INDAGINE SUI SITI MILITARI NEL LAZIO E RICONVERSIONE DELL INDUSTRIA MILITARE

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1 INDAGINE SUI SITI MILITARI NEL LAZIO E RICONVERSIONE DELL INDUSTRIA MILITARE CON IL CONTRIBUTO DELLA REGIONE LAZIO DIREZIONE REGIONALE ISTITUZIONALE ED EE.LL. SICUREZZA

2 INDICE INTRODUZIONE...4 L INDUSTRIA MILITARE: L ITALIA E IL LAZIO... 6 L INDUSTRIA MILITARE IN ITALIA IMPRESE MILITARI E OCCUPAZIONE...13 L ITALIA COME PRODUTTORE DI SISTEMI D ARMA...14 L ITALIA COME ESPORTATRICE DI ARMI...16 IL BEL PAESE "ARMATO" ALLA CONQUISTA DEL MERCATO MONDIALE INDUSTRIA MILITARE NEL LAZIO...22 LA PRESENZA MILITARE NEL LAZIO...27 INFRASTRUTTURE E SITI MILITARI...27 LE 8 PAGINE SUCCESSIVE, LASCIATE IN BIANCO, CONTENEVANO IN ORIGINE L ELENCO INFRASTRUTTURE DELLA DIFESA NELLA REGIONE LAZIO INVIATOCI DAL MINISTERO DELLA DIFESA CON UNA TRASMISSIONE VIA FAX PER EVITARE CHE IL DOCUMENTO PDF DELLA RICERCA RAGGIUNGESSE UN PESO ECCESSIVO (CON CONSEGUENTI DIFFICOLTÀ PER CHI LO AVESSE SCARICATO) SI È DECISO DI CREARE UN FILE SPECIFICO CON LA LISTA COMPLETA DEI SITI MILITARI DEL LAZIO Servitù militari IL QUADRO LEGISLATIVO E LE PROPOSTE DI LEGGE: DALLA 185/90 ALLE PROPOSTE PER LA REGIONE LAZIO...44 L.185/ KONVER LOMBARDIA: LA LEGGE REGIONALE E LA SUA APPLICAZIONE...47 LA PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE...57 PROPOSTA DI LEGGE PER LA REGIONE LAZIO LE PRATICHE DI RICONVERSIONE: INSEGNAMENTI PER IL LAZIO L ESPERIENZA INGLESE LA RICONVERSIONE, IN ITALIA, NASCE IN VAL SUSA...67 LA VALSELLA...69 IL CASO DI LA SPEZIA GLI OSTACOLI INCONTRATI DALLA RICONVERSIONE IN ITALIA: IL CASO ALENIA...77 PERCHÉ RICONVERTIRE COME RICONVERTIRE E QUALI COMPONENTI COINVOLGERE...85 LE IMPRESE MILITARI I LAVORATORI ED IL SINDACATO...86 SCIENZIATI, TECNICI ED ESPERTI I MOVIMENTI PER LA PACE ED IL DISARMO E LA SOCIETÀ CIVILE...89 GLI ENTI LOCALI...89 LA RICONVERSIONE DEI DISTRETTI INDUSTRIALI...90 RICONVERSIONE OGGI: UN ANALISI ECONOMICA...91 RICONVERSIONE OGGI: UN ANALISI SOCIO-POLITICA

3 CONCLUSIONI...99 BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA APPENDICE

4 INTRODUZIONE Questo rapporto di ricerca finanziato dalla Regione Lazio ha diversi scopi. Innanzitutto intende approfondire la conoscenza della situazione nel Lazio dell industria militare, delle servitù e dei siti militari esistenti. Vuole poi dare uno scenario delle possibilità della riconversione civile dell industria militare e di una riappropriazione del territorio per usi civili, sociali ed ambientali. Vi è comunque una precondizione, quella della conoscenza e della trasparenza dei dati. Infatti la stessa Regione sembra sprovvista dei dati completi e il Ministero della Difesa con molta difficoltà e reticenza sembra disponibile a condividerli, pur non essendo coperti da alcun segreto militare o di stato. Il valore più importante di questa ricerca speriamo è quella di fornire dati che non si conoscono e che nemmeno gli addetti ai lavori nelle istituzioni regionali riescono a raggiungere e a conoscere. In questi anni molti enti locali (i comuni) ed organizzazioni della società civile (associazioni pacifiste, campagne per il disarmo, comitati locali, sindacati, ecc.) hanno provato ad ottenere una maggiore trasparenza, ponendo il problema dell accesso ai dati e della partecipazione democratica al governo del territorio e alla destinazione d uso di aree di interesse collettivo per la comunità. Con il passare degli anni e con il maturare di una sempre maggiore coscienza della necessità del disarmo e della pace si sono avanzate proposte per la riconversione civile dell industria militare (anche con leggi ad hoc e programmi specifici di politica industriale) e per un diverso utilizzo di aree destinate sin qui ad usi militari. Il Lazio come si vedrà dai dati della ricerca- risulta particolarmente oberato dalla presenza militare. Per quanto riguarda gli edifici e le aree usate a scopi militari si tratterebbe in epoca di dismissioni di evitare la vendita ai privati, o comunque la destinazione ad uso privatistico, di questi edifici (come le caserme) o aree (come i poligoni). Per quanto riguarda la presenza dell industria militare (che garantisce un buon business ai proprietari, ma sempre meno occupazione), si tratterebbe di riutilizzare la tecnologia per scopi e produzioni civili: dalle telecomunicazioni ai vettori aerei, dalla radaristica alla microelettronica, dalle produzioni di macchinari di precisione (laser, ecc.) per il settore sanitario al genio civile. 4

5 Per questo serve una legge regionale che regolamenti (e dia incentivi, sostegni, ecc.) il passaggio dal militare al civile, sia nel campo della produzione militare che nell uso del territorio. Ecco perché il rapporto di ricerca si sofferma anche sulle buone esperienze realizzate in questi anni in altre regioni ed in altri paesi europei e spera che siano d stimolo per iniziative analoghe in regione. L iniziativa spetta ora al governo e ai legislatori regionali e naturalmente alle organizzazioni della società civile (che nel Lazio hanno dato un grande contributo alle iniziative per la riduzione della spesa militare e contro la proliferazione del commercio e dell uso delle armi leggere) e che devono impegnarsi affinché ciò avvenga al più presto. Si deve dare un ringraziamento particolare al Sen. Gianpaolo Silvestri e alla Sen. Silvana Pisa che facendone richiesta ripetuta al Ministero della Difesa hanno permesso la raccolta di molti dati raccolti in questo rapporto e poi ringraziamenti particolari vanno per il contributo alla stesura del rapporto o per suggerimenti e informazioni fornite anche a Sergio Andreis, Elisabetta Segre, Gianni Alioti, Mario Pianta, Vincenzo Comito, Giulio Marcon, Riccardo Troisi, Francesco Martone. Il rapporto è stato coordinato da Tommaso Rondinella con l apporto e la stesura di Federico Ridolfi. Il rapporto è stato chiuso nel dicembre Lunaria, Via Buonarroti 39, Roma, lunaria@lunaria.org Tel Tel

