere create dall'artista per il complesso vaticano bisogna menzionare il Baldacchino bronzeo posto sull'altare papale, eseguito fra il 1624 e il 1633 [Fig.1]. Fig. 2 In seguito per lo stesso Urbano VIII realizza il monumento funebre [Fig.2]. Quest'ultimo è caratterizzato dalla statua del pontefice benedicente collocata, in trono, sulla sommità del monumento; alla base le figure della Carità e della Giustizia e uno scheletro che, uscendo dall'urna sepolcrale, scrive l'epitaffio del defunto a significare che anche la morte rende omaggio alla gloria del personaggio. Con Alessandro VII Chigi, Bernini ritorna a lavorare in San Pietro e viene chiamato a risolvere un nodo urbanistico di estrema importanza: quello della piazza antistante la basilica. Per correggere l'andamento orizzontale dato da Carlo Maderno alla facciata della basilica, Bernini progetta inizialmente due campanili, poi abbattuti, e il colonnato ellittico, realizzato fra il 1656 e il 1667, dando vita ad uno spazio scenografico dinamico nel creare un vero e proprio raccordo urbanistico e simbolico tra l'edificio sacro e la città. 125

30 Fig. 3 Negli stessi anni crea la grandiosa macchina della Cattedra di San Pietro, in marmo, bronzo e stucco dorato, a far da sfondo alla struttura del baldacchino. I quattro Padri della Chiesa sollevano la Cattedra, contenente la presunta reliquia della cattedra di Pietro, in un tripudio di angeli e di raggi dorati; ancora una volta Bernini utilizza l'integrazione fra le arti per costruire un'illusione teatrale [Fig.3]. Fra il 1663 e il 1666 realizza anche la grande fuga prospettica della Scala Regia, ingresso ufficiale ai palazzi vaticani. Fig. 4 Come ultima opera va ricordato il monumento funebre per Alessandro VII realizzato negli anni Settanta [Fig.4]. La figura del pontefice in ginocchio e in preghiera è posta sulla sommità del monumento. Alla base un drappo di diaspro rosso svela uno scheletro con una clessidra, emblema della morte e del tempo, e, ai lati del drappo, quattro figure rappresentano la Carità, la Verità, la Prudenza e la Giustizia, virtù attribuite al pontefice. A differenza di Urbano VIII che voleva affermare al contempo il potere spirituale e temporale del papato, Alessandro VII viene qui rappresentato assorto in preghiera, e non più in trono e con le insegne del potere, mettendo così l'accento sulla missione spirituale della Chiesa. Bernini e il monumento funebre a papa Urbano VIII 126

31 "Homo raro, ingegno sublime"urbano VIII così dice di Bernini Il più grande mecenate di Gian Lorenzo Bernini, Maffeo Barberini, papa dal 1623 al 1644 col nome di Urbano VIII, pretese una tomba monumentale e per essere sicuro del risultato, la volle vedere lui ancora in vita. Mister Bernini e la sua bottega, lavorarono alla tomba dal 1627 al Il risultato visivo oggi è ingeneroso nei confronti del lavoro dell'artista. La tomba si trova nella nicchia che si apre nella tribuna di San Pietro, a destra della cattedra del santo, in una zona oggi non accessibile ai visitatori. Ciò nonostante, l'uso di marmi policromi, di materiali diversi come bronzo dorato e legno, di statue mastodontiche, enfatizza il barocco berniniano. A fianco del sarcofago si trovano la personificazione della Carità a sinistra, attorniata da due putti e con atteggiamento sereno e materno, e della Giustizia a destra, con gli occhi rivolti al cielo e lo sguardo malinconico, accentuato dal viso appoggiato alla mano. La Giustizia inoltre ha l'elsa decorata della spada col tipico morivo delle api laboriose, presenti nello stemma araldico della famiglia Barberini. 127

32 Entrambe le statue sono in marmo di Carrara. Sopra la tomba, la Morte velata, in bronzo impreziosito dalle dorature, sta terminando di scrivere l'epitaffio "Urbanus VIII Barberinus Pont.Max." L'epitaffio è incompleto, visto che il Papa era ancora in vita all'inizio dei lavori (forse era scaramantico?) ed inoltre questa rappresentazione dava maggior dinamismo all'opera. In alto, alla sommità della piramide, campeggia maestosa la scultura bronzea del Papa: lo sguardo è fiero e severo. Fin dall'inizio Urbano e Bernini decisero di sistemare il monumento à pendant della tomba di papa Paolo III Fernese (quello del Concilio di Trento, per intenderci...), che venne dunque spostata nella Tribuna: non si pensava dunque nei termini di un singolo movimento, ma di due tombe accoppiate, proprio come quelle di Michelangelo nella Sagrestia Nuova fiorentina. Chiaro era dunque questo parallelismo col grande Michelangelo. Sul fatto che questo monumento divenisse punto di riferimento per Canova è lì da vedere. Quante assonanze tra questa opera e le tombe per papa Clemente XIV? 128

