ELEMENTI PRATICI MICROSCOPIA OTTICA

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "ELEMENTI PRATICI MICROSCOPIA OTTICA"

Transcript

1 Giovanni Pietro SINI ELEMENTI PRATICI di MICROSCOPIA OTTICA (Introduzione per un uso un po più consapevole di questo oggetto sconosciuto) Bologna,

2 INDICE GENERALE 1 - INGRANDIRE e RISOLVERE pag. 1 La lente d ingrandimento Le IMMAGINI REALI Le ABERRAZIONI I DIAFRAMMI 11 Pupille 12 Campi Le PRESTAZIONI dell OBBIETTIVO del MICROSCOPIO 13 Lunghezza del tubo 14 Profondità di campo 15 Contrasto DIFFRAZIONE e RISOLUZIONE 20 Lo star test 24 L ingrandimento utile La STRUTTURA degli OBBIETTIVI da microscopio 27 Parfocalità 29 Parcentralità 32 Notazione 32 Equipollenza 35 Manutenzione L IMMERSIONE L OCULARE 43 Le misure geometriche al microscopio IL CONDENSATORE 55 Il campo del condensatore LA MICRO LAMPADA 63 Il collettore 65 Il diaframma di campo 66 Il corpo luminoso I FILTRI OTTICI IL SISTEMA ILLUMINANTE 74 Illuminazione diffusa 76 Illuminazione di Köhler TUBI PORTA OCULARI I TAVOLINI LO STATIVO LA VISIONE MICROSCOPICA STEREO MICROSCOPIA 106 LE CARATTERISTICHE SALIENTI 107 FINI ED APPLICAZIONI 109 LO SCHEMA DI GREENOUGH 112 L OBBIETTIVO UNICO 113 OBBIETTIVI ADDIZIONALI 115 SISTEMI ZOOM 116 ILLUMINAZIONE EPISCOPICA 116 ILLUMINAZIONE DIASCOPICA LE TECNICHE SPECIALI 119 CONCLUSIONI 120 2

3 1 - INGRANDIRE e RISOLVERE Il sostantivo Microscopio indica uno strumento che usa la radiazione ottica per un duplice scopo: ingrandire e risolvere. Per radiazione ottica si intende quella radiazione elettromagnetica che è capace di impressionare l occhio umano medio, cioè la radiazione di lunghezza d onda compresa fra 400 e 750 nm. NB: l unità nanometro o nm è il millesimo di micron; il micron (μ) è il millesimo di mm, per cui: 1 nm = 10-3 μ = 10-6 mm = 10-9 m. Nel linguaggio comune, la radiazione eletromagnetica entro quei limiti di lunghezza d onda, è chiamata semplicemente luce. Poiché la luce è costituita, come agente fisico, da onde elettromagnetiche, ad essa si possono applicare tutti i concetti legati ai moti ondulatori, fra cui quello di lunghezza d onda, indicata con la lettera greca elle (lambda) minuscola ( λ ). Il termine ingrandire per noi significa avere di un certo oggetto un immagine ingrandita rispetto all oggetto stesso 1. Il microscopio non ingrandisce gli oggetti, i quali restano quello che sono, ma fornisce di essi un immagine ingrandita. L altro scopo fondamentale del microscopio, troppo spesso ignorato, è quello di aumentare il potere risolutivo dell occhio. Il potere risolutivo di un sistema ottico, in genere, esprime la possibilità di ricavarne un immagine che mostri evidenti, distinti o risolti, certi dettagli, corrispondenti a certe strutture dell oggetto. Per es., se noi fotografiamo da 50 cm di distanza una pagina di giornale con un buon obbiettivo di tipo normale, potremo distinguere nella foto le singole lettere. Se queste ultime vengono assunte come struttura caratteristica di quell oggetto, allora diremo che quell obbiettivo ha risolto la struttura in esame, ossia ce ne mostra distinti i dettagli. Risolvere ha un significato affine a sciogliere, cioè separare, quindi rendere distinto, rendere chiaro. Proseguiamo col nostro esempio: lo stesso giornale, fotografato a 100 m di distanza con lo stesso obbiettivo, ci apparirà come un rettangolino grigio, che non contiene i dettagli, la struttura dell oggetto, cioè le singole lettere. Qualcuno potrebbe pensare che è questione di ingrandimento e che l immagine del giornale è semplicemente troppo piccola. Ma si provi ad ingrandire questa fotografia con un mezzo qualunque: l immagine del giornale diventerà grande quanto si vuole, ma la struttura, le singole lettere, non appariranno mai. La struttura dell oggetto non è stata risolta in quella fotografia. È chiaro che l utilità di uno strumento ottico sta nella sua capacità di mostrarci la struttura fine dell oggetto, cioè di risolverla, ed il potere risolutivo è tanto maggiore quanto più piccoli sono i dettagli che appaiono nell immagine fornita da quello strumento, ovvero quanto più vicini sono i punti (punti in senso ottico) che si possono ancora rivelare come distinti nell immagine. Quindi, per valutare un microscopio, non ha senso considerare il suo ingrandimento massimo, ma piuttosto il suo massimo potere risolutivo. Quest ultimo raramente è dichiarato dal costruttore, ma lo si ricava con una semplice formula {vedi la (7), 6} dal valore di apertura dei suoi obbiettivi. Quest ultimo è sempre dichiarato dai costruttori seri: in caso contrario, il microscopio va considerato privo di valore. Ottenere forti ingrandimenti è tecnicamente facile ed economico; anche strumenti giocattolo consentono ingrandimenti di o volte. Ma uno strumento serio non va oltre 1 500, poiché in quelle condizioni si ha già il massimo ingrandimento utile (vedi il 6.3). 1 Ogni strumento è adatto all osservazione solo di certe categorie di oggetti.

4 1.1 - La lente d ingrandimento Torniamo alla pagina di giornale. Sappiamo che possiamo leggerla ad occhio nudo, cioè vedere distinte (risolvere) le singole lettere, solo se non è troppo lontana. Ciò non dipende solo dal fatto che l immagine del giornale sulla rètina dell occhio può essere troppo piccola, ma dal fatto che anche il nostro occhio ha un potere risolutivo limitato: esso percepisce come distinti due punti solo se l angolo sotto cui essi vengono visti è maggiore di un valore minimo che è il potere risolutivo angolare dell occhio medio, pari ad uno o due minuti primi (sessantesimi di grado). Se l occhio osserva i dettagli di un oggetto, cioè i singoli punti di cui l oggetto si può immaginare composto, e non riesce a risolverli perché troppo vicini fra loro, si può avvicinare l oggetto affinché essi appaiano sotto un angolo maggiore. È quello che si fa sempre per vedere meglio. Ma al di sotto di una certa distanza, detta punto prossimo l occhio non riesce più a mettere a fuoco ( accomodare ) e l immagine appare confusa, cioè sfocata. Il punto prossimo è molto legato alle condizioni fisiologiche della persona ed all età (da circa 8 cm nei giovanissimi, cresce fino all infinito negli anziani, altri difetti di vista permettendo), ma si considera come valore medio convenzionale quello di 250 mm. La lente d ingrandimento o microscopio semplice rende possibile la visione distinta a distanza inferiore al punto prossimo. Si veda la fig. 1 : l occhio nudo vedrebbe l oggetto AB, alla distanza convenzionale di 250 mm, sotto un angolo1 α cui corrisponde una certa immagine retinica. Se si pone l oggetto a breve distanza dall occhio (A B ) probabilmente non si vede più nitido; se però si interpone la lente d ingrandimento CD, la rifrazione dei raggi nella lente (per es. nel punto C) porta ad un angolo apparente α : il nostro occhio vede un immagine virtuale ingrandita di A in A, come se il raggio CO deviato dalla lente in C provenisse appunto da A. Al punto A corrisponde un immagine retinica maggiore di quella data da AB e si vede più grande. In ultima analisi, la lente d ingrandimento non fa che accorciare la distanza d osservazione distinta dell occhio e quindi aumentare le dimensioni dell immagine retinica. Abbiamo appena detto che la lente d ingrandimento fornisce un immagine virtuale : tale immagine infatti può essere vista dall occhio posto presso la lente, ma non può essere raccolta su uno schermo poiché è formata solo dal prolungamento dei raggi: in fig. 1, il punto immagine A non esiste, ma l occhio lo vede nella direzione OCA poiché riceve il raggio CO. L ingrandimento visuale della lente d ingrandimento ( V ) è dato dal rapporto degli angoli (α / α) e si può dimostrare che esso è circa pari a BO / DO cioè a 250 / f in cui f è la focale2 della lente, espressa in mm. In questa espressione si ammette che un oggetto è visto in grandezza naturale ( V = 1 ) se è posto ad una distanza di 250 mm da una lente con focale di 250 mm. Si parla infatti di ingrandimento convenzionale. Il valore di questo ingrandimento è un numero puro (un rapporto di angoli) e si fa seguire dal segno. La lente d ingrandimento può raggiungere ingrandimenti anche molto elevati (qualche centinaio di volte), ma i suoi limiti (distanze oggetto-lente ed occhio-lente molto piccole, campo visuale piccolo) fanno sì che in pratica non si superino i valori di 10 o 20. Anche la definizione3 di una lente semplice è insufficiente: quando si superano i ingrandimenti, insorgono delle aberrazioni che la compromettono; come vedremo, esistono molti rimedi alle aberrazioni, ma rimangono gli altri limiti. Pertanto, in pratica, la lente d ingrandimento più utile al naturalista ha un ingrandimento non superiore a 10 (focale non inferiore a 25 mm, diametro mm) e può essere costituita da una lente semplice. Per ingrandimenti superiori si usa il microscopio composto formato da due o più lenti, ma sempre riconducibile a due lenti semplici nel suo funzionamento essenziale. Con esso si ottengono facilmente i massimi valori dell ingrandimento utile (circa nell osservazione visuale, come vedremo), con distanze ragionevoli per l occhio e per l oggetto, con campi visuali anche oltre i 50. Il campo oggetto, cioè la porzione visibile dell oggetto, può andare da 25 mm a 0,1 mm, come valori estremi; valori maggiori si possono avere solo nei microscopi stereoscopici (vedi il 18). Nei microscopi ottici composti, la risoluzione va da circa 6 μ a 0,24 μ, a seconda dell apertura e di altre caratteristiche del sistema ottico. 1 α o alfa è la lettera a minuscola dell alfabeto greco; gli angoli si indicano in genere con lettere greche minuscole. 2 La focale di una lente è definita più avanti e, nella figura, corrisponde alla distanza DO fra lente ed occhio. 3 Il termine definizione verrà analizzato più avanti, ma si può considerare sinonimo di nitidezza. 2

5 Fig. 1 - Principio di funzionamento della lente d ingrandimento Attraverso l ingrandimento, il microscopio consente l osservazione di oggetti o strutture troppo piccoli per l osservazione diretta, la loro localizzazione (cioè la definizione della loro disposizione all interno di un complesso di altri oggetti), e, con opportuni accessori, la loro misura (dimensioni o altre proprietà fisiche) e la loro fotografia o ripresa televisiva. Dei due sistemi essenziali del microscopio composto, si chiama obbiettivo le lente che sta presso l oggetto (il vetrino o simili), ed oculare quella che sta a 15 cm o più sopra l obbiettivo, dalla parte dell occhio. 2 - Le IMMAGINI REALI In un microscopio, le lenti sono quasi sempre convergenti, a superfici sferiche o piane, centrate su un asse comune. Tale asse può essere ripiegato più volte ad opera di specchi o prismi, ma le lenti rimangono centrate rispetto ad uno dei segmenti di esso. Per molti aspetti, il funzionamento dei vari sistemi ottici del microscopio si può ricondurre a quello di una lente semplice, limitata da due superfici sferiche oppure da una sferica ed una piana. Come vedremo, si tratta in genere di lenti convergenti, capaci di far convergere in un medesimo punto un fascio di raggi paralleli; sono divergenti le lenti con effetto opposto. Le lenti convergenti hanno spessore maggiore al centro che non sui bordi. Negli schemi ottici che seguono si adottano le normali convenzioni: -- la retta centrale è l asse ottico o semplicemente l asse del sistema, cioè l asse geometrico di simmetria rotatoria comune a tutte le lenti; -- l oggetto sta a sinistra e l immagine a destra della lente; -- così esiste un piano-oggetto ed un piano-immagine; si suppone in genere che l oggetto e l immagine siano veri piani, senza spessore e perpendicolari all asse; -- quei due piani vengono simboleggiati con un segmento (AB per l oggetto ed A B per l immagine, ad es.) i cui estremi indicano il centro del campo ed un punto marginale; per i punti nel piano oggetto si usano lettere maiuscole; per i punti nel piano immagine si usano lettere con l apice ( ); -- i raggi, intesi come le direzioni di propagazione della radiazione ottica, sono indicati con linee continue o tratteggiate; si indicano alcuni raggi emergenti da uno o più punti dell oggetto ed altrettanti raggi convergenti in corrispondenti punti dell immagine, ma naturalmente si debbono immaginare gli infiniti raggi emergenti o convergenti negli infiniti punti dell oggetto o dell immagine. Ora si consideri la fig. 2, in cui è indicata la sezione di un prisma ottico in vetro, cioè un solido limitato essenzialmente da due facce piane confluenti in uno spigolo (S). Su una delle facce incide un raggio ; se tale raggio non è perpendicolare alla faccia, al momento di attraversarla (si parla di rifrazione ) esso viene deviato nel senso che si avvicina alla perpendicolare condotta per il punto d incidenza P; quando il raggio rifratto all interno del 3

