UNA STORIA DELLA TRAZIONE ELETTRICA IN ITALIA

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1 Boll.Ing. n :04 Pagina 3 UNA STORIA DELLA TRAZIONE ELETTRICA IN ITALIA Enrico MINGOZZI Negli ultimi venti anni del 1800, venne iniziato l impiego dell energia elettrica per la trazione, grazie ai vantaggi rispetto alla trazione a vapore, sia ambientali specialmente nelle gallerie, sia economici per le nazioni senza risorse minerarie. Le prime applicazioni furono tranviarie con il sistema a corrente continua a 600 Volt. L Italia era particolarmente interessata per la mancanza di carbone e la presenza di montagne e all inizi del 900 adottò il sistema più promettente al momento cioè la trazione trifase a 3600 V, elettrificando le principali linee liguri-piemontesi e i più importanti valichi. Successivamente in Europa si affermarono altri sistemi a corrente alternata monofase e a corrente continua a tensione più elevata 3000 V, che fu adottato anche in Italia a partire dagli anni 30. lo sviluppo dell elettronica di potenza e di segnale ha permesso di sviluppare azionamenti per la trazione sia per sistemi a corrente alternata e a corrente continua, che hanno consentito di aumentare la potenza specifica e la flessibilità dei mezzi di trazione. È stato possibile realizzare mezzi in grado di circolare su linee elettrificate con sistemi diversi e quindi atte a circolare indifferentemente in tutta l Europa. Parole chiave: elettrotecnica, elettronica di potenza, trasporti, trazione elettrica, locomotive, ferrovia LE ORIGINI Lo sviluppo delle ferrovie nella seconda metà dell ottocento ha avuto come fattore determinante la locomotiva a vapore, che ha permesso di affrontare percorsi lunghi e impegnativi, che non potevano essere concepiti con la trazione a cavalli dei primordi. Tuttavia verso la fine del secolo si cercò di utilizzare anche l energia elettrica e il primo esperimento pubblico di trazione elettrica è quello famoso di Siemens alla Fiera di Berlino del Si trattava di un sistema a corrente continua che utilizzava le rotaie come conduttori di alimentazione e un motore a collettore per la trazione. La trazione elettrica ebbe quindi un rapido sviluppo nei trasporti urbani, dove non era possibile utilizzare la trazione a vapore e dove il tram elettrico soppiantò rapidamente il tram a cavalli. Firenze è ricordata come la prima città italiana che realizzò il tram elettrico per il collegamento con Fiesole (ma anche la prima eliminarli totalmente). Le motivazioni che spingevano e spingono tuttora all impiego della trazione elettrica in ferrovia, sono essenzialmente: problemi ambientali, connessi con l emissione di gas di scarico, decisamente più gravi nel caso di trazione a vapore, ma importanti anche per la trazione diesel, specialmente nei centri urbani o nei percorsi con molte gallerie problemi di trazione, connessi con forti salite e con forti carichi, presenti specialmente in montagna, dove spesso si uniscono alla presenza di gallerie anche molto lunghe problemi economici, legati alla disponibilità e al costo dei combustibili problemi d esercizio, quando si richiedono frequenti e rapidi avviamenti o alte velocità, quando quindi è necessaria un elevata concentrazione di potenza per unità di massa Naturalmente dal punto di vista economico, la convenienza si verifica se le ingenti spese di installazione degli impianti fissi sono compensate dai risparmi sulla spesa di esercizio e quindi se l intensità di traffico è sufficientemente elevata. È chiaro che la presenza di risorse idrauliche ha giocato un ruolo determinante per lo sviluppo delle elettrificazioni, soprattutto nei paesi che non avevano giacimenti di combustibile, sia perché costituiva un indipendenza energetica (carbone bianco), sia perché le risorse idroelettriche erano per lo più in montagna ove sono presenti anche le linee più difficili, sia per l acclività che per la presenza delle gallerie. Lo sviluppo della tecnologia elettrica dell epoca comportava uno stretto connubio fra i motori impiegati per la trazione, essenzialmente motori a collettore e motori a campo rotante, e le caratteristiche della rispettiva linea d alimentazione e persino della produzione dell energia elettrica per la trazione. Si parlava quindi di sistemi di trazione nel loro complesso fra loro ben differenziati e incompatibili: sistema a corrente continua, a corrente alternata monofase e a corrente alternata trifase. Solo i più recenti sviluppi tecnologici hanno permesso di rendere indipendenti la tipologia dei motori da quella della linea. Sul piano tecnico gli sviluppi iniziarono con sistemi a corrente continua, perché presentavano buone condizioni di funzionamento dei generatori e dei motori, a collettore, sia pure con tensioni piuttosto modeste e quindi inadatte alla trasmissione su più lunghe distanze come quelle ferroviarie. L impiego di tensioni in linea più elevate sarebbe stato possibile solo utilizzando corrente alternata monofase, che avrebbe consentito l uso poi di trasformatori a bordo dei treni per ottenere una tensione compatibile con i motori: tuttavia i motori a collettore alimentati a corrente alternata presentavano difficoltà di funzionamento insuperabili. Soltanto più tardi, con gli studi di Behn-Eschenburg, che nel 1904 mise a punto e brevettò il sistema di compensazione della tensione trasformatorica del motore monofase a collettore eccitato in serie, fu possibile rendere accettabile il funzionamento di questi motori sia pure a frequenza ridotta e con residuo scintillio. L altra possibilità era il motore ad induzione a campo rotante, che si presentava come molto robusto e alimentabile direttamente con tensioni elevate, ma era necessaria una linea d alimentazione trifase costruttivamente complessa, che richiedeva almeno due fili aerei di contatto fra loro isolati, mentre il terzo poteva essere aereo, ma nelle applicazioni definitive era costituito dalle rotaie. Le prime applicazioni furono nel 1896 con il tram di Lugano (Brown-Boveri), nel 1898 il tram di Evian (Ganz). Il N