6 L INDUSTRIA MILITARE: L ITALIA E IL LAZIO Lo scenario europeo e internazionale Le armi, gli strumenti delle politiche di difesa, andrebbero considerati non semplicemente delle questioni tecniche per gli addetti ai lavori, ma dei temi di interesse generale, visto che la difesa e la sicurezza riguardano ormai la vita di tutti i cittadini. Le armi sono strumento, spesso, di guerre, di oppressione, di violazione dei diritti umani e non sempre strumenti di difesa e di sicurezza. Basta guardare quanto il commercio delle armi va ad alimentare guerre locali, violenze e violazioni dei diritti delle persone. E lo stesso territorio viene ad essere militarizzato e spesso reso invisibile ai suoi cittadini. Questo in particolare per l Italia, dove il ricorso al segreto militare e al segreto di stato ha spesso reso impossibile l accesso alle informazioni ed un normale dibattito democratico sulle produzioni militari e sull uso del territorio a fini militari. Dalla seconda metà del 900 la natura delle guerre è cambiata 1. Le guerre sono sempre più asimmetriche, locali e periferiche, contro la società: le vittime sono soprattutto i civili 2. Hanno affermato Marcon e Pianta che le nuove guerre sono guerre contro le società Non sono più guerre tra Stati e d eserciti e producono soprattutto vittime civili, rifugiati, violazioni dei diritti umani Sono guerre periferiche, conflitti che non interessano le aree centrali dell Europa si tratta si conflitti che vanno tenuti lontano In terzo luogo le guerre hanno natura asimmetrica, che coinvolgono cioè soggetti diversi: eserciti e bande militari, alleanze internazionali e terroristi, Stati e territori autogovernati, ecc. 3 Anche per questo motivo le informazioni sulla spesa militare, la produzione e il commercio degli armamenti dovrebbero essere accessibili e in forma completa a tutti coloro che le richiedono. Non è così. Il militare sembra sottratto ad una normale legge di trasparenza e di democrazia. Questo a maggior ragione dopo la fine della guerra fredda e dopo la fine della corsa al riarmo del secondo dopoguerra non avrebbe ragione di esistere. Eppure purtroppo, 1 M.KALDOR. New and Old Wars: Organised Violence in a Global Era. New edition with new foreword, Polity Press/Stanford University Press, G. MARCON, M. PIANTA, La dinamica del pacifismo. In: Parole Chiave, Guerra, Roma, Donzelli Editore, n 20/21, Ibidem, pp

7 con le guerre di inizio di questo millennio, le cose sono andate in un altra direzione: più guerre, più soldi per le armi, meno informazioni sulla loro produzione, il commercio e la destinazione. Cos è, innanzitutto, l industria della difesa? Le forze armate acquistano una varietà molto ampia di prodotti, alcuni sviluppati specificamente per scopi militari, sempre di più che possono essere usati sia in ambito militare che civile, che includono anche le tecnologie a doppio uso, o duali, dove il confine fra militare e civile, specie nel campo dell elettronica, è sempre più difficile da definire. A complicare la situazione è da rilevare che le imprese che forniscono beni e servizi a scopi militari non sono riconosciute come un settore industriale definito nemmeno in codici di classificazione standard come, ad esempio, l International Standard Industrial Classifications. Fino alla fine del secolo scorso gran parte della produzione militare era gestita e controllata da governi nazionali. Negli anni 90 un ondata di privatizzazioni ha interessato anche la produzione militare nell Europa occidentale e orientale e in America Latina. Negli Usa, in Germania e nel Regno Unito la produzione bellica era essenzialmente in mani private già dagli anni 80. Quali sono i rapporti oggi fra nuovi proprietari e manager dell industria militare europea e i governi e i parlamenti che, in teoria, dovrebbero fare le scelte? Qual è il ruolo dell industria nella formulazione delle politiche militari e nella conseguente produzione di armamenti? Solo pochi governi europei forniscono informazioni complete 4, su base regolare e in maniera comprensibile al grande pubblico, sulla propria industria nazionale di armi. I singoli produttori e le associazioni di categoria ancora meno. I governi francese e britannico pubblicano annualmente statistiche sui rispettivi settori militari, ma non dati sugli sviluppi delle politiche industriali del settore, l Annuaire statistique de la defense, dal 1999, e le Uk Defence Statistics, dal Dal 1998 il ministero spagnolo della difesa pubblica La industria de defensa en España, un rapporto annuale sullo stato dell industria nazionale della difesa, mentre il ministero svedese degli esteri fornisce un quadro della propria industria nazionale degli armamenti nella relazione annuale al Parlamento sulle esportazione di armi svedesi. Informazioni più limitate sono fornite in una relazione simile dal ministero dell economia olandese. Il Governo italiano ha commissionato uno studio sul comparto bellico nazionale negli anni Novanta in occasione della revisione delle strategie militari nazionali e, dopo l approvazione della legge 185/90, fornisce al Parlamento una relazione 4 7

8 annuale sul commercio italiano di armamenti. A livello Ue dal 1999, sulla base del Codice di condotta Ue per le esportazioni di armamenti, approvato nel 1998, ma tuttora giuridicamente non vincolante, l Unione europea pubblica dati aggregati, forniti dai governi nazionali, sulle esportazioni. Oltre alla quantità anche la qualità dell informazione disponibile in Europa sull industria, la produzione, il commercio e le strategie industriali militari, resta, in generale, molto limitata e del tutto inadeguata dal punto di vista della verifica, con definizioni e indicatori nazionali diversi per le stesse forniture militari o a doppio uso uguali e l estrema difficoltà nella comparabilità dei dati. 5 Figura 1 Ricavi delle principali industrie militari nel mondo (miliardi di dollari) Boeing 50.5 EADS 34.3 Lockheed Martin 30 Bae System Northrop Grumman Raytheon General Dynamics Thales Finmeccanica 7.1 Dassault Fonte: Dati pubblicati su Economia e Industria della Difesa, Tabelle e Grafici, a cura di Giovanni Gasaprini. Quali sono le principali dinamiche del comparto? Negli ultimi venti anni l industria bellica mondiale ha conosciuto un forte processo di concentrazione. Nel 1990 le prime 5 compagnie del mondo vendevano il 22% del totale delle 5 Sbilanciamoci!, Economia a Mano Armata, Roma,