6 prisma incontra l altra faccia, emerge venendo ancora deviato nella stessa direzione. Il raggio emergente dal prisma subisce quindi due deviazioni che lo allontanano dallo spigolo S, e la deviazione globale aumenta col crescere dell angolo fra le due facce del prisma e col crescere di un parametro costante, che dipende dalla natura del vetro, dalla temperatura, ecc., e che è detto indice di rifrazione, o semplicemente indice, relativo a quel vetro ed in quelle condizioni. Lo si indica in genere colla lettera n. Fig. 2 - La deviazione nel prisma ottico Fig. 3 - La convergenza in una lente piano- Convessa Consideriamo ora la fig. 3, in cui si indica la sezione mediana (passante per l asse) di una lente piano-convessa. Si può considerare la sezione di questo solido come la successione di infiniti prismi in cui l angolo fra le facce varia da un valore massimo (a sinistra, presso l orlo della lente) a valori sempre minori via via che ci si avvicina al centro della lente (P 3 ), fino a mostrare facce parallele nel centro medesimo. Ne consegue che, se un fascio parallelo assiale (raggi paralleli fra loro e paralleli all asse) incide sulla lente, i singoli raggi verranno deviati di un angolo massimo presso i margini (I 1 - R 1 - R 2 ), di angoli decrescenti per punti più vicini all asse (I 2 - R 3 - R 4 ), finché un raggio che coincida con l asse (I 3 ) prosegue non deviato. Fig. 4 - Formazione dell immagine di un oggetto a distanza infinita Se non fosse per le aberrazioni, di cui parleremo, si potrebbe supporre per ora che tutti i raggi incidenti paralleli di fig. 3 (I 1, I 2, I 3 ) emergano dalla lente in modo da convergere in un unico punto F giacente sull asse (in basso, fuori figura in fig. 3). Ecco perché le lenti di questo tipo si chiamano convergenti, ed è ovvio che la potenza della lente è maggiore quanto più vicino è il punto di convergenza F. Tale punto F si chiama fuoco (per l esattezza fuoco immagine, poiché si trova dal lato dell immagine) e la distanza fra lente e fuoco si chiama lunghezza focale o focale della lente, ed è indicata con f. La potenza P 4

7 della lente (espressa in diottrìe) è l inverso della lunghezza focale espressa in metri. La notazione in diottrìe è normalmente usata in oculistica. La focale di una lente dipende dalla natura del vetro di cui è costituita (dal suo indice ), dal suo spessore e dalla curvatura delle sue facce. Vediamo ora gli schemi fondamentali delle lenti in un microscopio. Se guardiamo la fig. 4, vediamo una situazione analoga a quella di fig. 3; in essa sono indicati due fasci costituiti ognuno da raggi paralleli fra loro, un fascio parallelo all asse ed uno inclinato sull asse. Il primo fascio si può supporre proveniente da un oggetto puntiforme (O) a distanza infinita, che giace sull asse: le rette parallele si incontrano all infinito. Dunque il punto O si può considerare un oggetto o sorgente per la lente, mentre il fuoco F, che possiamo indicare con O, è il corrispettivo di O nel piano immagine e può essere considerato l immagine di esso. Allo stesso modo il punto B, sempre a distanza infinita ma lontano dall asse, produce un immagine B, sempre nel piano immagine, lontana anch essa dall asse. Se consideriamo un oggetto esteso a distanza infinita (per es. un cielo stellato), in cui si possono supporre infiniti punti-oggetto come O e B, possiamo dire che il piano contenente i punti O e B è l immagine del piano oggetto O - B. Se C è il centro della lente, la distanza CO è la focale della lente. Lo schema di fig. 4 indica come funziona l obbiettivo del cannocchiale; esso fornisce un immagine del panorama o del cielo stellato che può venir fotografata od osservata attraverso un oculare1. Così funziona anche la lente di tubo del microscopio (vedi oltre). In fig. 5 abbiamo una situazione un po diversa, che consente di chiarire molte cose. Il piano oggetto, contenente il punto assiale O e quello extra-assiale B non è più a distanza infinita; F è ancora il fuoco (lato immagine), CF è la focale (f ); poiché l oggetto si è avvicinato alla lente, l immagine non è più nel piano focale, ma un poco più discosto, cioè in O (che non coincide più con F ); la distanza oggetto-lente (OC = a), detta coniugata oggetto, non è più infinita; la distanza lente-immagine (CO = a ), detta coniugata immagine o tiraggio, è un poco superiore alla focale; la differenza a - f, indicata con x (= F O ), indica l aumento della coniugata immagine. Si può indicare analogamente la differenza a - f (= OF) con x (nota 2). Fig. 5 - Immagine reale di un oggetto a distanza finita, con ingrandimento < 1 Questo schema indica il comportamento di un obbiettivo fotografico, da binocolo o da cannocchiale, posto di fronte ad un oggetto a distanza grande ma finita, come pure di un condensatore da microscopio (vedi oltre). A questo punto, essendo l oggetto di dimensioni finite e ad una distanza finita, si può introdurre il concetto di ingrandimento lineare, espresso come rapporto fra la lunghezza di un dato segmento nell immagine (ad es. O B ) e la lunghezza del corrispondente segmento 1 In ogni punto di tale immagine, come nei casi seguenti, converge un fascio che corrisponde ad un equivalente punto dell oggetto; pertanto tale immagine si può raccogliere su uno schermo e per questo si chiama reale. 2 il simbolo f indica la focale dal lato oggetto, che si può ricavare in modo analogo supponendo una sorgente puntiforme sull asse dal lato dell immagine, a distanza infinita. 5

8 nell oggetto (OB in figura 5). Si indica l ingrandimento lineare1 col simbolo M e si può dimostrare che esso è: M = O B / OB = a / a = x / f = f / x (1) Queste formule sono preziose quando si debba calcolare il rapporto di riproduzione in una macro-foto, in un proiettore, un ingranditore, ecc. Nel caso della fig. 5, risulta che M < 1 ; in altre parole, l immagine è più piccola dell oggetto e l ingrandimento è in realtà una riduzione, come nella normale fotografia. Procedendo coll avvicinamento dell oggetto fino al punto che a = 2 f, si può dimostrare che anche a = 2 f e con ciò si ha M = 1 (ingrandimento unitario ). È un caso limite, in cui la distanza totale oggetto-immagine è la minima possibile, ed è pari a 4 f. Questo schema corrisponde ad un duplicatore per diapositive, alle lenti-relé dei cannocchiali e di certi microscopi, ecc. Fig. 6 - Immagine reale di un oggetto a distanza finita, con ingrandimento M > 1 Nella fig. 6 si ha il caso inverso della fig. 5 : la coniugata oggetto è minore della coniugata immagine, e precisamente è compresa fra la focale ed il doppio della focale: f < a < 2 f. La coniugata immagine è superiore a 2 f per cui l ingrandimento è maggiore di uno: un vero ingrandimento. M > 1. Questo funzionamento è quello di un obbiettivo da proiettore (di qualunque tipo) e da microscopio, con qualche variante. Anche il collettore della micro-lampada (vedi oltre) fornisce un immagine ingrandita del filamento dell ampolla. Fig. 7 - Immagine (O B ) a distanza infinita, con ingrandimento infinito. Oggetto (OB) nel primo fuoco (nel primo piano focale, per l esattezza) della lente. Infine, nella fig. 7, si arriva al caso di un oggetto che si trova nel fuoco F (lato oggetto) 1 Dunque, l ingrandimento lineare è un rapporto fra segmenti corrispondenti nell immagine reale e nell oggetto; si può parlare di rapporto di scala come in un disegno meccanico, e si indica con un numero seguito da due punti e da 1 (es. 10:1); l ingrandimento visuale della lente d ingrandimento o dell oculare è invece un rapporto di angoli (è difficile eseguire misure di lunghezza su un immagine virtuale), e si indica con (es. 15 ). 6

9 della lente; il suo punto centrale (O) coincide con F. Per analogia con quanto rappresentato in fig. 4, rovesciando le coniugate, si ha un ingrandimento di valore infinito, nel senso che l immagine è infinitamente più grande dell oggetto, mentre in fig. 4 l ingrandimento era pari a zero. Questo schema corrisponde agli obbiettivi da microscopio del tipo a coniugata infinita (vedi il 5.2) ed all oculare del microscopio, cannocchiale, binocolo, ecc. Ne riparleremo. Si noti che, secondo gli schemi delle figg. 4, 5 e 6, nell immagine si trovano i punti di convergenza dei raggi che provengono dai corrispondenti punti dell oggetto. Quelle immagini si possono quindi raccogliere o proiettare su uno schermo e pertanto si chiamano reali ; esse sono inoltre rovesciate rispetto l oggetto. Nel caso di fig. 7, invece, l immagine si trova a distanza infinita ed in linea di principio non si può raccogliere; però, se l occhio si trova a destra della lente, riceve i fasci paralleli, uno per ogni punto dell oggetto, e li interpreta come se provenissero da lontano; esso vede un immagine non reale, ma virtuale, diritta ed ingrandita dell oggetto. È quanto avviene nella lente d ingrandimento e negli oculari; si confrontino la fig. 1 con la 7 e si vedrà che il principio è lo stesso: l oggetto è nel primo fuoco della lente e l immagine è formata da raggi paralleli che solo l occhio può interpretare1. Ora possiamo descrivere quella parte del microscopio che si trova fra l oggetto (il vetrino) e l occhio dell osservatore, quella parte che si può chiamare sistema formatore d immagine poiché fornisce all occhio l immagine ingrandita dell oggetto. Prima dell oggetto deve esistere un sistema illuminante, di cui parleremo presto, ma intanto vediamo in fig. 8 a sinistra l oggetto AB e l obbiettivo Ob ; a destra, l oculare Oc. L obbiettivo produce un immagine reale, rovesciata ed ingrandita dell oggetto in A B che si trova presso il fuoco dell oculare; l oculare fornisce di tale immagine reale un immagine virtuale ingrandita in A B (secondo lo schema di fig. 1 e 7); quest ultima si può chiamare immagine finale, mentre A B, per il fatto di trovarsi fra obbiettivo ed oculare, si chiama immagine intermedia. L immagine finale è rovesciata rispetto l oggetto: il microscopio fornisce infatti un immagine rovesciata, salvo accorgimenti particolari. Fig. 8 - Schema essenziale del sistema formatore d immagine del microscopio composto L ingrandimento nell immagine finale è allora il prodotto dei due ingrandimenti: quello dell obbiettivo e quello dell oculare. Nel microscopio, i costruttori moderni indicano sempre sulla montatura di obbiettivi ed oculari l ingrandimento proprio dei vari sistemi, per cui l ingrandimento totale dello strumento si calcola con una semplice moltiplicazione. Ma si badi: come si è detto sopra, l ingrandimento di una lente convergente non dipende solo dalla sua focale, ma dalla distanza dell oggetto o dell immagine; se dunque si varia in qualche modo la distanza ottica fra oculare ed obbiettivo (la distanza geometrica non sempre basta perché talune parti ottiche intermedie possono traslare l immagine anche senza variazione delle distanze meccaniche), varia anche l ingrandimento. Ciò è da tener presente quando si eseguono misure al microscopio, come vedremo, poiché certi tubi monoculari o bioculari 1 In questo contesto si può ignorare la forma della lente, che è diversa nelle due figure citate. 7