2 Boll.Ing. n :04 Pagina 4 sistema, che prevedeva una tensione compresa fra 500 e 700 V, fu felicemente applicato da Brown-Boveri nelle ferrovie di montagna a cremagliera, dove permetteva anche il recupero automatico in discesa: nel 1898 nelle spettacolari ferrovie del Gornergrat e della Jungfrau e nel 1910 in quella del Corcovado a Rio de Janeiro. Queste tre ferrovie sono ancora in servizio e sono le uniche ancora con il sistema trifase. LA PRIMA ELETTRIFICAZIONE IN ITALIA L'Italia è stata fra le prime nazioni in Europa ad affrontare già nel 1897 il problema di sostituire, anche nelle ferrovie, la trazione elettrica a quella a vapore. Di conseguenza il Governo incaricò le due società private concessionarie: la Rete Adriatica e la Rete Mediterranea di eseguire gli studi ed esperimenti per la scelta del sistema più adatto per la trazione elettrica. Entrambe iniziarono con un esperimento con automotrici ad accumulatori, rispettivamente sulla Bologna - S. Felice ( ) e sulla Milano - Monza ( ), con vetture della potenza di 30 cavalli e velocità massima di 60 Km/ora. Oggi appare evidente come la trazione ad accumulatori non potesse essere una soluzione vincente per la ferrovia. Bisogna tuttavia considerare che alla fine dell'ottocento era difficile immaginare la trazione elettrica come autentica alternativa al vapore, per ogni applicazione ferroviaria. Il sistema ad accumulatori richiedeva minime infrastrutture a terra e poteva utilizzare motorizzazioni tipicamente "tranviarie", già abbastanza consolidate: era pertanto legittimo pensare di sperimentarlo nel particolare campo dei trasporti vicinali. Come si vede però l esperimento ebbe vita molto breve, ma non fu l unico tentato dalle due Reti. Nel 1901 la Rete Mediterranea attivò l esperimento col sistema a corrente continua 650 V. terza rotaia sulle linee Varesine: Milano-Gallarate-Varese-Porto Ceresio con elettromotrici di potenza 60 cavalli e velocità massima 60Km/ora. Il sistema ebbe buoni risultati e le necessità del traffico sulle linee Varesine portarono nel 1923 anche alla costruzione di locomotori per rimorchio treni: le locomotive del gruppo E.321 (Fig. 1) della potenza di 1630 cavalli e velocità massima 95 Km/ora L'unica locomotiva a terza rotaia superstite, la E , è ospitata nel Museo della scienza e della tecnica "Leonardo da Vinci" di Milano. Il sistema a terza rotaia non aveva particolari controindicazioni, se non quelle legate alla necessità di proteggere la terza rotaia dai contatti accidentali, e ben si adattava al servizio "metropolitano" come quello delle linee varesine (e quello delle linee napoletane alle quali in seguito fu esteso), ma non a servizi più impegnativi sulle linee difficili di montagna. Non ebbe quindi diffusione, ma rimase fino al 1950, quando la sua eliminazione fu suggerita essenzialmente da esigenze d uniformità del parco e le elettromotrici furono modificate adattando gli equipaggiamenti elettrici per 3000 V. Viceversa la Rete Adriatica sottoscrisse nel 1899 un contratto con la Ganz di Budapest, diretta dal famoso von Kando, per un esperimento a corrente trifase 3000 V. 15 periodi sulle linee Valtellinesi, con l'intendimento di trovare un sistema in grado di sostituire in tutti i servizi, la trazione elettrica a quella a vapore: è la prima applicazione nel mondo di così vasta importanza della trazione elettrica. Nel corso del tempo la frequenza sarà poi portata a 16 2/3 hertz, pari a un terzo della nuova frequenza industriale, e la tensione a 3600 volt, che sono i valori che si è soliti indicare per il sistema trifase italiano classico. L esercizio pratico iniziò nel 1902, impiegando elettromotrici con potenza 620 cavalli e velocità di regime di Km/ora e locomotive del gruppo E.34 a 4 assi motori. Visti i primi ottimi risultati, furono ordinate dalla Rete Adriatica nuove locomotive, a tre assi motori accoppiati e con due assi di guida portanti inseriti con lo schema dei carrelli italiani, che già avevano dato ottimi risultati nelle locomotive a vapore, che costituirono i gruppi E.36 ed E.38, con potenza 1250 cavalli e con tre velocità di regime Km/ora, utilizzando due motori con differente numero di poli, collegati in cascata o singolarmente uno per volta. È noto che con questo sistema, le velocità di regime ottenibili erano pressoché corrispondenti alle velocità di sincronismo dei motori. L avviamento e il passaggio fra le varie velocità si otteneva inserendo nel circuito di rotore il reostato, che era normalmente il classico ad acqua sodata che produceva il caratteristico pennacchio di vapore. Nel 1905 subentrarono le Ferrovie dello Stato, che continuarono lo sviluppo del trifase, convincendo anche le Ferrovie Federali Svizzere ad elettrificare con questo sistema la nuova galleria del Sempione, aperta nel 1906, e a questo scopo prestarono loro le locomotive E.36 della Valtellina (Fig. 2), fino alla fornitura alle FFS di nuove locomotive fornite da Brown Boveri. L'ottimo risultato avuto sulle linee Valtellinesi indusse ad estendere con la massima sollecitudine la trazione elettrica trifase alle linee di valico a grande traffico. L'elettrificazione della linea dei Giovi risolse il problema ferroviario del porto di Genova e analogamente per il difficilissimo valico del Frejus. Con l'elettrificazione dei valichi di Genova, Savona e del Frejus, la trazione trifase Fig. 1 - Locomotiva E 321 Fig. 2 - Locomotiva E 36 a Domodossola 4 N

3 Boll.Ing. n :04 Pagina 5 Fig. 3 - Locomotiva E 550 Fig. 4 - Locomotiva E 330 Fig. 5 - Locomotiva E 333 Fig. 6 - Locomotiva E 431 mostrò definitivamente la sua supremazia sul vapore e la sua vocazione alle linee di montagna, ma anche l utilità per le linee di pianura, diffondendosi in tutto il Piemonte e la Liguria. A distanza di un secolo, appare doveroso sottolineare la rilevanza mondiale sia dell'esperimento Valtellinese, sia delle successive applicazioni sui valichi. Per questi ultimi fu sviluppata la locomotiva a cinque assi accoppiati E.550, della potenza di 2040 cavalli e due velocità di regime Km/ora, con i due motori uguali e collegati rispettivamente in cascata o in parallelo, in grado di produrre l elevato sforzo di trazione necessario (Fig. 3). Per le esigenze dei treni viaggiatori vennero costruiti (1914) i locomotori a più grande velocità E.330, a tre assi motori accoppiati e due di guida, della potenza di 2700 cavalli e quattro velocità di regime 37, Km/ora (Fig. 4 e 5). L'E.330 non soltanto può essere considerata per l epoca, una macchina "a grande velocità", dato che raggiunge i 100 km/h, essa è anche la prima locomotiva trifase in cui il problema delle quattro velocità di regime è risolto in maniera razionale, cioè