GIANNI BALLARANI. (in Annali 2001 della Facoltà di Giurisprudenza della LUMSA, Giappichelli, 2002, p. 291 ss.)

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1 GIANNI BALLARANI L ADOZIONE DA PARTE DEL SINGOLO: SPUNTI DI RIFLESSIONE (in Annali 2001 della Facoltà di Giurisprudenza della LUMSA, Giappichelli, 2002, p. 291 ss.) SOMMARIO: I. Introduzione - II. L iter giurisprudenziale del caso Di Lazzaro e le opinioni in dottrina - III. A mò di conclusione. I. Introduzione 1 Corrisponde agli interessi preminenti del minore l adozione da parte del singolo? È ammissibile il concetto di nucleo familiare monoparentale? Cosa si intende oggi per famiglia? Questi alcuni degli interrogativi direttamente connessi alla tematica in commento ed ai quali si deve far riferimento per un corretto approccio giuridico alla questione. Per poter essere in grado di comprendere a pieno la portata di tali questioni è necessario analizzare l istituto dell adozione - nella fattispecie dell adozione da parte del singolo - nell impianto della legge n. 184 del , alla luce della Convenzione di Strasburgo del 1967 e delle interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali in materia, per concludere con la recente legge , n. 149 che è intervenuta a modificare la disciplina sull adozione e sull affidamento dei minori, nonché il titolo VIII del libro primo del codice civile 3. 1 Data la recente legge di modifica dell istituto dell adozione, del 28 marzo 2001, n. 149, si ritiene necessario riportare in nota le disposizioni di cui agli articoli in commento, nella versione della precedente normativa del La legge 4 maggio 1983, n. 184, rubricata Disciplina dell adozione e dell affidamento dei minori, è pubblicata nel supplemento ordinario alla G.U. 17 maggio 1983, n La legge 28 marzo 2001, n. 149, rubricata sotto la dizione Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante Disciplina dell adozione e dell affidamento dei minori, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile è pubblicata sulla G.U. 26 aprile 2001, n. 96. Per un primo commento alla legge cfr. A.-F. FINOCCHIARO, Adozione e affidamento dei minori - Commento alla nuova disciplina (l. 28 marzo 2001, n. 149 e d.l. 24 aprile 2001, n. 150), in Quaderni di Diritto e Giustizia, Giuffrè, Milano, 2001; C. M. BIANCA, Diritto Civile, 2. La famiglia, le successioni, Appendice di aggiornamento, Giuffré, Milano,

2 L evoluzione normativa ha come punto d origine la Convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo dai Paesi membri del Consiglio d Europa il 24 aprile del 1967, il cui sesto articolo, al I paragrafo, prevede la possibilità per il singolo individuo di adottare 4. L art. 1 della Convenzione, nella traduzione italiana, dispone che ogni parte contraente si impegna a rendere la propria legislazione conforme alle disposizioni della II Parte della Convenzione; II parte, rubricata sotto la dizione Disposizioni fondamentali, in cui è ricompreso l art. 6. L art. 25 accorda, altresì, alle parti aderenti alla Convenzione - al momento della firma o del deposito degli strumenti di ratifica - la facoltà di formulare un massimo di due riserve (non di carattere generale) aventi ad oggetto le disposizioni della II Parte della Convenzione medesima. Nel 1974 la Convenzione viene ratificata in Italia con la legge n In sede di ratifica il legislatore italiano non si è avvalso della possibilità, contemplata all articolo 25, di formulare riserva relativa alla lettera di cui all articolo 6, in parte qua prevedeva l adozione da parte del singolo. L articolo 6, di conseguenza, è stato pienamente recepito dall ordinamento italiano. Il 4 maggio 1983, in Italia, l istituto dell adozione viene riformato dalla legge n. 184 che, accordando tutela preminente all interesse del minore, informa l istituto medesimo al principio dell imitatio naturae. In tal senso, l articolo 6 della stessa dispone che l adozione può essere concessa solo a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto; mentre la possibilità per il singolo di adottare è prevista solamente a fronte della morte o della sopravvenuta incapacità di uno dei due coniugi durante l affidamento preadottivo (art. 25, IV comma), ovvero per il caso di intervenuta separazione tra i coniugi affidatari (art. 25, V comma), ovvero ancora nei casi particolari di cui all articolo Convention Européenne en matière des enfants (Convenzione di Strasburgo, 1967), art. 6, par. 1: La législation ne peut permettre l adoption d un enfant que par deux personnes unies en mariage, qu elles adoptent simultanément ou successivement, ou par un seul adoptant. 5 La legge 22 maggio 1974, n. 357 di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967, è pubblicata sulla G.U. 21 agosto 1974, n Art. 25, quarto comma, legge n. 184 del 1983: Se uno dei due coniugi muore o diviene incapace durante l affidamento preadottivo, l adozione, nell interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte. Art. 25, quinto comma: Se nel corso dell affidamento preadottivo interviene separazione tra 2