10 possono avere lunghezza ottica variabile e portare ad errori nelle misure. Inoltre, possono esistere fra obbiettivo ed oculare dei sistemi intermedi (tubi bioculari, tubi speciali, ecc.) che introducono un fattore di tubo, cioè un ingrandimento supplementare, generalmente superiore ad 1, di cui bisogna tener conto. Ne riparleremo ( 14). 3 - Le ABERRAZIONI Nei discorsi fatti finora si è tacitamente supposto: 1) che l immagine sia geometricamente simile all oggetto e: 2) che ad ogni punto dell oggetto corrisponda un punto nell immagine: il sistema ottico dovrebbe essere cioè ortoscopico (supposizione 1) e stigmatico (supposizione 2). Per punto intendiamo qui un punto geometrico, senza dimensioni. In realtà, le cose non vanno esattamente così: la lente reale si discosta da quel comportamento ideale a causa di vari fenomeni, chiamati globalmente aberrazioni. Riguardo la similitudine geometrica oggetto-immagine, vi sono due aberrazioni: La distorsione fa sì che che l ingrandimento vari a seconda della distanza dal centro dell immagine; un quadrato, ad es., è ingrandito più verso i vertici che non al centro, per cui appare stirato a cuscinetto, oppure maggiormente al centro, per cui appare rigonfio, a barilotto. Questa aberrazione può provocare errori quando si eseguono misure di lunghezza o di superficie, per cui è bene limitare le misure alla porzione centrale dei reticoli di misura, dove la distorsione è minore. Un sistema corretto dalla distorsione è ortoscopico 1. La curvatura di campo invece produce di un oggetto piano un immagine giacente su una superficie ricurva; il risultato è che la messa a fuoco (la nitidezza) sarà buona al centro del campo ma non sui bordi o viceversa. Si verifica questo fenomeno osservando un oggetto piano (striscio di sangue o di batteri, micrometro oggetto). Questa aberrazione è dannosa in fotomicrografia quando si osserva un oggetto sottile, come uno striscio, poiché il campo non sarà mai tutto a fuoco. Se invece l oggetto è di un certo spessore, come una normale sezione istologica, probabilmente esiste una superficie curva che rientra nello spessore dell oggetto e produce un immagine piana: l aberrazione non si noterà. Un obbiettivo corretto della curvatura di campo è detto planare o a campo spianato. Le due aberrazioni citate interessano la forma globale dell immagine, e si chiamano infatti aberrazioni del piano, ma non interessano la definizione né la risoluzione. Su queste ultime influiscono le aberrazioni capaci di rendere non puntiforme l immagine di un oggetto puntiforme. Sono queste le temutissime aberrazioni del punto, essenzialmente cinque. L aberrazione sferica consiste in una variazione di focale, e quindi di coniugata, al variare dell inclinazione (dell apertura) dei raggi; di tutti i raggi che provengono da un unico punto oggetto, la lente formerà una serie di immagini a diversa distanza dalla lente a seconda dell apertura. Si veda la fig. 9 : il punto oggetto B, ad es. forma una serie di immagini (da B 1 a B 3 ) al variare dell inclinazione dei raggi. Non esiste una posizione definita per l immagine, non si trova mai una messa a fuoco esatta. Questa aberrazione viene corretta dal costruttore con una scelta opportuna della forma delle lenti e della loro distanza, delle caratteristiche del vetro ottico e del numero delle lenti. Quando la correzione della sferica è ritenuta sufficiente, il sistema è chiamato aplanatico. L ammontare della sferica è però fortemente dipendente dall apertura massima della lente: in una lente semplice, essa cresce colla terza potenza dell apertura; ciò spiega certi vantaggi che si hanno colla chiusura del diaframma del condensatore nel microscopio (vedi oltre). Inoltre essa può peggiorare se si altera la lunghezza del tubo del microscopio, e quindi le coniugate (le distanze dell oggetto e dell immagine) o si introducono nel sistema delle lamine di vetro oppure quelle esistenti non hanno lo spessore corretto, cosa che accade 1 Per valutare la distorsione, basta porre su un lato del campo visivo un oggetto a margine diritto (l orlo di una lametta da barba, ad es.) ed osservare se quel margine appare ricurvo. 8

11 spesso colla lamella (= coprioggetto). Ciò significa che compare questa aberrazione in un microscopio anche della miglior qualità tutte le volte che si varia la distanza fra obbiettivo ed oculare (può bastare la regolazione della distanza interpupillare o l introduzione di qualche accessorio intermedio), quando si usano vetrini coprioggetto di spessore non corretto, ecc. Con gli obbiettivi a secco di forte apertura (in genere, quelli di maggiore ingrandimento) lo spessore del coprioggetto deve perciò essere controllato con molta cura. La coma fa sì che, al variare dell apertura e della distanza del punto-oggetto dall asse, la posizione del punto-immagine non rispetti le regole geometriche descritte sopra; in pratica, per un punto-oggetto fuori asse, si ha una serie di punti-immagine di cui al massimo uno sarà a fuoco, mentre gli altri saranno sfocati ed a diversa distanza dall asse; da un lato di ogni punto-immagine si avrà così un alone allungato radialmente. Questa aberrazione non esiste al centro dell immagine ( sull asse ) e peggiora andando verso i bordi ( fuori asse ): si parla di un aberrazione extra-assiale. Cresce col quadrato dell apertura. L astigmatismo ha caratteri analoghi, ed esiste anch esso solo fuori asse, ma è meno sensibile al valore dell apertura; per sua causa, un punto oggetto produce nel campo immagine non una ma due immagini allungate, a diversa distanza dalla lente, una disposta radialmente, l altra tangenzialmente. Tutte le aberrazioni citate finora possono avere caratteristiche legate alla lunghezza d onda della luce, ma si presentano anche con luce monocromatica, di un solo colore puro, cioè con un valore unico di lunghezza d onda. A questo punto occorre precisare che la luce emessa dalle normali lampade, dal sole, dalle nuvole, ecc. è bianca ; questo termine si riferisce ad una nostra sensazione ma, poiché noi abbiamo la sensazione di bianco anche se osserviamo un miscuglio di colori complementari, come rosso e verde, è bene essere più precisi. Si chiama bianca una radiazione mista che contiene una serie continua di radiazioni con tutti i valori di lunghezza d onda fra un estremo e l altro dello spettro ottico; si chiama spettro una successione di radiazioni con valori di lunghezza d onda compresi fra due estremi. Nel caso della luce bianca, i valori estremi (da 400 a 750 nm. circa) corrispondono ai limiti di sensibilità dell occhio umano medio; lo spettro della luce bianca provoca nel nostro occhio una successione di sensazioni di colore corrispondente ai colori dell iride (dell arcobaleno): dal rosso (massima lunghezza d onda) all arancio, giallo, verde, blu, viola (valore minimo). Le due aberrazioni che seguono, dette perciò cromatiche, dipendono proprio dalla presenza di valori di lunghezza d onda diversi nello spettro ottico; esse non si presenterebbero operando con radiazione monocromatica. Fig. 9 - L aberrazione sferica in una lente semplice Aberrazione cromatica longitudinale; anche questa volta, un punto oggetto produce una serie di punti immagine a diversa distanza dalla lente; la variazione nella distanza dell immagine non dipende dall apertura (come nella sferica), ma dalla lunghezza d onda. In sostanza, al variare della lunghezza d onda, varia l indice di rifrazione del vetro, quindi la focale e le coniugate. Se si mette a fuoco l immagine data da una radiazione di un certo valore di lunghezza d onda, le altre immagini (di diverso colore) risulteranno sfocate, ed ogni linea di confine nell immagine risulterà bordata da frange colorate. Questa aberrazione si presenta anche per la regione centrale dell immagine e per oggetti puntiformi. È proporzionale all apertura. Gli obbiettivi moderni di buona qualità correggono l aberrazione cromatica longitudinale in modo soddisfacente; i migliori sono i cosiddetti apocromatici, costosissimi a causa dell alto numero di lenti che contengono; quelli più semplici ( acromatici ), danno buoni risultati, ma generalmente solo al centro del campo. Aberrazione cromatica trasversale (o laterale o CVD); al variare della lunghezza d onda, varia anche l ingrandimento; questo significa che di un oggetto esteso (non puntiforme) illuminato con luce bianca si ha una serie continua di immagini di diverse 9

12 dimensioni, un immagine per ogni colore dello spettro. Se l oggetto è puntiforme ed al centro del campo, l aberrazione non si presenta poiché un punto rimane sempre un punto anche se l ingrandimento varia. Se l oggetto è invece puntiforme ed ai bordi del campo, se ne avrà una serie di immagini sfalsate di diverso colore, come un piccolo spettro. L aberrazione cromatica laterale non dipende dall apertura. Fig Aberrazioni cromatiche. È rappresentata la diversa posizione e le diverse dimensioni di tre immagini (fra le infinite possibili) corrispondenti ai due valori estremi e ad un valore intermedio di lunghezza d onda. Negli obbiettivi moderni di miglior qualità (serie CF o color free ) questa aberrazione è ragionevolmente corretta; in quelli più semplici, acromatici, di ingrandimento inferiore a 20, si può pure avere una buona correzione; invece, negli obbiettivi modesti o di vecchia data, con ingrandimento superiore a 20:1, questa aberrazione non può essere corretta; i migliori costruttori forniscono però per questi casi degli oculari speciali, detti compensatori, che compensano il residuo di aberrazione dell obbiettivo. In un corredo misto, che non appartenga alla serie CF, occorre quindi uno (o più) oculari normali1, del tipo più semplice, per gli obbiettivi deboli, ed uno (o più) oculari compensatori per gli obbiettivi medio-forti ed in genere per gli apocromatici. Poiché gli oculari compensatori sono più costosi degli altri, i venditori cercano di rifilare gli oculari del tipo più semplice, senza preoccuparsi della cromatica laterale degli obbiettivi forti. La composizione di un corredo ottico da microscopio richiede molta cautela e molta esperienza. Anche il grado di compensazione richiesto dai vari obbiettivi, sia pure della stessa serie e dello stesso costruttore, non è sempre lo stesso. Non potendosi fidare sempre del venditore, occorre eseguire una serie di controlli; il più importante di essi è l osservazione di un reticolo, cioè un vetrino con linee opache su fondo trasparente (può bastare un micrometro oggetto, vedi oltre); con il sistema illuminante correttamente regolato ed il diaframma d apertura tutto aperto, si osservino i contorni delle righe opache in tutto il campo visuale e si controlli l ampiezza degli orli colorati. Si esegua la prova con tutte le combinazioni possibili obbiettivo-oculare, e possibilmente si facciano confronti con altri strumenti.2 Nei casi in cui è possibile (fotografia in bianco e nero, oggetti non colorati, ecc.), l introduzione di un filtro verde restringe lo spettro della radiazione utilizzata limitandolo al centro dello spettro ottico; ciò abbassa drasticamente l effetto di tutte le aberrazioni cromatiche. Non si concluda che gli obbiettivi più corretti, planari, apocromatici o CF, siano in assoluto i migliori. In genere, quelli più corretti contengono un maggior numero di lenti; ma ogni superficie aria-vetro produce un riflesso (e generalmente porta qualche imperfezione), per cui genera una certa quantità di luce diffusa che abbassa il contrasto. Quelli planari poi, come conseguenza della spianatura dell immagine, possono presentare forti residui di astigmatismo. 1 Si tratta di oculari con ridotta cromatica laterale, detti perciò acromatici, generalmente secondo la ricetta di Huygens. 2 Un reticolo utile, almeno a basso ingrandimento, si può costruire spalmando un vetrino porta-oggetto con inchiostro di china; si aspetti che l inchiostro sia ben secco; con una lama molto affilata si eseguano sottili solchi paralleli nella patina d inchiostro, più ravvicinati possibile. Poi si copra il tutto con una goccia di resina ( balsamo del Canada o simili) ed un vetrino copri-oggetto dello spessore normalizzato di 0,17 mm. 10

13 Se ci si limita al centro del campo, gli obbiettivi acromatici più semplici possono dare in molti casi i migliori risultati, se accoppiati con l oculare adatto. 4 - I DIAFRAMMI Apertura Come apertura si può intendere il diametro di un foro praticato in uno schermo opaco; se lo schermo è interposto nel cammino di un fascio di radiazione, l apertura ne limita il diametro utile. Ma il termine apertura si usa più spesso con un significato diverso, cioè come inclinazione massima dei raggi di un fascio. In fig. 11, il cono può rappresentare un fascio divergente che emerge da una sorgente puntiforme F, oppure un fascio che, dopo aver attraversato una lente dal diametro HH, converge nel punto F, dall alto in basso. Si chiamerà apertura di quel fascio l angolo formato dal raggio più inclinato (per es. FH) rispetto all asse del cono (FC), angolo indicato con α. Ma, in molti calcoli, riesce più comodo indicare non semplicemente l angolo α ma una sua funzione trigonometrica. Chiariamo. In fotografia, si usa il concetto di apertura relativa, dato dal diametro utile della lente (HH in figura) diviso la focale della lente (CF in figura) ed indicato dall espressione 1 / f# ; il simbolo f# è il cosiddetto numero f o f-number, indicato su tutti gli obbiettivi fotografici. Quando l apertura è variabile, i valori nominali di essa sono scaglionati in modo che il passaggio da un valore all altro porti ad un raddoppio o dimezzamento dell esposizione. Fig Concetto di apertura Il valore dell apertura relativa è pari al doppio della tangente di α. In microscopia ed in altri campi si usa invece la apertura numerica, pari a: n sen α, in cui n rappresenta l indice di rifrazione del mezzo trasparente interposto fra il vetrino e la prima lente dell obbiettivo; sen α è la funzione trigonometrica seno 1 dell angolo α ; riparleremo di questo a proposito degli obbiettivi ad immersione. L apertura numerica n sen α è indicata in genere con NA (= numerical aperture) e si può dimostrare che, per un sistema corretto: NA = n sen α = 1 / 2 f# (2) Diaframma d apertura In fig. 12 è schematizzata una lente convergente a due elementi (Ob) che produce un immagine reale rovesciata (nel piano E) di un oggetto posto nel piano Og : potrebbe trattarsi dell obbiettivo di un cannocchiale o di una macchina fotografica; l ingrandimento (vedi la formula (1) a pag. 6) è minore di 1 e la situazione è quella della fig. 5, ma nulla cambierebbe per un obbiettivo da microscopio, che ingrandisce, secondo lo schema di fig. 6. Immaginiamo a ridosso del sistema di lenti, o fra le lenti come in figura, uno schermo opaco con un foro centrato, cioè un diaframma, di diametro d. Dalla figura è evidente che tale diaframma limita il diametro del fascio utile che traversa la lente, quindi l apertura del sistema. Per es., l apertura relativa sarebbe circa: d / a. Il diaframma in questione prende perciò il nome di diaframma d apertura (Da in figura). Se il suo diametro è variabile, come avviene in genere per gli obbiettivi fotografici 1 Il seno di un angolo varia da 0 ad 1 quando l angolo varia da 0 a

