annali 2010 Archeologia
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- Romeo Nicolosi
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1 Archeologia Premio andrea durantini 2010 La tenuta di grotta marozza a monterotondo. di Martina Mennonna Il castello di Grotta Marozza L appellativo Grotta Marozza viene utilizzato per indicare un area di circa 1000 m di diametro, che sorge in una località collinare poco fuori Monterotondo, in passato assai importante dal punto di vista strategico, la quale comprende, oltre ai resti di una rocca di epoca medievale, anche cisterne e condutture sotterranee di età romana, relative alle aquae Labanae (antiche sorgenti termali con acqua sulfurea), e altri ruderi. Proprio sulla base di tutti questi ruderi antichi, per altro mai oggetto di veri e propri scavi, alcuni studiosi del passato, come Antonio Nibby, credettero di aver trovato l antica città di Eretum, che identificarono tout court con Monterotondo. Le recenti ricerche archeologiche invece (scavi e ricognizioni), suggeriscono per l ubicazione dell antico centro sabino un area collinare posta alcuni chilometri più a nord (denominata Casacotta), nel Comune di Montelibretti, lungo la via Salaria. Mentre appare chiaro che il nome Grotta sta ad indicare un ambiente sotterraneo (e la collina in questione presenta delle cavità), non è altrettanto sicura l etimologia di Marozza. Le due ipotesi principali sono le seguenti: Marozza potrebbe essere il vezzeggiativo di Maria, un nome molto usato nel Medioevo; oppure potrebbe essere relativo alla presenza di acqua salmastra. Se si accetta la prima ipotesi, la più accreditata, Maria sarebbe il nome, secondo alcuni, di una donna di epoca medievale appartenente alla famiglia dei conti Muscolo legata ai Crescenzi di Mentana; secondo altri, invece, sarebbe il nome di una strega che, stando ad una leggenda, viveva appunto nella tenuta che era per questo temuta dai contadini, spaventati inoltre dalla presenza di un diavolo posto a guardia di un tesoro costituito da monete preziose (d argento, come i mezzi giuli e i papetti, oppure d oro). Se si segue la seconda ipotesi, invece, la salsedine sarebbe stata rinvenuta nelle aquae Labanae, sorgenti di acqua sulfurea localizzate nella zona della tenuta. Grotta Marozza all inizio del Novecento (da Tomassetti 1910) Alcune tracce rivelano che Grotta Marozza è stata costruita nell XI secolo inglobando le rovine di un antica villa romana appartenuta probabilmente ad un liberto di Nerone. Le strutture principali sono però databili al XIII secolo. È di 169
2 170 questo periodo una bolla di papa Innocenzo III, successore di Celestino III che occupò la sedia pontificia dal 1198 fino alla sua morte avvenuta nel In base a tale documento la tenuta, fino a quel momento proprietà dei Crescenzi, antichissima famiglia baronale, entrava a far parte dei possedimenti del monastero di San Paolo fuori le mura. È dunque notevole l importanza che ha questa Bolla nella storia di Grotta Marozza: oltre a fornirci preziose informazioni riguardanti due tra i numerosi suoi proprietari supporta anche una delle ipotesi formulate riguardo la derivazione del suo nome, quella che appunto ne riconosce l etimologia in Maria, una donna legata alla famiglia dei Crescenzi. Altre bolle riguardano Grotta Marozza: quella del 1218 di Onorio III, successore di Innocenzo III e autore di importanti testi ecclesiastici, e infine quella del 1236, emanata da Gregorio IX. Nel 1286 fu patrimonio della famiglia Orsini, appartenente all antica nobiltà romana, da sempre schierata dalla parte guelfa. La famiglia Colonna controllò il territorio in enfiteusi (un diritto che si esercita su una proprietà altrui) con i monaci di S. Paolo. Nel XIV secolo Grotta Marozza doveva avere circa 400 abitanti come è stato calcolato (dal Tomassetti) consultando i registri riportanti il consumo del sale. La tenuta, dopo alcuni frazionamenti, passò poi ai Capocci. Alla morte di Agnese, figlia di Iannuzzo Capocci, lo zio Antonio Candolfini e la moglie di Pietro di Giacomo di Meo, in quanto parenti più prossimi, venderono Grotta Marozza a Francesco Savelli. Nel XV secolo divenne pro- Grotta Marozza. Planimetria (da Cristallini 1995) prietà della famiglia Del Bufalo Cancellieri. L 11 ottobre del 1512 venne venduta alla famiglia Orsini. Il 5 dicembre del 1571 Alemanno e Iacobo Salviati sono gli assoluti signori della tenuta di Grotta Marozza, come riporta un documento in latino. La tenuta ritornò poi ai Del Bufalo che nel XVI secolo la venderono a Bernardino Savelli. All inizio del 600 alcuni documenti attestano che Domenico Del Cavaliere fosse il proprietario di Grotta Marozza. In seguito la tenuta divenne parte del patrimonio della famiglia Barberini, che fu poi autorizzata da papa Clemente XI a venderla al Marchese Del Grillo. Nel 1756, dopo la morte del marchese la tenuta