3 La giustificazione della previsione normativa è da individuare nella più indicata forma di tutela di cui il minore necessita: la famiglia tradizionalmente intesa come tale, ossia nell accezione di luogo degli affetti formato da due figure parentali (di sesso diverso) 7. In tal guisa, risulta più agevole comprendere la ratio della tassatività dei casi che accordano al singolo la possibilità di adottare; non è previsto un diritto dell uomo ad avere un figlio 8, mentre è previsto il diritto di un minore ad avere una famiglia ed una debita tutela ordinamentale in questo senso. Così la previsione di adozione da parte del singolo è limitata, da un lato, alle situazioni in cui si ritiene non consigliabile provocare ulteriori traumi al minore in stato di abbandono, come il distacco da persone con cui già ha istaurato un rapporto affettivo (IV e V comma, artt. 25; lett. a e b, art. 44); ovvero, dall altro, ai casi in cui per ragioni di età (adolescenziale) del minore o di condizioni personali (handicap psico-fisici) risulta impossibile l affidamento preadottivo (lett. c, art. 44) 9. La disciplina dell istituto dell adozione è stata, come precedentemente accennato, di recente novellata dalla legge di modifica 149/ 01. La nuova normativa, pur introducendo rilevanti modificazioni al sistema dell 83 (prevalentemente di ordine i coniugi affidatari, l adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta. Art. 44, legge n. 184 del 1983: I minori possono essere adottati anche quando non ricorrano le condizioni di cui al primo comma dell art. 7: a) da persone unite al minore orfano di padre e di madre, da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori; b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell altro coniuge; c) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. L adozione nei casi indicati nel precedente comma, è consentita anche in presenza di figli legittimi. Nei casi in cui alle lettere a) e c) l adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Art. 7, primo comma, legge n. 184 del 1983: L adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti. 7 Questa linea speculativa è a fondamento anche della Convenzione di Strasburgo; attraverso l analisi letterale dell art. 6 della stessa, infatti, è chiaramente ravvisabile l intenzione di segnare i limiti entro i quali gli Stati membri aderenti avrebbero dovuto disciplinare l istituto. In tal senso, la norma, laddove prevede che la possibilità di adottare sia accordata a persone unite in matrimonio o ad un solo adottante, si esprime attraverso una formulazione negativa: La legislation ne peut permettre l adoption d un enfant que intendendo, dunque, imporre agli Stati aderenti il divieto di permettere l adozione al di fuori della previsione normativa stessa, ossia a coppie di fatto e a coppie omosessuali, come sarà meglio chiarito nel corso della trattazione. 8 Così come è stato anche sostenuto dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza 6 luglio 1994, n. 281, in Rep. Foro it., 1994, voce: Adozione, nn. 68 e 69 e in Dir. fam., 1994, p Cfr. Corte Cost. 16 maggio 1994, n

4 procedurale), consistenti nella integrazione e sostituzione di articoli o di parti di essi, ha disatteso le speranze di quanti attendevano l innovazione dell istituto con riguardo alla legittimazione piena per i singoli all adozione, non apportando, in tal senso, modifica alcuna alla precedente disciplina e, dunque, negando la possibilità ai singoli di essere ricompresi tra i soggetti legittimati all adozione piena. Già il nuovo titolo sancisce ulteriormente, ufficializzandolo, il riconoscimento del preminente diritto del minore ad una famiglia, là dove l art. 1 opera la sostituzione del titolo della precedente legge , n. 184 (Disciplina dell adozione e dell affidamento dei minori) con il seguente: Diritto del minore ad una famiglia, e ciò può essere oggetto di una lettura a suffragio della negazione di un presunto diritto dell uomo ad avere un figlio (come, del resto, già accennato) ancorché, in linea con i primi commentatori 10, si deve rilevare come, a fronte di poche modifiche sostanziali, la nuova legge operi prevalentemente una innovazione lessicale che, di fatto, poco incide sui contenuti. L art. 6 della legge di modifica recepisce ed integra la disciplina del precedente art. 6, l. 184/ 83, disponendo, al I comma, che L adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve aver avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale nemmeno di fatto, e specificando al IV comma che Il requisito della stabilità del rapporto di cui al I comma può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni 11, nel caso in cui il Tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto. L art. 21, l. 149/ 01, ancorché intervenga a modificare l art. 25 della precedente legge dell 83, lascia altresì invariate le disposizioni di cui al IV e V comma, che come 10 Vedi, in tal senso, A.-F. FINOCCHIARO, cit., nella parte di presentazione dell opera e, diffusamente, in tutto il lavoro. 11 Con riferimento alla opportunità di accordare ai conviventi more uxorio la possibilità di adottare, si è favorevolmente espressa autorevole dottrina che, riguardo ai contenuti della legge n. 184 del 1983, ha sostenuto che sarebbe stata utile l adozione del minore da parte dei conviventi, fondata su una convivenza stabile e seria ; così, P. PERLINGERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, ESI, Napoli, 1991, p

5 precedentemente detto, riguardavano la possibilità per il singolo di adottare a fronte di speciali circostanze. Proprio riguardo all eccezione di cui al V comma dell art. 21, l. 149/ 01, ove è contemplata la possibilità di concedere l adozione ad uno solo dei coniugi - o ad entrambi - qualora, nel corso dell affidamento preadottivo, a fronte di una pronuncia di separazione personale, esso perseveri - o essi perseverino - nella richiesta di adozione, non debbono sorgere dubbi interpretativi ponendola in relazione alla norma di cui all art. 6 della stessa legge, laddove esso dispone che possono adottare i coniugi sposati da almeno tre anni e tra i quali non sussista, e non abbia avuto luogo, separazione personale neppure di fatto. Questo perché la norma di cui al V comma dell art. 21, facendo stretto riferimento all affidamento preadottivo, specifica implicitamente la giustificazione di essa con l interesse primario del minore, il quale, dato il corso dell affidamento medesimo, ha già instaurato un rapporto affettivo con gli affidatari. L art. 25, l. 149/ 01, interviene ad integrare l art. 44 della legge dell 83 inserendo alla lett. d il contenuto di cui alla lett. c della precedente versione, con riferimento alla costatata impossibilità di affidamento preadottivo, e prevedendo, alla nuova lett. c, il caso in cui il minore si trovi nelle condizioni indicate dall art. 3, I comma, l , n e sia orfano di padre e di madre. Il medesimo art. 25, al III comma, oltre ad estendere la previsione di consentire l adozione sia ai coniugi sia a chi non è coniugato, anche alla nuova lett. c (previsione di cui al III comma dell articolo 44 della superata legge), inserisce, modificandola, anche la norma di cui al precedente IV comma, la quale ora stabilisce che, qualora l adottante sia persona coniugata e non separata, l adozione potrà essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi, mentre la vecchia formulazione prevedeva, per lo stesso caso, che il minore doveva essere adottato da entrambi i coniugi. 12 La legge. 5 febbraio 1992, n. 104, rubricata Legge quadro per l assistenza, l integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate e pubblicata nel supplemento ordinario alla G.U. 17 febbraio 1992, n. 39, al I comma dell art.3 (Soggetti aventi diritto) definisce come persona handicappata Colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo si svantaggio sociale o di emarginazione. 5