9 armi vendute; nel 2000 le stesse cinque totalizzavano il 42%. Guardando alle prime 10, nello stesso lasso di tempo, si è passati dal 37% al 58%. Tra i giganti della produzione (Figura 1) troviamo molti nomi noti come la Boeing, la Mitsubishi e la Rolls Royce, industrie manifatturiere che affiancano alla produzione civile con la produzione di parti importanti di sistemi d arma. Le prime tre del mondo sono statunitensi, la quarta britannica. Tra le prime dieci, sei hanno sede negli Usa, una è britannica, una francese, una è un consorzio europeo. La nona impresa produttrice d armi del mondo è Finmeccanica, gruppo italiano a partecipazione statale (il Ministero dell Economia detiene un terzo del capitale). Mentre la tendenza alla concentrazione è stata particolarmente pronunciata negli Stati Uniti, nell Europa Occidentale il processo di concentrazione è stato più lento perché nella maggior parte dei paesi ha raggiunto i propri limiti nazionali, ed il consolidamento trans-nazionale ha incontrato una serie di ostacoli, tra cui le differenze nelle caratteristiche degli armamenti richiesti dalle varie nazioni, la disomogeneità delle normative che regolano il commercio delle armi, che portano ad una frammentazione della produzione d armi europea. Nonostante si registrino delle differenze a scala regionale, la direzione della ristrutturazione dell industria bellica degli ultimi anni è guidata dai recenti sviluppi nell applicazione della tecnologia militare e delle previsioni delle tendenze future in queste aree. Mentre in alcuni settori la ristrutturazione è dettata dalla necessità di adeguarsi ad un livello inferiore della domanda, come l industria navale europea, le pressioni di riduzione e razionalizzazione non sono più predominanti nel processo di ristrutturazione. Le acquisizioni e le strategie societarie sono sempre più guidate dal desiderio di ottenere capacità nei settori emergenti, come l elettronica, le comunicazioni, la tecnologia informatica ed i servizi. L industria bellica dell Europa Occidentale ha subito una trasformazione considerevole e l internazionalizzazione è stato l elemento dominante di questa trasformazione il cui sviluppo è stato problematico ed irregolare. Un mix di collaborazione internazionale d armi, jontventures e acquisizione oltre confine, decisioni politiche governative e intergovernative, ha cambiato la struttura dell industria bellica europea da un gran numero di piccole società distinte, soprattutto per il rifornimento nazionale, a un industria dominata da poche società (BAE SYSTEMS, EADS e THALES e FINMECCANICA). 6 6 Fonte: Alberto Domi, Le spese militari in Italia tra il 1995 ed il 2004, 2005, Tesi di Laurea. 9

10 L industria militare in Italia In questo contesto, l industria italiana del comparto ha continuato a perseguire una crescente internalizzazione delle attività per essere in grado competere sui mercati maggiormente attivi. In particolare le strategie industriali si sono concretizzate in operazioni finalizzate alla razionalizzazione della struttura ed alla concentrazione in specifici settori. L industria italiana ha dato vita ad assetti transnazionali che la collocano ai primi posti a livello mondiale, in particolare per quanto riguarda l elettronica per la difesa, settore che ha tratto i vantaggi più considerevoli dal connubio sicurezza/difesa, per l importanza sempre maggiore dei sistemi elettronici nei nuovi requisiti operativi. Di analoga importanza sono stati gli accordi stipulati in ambito europeo nel settore spaziale, che hanno portato alla costituzione di società congiunte, per la produzione dei sistemi e dei servizi satellitari, con dimensioni da leader a livello europeo e con potenzialità espansive a livello globale. Sempre nell ambito dello spazio, l industria italiana è presente nei consorzi, selezionati per l assegnazione per la gestione del sistema di navigazione satellitare europeo Galileo 7. Nell ambito di questo progetto, è stata assegnata all Italia la gestione di uno dei due centri di Controllo della costellazione della missione e del Centro di Valutazione delle performance del nuovo sistema di navigazione satellitare. Nell aeronautica sono stati segnati accordi internazionali, in particolare con la Russia, mentre per quanto riguarda gli armamenti di superficie, l industria italiana rimane di riferimento per alcune nicchie di prodotto come i veicoli militari, i cannoni navali di medio calibro e relativo munizionamento e nelle torrette per i veicoli blindati. Nella cantieristica navale, il segmento militare è in grado di coprire buona parte delle possibili richieste di mercato: da unità di pattugliamento a navi portaeromobili fino ai sommergibili. Protagonista assoluta di queste periodo di profondo cambiamento è stata senza dubbio Finmeccanica, nell arco di relativamente pochi anni ha assorbito nel Gruppo gran parte del comparto italiano diventando protagonista in Europa e nel mondo. Ai fini dell analisi del comparto laziale, di cui ci occuperemo nel dettaglio nel prossimo paragrafo, è interessante ricostruire alcuni degli ultimi passi che hanno portato alla nascita di questo colosso, considerato che molte delle aziende di cui parleremo in seguito appartengono a questo gruppo. 7 Fonte: Relazione sulle operazioni realizzate o svolte per il controllo dell esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell esportazione e del transito di prodotti ad alta tecnologia (anno 2005) 10

11 Tabella.1 Fatturato in milioni di euro delle principali industrie italiane (in neretto le imprese con stabilimenti in Lazio). Difesa Totale Finmeccanica Fincantieri Avio* AMS SpA* Augusta Group* Alenia Aeronautica* Selenia Comm.* Alenia Spazio* Galileo Avionica* MBDA Italia* OTO Melara* Iveco Fiat DVD Vitrociset Aermacchi* Elettronica WASS* Simmel Difesa