3 passò nelle mani della figlia Nicoletta, duchessa di Massa e Carrara. Nel 1970 Grotta Marozza era di proprietà dei fratelli Fratini. Dunque molte famiglie hanno occupato nel corso degli anni la tenuta di cui oggi purtroppo rimangono solo alcuni resti non proprio conservati nel migliore dei modi. Nonostante ciò siamo in grado di ricostruire la struttura originaria anche attraverso alcuni documenti dei secoli passati, quando i ruderi si trovavano in condizioni migliori di quelle attuali. Grotta Marozza era una piccola proprietà suddivisa in castrum, rocca e burnus racchiusa entro una cinta muraria dotata di torrioni, uno dei quali sorgeva sopra una grotta naturale, che percorreva il ciglio della collina. Il tratto a nord-ovest del muro è dotato di feritoie. Ad esso si addossava nell angolo orientale un corpo di fabbrica il cui piano inferiore è costituito da un unico ambiente sormontato da una volta a botte, nel quale si aprono delle prese di luce rivolte a valle. Un imponente torre a base quadrata si trovava al centro della struttura. La torre aveva un paramento, in parte ancora conservato, lungo il basamento della torre, di regolari blocchetti bianchi di origine calcarea realizzati probabilmente con il materiale proveniente dalle cave ritrovate alla base della collina. A ridosso della torre stessa è presente un antemurale e tre ambienti ricavati tra i due elementi e alcune opere di fortificazione su arcate. Sul lato sud-ovest si trova l unica apertura originaria in posizione rialzata rispetto al piano esterno. Sul lato nord-ovest si trova invece un apertura che consentiva l accesso ad una scala ricavata nello spessore del muro e per questo racchiusa tra due pareti molto sottili. Tra il complesso addossato alla cinta muraria e la torre si trovava una piccola cisterna quadrata con una volta a botte, probabilmente collegata alle Aquae Labanae. Percorrendo la stradina attraverso gli uliveti si incontrano i casali, all interno di uno dei quali era presente un osteria, e una cappella a navata unica dedicata a S. Lorenzo, come attesta un documento del 1343 riguardante le chiese sabine. Sono inoltre presenti altre strutture, per lo più cisterne. Il sito di Grotta Marozza presenta delle analogie, in particolare per quanto riguarda la pianta dell abitato e le murature, con l insediamento medievale di Leopoli/Cencelle, situato tra il territorio di Tarquinia e quello di Civitavecchia. Nonostante la sua accogliente struttura l insediamento venne abbandonato dai suoi abitanti, che si trasferirono nella vicina cittadina di Monterotondo, che si stava sviluppando, prima del Grotta Marozza nel quadro dell incastellamento medievale La costruzione del complesso di Grotta Marozza appare una conseguenza di quel fenomeno che viene chiamato comunemente incastellamento, termine coniato dallo storico francese Pierre Toubert, che studiò approfonditamente le strutture architettoniche di epoca medievale situate nel territorio del Lazio. L incastellamen- 171
4 172 to è un fenomeno collocabile tra la fine del IX e l inizio del X secolo, che consiste nella trasformazione di piccoli villaggi in vere e proprie fortezze compatte, organizzate e più facili da difendere dagli attacchi dei barbari che si facevano sempre più frequenti: l Europa di questo periodo era minacciata dai Saraceni, ossia pirati che partendo dai porti controllati dagli Arabi attaccavano via mare colpendo principalmente le zone costiere; dai Normanni, detti anche, impropriamente, Vichinghi, che provenivano dal Mare del Nord; infine dagli Ungari. Gli attacchi di queste tre popolazioni, che acquisivano sempre più forza, indebolivano progressivamente il potere della dinastia carolingia al punto da non poter assicurare una buona protezione a tutti quei feudatari che amministravano i territori, e che decisero dunque di fortificarli, dando così vita al fenomeno dell incastellamento. Il castello inizialmente era molto semplice e la sua struttura era quasi primitiva: la palizzata era infatti in legno e facilmente difendibile. In seguito la struttura venne perfezionata, la pietra sostituì il legno, il ponte levatoio per superare il fossato scavato intorno alle mura e venne aggiunto il cancello di ferro. Inoltre vennero costruite le torri sia lungo le mura di cinta, che permettevano di avvistare meglio i nemici, sia al centro della piazza che solitamente ospitava gli appartamenti del signore che governava il castello insieme a persone fidate, di solito i più abbienti. Il potere esercitato dal signore pian piano si estese anche sugli abitanti delle zone limitrofe. Veduta di Grotta Marozza Da recenti studi sembrerebbe che l incastellamento non avvenga simultaneamente nelle diverse parti d Italia. Le differenze cronologiche nello sviluppo dell incastellamento nelle diverse parti dell Italia dimostrerebbero che questo fenomeno non fu una diretta risposta ai pericoli delle aggressioni dei vichinghi, degli ungari e dei saraceni: infatti i primi territori ad essere attaccati furono quelli meridionali e in particolare la zona costiera, dove la costruzione dei castelli avviene più tardi, quando ormai non c è più alcun pericolo: per questo motivo i documenti che attestano la costruzione dei castelli nell Italia meridionale e in Liguria non riportano mai alcuna motivazione che spieghi tale decisione come accade invece nell Italia settentrionale. Nella zona della pianura padana ci sono numerose autorizzazioni per la costruzione dei castelli, emesse tra il 904 e il 916, per timore di subire attacchi da parte delle scorrerie ungariche e dai cattivi cristiani. Queste motivazioni non sono però pienamente attendibili, perché tra il 904 e il 920 gli Ungari non invasero mai il territorio italiano.