6 Ancora, l articolo modifica anche il contenuto del V comma della precedente versione, limitando la previsione del divario di età di diciotto anni di coloro che intendono adottare rispetto al minore, ai soli casi sub lett. a e d del I comma. Una prima analisi dell articolo novellato porta a considerare l evidente intenzione del legislatore, resa palese tanto dalla puntualizzazione di cui alla lett. c in distinzione rispetto alla lett. d, quanto dal minor rigore di cui al nuovo IV comma e dalla differente formulazione riguardo l adottante coniugato e non separato, di agevolare ulteriormente l adozione di quei minori che si trovino in condizioni decisamente particolari, e ciò al fine di dare loro una ulteriore chance 13. Ancorché parte della dottrina abbia in passato sostenuto, attraverso una lettura critica delle norme di cui all art. 44, una celata ipocrisia della legge con riferimento all adozione da parte di singoli limitata ai casi più drammatici 14, leggendo la norma 13 Come osserva attenta dottrina, infatti, Attraverso l adozione in casi particolari si realizza [ ] l attuazione di una disciplina variamente articolata, che consente, nella peculiarità dei casi concreti, di conseguire il risultato più idoneo a soddisfare il diritto del minore a realizzarsi come persona. Pertanto le differenze di regime giuridico devono trovare la loro giustificazione in una scelta motivata nell interesse del minore, scelta che non determina una concorrenza tra i vari tipi di adozione, in quanto l adozione meno piena si presenta con caratteri di specificità, sussidiarietà, residualità; difatti l adozione in casi particolari manifesta la sua utilità e può intervenire solo quando l adozione piena sia inammissibile in diritto: quando, cioè, il minore non è abbandonato (art. 44, lett. a e b, legge n. 184 del 1983) o quando l adozione piena è di fatto irrealizzabile (art. 44 lett. c, legge n. 184 del 1983) : così L. ROSSI CARLEO, voce: Adozione dei minori, in Enc. Dir., aggiornamento I, Giuffré, Milano, 1997, p In tal senso vedi D. BONAMORE, L adozione speciale deve essere speciale, nota a Appello Roma 25 settembre 1993, in Giust. Civ. 1994, p. 247, il quale sostiene che proprio con riguardo a quei minori con problemi sanitari gravi o handicappati e, dunque, più bisognosi, il legislatore dell 83 ricorre agli ausiliari, ai supplenti, ai panchinari [ ]: i singoli, dei quali l art. 1 della stessa legge non fa parola, prospettando poi due possibili interpretazioni della scelta del legislatore, entrambe sarcastiche ma non aderenti alla realtà fattuale; con la prima sostiene che il legislatore si è prefigurato che un individuo solo [ ] possa dedicare, a chi è più bisognoso, cure, affetto, attenzioni [ ] maggiori e migliori che non una coppia sposata, la quale magari qualche volta [ ] penserà anche a se stessa, dimenticando, però, che la possibilità accordata al singolo di adottare non è preclusiva per la coppia; mentre con la seconda, che sostiene essere l unica vera, argomenta che il legislatore dell 83 e la maggior parte di coloro che affronterebbero la crociata contro i singoli, i diversi [ ], quando parlano di adozione speciale, ai bambini, in realtà, non ci pensano per niente, ovvero poco. Un bambino sano, bello, intelligente, buono è una gioia per tutti [ ]. Sfortuna o fortuna hanno voluto che fosse abbandonato. A chi darlo? Nemmeno sprecare il fiato: alla coppia regolare [ ]. I bambini gravemente ammalati e gli handicappati, al contrario, sono una croce [ ], hanno bisogno e pretendono cure e dedizione continue, sacrifici, tempo e denaro. [ ] A chi affidarli in adozione? Alle belle coppie regolarmente sposate? Eh no! [ ] Si chiamino allora i supplenti, gli ausiliari [ ] di cui sopra, non considerando che, al contrario, la previsione normativa, a fronte di un oggettivo problema di inserimento difficoltoso, consente di allargare il ventaglio delle limitate possibilità di essere adottati proprio a quei bambini che hanno gravi problemi, perché è tristemente ovvio che non tutti sono pronti ad affrontare realtà difficili, ed allora è bene non escludere 6

7 correttamente, risulta evidente che la previsione della possibilità di adottare per il singolo - che si affianca a quella delle coppie unite in matrimonio - va letta nel senso di cui sopra, ossia come offerta di maggiori possibilità per coloro che si trovano nei casi particolari previsti dall articolo stesso. In quest ottica si è portati, dunque, a considerare criticamente i rilievi mossi da detta dottrina con riguardo alla presunta incoerenza del sistema normativo dell 83. La sostenuta contraddittorietà dei casi particolari di adozione, rispetto alle finalità stesse dell istituto, è informata sul rilievo che se la ratio dello stesso è la tutela dell interesse del minore, che normalmente si esplica attraverso l inserimento del medesimo in una famiglia formata da una coppia di coniugi sposata da almeno tre anni, accordare al singolo la possibilità di adottare per il caso in cui il minore sia affetto da gravi problemi sanitari o da handicap, sembra essere quanto mai in contrasto con dette finalità, in quanto proprio colui che si trova nell impossibilità di un affidamento preadottivo è sicuramente ancor più bisognoso dell assistenza genitoriale, dato che all abbandono si aggiunge la precarietà dello stato di salute. Salvo che la tesi riportata non tiene in considerazione il fatto che al minore, nella previsione dell art. 44, è offerta anche la possibilità di essere adottato dal singolo, in aggiunta alla ovvia possibilità di essere adottato da una coppia, secondo il più tradizionale principio dell imitatio naturae, ampliando, così, il ventaglio di possibilità di adozione 15, come del resto argomentato in nota (cfr., infra, nota 11). alcuna possibilità. Ciò conferma anche l eccezionalità della norma di cui all art. 44, che, come si vede, non è di certo volta ad una presunta tutela della coppia perfetta, bensì al preminente interesse del minore di vivere godendo del suo diritto primario ad una famiglia, a prescindere dallo stato di salute psico-fisica in cui versa. Ciò è ulteriormente supportato anche dal disposto di cui all art. 57, l. 184/ 83, ove con riguardo proprio all adozione in casi particolari, ex art. 44, specifica che essa deve realizzare il preminente interesse del minore ed è compito del giudice verificarlo assieme alla verifica della ricorrenza delle circostanze di cui all art. 44; ma non solo, l art. 29 l. 149/ 01 è intervenuto sostituendo la lettera a) dell art. 57, prevedendo dettagliatamente che il Tribunale debba verificare l idoneità effettiva e la capacità di educare e di istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l ambiente familiare degli adottanti. 15 Con riferimento ai requisiti degli adottanti, anche prima dell entrata in vigore della nuova disciplina, la dottrina era concorde nel ritenere che l adozione in casi particolari è consentita sia alla coppia sposata che all adottante singolo, con la necessaria precisazione che quest ultimo è legittimato in tal senso soltanto qualora non sussista convivenza coniugale, così, C. EBENE COBELLI, voce: Adozione, II, Adozione in casi speciali, in Enc. Giur. Treccani, I, Roma, 1988, p. 3, ribadendo il limite posto dalla 7

