Artigianato e piccola Impresa Dati 2012 II trimestre 2013 e confronto II trimestre 2012

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1 Report Economia Artigianato e piccola Impresa Dati 2012 II trimestre 2013 e confronto II trimestre 2012 Nessuno ha più forza nelle braccia per nuotare tutti provano a galleggiare. Tanti imprenditori e tante famiglie sono giunte a questa condizione a causa della recessione economica che, nonostante qualche debole segnale di ripresa (enfatizzato eccessivamente) continua a mordere, soprattutto nel Sud e in Sicilia. Infatti, analizzando alcuni indicatori si scopre: - che è aumentata l area della sofferenza e del disagio occupazionale, basti pensare che coinvolge persone; - che la disoccupazione conta unità, in più rispetto all anno scorso. In un solo trimestre il Sud ha perso occupati. E si è ritrovato con oltre persone senza lavoro. In Sicilia il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 21,6% che in valori assoluti equivale a meno occupati nell arco di un anno; - che il PIL registra una riduzione dello 0,2% (mentre invece in Germania aumenta dello 0,7%, in Francia, dopo 2 trimestri consecutivi in negativo, cresce dello 0,5%, Portogallo 4,8%). In 5 anni si sono persi 2,6% di PIL in Lombardia e 11% in Sicilia; - che nei primi 6 mesi del 2013 hanno portato i libri in Tribunale 57 imprese al giorno, per un totale di Dal 2009, da quando la crisi ha cominciato a piegare le gambe più pesantemente al sistema delle imprese i fallimenti sono stati , un quinto dei fallimenti riguardano l edilizia, il commercio all ingrosso, 800 al dettaglio (ristoranti, bar, negozi di abbigliamento e di arredamento). In Sicilia Catania è in testa alla classifica dei fallimenti e al secondo posto nei concordati. Vedi Tab. 1 e Tab. 2 - che il sistema delle imprese fa registrare, esaminando l andamento dell anagrafe, il risultato meno positivo degli ultimi 10 anni: la differenza tra aperture e chiusure fa segnare un saldo attivo di soli imprese e un tasso di nascita nel II trimestre 2013 di +0,43%. L artigianato nel II trimestre 2013 per la prima volta nell arco di un decennio evidenzia un dato negativo, in Italia, pari a 113 aziende (- 0,01%). In Sicilia e a Catania la differenza tra apertura e chiusura segnala un saldo negativo rispettivamente di 236 aziende e di 186, e un tasso di crescita nel II trimestre 2013 in Sicilia di 0,29% ed a Catania di 1,02%. Vedi Tab. 3 - che si registra un ulteriore crollo dei consumi: le vendite al dettaglio a giugno 2013 segnalano un calo dello 0,2% rispetto a maggio e un calo del 3% su base annua. Si riduce la spesa nei piccoli esercizi (3,6%) come negli iper della grande distribuzione (- 2,3%), ma per la prima volta da mesi si svuotano anche i carrelli nei discount; 1