5 L incastellamento è quindi legato oltre che alla necessità di difendersi anche al bisogno di mantenere saldo il potere esercitato e l attività produttiva, legata alla presenza della mano d opera. Nel Lazio la costruzione di castelli rappresenta una rottura con le forme di popolamento e le strutture agrarie già esistenti. Nel territorio laziale erano infatti presenti piccole proprietà dislocate in vaste aree e quasi isolate le une dalle altre. Con l incastellamento si passò dal popolamento rurale ad abitati concentrati e fortificati. Questi nuovi centri sorgevano su delle alture da cui era possibile controllare vaste zone di territorio circostante. La maggior parte dei siti dove vennero eretti i castelli erano stati fino ad allora disabitati. In alcuni casi, non molto frequenti, i castelli vennero costruiti su un centro curtense già esistente o su antiche strutture, anche di età romana o, spesso, preromana. Il castello, oltre a cambiare la vita dei cittadini, riorganizza anche l agricoltura che deve soddisfare il fabbisogno della popolazione: i terreni appena fuori le mura vengono adibiti a policoltura intensiva mentre più lontano i campi sono dedicati alla cerealicoltura e al bosco. Sempre nel Lazio i castelli sorgono su aree ristrette e sono dotati di mura di cinta, fossati, torri e porte d accesso. Sono costruiti in pietra tufacea, facilmente reperibile nel territorio; le abitazioni sorgono ordinate, secondo un piano di lottizzazione ben definito, intorno ad un nucleo monumentale costituito da una chiesa e dalla rocca, ovvero la dimora signorile fortificata che fungeva da secondo elemento difensivo. Breve rassegna delle principali famiglie nobiliari che possedettero il territorio di Grotta Marozza. Come si è visto all inizio, si sono alternate nel possesso della tenuta di Grotta Marozza diversi casati, diversi dei quali si sono contesi il dominio di Monterotondo durante la sua storia. È sembrato perciò opportuno in questo lavoro fornire alcune brevi notizie generiche su queste nobili famiglie, cercando di seguire un ordine cronologico. Crescenzi La famiglia dei Crescenzi sembra abbia radici molto antiche, forse già in età romana. Gregorovius infatti li considerava discendenti dei Crescentii, mentre altri li ritengono discendenti dagli antichi Trebatii o dagli Aelii. Il Gregorovius asserisce che gli avi della potente famiglia Crescenzi erano romani di antica stirpe, perché il nome di Crescenzio s ode già al tempo degli imperatori, sebbene poco prima del terzo secolo. I documenti comunque riportano come capostipite della famiglia un Crescenzio che appare come giudice fra i nobili romani in un placito romano di Ludovico III del 4 febbraio 901 e, se si tratta della stessa persona, in un documento simile di Alberico II del 17 agosto 942. Da costui discenderebbe Giovanni Crescenzio (morto nel 960), marito di Teodora II (figlia del senatore Teofilatto) e padre di Giovanni, vescovo di Narni ed eletto Papa col nome di Giovanni XIII ( ), di Teodora III sposata a Giovanni III duca di Napoli, di Crescenzio de 173
6 174 Theodora, di Marozia II e di Stefania; da questo Crescenzio discenderebbe anche Crescenzio a Caballo Marmoreo (cioè dal Quirinale, dove all epoca c era una statua di cavallo in marmo), che compare fra i primati di Roma in un sinodo del 963, e che fu padre di Teodoranda sposa di Benedetto conte di Campagna. Dal 965 (data dell elezione a Papa di Giovanni Crescenzi col nome di Giovanni XIII) al 1012 (data della morte di Giovanni III) i Crescenzi dominarono la città di Roma col titolo di patrizi dei Romani; con Crescenzio de Theodora la famiglia estese i suoi domini a Palestrina e alla Sabina. In questo periodo la famiglia rappresentò il patriziato romano nella sua opposizione alle ingerenze da parte della famiglia imperiale degli Ottoni di Sassonia nella politica della città di Roma e nell elezione dei Papi: Crescenzio infatti fece eliminare il pontefice Benedetto VI (un tedesco imposto dall Imperatore) e fece eleggere l antipapa Bonifacio VII, poi costretto all esilio da Ottone II. Crescenzio fu costretto a ritirarsi in un monastero, dove morì nel 984. Suo figlio Giovanni II, detto poi Nomentano, dopo un iniziale accostamento alla politica del nuovo imperatore Ottone III, riprese la tradizionale politica di opposizione alla politica accentratrice degli imperatori germanici, assumendo il potere temporale al posto di Papa Giovanni XVI, peraltro fatto da lui stesso eleggere in luogo del filoimperiale Gregorio V: Ottone allora, dopo essere disceso a Roma ed averlo assediato a Castel S. Angelo (detto all epoca castellum Crescentii), lo fece decapitare: tuttavia Crescenzio proprio per questa sua tragica fine rappresentò un martire della libertà romana. Suo figlio, Giovanni III, nel 1002 si fece nominare patrizio dei Romani, rimanendo signore della città fino alla sua morte (1012); estese i possessi della famiglia nella Campagna e nella Marittima (vale a dire nell odierno Lazio centro-meridionale). Nel 1045 i Crescenzi Ottaviani fecero eleggere al papato un loro membro, il vescovo di Sabina Giovanni ( ), col nome di Silvestro III. Successivamente abbiamo notizia dell elezione ad antipapa di Ottaviano dei Crescenzi di Monticelli, col nome di Vittore IV, morto nel I Crescenzi con le loro numerose ramificazioni mantennero ancora per parecchi decenni la prefettura di Roma ed altre importanti cariche cittadine, e possedettero vasti territori e feudi, specialmente in Sabina, dove tennero il rettorato fino al 1106, con potere di fatto indipendente dalla S. Sede fino alla fine del Trecento. Nel Cinquecento figurano ancora fra le famiglie del baronaggio romano. Numerosi sono i personaggi illustri in campo politico, diplomatico, ecclesiastico. Nel periodo compreso tra il 1513 e il 1741 membri della famiglia Crescenzi ricoprirono per 30 volte la carica di Conservatore di Roma. Virgilio marchese di Montorio in Abruzzo (Montorio al Vomano in provincia di Teramo) morì nel 1761, ultimo della sua famiglia, sopravvivendogli solo per pochi anni il fratello Cardinale Marcello, morto nel Ai Crescenzi succedette la famiglia dei marchesi Serlupi per disposizione testamentaria di Maria
