RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEL SITO ARCHEOLOGICO DI STABIAE, CASTELLAMMARE DI STABIA (NA)

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1 RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEL SITO ARCHEOLOGICO DI STABIAE, CASTELLAMMARE DI STABIA (NA) Fondi Misura 3.16 P.O.R. Campania 2000/2006 Coordinatore Generale: Prof. Geol. Maurizio de Gennaro (degennar@unina.it) Responsabili Progetto: Prof. Geol. Vincenzo Morra (vimorra@unina.it) Prof. Maurizio Fedi (fedi@unina.it) Consulenti: Geol. Mariano Mercurio (mamercur@unisannio.it) Prof. Thomas Noble Howe (howet@southwestern.edu) Dr.ssa Margaret Sargant Watters (meg_watters@hotmail.com) C.R.d.C. INNOVA: Direttore Prof. Antonio Massarotti Project Manager Dr.ssa Marina Bufacchi

2 Staff: IL COORDINATORE GENERALE Prof. Maurizio de GENNARO ASSISTENTE SCIENTIFICO - SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DI POMPEI Geom. Vincenzo SABINI IL RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLE INDAGINI ARCHEOMETRICHE Prof. Vincenzo MORRA Dipartimento di Scienze della Terra Università di Napoli Federico II Staff: Dr.ssa Geol. Maria Pia d'albora, Dr.ssa Vincenza GUARINO, Dr.ssa Geol. Marianna MARRAZZO, Dr. Geol. Francesco TERLIZZI, Dr. Giuseppe DI CAPRIO, Dr. Fabio Sossio GRAZIANO, Dr. Geol. Marco D'AMORE, Arch. Claudia AVETA, Dr. Lorenzo FEDELE, Prof. Piergiulio CAPPELLETTI, Dr. Luigi FRANCIOSI, Dr. Abner COLELLA, P. Chim. Vincenzo MONETTI, Dr. Roberto de GENNARO, Prof. Leone MELLUSO, Prof. Alessio LANGELLA IL RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLE INDAGINI GEOFISICHE Prof. Maurizio FEDI Dipartimento di Scienze della Terra Università di Napoli Federico II Staff: Dr. Bartolomeo GAROFALO, Dr. Mauro LA MANNA, Dr.ssa Ester PIEGARI, Dr.ssa Gabriella CASTIELLO CONSULENTI SCIENTIFICI: Geol. Mariano MERCURIO (Libero Professionista), Prof. Thomas Noble HOWE (Southwestern University USA RAS Foundation), Dr.ssa Margaret Sargant WATTERS (IBM Vista Centre University of Birmingham) Metodologie di indagine: Ground-Penetrating Radar (GPR) Magnetometria Elettromagnetometria Rilievo Scanner LIDAR 3D Analisi petrografiche in microscopia ottica (MOLP) su sezioni sottili Analisi in DRX (Diffrattometria ai raggi X) Analisi in porosimetria a mercurio (Normal 3/80-4/80) Analisi in FRX (Fluorescenza ai raggi X) Rilievo Architettonico Cartografia 2D in ambiente GIS Ringraziamenti: Questo ambizioso progetto è stato realizzato grazie all impegno delle Autorità politiche e Istituzionali: l Assessorato all Università e alla ricerca scientifica della regione Campania Prof. Nicola Mazzocca; il Notaio Ferdinando Spagnuolo della Fondazione RAS; il dott. Pietro Giovanni Guzzo Soprintendente della SAP; nonché la dr.ssa Annamaria Ciarallo, Giovanna Bonifacio, Raffaele Fattorusso e tutto il personale tecnico del sito archeologico di Stabiae. Un grazie anche all archeologo Gennaro Iovino per la collaborazione offerta in fase di campionamento dei materiali di interesse archeometrico. Un segno di gratitudine va espresso al Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra Prof. Lucio Lirer, alla segretaria e tutto il personale amministrativo, come pure a tutto il personale amministrativo del Centro Regionale di Competenza INNOVA. Si ringraziano, infine, i dottori Celestino Grifa, Alberto De Bonis, Ugo Di Capua, Vincenzo Longobardi e tutto il personale del CAMPUS Vesuviano della Fondazione RAS. Figura di copertina: Thomas Howe/RAS Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