8 II. L iter giurisprudenziale del caso Di Lazzaro e le opinioni in dottrina La questione circa l ammissibilità o meno di ricomprendere tra i soggetti legittimati ad adottare anche il singolo è stata, negli anni, oggetto di un ampio dibattito che, prendendo le mosse da un controverso caso giurisprudenziale, ha coinvolto, oltre la dottrina, anche l opinione pubblica (data la notorietà del personaggio protagonista della vicenda) ed il formante legislativo (attraverso la formulazione di una pluralità di progetti di legge tra loro contrapposti proprio con riguardo alla tematica sull adozione del single). Il caso è quello dell attrice Dalila Di Lazzaro, la quale, nel 1992 l attrice inoltra, presso il Tribunale per i minorenni di Roma, domanda di adozione come persona singola, ai sensi dell articolo 6 della Convenzione di Strasburgo. Il Tribunale respinge l istanza asserendo che la proposta della Di Lazzaro si basa sull erroneo presupposto che il suddetto articolo contenga l obbligo per il diritto interno di prevedere, tra i soggetti pienamente legittimati ad adottare, anche il singolo e sottolineando come nel nostro ordinamento l adozione da parte dei singoli sia consentita solo nei casi tassativamente predeterminati di cui agli articoli 25, IV e V comma, e 44 della legge n. 184/ Avverso tale provvedimento l istante propone reclamo alla Corte d appello di Roma - sezione minorenni - contestando la non operatività della norma pattizia. La Corte d appello, ritenendo che la norma pattizia abbia acquistato forza autoapplicativa nell ordinamento interno in virtù dell ordine di esecuzione, il quale conferisce natura speciale alle norme pattizie rendendole immodificabili da leggi successive fino alla revoca dell ordine di esecuzione in base al principio pacta sunt servanda di cui all articolo 10 Cost., ritenendo quindi la norma dell articolo 6 direttamente vincolante e, di conseguenza, non abrogato dalla legge 184/ 83, solleva la Convenzione concernente l esclusione delle coppie di fatto dai soggetti legittimati all adozione ; sul punto vedi, inoltre, L. ROSSI CARLEO, voce: Adozione dei minori, cit., p Tribunale min. Roma, 28 marzo 1993, in Rep. Foro it., 1993, voce Adozione, n. 67; Giust. civ., 1993, I, p. 2821, con nota di A. BEGHÈ LORETI; id.,1994, I, p. 247, con nota di D. BONAMORE; Giur. it., 1994, I, 2, c. 234, con nota di L. LENTI e L. ROSSI CARLEO. 8

9 questione di legittimità costituzionale - in relazione agli articoli 3, 29, e 30, Cost. - dell articolo 6 della Convenzione europea di Strasburgo , recepito dal nostro ordinamento in virtù dell art. 2 della legge di ratifica , n. 357, nella parte in cui permette senza limiti l adozione di un minore da parte di un solo adottante, 17. Il 9 luglio 1993 la Corte d appello sospende il giudizio rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale. Il 16 maggio 1994 la Corte Costituzionale dichiara, con sentenza 18 interpretativa di rigetto, la questione non fondata. La norma impugnata, nel giudizio della Consulta, non è autoapplicativa 19, essa delimita l ambito delle scelte legislative in ordine alla legittimazione all adozione di minori, senza vincolare gli Stati aderenti ad ammettere tutte le soluzioni. La legge italiana sull adozione non contrasta il precetto di cui all articolo 6 della Convenzione ammettendo solo la prima delle due alternative e limitando a casi particolari la possibilità per il singolo di adottare. Nell interpretazione del giudice di legittimità costituzionale, dunque, la norma pattizia non conferisce ai giudici italiani competenti il potere di concedere l adozione ai singoli fuori dal limite entro cui tale potere è attribuito dalla legge nazionale e non può essere interpretata nel senso di vincolare il legislatore italiano ad ammettere senza limiti l adozione del singolo. La norma attribuisce al legislatore nazionale una mera facoltà e non è autoapplicativa, ossia non è direttamente applicabile nei rapporti intersoggettivi privati. 17 Ord. App. Roma, 25 settembre 1993, in Rep. Foro it., 1993, voce Adozione, n. 67; Giur. it., 1994, I, 2, c. 234, con nota di L. LENTI e L. ROSSI CARLEO; Giur. merito, 1994, p. 442, con nota di M. GUGLIELMI; Giust. Civ., 1993, I, p. 2821, con nota di A. BEGHÈ LORETI; id.,1994, I, p. 247, con nota di D. BONAMORE; Nuove leggi civ., 1993, p. 1398, con nota di C. FIORAVANTI. 18 Ord. Corte. Cost. 16 maggio 1994, n. 183, Rep. Foro it., 1994, voce Adozione, n. 67; Giust. Civ., 1994, I, pp e 2107, con nota di D. BONAMORE e M. GUGLIELMI; Dir. fam., 1994, pp e 2999, con nota di M. DOGLIOTTI. 19 Si legge nella sentenza della Corte costituzionale che la norma pattizia non conferisce immediatamente ai giudici italiani competenti il potere di concedere l adozione di minori a persone singole fuori dai limiti entro cui tale potere è attribuito alla legge nazionale [ ]. Destinatari immediati della norma contenuta nell art. 6 sono i legislatori nazionali. [ ] La norma in esame non è, per definizione, autoapplicativa, ossia direttamente applicabile nei rapporti intersoggettivi privati, occorrendo a tale effetto l interposizione di una legge interna che determini i presupposti di ammissione e gli effetti dell adozione da parte di una persona singola. Cfr. C.Cost. 16 maggio 1994, n. 183, in Riv. cit. 9