7 Sallustia Cerrini (morta nel 1641) moglie di Ottaviano Crescenzi a favore di suo nipote (figlio della figlia Livia) Francesco Serlupi e per Breve di Urbano VIII del 15 aprile Papa Innocenzo III Orsini Gli Orsini sono una nobile famiglia romana presente a Roma fin dal X secolo. Discende da una casata in cui ricorreva frequentemente il nome Orso, che dal XI secolo si identifica con i Boboni, e che nel XII secolo raggiunge il suo periodo di splendore con il pontificato, sotto il nome di Celestino III, di Giacinto Bobone, eletto nel Il 15 aprile dello stesso anno egli incoronò imperatore il re di Germania Enrico VI e sua moglie Costanza D Altavilla nella basilica di San Pietro, e il giorno dopo i romani attaccarono e distrussero Tuscolo ceduta dal re al papa affinché presiedesse la sua incoronazione. Nel 1195 Celestino diede la sua benedizione ai crociati in partenza per la quarta spedizione in Terra Santa. Dopo la morte del papa, avvenuta nel 1198 in una casa vicino Viterbo, fatta costruire da lui stesso e donata a suo nipote, gli Orsini risiedettero a Roma e controllarono il traffico fluviale grazie al possesso delle torri e delle catene fluviali di Porta Portese. Gli Orsini inoltre continuarono a sostenere la Chiesa offrendo un valido aiuto militare e ricoprendo importanti ruoli all interno della Curia. La dinastia Orsini ha origine da uno dei nipoti di Celestino III, Orso di Bobone, considerato appunto il vero capostipite. La famiglia de filiis Ursi ebbe possedimenti dislocati in tutto il territorio laziale e come unica fonte di ricchezza e di potenza la Curia romana, alle cui sorti è infatti strettamente legata. Gli Orsini, durante le lotte di fazione, si schierarono fin da subito dalla parte guelfa ed entrarono in contrasto con i Colonna, capi della parte ghibellina. Fondamentali per l ascesa del casato sono Matteo Rosso il Grande ( ), senatore romano che sottrasse il mausoleo di Augusto alla famiglia Colonna, e suo figlio Giovanni Gaetano, detto Giangaetano ( ), che nel 1277 divenne papa col nome di Niccolò III: costui, avocando a sé l ufficio di senatore di Roma, favorì i suoi consanguinei e accrebbe la fortuna della famiglia. Proprio per il suo comportamento meritò un posto nell inferno dantesco nel girone dei simoniaci, dove pronuncia le seguenti parole (Inferno, XIX, vv ): e veramente fui figliuol de l orsa, cupido sì per avanzar li orsatti, che sù l avere e qui me misi in borsa. Di questo suo amore per il lusso la città di Roma trasse un enorme profitto e in particola- 175
8 176 re la residenza del Vaticano. Si devono al suo mecenatismo i quadri che rappresentano tutti i papi che occuparono il soglio pontifico prima di lui, l ampliamento del palazzo vaticano e la costruzione dei rinomati giardini. Inoltre fece ristrutturare la basilica lateranense. Il terzogenito di Matteo Rosso il Grande, Rinaldo, ebbe la signoria di Monterotondo, da dove potè controllare da vicino la politica romana. Con lui si afferma questo ramo del casato Orsini, che conta almeno tre senatori di Roma, e diversi uomini d arme, tra i quali si ricordano nel Trecento Francesco, al servizio dei Fiorentini; nel Quattrocento Orso, Giordano (al quale è dedicato lo splendido monumento funebre nella chiesa di Santa Maria, a Monterotondo), Lorenzo, al servizio di diversi stati italiani. Numerosi anche gli ecclesiastici, come Giovanni Battista, creato cardinale nel 1483, oppositore di papa Innocenzo VIII e soprattutto di Alessandro VI (Borgia), che lo fece eliminare in quanto uno degli organizzatori della congiura della Magione; altro cardinale importante fu Franciotto, vissuto al tempo di Leone X (Medici). Sicuramente comunque il personaggio più importante del ramo Orsini di Monterotondo è una donna, Clarice ( ), che andò in sposa a Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze. Gli Orsini dominarono a Monterotondo fino al 1640, quando ne cedettero il territorio ai Barberini. Tornando alla famiglia degli Orsini in generale, si può affermare che dopo la crisi che colpì Roma, causata allo scisma d occidente ( ) e al trasferimento della sede papale ad Avignone, gli Orsini trovarono numerosi feudi nel Regno di Napoli e la dinastia iniziò a ramificarsi: nacquero tra gli altri i principi di Taranto, i conti di Lecce, i duchi di Amalfi, i principi di Scandriglia, gli unici Orsini esistenti ancora oggi. I conti di Nola si estinsero infatti nel 1640, e nel 1650 si estinsero quelli di Monterotondo. Il periodo cruciale della storia della casata Orsini va dal pontificato di Martino V ( ) a quello di Alessandro VI ( ). Sotto il pontificato di Giulio II gli Orsini strinsero la pax romana con i Colonna, ripresero i loro beni, e il capofamiglia insieme a quello della famiglia Colonna venne eletto principe assistente del soglio pontificio. Nel corso del Cinquecento consolidarono la loro fama di abili condottieri a servizio della Francia e della Spagna e dello Stato Pontificio. A Renzo dei Ceri venne affidata da Clemente VII la difesa di Roma dai Lanzichenecchi nel 1527 che, nonostante il suo impegno e il suo talento di condottiero, non impedì agli invasori di saccheggiare la città. Nel corso del Seicento la famiglia attraversa un periodo di crisi economica ed è costretta a vendere diverse residenze, alcune delle quali, però, vennero in seguito riacquistate, come per esempio Teatro Marcello. Clemente XI ( ) rinnova sia agli Orsini che ai Colonna la carica di assistenti al soglio pontificio, che verrà ereditata dai discendenti delle rispettive famiglie per oltre due secoli. Nel 1724 viene eletto il terzo papa appartenente alla dinastia Orsini con il nome di Benedetto XIII ( ). Egli riconfermò quanto detto da Clemente