14 ( diaframma ad iride, per somiglianza con l iride dell occhio), la sua diminuzione porta ad alcuni effetti: Fig I diaframmi in un generico sistema ottico riduzione della quantità di radiazione che traversa il sistema, quindi dell illuminamento nel piano immagine (ed aumento del tempo d esposizione in caso di fotografia); variazione della profondità di fuoco (vedi il 5.4), proprio come avviene in fotografia; aumento della definizione e del contrasto nell immagine per: 1) riduzione della radiazione riflessa alla superficie delle lenti, specie alla loro periferia, dove gli angoli d incidenza e quindi il potere riflettente sono maggiori ( 5.5); 2) riduzione di molte aberrazioni del punto ; riduzione della risoluzione del sistema (vedi il 6) Diaframma di campo Consideriamo ora un altro diaframma posto nel piano dell oggetto o, più comunemente poiché è assai più pratico, nel piano dell immagine (E in figura 12 dove, nel caso della fotografia, sta l emulsione); tale diaframma non produce nessuno degli effetti del diaframma d apertura, appena citati; esso però limita le dimensioni utili dell immagine (il campo immagine ). Poiché al piano immagine corrisponde, punto per punto, il piano oggetto (si parla di piani coniugati ), si può dire che il nostro diaframma limita anche il campo oggetto. Lo scopo di questa limitazione è per lo meno di evitare che vengano utilizzate le zone più periferiche dell immagine, dove le aberrazioni divengono troppo forti (molte di esse crescono coll aumentare del campo) e dove la luminosità dell immagine si riduce per colpa delle vignettature (vedi subito sotto). Il diaframma nel piano immagine si chiama perciò diaframma di campo (Dc in figura). In una macchina fotografica, il diaframma di campo è costituito dalla finestrella, una lamina metallica con un foro rettangolare, che si trova subito davanti alla pellicola. Vedremo che nel microscopio si trovano diaframmi dei due tipi descritti Pupille Generalmente, un sistema ottico è formato da molte lenti e, di tutte le montature metalliche delle lenti, ve ne sarà una più ristretta delle altre che limiterà il fascio ed agirà da diaframma d apertura. In altre parole, qualunque lente o sistema di lenti possiede un diaframma d apertura, anche se invisibile poiché coincidente col bordo di una delle lenti. In altri casi (obbiettivo fotografico, ad es.), il diaframma d apertura è ben visibile poiché è ad iride ed è predisposto dal costruttore. Un obbiettivo da microscopio non ha, salvo casi particolari (obbiettivi ad immersione per campo scuro), un diaframma ad iride. Quello che vogliamo far notare qui è che, almeno da un lato del diaframma, si trova una o più lenti; se si guarda al diaframma d apertura da un punto qualsiasi del piano oggetto o del piano immagine, non si vede direttamente il diaframma ma la sua immagine creata dalle lenti che gli stanno davanti; tale immagine avrà dimensioni e posizione diversa dal diaframma 12

15 reale. Una tale immagine del diaframma si chiama pupilla ; si avrà una pupilla d ingresso, se si guarda il diaframma dal lato oggetto, ed una pupilla d uscita, se si guarda dal lato dell immagine. Se si toglie l oculare di un microscopio e si guarda dentro il tubo, si vedrà un cerchietto illuminato che è la pupilla d uscita dell obbiettivo1. Se, con l oculare montato, si guarda da lontano verso l oculare medesimo, si vedrà ancora un cerchietto illuminato di 0,5-3 mm di diametro che è la pupilla d uscita dell oculare o disco di Ramsden, su cui torneremo: si tratta in sostanza di un immagine reale impiccolita della pupilla d obbiettivo, creata dall oculare stesso. Se poi, in un sistema complesso, vi sono due o più lenti, ognuna con la relativa montatura (o diaframma), il più piccolo, abbiamo detto, funzionerà da diaframma per il complesso; ma, se si opera ai margini del campo, cioè con fasci obliqui (rispetto all asse ottico), allora le varie pupille non saranno più centrate fra loro poiché si trovano su piani diversi e l apertura sarà globalmente ellittica; una delle pupille oblitera parzialmente l altra. Questa deformazione e limitazione di apertura per i fasci obliqui si chiama vignettatura e provoca una perdita di illuminamento ai bordi dell immagine. In un microscopio, una vignettatura si presenta spesso fra oculari grandangolari e prismi di un tubo bioculare Campi Che vi sia un diaframma di campo, che vi sia una vignettatura, o per l insorgenza di eccessive aberrazioni, comunque il campo, l estensione, del piano oggetto o di quello immagine vengono limitati. Naturalmente, dato un campo oggetto (o immagine), e noto l ingrandimento, risulta determinato anche l altro campo, che gli è coniugato. Il termine campo o campo lineare usato finora indica dunque una dimensione, di solito il diametro, della porzione utile dell oggetto o dell immagine. Ma consideriamo ancora la figura 12: il fascio schematizzato, che converge su un margine del campo oggetto o immagine, forma con l asse ottico un angolo; tale angolo è evidentemente una funzione delle dimensioni lineari del campo e si può assumere come misura del campo stesso; si parlerà allora di angolo di campo o di campo angolare. In realtà si tratta di un semi-campo, la metà del campo totale definito dai margini opposti del campo lineare. L uso del concetto di campo angolare è necessario nel caso di immagini virtuali, in cui non è pratico valutare le dimensioni dell immagine, ma conta l angolo (di campo) sotto cui l immagine viene osservata. Questo si applica dunque alle lenti d ingrandimento ed agli oculari. Vedremo i campi delle varie parti del microscopio. 5 - Le PRESTAZIONI dell OBBIETTIVO del MICROSCOPIO Lo schema del microscopio Ripetiamo per chiarezza: in fig. 8, cap. 2, è raffigurato lo schema fondamentale, ridotto all osso, del microscopio composto : a sinistra, l oggetto AB ; in Ob una lente convergente di piccola focale (e quindi di forte potenza), l obbiettivo, che opera secondo lo schema di fig. 6 e quindi produce, oltre il doppio della sua focale, un immagine reale rovesciata ed ingrandita dell oggetto (A B ); tale immagine, si è detto, si chiama immagine intermedia; essa è capovolta rispetto all oggetto. Oltre l immagine intermedia si trova un secondo sistema convergente, generalmente di minor potenza, detto oculare, che si comporta come una lente d ingrandimento (fig. 1): infatti, l immagine A B si comporta per l oculare come un oggetto in quanto da ogni punto di essa emerge un fascio divergente, come da ogni punto di un oggetto luminoso od illuminato. Pertanto, l oculare produce di A B un immagine finale A B che è virtuale, ingrandita (rispetto l immagine intermedia) e diritta (sempre rispetto l immagine intermedia, ma rovesciata rispetto l oggetto). 1 Tale pupilla può venire ristretta da un immagine del diaframma d apertura: per evitare errori, porre in luogo del vetrino un foglio di carta. 13

16 L ingrandimento totale del microscopio, si intuisce, è dato dal prodotto dei due ingrandimenti, quello dell obbiettivo e quello dell oculare. Esistono metodi per la misura precisa di questi ingrandimenti, ma normalmente essi sono incisi sulle montature delle parti ottiche ed è facile farne il prodotto, anche se i valori nominali non sono mai esatti. Del resto, il tubo, cioè la struttura chiusa ai cui estremi si fissano obbiettivo ed oculare, contiene spesso specchi o prismi che spezzano l asse ottico e variano la distanza fra i due estremi (la lunghezza meccanica del tubo o il suo equivalente ottico), oppure sistemi di lenti con varie funzioni, che introducono un ingrandimento proprio o fattore di tubo, di valore generalmente compreso fra 1 e 2. Quando il valore esatto dell ingrandimento è importante, per es. quando si cercano misure di lunghezza o di superficie dell oggetto, allora occorre procedere ad una calibrazione, come si dirà a proposito degli oculari micrometrici (vedi il 9.9) Obbiettivi a coniugata finita ed infinita Si consideri ancora la fig. 8; come si è detto, l obbiettivo Ob forma l immagine intermedia A B operando secondo lo schema di fig. 6; la distanza lente-immagine (coniugata immagine) è maggiore della coniugata oggetto (distanza oggetto-lente) e l ingrandimento è M > 1 ; la coniugata immagine non è infinita, ma finita : l immagine intermedia si forma all interno del tubo dello strumento, poco sotto l orlo superiore. Quando si dice a coniugata finita, si intende la coniugata immagine. È questo il caso della grande maggioranza degli obbiettivi da microscopio, ma ha un inconveniente: spesso, sopra l obbiettivo, si debbono porre oggetti trasparenti limitati da facce piane e parallele (filtri, prismi e simili); l inserzione di tali oggetti sposta verso l oculare l immagine intermedia (di circa un terzo dello spessore della lamina: si parla di avanzamento d immagine ) e quindi varia la messa a fuoco, l ingrandimento, ecc. Fig Obbiettivo a coniugata infinita con lente di tubo LT ; l oculare non è raffigurato. Per evitare ciò, si usa in molti strumenti, specialmente recenti, lo schema di fig. 13. L obbiettivo lavora secondo lo schema di fig. 7: l oggetto (Og in fig. 13) si trova nel fuoco dell obbiettivo (Ob) e quindi l immagine si forma a distanza infinita. Una tale immagine non è ovviamente utilizzabile, e perciò si pone sopra l obbiettivo (a qualche centimetro di distanza) una debole lente convergente (LT) detta lente di tubo, con focale variabile fra 150 e 250 mm. Per ogni punto dell oggetto si forma a destra di Ob un fascio parallelo (la coniugata immagine è infinita) e tale fascio viene reso da LT convergente nel suo fuoco (ii in figura); la lente LT si comporta secondo la fig. 4 ; nel suo fuoco si forma allora l immagine intermedia (ii in fig. 13), dopo la quale può stare un normale oculare. È questo il funzionamento di un obbiettivo a coniugata (immagine) infinita, il quale deve sempre operare su uno strumento munito della adeguata lente di tubo. Le due categorie di obbiettivi non sono intercambiabili. Il cammino ottico fra obbiettivo e lente di tubo è ora occupato da un fascio parallelo; in questo spazio, l introduzione di una lamina plan-parallela non porta a spostamento dell immagine né a variazione d ingrandimento. È questo il vantaggio principale, forse l unico, della lente di tubo Lunghezza del tubo Torniamo ancora alla figura 8. Il punto F ob rappresenta il secondo fuoco dell obbiettivo ed F ok il primo fuoco dell oculare. La distanza fra quei due punti è detta lunghezza ottica del tubo, ed è indicata con la 14