10 La Consulta, pur sottolineando l esigenza alla base dell istituto dell adozione di inserire il minore abbandonato in una famiglia (intesa, sulla base dell art. 29 della Costituzione, come società naturale fondata sul matrimonio 20 ), chiarisce che, fermo questo criterio di preferenza per l adozione da parte di una coppia di coniugi, nei principii di cui agli articoli 3, 29 e 30, Cost., nulla vieta una innovazione legislativa che riconosca, in misura più ampia, la possibilità che l adozione da parte del singolo sia giudicata in concreto più conveniente all interesse del minore 21. Esaurito l incidente di costituzionalità, il giudizio davanti alla Corte d appello si chiude il 28 novembre 1994, decretando la legittimità della proposta di adozione della Di Lazzaro ai sensi dell articolo 6 della Convenzione di Strasburgo 22. A seguito della dichiarazione di costituzionalità della norma pattizia, il giudice a quo, riproponendo l interpretazione del carattere self-executing della norma, riforma il provvedimento del Tribunale e conclude per la legittimazione della Di Lazzaro a proporre la propria disponibilità ad adottare al di fuori dei limiti fissati dalla legge n. 184 del Avverso il decreto emesso dalla Corte d appello di Roma ha proposto ricorso straordinario per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d appello, ex art. 111 Cost, contestando la linea interpretativa della Corte stessa sull art. 6 della Convenzione e sollevando la questione circa il vincolo posto da una sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale 23. La Suprema Corte, con sentenza n del 21 luglio 1995 ha accolto il ricorso del Procuratore Generale cassando senza rinvio la sentenza impugnata 24. Accogliendo 20 Matrimonio inteso come rapporto affettivo coniugale piuttosto che come atto. 21 Cfr. Corte Cost. 16 maggio 1994, n. 183, in Riv. cit. 22 Decr. App. Roma, sez. minorenni, , in Giur. merito, 1995, p. 214, con nota di M. GUGLIELMI; Giust. Civ., 1995, 241, con nota di A. BEGHÈ LORETI-ORLANDI; id., p. 1355, con note di D. BONAMORE e G. MANERA. 23 Al ricorso ha resistito con controricorso la Di Lazzaro eccependo il difetto di legittimazione ad impugnare del Procuratore Generale, il carattere non decisorio e definitorio del provvedimento impugnato e l inosservanza dei termini per proporre ricorso; eccezioni che sono state respinte tutte dalla Corte di Cassazione. 24 Cass., 21 luglio 1995, n. 7950, in Foro it., 1995, I, 12, c. 3409; id., 1996, I, 1, c. 628, con nota di C. PIETRANGELI; Giust. civ., 1995, I, 10, p. 2332; Corriere Giur., 1995, 9, p. 1059, con nota di V. CARBONE; 10

11 l interpretazione a supporto del ricorso fornita dal Procuratore Generale presso la Corte d appello, secondo il S. C., il vincolo posto da una sentenza interpretativa di rigetto impedisce al giudice che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di riproporre la medesima interpretazione della norma oggetto del giudizio. In tal senso, infatti, il giudizio di legittimità costituzionale crea un vincolo per il giudice a quo che si concretizza nella impossibilità di una interpretazione in contrasto con la disposizione dichiarata costituzionalmente legittima, ancorché, secondo un consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale 25, il vincolo vada accolto in senso negativo, essendo limitato all interpretazione della norma nel senso disatteso e restando, dunque, possibile una differente interpretazione. Nell interpretare l art. 6 della Convenzione, la Suprema Corte di Cassazione aderisce alla posizione assunta dalla Corte Costituzionale precisando come i destinatari della norma di cui all art. 6 siano i legislatori nazionali e dunque negando il carattere autoapplicativo della norma stessa. Alla luce dell interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione, l adozione legittimante di un minore da parte di una persona singola è consentita in Italia nei (soli) limiti in cui il legislatore del 1983 (utilizzando la facoltà all uopo attribuitagli dall art. 6 della Convenzione di Strasburgo) l ha in concreto disciplinata e cioè nella ricorrenza dei presupposti di cui agli artt. 25, IV e V comma e 44 della citata legge n. 184 del La pronuncia della Suprema Corte, in armonia con la previsione della Consulta, evidenzia come tali disposizioni, non derogando ai principii generali dell istituto, abbiano carattere particolare e non eccezionale, realizzando una tecnica alternativa di attuazione della finalità primaria dell adozione che è quella di assicurare al minore, che ne è privo, l effettività di una vita familiare: inteso, per famiglia [ ] il luogo degli Nuova Giur. Civ. Comm., 1996, 2, p. 525, con nota di CRISTIANI; Giur. it., 1997, I, 1, c. 697, con nota di A. GABRIELLI. 25 vedi, in giurisprudenza, Corte Cost. 25 maggio 1990, n. 268, in Foro it. 1990, I, c. 3067; in dottrina, SANDULLI, Natura, riflessioni ed effetti delle pronunzie della Corte costituzionale sulla legittimità delle leggi, in Riv. trim. dir. pubb., 1959, p. 37; contra, cfr. V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, Giuffrè, Milano, 1984, 400, il quale ritiene il giudice a quo positivamente vincolato all applicazione della norma in armonia con l interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale. 26 Cfr. Cass. 21 luglio 1995, n. 7950, in riv. cit. 11