9 XI nella bolla Unigenitus, e dichiarò inoltre regole di fede i suoi contenuti. Si deve a lui anche la canonizzazione di Giovanni della Croce e Luigi Gonzaga. In occasione del giubileo del 1725 venne aperta la gradinata di piazza di Spagna. Gli Orsini vennero nuovamente riconfermati da Benedetto XIV ( ) a principi assistenti del soglio pontificio, privilegio che mantennero fino agli anni 50 del 900. Pian piano la famiglia Orsini perse il suo fasto e dal 20 settembre del 1870 (annessione dello stato della Chiesa al Regno d Italia) venne iscritta tra le famiglie nobili romane non più in grado di rimanere ai vertici: talvolta infatti furono solo matrimoni combinati a tenerli in auge, come quello tra Domenico e Maria Luisa di Torlonia. Poi la famiglia Orsini perse anche il titolo di principi assistenti al soglio pontificio, onore che andò ai Torlonia, quando Filippo Napoleone, dopo aver tentato il suicidio a causa di una relazione con l attrice inglese Belinda Lee, ed essere stato rinchiuso da sua moglie Francesca Bonaccossi, sostenuta dal Vaticano, in una clinica psichiatrica per salvare il buon nome della casata, recitò accanto della sua attrice in un film su Lucrezia Borgia. Colonna I Colonna sono una nobile famiglia romana che discende dai conti di Tuscolo, più precisamente da Pietro, figlio del conte Gregorio, che aveva assunto l appellativo de columna, da cui si origina il cognome, dal castello di sua proprietà situato sui colli Albani. Questa famiglia ebbe un importante ruolo a Roma tra la fine del XII secolo e l inizio del XIII: era infatti una grande potenza a livello regionale e cittadino. Influenzarono a lungo l operato della Chiesa di Roma intervenendo anche nell elezione dei papi. Dalla metà del 200 si occuparono invece della politica di Roma, sostenendo la candidatura di Oddone come senatore della città. Divennero nemici della famiglia Orsini, altra nobile famiglia romana, per il controllo della città eterna. I Colonna dominavano la zona compresa tra i Mercati di Traiano e le Pendici del Quirinale fino a Campo Marzio. I figli di Oddone ricoprirono diverse cariche politiche (Giovanni venne eletto più volte senatore), ed ecclesiastiche (Giacomo divenne cardinale e la sua posizione gli permise di finanziare i lavori per la realizzazione di uno dei mosaici di Santa Maria Maggiore che è diventato la massima celebrazione della famiglia). In seguito lo stesso Giacomo e suo nipote Pietro, anch egli cardinale, parteciparono all elezione di papa Bonifacio VIII. Successivamente il Santo Padre li fece scomunicare e li espropriò a causa del loro sostegno a favore della politica, ostile a quella papale, di Filippo il Bello. Nel 1303 i due cardinali vennero vendicati da un altro membro della famiglia Colonna, Giacomo detto Sciarpa, che oltraggiò il papa dandogli uno schiaffo. La famiglia Colonna, ancora rivale della famiglia Orsini, tornò ai suoi splendori dapprima con Stefano, che fu anche più volte senatore di Roma e vicario imperiale, e in seguito con l elezione al papato nel 1417, durante il concilio di 177
10 178 Costanza, con il nome di Martino V, di Oddone, che fin dal 1405 era stato canonista e cardinale e sosteneva la supremazia dei papi sui concilii. Presiedette quindi il concilio che lo aveva eletto, proseguito con la condanna a morte di Huss e Girolamo da Praga e la censura degli scritti, considerati eretici, di Giovanni Wicleff. Tornato a Roma papa Martino si occupò di rendere lo stato pontificio più sicuro, ristabilendo i magistri viarum che ripulirono le strade dai malviventi, e la città di Roma più bella, facendo restaurare le chiese da artisti come Masaccio e Gentile da Fabriano. Durante il suo dominio lo Stato pontificio apparve riunito sotto una forte monarchia unitaria, attraverso la centralizzazione a Roma dei municipi e delle province, prima governate autonomamente. Per realizzare questa restaurazione politica egli si servì di alcuni membri della sua famiglia, ai quali vennero dati alcuni feudi importanti da amministrare, e che vennero coinvolti in numerosi matrimoni di interesse. Questo periodo di benessere della famiglia Colonna continuò a lungo: essi portarono avanti la loro tradizione di mecenati e umanisti: tra questi è opportuno ricordare anche una donna, Vittoria, una delle prime poetesse italiane, nonché figura di spicco della cultura del nostro paese in generale, che negli ultimi anni della sua vita (dopo essere rimasta vedova di Ferrante d Avalos, Marchese di Pescara, morto in seguito alle ferite riportate nella battaglia epocale di Pavia del 1525) rimase legata con una profonda amicizia a Michelangelo, attestata, tra l altro, anche da una fitta corrispondenza epistolare. I Colonna vantano anche numerosi uomini d arme: si annoverano infatti parecchi condottieri appartenenti a questa casata (basti pensare, ad esempio, a Prospero Colonna, attivo nel XVI secolo), in particolare al servizio del Regno di Napoli, dove la famiglia mantenne fino al 1778 la carica di Conestabile. In questo clima favorevole di serenità vennero messe da parte anche tutte le ostilità nei confronti della famiglia Orsini: i capi delle rispettive famiglie vennero eletti Principi assistenti al Soglio Pontificio dal papa. Membri della famiglia Colonna parteciparono alle principali battaglie che si svolsero in Italia nel XVI secolo. Inoltre nella battaglia di Lepanto (1571) l ammiraglio pontificio Marcantonio Colonna guidò la propria nave alla vittoria della Lega Santa contro i Turchi. I rapporti tra la famiglia Colonna si erano ormai definitivamente stabilizzati tanto che numerosi loro rappresentanti vennero eletti vescovi e cardinali e inoltre venne concesso alla casata il titolo, che mantengono tutt ora, di Principi assistenti al Soglio Pontificio Il casato pian piano si divise in diversi rami e si unì poi con altre importanti famiglie, come i Barberini, per esempio. I Colonna, sotto la pressione di Pio VIII, furono la prima nobile famiglia romana ad abbandonare i propri feudi. In seguito ebbero un importante ruolo anche nella politica italiana: Prospero fu per tre volte sindaco della città eterna mantenendo una politica moderata e filoclericale. Dopo di lui anche suo figlio, Pietro, durante il ventennio fascista fu governatore dell Urbe.