2 - che la crisi spinge gli italiani a tenersi l auto vecchia: 7,2 milioni di connazionali ammette di possedere un auto che ha più di 10 anni di vita, collocando così l Italia tra i paesi dell Ue con il parco macchine più vetusto. E ancora: 11 milioni di italiani dichiarano di avere tagliato il budget destinato alle riparazioni necessarie, 11,1 milioni dicono di circolare con una macchina ammaccata, per risparmiare. Cosa che non avveniva in passato. - che il sistema Italia nel 2001 intercettava il 6% del turismo internazionale, mentre adesso la nostra quota è precipitata al 4,1%. Reggono le grandi città d arte Roma, Venezia, Firenze, mentre le Regioni meridionali tutte insieme riescono a conquistare soltanto uno striminzito 13% degli arrivi degli stranieri sul suolo italiano. Per dare l idea dell interesse dei turisti stranieri verso la Sicilia è sufficiente dire che in una settimana di luglio e di agosto 2013 dalla Germania sono decollati 223 voli per le isole Baleari in Spagna e appena 17 per l intera Sicilia. Ciò significa che il tesoro dell Isola, con le sue coste magiche e l enorme quantità di monumenti e luoghi storici, non è sfruttato e non lascia tracce significative, rispetto alle potenzialità di partenza sul territorio; - che dall inizio del 2012 le aziende italiane che avevano deciso di delocalizzare all estero erano oltre 27 mila, con un aumento rispetto al decennio molto forte, di circa il 65%; nel 2000 erano 16 mila. Parliamo di imprese italiane localizzate all estero che a gennaio 2012 occupavano lavoratori stranieri: in più di 10 anni prima. Le Regioni investite dalal scelta delle aziende di insediarsi in altre nazioni sono al Nord la Lombardia (9647 aziende), il Veneto (3679), l Emilia Romagna (3554), il Piemonte (2866); le Regioni del Sud interessate a questo tipo di migrazione sono la Campania (392 aziende), la Puglia (183), la Sicilia (144). I Paesi più attrattivi sono stati: Francia (2.562 aziende italiane), Stati Uniti (2.408), Germania (2.099), Romania (1 995), Regno Unito (1856), Cina (1103), Svizzera(770), Brasile (765), Polonia (737). I più attivi cercatori di imprese sono la Svizzera, l Austria e la Slovenia; le nuove mete degli imprenditori italiani l Austria, la Serbia e la Slovenia con la motivazione che in questi Paesi ci sono salari più bassi, meno tasse e meno burocrazia; - che l Italia continua a perdere attrattività e gli investitori esteri si indirizzano versi altri Paesi. I pochi investitori che arrivano si localizzano al il Nord: il 70% in Lombardia. Il Sud e la Sicilia quasi non vengono neppure presi in considerazione. Tra le cause respingenti figurano: l incertezza del diritto, la burocrazia, le procedure farraginose e lunghe, la corruzione e la criminalità. L unico dato positivo si riscontra nell export che cresce del 3,7% in Italia e del 7,8% nel Sud e in Sicilia. Tuttociò non è il portato solo della recessione economica che ha investito con maggiore virulenza l Italia, è anche il frutto amaro della riduzione dei trasferimenti alle imprese della stretta creditizia che strangola o costringe a ricorrere all usura migliaia di imprenditori e famiglie. Il costo del denaro per gli artigiani e le PMI non è più sostenibile. Il tasso applicato per finanziamenti a revoca su importi non superiori a euro si attestava a fine dicembre 2012 al 10,8%. Subiscono una riduzione anche gli investimenti. Basti pensare che gli investimenti industriali (italiani e stranieri) dal 2001 al 2012 hanno subito una contrazione, al Sud di meno 49,9%, al Nord di meno 14,8% Solo nel 2012 il calo degli investimenti nel Mezzogiorno è stato dell 11%, nel Nord meno 9,7%. 2

3 Infatti se si guarda al Bilancio dello Stato 2013 si rileva che alle imprese sono stati trasferiti appena 3,185 miliardi a fronte di 33,493 miliardi di fabbisogno finanziario delle imprese stesse mentre a solo quattro società di servizi pubblici (Poste italiane, Ferrovie, ENAV e Telecom) sono stati trasferiti 2,389 miliardi. Da tuttociò se ne deduce che il Mezzogiorno e in particolare la Sicilia scontano una doppia crisi quella generale del sistema in cui essi sono inseriti, quello italiano e comunitario, e la loro propria crisi, che ha la sua specificità perché è di origine lontana. Con la crisi, dunque, Nord e Sud appaiono sempre più distanti. Pensare però che ci possa essere un Nord senza Sud è una pia illusione, oltretutto sbagliata. Ciò perché tra Nord e Sud c è una indipendenza strettissima, ineludibile che si può cogliere nel fatto che su 72 miliardi di euro di spesa effettuata dai cittadini del Sud, 63 riguardano beni e servizi prodotti al Nord. Quindi, una riduzione del potere d acquisto del Mezzogiorno ha immediate e pesanti ripercussioni anche nelle aree più sviluppate del Nord. Settori I settori che segnalano una condizione di sofferenza nel comparto dell artigianato, su scala nazionale, sono nell ordine: le costruzioni, i trasporti e il manifatturiero, quelle invece che segnalano un saldo positivo sono i servizi di supporto alle imprese, servizi alloggio e ristorazione, servizi legati ad attività professionali, di informazione e comunicazione. Vedi Tab. 4 In Sicilia i settori che risultano in sofferenza sono le costruzioni (- 92), il manifatturiero (- 37), i trasporti (- 28), servizi alle persone (- 6), tutti gli altri settori evidenziano un andamento stazionario. Catania A Catania, tutti i settori manifestano una situazione di difficoltà ad eccezione dell agroalimentare. Con riferimento alla provincia di Catania sempre per quanto riguarda l artigianato, mi sintomi dell aggravamento della crisi si colgono nel calo della produzione, del fatturato e degli ordinativi. Vedi Tab. 5 Aspettative Le aspettative delle aziende artigiane e delle piccole imprese non sono ottimistiche, anzi dall indagine semestrale effettuata dall Osservatorio Regionale sull Artigianato effettuata su un campione di 120 imprese (80 artigiane e 40 piccole imprese) appartenenti ai settori alimentare, tessile/legno, artistico- tradizionale, costruzioni, installatori impianti, trasporti, autoriparazioni e servizi alla persona, localizzate nella provincia etnea emerge un quadro desolante. Vedi Tab. 6 Il campione anzidetto è stato monitorato su altre due questione: l occupazione e l accesso al credito rispetto alle quali ha evidenziato crescenti difficoltà sia nella tenuta dei livelli occupazionali, sia nella possibilità di ottenere finanziamenti dalle banche per la gestione e per gli investimenti. Vedi tab. 7 e 8 3