combinando opportunamente la variazione nel numero di poli dei motori, ricorrendo anche a quella del numero di fasi della corrente di alimentazione, mediante trasformatore Scott a bordo. LA TRAZIONE ELETTRICA IN EUROPA Come già riportato, la trazione elettrica ferroviaria in Europa si articolò in numerosi esperimenti, fra cui è significativo quello di Siemens e AEG in Germania che raggiunse su un tratto sperimentale trifase con una speciale elettromotrice i 210 km/h nel 1903, ma il primo stato ad impegnarsi intensamente nell applicazione pratica della trazione elettrica fu l Italia, con il sistema trifase che appariva allora l unico utilizzabile praticamente e che fu inizialmente applicato anche in Svizzera. Tuttavia in Germania e in Svizzera continuarono gli studi sul sistema monofase, che pochi anni più tardi dimostrò la sua pratica utilizzabilità in Baviera e nella stessa Svizzera, definendo le caratteristiche del sistema a 15 kv e 16,7 Hz. Dal punto di vista tecnico infatti si doveva utilizzare una frequenza speciale per rendere tollerabile il comportamento dei motori a collettore, ma la elevata tensione in linea permetteva un buon trasferimento di potenza e il trasformatore con prese multiple consentiva una buona e facile regolazione della velocità. Questo diventò quindi il sistema standard dei paesi di cultura tedesca (Svizzera, Germania, Austria) e poi anche dei paesi Scandinavi. Anche la Francia era interessata a sfruttare le risorse idrauliche nei Pirenei, dove sperimentò in alcune tratte il sistema monofase, ma a seguito della prima guerra mondiale, decise di utilizzare un sistema diverso da quello dei tedeschi e solo nel sud e comunque di non elettrificare il nord della Francia. Il sistema adottato fu la corrente continua alla tensione di 1500 V, che i progressi delle macchine elettriche e delle apparecchiature avevano consentito di raggiungere. Lo stesso sistema adottò poi l Olanda. L ITALIA FRA LE DUE GUERRE Dopo la prima guerra mondiale le Ferrovie dello Stato proseguirono le elettrificazioni col sistema trifase nel triangolo ligure piemontese e sulle linee di valico, con la linea del Brennero di nuova acquisizione e sui valichi appenninici della Porrettana (Bologna-Firenze) e sulla Pontremolese fino a Livorno. L'elettrificazione delle linee di grande traffico rese necessaria la costruzione di locomotori a quattro assi accoppiati per treni viaggiatori pesanti. Nel 1922 gli Uffici Studi Locomotive di Firenze delle Ferrovie dello Stato misero a punto le locomotive E.431 (Fig. 6), della potenza di 2700 ca-

4 Boll.Ing. n :04 Pagina 6 valli con le velocità di regime 37, Km/ora e poi le E.432 (Fig. 7), con 3000 cavalli, che erano un capolavoro d elettrotecnica, con motori con complessi avvolgimenti che potevano realizzare tre diverse polarità su statore e rotore. Venne anche costruita una nuova serie potenziata di locomotive per merci E.554 a cinque assi tutti motori. Le E.432, insieme alle E.431 ed E.554, parteciperanno a tutta la successiva storia del sistema trifase, rimanendo in servizio fino alla definitiva conversione delle linee al nuovo sistema a corrente continua, che, via via rimandata dalla mancanza di risorse, si concluderà solo nel Infatti, il sistema trifase, che pur aveva consentito un grande sviluppo della ferrovia all inizio del secolo, presentava diversi inconvenienti, come le velocità obbligate, la frequenza di rete speciale, che richiedeva una serie di centrali e linee di trasmissione unicamente dedicate alla ferrovia, la linea di contatto molto complicata. Le Ferrovie cercarono quindi nuove soluzioni alternative. Sulla linea Roma-Sulmona nel 1927 si esperimentò la trazione elettrica ancora trifase, ma a frequenza industriale 45 Hz e Volt per il quale l Ufficio Studi Locomotive di Firenze progettò nuove locomotive E.470 ed E.472 (Fig. 8) per treni viaggiatori ed E.570 (Fig. 9) per treni merci. I risultati di quest esperimento non furono però incoraggianti: in realtà i benefici della frequenza industriale e della tensione più elevata non compensavano gli inconvenienti tipici della trazione trifase, come la complicazione della linea aerea e le velocità obbligate. Infatti questi erano sostanzialmente identici a quelli del sistema tradizionale a frequenza ferroviaria. L'intera rete a frequenza industriale fu distrutta durante la guerra e venne ricostruita a corrente continua, cioè con l altro sistema che fu sperimentato nello stesso periodo. Contemporaneamente, infatti, nel 1928, sulla linea Benevento-Foggia si attivò un esperimento con la trazione elettrica a corrente continua alla nuova tensione di 3000 volt, che i progressi nella costruzione delle apparecchiature rendevano ora possibile. Le sottostazioni fisse di conversione, infatti, poterono usufruire dei convertitori statici ai vapori di mercurio, mentre per i rotabili il già citato Ufficio Studi di Firenze progettò la parte meccanica di una nuova locomotiva a sei assi motori, mossi ciascuno da un motore a collettore con trasmissione ad ingranaggi, abbandonando così i motori a campo rotante e le trasmissioni a bielle. Per la parte elettrica furono invitate le primarie industrie del settore a progettare e fornire le proprie apparecchiature su un lotto di prototipi da sperimentare. Nacque così la locomotiva del gruppo E.626 a corrente continua 3000 V potenza 2000 kw e velocità massima 95 Km/ora (Fig. 10). L'esito molto positivo dell'esperimento sulla linea Benevento-Foggia, indusse ad adottare la trazione elettrica a corrente continua a 3000 volt per le ulteriori elettrificazioni. L Ufficio Studi delle FS definì quindi l equipaggiamento elettrico definitivo, scegliendo i componenti che aveva valutato migliori nel periodo sperimentale e fu avviata la costruzione in serie di queste locomotive.i motori a corrente continua eccitati in serie erano, infatti, molto elastici e di buon funzionamento, la regolazione della potenza e della velocità era ottenibile in maniera abbastanza soddisfacente collegando elettricamente i motori in diverse combinazioni (serie, serie-parallelo, parallelo) ottenendo così diverse tensioni d alimentazione (500, 1000, 1500 V per motore, quest ultima massima consentita). Per l avviamento e per il passaggio fra le varie combinazioni era necessario un reostato di adeguate caratteristiche e dimensioni, mentre ulteriori possibilità di regolazione dei motori poteva ottenersi con la regolazione del flusso di eccitazione (indebolimento di campo). Il sistema a corrente continua 3000 V fu adottato anche in Spagna, Belgio, Polonia, Cecoslovacchia e Unione Sovietica. Fig. 7 - Locomotiva E 432 Fig. 8 - Locomotiva E 472 Fig. 9 - Locomotiva E 570 Fig Locomotiva E N

