ESTRATTO DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO D. LGS. 231/2001

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1 ESTRATTO DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO D. LGS. 231/2001 Adottato dal Consiglio di Amministrazione il 25 novembre 2010 Aggiornato in data 11 ottobre 2011 Ultimo aggiornamento approvato dal Consiglio di Amministrazione in data 19 marzo 2013

2 INDICE 1 IL DECRETO LEGISLATIVO 231/ La normativa La natura della responsabilità degli Enti I criteri di imputazione della responsabilità all ente e le esenzioni della responsabilità I reati Le sanzioni I reati commessi all estero Le vicende modificative dell Ente Le caratteristiche del Modello di gestione, organizzazione e controllo I precedenti giurisprudenziali Le Linee Guida di Confindustria IL MODELLO 231 IN ESSELUNGA S.P.A Breve storia del Gruppo Esselunga Il Gruppo Esselunga Organizzazione e attività di Esselunga S.p.A Il Modello di Esselunga S.p.A Approvazione, modifica, attuazione del modello METODOLOGIA La costruzione del Modello: le attività propedeutiche alla definizione ed all aggiornamento del Modello La struttura del Modello Le principali componenti del Modello ELEMENTI DEL MODELLO Mappatura aree a Rischio Reato e identificazione dei controlli a presidio Rinvio Documentazione delle attività e segregazione delle funzioni Descrizione del sistema di deleghe Descrizione sistemi informativi Descrizione gestione dei flussi finanziari Fase di programmazione e definizione del budget Fase di consuntivazione Le certificazioni in campo alimentare La certificazione del sistema di gestione della sicurezza sul lavoro Il Codice Etico e di Comportamento Il Sistema disciplinare Introduzione Sanzioni nei confronti dei lavoratori dipendenti e dei dirigenti Sanzioni nei confronti degli Amministratori e dei Sindaci Sanzioni nei confronti dei lavoratori somministrati Sanzioni nei confronti di fornitori, collaboratori e consulenti esterni Parte Generale 2 di 35

3 4.10 Operazioni effettuate direttamente dai soggetti apicali Ambito di riferimento Attività di controllo COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DEL MODELLO Principi generali Comunicazione del Modello FORMAZIONE L ORGANISMO DI VIGILANZA Caratteri generali e funzioni dell OdV Requisiti dell OdV Nomina, revoca e durata in carica Poteri dell OdV Flussi informativi da e per l OdV Parte Generale 3 di 35

4 Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.LGS. 231/2001 Parti Speciali Parte Speciale A - Reati contro la Pubblica Amministrazione (omissis) Parte Speciale B - Reati in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro (omissis) Parte Speciale C - Delitti contro l industria e il commercio e in materia di contraffazione (omissis) Parte Speciale D - Reati di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (omissis) Parte Speciale E - Delitti in materia di violazione del diritto d autore (omissis) Parte Speciale F - Delitti informatici e trattamento illecito dei dati (omissis) Parte Speciale G - Reati societari (omissis) Parte Speciale H - Reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (omissis) Parte Speciale I - Reati transnazionali - Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all autorità giudiziaria (omissis) Parte Speciale L - Delitti di criminalità organizzata (omissis) Parte Speciale M - Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (omissis) Parte Speciale N - Reati ambientali (omissis) Allegati Allegato 1. Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (omissis) Allegato 2. Elenco dei reati previsti dal Decreto Legislativo n. 231/2001 (omissis) Allegato 3. Codice Etico e di Comportamento Allegato 4. Componenti dell Organismo di Vigilanza e relativi curricula (omissis) Parte Generale 4 di 35

5 1 IL DECRETO LEGISLATIVO 231/ LA NORMATIVA Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (di seguito anche indicato come il Decreto ), avente ad oggetto la Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (Allegato n. 1), ha introdotto nell ordinamento italiano la responsabilità degli enti. Si tratta di una peculiare forma di responsabilità amministrativa, in sede penale, delle persone giuridiche per taluni reati commessi, o tentati, da soggetti appartenenti ai vertici aziendali o da soggetti ad essi sottoposti. Il Decreto ha adeguato la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune convenzioni internazionali in precedenza sottoscritte dall Italia, come le Convenzioni di Bruxelles del 26 luglio 1995 e del 26 maggio 1997 sulla tutela degli interessi finanziari della Unione Europea e sulla lotta alla corruzione di funzionari pubblici sia della Unione Europea che degli Stati membri e la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche ed internazionali. Il Decreto costituisce un intervento di grande novità normativa e culturale con cui, alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato, si aggiunge quella dell ente a vantaggio o nell interesse del quale lo stesso reato è stato perpetrato. Le disposizioni di cui al Decreto si applicano, per espressa previsione dell art. 1 dello stesso, ai seguenti soggetti (qui di seguito gli Enti ): enti forniti di personalità giuridica; società e associazioni anche prive di personalità giuridica. 1.2 LA NATURA DELLA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI Con riferimento alla natura della responsabilità amministrativa degli Enti ai sensi del Decreto, la Relazione illustrativa al Decreto medesimo ha sottolineato che si tratta di un tertium genus che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dell efficacia preventiva con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia. La normativa in parola è frutto di una tecnica legislativa che, mutuando i principi propri dell illecito penale e dell illecito amministrativo, ha introdotto nel nostro ordinamento un sistema punitivo degli illeciti di impresa che va ad aggiungersi e ad integrarsi con gli apparati sanzionatori esistenti: il Giudice penale competente a giudicare l autore del fatto è altresì chiamato a giudicare, nello stesso procedimento, della responsabilità amministrativa dell Ente e ad applicare la sanzione conseguente secondo la disciplina e secondo le tempistiche tipiche del processo penale. La responsabilità amministrativa dell Ente è autonoma rispetto a quella della persona fisica che commette il reato: l Ente, infatti, non va esente da responsabilità anche qualora l autore del reato non sia stato identificato o non sia imputabile o qualora il Parte Generale 5 di 35