11 La famiglia avrebbe dovuto ormai estinguersi dopo la morte di Enrico, avvenuta nel 1898, poiché la figlia Maria sposò Luigi Sacchetti, ma uno dei suoi nipoti, Maffeo, riprese il cognome di Enrico e continuò cosi la discendenza. Capocci I Capocci sono una nobile famiglia di origine viterbese, di cui fin dal XII secolo si hanno notizie a Roma: precisamente nel 1195 Giovanni Capocci è senatore della città eterna. Anche suo figlio Giacomo ricoprì importanti cariche sotto i papi Onorio III e Gregorio IX. Nel 1244 uno dei Capocci, Pietro, venne eletto cardinale. Importante è la decisione di Pietro di donare gran parte delle sue ricchezze per la costruzione di un ospedale dove curare i malati affetti dal fuoco di Sant Antonio. Altri illustri appartenenti alla casata Capocci sono Angelo, che fu capitano del popolo nel 1267, e Nicolò, cardinale e legato del papa presso il re di Francia. Ebbero delle proprietà a Nomento e a Monte Gentile situati lungo la via Nomentana. Nel 1425 papa Martino V, della famiglia Colonna, iscrisse la famiglia Capocci al patriziato romano, nonostante Lello Capocci fosse stato decapitato durante il concilio di Costanza, presieduto dallo stesso papa Martino V, con l accusa di aver congiurato per consegnare Roma alla regina di Napoli. Il casato si estinse dopo varie ramificazioni. Savelli I Savelli sono una famiglia antichissima, le cui origini si perdono nella leggenda. Secondo alcuni studiosi i papi Benedetto II e Gregorio II, vissuti tra i secc. VII e VIII, appartennero a questo casato. Comunque il primo papa che sicuramente proveniva da questa famiglia è Eugenio II, vissuto nel IX secolo. Alcuni suppongono che i Savelli provenissero dalla Germania. Nel 1178 troviamo un Giovanni Savelli signore di Albano, città dominata da tale casato per quattro secoli, con l infeudamento sancito da papa Onorio IV (Giacomo Savelli). Nel XII sec. la famiglia rappresentò il patriziato di Roma con Aimerico da Sabello. Nel XIII sec. suo figlio Cencio divenne papa nel 1216 con il nome di Onorio III, famoso per aver approvato la regola di San Francesco d Assisi con la bolla pontificia Solet annuere. Il nipote di Onorio III, Luca Savelli, senatore di Roma e primo maresciallo di Santa Romana Chiesa, estese notevolmente il potere della famiglia: in buoni rapporti con Federico II, acquisì come feudo alcuni territori in Sabina. Nel 1285 suo figlio Giacomo divenne papa con il nome di Onorio IV, accrescendo ulteriormente la potenza del proprio casato, che assieme agli Orsini, ai Frangipane e ai Colonna, divenne uno dei più importanti di Roma. I Savelli continuarono ad essere protagonisti della storia anche nei secoli successivi, con diverse personalità eccellenti del mondo ecclesiastico (tra cui alcuni cardinali) e militare, come il famoso condottiero Giovan Battista, Capitano delle truppe pontificie sotto Paolo III, nel XVI sec. Un comune della Calabria ne porta nome e lo 179
12 stemma, dal momento che la principessa Carlotta Savelli nel Seicento regalò il proprio feudo ad alcuni terremotati costretti a fuggire dalle loro terre. La famiglia si estinse nel 1512 con Giulio, ad eccezione del ramo cadetto dei Giannuzzi Savelli, presenti in Italia meridionale. Salviati Il primo personaggio storicamente documentato come appartenente alla famiglia è Cambio di Salvi, priore e gonfaloniere di giustizia a Firenze nel Alcune fonti comunque citano come capostipite Gottifredo, vissuto nel XII secolo. Secondo una parte degli studiosi, prima del Mille i Salviati avrebbero avuto un altro nome, Caponsacchi, cambiato per ragioni politiche: sarebbero stati infatti una famiglia ghibellina che da Fiesole dovette trasferirsi a Firenze, in un epoca in cui essa era in mano ai guelfi. Dediti all attività bancaria ed al commercio della lana, furono una delle famiglie più importanti di Firenze, un quartiere della quale addirittura prende il nome da loro (Salviatino): essi ricoprirono moltissime cariche nella repubblica di questa città, annoverando addirittura 63 priori, 21 gonfalonieri e 6 alti prelati. Dopo una iniziale ostilità nei confronti dei Medici (culminata nel coinvolgimento di un membro della famiglia, l arcivescovo Francesco, nella congiura dei Pazzi), con il consolidarsi della signoria di questi, nel XVI i Salviati si imparentarono con loro, facendo sposare Jacopo con Lucrezia, figlia di Lorenzo il Magnifico. Nonostante alcuni membri della famiglia, come Jacopo stesso, continuassero ad essere avversi allo strapotere dei Medici (soprattutto nel momento in cui essi controllavano anche lo stato della Chiesa, con papa Leone X), per l iniziativa di Averardo Salviati i due casati allacciarono diversi rapporti commerciali e politici tra loro. 180 Del Bufalo La famiglia Del Bufalo discende da un ramo dei Cancellieri, originari di