12 Fonte: Dati pubblicati su Economia e Industria della Difesa, Tabelle e Grafici, a cura di Giovanni Gasparini. Tabella.2 Le prime 10 imprese italiane esportatrici di armamenti Autorizzazioni alle esportazioni % sul totale (milioni di euro) Augusta SpA % Galileo Avionica SpA % Oto Melara SpA % Iveco SpA % Whitehead Alenia Sistemi Subacquei SpA (WASS) % Alenia Arenautica SpA % Selex Communications SpA % Oerlikon-Contraves % MBDA Italia SpA % Avio SpA % Fonte: Relazione sulle operazioni realizzate o svolte per il controllo dell esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell esportazione e del transito di prodotti ad alta tecnologia (anno 2005) Negli ultimi anni il gruppo ha assorbito gran parte del comparto italiano e ha stabilito accordi con i più importanti gruppi internazionali. Nel biennio 2002/2003 Finmeccanica ha acquisito Marconi Mobile (ora Selenia Communications), Telespazio e il completo controllo di Aermacchi. Durante il 2004 nel settore missilistico è stata definita una joint venture europea con la BAE Systems e la EADS che ha dato vita alla MDBA, che ha stabilito il suo centro di Ricerca e Sviluppo proprio nel Lazio (cfr Tabella 3). Il 30 novembre 2004 ha acquisito una quota pari al 50% della joint venture elicotteristica Augustawestland (anche questa con sede e stabilimenti nel Lazio) dalla britannica GKN. Infine a fine aprile 2005 il Gruppo Finmeccanica è diventato il secondo gruppo in Europa e il sesto nel mondo nell elettronica per la difesa, attraverso l acquisizione delle attività della BAE Systems. Nel dettaglio, è stata creata una nuova società per le attività avioniche, la Selex Sensors and Airborne Systems SpA, (75% Finmeccanica e 25 % BAE Systems); sono state trasferite a Finmeccanica le attività di BAE nelle comunicazioni militari, confluite in Selex Communications, presente in Lazio con varie sedi, e sono tornate sotto il controllo totale di Finmeccanica le attività italiane della joint venture AMS NV, con il nome di Selex Sistemi Integrati SpA, anche questa con una forte presenza nel Lazio. Con le operazioni EuroSystems e AgustaWestland, Finmeccanica diventa il secondo gruppo aerospaziale in Gran Bretagna (con oltre addetti), subito dopo BAE Systems. A luglio 2005 Finmeccanica e Alcatel hanno sottoscritto l accordo per un alleanza nel settore spaziale con la costituzione di due società: Alcatel Alenia Space (controllata al 67% da Alcatel e partecipata al 33% da Finmeccanica) attiva nella produzione di sistemi spaziali, satelliti e payload per applicazioni 12

13 civili e militari e Telespazio (controllata al 67% da Finmeccanica e al 33% da Alcatel) che raggrupperà le attività operative e i servizi satellitari. Infine Finmeccanica ha acquisito il controllo azionario di Datamat, società italiana attiva nel settore dell Information Technology con sede principale e 800 dipendenti proprio a Roma. Questo quadro di intensa attività nel settore militare ci mostra come in questi anni Finmeccanica abbia realizzato un percorso di conversione alla rovescia se così si può dire: le attività civili sul totale dei ricavi del Gruppo sono passate, infatti, dal 33 per cento del periodo al 18 per cento del e sono destinate, nelle intenzioni del management, ad essere cedute. 8. Le scelte che si stanno compiendo di dismissione di queste attività rispondono ad una esigenza di fare cassa per concentrare la gestione sul cuore degli affari del Gruppo (attività militari), concentrare gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore aerospazio e difesa, aumentare i profitti e rispondere alle aspettative del mercato finanziario, che sembra riporre molte più speranze nella produzione e nel commercio di sistemi d arma, piuttosto che sulle necessità di innovare e riorganizzare in modo efficiente, sicuro e ambientalmente sostenibile il sistema ferroviario e dei trasporti urbani, il modo di produrre e consumare energia, il sistema di produrre e di gestire le attività industriali e di servizio. Imprese militari e occupazione Mentre risulta relativamente agevole trovare notizie sui successi di fatturato del comparto è molto complicato riuscire a trovare informazioni sul numero di lavoratori addetti. Ciò che emerge da molti studi è che, dopo un primo periodo di decrescita del settore nel suo complesso, successivo alla fine della guerra fredda, la poderosa crescita di fatturato registrata negli ultimi anni, connessa al rilancio delle spese militari in nome delle guerra al terrorismo, non abbia portato con sé un incremento dei rispettivi livelli occupazionali. Secondo i dati del rapporto annuale dell'asd (AeroSpace and Defence Industries Association of Europe 9 ) nel 2004, in Europa, l'industria aerospaziale e della Difesa occupava 601 mila persone con un fatturato complessivo di 104 miliardi di euro (di cui il 50,5% nel militare e il 49,5% nel civile). Il 70% di questo dato aggregato è costituito dall'industria aeronautica (37% militare e 63% civile), il 5% dall'industria spaziale (13% militare e 87% civile) e il rimanente 25% dai sistemi di difesa navali e terrestri (100% militare). Mentre il fatturato, a valori costanti, negli ultimi 25 anni è raddoppiato, dal 1981 al 2004 l'industria aerospaziale è passata da 579 mila a 445 mila occupati. Se analizziamo la parte militare del settore (35,6% del fatturato), il risultato è sorprendente: i lavoratori sono passati da 382 mila a 158 mila (il 60% 8 Fonte: Scheda a cura di Gianni Alioti 9 AeroSpace and Defence Industries Association of Europe, ASD rapporto