6 reato si estingua per causa diversa dall amnistia (art. 8 del Decreto). In ogni caso, la responsabilità dell Ente si aggiunge e non sostituisce quella della persona fisica autrice del reato. 1.3 I CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ ALL ENTE E LE ESENZIONI DELLA RESPONSABILITÀ Se è commesso uno dei reati-presupposto (illustrati al paragrafo 1.4 che segue), l Ente è responsabile soltanto se si verificano certe condizioni, che vengono definite criteri di imputazione del reato all Ente e che si distinguono in criteri oggettivi e criteri soggettivi. La prima condizione oggettiva è che il reato-presupposto sia stato commesso da un soggetto legato all Ente da un rapporto qualificato. L art. 5 del Decreto, infatti, indica quali autori del reato: soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale o soggetti che esercitano di fatto la gestione ed il controllo dell Ente (cosiddetti soggetti in posizione apicale o apicali); soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di soggetti apicali (cosiddetti soggetti in posizione subordinata o sottoposti). La seconda condizione oggettiva è che la condotta illecita sia stata realizzata dai soggetti suindicati nell interesse o a vantaggio della società (art. 5, co. 1 del Decreto): l interesse sussiste quando l autore del reato ha agito con l intento di favorire l Ente, indipendentemente dalla circostanza che poi tale obiettivo sia stato raggiunto; il vantaggio sussiste quando l Ente ha tratto, o avrebbe potuto trarre, dal reato un risultato positivo, non necessariamente di natura economica. Per espressa volontà del Legislatore, l Ente non risponde nell ipotesi in cui i soggetti apicali o i soggetti in posizione subordinata hanno agito nell interesse esclusivo proprio o di terzi (art. 5, co. 2 del Decreto). Il criterio dell interesse o vantaggio, coerente con la direzione della volontà propria dei delitti dolosi, è di per sé non compatibile con la struttura colposa dei reati presupposto previsti dall art. 25-septies del Decreto (omicidio e lesioni colpose). In tali ultime fattispecie, la componente colposa (che implica la mancanza della volontà) esclude che si possa configurare il reato presupposto nell interesse dell ente (ciò che presupporrebbe una direzione della volontà). Nel silenzio del Legislatore, la tesi interpretativa maggiormente accreditata ritiene plausibile come criterio di ascrizione dei ricordati reati colposi la circostanza che l inosservanza della normativa antiinfortunistica costituisca un oggettivo vantaggio per l ente (quanto meno sotto il profilo dei minori costi derivanti dalla citata inosservanza). Sicché come si cercherà di mostrare ulteriormente nella parte speciale del Modello dedicata all art. 25-septies il Parte Generale 6 di 35

7 criterio di ascrizione in discorso è in questi casi limitato all oggettiva circostanza che la condotta inosservante rechi un vantaggio all ente. Per quanto concerne i criteri soggettivi di imputazione del reato all Ente, essi stabiliscono le condizioni in base alle quali il reato è rimproverabile all Ente: affinché il reato non possa essere ad esso imputato sotto il profilo soggettivo, l Ente deve dimostrare di avere fatto tutto quanto in suo potere per organizzarsi, gestirsi e controllare che nell esercizio dell attività di impresa non possa essere commesso uno dei reati-presupposto tra quelli elencati nel Decreto. Per questa ragione, il Decreto prevede che la responsabilità dell Ente può essere esclusa qualora, prima della commissione del fatto: siano predisposti ed attuati modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione dei reati; sia istituito un organo di controllo (Organismo di Vigilanza), con poteri di autonoma iniziativa con il compito di vigilare sul funzionamento dei modelli di organizzazione. Nell ipotesi di reati commessi dai soggetti in posizione apicale, il Legislatore ha previsto una presunzione di colpa per l Ente, in considerazione del fatto che i soggetti apicali esprimono, rappresentano e concretizzano la politica gestionale dell Ente stesso: la responsabilità dell Ente è esclusa soltanto qualora quest ultimo dimostri che il reato è stato commesso eludendo fraudolentemente il Modello di organizzazione, gestione e controllo (qui di seguito il Modello ) esistente e che non vi sia stato omesso o insufficiente controllo da parte dell Organismo di Vigilanza (qui di seguito OdV ), appositamente incaricato di vigilare sul corretto funzionamento e sull effettiva osservanza del Modello stesso (art. 6 del Decreto). 1 In queste ipotesi, dunque, il Decreto richiede una prova di estraneità al reato più forte, poiché l Ente deve anche provare una sorta di frode interna al Modello da parte dei soggetti apicali. Nel caso di reato realizzato dal sottoposto, invece, si avrà la responsabilità dell Ente soltanto qualora la commissione del reato sia stata resa possibile dall inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza: in questa ipotesi l esclusione della responsabilità dell Ente è subordinata, in sostanza, alla adozione di protocolli comportamentali adeguati, per il tipo di organizzazione e di attività svolta, a garantire lo svolgimento dell attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio (art. 7, co. 1 del Decreto). 2 Si tratta, in questo caso, di una vera e propria colpa di organizzazione, poiché l Ente ha indirettamente acconsentito alla commissione del reato, non presidiando adeguatamente le attività e i soggetti a rischio di 1 Ai sensi dell art. 6, co.1, D.Lgs. 231/2001, Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell art 5, comma 1, lettera a) [i soggetti apicali], l ente non risponde se prova che: a) l organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell organismo di cui alla lettera b). 2 Ai sensi dell art. 7, co.1, D.Lgs. 231/2001, Nel caso previsto dall art. 5, comma 1, lettera b) [i soggetti in posizione subordinata], l ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. Parte Generale 7 di 35