17 lettera greca d (delta) maiuscola, cioè con. Il valore di è utile per il calcolo esatto dell ingrandimento dell obbiettivo, ma in pratica è quasi inservibile poiché il secondo fuoco dell obbiettivo è posto generalmente all interno del sistema di lenti e la sua posizione è difficilmente misurabile. Più utile invece è la lunghezza meccanica del tubo (indicata con Lm), cioè la distanza fra l orlo del foro di fissaggio dell obbiettivo e l orlo superiore del tubo, ove poggia l oculare. Quando il tubo è semplice e diritto, e non contiene parti ottiche (strumenti molto semplici o antichi), la sua lunghezza si misura con mezzi normali. Se invece il tubo è ripiegato, a gomito, o bioculare, oppure se vi sono mezzi ottici interposti, la misura di Lm può diventare impossibile. Si spera che il costruttore dichiari la lunghezza meccanica equivalente, cioè il valore di Lm che si avrebbe, a parità di ogni altra condizione, con un tubo semplice e diritto capace di dare lo stesso valore di coniugate. Per ogni obbiettivo ed ogni strumento, il valore nominale di Lm dovrebbe essere sempre noto per sapere se un certo accessorio è intercambiabile con un altro od è utilizzabile su quel dato strumento. I valori più comuni per Lm sono 160 mm (diffusissimo); 170 mm (Leitz di vecchia data, Meopta, Stiassnie, ecc.); 185 mm (qualche vecchio strumento polarizzatore o metallografico); 220 mm, ecc. Comunque, il valore di Lm o di influisce sulla coniugata immagine dell obbiettivo e quindi su alcune prestazioni dello strumento; in ordine di importanza: - l ingrandimento dell obbiettivo e quindi le calibrazioni nelle misure di lunghezza o superficie; - la parfocalità degli obbiettivi (vedi il 7.3); - certe aberrazioni, in particolare la sferica negli obbiettivi forti. Ma la coniugata immagine dell obbiettivo può variare anche in base ad altri fatti: -- regolazione della distanza inter-pupillare, salvo il caso dei tubi secondo Siedentopf (vedi il 14.1); -- regolazione delle boccole porta-oculari (per la correzione delle anisometropie dell osservatore); -- introduzione di certi accessori nel tubo; -- sostituzione dell oculare con un altro non previsto dal costruttore1; -- sostituzione dell obbiettivo con un altro, soprattutto se di altra serie. Per gli obbiettivi a coniugata infinita è importante la distanza fra lente di tubo ed oculare, mentre la distanza fra la stessa lente e l obbiettivo non influisce sulle coniugate Profondità di campo Dato un sistema ottico convergente ideale (Ob in fig. 14) ed un oggetto puntiforme (a sinistra, fuori figura, supposto a distanza infinita), si formerà un immagine reale puntiforme presso il fuoco della lente (O ); per osservare o fotografare nel miglior modo tale oggetto, occorre che l emulsione fotografica passi per il punto O ; qualunque scostamento da questa posizione ottimale, provocherà una perdita di definizione, una sfocatura. Se però si ammette che l immagine non sia proprio puntiforme, allora tanto vale accettare che essa si trasformi in un cerchio di confusione con un certo diametro c. A seconda della destinazione di quella fotografia, il cerchio di confusione può essere accettato più o meno grande (in fotografia si accetta di solito un millesimo della focale). Ma questo equivale a dire che l immagine si può accogliere in un piano che non passi proprio per O, ma se ne discosti di una lunghezza P, prima o dopo del piano di miglior fuoco. Questa distanza P, questo scostamento ammesso dal miglior fuoco, è detto profondità di fuoco. Lo stesso concetto si può applicare però dal lato oggetto, e cioè si dirà profondità di campo lo scostamento ammesso nella posizione dell oggetto rispetto alla posizione ideale, quella che dà l immagine più nitida. Questi termini sono però equivoci, nel senso che non definiscono di quale fuoco o di quale campo si parla (oggetto o immagine?). In microscopia le cose sono più semplici, nel senso che interessa ciò che avviene dal lato dell oggetto. Così, in fig. 14, O potrebbe essere un punto oggetto, Ob potrebbe essere l obbiettivo di un microscopio (del tipo a coniugata infinita ), e l immagine (con la lente di tubo e l oculare) si trovano a sinistra, fuori figura. La lunghezza P diventa allora lo scostamento massimo del piano oggetto dalla posizione ideale, oltre il quale l immagine diviene troppo sfocata, troppo rispetto alle esigenze di quella data applicazione. Tale scostamento massimo si chiama penetrazione, con riferimento alla 1 Molti venditori ed utilizzatori sostituiscono senza scrupoli un oculare od un obbiettivo con un altro senza avere nozione delle conseguenze possibili. Dove superficialità ed ignoranza si accoppiano, il parto è sempre doloroso. 15

18 profondità nel campo oggetto. Fig Schema della profondità di campo (P) Dalla fig. 14 appare intuitivo che, se il cerchio di confusione ammesso ha un diametro c, il valore della penetrazione P è legato all apertura del sistema, comunque la si voglia definire. In altre parole, confrontando le due sezioni della figura, è chiaro che in B, dove un diaframma Da opera da diaframma d apertura e limita l apertura (α è minore di α), il valore di P, a parità di c, aumenterà. Tutti i fotografi sanno che, diaframmando l obbiettivo, aumenta la profondità di campo ed è possibile mettere a fuoco simultaneamente piani diversi dell oggetto, a diversa distanza dalla macchina. La stessa cosa avviene in un microscopio, in cui la massima penetrazione si ha negli obbiettivi di minor apertura. Il concetto analizzato finora con approccio geometrico, è abbastanza valido nel campo della fotografia o della foto-micrografia; quando però l immagine va osservata visualmente, occorre tener conto anche del limitato potere risolutivo dell occhio, per il quale un immagine perfettamente puntiforme sarebbe vista comunque come un cerchietto; inoltre, l accomodazione dell occhio consente sempre una piccola variazione della posizione di miglior fuoco, anche fuori dalla nostra consapevolezza. Ne risulta che la penetrazione nell osservazione visuale è sempre maggiore che non in fotografia. Volendo comunque limitarsi al criterio più restrittivo della fotografia, possiamo dare un idea dei valori pratici di penetrazione con la tabella I. I valori indicati sono il doppio di P, in quanto la deviazione ammessa è valida prima e dopo la posizione ideale. Essi sono espressi in micron (μ). Come si vede, i valori di P sono fortemente legati al valore dell apertura numerica dell obbiettivo (NA obb ), che si intende sempre dal lato dell oggetto. Essi inoltre si riducono molto con gli obbiettivi forti, (meno di 1 μ) per cui, di una normale sezione istologica, di spessore generalmente superiore a 5 μ, è possibile vedere a fuoco solo una frazione dello spessore complessivo; in questo modo si esegue di quell oggetto una sezione ottica, nel senso che è visibile per ogni posizione della messa a fuoco solo una parte dello spessore totale. TABELLA I NA obb, lato oggetto 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,8 1,0 1,2 (immers.) (immers.) Penetrazione lato oggetto, in μ (2 P) ,5 1,6 0,9 0,8 0,6 16

19 5.5 - Contrasto Esaminiamo in generale un immagine o un oggetto dal punto di vista della distribuzione della luminanza (meno correttamente: luminosità ) sulla sua superficie. Supponiamo come sempre, per semplicità, di trattare oggetti o immagini ideali, piani, a due dimensioni, cioè senza spessore, e perpendicolari all asse. Intuitivamente, si concepisce il contrasto ( C ) di un oggetto (o immagine) come differenza fra il valore massimo di luminosità presente nel suo piano ( I max ) ed il valore minimo ( I min ), in altre parole, come chiaro-scuro. Più esattamente: C = (I max I min ) / (I max + I min ) (3) Il valore di I max o I min non ha limiti superiori, in quanto dipende solo dalle caratteristiche dell oggetto e/o della sorgente che lo illumina. I max dovrà ovviamente essere superiore a 0, mentre I min sarà compreso fra I max e 0. Di conseguenza, C è compreso fra 0 ed 1. Supponiamo ora di porre un oggetto con contrasto C davanti ad un obbiettivo che ne forma un immagine reale; misuriamo in quest ultima con opportuna tecnica fotometrica i valori I max e I min e calcoliamo C (contrasto lato imm.) con la (3). Fra i due valori di contrasto vi sarà ovviamente una qualche differenza e sarà sempre C minore di C. Il rapporto: A = C / C (4) sempre compreso fra 0 ed 1, esprime la perdita di contrasto introdotta dal sistema ottico, e si chiama funzione di trasferimento del contrasto. Ora però dobbiamo distinguere due concetti di contrasto: a) per oggetti estesi; b) per oggetti piccoli Il contrasto per oggetti estesi Ricordando quanto si è detto al 3 sulle aberrazioni del punto, è chiaro che, per ogni punto oggetto, non si ha mai un punto immagine, un punto senza dimensioni, ma un piccolo cerchio di confusione, una macchiolina più o meno regolare o sfumata, come effetto globale delle varie aberrazioni. Esistono poi altre cause che contribuiscono al cerchio di confusione, di cui parleremo presto. Se le regioni dell immagine in cui si esegue la misura di I max ed I min sono molto più ampie del cerchio di confusione creato dal sistema ottico, qualunque ne sia la causa, allora il cerchio di confusione non influisce sul contrasto. Al massimo, i confini che separano zone chiare e zone scure appariranno sfumati, e sarà un problema di definizione o di microcontrasto, ma al centro delle zone chiare e scure si avrà una misura corretta della luminosità massima o minima. Le cause che possono abbassare il valore di C (e di A) nell immagine data da un certo obbiettivo da microscopio, possono essere ricondotte in massima parte alla sovrapposizione di un velo di luce diffusa sulle zone scure dell immagine (che abbiamo supposto estese ). Si tratta di radiazione parassita che non rientra nelle stesse leggi geometriche in base alle quali si forma l immagine. Ecco le principali cause di tale luce diffusa. Campo illuminato eccessivo Si tratta di raggi che provengono da un campo (porzione dell oggetto) illuminato più ampio del campo oggetto effettivamente utilizzato. Tali raggi non contribuiscono al fascio utile formatore d immagine e prima o poi, magari dopo riflessione su qualche superficie di lente, a causa della loro inclinazione incidono sulle montature delle lenti, sulla superficie interna del tubo e così via. I costruttori cercano di ridurre questo effetto con annerimenti (vernici speciali ruvide), con diaframmi ( light baffle ), ecc. L utilizzatore può operare un efficace riduzione di questa causa di radiazione diffusa chiudendo il più possibile il diaframma di campo illuminato (vedi oltre). Questo è uno dei vantaggi dell illuminazione sec. Köhler, che la rende preferibile agli altri sistemi di illuminazione, come vedremo. I riflessi Si tratta di radiazione riflessa dalle superfici aria-vetro. Un fascio che incide su una superficie aria-vetro viene parzialmente riflesso; supponiamo che la superficie sia lucida, non diffondente, e perfettamente pulita. La frazione riflessa ( R ) va da un minimo di 4% al 9% circa a seconda dell indice di rifrazione del vetro n (R 17

20 aumenta al crescere di n), con incidenza 0, cioè con raggi perpendicolari alla superficie. Aumentando l incidenza da 0 a 90, il valore di R sale con legge complessa ( formule di Fresnel ) fino a 100%. La radiazione riflessa alla superficie delle lenti è dunque importante; se il semicampo angolare di un obbiettivo non supera pochi gradi, e quello di un oculare i 25, è però forte l apertura (dell obbiettivo e del condensatore, soprattutto) e la curvatura delle lenti; l angolo d incidenza può avvicinarsi a 90 con gli obbiettivi ed i condensatori più forti. Contro questo fenomeno l utilizzatore non ha rimedio tranne la scelta di obbiettivi ad immersione, solo per la prima superficie dell obbiettivo medesimo (vedi il 8) e di obbiettivi semplici, con poche lenti, come gli acromatici ( 3). Ma c è una scappatoia: chiudendo il diaframma d apertura (del condensatore), come diremo più avanti, si riduce l apertura del fascio e quindi l inclinazione dei raggi; in particolare, si eliminano le zone marginali del fascio che incidono sulla periferia delle lenti, dove gli angoli di incidenza sono maggiori. È questa una delle ragioni per cui, chiudendo il diaframma d apertura, aumenta il contrasto. Ma questa manovra ha vari inconvenienti, come si è già accennato (perdita di luminosità) e come vedremo oltre (perdita di risoluzione) e, per ragioni complesse, non migliora il contrasto con valori molto bassi di apertura. Il miglior contrasto si ha quindi per valori intermedi dell apertura del condensatore. All occhio, il contrasto sembra aumentare sempre più colla chiusura del diaframma d apertura, ma è un illusione; infatti l occhio giudica in base alla diminuzione di luminosità dell immagine, sopratutto delle zone più scure di essa, senza accorgersi che diminuisce molto di più la luminosità delle zone chiare e con questo il contrasto. Il costruttore ha invece un mezzo di ridurre la radiazione riflessa sulle lenti: i trattamenti anti-riflettenti. Il meccanismo di questi trattamenti riposa su fenomeni interferenziali di cui parleremo più avanti, ma possiamo dire che il trattamento consiste nel depositare alla superficie dei componenti in vetro uno o più strati sottili di materiale trasparente di opportuno indice. Lo spessore di questi strati sottili è dell ordine di grandezza della lunghezza d onda λ della luce (una frazione di μ) e tali strati sono realizzati per deposizione sotto vuoto di vapori di sostanze particolari, riscaldate elettricamente. Gli strati sottili producono una molteplicità di fasci riflessi che interferiscono fra loro e, quando i rapporti di fase fra i vari fasci sono opportuni, essi riducono ed eventualmente annullano l energia riflessa. Questa interferenza negativa è però legata al valore di λ, per cui il riflesso è più debole in certe parti dello spettro che in altre. In genere si cerca la minima riflessione per la regione centrale dello spettro, per la quale l occhio è più sensibile (regione del verde ), e quindi il riflesso è globalmente attenuato, ma formato in prevalenza dalle regioni estreme dello spettro (regioni viola e rossa ) e quindi colorato; il colore apparente deve quindi essere porpora o magenta scuro (appunto un composto di viola e rosso). Le lenti trattate di altro colore (celeste, verde o addirittura arancio) non hanno il minimo di riflessione al posto giusto, come avviene in tanti prodotti commerciali di bassa lega. La colorazione del riflesso delle lenti trattate giustifica di solito il termine di lenti azzurrate. Con uno strato sottile singolo, la riflessione ( R ) si può ridurre all 1%, almeno in un certo punto dello spettro; con strati multipli, si può scendere anche più giù, con una maggiore uniformità nell intero spettro. Purtroppo, il funzionamento degli strati sottili anti-riflesso è legato anche all angolo d incidenza della radiazione; questo significa che un fascio, anche se è parallelo, incidendo su una superficie curva, produce angoli d incidenza variabili ed il trattamento può essere efficace su una certa zona della lente ma non su tutte. Inoltre, le superfici esterne dei sistemi ottici, che vanno pulite spesso, è bene che non siano trattate, poiché il trattamento è spesso più delicato del vetro e si graffierebbe subito. In conclusione, il fenomeno delle riflessioni indesiderate rimane sempre, almeno in parte. L apertura eccessiva Ci riferiamo qui alla radiazione riflessa sulle montature o all interno dello strumento per eccesso di apertura del fascio illuminante. Se l apertura del condensatore è maggiore di quella dell obbiettivo, i raggi di maggiore apertura possono cadere sulla montatura delle lenti dell obbiettivo e qui vengono irregolarmente riflessi. Questi raggi, inutili dal punto di vista della formazione dell immagine, attraversano inoltre l oggetto subendo qui una più o meno forte diffusione e creando altra radiazione diffusa che si sovrappone all immagine utile. L utilizzatore ha anche qui interesse a chiudere il diaframma d apertura. 18