5 Boll.Ing. n :04 Pagina 7 Fig Locomotiva E 428 Fig Locomotiva E 636 Nel 1934 venne realizzata la prestigiosa locomotiva E.428 (Fig. 11) per treni viaggiatori con potenza 2700 kw e velocità massima 130 Km/ora, che fu poi elevata a 150 km/h negli ultimi esemplari costruiti. Questa locomotiva utilizzava il più possibile elementi e componenti comuni con le E.626, realizzando così una importante standardizzazione particolarmente utile per la manutenzione e le scorte di ricambi. Nel 1940 venne messa in produzione una nuova serie di locomotive per uso universale E.636, che, utilizzando lo stesso equipaggiamento elettrico delle E.626 (Fig. 12) per il già citato principio di standardizzazione, presentava importanti innovazioni nella meccanica. Infatti la cassa era costituita da due semicabine articolate poggianti su tre carrelli a due assi ciascuno, secondo una schema rimasto classico per decenni sulla rete italiana. In questo modo fu possibile raggiungere la velocità massima di 120 km/h. L'E.636 è l'unica locomotiva, tra queste descritte, ad essere ancora oggi in servizio attivo, sia pure con un limitatissimo numero di esemplari ad esaurimento, grazie anche al fatto che venne costruita per un arco di tempo eccezionalmente lungo, fino al Per realizzare un sensibile miglioramento nel trasporto dei viaggiatori nel 1937 vennero progettate e costruite elettromotrici per servizi veloci e i famosi elettrotreni ETR.200 per i servizi rapidi con velocità massima 200 Km/ora (Fig. 13). Da ricordare che nel 1939 un elettrotreno di tipo normale in una corsa speciale effettuata il 20 luglio con viaggiatori a bordo, percorse la linea da Firenze a Milano in 1 ora e 55 minuti e raggiunse la velocità massima di Km/ora 203 conseguendo un primato mondiale, all'eccezionale media di 176 km/h sulla tratta da Lavino, alle porte di Bologna, fino a Milano Rogoredo, percorsa in 1 ora e 8 minuti (Fig. 14). Fig Elettrotreno ETR 220 Fig Diagramma del record di velocità 20 luglio 1939 N

6 Boll.Ing. n :05 Pagina 8 IL DOPOGUERRA Le locomotive a corrente continua degli anni Trenta, E.626 ed E.428 in particolare, rappresentarono una parte fondamentale del parco FS nei decenni successivi. Dalle E.636 poi, ultima evoluzione d'anteguerra, derivarono con successivi potenziamenti e miglioria i gruppi di locomotive elettriche E.646, fino alle ultime E.656 Caimano costruite fino agli anni Ottanta. Gli elettrotreni e le elettromotrici restarono in servizio fino agli anni Novanta, i primi attraverso successive trasformazioni in ETR.220, le seconde sostanzialmente immutate. In questo periodo furono anche costruiti i prestigiosi elettrotreni ETR.300 Settebello (Fig. 15) e in seguito gli ETR.250 Arlecchino oltre a nuove serie di elettromotrici. Negli anni Sessanta, con l elaborazione dei progetti in vista del primo programma ad alta velocità relativo alla nuova linea Firenze Roma, si ebbe un nuovo periodo di innovazione tecnologica paragonabile a quello d'anteguerra, con la realizzazione da parte dell Ufficio Studi di Firenze degli ultimi mezzi di trazione di tipo tradizionale integralmente da loro progettati. Nacquero così le potenti locomotive a quattro assi E.444 (Fig. 16), scherzosamente chiamate Tartaruga, della potenza di 4500 kw e velocità 200 km/h e le nuove elettromotrici per treni rapidi ALe 601 (Fig. 17). La rivoluzione successiva, connessa con l avvento dall'elettronica di potenza, portò la progettazione nell ambito dell industria, mentre oggi è sempre più difficile parlare di una scuola italiana e più corretto pensare a produzioni unificate su una più vasta scala europea. È fondamentale a questo proposito evidenziare il nuovo sviluppo realizzato in Francia nel dopoguerra: come già detto nel sud di quel Paese il sistema in uso era quello a 1500 V cc, che però si dimostrava insufficiente per ulteriori sviluppi e potenziamenti, mentre nel nord non vi erano elettrificazioni. A seguito degli eventi bellici, i francesi esaminarono una linea esistente nel territorio da loro occupato in Germania, nella Hollentahl, in cui era stato attivato un esperimento di elettrificazione monofase a 50 Hz 25 kv. Decisero quindi di sperimentarlo nelle linee del nord, dove era decaduto nel frattempo il divieto militare di elettrificazione. Inizialmente furono impiegate locomotive con convertitori rotanti tipo Ward-Leonard o mono-trifase, ma con l avvento dei raddrizzatori al mercurio compatti del tipo ignitroni da installare a bordo, fu possibile impiegare motori a corrente continua, ottenendo così un sistema semplice e performante, che ebbe rapida diffusione in tutto il nord della Francia e nei paesi che ancora non avevano avviato una significativa elettrificazione. I vantaggi principali sono: la facilità d alimentazione mediante collegamento alla rete industriale, l alta tensione in linea che consente di diradare le sottostazioni costituite da semplici trasformatori, l elevata potenza trasmissibile ai treni. Questi vantaggi lo hanno reso il sistema ideale per le nuove linee ad Alta Velocità fino a km/h. Gli inconvenienti più rilevanti sono i disturbi che i carichi monofase arrecano sulle linee trifasi industriali per effetto degli squilibri, e i disturbi indotti nelle linee di telecomunicazione e sui sistemi di segnalamento, per i quali si richiedono opportune protezioni. L ELETTRONICA NELLA TRAZIONE Nel campo della trazione elettrica le applicazioni dell elettronica, sia di potenza che di segnale, si sono sviluppate da circa quarant anni, infatti l apparizione di applicazioni di un certo rilievo può essere individuata nella seconda metà degli anni sessanta. Nelle considerazioni che seguono si farà riferimento soprattutto alle applicazioni ed esperienze fatte in Italia su rotabili alimentati a 3000 V cc. Elemento essenziale dell affermazione dell elettronica di trazione è stato lo sviluppo tecnologico dei semiconduttori impiegati nella parte di potenza e l incremento delle loro prestazioni, che hanno influenzato la tipologia dei convertitori e gli schemi in essi utilizzati. Essi hanno infatti seguito di pari passo lo sviluppo dei semiconduttori che Fig Elettrotreno ETR 300 Settebello Fig Locomotiva E prototipo con azionamento chopper Fig Elettromotrice ALE N