8 commissione di un reato-presupposto. 1.4 I REATI In ossequio al principio di legalità di cui all art. 2 c.p., il Legislatore ha enucleato un numerus clausus di reati per i quali l Ente può essere chiamato a rispondere (cosiddetti reati-presupposto). Le fattispecie di reato dalle quali può scaturire la responsabilità dell Ente, tassativamente elencate dal Decreto, sono le seguenti: Reati contro la Pubblica Amministrazione (Art. 25 D.Lgs. 231/2001) concussione (art. 317 c.p.); corruzione per l esercizio della funzione (art. 318 c.p.); corruzione per un atto contrario ai doveri d ufficio (art. 319 c.p.) oltre alle eventuali aggravanti di cui all art. 319-bis c.p.; corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.); induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.); corruzione, pene per il corruttore (art. 321 c.p.); istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.); peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione ed istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis c.p.). Reati contro il patrimonio della Pubblica Amministrazione (Art. 24 D.Lgs. 231/2001) truffa a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640, co. 2, n. 1, c.p.); frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640-ter, co. 2 c.p.). Reati in materia di finanziamenti pubblici (Art. 24 D.Lgs. 231/2001) malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-bis c.p.); indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-ter c.p.); truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.). Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (Art. 25-bis D.Lgs. 231/2001) L art. 6 del D.Lgs. n. 350/2001, recante Disposizioni urgenti in vista dell introduzione dell euro, ha introdotto nel Decreto l art. 25-bis e, dunque, le seguenti fattispecie di reato-presupposto: falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.); Parte Generale 8 di 35

9 alterazione di monete (art. 454 c.p.); spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.); spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.); falsificazione dei valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.); contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.); fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.); uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464 c.p.). La Legge n. 99/2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009), modificando la rubrica dell art. 25-bis del D.Lgs. 231/2001 con l aggiunta del riferimento agli strumenti o segni di riconoscimento, ha introdotto due ulteriori fattispecie di reato-presupposto: contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli o disegni (art. 473 c.p.); introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). Reati societari (Art. 25-ter D.Lgs. 231/2001) Con la riforma delle norme penali previste dal Codice Civile in materia di disciplina degli illeciti (penali e amministrativi) connessi alle società commerciali, realizzata con il D.Lgs. n. 61/2002, le seguenti fattispecie illecite sono state introdotte nell ambito della disciplina del Decreto con l art. 25-ter. Il reato di corruzione tra privati di cui all art c.c. è stato introdotto dalla L. 190/2012 recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell illegalità nella pubblica amministrazione, in vigore dal 28 novembre False comunicazioni sociali (art c.c.); false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori (art c.c.); impedito controllo 3 (art c.c.); indebita restituzione di conferimenti (art c.c.); illegale ripartizione di utili e riserve (art c.c.); illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 3 La Legge n. 262/2005 ha abrogato l art c.c. (Falso in prospetto) il quale risulta così, allo stato, espunto dai reati elencati nell art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001. Analogamente, il D.Lgs. n. 39/2010, che ha recepito la Direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, ha abrogato l art c.c. (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione), il quale risulta pertanto altresì espunto dai reati elencati nell art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001. Tale reato (rubricato ora come Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni dei responsabili della revisione legale) trova la sua disciplina nell art. 27 del D.Lgs. 39/2010, ma non rientra più tra i reati-presupposto ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Il D.Lgs. n. 39/2010 ha inoltre eliminato l impedito controllo dei revisori dall art c.c., disciplinato ora dall art. 29 del medesimo decreto D.Lgs. n. 39/2010, il quale a sua volta non è, allo stato, richiamato dall art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001. Parte Generale 9 di 35