Pistoia, che vivevano a Roma fin dal Duecento. Il capostipite di questa casata è Bufalo di Cencio e i suoi successori si denominarono Del Bufalo proprio in sua memoria. Si deve a questa famiglia, ed in particolar modo ad Ottavio che iniziò i lavori, la costruzione della Chiavica del Bufalo, un sistema di fognature sotto via del Corso a Roma. In seguito la casata assunse un secondo cognome, Della Valle, grazie al matrimonio tra Ottavio Benedetto e Romobera della Valle, ultima discendente della sua famiglia. Barberini La famiglia Barberini è originaria della Val d Elsa (dove pare che inizialmente si chiamasse Tafani), ma è presente a Roma dal 1530, quando Antonio vi si trasferì da Firenze, dove si era instaurata nuovamente al potere la famiglia De Medici, a lui ostile. A Roma non trovò la salvezza il povero Antonio, che venne assassinato da un sicario di Cosimo De Medici, ma attraverso suo nipote iniziò un periodo di splendore della casata. Suo nipote Francesco infatti divenne
13 protonotaro apostolico e tesoriere pontificio, e aprì le strade per Maffeo Barberini, che, dapprima nunzio apostolico, successivamente venne nominato cardinale e vescovo di Spoleto, e poi nel 1623 eletto papa, con il nome di Urbano VIII. Egli ebbe un importante ruolo diplomatico durante la guerra dei Trent anni, favorì la fondazione del Collegio Urbano de Propaganda Fide, e fu un grande mecenate. Risale a lui, ad esempio, la commissione del baldacchino bronzeo situato nella Basilica di San Pietro eseguito dal Bernini. In occasione della realizzazione di quest opera il papa ordinò di prendere il bronzo necessario togliendolo dal pantheon e per questo la statua del Pasquino disse: Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini. Il papa venne più volte segnalato per il suo accentuato nepotismo che portò la famiglia ad arricchirsi notevolmente: suo fratello Antonio venne eletto cardinale, fece costruire a Roma la chiesa di Santa Maria della Concezione, l altro fratello Carlo ebbe importanti mansioni nello Stato della Chiesa. I figli di Carlo ebbero numerose gratificazioni: Antonio venne nominato cardinale, camerlengo e legato; Taddeo ebbe il titolo di Principe di Palestrina e ricoprì l incarico di prefetto di Roma. Grazie alle ricchezze accumulate i Barberini acquistarono numerosi territori tra i quali Monterotondo (dove attuarono un intensa attività edilizia, culminata con la costruzione del Duomo nel 1639) e Montelibretti. La ricchezza di questa famiglia gravava comunque sui cittadini romani, che si trovarono a pagare pesanti tasse, le quali, insieme ai proventi dei vari Giubilei emanati e alle indulgenze vendute, sanarono i conti dello stato pontificio. I Barberini volevano poi impossessarsi del ducato di Castro e Ronciglione di proprietà di Odoardo Farnese, che riuscì a difendersi dall assalto delle truppe di Taddeo e, dopo essere stato scomunicato, marciò con le sue truppe verso Roma, dove sconfisse l esercito pontificio: in seguito a questa sua vittoria gli venne tolta la scomunica. Successivamente alla morte di Urbano VIII venne eletto papa Innocenzo X, che aprì un inchiesta sui Barberini, i quali, dopo aver subito la confisca dei loro possedimenti, si rifugiarono in Francia sotto la protezione del cardinale Mazzarino, grazie al quale riuscirono poi a ritornare a Roma e a riavere tutti i loro beni. Nella generazione successiva ci furono altri cardinali, poi la casata iniziò a ramificarsi per mancanza di eredi maschi e ad unirsi con altre importanti famiglie romane, come i Colonna. Grillo I Grillo sono una famiglia ligure, che annovera diversi personaggi che si resero celebri nelle armi e nelle lettere. Fu legata soprattutto alla città di Genova, ma tuttavia trae le proprie origini dall Umbria, precisamente da Gubbio, dove sono attestati da documenti del XI secolo: il capostipite è Pietro, che nel 1070, assieme alla moglie Maria fece una donazione alla cattedrale eugubina. Una leggenda comunque afferma che essi discendessero da uno dei cavalieri che nel secolo precedente accompagnarono in Italia l imperatore tedesco Ottone. 181