7 Boll.Ing. n :05 Pagina 9 via via rendeva realizzabili nuovi circuiti di conversione. Altrettanto importante è stato lo sviluppo dei sistemi di controllo dei convertitori e dei relativi semiconduttori nonché delle logiche di controllo dei motori, grazie anche all avvento dei microprocessori. Anche l evoluzione dei sistemi di raffreddamento dei semiconduttori ha contribuito a incrementare le prestazioni dei convertitori. Fig Convertitore 4 quadranti Fig Principio di funzionamento del Chopper Fig Schema di principio di un chopper Fig Schema di locomotiva a chopper (E E 633) Fig Inverter trifase LA TIPOLOGIA DEI CONVERTITORI Riguardo le tipologie dei convertitori, esistono tre grandi famiglie: i raddrizzatori semplici o controllati, convertitori alternata/continua, i chopper o frazionatori, convertitori continua/continua, gli inverter, convertitori continua/alternata. I raddrizzatori sono tipici dei sistemi d alimentazione in corrente alternata, specialmente a 50 Hz e furono dapprima semplici ponti di diodi a valle dei trasformatori a rapporto variabile, per poter alimentare i motori in corrente continua. In seguito furono adottati ponti controllati, che permettono di usare trasformatori a rapporto fisso, con regolazione della tensione in uscita mediante controllo dell angolo di fase all accensione dei diodi controllati del ponte. Le più recenti realizzazioni impiegano il cosiddetto convertitore 4 quadranti (Fig. 18), ossia reversibile, che consente di ottenere una tensione continua controllata, prelevando dalla rete monofase una corrente con forma d onda praticamente con fattore di potenza sempre prossimo a uno, oppure di restituire potenza alla rete monofase, comportandosi come un inverter monofase durante la frenatura a recupero. Sui rotabili a corrente continua le prime applicazioni sono state realizzate con il chopper, che consente di regolare la tensione a valle mediante una successione di periodi di conduzione (T.on) e di blocco (T.off). Sui motori la tensione viene livellata da apposite induttanze di livellamento e da diodi di ricircolo, che consentono alla corrente dei motori di circolare anche nelle fasi blocco del chopper. A seconda della disposizione circuitale, il chopper può essere abbassatore (step down) o elevatore (step up) della tensione in uscita rispetto a quella in entrata. Il chopper ha consentito di eliminare gli avviatori reostatici dai mezzi in corrente continua, perché si ottiene il controllo diretto e completo della tensione ai motori e la parte di potenza risulta più facile da realizzare e con meno problemi. Inoltre la regolazione continua della coppia dei motori consente un miglior sfruttamento dell aderenza, aumentando i carichi rimorchiabili. I primi chopper sono stati realizzati con convertitori unidirezionali, in grado quindi di fornire energia ai motori ma non di restituirla alla linea durante la frenatura, che quindi era di tipo reostatico, smaltendo l energia solo su resistenze a bordo. Successivamente sono state attuate realizzazioni con frenatura a recupero e mista, per applicazioni sia su linee metropolitane che su linee ferroviarie, mediante convertitori a chopper reversibili. Un salto qualitativo si è avuto con il passaggio agli inverter di tipo trifase, che alimentano motori N

8 Boll.Ing. n :05 Pagina 10 asincroni. Si è abbandonato quindi il motore a collettore a corrente continua eccitato in serie, per tornare al motore a campo rotante della prima ora, che presenta gli innegabili vantaggi della robustezza e semplicità costruttiva e della più elevata potenza specifica. Ora però l inverter alimenta questi motori con frequenza e tensione variabile, realizzando quindi una regolazione continua della velocità e della coppia. L inverter è alimentato a sua volta da una sorgente a corrente continua. Tale sorgente, se la linea di contatto è a corrente continua, può essere costituita direttamente dalla linea stessa. In questo caso la tensione è variabile entro gli ampi limiti definiti dagli standard: questo rende più complessa la regolazione dell inverter, ma consente di costruire dei rotabili estremamente semplici e con apparecchiature ridotte al minimo. In alternativa la sorgente di corrente continua può essere costituita da un convertitore di ingresso (primo stadio), la cui uscita è generalmente a tensione costante per semplificare la regolazione dell inverter e la cui configurazione è funzione della tipologia della tensione di linea. Con alimentazione in corrente alternata, è oggi generalizzato l impiego del convertitore quattro quadranti, che allo stesso tempo può essere considerato come un raddrizzatore o un inverter monofase che lavora sincronizzato con la tensione alternata della linea di contatto e che, agendo opportunamente sul controllo, può trasferire energia nei due sensi. Con linee in corrente continua, può essere utilizzato un chopper, mono o bidirezionale, specialmente nel caso di rotabili bicorrente, che già richiedono un primo stadio quattro quadranti: in questo caso, questo viene riconfigurato come chopper con opportune ma semplici commutazioni. Appare anche chiaro che con questi convertitori è possibile realizzare in maniera abbastanza semplice dei rotabili policorrente e politensione (Fig. 23, 24, 25), in grado cioè di funzionare sia con catenarie in corrente continua che alternata e con diversi valori di tensione, configurando con adeguate commutazioni i convertitori di entrata secondo lo schema richiesto dalla catenaria. Si è quindi potuto superare uno degli scogli più pesanti alla circolazione dei treni; rimane ancora quello del segnalamento. Ulteriori prospettive potrebbero derivare dall uso di motori sincroni a magneti permanenti che hanno ancora più elevata potenza specifica e possono essere controllati in maniera relativamente semplice dagli inverter a frequenza variabile. LO SVILUPPO TECNOLOGICO DEI SEMICONDUTTORI DI POTENZA I primi semiconduttori di potenza utilizzati furono come già visto, i semplici diodi al silicio che sostituirono i convertitori al mercurio nei ponti raddrizzatori delle locomotive monofase. Intervennero poi i tiristori o diodi controllati, per realizzare i ponti