3 INDICE 1. OBIETTIVI E SINTESI DEL PROGETTO 2. L AMBIENTE GEOLOGICO DEL SITO DI STABIAE 3. INQUADRAMENTO STORICO-ARCHEOLOGICO 4. LE INDAGINI ARCHEOMETRICHE 5. LE INDAGINI GEOFISICHE 5.1 Villa Arianna 5.2 Villa San Marco 6. PERISTYLE GARDEN, VILLA ARIANNE ALLEGATI: Schede Archeometriche Prospetti architettonici dei campionamenti Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

4 1. OBIETTIVI E SINTESI DEL PROGETTO Maurizio de Gennaro Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Napoli Federico II Nell ambito delle attività del Centro regionale di Competenza INNOVA e della Fondazione Restoring Ancient Stabiae sinergicamente tese alla valorizzazione del patrimonio culturale ed alla sua fruizione, è stato eseguito nell anno 2008 sotto l egida della Soprintendenza Archeologica di Pompei, uno studio integrato sul sito archeologico di Stabiae. Tale studio è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell Università degli Studi di Napoli Federico II e l IBM Vista Centre dell Institute of Archeology and Antiquity dell Università di Birmingham. Per questa fase dell intervento, tenuto conto delle risorse disponibili, sono state preferite indagini geofisiche per le aree non investigate, al fine di individuare manufatti sepolti da poter riportare alla luce con prossime campagne di scavo archeologico, e indagini archeometriche finalizzate allo studio dei geomateriali utilizzati per la costruzione delle opere murarie e di utensili di uso quotidiano (ceramiche da mensa, da cucina e da trasporto). La prospezione geofisica ha tenuto conto delle conoscenze derivanti dalle campagne di indagini sotterranee condotte in epoca borbonica tra il 1749 e il 1782, grazie all attività di ingegneri militari, in particolare di Joachim di Alcubierre e Karl Weber. Pertanto, due linee di ricerca sono state condotte per l esplorazione del sottosuolo delle ville: la prima per la definizione di nuove aree fertili di interesse archeologico e una seconda relativa alla definizione delle infrastrutture del magnifico giardino di villa Arianna, condotta dall IBM Vista Centre. Nel contempo, per gli studi archeometrici, è stata perfezionata una diagnostica integrata dei manufatti già portati alla luce con particolare riguardo alle ville Arianna e San Marco nelle loro complesse strutture architettoniche. Questa fase di studio è stata impostata, quindi, sui geomateriali delle cortine murarie delle due ville e più precisamente alle malte ed agli intonaci non trascurando però i materiali utilizzati per le costruzioni. Per la realizzazione e la localizzazione esatta dei campionamenti si è fatto ricorso, quando possibile, al rilievo architettonico delle strutture interessate dal prelievo. Particolare attenzione è stata posta, infine, allo studio di numerosi e tipici reperti ceramici (ceramiche e laterizi) al fine di caratterizzarli e individuare la probabile tecnologia adottata, nel passato, per la loro produzione. Pertanto lo studio sulle emergenze principali del sito archeologico di Stabiae ha consentito di iniziare un percoso di indagini tese ad avere un quadro sempre più completo dei manufatti e del contesto territoriale su cui il sito insiste. Attraverso l esplorazione geofisica, eseguita utilizzando più metodologie di indagine, le misure effettuate dimostrano come l area in esame risulti essere ricca di anomalie molto probabilmente ascrivibili alla presenza di strutture di interesse archeologico. La gran parte delle strutture correlabili alla esistenza di resti archeologici è ben visibile nei dati derivanti dal Ground Penetrating Radar (GPR), che evidenziano con buona risoluzione la presenza di anomalie di forma regolare legate ad attività antropica. Analogamente ben si rilevano cisterne e sistemi di drenaggio al di sotto del piano campagna del giardino di villa Arianna. Le indagini archeometriche sui geomateriali da costruzione hanno consentito di ricostruire la composizione degli impasti sempre a base di calce, realizzati utilizzando aggregato prevalentemente di origine pozzolanica; generalmente gli strati di finitura sono realizzati con aggregato calcareo. Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