14 182 Tornando ai documenti storici, troviamo Paolo Benedetto capitano dei crociati eugubini nel 1091, Giovanni Paolone capitano dell Imperatore Federico Barbarossa nella guerra contro Milano, e successivamente fra i crociati che conquistarono Gerusalemme assieme a Goffredo di Buglione. La famiglia appare tra le più importanti di Gubbio per tutto il XII secolo, mentre nel successivo un ramo della famiglia si trasferì a Cagli, nell attuale regione delle Marche, dove occuparono cariche politiche di rilievo. La famiglia Grillo vanta quattro cardinali e quattro ammiragli della flotta genovese. È diffusa nel nord, nel centro e nel sud dell Italia. Parlando nello specifico di Monterotondo, i Grillo di Genova sostituirono i Barberini nella signoria della città nel 1699, acquisendone il feudo. La memoria della loro dominazione rimane in alcuni toponimi locali come Osteria del Grillo e Ponte del Grillo. Essi promossero attraverso la figura di Francesco il restauro del Duomo, probabilmente in seguito ai danni causati dal grave terremoto che colpì la città nel Il figlio Domenico Maria inizialmente vendette nel 1723 Monterotondo a Federico Maffei Borromeo, che a sua volta glielo restituì alle medesime condizioni economiche. Dopo questo problematico avvio, il dominio di Domenico Maria fu in realtà piuttosto lungo e importante, perché in questo periodo Monterotondo venne indirettamente coinvolta nella guerra di Carlo III di Borbone per la conquista del Regno di Napoli: il Grillo infatti, poiché era legato agli spagnoli, ospitò a Monterotondo lo stesso Carlo, figlio di Filippo V, durante la sua discesa vittoriosa verso la città partenopea. Da Monterotondo Carlo III lanciò il 14 marzo del 1734 un proclama nel quale spiegava i motivi della propria impresa. Durante la guerra di successione austriaca ( ) Monterotondo fu occupata da 1000 ussari delle truppe imperiali guidate dal principe di Lobkowitz: fu allora che per poter attraversare il Tevere fu costruito un ponte, che ancora oggi è chiamato Del Grillo. Dopo che Domenico Maria morì nel 1756, i suoi successori (Nicoletta, Scipione) non ebbero un dominio altrettanto lungo e importante. Nel 1777 il feudo (che comprendeva Monterotondo e Tor Mancina) fu ceduto ai Grillo di Mondragone, che lo tennero fino al 1814, quando venne venduto ai Boncompagni Ludovisi. Boncompagni Ludovisi Sono una storica famiglia romana che discende da Boncompagno, i cui fratelli combatterono nella prima crociata nel Il figlio fu signore di Assisi e i nipoti duchi di Spoleto. La famiglia si trasferì poi a Bologna, dove fu una delle più importanti nella magistratura. I Boncompagni iniziarono a venire saltuariamente a Roma grazie ai senatori Carlo e Trailo. Poi si stabilirono definitivamente nella città santa con Cristoforo, che si sposò con Angela Marescalchi. Dalla loro unione nacque Ugo, che salì al soglio pontificio con il nome di Gregorio XIII nel Il pontificato di Ugo fece la fortuna della famiglia Boncompagni. Egli nominò cardinale suo nipote Filippo, al quale assegnò incarichi ammini-
15 strativi; Cristoforo venne nominato arcivescovo di Ravenna; nominò Jacopo, il figlio che aveva avuto prima di prendere gli ordini, castellano di Castel Sant Angelo e comandante delle truppe pontificie: egli, dopo aver sposato la contessa Costanza Sforza di Santa Fiora, ebbe numerosissime proprietà, tra le quali il ducato di Sora e Arce. Gregorio XIII era inizialmente animato da un forte spirito ecumenico, che venne messo in discussione dalla reazione da lui avuta dopo la notte di San Bartolomeo del agosto A lui si deve la riforma del calendario: vennero infatti tolti 10 giorni considerati in eccesso. Venne adottato da quasi tutti gli stati entro il 1700 ed è quello che ancora oggi viene utilizzato. Proseguirono la dinastia cinque cardinali e due comandanti delle milizie spagnole, Gregorio e suo figlio Ugo. Gregorio II nel 1681 sposando Ippolita procurò alla famiglia il secondo cognome, Ludovisi, e alcuni titoli e proprietà. In seguito il casato si ramificò un po attraverso vari matrimoni. Nel 1861 Antonio Boncompagni, di idee liberali, che durante il pontificato di Gregorio XVI si era allontanato da Roma e vi tornò sotto quello di Pio IX, venne eletto senatore del Regno di Italia. Importante è il ruolo di governatore di Roma dal 19 settembre 1928 al 23 gennaio 1935 di Francesco, sotto il quale vennero compiuti numerosi lavori nella città: venne rinnovata l area di piazza Augusto Imperatore; venne aperta la via dell impero; furono creati numerosi ospedali come il Ramazzini, il Regina e il Littorio (l odierno San Camillo); vennero ultimate alcune borgate come San Basilio e Prenestino. Bibliografia G. ALVINO, Via Salaria, Roma 2004, pp A. CARBONARA, G. Messineo, Via Nomentana, Roma 1996, pp G. CARPANETO, Le famiglie romane, Roma C. CRISTALLINI, Grotta Marozza, in AA.VV., Monterotondo e il suo territorio, Bari 1995, pp S. DEL LUNGO (a cura di), Toponomastica archeologica della provincia di Roma, s.v. Grotta Marozza, Vol. I, Roma 1996, p A. NIBBY, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de dintorni di Roma, Tomo II, Roma 1837, pp C. PALA, Nomentum, Roma 1976, pp. 8, 18, 117. C. RENDINA, Le grandi famiglie di Roma, Voll. I-II, Roma M. SALVADORI (a cura di) Enciclopedia di Repubblica, voll. IV e V. G. TOMASSETTI, La campagna romana antica, medievale e moderna, Edizione a cura di L. CHIUMENTI, F. BILAN- CIA, Vol. VI, Firenze 1979, pp
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