controllati, con prestazioni relativamente limitate, vale a dire tensioni sopportabili poco sopra i 1000V e correnti di qualche centinaio di A. Come noto, i tiristori sono valvole al silicio che possono essere facilmente portate in conduzione inviando all elettrodo di comando (gate) un impulso, che innesca un fenomeno a valanga che annulla la barriera di potenziale e permette il passaggio della corrente di carico. Per poter essere riportati allo stato di blocco occorre annullare la corrente in essi transitante in modo che si disinneschi la valanga e mantenere tensione inversa per un tempo minimo definito in modo da ripristinare la barriera di potenziale. Questa caratteristica non dava particolari soggezioni in corrente alternata, che per sua natura inverte la tensione. Invece in corrente continua per la realizzazione dei chopper, si imponeva l impiego di complessi circuiti ausiliari di spegnimento, che invertissero artificialmente la tensione ai capi dei tiristori. Le basse prestazioni del singolo elemento rispetto alle elevate tensioni di esercizio, richiedevano il collegamento di elementi in serie ed in parallelo e portavano a dimensioni e costi elevati. Il fatto di dover assicurare la corretta ripartizione della tensione tra gli elementi posti in serie e la Fig Locomotiva policorrente: configurazione monofase Fig Locomotiva policorrente: configurazione continua 3 KV (chopper step down) Fig Locomotiva policorrente: configurazione corrente continua 1,5 KV (chopper step up) Fig Modulo a Tyristor raffreddato ad aria 10 N

9 Boll.Ing. n :05 Pagina 11 Fig Esterno di GTO Fig Parte attiva di GTO Fig IGBT per montaggio su piastra Fig Parte attiva IGBT corretta ripartizione di corrente tra gli elementi posti in parallelo, imponeva poi l impiego di accorgimenti particolari, come ad esempio la caratterizzazione di alcuni parametri su tutta la produzione di semiconduttori, prevedendo la suddivisione in classi, per poter accoppiare elementi con caratteristiche simili. Si pensi che nelle prime applicazioni su linee a 3000Vcc occorreva collegare in serie ben 8 elementi, ciascuno dei quali poteva sopportare una tensione non superiore a 1200V. Gli elementi in parallelo, ovviamente, erano funzione della corrente richiesta. Migliori prestazioni si sono potute ottenere quando sono stati disponibili i tiristori asimmetrici ed i tiristori a conduzione inversa. I primi potevano sopportare solo tensione diretta e richiedevano quindi la presenza di un diodo montato in antiparallelo, mentre i secondi avevano tale diodo incorporato nella pastiglia di silicio. Con tali semiconduttori, caratterizzati da una tensione sopportabile circa doppia rispetto a quella dei precedenti e dalla possibilità di ridurre le dimensioni degli elementi passivi necessari allo spegnimento, è stato possibile ottenere una apprezzabile riduzione delle dimensioni dei convertitori. Tali componenti tuttavia, hanno avuto una vita piuttosto breve, in quanto sono stati abbastanza rapidamente soppiantati dai GTO (Gate Turn Off) caratterizzati da prestazioni in corrente e tensione ancora maggiori e dalla importante caratteristica intrinseca di poter essere portati dallo stato di conduzione allo stato di blocco con l invio di un impulso inverso di adeguato elevato valore all elettrodo di comando, senza i circuiti esterni di spegnimento forzato. L eliminazione dei circuiti ausiliari di commutazione, sempre presenti nel caso di convertitore a tiristori, è stata in parte controbilanciata dalla necessità di prevedere circuiti ausiliari per limitare derivata di corrente e derivata di tensione, nonché dal fatto che i circuiti necessari per il controllo dei gate per l accensione e lo spegnimento dei GTO (gate unit) sono molto più complessi e potenti di quelli utilizzabili per l accensione dei tiristori. Per dare un idea immediata dei vantaggi ottenuti, possiamo considerare che per realizzare un convertitore chopper continua/continua alimentato a 3000V con una corrente pari a 3/400 A, si è passati da 16 tiristori e 16 diodi delle pionieristiche elettromotrici Ale 724 e 582 a soli due GTO e due diodi. Oltre a ciò, occorre però aggiungere che con i GTO è aumentata la difficoltà che si incontrano per collegare in serie i componenti (per applicazioni a 3 KV ne occorrono due in serie) e che occorre coordinare molto bene le protezioni di massima corrente, in quanto un tentativo di spegnimento con correnti di corto superiori a quelle massime commutabili porterebbe inevitabilmente alla distruzione del componente. Il salto qualitativo più importante è però stato favorito dall avvento degli IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor) (Fig. 29), nei quali il controllo della corrente passante avviene semplicemente in funzione della tensione applicata al gate e con i quali si sono ottenuti vantaggi notevoli: Sparizione dei circuiti limitatori delle derivate Drastico alleggerimento dei circuiti d accensione e spegnimento Forte riduzione delle perdite di commutazione (considerando come tali anche le perdite dei limitatori di derivate), accompagnata tuttavia da un peggioramento delle perdite di conduzione (maggiore caduta diretta) Possibilità di un isolamento intrinseco tra la parte attiva in tensione e la piastra da collegare meccanicamente al dissipatore per l asportazione del calore prodotto. Facilità di realizzazione di una protezione che salva la valvola anche in caso di corto circuito secco ai suoi morsetti (antisaturazione). Risulta però molto difficile il collegamento in serie di tali componenti, quindi, quando sono necessarie almeno due elementi per controllare la tensione della linea, è quasi obbligatorio realizzare particolari schemi di convertitori o porre in serie due convertitori. La realizzazione di IGBT in grado di sopportare tensioni dell ordine di 6000 V rende però ora sempre meno necessari artifici di questo tipo. Il fatto di poter disporre di un componente con un isolamento tra la parte in tensione e la piastra incaricata di dissipare il calore costituisce un fattore molto importante, perché permette, senza alcun ulteriore artificio, il collegamento a massa dell elemento dissipatore, annullando quindi tutti i problemi che possono essere originati dal fatto di ventilare le parti in tensione con aria esterna, contenente polvere ed umidità. Esistono però anche componenti IGBT (Fig. 30) nei quali è previsto il raffreddamento sui due lati del cristallo di silicio (press pack). Il vantaggio consiste in un miglior smaltimento delle perdite e quindi in migliori prestazioni, a scapito però del fatto che, in questo caso, il radiatore ritorna ad essere in tensione, con tutti i problemi che possono derivarne. L impiego di IGBT è ormai generalizzato nelle applicazioni di ultima generazione, poiché le prestazioni oggi ottenibili possono facilmente soddisfare tutte le applicazioni. Ovviamente la tecnologia è sempre in evoluzione, quindi ulteriori miglioramenti delle prestazioni sono possibili. N