14 in meno), mentre l'occupazione in campo civile è cresciuta da 197 mila a 287 mila (+ 45%). Anche nel settore spazio, dai quasi 35 mila occupati del 2001, si è scesi ai circa 31 mila del Infine, mentre in questo stesso anno il fatturato nel comparto dei sistemi di difesa navali e terrestri, legato interamente alle commesse militari, è cresciuto in Europa del 3%, nello stesso periodo l'occupazione è scesa del 5,6%, passando da 165 mila a poco più di 155 mila persone. Questo fenomeno è principalmente riconducibile a tre fattori: la costante crescita del fatturato per addetto, un aumento dei costi unitari per sistema d arma, i processi di fusione ristrutturazione e innovazione tecnologica. 10 Per quanto riguarda l Italia non sembra possibile ottenere un dato certo sui livelli occupazionali, ciò che si può dire è che per quanto riguarda le sole imprese aderenti alla AIAD (Associazione Industrie per l Aerospazio e la Difesa) gli addetti si attestano sulle unità. Bisogna considerare che è praticamente impossibile conoscere i dati relativi alle piccole imprese dell indotto con produzione duale civile/difesa. L Italia come produttore di sistemi d arma 11 C è un gruppo industriale italiano che riceve elogi dai quotidiani economici che contano, che cresce, si internazionalizza. É, come si dice, un caso di successo. Eppure non è figlio del modello Nordest, non è una media impresa localizzata sulla via Emilia capace di rispondere ai propri clienti in maniera innovativa e flessibile. Niente di tutto questo, quel gruppo è Finmeccanica, nata nel 1948 su impulso dell Iri. Uno dei compiti primari di Finmeccanica (come recita la scheda sulla storia del gruppo sul suo sito) era quello di facilitare la riconversione di un industria semi distrutta dalla guerra e largamente dipendente da commesse di guerra che, per fortuna, non arrivavano più. dell industria bellica. I dirigenti di Finmeccanica riavviarono con compiti ridefiniti e con grandi risorse aziende importanti, che sarebbero rimaste al centro dell industria meccanica nei cinquant'anni successivi: Ansaldo, Alfa Romeo, San Giorgio, Sant'Eustachio, Navalmeccanica, Cantieri Navali dell'adriatico. L'attenzione si concentrò su settori come cantieristica, automotoristico, ferroviario e macchinario industriale, con un occhio di riguardo all'emergente elettronica. Il vincolo centrale era la preoccupazione per le ripercussioni sociali. 12 La storia è lunga, molte cose cambiano, c è un periodo d oro e uno di crisi spaventosa. Oggi due terzi del pacchetto azionario di Finmeccanica sono collocati sul mercato e un terzo è ancora di proprietà del ministero del Tesoro. Uno dei gruppi italiani più grandi e di maggior successo, capace di rispondere alle 10 Armi e Industrie: La possibile riconversione a cura di Gianni Alioti. 11 tratto da: Sbilanciamoci!, Economia a mano armata 2006, Roma,

15 sfide della globalizzazione (sempre come si dice), è quindi di proprietà pubblica. Naturalmente Finmeccanica viene gestita con criteri di mercato, ma non c è dubbio che tragga importanti benefici dal fatto di avere tra i suoi azionisti il ministro italiano dell economia. Presidenti del consiglio, ministri della Difesa e altri ancora dedicano spesso qualche ora delle loro visite all estero per piazzare prodotti nostrani (in molti ricorderanno il famoso elicottero di Bush). Poi ci sono le commesse pubbliche e gli accordi commerciali che arrivano grazie alle sinergie con altri Paesi e alla partecipazione dell Italia a progetti congiunti per la costruzione di sistemi d arma. Finmeccanica non sarebbe nel progetto Eurofighter se diversi Paesi europei non avessero deciso di costruire un caccia bombardiere assieme, facendo partecipare i propri gruppi industriali e non ci avessero pompato soldi dentro. Per dare una cifra, tra 2004 e 2005 il ministero della Difesa ha speso 3200 milioni di euro per l ammodernamento di mezzi e infrastrutture, è certo che una parte di quei soldi sono finiti nelle casse del secondo gruppo industriale italiano. Il caso di Finmeccanica, insomma, ci dice che l economia pubblica, gestita in maniera dinamica e con criteri di efficacia ed efficienza (e non è sempre stato così, specie nell Italia delle clientele democristiane), può essere competitiva, può reggere la competizione, può produrre e vendere merci ad alto contenuto tecnologico. Il problema è che Finmeccanica produce armi e che quindi lo Stato italiano ha tra i suoi gioielli di famiglia l industria bellica. Questo caso dovrebbe però far ragionare sulla possibilità di investire soldi pubblici in settori strategici e innovativi sui quali l Italia è in ritardo senza l idea che farlo significhi necessariamente buttarli dalla finestra. Il caso Finmeccanica è paradossalmente un segnale che c è spazio per politiche industriali pubbliche. Se si scegliesse di puntare sulle energie rinnovabili o su altri settori sui quali l Italia è in terribile ritardo, investendo idee e risorse, magari un giorno ci troveremmo con gioielli di famiglia meno imbarazzanti. Oggi Finmeccanica è un gruppo che lavora nell aeronautica, spazio, sistemi di difesa, elicotteristica, energia ed elettronica per la difesa. I gruppi che la compongono sono l Alenia, Officine Aeronavali, Atr integrated, Aermacchi, Oto Melara, Wass, Mbda, Alcatel Alenia space, Telespazio, Ansaldo Breda, Ansaldo trasporti e sistemi ferroviari, Ansaldo signal, Agusta Westland, Ansaldo energia, Selex, Elsag, Elettronica, Orizzonte sistemi navali. Gli addetti sono più o meno 60mila, 40mila dei quali in Italia, 11mila in Gran Bretagna, 6mila in Francia, 1200 negli Stati Uniti. Il valore della produzione è passato da 7758 milioni di euro nel 2002 a 9387 nel 2004, il portafoglio ordini era di 21mila milioni nel 2002 ed ha raggiunto i 25mila nel Se si guarda all elettronica per la Difesa, Finmeccanica è il secondo gruppo europeo. Negli ultimi anni ha acquisito Aermacchi e Agusta-Westland. Negli ultimi anni ha concluso accordi con la russa Sukhoi e la greca Hai, mentre è saltato un grande accordo con i britannici della Bae (che ha scelto di puntare su alleanze statunitensi). Da un punto di vista strategico, la scelta di non scambiare azioni con i britannici significa puntare 15