La propagazione delle onde luminose può essere studiata per mezzo delle equazioni di Maxwell. Tuttavia, nella maggior parte dei casi è possibile

La propagazione delle onde luminose può essere studiata per mezzo delle equazioni di Maxwell. Tuttavia, nella maggior parte dei casi è possibile Elementi di ottica L ottica si occupa dello studio dei percorsi dei raggi luminosi e dei fenomeni legati alla propagazione della luce in generale. Lo studio dell ottica nella fisica moderna si basa sul

Dettagli

Università degli studi di Messina facoltà di Scienze mm ff nn. Progetto Lauree Scientifiche (FISICA) Prisma ottico

Università degli studi di Messina facoltà di Scienze mm ff nn. Progetto Lauree Scientifiche (FISICA) Prisma ottico Università degli studi di Messina facoltà di Scienze mm ff nn Progetto Lauree Scientifiche (FISICA) Prisma ottico Parte teorica Fenomenologia di base La luce che attraversa una finestra, un foro, una fenditura,

Dettagli

n 14 OBBIETTIVO PL 60/0,85 160/0,17 Ottica Turi

n 14 OBBIETTIVO PL 60/0,85 160/0,17 Ottica Turi n 14 OBBIETTIVO PL 60/0,85 160/0,17 Ottica Turi PERIZIA su 4 esemplari PARAMETRI Caratteristiche meccaniche a norme DIN: lunghezza ottica Lo = 45 mm; passo di vite RMS. Montatura molleggiata. Ingrandimento

Dettagli

OTTICA TORNA ALL'INDICE

OTTICA TORNA ALL'INDICE OTTICA TORNA ALL'INDICE La luce è energia che si propaga in linea retta da un corpo, sorgente, in tutto lo spazio ad esso circostante. Le direzioni di propagazione sono dei raggi che partono dal corpo

Dettagli

PROGRAMMA OPERATIVO NAZIONALE

PROGRAMMA OPERATIVO NAZIONALE PROGRAMMA OPERATIVO NAZIONALE Fondo Sociale Europeo "Competenze per lo Sviluppo" Obiettivo C-Azione C1: Dall esperienza alla legge: la Fisica in Laboratorio Ottica geometrica Sommario 1) Cos è la luce

Dettagli

Il riduttore di focale utilizzato è il riduttore-correttore Celestron f/ 6.3.

Il riduttore di focale utilizzato è il riduttore-correttore Celestron f/ 6.3. LE FOCALI DEL C8 Di Giovanni Falcicchia Settembre 2010 Premessa (a cura del Telescope Doctor). Il Celestron C8 è uno Schmidt-Cassegrain, ovvero un telescopio composto da uno specchio primario concavo sferico

Dettagli

Laboratorio di Ottica, Spettroscopia, Astrofisica

Laboratorio di Ottica, Spettroscopia, Astrofisica Università degli Studi di Palermo Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Progetto Lauree Scientifiche Laboratorio di Ottica, Spettroscopia, Astrofisica Antonio Maggio

Dettagli

Laboratorio di Ottica, Spettroscopia, Astrofisica

Laboratorio di Ottica, Spettroscopia, Astrofisica Università degli Studi di Palermo Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Progetto Lauree Scientifiche Laboratorio di Ottica, Spettroscopia, Astrofisica Antonio Maggio

Dettagli

28/05/2009. La luce e le sue illusioni ottiche

28/05/2009. La luce e le sue illusioni ottiche La luce e le sue illusioni ottiche Cosa si intende per raggio luminoso? Immagina di osservare ad una distanza abbastanza elevata una sorgente di luce... il fronte d onda potrà esser approssimato ad un

Dettagli

Lenti sottili/1. Menisco convergente. Menisco divergente. Piano convessa. Piano concava. Biconcava. Biconvessa. G. Costabile

Lenti sottili/1. Menisco convergente. Menisco divergente. Piano convessa. Piano concava. Biconcava. Biconvessa. G. Costabile Lenti sottili/1 La lente è un sistema ottico costituito da un pezzo di materiale trasparente omogeneo (vetro, policarbonato, quarzo, fluorite,...) limitato da due calotte sferiche (o, più generalmente,

Dettagli

www.andreatorinesi.it

www.andreatorinesi.it La lunghezza focale Lunghezza focale Si definisce lunghezza focale la distanza tra il centro ottico dell'obiettivo (a infinito ) e il piano su cui si forma l'immagine (nel caso del digitale, il sensore).

Dettagli

Lo spessimetro ( a cura di Elena Pizzinini)

Lo spessimetro ( a cura di Elena Pizzinini) Lo spessimetro ( a cura di Elena Pizzinini) 1) Che cos è? Lo spessivetro è uno strumento (brevettato dalla ditta Saint Gobain) dal funzionamento piuttosto semplice che permette di misurare lo spessore

Dettagli

Lenti sottili: Definizione

Lenti sottili: Definizione Lenti sottili: Definizione La lente è un sistema ottico costituito da un pezzo di materiale trasparente omogeneo (vetro, policarbonato, quarzo, fluorite,...) limitato da due calotte sferiche (o, più generalmente,

Dettagli

Laboratorio di Fisica 3 Ottica 2. Studenti: Buoni - Giambastiani - Leidi Gruppo: G09

Laboratorio di Fisica 3 Ottica 2. Studenti: Buoni - Giambastiani - Leidi Gruppo: G09 Laboratorio di Fisica 3 Ottica 2 Studenti: Buoni - Giambastiani - Leidi Gruppo: G09 24 febbraio 2015 1 Lunghezza d onda di un laser He-Ne 1.1 Scopo dell esperienza Lo scopo dell esperienza è quello di

Dettagli

1 Introduzione 1. Ottica Geometrica

1 Introduzione 1. Ottica Geometrica 1 Introduzione 1 1 Introduzione Ottica Geometrica 1.1 Estratto Lo scopo di questa esperienza è quello di apprendere come la luce interagisce con elementi ottici quali le lenti, e come, in sequito alla

Dettagli

Forze come grandezze vettoriali

Forze come grandezze vettoriali Forze come grandezze vettoriali L. Paolucci 23 novembre 2010 Sommario Esercizi e problemi risolti. Per la classe prima. Anno Scolastico 2010/11 Parte 1 / versione 2 Si ricordi che la risultante di due

Dettagli

Relazione di Fisica. IV E a.s. 2011/2012. Badioli Federico, Ciprianetti Sofia, Pasqualini Roberto.

Relazione di Fisica. IV E a.s. 2011/2012. Badioli Federico, Ciprianetti Sofia, Pasqualini Roberto. Relazione di Fisica IV E a.s. 2011/2012 Badioli Federico, Ciprianetti Sofia, Pasqualini Roberto. Scopo: Misurare la lunghezza d onda (λ) di un laser HeNe attraverso un reticolo di diffrazione. Materiale

Dettagli

La parola microscopio è stata coniata dai membri dell Accademia dei Lincei di cui faceva parte anche Galileo Galilei

La parola microscopio è stata coniata dai membri dell Accademia dei Lincei di cui faceva parte anche Galileo Galilei La parola microscopio è stata coniata dai membri dell Accademia dei Lincei di cui faceva parte anche Galileo Galilei La microscopia ottica è una tecnica di osservazione capace di produrre immagini ingrandite

Dettagli

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE

LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE LE SUCCESSIONI 1. COS E UNA SUCCESSIONE La sequenza costituisce un esempio di SUCCESSIONE. Ecco un altro esempio di successione: Una successione è dunque una sequenza infinita di numeri reali (ma potrebbe

Dettagli

Il microscopio ottico. La parola microscopio è stata coniata dai membri dell Accademia dei Lincei di cui faceva parte anche Galileo Galilei

Il microscopio ottico. La parola microscopio è stata coniata dai membri dell Accademia dei Lincei di cui faceva parte anche Galileo Galilei Il microscopio ottico La parola microscopio è stata coniata dai membri dell Accademia dei Lincei di cui faceva parte anche Galileo Galilei Ingrandimento Un oggetto può essere visto a fuoco se posizionato

Dettagli

1. Come funziona l occhio normale? Cosa caratterizza i difetti della vista? Come correggerli? Prova ad osservare con le diverse lenti

1. Come funziona l occhio normale? Cosa caratterizza i difetti della vista? Come correggerli? Prova ad osservare con le diverse lenti L occhio MPZ 1. Come funziona l occhio normale? Cosa caratterizza i difetti della vista? Come correggerli? Prova ad osservare con le diverse lenti retina muscolo cornea iride pupilla cristallino nervo

Dettagli

Cenni di Macrofotografia

Cenni di Macrofotografia Cenni di Macrofotografia Definiamo il termine MACROFOTOGRAFIA Per comprendere il termine «Macrofotografia», bisogna necessariamente introdurre il concetto di «rapporto di riproduzione» o semplicemente

Dettagli

Corso di Laboratorio di Fisica prof. Mauro Casalboni dott. Giovanni Casini

Corso di Laboratorio di Fisica prof. Mauro Casalboni dott. Giovanni Casini SSIS indirizzo Fisico - Informatico - Matematico 2 anno - a.a.. 2006/2007 Corso di Laboratorio di Fisica prof. Mauro Casalboni dott. Giovanni Casini LA LUCE La luce è un onda elettromagnetica Il principio

Dettagli

Traduzioni & Corsi di Lingue Udine. Via Cussignacco 27/4. P. IVA: 02159420302 tel/fax: 0432-229621 scuola@jmi.it

Traduzioni & Corsi di Lingue Udine. Via Cussignacco 27/4. P. IVA: 02159420302 tel/fax: 0432-229621 scuola@jmi.it APPUNTI PRIMO INCONTRO Sono passati quasi duecento anni dall invenzione dei primi strumenti in grado di registrare immagini ma si può dire che la fotocamera è costituita dagli stessi elementi basilari

Dettagli

Fisica II - CdL Chimica. Formazione immagini Superfici rifrangenti Lenti sottili Strumenti ottici

Fisica II - CdL Chimica. Formazione immagini Superfici rifrangenti Lenti sottili Strumenti ottici Formazione immagini Superfici rifrangenti Lenti sottili Strumenti ottici Ottica geometrica In ottica geometrica si analizza la formazione di immagini assumendo che la luce si propaghi in modo rettilineo

Dettagli

Sommario Ottica geometrica... 2 Principio di Huygens-Fresnel... 4 Oggetto e immagine... 6 Immagine reale... 7 Immagine virtuale...

Sommario Ottica geometrica... 2 Principio di Huygens-Fresnel... 4 Oggetto e immagine... 6 Immagine reale... 7 Immagine virtuale... IMMAGINI Sommario Ottica geometrica... 2 Principio di Huygens-Fresnel... 4 Oggetto e immagine... 6 Immagine reale... 7 Immagine virtuale... 9 Immagini - 1/11 Ottica geometrica È la branca dell ottica che

Dettagli

LA MACCHINA FOTOGRAFICA

LA MACCHINA FOTOGRAFICA D LA MACCHINA FOTOGRAFICA Parti essenziali Per poter usare la macchina fotografica, è bene vedere quali sono le sue parti essenziali e capire le loro principali funzioni. a) OBIETTIVO: è quella lente,

Dettagli

Energia potenziale elettrica e potenziale. In queste pagine R indicherà una regione in cui è presente un campo elettrostatico.