10 Boll.Ing. n :05 Pagina 12 SISTEMI DI RAFFREDDAMENTO Le valvole a semiconduttore impiegate nei convertitori hanno delle perdite, di conduzione e di commutazione, che tendono ad aumentare la temperatura di funzionamento del cristallo di silicio che costituisce la parte attiva della valvola stessa. Il calore prodotto va quindi asportato con un sistema di raffreddamento atto a mantenere la valvola entro i limiti corretti. Con i tiristori, sia a vitone che a disco (raffreddamento su due facce) vengono correntemente utilizzati dei radiatori, in alluminio o in rame, collegati ai terminali delle valvole e quindi sempre in tensione. Questo fatto ha creato sin dall inizio una serie di problemi, soprattutto nelle applicazioni con raffreddamento ad aria a ventilazione forzata (Fig. 31), poiché la presenza di polveri, talvolta parzialmente conduttive, unita all umidità introdotta dall aria dell ambiente esterno, genera una patina pericolosa sulle parti dove è presente un isolamento superficiale, obbligando ad un pesante sovradimensionamento delle distanze necessarie. Con l avvento dei GTO si è visto che il numero dei semiconduttori impiegati si è drasticamente ridotto, ma contemporaneamente sono aumentate le perdite del singolo elemento, obbligando i progettisti a ricorrere a sistemi di raffreddamento più efficaci. Infatti, la trasmissione del calore lungo le alette dei radiatori diventa problematica sopra certe dimensioni, a causa della caduta termica. In pratica, le alette lontane dalla sorgente di calore sono molto più fredde di quelle vicine, quindi la loro efficienza progressivamente diminuisce. Per risolvere tale problema si sono seguite strade diverse come i tubi di calore (heat pipes), nelle quali il calore generato dalla valvola può essere trasportato, in pratica senza cadute, anche alle alette più lontane. Viene infatti utilizzato un fluido intermedio, tipo freon, inserito in un tubo di rame a tenuta stagna. Il fluido evapora nella parte di tubo vicina alla valvola, e ricondensa nella parte collegata alle alette di raffreddamento, investite dall aria. Tale soluzione era usata soprattutto per convertitori di ridotta potenza. Altra soluzione è il raffreddamento con freon tank, caratterizzato dal fatto che i componenti di potenza sono inseriti in un recipiente ( tank ) stagno, dotato di alette di raffreddamento (Fig. 32). Le valvole sono immerse nel freon, che, anche in questo caso, asporta calore per evaporazione. Questi sistemi, adottati soprattutto dalla scuola francese, sono oggi pressoché abbandonati sia per le difficoltà di manutenzione (occorre infatti aprire il contenitore stagno per sostituire qualsiasi componente) sia per le restrizioni ecologiche imposte per legge all uso di liquidi come freon o derivati. Attualmente il sistema di raffreddamento più usato è quello a liquido, olio o più recentemente acqua e glicole, con l utilizzo di pompe che assicurano la circolazione tra la parte a contatto delle valvole ed un radiatore ventilato per la dispersione finale del calore. La soluzione con raffreddamento a liquido (olio o acqua) è in grado di assicurare prestazioni più elevate e trova applicazioni principalmente nelle locomotive. Il fluido di raffreddamento, riscaldato dopo il passaggio nelle piastre a contatto con i semiconduttori, viene inviato ad un unico radiatore ventilato in aria forzata, collegato a massa. L aria di raffreddamento non investe parti in tensione, quindi il rischio di scariche per depositi è evitato. Occorre tuttavia prevedere un fluido di raffreddamento con resistività elevata, poiché le piastre in contatto con i semiconduttori sono in tensione. A tale scopo viene utilizzato olio o, più recentemente, acqua deionizzata mediante filtri con resine. Tutti questi problemi di isolamento delle parti di Connecteurs hydrauliques Connecteurs des phases Plaque à eau Fig Moduli equivalenti a IGBT (sinistra) e GTO (destra) raffreddati ad acqua Fig Raffreddamento con freon tank: complessivo di un convertitore e sezione di tank Fig Modulo a IGBT con raffreddamento ad acqua 12 N

11 Boll.Ing. n :05 Pagina 13 radiatore a contatto con i semiconduttori possono essere brillantemente superate nei convertitori attuali ad IGBT, poiché in tali semiconduttori l isolamento tra silicio e piastra dissipante è parte integrante della valvola stessa (Fig. 33). I SISTEMI DI CONTROLLO Per quanto concerne il controllo, nelle prime applicazioni esso era realizzato con componenti analogici, in pratica amplificatori operazionali. Le prime apparecchiature erano affette da diversi problemi, fondamentalmente per la bassa affidabilità dovuta all alto numero di componenti che era necessario utilizzare e per la conseguente difficoltà che si incontrava nell individuazione dell elemento da sostituire in caso di guasto. Infatti, essendo le funzioni distribuite su di un numero elevato di schede, occorreva provare con appositi apparecchi di test ogni funzione, scheda per scheda. Oltre a ciò, i controlli analogici in generale richiedevano tarature e messe a punto e questo fatto, oltre ad aumentare tempi di produzione ed i tempi di prova, poteva portare nel tempo ad una variazione delle tarature e quindi ad un apprezzabile variazione delle prestazioni. Questo fatto, che era tale da causare sovente problemi nel caso dei chopper, ma che comunque ne consentiva un funzionamento accettabile, risultava invece determinante nel caso degli inverter, data la enorme complessità delle operazioni da eseguire per generare le forme d onda corrette alle varie frequenze. Il vero salto tecnologico si è ottenuto con l impiego dei controlli a microprocessore, poiché con tale tecnologia tutti i problemi sopra citati sono stati brillantemente risolti. Infatti, il numero delle schede