33 Antonio Canova, Monumento a Clemente XIV, Basilica dei santissimi Apostoli, Roma, e quella per Clemente XIII. A.Canova, Monumento a Clemente XIII, Roma San Pietro,

34 MOLE ADRIANA I GIARDINI DI CASTEL SANT'ANGELO La Mole Adriana è tra piazza Adriana e Lungotevere Castello, prende il nome dal grande mausoleo chiamato Mole Adriana, che l'imperatore Elio Adriano nato nel 117 e morto nel 138, si fece costruire come sepolcro per se, la sua famiglia ed i suoi successori. L'opera fu portata a termine da Antonino Pio nel 139.La Mole era diversa rispetto ad oggi, dove sorgeva il Mausoleo di Adriano, oggi c'e il Castel Sant'Angelo.La sagoma iniziale era a forma rettangolare sopra la quale sorgeva una costruzione cilindrica sormontata da un piccolo tempio circolare sul quale svettava una quadriga bronzea guidata da una enorme statua raffigurante l'imperatore Adriano, imperatore tollerante verso i cristiani.la Mole Adriana venne assediata e saccheggiata durante l'invasione dei Vandali e dei Goti, ed assunse l'aspetto di una roccaforte. L'evento che cambiò il nome alla Mole, fu la leggendaria apparizione dell'arcangelo Michele nel'atto di rinfoderare la spada a simboleggiare la fine della peste durante gli inizi del pontificato di San Gregorio Magno, al soglio da 590 al 60 d.c.e da allora la mole si chiamò " Castrum Angeli". Verso la fine dell'xi secolo, venne posta sulla sommità la prima statua bronzea dell'arcangelo Michele, che venne sostituita per 6 volte e l'attuale scultura è opera dello scultore fiammingo Pietro Verschaffelt e risale al 1754.Il Castello ebbe a seconda dei proprietari nelle varie epoche vari nomi tra questi Castrum Crescenzi, quando nel IX secolo divenne di proprietà dei Crescenzi, poi Pierleoni nel 1100, poi Orsini dalla metà del XII secolo, e fu proprio Papa Niccolò III Orsini che realizzò il Passetto che collega il Castello al Vaticano.Da Papa Niccolò III, il Castello prese il nome di Castel Sant'Angelo e divenne fortezza e residenza pontificia. Venne fatto restaurare da Papa Bonifacio IX, al soglio dal 1389 al 1404, dall'architetto Niccolò Lamberti, e dopo di lui ci furono 4 secoli di interventi. Papa Niccolò V tra il 1447 e il 1455, fece costruire 3 torrioni angolari, ingranditi da Papa Alessandro VI tra il 1492 e il 1495 su progetto di Antonio da Sangallo il Vecchio, che ne aggiunge anche un quarto di torrione, e sempre soppo questo papa si deve il 130

35 portico affrescato dal Pinturicchio.Nei secoli il castello divenne anche una prigione, dove vi furono rinchiusi personaggi illustri, tra questi, gli umanisti Platina e Pomponio Leto, Benvenuto Cellini, Cagliostro.Papa Giulio II al soglio tra il 1503 e il 1513, fece costruire una loggia coperta a due colonne sul fronte del Castello. Papa Clemente VII al soglio tra il 1523 e il 1534 fece realizzare la stufa, una sorta di bagno, in quanto costretto nel 1527 per 7 mesi di assedio dei Lanzichenecchi a risiedere nel Castello. Papa Paolo III, al soglio tra il 1534 e il 1549, fece costruire una Loggia verso i prati di Castello, e nuovi alloggi papali al piano superiore. Papa Pio IV, al soglio tra il 1559 e il 1565, fece costruire un recinto pentagonale intorno al vecchio muro di cinta. Papa Urbano VIII, al soglio dal 1623 al 1644, distrusse tutte le fortificazioni anteriori. Nell'Ottocento il Castello venne utilizzato esclusivamente come carcere politico. Dopo il 1870 era una caserma e solo nel1906 venne inaugurato e destinato a Museo, tale destinazione rimane anche oggi come Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo ( vedi anche i Musei di Roma ). L'antico e antistante Pons Elii, oggi Ponte Sant'Angelo, fu ornato tra il 1667 e il 1669 da 10 angeli in marmo voluti da Papa Clemente IX. Nella piazza vi è il Parco di Adriano, noto come i giardini della Mole Adriana, aperto al pubblico dal Qui i Fratelli della Misericordia fondarono nel 1903 l'oratorio del Sacro Cuore di Gesù. 131