12 affetti indipendentemente dal numero dei suoi componenti. Dal che anche il corollario di una non pregiudiziale esclusione di una interpretazione estensiva od analogica delle riferite disposizioni, in quanto appunto non eccezionali 27 Pur aderendo in via generale alla posizione assunta dalla Suprema Corte, si ritiene, altresì, di non poter condividere l interpretazione fornita con riguardo alla natura non eccezionale delle norme di cui sopra. È opinione condivisa che, nella determinazione dell eccezionalità di una norma, dipendendo l eccezione dall agire in deroga ai principii generali che regolano i singoli istituti, debba intervenire un giudizio ermeneutico e valutativo con riguardo ai principi informatori degli istituti, in relazione alle finalità da essi perseguite 28. Parte della dottrina, aderendo alla linea speculativa del S. C., sostiene la non eccezionalità delle norme di cui agli artt. 25, IV e V comma e 44 della l. 184/ 83, argomentando - sulla base dell intenzione del legislatore di proteggere i valori esistenziali del minore da adottare realizzando [ ] il principio dell effettività di una vita familiare 29 - che le norme di cui sopra, essendo finalizzate al perseguimento del medesimo scopo dell istituto e, dunque, coincidendo anch esse con l intento di rendere operante il diritto di tutti ad una famiglia 30, tendono alla realizzazione del valore intrinseco dell adozione [ ] ricorrendo ad una forma diversa di adozione 31 e dunque non derogano ai principii generali dell istituto; l eccezione, secondo detta dottrina, non riguarda la norma, bensì la condizione dell adottando. 27 Cfr. Cass. 21 luglio 1995, n. 7950, in riv. cit. 28 Sulla natura eccezionale di una norma, vedi D. BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, UTET, Torino, 1950, p. 62, il quale definisce l eccezionalità come una specialità più ridotta ai casi singolarmente indicati, che, in vista di singolari circostanze, vengono sottoposti ad una disciplina la quale, rispetto alla disciplina comune, ha carattere di deviazione e perciò valore di eccezione ; sulla valutazione in merito all eccezionalità, cfr. P. PERLINGERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, ESI, Napoli, 1991, p F. RUSCELLO, L adozione da parte del singolo: natura non eccezionale della sua disciplina normativa e diritto alla famiglia, in Esercitazioni di istituzioni di diritto privato, a cura di Giove e Ruscello, Foggia, 1996, p F. RUSCELLO, L adozione da parte del singolo: natura non eccezionale della sua disciplina normativa e diritto alla famiglia, cit. 31 F. RUSCELLO, L adozione da parte del singolo: natura non eccezionale della sua disciplina normativa e diritto alla famiglia, cit. 12

13 Argomentando a contrariis, la natura eccezionale delle norme di cui sopra, per altro ampiamente supportata in dottrina 32, è determinata dal fatto che, se è vero che l eccezione cade sulla condizione particolare dell adottando, è proprio la condizione stessa posta a fondamento dell eccezionale previsione normativa; di guisa che, la possibilità per il singolo di adottare è intimamente connessa alla condizione particolare, e non viceversa. Non è, infatti, la condizione dell adottando ad essere eccezionale, ma è essa, data la sua particolarità, a determinare l eccezione nella disciplina ordinaria. Essa condizione è posta, dunque, a giustificazione della eccezionalità delle norme. Ciò trova conferma proprio nella definizione fornita dal S. C. di norma eccezionale, dipendendo detta eccezione dall agire in deroga ai principii generali dell istituto, atteso che le norme di cui all art. 25, IV e V comma e di cui all art. 44, agiscono in deroga rispetto alla previsione di cui all art. 6, l. 184/ 83, proprio con riferimento ai soggetti legittimati ad adottare, ammettendo, a fronte di speciali circostanze (art. 25, IV e V comma) ovvero di casi particolari (art. 44), anche (ma non esclusivamente) il singolo e consentendo, dunque, l adozione oltre i limiti posti dall art. 6. Ciò detto, è altresì evidente che, ancorché le norme di cui sopra siano eccezionali come previsione, non si è in presenza di una adozione di intensità e tutela inferiore rispetto alla adozione c.d. piena 33, quanto meno dal punto di vista del rapporto che si instaura tra adottato ed adottante. I numerosi interventi dottrinali che hanno fatto seguito alle varie fasi dell iter giurisprudenziale del caso Di Lazzaro, dunque, hanno avuto riguardo, tanto ai contenuti dell ordine di esecuzione della Convenzione di Strasburgo ed al carattere 32 A supporto dell eccezionalità della previsione normativa dei casi particolari, vedi, per tutti, L. SACCHETTI, Il commento dell adozione e dell affidamento, Rimini, 1986, p. 321, ed in particolare L. ROSSI CARLEO, voce: Adozione dei minori, cit., là dove sostiene che se nell adozione piena il legislatore ha fissato con estremo rigore una serie di requisiti per gli adottanti, all inverso, per l adozione in casi particolari, si è ritenuto opportuno derogare alla rigidità dei requisiti, mentre si è inteso fissare con intransigenza quelli che si individuano, appunto, come casi particolari. La ratio della norma è evidente: nella prevalenza delle ipotesi si richiede la sussistenza delle condizioni ritenute ottimali per il minore; in ipotesi specifiche è possibile derogare a quei requisiti, pur di offrire al minore una tutela che [ ] è più idonea. 33 F. RUSCELLO, L adozione da parte del singolo: natura non eccezionale della sua disciplina normativa e diritto alla famiglia, cit. 13

14 autoapplicativo o meno delle norme pattizie, quanto al tenore letterale dell art. 6 della Convenzione di Strasburgo. Con riguardo all ordine di esecuzione della Convenzione, ci si è chiesti se esso imponesse o meno l obbligo per gli Stati aderenti di ammettere l adozione da parte del singolo. In tal senso, ancorché parte della dottrina e della giurisprudenza 34, abbiano sostenuto che la norma contenesse l obbligo positivo per il legislatore italiano di prevedere l adozione da parte del singolo, altra dottrina 35 alla quale si ritiene di aderire, in armonia con l interpretazione fornita tanto dalla Corte costituzionale 36 quanto dalla Corte di Cassazione 37, ha sostenuto che la norma di cui all art. 6 della Convenzione non obbliga positivamente a prevedere l adozione da parte del singolo o da parte di una coppia di coniugi 38, bensì pone il divieto per gli Stati contraenti di rendere possibile adottare oltre i limiti posti dalla norma stessa e, dunque, alle coppie conviventi ed omosessuali. Ciò è chiaramente riscontrabile attraverso l analisi del tenore letterario della norma, la quale, attraverso l espressione negativa La legislation ne peut permettre l adoption d un enfant que par deux personnes unies en mariage, qu elles adoptent simultanément ou successivement, ou par un seul adoptant, piuttosto che formare un obbligo positivo, 34 Vedi D. BONAMORE, L adozione speciale deve essere speciale, nota a App. Roma 25 settembre 1993, in Giust. civ. 1994, p. 247; C. FIORAVANTI, L adozione in base all art. 6 par. 1 della Convenzione di Strasburgo, nota a App. Roma 25 settembre 1993, in Nuove leggi civ., 1993, p. 1400; in giurisprudenza vedi Ord. App. Roma 25 settembre 1993, in Rep. Foro it., 1993, voce Adozione, n A. BEGHÈ LORETI, La normativa internazionale e quella italiana in tema di adottabilità di un minore da parte di persona sola, nota a App. Roma, 25 settembre 1993, in Giust. Civ., 1993, I, p. 2827; V. CARBONE, Adozione di minore da unico adottante: manca la norma, in Corriere giur., 1995, p. 1063; M. DOGLIOTTI, La Corte costituzionale esclude l adozione da parte del singolo e dà consigli al futuro legislatore, in Dir. fam., 1994, p. 3000; M. GUGLIELMI, Ammissibilità dell adozione del singolo adottante, in Giur. merito, 1994, p. 448; L. LENTI, L adozione da parte di persone singole: la legge 184 e la Convenzione di Strasburgo, in Giur. it., 1994, I, 2, c. 237; F. PIETRANGELI, L adozione del singolo, la Convenzione di Strasburgo del 24 aprile 1967 e la legislazione vigente: critica ad una recente sentenza della Corte di cassazione, in Foro it., 1996, I, 1, c. 628; L. ROSSI CARLEO, Molto rumore per nulla: l adozione da parte del singolo, in Giur. it., 1994, I, 2, c Ord. Corte Cost. 16 settembre 1994, n. 183, cit. 37 Cass. 21 luglio 1995, n. 7950, cit. 38 La Convenzione non fa menzione della durata del rapporto di coniugio al fine della determinazione dei soggetti legittimati ad adottare. In tal senso, non contrasta la previsione operata dalla legge n. 149 del 2001 al IV comma dell art. 6, riguardo alla possibilità che ad adottare siano i coniugi i quali, ancorché non abbiano raggiunto i tre anni di matrimonio, abbiano convissuto in modo stabile e continuativo per un periodo di almeno tre anni prima delle nozze. 14