e dei componenti, si è drasticamente ridotto e le funzioni sono sempre effettuate via software e quindi non sono soggette a guasti casuali. Inoltre i guasti dei componenti possono essere facilmente rilevati mediante un appositi programmi di test che, utilizzando solamente un numero limitato di componenti aggiuntivi (quindi con limitata influenza sull affidabilità), sono residenti nello stesso controllo e venire abilitato per un autotest alla messa in tensione dell apparecchio o in caso di anomalie. Risulta cosi relativamente facile capire gli interventi da effettuare e individuare la eventuale scheda da sostituire per ripristinare la funzionalità iniziale. Un ulteriore vantaggio, che ha sicuramente contribuito alla diffusione ormai generalizzata degli equipaggiamenti ad inverter con motore asincrono, consiste nel fatto che la necessità di tarature è in pratica sparita e di conseguenza le funzioni realizzate via software rimangono rigorosamente costanti nel tempo e non possono generare malfunzionamenti determinati dalla variazione delle caratteristiche dei componenti o dei valori di taratura. Occorre infine accennare al fatto che l elettronica ha permesso di sostituire le decine di cavi che correvano sia all interno del singolo veicolo per la trasmissione dei segnali tra i vari componenti, sia lungo il treno per trasmettere tutti i segnali dalla loco- motiva al resto del convoglio e viceversa, con un semplice doppino schermato, che porta tutti quei segnali sotto forma di bus seriale di dati, semplificando enormemente il cablaggio. La diffusione di questi sistemi è ormai generalizzata, tanto che è da tempo operativo uno standard IEC che garantisce l interoperabilità tra apparecchiature e veicoli di costruttori diversi. LE REALIZZAZIONI ITALIANE A partire dalla fine degli anni 70 iniziò anche in Italia la costruzione di mezzi di trazione, tuttora in servizio, che impiegavano l elettronica di potenza anziché i tradizionali equipaggiamenti elettromeccanici. Poiché si trattava di mezzi a corrente continua furono utilizzati equipaggiamenti a chopper, tipici di questo sistema, con l impiego di tiristori. Furono così costruite le elettromotrici Ale.724 e le derivate Ale.582, con quattro motori alimentati a due a due in serie da chopper che consentivano l avviamento e la regolazione senza il reostato di avviamento e realizzavano la frenatura elettrica di tipo reostatica, a recupero e mista delle due. Sempre con equipaggiamento a chopper derivato da quello delle elettromotrici fu costruita la prima serie di elettrotreni a cassa inclinabile, i prestigiosi Pendolini ETR.450 idonei per velocità massima di 250 km/h e in grado di circolare in curva con velocità più elevate fino al 30% rispetto ai treni convenzionali. Nel campo delle locomotive furono realizzate le E.632 (Fig. 34), E.633, E.652 Tigre con equipaggiamento a tre motori, uno per carrello, derivati da quelli delle E.444 e potenziati, ciascuno alimentato da un proprio chopper bifase fino alla tensione di 2000 V, raggiungendo la potenza di 6000 kw. Anche la meccanica era innovativa, con una cassa rigida su tre carrelli monomotore con sospensione secondaria flexi coil senza perno centrale. Verso la fine degli anni ottanta maturò la realizzazione di mezzi con inverter e motori asincroni, con le locomotive E.402 a quattro assi e potenza 6000kW e velocità 200 km/h e gli elettrotreni a due piani per servizi regionali ad alta frequentazione TAF, con velocità di 160 km/h. Sono state anche costruite locomotive della serie E.412 bicorrente a 3000 V cc e 15 kv 16,7 Hz per servizi internazionali verso Austria e Germania, sempre con inverter che utilizzano GTO e motori asincroni a doppia stella. Per il servizio Alta Velocità fu costruita una nuova serie di elettrotreni ETR.500 atti alla velocità di 300 km/h, con due motrici alle estremità con inverter della potenza di 4400 kw ciascuna, nonché una nuova serie di Pendolini con inverter ETR.460 a 3000 V e anche una serie bicorrente ETR.470, atta a 15 kv 16,7 Hz per servizi su Svizzera e Germania per conto della compagnia italo-svizzera Cisalpino. A seguito della decisione di elettrificare le nuove linee a 300 km/h con il sistema divenuto standard europeo a 25 kv 50 Hz, è stata costruita una nuova serie di locomotive E.402B idonee anche a questa tensione, nonché motrici per ETR.500 pure bicorrenti, a doppio stadio con 4 quadranti e inverter a GTO (Fig. 35). N

12 Boll.Ing. n :05 Pagina 14 Anche del Pendolino è stata realizzata una serie bicorrente ETR.485. Ulteriori costruzioni per servizio interno su linee convenzionali e quindi solo a 3000 V, sono le locomotive E.405 per 200 km/h 6000 kw e le locomotive leggere monocabina per treni regionali reversibili E.464 per 160 km/h e 3000kW. Sempre destinati per servizi regionali sono anche i nuovi elettrotreni a tre vetture denominati Minuetto con inverter monostadio a IGBT. Ancora con inverter bistadio a IGBT sono prossimi all entrata in servizio i nuovi Pendolini della serie ETR.600 nella versione ricorrente per il servizio nazionale e tricorrente per il servizio internazionale di Cisalpino. Fig Elettrotreno ETR 500 record di velocità 5 ottobre 2005 Si può concludere che ormai l elettronica di potenza è trionfante e che per i nuovi sviluppi è ormai generalizzato l utilizzo degli IGBT. In attesa di ulteriori evoluzioni.. Fig Locomotiva E 632 Enrico MINGOZZI nato a Granaglione (BO) nel 1943, laureato in Ingegneria Elettrotecnica all Università di Bologna nel 1966; in servizio presso le Ferrovie dello Stato dal 1967 a tutto il 2006 fino alla qualifica di dirigente generale, con attività prevalente in tutti gli aspetti del materiale rotabile: esercizio, manutenzione, ingegneria, ricerca, commesse, Alta Velocità; è stato vice direttore compartimentale a Firenze, direttore della ricerca, ingegneria e costruzione del materiale rotabile di Trenitalia; collaboratore per diversi anni alla Facoltà di Ingegneria di Bologna è attualmente Docente del corso di Trazione elettrica e termica alla Facoltà di Ingegneria - Ingegneria dei Trasporti di Firenze; è autore di numerose pubblicazioni in materia di trasporti e trazione elettrica in varie riviste italiane ed estere, e presentatore di memorie e presidente di sessione in numerosi congressi nazionali e internazionali. 14 N

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