10 2628 c.c.); operazioni in pregiudizio dei creditori (art c.c.); omessa comunicazione del conflitto di interessi (art bis c.c.); formazione fittizia del capitale (art c.c.); indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art c.c.); corruzione tra privati (art c.c.); illecita influenza sull'assemblea (art c.c.); aggiotaggio (art c.c.); ostacolo all esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art c.c.). Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico previsti dal Codice penale e dalle leggi speciali (Art. 25-quater D.Lgs. 231/2001) L art. 3 della Legge n. 7/2003 di ratifica della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo del 1999 ha introdotto nel Decreto l art. 25 quater. L art. 25-quater non elenca specificamente i reati aventi finalità di terrorismo o di eversione dell ordine democratico per i quali è prevista la responsabilità dell Ente, limitandosi a richiamare, al comma 1, i delitti previsti dal codice penale e dalle leggi speciali e, al comma 4, i delitti diversi da quelli disciplinati dal comma 1, ma posti in essere in violazione di quanto stabilito dall art. 2 della Convenzione di New York. Per le singole fattispecie di reato connesse all art. 25-quater, si rimanda all elenco contenuto nell Allegato n. 2 al presente Modello. Delitti contro la persona (Art. 25-quater 1 D.Lgs. 231/2001) Con la Legge n. 7/2006, contenente disposizioni in materia di prevenzione e divieto delle pratiche di infibulazione, il Legislatore ha esteso l ambito di applicazione del Decreto alla seguente fattispecie di reato: pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.). Delitti contro la personalità individuale (Art. 25-quinquies D.Lgs. 231/2001) L art. 5 della Legge n. 228/2003, relativo alle misure contro la tratta di persone, ha aggiunto al Decreto l art. 25-quinquies. Successivamente tale articolo è stato integrato ad opera dell art. 10 della Legge n. 38/2006, contenente Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo di internet. L art. 25-quinquies del Decreto prevede l applicazione di sanzioni amministrative alle persone giuridiche per la commissione dei seguenti reati: riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.); prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.); pornografia minorile (art. 600-ter c.p.); detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater c.p.); Parte Generale 10 di 35

11 pornografia virtuale (art. 600-quater 1 c.p. introdotto con la L. 38/2006); iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art quinquies c.p.); tratta e commercio di schiavi (art. 601 c.p.); alienazione e acquisto di schiavi (art. 602 c.p.). Abusi di mercato (Art. 25-sexies D.Lgs. 231/2001) Con l art. 9 della Legge n. 62/2005 (Legge Comunitaria per il 2004), che ha recepito la direttiva 2003/6/Ce del Parlamento e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, è stato introdotto nel Decreto l art. 25-sexies. Tale norma ha esteso l ambito di applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche alle condotte che integrano i seguenti reati: abuso di informazioni privilegiate (art. 184 del D.Lgs. 58/98); manipolazione del mercato (art. 185 del D.Lgs. 58/98). Reati transnazionali La Legge n. 146/2006 di "Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001" all art. 10 ha previsto la responsabilità amministrativa degli Enti per i seguenti reati 4 : induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all autorità giudiziaria (art. 377-bis c.p.); favoreggiamento personale (art. 378 c.p.); associazione per delinquere (art. 416 c.p.); associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater D.P.R. n. 43/73); associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 D.P.R. 309/90); disposizioni contro le immigrazioni clandestine (art. 12 del D.lgs. 286/98 e successive modifiche, commi 3, 3-bis, 3-ter e 5). Delitti in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (Art. 25-septies D.Lgs. 231/2001) L art. 25-septies, inserito dall art. 9 della Legge n. 123/07 e successivamente sostituito dall art. 300 D.Lgs. n. 81/2008, ha introdotto la responsabilità amministrativa dell Ente nel caso di delitti commessi esclusivamente con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro. In particolare: omicidio colposo (art. 589 c.p.) commesso con violazione dell art. 55, co. 2 del 4 Il D.Lgs. 231/2007, art. 64, ha abrogato i commi 5 e 6 dell art. 10 della Legge n. 146/2006, espungendo dalla stessa le previsioni concernenti i reati di riciclaggio (art. 416 bis c.p.) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.). Parte Generale 11 di 35

12 decreto legislativo attuativo della delega di cui alla Legge n. 123/07; omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 589 co. 2 c.p.); lesioni colpose gravi o gravissime (art. 590 co. 3 c.p.). Delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita previsti rispettivamente dagli artt. 648, 648-bis e 648-ter c.p. (Art. 25-octies D.Lgs. 231/2001) Il D.Lgs. n. 231/2007 ha dato attuazione alla Direttiva 2005/60/CE del Parlamento e del Consiglio del 26 ottobre 2005, concernente la prevenzione dell utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (cosiddetta III Direttiva Antiriciclaggio), e alla Direttiva 2006/70/CE della Commissione che ne reca le misure di esecuzione. Tale intervento normativo ha comportato un riordino della complessa normativa antiriciclaggio presente nel nostro ordinamento giuridico. L art. 63, co. 3 del D.Lgs. n. 231/2007 ha introdotto nel Decreto l art. 25-octies, estendendo la responsabilità amministrativa degli Enti alle seguenti fattispecie di reato: ricettazione (art. 648 c.p.); riciclaggio (art. 648-bis c.p.); impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.). Delitti informatici e trattamento illecito di dati (Art. 24-bis D.Lgs. 231/2001) L art. 7 della Legge n. 48/2008 di Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell ordinamento interno ha introdotto la responsabilità amministrativa degli Enti per i seguenti reati: falsità di documenti informatici (art. 491-bis c.p.); accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter); detenzione e diffusione abusiva di codici d accesso a sistemi informatici e telematici (art. 615-quater c.p.); diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art quinquies); intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quater); installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies); danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis); danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro Ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635-ter); danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-quater); danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art quinquies); Parte Generale 12 di 35