15 chiaramente impone il divieto di cui sopra, conferendo al legislatore interno una mera facoltà. Ancora riguardo al dettato dell art. 6 della Convenzione, il testo, oltre ad essere espresso in forma negativa, crea una sostanziale alternativa in merito alla previsione dei soggetti ammessi ad adottare, i coniugi sposati da almeno tre anni ed il singolo; alternativa resa palese dall utilizzo della particella disgiuntiva ou, o nel testo italiano, preferita alla congiunzione et. Benché, come è stato correttamente notato in dottrina 39, l uso della particella disgiuntiva ou nel testo originale, fosse inevitabile, dato che se si fosse fatto uso della copulativa et si sarebbe incorsi nel macroscopico errore di consentire l adozione alla coppia ed al singolo, ossia ad una coppia più un terzo soggetto, si è portati a criticare la medesima dottrina là dove, sostenendo che I soggetti in grado di dichiararsi pronti ad adottare un bambino possono dunque essere, a norma della Convenzione internazionale e della legge italiana che l ha introdotta nel diritto interno, sia una coppia sposata sia un singolo 40, asserisce che entrambi i soggetti (coppia di coniugi e singolo individuo) debbano essere al pari ammessi all adozione. Convenendo ancora con l interpretazione fornita dal Supremo Collegio ed ampiamente supportata in dottrina 41, si ribadisce che la norma di cui all art. 6 crea un alternativa tra le soluzioni e, esprimendosi in senso negativo, non impone l obbligo per il legislatore interno di prevederle entrambe. Essa si limita a tracciare i confini tra ciò che è consentito, e ciò che non è consentito, lasciando libertà al legislatore interno, 39 D. BONAMORE, L adozione speciale deve essere speciale, nota a App. Roma 25 settembre 1993, in Giust. civ. 1994, p. 247, il quale evidenzia come, nel precetto dell art. 6 [ ] le due categorie di individui cui compete il diritto di proporsi per l adozione speciale sono legate dalla particella invariabile o che rientra nel novero delle congiunzioni. Al contrario della copulativa e, che lega due elementi della proposizione o due proposizioni fra di loro (citando testualmente S. BATTAGLIA e V. PERTICONE, La grammatica italiana, Torino, 1968, 435). 40 D. BONAMORE, L adozione speciale deve essere speciale, in op. cit., A. BEGHÈ LORETI, La normativa internazionale e quella italiana in tema di adottabilità di un minore da parte di persona sola, nota a App. Roma, 25 settembre 1993, in Giust. Civ., 1993, I, p. 2827; G. CATTANEO, L adozione da parte di persone sole o di due persone non coniugate, in Studi in onore di Cesare Grassetti, Giuffrè, Milano, 1980, p