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37 PICCOLA APPENDICE Di seguito sono riportate alcune brevissime biografie degli artisti più significativi che, attraverso le loro opere, si incontreranno in questa gita. 133

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39 Antonio Canova Antonio Canova ( ), è il maggior artista italiano ad aver partecipato alla vicenda del neoclassicismo ed è anche l ultimo grande artista italiano di livello europeo. Dopo di lui, per tutto il corso del XIX secolo, l Italia ha svolto un ruolo molto marginale e periferico nell ambito della formulazione delle nuove teorie e pratiche artistiche Formatosi in ambiente veneziano, le sue prime opere rivelano la influenza dello scultore barocco del Seicento Gian Lorenzo Bernini. Trasferitosi a 135

40 Roma, partecipò al clima cosmopolita della capitale in cui si incontravano i maggiori protagonisti dell arte neoclassica. A Roma svolse la maggior parte della sua attività, raggiungendo una fama immensa. Fu anche pittore, ma produsse opere di livello decisamente inferiore rispetto alle sue opere scultoree. Nelle sue sculture Canova, più di ogni altro, fece rivivere la bellezza delle antiche statue greche secondo i canoni che insegnava Winckelmann: «la nobile semplicità e la quieta grandezza». Le sculture di Canova sono realizzate in marmo bianco e con un modellato armonioso ed estremamente levigato. Si presentano come oggetti puri ed incontaminati secondo i principi del classicismo più puro: oggetti di una bellezza ideale, universale ed eterna. I soggetti delle sue sculture si dividono in due tipologie principali: le allegorie mitologiche e i monumenti funebri. Al primo gruppo appartengono: «Teseo sul Minotauro», «Amore e Psiche», «Ercole e Lica», «Le tre Grazie»; al secondo gruppo appartengono i monumenti funebri a Clemente XIV, a Clemente XIII, a Maria Cristina d Austria. Nei monumenti di soggetto mitologico i riferimenti alle sculture greche classiche è scoperto ed immediato: le anatomie sono perfette, i gesti misurati, le psicologie sono assenti o silenziose, le composizioni molto equilibrate e statiche. Il momento scelto per la rappresentazione è quello classico del «momento pregnante», evidente ad esempio nel gruppo di «Teseo sul Minotauro». Canova, invece di rappresentare la lotta tra Teseo e l essere metà uomo e metà toro, sceglie di rappresentare il momento in cui Teseo, dopo aver sconfitto il Minotauro, ha scaricato tutte le sue energie offensive per lasciar posto ad un vago senso di pietà per l avversario ucciso. È un momento di quiete assoluta in cui il tempo si congela per sempre. È quello il momento in cui la storia diventa mito universale ed eterno. Nei monumenti funebri Canova parte dallo schema classico a tre piani sovrapposti. Nei monumenti dei due papa Clemente XIII e XIV al primo livello ci sono le immagini allegoriche che rappresentano il senso della morte; al secondo livello vi è il sarcofago; al terzo livello vi è la figura del papa. Questo schema, che dal Trecento aveva caratterizzato tutta la produzione di monumenti funebri, venne dal Canova variata con il monumento a Maria Cristina d Austria in esso un corteo funebre si accinge a varcare la soglia dell oltretomba raffigurata come una piramide e nei monumenti a stele in cui è evidente il ricordo delle tante stele funerarie provenienti dall antica Roma. I monumenti funerari rappresentano un tema molto sentito dagli artisti neoclassici. Da ricordare che, negli stessi anni, l importanza dei «sepolcri» veniva affermata anche dal poeta Ugo Foscolo. Per il Foscolo il sepolcro doveva conservarci la memoria dei grandi personaggi della storia esaltandone il valore quali esempi di virtù. La morte, che nella precedente stagione barocca veniva visto come qualcosa di orrido e di macabro, dall arte neoclassica era vista come il «momento pregnante» per eccellenza. Il momento in cui si scaricano tutte le contingenze terrene per entrare nel silenzio assoluto ed eterno. 136

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