Energia potenziale elettrica e potenziale. In queste pagine R indicherà una regione in cui è presente un campo elettrostatico. Energia potenziale elettrica e potenziale 0. Premessa In queste pagine R indicherà una regione in cui è presente un campo elettrostatico. 1. La forza elettrostatica è conservativa Una o più cariche ferme

Dettagli

Costruirsi un cannocchiale galileiano

Costruirsi un cannocchiale galileiano Costruirsi un cannocchiale galileiano I. INFORMAZIONI PRELIMINARI - IL PRINCIPIO OTTICO Un cannocchiale galileiano impiega due sole lenti. La lente obbiettiva è convergente (piano-convessa), la lente oculare

Dettagli

Scheda n 25 OBBIETTIVO Ottica Turi PL 40/0,65 160/0,17

Scheda n 25 OBBIETTIVO Ottica Turi PL 40/0,65 160/0,17 G. Sini Scheda n 25 OBBIETTIVO Ottica Turi PL 40/0,65 160/0,17 In questo stesso sito, nella scheda tecnica n 14, si è già trattato dell obbiettivo PL 60/0,85, che appartiene alla stessa serie, ed a quella

Dettagli

LA TRASMISSIONE DELLE INFORMAZIONI QUARTA PARTE 1

LA TRASMISSIONE DELLE INFORMAZIONI QUARTA PARTE 1 LA TRASMISSIONE DELLE INFORMAZIONI QUARTA PARTE 1 I CODICI 1 IL CODICE BCD 1 Somma in BCD 2 Sottrazione BCD 5 IL CODICE ECCESSO 3 20 La trasmissione delle informazioni Quarta Parte I codici Il codice BCD

Dettagli

Laboratorio per il corso Scienza dei Materiali II

Laboratorio per il corso Scienza dei Materiali II UNIVERSITÀ DI CAMERINO Corso di Laurea Triennale in Fisica Indirizzo Tecnologie per l Innovazione Laboratorio per il corso Scienza dei Materiali II a.a. 2009-2010 Docente: E-mail: Euro Sampaolesi eurosampaoesi@alice.it

Dettagli

4 La Polarizzazione della Luce

4 La Polarizzazione della Luce 4 La Polarizzazione della Luce Per comprendere il fenomeno della polarizzazione è necessario tenere conto del fatto che il campo elettromagnetico, la cui variazione nel tempo e nello spazio provoca le

Dettagli

Capitolo 2. Operazione di limite

Capitolo 2. Operazione di limite Capitolo 2 Operazione di ite In questo capitolo vogliamo occuparci dell operazione di ite, strumento indispensabile per scoprire molte proprietà delle funzioni. D ora in avanti riguarderemo i domini A

Dettagli

3 GRAFICI DI FUNZIONI

3 GRAFICI DI FUNZIONI 3 GRAFICI DI FUNZIONI Particolari sottoinsiemi di R che noi studieremo sono i grafici di funzioni. Il grafico di una funzione f (se non è specificato il dominio di definizione) è dato da {(x, y) : x dom

Dettagli

Dai colori alle stelle: un excursus tra Fisica e Ottica

Dai colori alle stelle: un excursus tra Fisica e Ottica Dai colori alle stelle: un excursus tra Fisica e Ottica Martina Giordani Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali Corso di Laurea in Ottica e Optometria Federica Ricci Facoltà di Scienze matematiche,

Dettagli

Parte Seconda. Geometria

Parte Seconda. Geometria Parte Seconda Geometria Geometria piana 99 CAPITOLO I GEOMETRIA PIANA Geometria: scienza che studia le proprietà delle figure geometriche piane e solide, cioè la forma, l estensione e la posizione dei

Dettagli

1.Visione_01 Ottica geometrica. Prof. Carlo Capelli Fisiologia Corso di Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive Università di Verona

1.Visione_01 Ottica geometrica. Prof. Carlo Capelli Fisiologia Corso di Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive Università di Verona 1.Visione_01 Ottica geometrica Prof. Carlo Capelli Fisiologia Corso di Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive Università di Verona Obiettivi Principi di refrazione delle lenti, indice di refrazione

Dettagli

Misure di base su una carta. Calcoli di distanze

Misure di base su una carta. Calcoli di distanze Misure di base su una carta Calcoli di distanze Per calcolare la distanza tra due punti su una carta disegnata si opera nel modo seguente: 1. Occorre identificare la scala della carta o ricorrendo alle

Dettagli

Il Microscopio. Il microscopio, dal greco micron (piccolo) e. skopein (guardare), è uno strumento che. permette di ottenere un immagine ingrandita

Il Microscopio. Il microscopio, dal greco micron (piccolo) e. skopein (guardare), è uno strumento che. permette di ottenere un immagine ingrandita Il Microscopio Il Microscopio Il microscopio, dal greco micron (piccolo) e skopein (guardare), è uno strumento che permette di ottenere un immagine ingrandita degli oggetti osservati. Unità di misura Unità

Dettagli

Ottica geometrica. L ottica geometrica tratta i. propagazione in linea retta e dei. rifrazione della luce.

Ottica geometrica. L ottica geometrica tratta i. propagazione in linea retta e dei. rifrazione della luce. Ottica geometrica L ottica geometrica tratta i fenomeni che si possono descrivere per mezzo della propagazione in linea retta e dei fenomeni di riflessione e la rifrazione della luce. L ottica geometrica

Dettagli

Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore

Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore 13.1: Introduzione L analisi dei due capitoli precedenti ha fornito tutti i concetti necessari per affrontare l argomento di questo capitolo:

Dettagli

- Formazione delle immagini per riflessione: specchio sferico

- Formazione delle immagini per riflessione: specchio sferico Ottica geometrica: - condizione di validità: o occorre conrontare la lunghezza d onda λ della luce e le dimensioni degli oggetti su cui la luce incide. Se λ è MINORE, valgono le leggi dell ottica geometrica.

Dettagli

VERIFICA DELLA LEGGE DI MALUS E MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE CON DUE POLAROIDI

VERIFICA DELLA LEGGE DI MALUS E MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE CON DUE POLAROIDI VERIFICA DELLA LEGGE DI MALUS E MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE CON DUE POLAROIDI A) VERIFICA DELLA LEGGE DI MALUS L intensità luminosa trasmessa da un sistema costituito da due polaroidi

Dettagli

Consideriamo due polinomi

Consideriamo due polinomi Capitolo 3 Il luogo delle radici Consideriamo due polinomi N(z) = (z z 1 )(z z 2 )... (z z m ) D(z) = (z p 1 )(z p 2 )... (z p n ) della variabile complessa z con m < n. Nelle problematiche connesse al

Dettagli

Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria Università di Genova MATEMATICA Il

Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria Università di Genova MATEMATICA Il Lezione 5:10 Marzo 2003 SPAZIO E GEOMETRIA VERBALE (a cura di Elisabetta Contardo e Elisabetta Pronsati) Esercitazione su F5.1 P: sarebbe ottimale a livello di scuola dell obbligo, fornire dei concetti

Dettagli

L espressione torna invece sempre vera (quindi la soluzione originale) se cambiamo contemporaneamente il verso: 1 < 0.

L espressione torna invece sempre vera (quindi la soluzione originale) se cambiamo contemporaneamente il verso: 1 < 0. EQUAZIONI E DISEQUAZIONI Le uguaglianze fra espressioni numeriche si chiamano equazioni. Cercare le soluzioni dell equazione vuol dire cercare quelle combinazioni delle lettere che vi compaiono che la

Dettagli

I COLORI DEL CIELO: COME SI FORMANO LE IMMAGINI ASTRONOMICHE

I COLORI DEL CIELO: COME SI FORMANO LE IMMAGINI ASTRONOMICHE I COLORI DEL CIELO: COME SI FORMANO LE IMMAGINI ASTRONOMICHE Nell ultima notte di osservazione abbiamo visto bellissime immagini della Galassia, delle sue stelle e delle nubi di gas che la compongono.

Dettagli

1 Caratteristiche dei materiali utilizzati in ottica oftalmica di Alessandro Farini 1.1 Caratteristiche ottiche dei materiali oftalmici

1 Caratteristiche dei materiali utilizzati in ottica oftalmica di Alessandro Farini 1.1 Caratteristiche ottiche dei materiali oftalmici 1 Caratteristiche dei materiali utilizzati in ottica oftalmica di Alessandro Farini Esaminiamo in questo capitolo le principali caratteristiche dei vari materiali utilizzati nel campo dell'ottica oftalmica,

Dettagli

SCHEDA M MOSAICI CLASSIFICARE CON LA SIMMETRIA

SCHEDA M MOSAICI CLASSIFICARE CON LA SIMMETRIA SCHEDA M MOSAICI CLASSIFICARE CON LA SIMMETRIA Qui sotto avete una griglia, che rappresenta una normale quadrettatura, come quella dei quaderni a quadretti; nelle attività che seguono dovrete immaginare

Dettagli

Lenti e ingrandimento

Lenti e ingrandimento Microscopia Lenti e ingrandimento q1 q2 Interfaccia sferica a g b R n1 n2 L s s N ) - (N N N ) ( N N N sin N sin 1 2 2 1 2 1 2 1 2 2 1 1 b g a g b a b g q b b a q q q s' L, s L, R L g a b R N ) - (N s'

Dettagli

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Facoltà di Ingegneria sede di Vicenza A.A. 2007/08

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Facoltà di Ingegneria sede di Vicenza A.A. 2007/08 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Facoltà di Ingegneria sede di Vicenza Corso di Disegno Tecnico Industriale per il Corso di Laurea triennale in Ingegneria Meccanica e in Ingegneria Meccatronica Tolleranze

Dettagli

Slide Cerbara parte1 5. Le distribuzioni teoriche

Slide Cerbara parte1 5. Le distribuzioni teoriche Slide Cerbara parte1 5 Le distribuzioni teoriche I fenomeni biologici, demografici, sociali ed economici, che sono il principale oggetto della statistica, non sono retti da leggi matematiche. Però dalle

Dettagli

Ottica fisiologica (2): sistemi ottici

Ottica fisiologica (2): sistemi ottici Ottica fisiologica (2): sistemi ottici Corso di Principi e Modelli della Percezione Prof. Giuseppe Boccignone Dipartimento di Informatica Università di Milano boccignone@di.unimi.it http://boccignone.di.unimi.it/pmp_2014.html

Dettagli

4 3 4 = 4 x 10 2 + 3 x 10 1 + 4 x 10 0 aaa 10 2 10 1 10 0

4 3 4 = 4 x 10 2 + 3 x 10 1 + 4 x 10 0 aaa 10 2 10 1 10 0 Rappresentazione dei numeri I numeri che siamo abituati ad utilizzare sono espressi utilizzando il sistema di numerazione decimale, che si chiama così perché utilizza 0 cifre (0,,2,3,4,5,6,7,8,9). Si dice

Dettagli

IL MICROSCOPIO OTTICO. DOWNLOAD Il pdf di questa lezione (microscopio2.pdf) è scaricabile dal sito http://www.ge.infn.it/ calvini/fistrum/ 09/03/2011

IL MICROSCOPIO OTTICO. DOWNLOAD Il pdf di questa lezione (microscopio2.pdf) è scaricabile dal sito http://www.ge.infn.it/ calvini/fistrum/ 09/03/2011 IL MICROSCOPIO OTTICO DOWNLOAD Il pdf di questa lezione (microscopio2.pdf) è scaricabile dal sito http://www.ge.infn.it/ calvini/fistrum/ 09/03/2011 Lo scopo di questi appunti è la descrizione dei principi

Dettagli

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ http://ripetizionando.wordpress.com STUDIO DI FUNZIONE

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ http://ripetizionando.wordpress.com STUDIO DI FUNZIONE STUDIO DI FUNZIONE Passaggi fondamentali Per effettuare uno studio di funzione completo, che non lascia quindi margine a una quasi sicuramente errata inventiva, sono necessari i seguenti 7 passaggi: 1.

Dettagli

Esecuzione: Ho indossato gli occhiali ( che funzionano come un prisma di vetro), quindi ho osservato una fonte di luce

Esecuzione: Ho indossato gli occhiali ( che funzionano come un prisma di vetro), quindi ho osservato una fonte di luce Esperimento 1: Dispersione della luce Materiali e strumenti: Occhiali speciali, luce Esecuzione: Ho indossato gli occhiali ( che funzionano come un prisma di vetro), quindi ho osservato una fonte di luce

Dettagli

Gli input sono detti anche fattori di produzione: terra, capitale, lavoro, materie prime.

Gli input sono detti anche fattori di produzione: terra, capitale, lavoro, materie prime. LA TECNOLOGIA Studio del comportamento dell impresa, soggetto a vincoli quando si compiono scelte. La tecnologia rientra tra vincoli naturali e si traduce nel fatto che solo alcuni modi di trasformare

Dettagli

L osservazione in luce bianca è, per così dire, l osservazione del Sole al naturale ovviamente dopo averne attenuato la fortissima emissione di luce.

L osservazione in luce bianca è, per così dire, l osservazione del Sole al naturale ovviamente dopo averne attenuato la fortissima emissione di luce. L osservazione in luce bianca è, per così dire, l osservazione del Sole al naturale ovviamente dopo averne attenuato la fortissima emissione di luce. Questa attenuazione si ottiene mediante l uso di un

Dettagli

Appunti sulla Macchina di Turing. Macchina di Turing

Appunti sulla Macchina di Turing. Macchina di Turing Macchina di Turing Una macchina di Turing è costituita dai seguenti elementi (vedi fig. 1): a) una unità di memoria, detta memoria esterna, consistente in un nastro illimitato in entrambi i sensi e suddiviso

Dettagli

Esercitazione di Microbiologia generale. Microscopia

Esercitazione di Microbiologia generale. Microscopia Esercitazione di Microbiologia generale Microscopia I microrganismi Le cellule più primitive viventi attualmente sono i batteri questi appartengono a un gruppo di organismi chiamati procarioti (letteralmente

Dettagli

13. Campi vettoriali

13. Campi vettoriali 13. Campi vettoriali 1 Il campo di velocità di un fluido Il concetto di campo in fisica non è limitato ai fenomeni elettrici. In generale il valore di una grandezza fisica assegnato per ogni punto dello

Dettagli

La diffrazione. Lezioni d'autore

La diffrazione. Lezioni d'autore La diffrazione Lezioni d'autore Figure di diffrazione VIDEO Il potere risolutivo di un sistema ottico (I) Un esperienza classica sulle capacità di una persona di distinguere due oggetti vicini si realizza

Dettagli

GEOMETRIA DELLE MASSE

GEOMETRIA DELLE MASSE 1 DISPENSA N 2 GEOMETRIA DELLE MASSE Si prende in considerazione un sistema piano, ossia giacente nel pian x-y. Un insieme di masse posizionato nel piano X-Y, rappresentato da punti individuati dalle loro

Dettagli

Per studio di funzione intendiamo un insieme di procedure che hanno lo scopo di analizzare le proprietà di una funzione f ( x) R R

Per studio di funzione intendiamo un insieme di procedure che hanno lo scopo di analizzare le proprietà di una funzione f ( x) R R Studio di funzione Per studio di funzione intendiamo un insieme di procedure che hanno lo scopo di analizzare le proprietà di una funzione f ( x) R R : allo scopo di determinarne le caratteristiche principali.