4 Credito Sull accesso al credito hanno dichiarato di avere richiesto un finanziamento alle banche 90 imprese (74 artigiane, 16 piccole aziende), n. 30 imprese invece, pur avendo l esigenza di ricorrere ad un prestito per far fronte alle esigenze gestionale non l hanno richiesto perché scoraggiati dall atteggiamento degli Istituti di credito. Vedi Tab. 9 Uscire fuori dal tunnel Per uscire dalla crisi c è bisogno di sostenere tutto il mondo delle imprese in questa fase però e alle piccole e micro realtà produttive che va rivolta maggior attenzione. Ciò perché: le imprese con meno di 50 addetti hanno creato più del doppio dei posti di lavoro prodotti dalle grandi aziende ovvero: nuovi occupati, mentre la seconda a livello territoriale le regioni dove le piccole e medie imprese si sono dimostrate più dinamiche sono al Centro- Sud: Lazio (+ 17,4%), Calabria (+14,4%), Sicilia (+ 14%). Le imprese con meno di 50 addetti sono l asse portante dell economia: costituiscono il 99,5% del totale delle aziende presenti in Italia e occupano oltre 11 milioni di addetti. Al netto degli addetti del pubblico impiego e dell agricoltura: il 67% del totale dei lavoratori italiani presta servizio in una piccola o micro impresa. Vale a dire in aziende artigiane, commerciali, in imprese e attività guidate da liberi professionisti che non chiedono aiuti o prebende, ma una pressione fiscale e un peso della burocrazia in linea con la media europea e la possibilità di accedere con maggiore facilità al credito. Il Governo Letta ha segnato una discontinuità concettuale ed operativa importante in termini di attenzione e sostegno alla crescita in Italia e in Europa come dimostrano alcuni provvedimenti adottati, a partire dallo sblocco dei debiti della Pubblica Amministrazione e dei contributi per gli incrementi occupazionali. Alcune misure allo studio del Governo, da inserire nella legge di stabilità, come la riduzione del cuneo fiscale, l implementazione del Fondo di Garanzia, la riduzione delle tariffe energetiche confermano l attenzione dell Esecutivo per la crescita. Tali misure però sono assolutamente insufficienti ad innescare uan ripresa capace di generare nuova occupazione. La profondità della crisi e i drammi che sta provocando richiedono provvedimenti forti e immediatamente operativi! Altrimenti altre migliaia di imprese continueranno a chiudere e la speranza di tanti giovani ad avere un lavoro nn si trasformerà in certezza. I provvedimenti che potrebbero cambiare il corso delle cose e attivare una crescita effettiva capace di generare nuova occupazione e di ridurre il divario tra il Nord e il Sud del Paese debbono proporsi di raggiugere i seguenti obiettivi: a)un fisco più incentivante verso chi crea ricchezza e occupazione e più rigoroso verso le rendite che non generano né ricchezza, né occupazione, in linea con quello dei Paesi Europei nostri concorrenti, perché altrimenti è impossibile competere avendo sul groppone delle imprese un carico fiscale del 68,7%; b)l abbattimento significativo del costo del lavoro perché se assumere un dipendente continuerà a costare al datore di lavoro il 115% in più rispetto a quello che il lavoratore prende in busta paga gli imprenditori non saranno in grado di assumere altri lavoratori, né tanto meno di liberare risorse per investire in innovazione di processo e di prodotto; 4