16 sull Europa, in parziale contraddizione con la politica estera italiana, tradizionalmente legata all asse atlantico Washington Londra. Ma il problema di Finmeccanica è esportare, non fare politica estera. Nei primi nove mesi del 2005 i risultati continuano ad essere ottimi: l utile netto è pari a 180 milioni (contro i 148 dello stesso periodo dell anno precedente), i due settori che tirano di più sono l aeronautica e i sistemi di Difesa. Tra i prodotti dei vari comparti ci sono aerei da guerra, sistemi d arma per navi, una vasta gamma di missili e siluri (lo Storm shadow, il Meteor, il Teseo, l Mk2 e tanti altri), cannoni e mezzi corazzati (il Centauro). L Italia come esportatrice di armi 13 Quando le armi si producono e se ne producono tante occorre pur venderle. E l Italia vende. Nel periodo è stata l undicesimo esportatore mondiale di armi convenzionali, mentre nel periodo eravamo l ottavo. Come abbiamo detto nel capitolo relativo ai trasferimenti mondiali di armi, le differenze tra un anno e l altro vanno relativizzate: basta una commessa importante da parte di un esercito straniero e la posizione occupata da un Paese in questa poco onorevole classifica, cambia. Svezia, Cina, Israele e Canada sono i nostri competitors, quelli che occupano le posizioni attorno alla decima. Per capire come va il nostro export dobbiamo affidarci al numero di autorizzazioni concesse. Poi, di anno in anno, a seconda delle consegne effettuate a questo o quell esercito, aumenterà il valore dell export di armi nella bilancia commerciale italiana. Nel 2004 il valore delle esportazioni autorizzate è aumentato del 16%, arrivando a lambire la cifra di 1,5 miliardi di euro (esattamente euro) 14. L anno precedente il valore era aumentato del 39,3% rispetto al Le operazioni autorizzate sono state 948, contro le 828 dell anno precedente. Da notare che, assieme al cibo e alla moda, quello delle armi è un tipico prodotto Made in Italy per il quale la bilancia commerciale è largamente attiva: le autorizzazioni alle importazioni per il 2004 ammontavano a 270 per un valore totale di 103 milioni di euro. Le due autorizzazioni più importanti, pari al 22% del totale, sono venute per esportazioni verso la Norvegia e il Regno Unito. I più importanti esportatori di armi per il 2004 (diciamo per il 2004, in realtà lo saranno per gli anni a venire), sono l Agusta, la Mbda Italia, l Alenia Marconi systems, la Oto Melara, Fincantieri e Selenia communications, tutte imprese del gruppo Finmeccanica. L 88,8 del totale del nostro export è andato a finire in Paesi Nato, mentre il 44,99% è partito verso membri dell Unione europea. Come sempre avviene, si sottolinea la parte buona dell export, quella che va nei Paesi alleati, 13 Tratto da: Sbilanciamoci!, Economia a mano armata 2006, Roma, Tutti i dati relativi all export sono quelli ufficiali: Presidenza del Consiglio dei ministri, Relazione sulle esportazioni autorizzate e svolte per il controllo delle esportazioni, importazione e transito dei materiali di armamento, nonché dell esportazione e del transito di prodotti ad alta tecnologia (anno 2004). 16

17 affidabili e sicuri. E bene ricordare che Paesi affidabili e sicuri come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno ammesso a metà novembre di aver usato proiettili al fosforo in Iraq. Se poi l unico criterio è che le armi che esportiamo non verranno usate per sparare contro italiani o per sostenere un invasione dello stivale, allora possiamo stare tranquilli, un invasione dell Italia da parte di Londra non sembra essere all ordine del giorno. Quello che va ripetuto per l ennesima volta è che una commessa importante da parte di uno o due Paesi cambiano le classifiche e determinano il livello di sporcizia del nostro export di armi. Nel 2003, ad esempio, l area Ue-Nato occupava solo il 45% del totale. L export italiano di armi per regioni del mondo Area geografica Valore in percentuale su totale Nato % Unione europea ,5% Asia % America Latina % Africa del Nord e Medio Oriente % Africa centrale e meridionale ,9% Oceania ,5% I problemi vengono quando si scende un po nella classifica e si osserva chi sono i piccoli importatori di armi italiane. Al settimo posto tra i Paesi importatori c è la Malesia, che spende quasi 75 milioni di euro, al decimo la Turchia (48 milioni) che è sì un Paese Nato, ma non è certo il regno dei diritti umani. Poi, come spiega la relazione della presidenza del consiglio, a causa della distensione tra India e Pakistan ci sono sviluppo più che positivi in quell area e si è potuto allentare il rigoroso regime restrittivo adottato in passato. Viva la pace in Kashmir che ci fa vendere più armi all India e al Pakistan. Tra le democrazie a cui vendiamo armi ci sono: quella yemenita, quella siriana, quella saudita, la giordana e la cinese. E poi le Filippine, impegnate nella guerra senza quartiere con Abu Sayyaf (ormai identificato come la local branch di al Qaida) o la Tunisia, che al vertice mondiale di novembre sulla società dell informazione non ha fatto entrare nel Paese i rappresentanti di Reporters Sans Frontieres. Tra i Paesi a cui vendiamo armi ce ne sono diversi impegnati in quella che viene comunemente chiamata guerra al terrorismo. E inutile sottolineare che in questa guerra ogni mezzo sembra essere lecito e che, di conseguenza, le nostre armi vengono comunemente usate a prescindere dal rispetto dei diritti umani. Un esempio concreto è di certo quanto succede nelle province remote del Pakistan (ad esempio il Waziristan) dove si rifugiano gruppi di talebani e dove l esercito pakistano non usa proprio i guanti bianchi contro chiunque abbia a che fare con gli studenti di religione in fuga dall Afghanistan. 15 Ovviamente il totale di Nato ed Ue supera il 100% essendo quasi tutti i Paesi Ue anche membri della Nato. 17

18 Discorso a parte è quello della Cina. Da almeno due anni l Italia viola l embargo della vendita di armi imposto dall Unione europea nei confronti del gigante asiatico. É probabile e possibile che tale embargo sia in qualche modo datato. Ma è altrettanto vero che l idea di non vendere armi a Pechino non discende dal possibile pericolo rappresentato da un esercito cinese troppo potente, quanto piuttosto dal problema del rispetto dei diritti umani. Le proteste e rivolte, in Cina, nel 2004 hanno toccato un livello record e nel 2005 le cose non sono andate meglio. La Cina è un mercato enorme e nessuno è intenzionato a scontentare le sue autorità di Pechino spiegando loro che non si vendono armi a chi non rispetta i diritti umani. E così il presidente Ciampi ha chiesto all Europa di togliere l embargo. Le imprese italiane, e il ministero degli Esteri, che rilascia le autorizzazioni all export, quell embargo l hanno già tolto. Essendo entrato in vigore nel 1989, l anno della repressione della rivolta studentesca di Tien An Men, prima della nascita dell Unione europea e della firma di trattati vincolanti, l embargo non è obbligatorio. E visto che i diritti umani sono una variabile minore, le imprese italiane lo violano già da tempo. 18