Dettagli

Teoria delle code. Sistemi stazionari: M/M/1 M/M/1/K M/M/S

Teoria delle code. Sistemi stazionari: M/M/1 M/M/1/K M/M/S Teoria delle code Sistemi stazionari: M/M/1 M/M/1/K M/M/S Fabio Giammarinaro 04/03/2008 Sommario INTRODUZIONE... 3 Formule generali di e... 3 Leggi di Little... 3 Cosa cerchiamo... 3 Legame tra N e le

Dettagli

Matematica generale CTF

Matematica generale CTF Successioni numeriche 19 agosto 2015 Definizione di successione Monotonìa e limitatezza Forme indeterminate Successioni infinitesime Comportamento asintotico Criterio del rapporto per le successioni Definizione

Dettagli

Usando il pendolo reversibile di Kater

Usando il pendolo reversibile di Kater Usando il pendolo reversibile di Kater Scopo dell esperienza è la misurazione dell accelerazione di gravità g attraverso il periodo di oscillazione di un pendolo reversibile L accelerazione di gravità

Dettagli

I sistemi di numerazione

I sistemi di numerazione I sistemi di numerazione 01-INFORMAZIONE E SUA RAPPRESENTAZIONE Sia dato un insieme finito di caratteri distinti, che chiameremo alfabeto. Utilizzando anche ripetutamente caratteri di un alfabeto, si possono

Dettagli

PERCORSO DIDATTICO DI OTTICA GEOMETRICA

PERCORSO DIDATTICO DI OTTICA GEOMETRICA PERCORSO DIDATTICO DI OTTICA GEOMETRICA Tipo di scuola e classe: Liceo Scientifico, classe II Nodi concettuali: riflessione della luce; rifrazione della luce, riflessione totale, rifrazione attraverso

Dettagli

La lente singola rimane ancora in uso nelle macchine più economiche e, entro certi limiti, dà dei risultati accettabili.

La lente singola rimane ancora in uso nelle macchine più economiche e, entro certi limiti, dà dei risultati accettabili. O.Welles usa in "Quarto potere" in modo magistrale la Profondità di Campo, in questo modo evita gli stacchi e un oggetto inquadrato riesce a mettere a ''fuoco'' anche ciò che c'è dietro - stesso uso magistrale

Dettagli

Processo di rendering

Processo di rendering Processo di rendering Trasformazioni di vista Trasformazioni di vista Il processo di visione in tre dimensioni Le trasformazioni di proiezione 2 Rendering nello spazio 2D Il processo di rendering (visualizzazione)

Dettagli

PON C1 L invisibile intorno a noi

PON C1 L invisibile intorno a noi Scuola Secondaria di I Grado MICHELANGELO - Bari PON C1 L invisibile intorno a noi Prof.ssa Anna Maria D Orazio Il MICROSCOPIO e uno strumento che consente di osservare oggetti di dimensioni tali da non

Dettagli

SPC e distribuzione normale con Access

SPC e distribuzione normale con Access SPC e distribuzione normale con Access In questo articolo esamineremo una applicazione Access per il calcolo e la rappresentazione grafica della distribuzione normale, collegata con tabelle di Clienti,

Dettagli

SULLE ORME DI GALILEO LA LUCE DELLA LUNA

SULLE ORME DI GALILEO LA LUCE DELLA LUNA SULLE ORME DI GALILEO LA LUCE DELLA LUNA L ottica nei Massimi Sistemi Nella prima giornata del Dialogo sui massimi sistemi c è una lunga discussione dedicata al confronto tra l aspetto apparente della

Dettagli

ESERCITAZIONI DI BIOLOGIA

ESERCITAZIONI DI BIOLOGIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA ESERCITAZIONI DI BIOLOGIA Lezione quinta parte Dott.ssa Annamaria Fiarè Gli oggetti che si osservano al MICROSCOPIO OTTICO sono generalmente trasparenti

Dettagli

Esponenziali elogaritmi

Esponenziali elogaritmi Esponenziali elogaritmi Potenze ad esponente reale Ricordiamo che per un qualsiasi numero razionale m n prendere n>0) si pone a m n = n a m (in cui si può sempre a patto che a sia un numero reale positivo.

Dettagli

Prof. Gian Piero Pugliese Lezioni di Fisica

Prof. Gian Piero Pugliese Lezioni di Fisica Prof. Gian Piero Pugliese Lezioni di Fisica Il miraggio Fin dai tempi più remoti, il miraggio è stato un fenomeno che ha destano nell uomo paura e al tempo stesso meraviglia, proprio perché non conosciuto

Dettagli

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI Indice 1 Le frazioni algebriche 1.1 Il minimo comune multiplo e il Massimo Comun Divisore fra polinomi........ 1. Le frazioni algebriche....................................

Dettagli

Uso di base delle funzioni in Microsoft Excel

Uso di base delle funzioni in Microsoft Excel Uso di base delle funzioni in Microsoft Excel Le funzioni Una funzione è un operatore che applicato a uno o più argomenti (valori, siano essi numeri con virgola, numeri interi, stringhe di caratteri) restituisce

Dettagli

Noi vediamo gli oggetti, perché la luce emessa dalla sorgente arriva all oggetto e si diffonde in tutte le direzioni poi la luce che l oggetto

Noi vediamo gli oggetti, perché la luce emessa dalla sorgente arriva all oggetto e si diffonde in tutte le direzioni poi la luce che l oggetto Noi vediamo gli oggetti, perché la luce emessa dalla sorgente arriva all oggetto e si diffonde in tutte le direzioni poi la luce che l oggetto rimanda indietro arriva ai nostri occhi. Dipende da: SI PROPAGA

Dettagli

Siamo così arrivati all aritmetica modulare, ma anche a individuare alcuni aspetti di come funziona l aritmetica del calcolatore come vedremo.

Siamo così arrivati all aritmetica modulare, ma anche a individuare alcuni aspetti di come funziona l aritmetica del calcolatore come vedremo. DALLE PESATE ALL ARITMETICA FINITA IN BASE 2 Si è trovato, partendo da un problema concreto, che con la base 2, utilizzando alcune potenze della base, operando con solo addizioni, posso ottenere tutti

Dettagli

Il concetto di stop in fotografia

Il concetto di stop in fotografia Il concetto di stop in fotografia Stop. Non vi è conversazione tra fotografi in cui questa parola non sia pronunciata diverse volte. Coloro che non conoscono il gergo fotografico restano piuttosto perplessi

Dettagli

Orietta Bay - Sestri Levante 2011

Orietta Bay - Sestri Levante 2011 Per -corso Orietta Bay - Sestri Levante 2011 Per -corso Fotografare è saper cogliere l essenza delle cose e degli avvenimenti e Scriverli con la luce La macchina fotografica Il cuore originario della

Dettagli

Lenti, Cannocchiali e Telescopi

Lenti, Cannocchiali e Telescopi tradizione e rivoluzione nell insegnamento delle scienze Istruzioni dettagliate per gli esperimenti mostrati nel video Lenti, Cannocchiali e Telescopi prodotto da Reinventore con il contributo del MIUR

Dettagli

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI Capitolo I LE FUNZIONI A DUE VARIABILI In questo primo capitolo introduciamo alcune definizioni di base delle funzioni reali a due variabili reali. Nel seguito R denoterà l insieme dei numeri reali mentre

Dettagli

A.S. 2012-1013 CLASSE PRIMA SCUOLA PRIMARIA D ISTITUTO COMPETENZA CHIAVE EUROPEA DISCIPLINA

A.S. 2012-1013 CLASSE PRIMA SCUOLA PRIMARIA D ISTITUTO COMPETENZA CHIAVE EUROPEA DISCIPLINA ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE di Scuola dell Infanzia, Scuola Primaria e Scuola Secondaria di 1 grado San Giovanni Teatino (CH) CURRICOLO A.S. 2012-1013 CLASSE PRIMA SCUOLA PRIMARIA OBIETTIVI DI Sviluppa

Dettagli

La quotatura costituisce il complesso delle informazioni in un disegno che precisano le dimensioni di un oggetto o di un componente meccanico

La quotatura costituisce il complesso delle informazioni in un disegno che precisano le dimensioni di un oggetto o di un componente meccanico La quotatura costituisce il complesso delle informazioni in un disegno che precisano le dimensioni di un oggetto o di un componente meccanico 1 La quotatura è ottenuta con i seguenti elementi La linea

Dettagli

Fisica II - CdL Chimica. La natura della luce Ottica geometrica Velocità della luce Dispersione Fibre ottiche

Fisica II - CdL Chimica. La natura della luce Ottica geometrica Velocità della luce Dispersione Fibre ottiche La natura della luce Ottica geometrica Velocità della luce Dispersione Fibre ottiche La natura della luce Teoria corpuscolare (Newton) Teoria ondulatoria: proposta già al tempo di Newton, ma scartata perchè

Dettagli

Specchio parabolico: MIRASCOPE. a cura di Pietro Pozzoli

Specchio parabolico: MIRASCOPE. a cura di Pietro Pozzoli Specchio parabolico: MIRASCOPE Proprietà coinvolte: Rifrazione dei raggi partenti dal fuoco lungo rette parallele all asse Focalizzazione dei raggi paralleli all asse sul fuoco PUNTO DI VISTA FISICO: Quali

Dettagli

Trasformazioni Geometriche 1 Roberto Petroni, 2011

Trasformazioni Geometriche 1 Roberto Petroni, 2011 1 Trasformazioni Geometriche 1 Roberto etroni, 2011 Trasformazioni Geometriche sul piano euclideo 1) Introduzione Def: si dice trasformazione geometrica una corrispondenza biunivoca che associa ad ogni

Dettagli

APPUNTI DI MATEMATICA ALGEBRA \ INSIEMISTICA \ TEORIA DEGLI INSIEMI (1)

APPUNTI DI MATEMATICA ALGEBRA \ INSIEMISTICA \ TEORIA DEGLI INSIEMI (1) ALGEBRA \ INSIEMISTICA \ TEORIA DEGLI INSIEMI (1) Un insieme è una collezione di oggetti. Il concetto di insieme è un concetto primitivo. Deve esistere un criterio chiaro, preciso, non ambiguo, inequivocabile,

Dettagli

Rette e curve, piani e superfici

Rette e curve, piani e superfici Rette e curve piani e superfici ) dicembre 2 Scopo di questo articolo è solo quello di proporre uno schema riepilogativo che metta in luce le caratteristiche essenziali delle equazioni di rette e curve

Dettagli

O5 - LE ABERRAZIONI delle LENTI

O5 - LE ABERRAZIONI delle LENTI O5 - LE ABERRAZIONI delle LENTI Per aberrazione intendiamo qualsiasi differenza fra le caratteristiche ottiche di un oggetto e quelle della sua immagine, creata da un sistema ottico. In altre parole, ogni

Dettagli

Si definisce astigmatico l occhio che con l accomodazione completamente

Si definisce astigmatico l occhio che con l accomodazione completamente ASTIGMATISMO Si definisce astigmatico l occhio che con l accomodazione completamente rilassata focalizzerà l immagine di un punto posto ipoteticamente all infinito in due focali rappresentate da due linee

Dettagli

Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria).

Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria). Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria). Aprile 20 Indice Serie numeriche. Serie convergenti, divergenti, indeterminate.....................

Dettagli

REALTÀ E MODELLI SCHEDA DI LAVORO

REALTÀ E MODELLI SCHEDA DI LAVORO REALTÀ E MDELLI SCHEDA DI LAVR 1 La mansarda Per ultimare l edificazione di una villetta occorre costruire il tetto a due spioventi sopra la mansarda Come dato di progetto è noto quanto segue: considerata

Dettagli

CONVESSITÀ NELLA GEOMETRIA DEL TAXI DI MINKOWSKI

CONVESSITÀ NELLA GEOMETRIA DEL TAXI DI MINKOWSKI CONVESSITÀ NELLA GEOMETRIA DEL TAXI DI MINKOWSKI ELISABETTA AVIZZANO NICOLETTA CAPOTORTO CHIARA CEROCCHI GIORGIO CICCARELLA IVAN COLAVITA EMANUELE DI CARO SERENA NUNZIATA AMANDA PISELLI ANDREA PIEPOLI

Dettagli

DIFFRAZIONE, INTERFERENZA E POLARIZZAZIONE DELLA LUCE

DIFFRAZIONE, INTERFERENZA E POLARIZZAZIONE DELLA LUCE DIFFRAZIONE, INTERFERENZA E POLARIZZAZIONE DELLA LUCE Introduzione Il modello geometrico della luce, vale a dire il modello di raggio che si propaga in linea retta, permette di descrivere un ampia gamma

Dettagli