5 c) una burocrazia meno invasiva e procedure amministrative più snelle e meno costose, perché sino a quando la burocrazia continuerà a pesare sui bilanci delle imprese per euro l anno (8-9 dei ricavi) sarà difficile resistere, intraprendere e attrarre investitori esteri; d) progetti strategici sull energia, sui trasporti, sulla logistica, sulle nanotecnologie, sull agroalimentare, sul turismo, sul lusso e sulla moda. Progetti da sostenere mettendo insieme i soldi dell Europa, dello Stato e delle Regioni; e) riforme che velocizzino i tempi della Giustizia e che modifichino la Costituzione, trasformando in Senato in Camera delle Regioni, riducendo il numero dei Parlamentari (deputati compresi) da 1000 a livelli più accettabili; f) la riduzione del finanziamento pubblico ai partiti, intervenendo con tagli significativi su compensi e pensioni d oro e alleggerendo la spesa pubblica dai tanti sprechi. A questi provvedimenti che chiediamo al Governo nazionale, deve accompagnarsi, contestualmente, un azione più incisiva della Regione a sostegno delle attività produttive perché il lavoro lo creano le imprese. Intendiamoci, noi apprezziamo le iniziative coraggiose del presidente Crocetta contro la corruzione e per la legalità, perché la corruzione è un mostro che pesa ogni anno per 70 miliardi sull economia nazionale, calpestando il merito e togliendo opportunità alle imprese sane. E la legalità è una precondizione per lo sviluppo. Ma diciamo con franchezza al Governatore che a questi iniziative devono seguire, ora e subito, azioni finalizzate: a utilizzare le risorse dell Unione Europea per ridurre il gap infrastrutturale della Sicilia e per creare un contesto più favorevole alle imprese e agli investitori esteri; a far seguire allo scioglimento delle Province la costituzione dei liberi consorzi e delle aree metropolitane; a ripristinare una situazione di legalità negli Enti Regionali, attraverso la nomina dei consigli di amministrazione così come prevedono le norme vigenti. Se viceversa si intende amministrare gli enti con un uomo solo al comando occorre cambiare le leggi, compito che spetta all Assemblea Regionale Siciliana. 5

6 Tab. 1 Fallimenti Gennaio/Giugno 2013 Differenza rispetto al 2012 PROVINCIA Catania Palermo Messina 51 7 Siracusa 35 7 Ragusa 25 7 Trapani 26 7 Agrigento 23 1 Caltanissetta 19-6 Enna

7 Tab. 2 Concordati aperti Gennaio/Giugno 2013 Differenza rispetto al 2012 PROVINCIA Palermo Catania 11 7 Agrigento 5 4 Siracusa 3 0 Trapani 3 2 Messina 1 1 Ragusa 1-1 Caltanissetta 1 1 Enna 1 0 7

8 Tab. 3 Italia a) Tot. imprese al 31/12/ tasso di crescita + 0,43% (II Trim. 2013); + 0,52% (II Trim. 2012) nel 2004 il tasso di crescita era + 90% b) Imprese artigiane al 31/03/ Tasso di crescita 0,01% (II Trim. 2013); + 0,27% (II Trim. 2012) Nel 2004 il tasso di crescita era + 1,05% Sicilia a) Tot. imprese al 31/03/ Tasso di crescita 0,40% (II Trim. 2013); + 0,46% (II Trim. 2012) b) Imprese artigiane al 31/03/ Tasso di crescita 0,29% (II Trim. 2013); - 0,10% (II Trim. 2012) Nel 2001 in Sicilia le imprese artigiane erano Catania a) Tot. imprese al 31/03/ Tasso di crescita + 0,46% (II Trim ); + 0,21% (II Trim. 2012) b) Imprese artigiane al 31/03/ tasso di crescita 1,02% (II trim. 2013); - 1,11% (II Trim. 2012) 8

9 Tab 4 Settori Valori assoluti Valori percentuali Costruzioni ,15% Trasporti ,15% Manifatturiero ,58% Servizi Imprese ,0 % Serv. Noleggio, att. prof.li ,57% Infor. e comunicazione Servizi alloggio e ristoraz

10 Tab 5 Anno 2012 Produzione Fatturato Ordinativi Valori Percentuali - 13,9-16,7-15,0 I Semestre 2013 Valori Percentuali Produzione - 15,1% Fatturato Ordini ,2% 18,1% 10

11 Tab 6 Aspettative II semestre 2013 Campione 120 Aziende Prevede un peggioramento della situazione 80,5% Prevede il superamento della recessione Prevede una situazione stazionaria Non esprime opinione 8,9% 7,8% 2,8% 11

12 Tab. 7 Imprenditori I Semestre 2013 Occupazione 70,5% dichiara di non avere fatto licenziamenti 7,9% dichiara di avere programmato un calo di addetti, ma non l ha messo in atto 19,1% dichiara di avere diminuito la forza lavoro 12

13 Tab. 8 Occupazione/intenzioni imprenditori II Semestre ,5% dichiara che ridurrà entro il 2013 la forza lavoro 65,5% dichiara che non ridurrà gli occupati 8,0% dichiara che non sa che farà 13

14 Tab. 9 Campioni 90 imprenditori Finanz. Gestione Finan. Investimenti I Sem % 12% 86,9% no 13,1% si 20,4% si 62,5% no 17,5% in attesa risposta 14