16 destinatario primo della normativa dato il carattere non self-executing della norma, di scegliere le soluzioni che ritiene più idonee tra quelle prospettate dalla Convenzione 42. In ultimo, con riferimento al carattere self-executing della norma pattizia 43, a fronte dell interpretazione positiva fornita dalla Corte d appello 44 e sostenuta da parte della dottrina 45, la quale ha ritenuto che l art. 6 della Convenzione abbia acquistato forza autoapplicativa nell ordinamento interno, tanto la Corte costituzionale, quanto la Cassazione, hanno negato il carattere self-executing della norma, affermando che essa attribuisce al legislatore una mera facoltà e non è direttamente applicabile ai rapporti intersoggettivi privati 46. Detta interpretazione, ampiamente supportata in dottrina 47, muove dal corretto presupposto che la Convenzione di Strasburgo, come precedentemente detto, detta le linee guida della normativa, senza tuttavia dare una disciplina di dettaglio alla materia, lasciando al legislatore interno, destinatario primo 42 Ciò porta a muovere una ulteriore critica alla tesi dottrinale di chi sostiene che, ancorché sia evidente che una sola soluzione (citando criticamente A. BEGHÈ LORETI, La normativa internazionale e quella italiana in tema di adottabilità di un minore da parte di persona sola, cit., p. 2828) è [ ]sufficiente [ ], questo riguarda il momento ad opera dei giudici. Si è ossia portati a confondere la fase genetica della norma con la sua attuazione. La legge [ ] costruisce un obbligazione [ ] alternativa. O si accetta la norma, come ha fatto l Italia, o non si accetta. Se si accetta, tuttavia, non si può poi pretendere di circoscriverne l attuazione ad una sola delle due ipotesi previste : così, D. BONAMORE, L adozione speciale deve essere speciale, cit., p L affermazione riguardo all accettazione della norma è estremamente corretta da un punto di vista sia formale che sostanziale. Ma la norma, va accettata nel suo contenuto precettivo, considerando che essa non ha carattere autoapplicativo e che dunque i destinatari di essa sono i singoli legislatori, così come chiaramente sostenuto sia dal Giudice di legittimità costituzionale, sia dalla Suprema Corte. Il che significa che se la normativa esprime una facoltà alternativa, sarà poi compito del destinatario della Convenzione, ossia del legislatore interno, disciplinarne i limiti che egli ritiene più aderenti alle finalità dell istituto italiano dell adozione. Compito del giudice è sì scegliere la soluzione considera più idonea al caso concreto, ma entro i limiti di cui sopra, definiti dalla legge nazionale, sulla base delle indicazioni fornite dal dettato della Convenzione. 43 Secondo la dottrina prevalente, il carattere autoapplicativo di una norma pattizia è determinato dal non necessario intervento integrativo da parte del legislatore interno; la norma acquista piena efficacia in virtù del solo ordine di esecuzione. In tal senso, vedi, per tutti, CONDORELLI, Il giudice italiano e i trattati internazionali. Gli accordi self-executing e non self-executing nella giurisprudenza, Padova, 1974, passim. 44 Ord. App. Roma, 25 settembre 1993, cit. 45 Vedi F. PIETRANGELI, L adozione del singolo, la Convenzione di Strasburgo del 24 aprile 1967 e la legislazione vigente: critica ad una recente sentenza della Corte di cassazione, cit., p. 628; D. BONAMORE, Il principio di razionalità e verità della legge, le sentenze della Corte costituzionale e l ingresso nell ordinamento dell adozione speciale da parte del singolo (art. 6, l. 22 maggio 1974 n. 357), in Giust. civ., 1994, II, p Cfr., infra, nota Vedi, sul punto, A. BEGHÈ LORETI, La normativa internazionale e quella italiana in tema di adottabilità di un minore da parte di persona sola, cit., p. 2827; C. FIORAVANTI, L adozione in base all art. 6 par. 1 della Convenzione di Strasburgo, cit., p

17 della normativa, il compito di determinare, attraverso la legge, i contenuti dell istituto entro i confini segnati dalla Convenzione. III. A mò di conclusione Benché sia facilmente constatabile che, allo stato attuale, esistono compagini familiari composte da un solo genitore ed uno o più figli, dato che l ordinamento garantisce al minore in stato di abbandono la massima tutela, si può argomentare, a conforto della previsione restrittiva del dettato normativo, che la scelta (ponderata) del legislatore del in armonia con la precedente normativa dell 83 - di limitare ai soli coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni la possibilità di adottare 48, essendo informata sulla necessità di fornire ad esso (già di fatto leso dalla situazione di abbandono) una assistenza familiare massima, ossia un foyer stable et harmonieux 49, abbia tenuto in debita considerazione che detta tutela si realizzi pienamente ed esclusivamente con l inserimento del medesimo nel miglior gruppo familiare disponibile, di norma composto da due figure parentali. Ciò in considerazione anche dell eventualità del potersi realizzare situazioni paradossali in cui, il minore adottato subisca, ad esempio, la perdita di un genitore adottivo. Di conseguenza è possibile addurre ragioni a conforto della eccezionalità delle norme che disciplinano l adozione in casi particolari e che accordano al singolo la possibilità di rendersi disponibile all adozione, nonché supportare la negazione, sancita dalla legge 149/ 01, dell ammettere il singolo tra i soggetti legittimati all adozione piena. È evidente, in tal senso, il trauma che provocherebbe al minore la perdita, già, di uno solo dei genitori adottivi; inutile a dirsi cosa significherebbe per il minore la perdita del solo genitore adottivo; basti, così, pensare alla conseguente riapertura di una nuova procedura di adozione con il sorgere di nuovi legami, a seguito della reiterata situazione di abbandono. Tutto ciò nel presunto interesse del minore! 48 Contenendo la legittimazione del singolo all adozione, alle speciali circostanze di cui agli invariati IV e V comma dell art. 25, ed ai casi particolari sub lett. a, c e d dell art. 44 novellato 49 Dizione di cui all art. 8, par. 2, della Convenzione di Strasburgo. 17

18 Pur volendo prescindere dagli aspetti giuridici del rapporto di filiazione adottiva, il legame fisico e psichico che si instaura tra adottato e adottante è il presupposto fondamentale e, allo stesso tempo, lo scopo ultimo dell adozione dei minori di età 50. Se è vero che ad adottare il minore è l adulto, è per altro vero, che il rapporto è reciproco e che la parte debole di esso è il minore: è l lui che l ordinamento accorda la massima tutela. Sul presupposto che il leit motiv dell istituto dell adozione è garantire il diritto del minore ad una famiglia in virtù della preminente tutela di cui sopra e, considerando che, non è ammissibile un diritto (inviolabile) dell uomo ad adottare 51, si è dunque portati, non condividendo l opinione di quanti ritengono che l adozione da parte del singolo possa garantire i medesimi benefici per il minore rispetto all adozione tradizionale da parte di una coppia, ad escludere la possibilità di ammettere il singolo all adozione piena, come del resto ampiamente argomentato da autorevole dottrina 52 e così come confermato dalla vigente legge. 50 Come correttamente argomentato da attenta dottrina, sono, infatti, soprattutto i rapporti affettivi ad essere meritevoli di tutela; così, P. PERLINGERI, Sui rapporti personali nella famiglia, in Rapporti personali nella famiglia a cura di, ESI, Napoli, 1982, p Così come correttamente argomentato dalla Corte costituzionale: cfr. C. Cost , n. 281, in Foro it., Rep. 1994, voce: Adozione, nn. 68 e 69, ove ha asserito che non rientra tra i diritti inviolabili dell uomo (di cui all art. 2 Cost.) l aspirazione per il singolo di adottare. 52 Vedi P. TRIMARCHI, in Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo, Trabucchi, Cedam, Padova, 1993, 68; nonché A. BEGHÈ LORETI, La normativa internazionale e quella italiana in tema di adottabilità di un minore da parte di persona sola, nota a App. Roma, 25 settembre 1993, in Giust. Civ., 1993, I, p. 2827, la quale evidenzia come considerare una famiglia quella volutamente monoparentale equivarrebbe a negare il diritto del bambino ad una famiglia completa con una figura paterna ed una materna. 18

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