13 frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (art. 640-quinquies). Delitti di criminalità organizzata (Art. 24-ter D.Lgs. 231/2001) La Legge n. 94/2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2009) ha introdotto le seguenti fattispecie di reato-presupposto: associazione per delinquere (art. 416, ad eccezione del co. 6 c.p.); associazione per delinquere finalizzata alla riduzione o al mantenimento in schiavitù o in servitù, alla tratta di persone, all acquisto e all alienazione di schiavi ed ai reati concernenti le violazioni delle disposizioni sull immigrazione clandestina di cui all art. 12 del D.Lgs. 286/98 (art. 416, co. 6 c.p.); associazioni di tipo mafioso anche straniere (art. 416-bis c.p.); scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.); sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.); associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del D.P.R. 309/90); delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, esplosivi ed armi clandestine, nonché di più armi comuni da sparo, escluse quelle previste dall'articolo 2, terzo comma, della Legge 110/1975 (art. 407, co. 2, lett. a), n. 5, c.p.p.). Delitti contro l industria e il commercio (Art. 25-bis.1 D.Lgs. 231/2001) La Legge n. 99/2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009) ha introdotto le seguenti fattispecie di reato-presupposto: turbata libertà dell industria e del commercio (art. 513 c.p.); illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513-bis c.p.); frodi contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.); frode nell esercizio del commercio (art. 515 c.p.); vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.); vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.); fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter c.p.); contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.). Delitti in materia di violazione del diritto d autore (Art. 25 novies D.Lgs. 231/2001) La Legge n. 99/2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009) ha introdotto tra le fattispecie di reato-presupposto i delitti previsti dagli artt. 171, co. 1, lett. a-bis) e co. 3, 171-bis, 171-ter, 171-septies e 171-octies della Legge 22 aprile 1941 n Parte Generale 13 di 35

14 Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all autorità giudiziaria (Art. 25 decies D.Lgs. 231/2001) La Legge n. 116/2009 ha introdotto tra i reati-presupposto l art. 377-bis c.p. (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all autorità giudiziaria), già presente tra le fattispecie di reato-presupposto elencate nell art. 10 della Legge n. 146/06: la responsabilità delle persone giuridiche è stata così estesa a questo reato indipendentemente dalla presenza o meno del requisito della transnazionalità. Reati ambientali (Art. 25 undecies D.Lgs. 231/2001) L art. 2 del D.Lgs. n. 121 del 7 luglio 2011, di attuazione delle Direttive 2008/99/CE sulla tutela penale ambientale, nonché della Direttiva 2009/123/CE, che modifica la Direttiva 2005/35/CE, relativa all inquinamento provocato dalle navi e all introduzione di sanzioni per violazioni, ha inserito nel Decreto l art. 25 undecies in tema di reati ambientali, che ha introdotto i seguenti reati-presupposto: uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis c.p.); distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (art. 733 bis c.p.); divieti di scarico Sanzioni penali (art. 137 del D.Lgs. n. 152/2006); attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 del D.Lgs. n. 152/2006); inquinamento dei siti (art. 257 del D.Lgs. n. 152/2006); violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258 del D.Lgs. n. 152/2006); traffico illecito di rifiuti (art. 259 del D.Lgs. n. 152/2006); attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 del D.Lgs. n. 152/2006); violazioni concernenti il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (art. 260 bis del D.Lgs. n. 152/2006); superamento dei valori limite di emissione (art. 279 del D.Lgs. n. 152/2006); impiego, produzione, consumo, importazione, esportazione, detenzione e commercializzazione di sostanze lesive (art. 3 della Legge n. 549/1993); inquinamento doloso (art. 8. del D.Lgs. n. 202/2007); inquinamento colposo (art. 9 del D.Lgs. n. 202/2007). Sono state inoltre incluse tra i reati-presupposto le fattispecie previste dagli artt. 1, comma 1 e 2; 2, commi 1 e 2; 6, comma 4 della legge 7 febbraio 1992, n. 150 (in materia di tutela delle specie animali e vegetali in via d estinzione e di commercializzazione e detenzione di animali pericolosi) ed i reati contro la fede pubblica del Codice Penale richiamati dall art. 3 bis, comma 1 della stessa legge 7 febbraio 1992, n. 150, concernenti falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazione di informazioni al fine dell acquisizione di una licenza o di un certificato, uso di certificati o licenze falsi o alterati. Parte Generale 14 di 35