19 Il Bel Paese "armato" alla conquista del mercato mondiale 16 Distratta dal clamore dei "mass media" sulle eventuali armi di distruzione di massa in possesso di questo o quel dittatore di qualche paese canaglia, l opinione pubblica sembra non rendersi conto che la grande maggioranza delle vittime, anche civili, di tutte le guerre che hanno funestato gli ultimi decenni è opera di armi estremamente convenzionali. Infatti la maggior parte di queste vittime è causa delle armi leggere, una vera e propria guerra silenziosa che si combatte ogni anno e che secondo gli ultimi dati produce circa mila vittime. Secondo gli studi dell Onu, tra il 1990 e il 2000 le sole armi leggere hanno provocato nel mondo più di 5 milioni di morti la metà dei quali bambini- e 2,5 milioni di disabili gravi. Lo stesso Kofi Annan, segretario generale dell Onu, ha dichiarato che «Le armi leggere sono armi di distruzione di massa». L economia italiana è in crisi in molti settori ma non in quello della produzione delle armi leggere. Il made in Italy "colpisce" anche nel settore delle armi leggere, essendo il secondo produttore al mondo di armi di piccolo calibro. Un industria fiorente quella italiana, dove la sola provincia di Brescia (137 imprese) esporta il 31,9% del totale italiano -col resto della Lombardia si arriva quasi al 40% dell export nazionale. Tra le ultime commesse ottenute dalla capofila Beretta c è la fornitura d armi alla polizia irachena. Inoltre possiamo vantare l allestimento della rassegna di armi leggere Exa, terza al mondo per ampiezza. Una recente ricerca 17 condotta da Archivio Disarmo si evidenzia come negli ultimi anni l Italia abbia esportato una grande quantità di armi di piccolo calibro ad uso civile e come un ammontare non certo irrilevante di esse abbia raggiunto aree geografiche in cui sono frequenti gli episodi di violazione dei diritti umani e in cui truppe armate e gruppi paramilitari e terroristici (vedi ritrovamento di pistole Beretta 92s sequestrate ad appartenenti ai gruppi terroristici in Iraq) minacciano la stabilità regionale, coinvolgendo civili e facendone spesso il bersaglio della violenza. 16 Tratto da: Sbilanciamoci!, Economia a mano armata 2006, Roma, E. LAGRASTA, Le armi del Bel Paese. L Italia e il commercio internazionale di armi leggere, Roma, Ediesse,

20 ESPORTAZIONI ITALIANE DI ARMI CIVILI. Anni Fonte Istat Anno I dati dell Istat attestano che tra il 1999 e il 2003 l Italia ha esportato 1 miliardo e 568 milioni di euro di armi civili, rappresentate da pistole, fucili, relative munizioni ed esplosivi. L andamento annuo delle vendite si aggira intorno ai 300 milioni di euro e risulta in leggero calo nel corso degli anni I principali acquirenti sono stati: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania, Grecia, Turchia e Malaysia. Di tutte le armi una quantità pari all 80% circa si è diretta verso paesi dell orbita nord-occidentale, mentre tra il restante 20% compaiono anche paesi con situazioni interne precarie. È il caso della Malaysia o della Colombia e dell Algeria, i cui governi sono entrambi coinvolti da anni in conflitti interni, che hanno acquistato rispettivamente 2,5 e 3,8 milioni di euro di pistole, fucili e munizioni; o della Cina che ha importato oltre mezzo milione di euro di armi dall Italia. È anche il caso del Congo- Brazzaville e della Repubblica Sudafricana: i due maggiori importatori africani di armi civili italiane sono presenti nei rapporti annuali di Amnesty International per le violazioni di diritti umani che avvengono sul loro territorio, così come la Turchia, il Brasile, il Messico, l India, le Filippine e la Federazione Russa. La legislazione nazionale che ne regolamenta le esportazioni è caratterizzata da un dualismo di fondo che vede le armi ad uso militare sottoposte alla normativa della legge 185/90 e le armi civili sottoposte alla disciplina della legge 110/75. Per quanto riguarda le armi ad uso civile, la normativa italiana non prevede invece controlli né sanzioni. Pistole, revolver, fucili e carabine, concepiti per l uso sportivo e l autodifesa, godono così di una grande capacità di movimento e possono entrare pressoché indisturbati anche in Paesi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani, sottoposti a embargo dell Onu o dell Ue e paesi con guerriglie in corso sul proprio territorio. 20

21 La legislazione italiana e internazionale si dimostra inadeguata di fronte all evolversi e al mutare dei conflitti, oggi in prevalenza di tipo intra-statale, combattuti da gruppi armati ribelli e truppe paramilitari. I grandi sistemi d arma, infatti, costosi e difficili da reperire, vengono sostituiti dalle armi piccole e leggere, meglio trasportabili, semplici da usare (anche per i bambini soldato) e reperibili anche sul mercato nero. L attività dei brokers, gli intermediatori nelle vendite di armi, si inserisce perfettamente in questo sistema, attraverso l organizzazione dei trasferimenti di partite d armi tra venditore e cliente, andando così ad incrementare il commercio illegale. Molte armi utilizzate dalla polizia non sono considerate armi a uso militare e non sono soggette alla legge 185/90. Pertanto, circa il 33% delle armi che vengono esportate ricadono al di fuori dei controlli della legge 185/90, senza alcun controllo parlamentare e senza adeguate misure di trasparenza. Una possibile soluzione al problema della proliferazione incontrollata delle armi leggere e di piccolo calibro potrà essere a livello internazionale l adozione del Trattato sul Commercio delle Armi (Arms Trade Treaty, ATT) elaborato da un gruppo di Ong e Premi Nobel per la Pace. Verrà proposto a tutti gli Stati in occasione della Conferenza dell Onu sulle Armi Leggere nel luglio del 2006 e la sua ratifica introdurrà norme precise e vincolanti che regolamenteranno il commercio di armi a livello internazionale. Mentre a livello nazionale è necessaria una legislazione più rigida in materia di armi leggere, rafforzando i vincoli all export, aumentando gli standard di trasparenza e tracciabilità. 21