5 Diffusa è la presenza di ossidi di ferro che conferiscono all intonaco colore rosso o giallo scuro. Da segnalare infine la presenza di weidellite (ossalato di calcio) in alcuni strati interni che suggerisce l uso di sostanze organiche per la realizzazione dell impasto. Lo studio dei reperti ceramici ha permesso di suddividere i campioni in 5 gruppi omogenei in base sia alle caratteristiche minero-petrografiche che chimico-fisiche. Gli impasti sono generalmente realizzati con aggregato vulcanico sostanzialmente vesuviano, il che fa ritenere che si tratti di manufatti realizzati in ambito locale. Dal punto di vista chimico i tenori di ossido di calcio indicano l utilizzo di materie prime (argille) di natura e provenienza chiaramente differenti. Inoltre, i materiali utilizzati per le ville sono stati, come spesso accade per i materiali archeologici, reimpiegati in epoche più recenti per usi e contesti diversi. Nello specifico, è stato dimostrato che le coperture delle tombe della necropoli della Grotta S. Biagio sono state realizzate con le tegole provenienti dallo spoglio del porticato del giardino di Villa Arianna. Per la prima volta sono state redatte, altresì, carte tematiche in ambito GIS ai fini di una corretta georeferenziazione dei profili indagati e dell ubicazione dei campioni prelevati non trascurando la stratigrafia del sottosuolo delle ville. La cartografia e tutti gli elaborati prodotti dalla studio condotto sono disponibili su supporto informatico di facile fruibilità anche per l utente meno esperto; ciò consente una maggiore divulgazione di questa ricerca eseguita nell areale archeologico stabiano con un approccio multidisciplinare, realizzata con il contributo di geologi, archeologici, architetti ed informatici. Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

6 2. L AMBIENTE GEOLOGICO DEL SITO ARCHEOLOGICO DI STABIAE Marianna Marrazzo a, Mariano Mercurio a, Vincenzo Morra b a Centro Regionale di Competenza INNOVA, Pozzuoli, Napoli b Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Napoli Federico II 2.1. PREMESSA Il sito archeologico di Stabiae sorge sul pianoro della collina di Varano, il quale raccorda i rilievi carbonatici dei Monti Lattari con la sottostante piana del Sarno (Fig. 1). Tutta l area è stata condizionata durante il quaternario, dall alternanza di eventi alluvionali e vulcanici, i quali hanno contribuito al cambiamento morfologico dell intera area di Castellammare di Stabia. I primi, collegati all ultima glaciazione (Würm: anni b.p.) e agli eventi successivi, sono stati responsabili della formazione dei corpi alluvionali (conoidi di deiezione) situati alla base dei rilievi carbonatici. I secondi si riferiscono alle eruzioni vulcaniche sia dei Campi Flegrei che del Somma-Vesuvio. In particolar modo l eruzione flegrea dell Ignimbrite Campana (39000 anni fa) è quella che ha più condizionato l assetto litostratigrafico dell area. Mentre tra le eruzioni vesuviane indubitabilmente va segnalata l eruzione pliniana dell agosto del 79 d.c., che con i suoi prodotti da fall (pomici e lapilli) seppellì le ville romane di Stabiae. MONTI LATTARI PIANORO DI VARANO VILLA SAN MARCO VILLA ARIANNA PIANA DEL SARNO Figura 2.1. Immagine 3D del Pianoro di Varano. In rosso, Villa San Marco e Villa Arianna. (Immagine elaborata da Giuseppe Di Caprio) Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