15 Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25- duodecies D.Lgs. 231/2001) Da ultimo, l art. 2, c. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2012 n. 109 (che ha attuato la Direttiva 2009/52/CE recante norme minime per l assunzione di provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impieghino cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare) ha inserito nel corpus del Decreto il nuovo art. 25-duodecies, il quale ha introdotto nel novero dei reati-presupposto rilevanti ai fini del Decreto la fattispecie penale disciplinata dall articolo 22, comma 12 bis del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull Immigrazione). L art. 22 comma 12 bis del D.Lgs. 286/1998 punisce l impiego da parte del datore di lavoro di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero con permesso scaduto (e del quale non sia stato chiesto il rinnovo nei termini di legge), revocato o annullato, qualora ricorra una delle seguenti circostanze aggravanti: a) i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre; b) i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa; c) i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis c.p. Per maggior completezza si rinvia all allegato n. 2 contenente la descrizione delle singole fattispecie (Allegato n. 2). 1.5 LE SANZIONI L art. 9 del Decreto individua, al comma 1, le sanzioni che possono essere comminate all Ente. Precisamente, tali sanzioni sono: la sanzione pecuniaria; le sanzioni interdittive; l interdizione dall esercizio della attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi; la confisca; la pubblicazione della sentenza. Le sanzioni pecuniarie sono applicabili in qualunque caso di responsabilità amministrativa dell Ente dipendente da reato e si attuano in base ad un sistema di quote non inferiori a cento e non superiori a mille di importo minimo pari a Euro 258,00 e massimo pari a Euro 1.549,00 (art. 10 del Decreto). Nella commisurazione della sanzione pecuniaria, il Giudice determina il numero delle quote tenendo conto: (i) della gravità del fatto, (ii) del grado della responsabilità dell Ente, (iii) dell attività svolta dall Ente per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti e (iv) delle condizioni economiche e Parte Generale 15 di 35

16 patrimoniali dell Ente (art. 11 del Decreto). 5 Le sanzioni interdittive, invece, si aggiungono alle sanzioni pecuniarie e si applicano solo in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste ed esclusivamente qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni: (i) l Ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all altrui direzione quando, in questo ultimo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative; (ii) in caso di reiterazione degli illeciti (art. 13 del Decreto). La confisca consiste nell acquisizione, da parte dello Stato, del prezzo o del profitto del reato o di un valore ad essi equivalente (art. 19 del Decreto). La pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell Ente viene applicata una sanzione interdittiva. La pubblicazione può essere disposta per una sola volta, per estratto o per intero, in uno o più giornali indicati dal giudice nella sentenza, nonché mediante affissione nel Comune ove l Ente ha la sede principale (art. 18 del Decreto). Qualora i reati sanzionati sulla base del Decreto vengano commessi nella forma del tentativo, le sanzioni pecuniarie (in termini di importo) e le sanzioni interdittive (in termini di durata) sono ridotte da un terzo alla metà. E inoltre esclusa l irrogazione di sanzioni nei casi in cui l Ente impedisca volontariamente il compimento dell azione o la realizzazione dell evento (art. 26 del Decreto). 1.6 I REATI COMMESSI ALL ESTERO Gli Enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all estero, purché lo Stato del luogo dove è stato commesso il reato non decida di procedere nei loro confronti (art. 4, co. 1 del Decreto). 1.7 LE VICENDE MODIFICATIVE DELL ENTE Il Decreto contiene la disciplina del regime di responsabilità dell Ente in caso di vicende modificative, ovvero in caso di trasformazione, fusione, scissione e cessione d azienda. In caso di trasformazione dell Ente, resta ferma la responsabilità per i reati commessi 5 Ai sensi dell art. 12 del D.Lgs. 231/2001, la sanzione pecuniaria da applicare all Ente può essere ridotta al ricorrere di particolari condizioni: in particolare, la sanzione pecuniaria è ridotta alla metà e non può comunque essere superiore a ,00 se (i) l autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi o l Ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; (ii) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità. Inoltre, la sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione dell apertura del dibattimento di primo grado (i) l Ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; (ii) l Ente ha adottato e reso operativo un Modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Se ricorrono entrambe le condizioni da ultimo menzionate, la sanzione è ridotta dalla metà a due terzi. Parte Generale 16 di 35

17 anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto. Il nuovo Ente sarà quindi destinatario delle sanzioni applicabili all Ente originario per fatti commessi anteriormente alla trasformazione (art. 28 del Decreto). In caso di fusione, l Ente risultante dalla fusione, anche per incorporazione, risponde dei reati dei quali erano responsabili gli Enti partecipanti alla fusione (art. 29 del Decreto). In caso di scissione parziale, resta ferma la responsabilità dell Ente scisso per i reati commessi anteriormente alla scissione. Tuttavia, gli Enti beneficiari della scissione, parziale o totale, sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall Ente scisso per reati anteriori alla scissione, nel limite del valore effettivo del patrimonio trasferito al singolo Ente (art. 30 del Decreto). Infine, in caso di cessione o di conferimento dell azienda nell ambito della quale è stato commesso il reato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell Ente cedente, il cessionario è solidalmente obbligato con l Ente cedente al pagamento della sanzione pecuniaria, nei limiti del valore dell azienda ceduta e nei limiti delle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, o di cui il cessionario era comunque a conoscenza. In ogni caso, le sanzioni interdittive si applicano agli Enti a cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell ambito del quale è stato commesso il reato (art. 33 del Decreto). 1.8 LE CARATTERISTICHE DEL MODELLO DI GESTIONE, ORGANIZZAZIONE E CONTROLLO Il Decreto non disciplina analiticamente la natura e le caratteristiche del Modello, ma si limita a dettare alcuni principi di carattere generale. E importante sottolineare che la mera adozione del Modello da parte dell Ente non è condizione sufficiente ad escludere la responsabilità dell Ente stesso. Ai sensi dell art. 6, co. 1, lett. a) del Decreto, il Modello opera quale causa di non punibilità solo se: è efficace, vale a dire ragionevolmente idoneo a prevenire il reato o i reati commessi; è effettivamente attuato, ovvero se il suo contenuto trova applicazione nelle procedure aziendali e nel sistema di controllo interno. Per quanto concerne l efficacia del Modello, l art. 6, co. 2, del Decreto prevede che esso debba avere il seguente contenuto minimo: individuazione delle attività dell Ente nel cui ambito possono essere commessi i reati; previsione di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l attuazione delle decisioni dell Ente, in relazione ai reati da prevenire; individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad Parte Generale 17 di 35