22 Industria Militare nel Lazio La mancanza di dati sistematici sulle imprese fornitrici della Difesa e dell indotto militare non consente di definire compiutamente il quadro delle attività industriali militari del Lazio e, soprattutto, non rende possibile una stima documentabile della dimensione dell indotto militare. È comunque indiscutibile la rilevanza dell attività industriale militare nel Lazio. Come si può vedere già in Tabella 1, più della metà (10 su 17) delle principali imprese italiane del comparto militare hanno sede e stabilimenti nel Lazio. Ovviamente quasi tutte le grandi imprese hanno una sede di rappresentanza a Roma, tenendo conto di questo fatto, laddove non ci siano segnalati stabilimenti, si è valutata l entità della presenza sul territorio in base al numero di addetti. In totale sono state censite 36 tra imprese 18, joint ventures e holdings, tra le quali praticamente non rientrano le piccole imprese a produzione prevalentemente duale dell indotto. Una parte consistente di queste imprese, ben 14, fanno capo al colosso Finmeccanica, di queste una buona parte produce non solo per il mercato nazionale della difesa ma per quello globale (Tabella 2) tra le prime dieci imprese esportatrici di armi in Italia ben 5 hanno sede e stabilimenti anche nel Lazio, ma anche altre come la Simmel, che non rientra nella lista, esporta il 70% della sua produzione. I settori di produzione coprono quasi interamente lo spettro di possibili attività nel campo delle produzioni belliche: sistemi d arma, telecomunicazione, elettronica per la difesa, equipaggiamento, elicotteristica, munizioni. Il settore elettronica per la difesa e telecomunicazione è quello decisamente più rappresentato, certamente perchè costituisce il settore più rapidamente in crescita. Da segnalare il caso della Simmel, di cui si parlerà anche nei prossimi capitoli, che produce munizioni e spolette, tra cui le famigerate cluster bombs 19 (note come bombe a grappolo ), con sede a Colleferro, località in cui si è sviluppato un fiorente indotto, basato sull industria chimica per le lavorazioni della polvere da sparo, che si è poi espanso a tutta l area dei Monti Lepini e della Valle di Sacco, portando con sé devastanti effetti ambientali. Un buon numero di imprese risultano localizzate nella zona industriale di Roma Est lungo Via Tiburtina, a Pomezia, vicino al sito militare di via Pratica di Mare. Da aggiungere, ai dati relativi alle imprese, ci sono quelli relativi alla produzione bellica che avviene direttamente all interno del Ministero della Difesa 18 A partire dai dati AIAD. 19 Per un reportage sulla produzione e l utilizzo delle cluster bombs vedi: Per la richiesta al Parlamento Europeo ed Italiano della messa al bando delle bombe a grappolo vedi: 22

23 Presso il Comando Logistico 1^ Div. Centro Sperimentale di Volo dell Aeronautica Militare, in Via Pratica di Mare a Pomezia (RM): sviluppo di modifiche hw di sistemi d arma nel settore aeronautico. Sviluppo di modifiche sw di sistemi d arma e relativi sistemi di supporto nel settore aeronautico. Effettuazione di sperimentazioni a terra ed in volo nel settore aeronautico. Formazione per il personale collaudatore di produzione per aeromobili delle Forze Armate e Corpi Armati dello Stato. Presso 6 Reparto Manutenzione Elicotteri, sempre in Via Pratica di Mare a Pomezia: manutenzione degli aeromobili HH-3F e loro componenti. Esecuzione controlli non distruttivi. Riparazione e Revisione di apparati avionici per varie linee di aeromobili. In totale il numero di addetti supera i unità, le imprese più grandi sono Engineering Ingegneria Informatica con ben 1800 addetti, Selex Sistemi Integrati con 1605 addetti; altrettanti, circa, ne conta la Selex Communications e Vitrociset, che ne conta Seguono Alcatel Alenia Space, Datamat, MBDA Selex con circa 800. Il Gruppo Finmeccanica a livello consolidato 8260 dipendenti. Tabella.3 Le principali industrie del comparto militare in Lazio AZIENDA SETTORE PRESENZA NEL LAZIO INDIRIZZO NUMERO OCCUPA TI ABL Equipaggiamenti, informatica, supporto logistico Sede principale, uffici e stabilimento. Divisione Aeromobili Via Monte d Oro 31bis Pomezia RM Prato Risacco Fiano Romano RM -- AERO SEKUR Gruppo HUNTING Plc AERTEKNO AGUSTAWESTLAND GRUPPO FINMECCANICA Equipaggiamenti, supporto logistico, ricerca Componentistica elettrica ed elettronica, supporto logistico Elicotteristica Sede e stabilimento Sede principale Sede operativa Stabilimento Via delle Valli, s.n.c Aprilia LT Via D. Alighieri Pomezia RM Località Paduni Anagni FR Stabilimento Via G. Augusta Frosinone AIRSOFTW@RE Informatica Sistemi Sede operativa Via C. Colombo, dichiarati Totale gruppo

24 TECHNLOGIES & SOLUTIONS Itaca S.p.A. ALCATEL ALENIA SPACE Italia Alcatel 67% - Finmeccanica 33% C3I Roma Totale gruppo 460 Spazio telecomunicazioni Sede principale Centro integrazione satelliti ALENIA Aeronautica Aeronautica Sede principale CIBRED SUD Drymatic CONSORZIO S3LOG Datamat Elsag - Vitrociset DATAMAT GRUPPO FINMECCANICA ELETTRONICA ELT ELSAG GRUPPO FINMECCANICA ENGINEERING INGEGNERIA INFORMATICA FINMECCANICA GROUP GALILEO AVIONICA SELEX S&AS Gruppo Finmeccanica Elettronica, telecomunicazione ed avionici. Informatica e logistica per la difesa Elettronica per la difesa. Elettronica per la difesa. Soluzioni e servizi informatici. Informatica. Aerospazio, difesa, elettronica, trasporti ed energia. Equipaggiamenti, avionici ed elettroottica. Via Saccomuro Roma RM Via Tiburtina Roma RM Via Campania Roma RM Sede Via Catania 2 Loc. Pavona Albano Laziale RM Sede legale e stabilimento Sede principale Sede e stabilimento Via Ruggero Bonghi 11 b Roma RM Via Laurentina Roma RM Via Tiburtina Valeria Km 13, Roma RM Sedi Via Naide Roma RM Via Laurentina Roma RM Sede direzione vendite difesa e spazio Sede principale Sede Via S. Martino della Battaglia Roma RM Piazza Monte Grappa Roma RM Via dei Castelli Romani Pomezia RM INFO SOLUTION Informatica. Sede operativa Via Zoe Fontana Roma RM LARIMART SELEX Comunicazioni Sede legale e Via di Torrevecchia 12 Communications. radiomobili. stabilimento Roma RM Gruppo Finmeccanica LEAT VITROCISET. Logistica e service. Sede legale e Cas. Post o 815 Totale gruppo Totale gruppo Totale gruppo Totale gruppo circa Totale Lazio 8260 Totale gruppo in Italia

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