18 impedire la commissione di reati; previsione di obblighi di informazione nei confronti dell OdV; introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello (qui di seguito il Sistema Disciplinare ). Con riferimento all efficace attuazione del Modello, il Decreto prevede la necessità di una verifica periodica e di un aggiornamento del Modello, qualora emergano significative violazioni delle prescrizioni in esso contenute ovvero qualora intervengano mutamenti nell organizzazione o nell attività dell Ente (art. 7 del Decreto). In sintesi, il Modello deve prevedere misure idonee, in relazione alla natura e alla dimensione dell organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, a garantire lo svolgimento dell attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni di rischio. 1.9 I PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI Nella redazione del Modello adottato da Esselunga S.p.A. (qui di seguito indicata anche come la Società o, in breve, Esselunga ), si è tenuto conto della normativa vigente in materia, delle Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001 (di seguito anche le Linee Guida, di cui al paragrafo seguente) elaborate da Confindustria, del corpus delle procedure aziendali, nonché delle pronunce giurisprudenziali che sono state emanate in questi anni. Nel delineare i criteri per la creazione in un Modello che possa far fronte alle esigenze dell Ente, i Giudici hanno anche evidenziato la necessità di: effettuare un analisi delle possibili modalità attuative dei reati stessi; effettuare una rappresentazione esaustiva di come i reati possono essere attuati rispetto al contesto operativo interno ed esterno in cui opera l azienda; prendere in considerazione la storia dell Ente (vicende passate, anche giudiziarie); prevedere la segregazione delle funzioni nei processi a rischio; attribuire poteri di firma autorizzativi coerenti con le responsabilità organizzative e gestionali; prevedere un sistema di monitoraggio idoneo a segnalare le situazioni di criticità; adottare strumenti e meccanismi che rendano trasparente la gestione delle risorse finanziarie, che impediscano cioè, che vengano creati fondi neri attraverso l emissione di fatture per operazioni inesistenti, attraverso spostamenti di denaro non giustificate tra società appartenenti allo stesso gruppo, attraverso pagamenti di consulenze mai effettuate o di valore nettamente inferiore a quello dichiarato dalla società. I Giudici hanno mostrato particolare attenzione anche nei confronti dell OdV. Deve infatti trattarsi di un organo in grado di svolgere la sua funzione in maniera autonoma Parte Generale 18 di 35

19 ed indipendente. In più di una pronuncia si è evidenziato, inoltre, l opportunità che tale OdV sia costituito, per le grandi società, da un organo collegiale, composto da soggetti che abbiano capacità specifiche in ambito giuridico ed economico. Possono essere membri dell OdV anche soggetti interni all Ente, purché privi di funzioni operative e purché l elemento esterno sia predominante LE LINEE GUIDA DI CONFINDUSTRIA L art. 6, co. 3 del Decreto statuisce che I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati. Nel giugno del 2004, il Ministero della Giustizia ha approvato le Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001, elaborate da Confindustria nel 2002 ed aggiornate nella versione del 24 maggio 2004; in data 2 aprile 2008, il Ministero ha approvato gli aggiornamenti con cui, in data 31 marzo 2008, Confindustria ha provveduto a conformare le Linee Guida ai numerosi interventi legislativi che hanno modificato la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli Enti. A tal proposito, si sottolinea che le Linee Guida di Confindustria del 31 marzo 2008 hanno costituito un importante punto di riferimento nella redazione del presente Modello. I punti fondamentali, contenuti nel citato documento, di cui si è tenuto conto nella stesura del presente Modello, possono essere così brevemente riassunti: attività di individuazione delle aree a rischio, volta a evidenziare le funzioni aziendali nell ambito delle quali sia possibile la realizzazione degli eventi pregiudizievoli previsti dal Decreto; predisposizione di un sistema di controllo in grado di prevenire i rischi attraverso l adozione di appositi protocolli. Le componenti più rilevanti del sistema di controllo identificate da Confindustria sono: Codice Etico; sistema organizzativo; procedure manuali ed informatiche; poteri autorizzativi e di firma; sistemi di controllo e gestione; comunicazione al personale e sua formazione. Le componenti del sistema di controllo devono essere ispirate ai seguenti principi: verificabilità, documentabilità, coerenza e congruenza di ogni operazione; applicazione del principio di separazione delle funzioni (nessuno può gestire in autonomia un intero processo); Parte Generale 19 di 35

20 documentazione dei controlli; previsione di un adeguato sistema sanzionatorio per la violazione delle norme del Codice Etico e delle procedure previste dal Modello; individuazione dei requisiti dell OdV, riassumibili in: autonomia e indipendenza; professionalità; continuità di azione; obblighi di informazione dell OdV. 2 IL MODELLO 231 IN ESSELUNGA S.P.A. 2.1 BREVE STORIA DEL GRUPPO ESSELUNGA La società Supermarkets Italiani S.p.A. - tutt oggi società holding al vertice del Gruppo Esselunga viene fondata nel Nel novembre dello stesso anno viene aperto a Milano, in Viale Regina Giovanna, il primo supermercato italiano ad opera della predetta società. La sede di Firenze della società viene inaugurata nel Esselunga S.p.A. viene costituita nel Al progressivo sviluppo della rete di vendita si affianca quello della rete logistica: nel 1987, presso la sede di Limito di Pioltello, viene inaugurato il primo magazzino merci automatico. La costante tendenza all innovazione si esprime anche sul versante dell offerta commerciale. Sin dagli anni sessanta, Esselunga inizia la produzione di cibi pronti di gastronomia nei propri stabilimenti. Tra le ultime novità, nel 2006, a seguito dell entrata in vigore del Decreto Bersani che ha liberalizzato l attività di panificazione, la Società ha dato avvio alla produzione di prodotti da forno nei propri negozi. 2.2 IL GRUPPO ESSELUNGA Il Gruppo Esselunga è stato oggetto di una riorganizzazione societaria all esito della quale è emersa l attuale struttura, qui di seguito descritta. Supermarkets Italiani S.p.A., società holding del Gruppo, possiede l intero capitale sociale di Esselunga S.p.A.. A fine 2011, infatti, la Società Fudfina S.r.l., controllante di Esselunga, è stata incorporata in Supermarkets Italiani S.p.A. Nei primi mesi del 2011 è stata costituita, inoltre, la Società Villata Partecipazioni S.p.A., che possiede l intero capitale sociale della società La Villata S.p.A. Immobiliare di Investimento e Sviluppo. Quest ultima società è ad oggi proprietaria di oltre 80 immobili commerciali, concessi in locazione principalmente ad Esselunga S.p.A. e ad alcune sue controllate. Esselunga S.p.A., oltre ad operare nel settore della Grande Distribuzione Organizzata attraverso la rete di negozi in parte di sua proprietà e in parte concessi in locazione alla Società da La Villata S.p.A. Immobiliare di Investimento e Sviluppo, è altresì attiva nel Parte Generale 20 di 35

21 settore immobiliare, mediante la ricerca, la progettazione e la realizzazione di nuove iniziative. Tra le altre società facenti parte del Gruppo Esselunga vi sono: Atlantic S.r.l., società interamente posseduta da Esselunga S.p.A., che gestisce oltre 60 bar nei principali negozi di Esselunga S.p.A.; EsserBella S.p.A., società interamente posseduta da Esselunga S.p.A. per il tramite della società Orofin S.p.A., che gestisce oltre 30 profumerie nei principali negozi di Esselunga S.p.A.; Fìdaty S.p.A. 6, società interamente posseduta da Esselunga S.p.A, che emette e gestisce la carta di pagamento denominata Fìdaty Oro che consente ai titolari di effettuare i propri acquisti esclusivamente presso i negozi Esselunga, i bar Atlantic e le profumerie EsserBella; Orofin S.p.A., società interamente posseduta da Esselunga S.p.A., cui fa capo una parte di rilievo delle iniziative di sviluppo immobiliare; una serie di altre società costituite allo scopo di promuovere le iniziative di sviluppo immobiliare strumentali allo sviluppo della rete vendita di Esselunga. 2.3 ORGANIZZAZIONE E ATTIVITÀ DI ESSELUNGA S.P.A. (omissis) 2.4 IL MODELLO DI ESSELUNGA S.P.A. Al fine di garantire condizioni di legalità, correttezza e trasparenza nello svolgimento della propria attività, Esselunga S.p.A. ha ritenuto di adottare ed attuare un Modello ai sensi del Decreto. Tale iniziativa è stata assunta nella convinzione che l adozione del Modello - al di là delle prescrizioni del Decreto che individuano nello stesso un elemento facoltativo e non obbligatorio - possa costituire un valido strumento di sensibilizzazione di tutti coloro che operano in nome e per conto della Società, affinché tengano comportamenti corretti e lineari nell espletamento delle proprie attività, tali da prevenire il rischio di commissione dei reati previsti dal Decreto stesso. In particolare, attraverso l adozione del Modello, Esselunga S.p.A. si propone di perseguire le seguenti principali finalità: rendere consapevoli i dipendenti, gli apicali e tutti coloro che operano in nome e per conto di Esselunga S.p.A. nelle aree di attività a rischio-reato di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni ivi riportate, nella commissione di illeciti passibili di sanzioni penali comminabili nei loro stessi confronti e di sanzioni amministrative irrogabili, in sede penale, all azienda; 6 Nel corso del 2011 è stata disposta la cancellazione della Società Fìdaty S.p.A. dall elenco generale ex art. 106 e dall elenco speciale ex art. 107 del D.Lgs. 3 n. 385/1993, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB). A seguito della cancellazione, Fìdaty S.p.A. non è pertanto più tenuta ad adempiere agli obblighi previsti, con riferimento agli intermediari finanziari, in materia di antiriciclaggio, dalla normativa vigente. Parte Generale 21 di 35

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