7 2.2. GEOLOGIA REGIONALE DELL AREA La collina di Varano è delimitata a Sud dall accidentata dorsale carbonatica dei M.ti Lattari, che è costituita prevalentemente da litotipi appartenenti al dominio paleogeografico della piattaforma carbonatica Mesozoica Campano-Lucana, smembrata e dislocata in varie unità a partire principalmente dal Miocene. I Monti Lattari appartengono all unità nota come Alburno-Cervati- Pollino, la quale è composta da formazioni carbonatiche, a luoghi ricoperte da sottili spessori di materiali terrigeni miocenici (Fig. 2). Figura 2.2. Schema geologico dell area della collina di Varano, tratto dalla Cartografia Geologica in scala 1:10000 Regione Campania (Autorità di Bacino del Sarno Progetto CARG). La serie carbonatica (circa un migliaio di metri di spessore) è composta da calcari e dolomie in facies di scogliera e retroscogliera, comprese tra il Triassico Superiore e il Cretaceo Superiore. Le rocce del Triassico Superiore non affioranti in zona, sono costituite da dolomie ben stratificate, di colore grigio, con sottili alternanze di livelli argillosi e bituminosi, che verso l alto lasciano il posto a dolomie e calcari dolomitici di colore da grigio a bianco. Le rocce del Cretaceo Inferiore sono rappresentate da un alternanza di calcari detritici, intercalati a strati dolomitici. Al di sopra si ritrova un livello marnoso dell Aptiano-Albiano, il quale è ascrivibile ad un abbassamento eustatico del livello del mare, seguito poi da una fase di trasgressione che ha ristabilito le condizioni sedimentarie di piattaforma. La serie carbonatica si chiude con i calcari detritici del Cretaceo Superiore. Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

8 Strutturalmente le rocce carbonatiche costituiscono monoclinali delimitate da faglie ad andamento sia appenninico (NW-SE), che anti-appenninico (NE-SW), generalmente dirette, con componente trascorrente. L immersione delle monoclinali è verso Nord, e l inclinazione misurata è di circa 35. Alla successione carbonatica seguono, in trasgressione i sedimenti neritici del Miocene, costituiti in prevalenza da calcareniti provenienti dal disfacimento della piattaforma carbonatica che, verso l alto lasciano il posto a sedimenti arenacei e depositi torbiditici. Questi depositi in facies di flysch comprendono arenarie micacee di colore giallastro, con intercalazioni di argille, argille siltose e marne arenacee. Al loro interno si ritrovano intercalazioni di frammenti di calcari con selce, calcareniti e calcari marnosi appartenenti al complesso delle Argille Varicolori. I terreni quaternari sono rappresentati dai prodotti relativi all attività degli episodi vulcanici campani. Tra questi si distinguono i prodotti dell Ignimbrite Campana ( anni b.p.) e i prodotti delle eruzioni vesuviane, tra i quali spiccano i depositi di fall piroclastico relativi all eruzione pliniana del 79 d.c. Un intensa attività erosionale ad opera dei corsi d acqua è stata attiva sia prima che contemporaneamente alla messa in posto dell Ignimbrite Campana, ad essa vengono ricondotti i depositi alluvionali dei numerosi conoidi di deiezione che costituiscono il raccordo tra i resti della piattaforma mesozoica dei M.ti Lattari e i prodotti alluvionali-piroclastici che riempiono la depressione della bassa piana del fiume Sarno. I prodotti più antichi appartengono ai conoidi osservabili a Nord-Ovest di M.te Pendolo. Queste presentano uno spessore di circa 100 m e sono denominate in letteratura coi nomi di Conoide di Gragnano I e Conoide di Quisisana. La prima è costituita da brecce eterometriche ben cementate, con scarsa matrice piroclastica, presente solo nella parte sommitale. La scarsità di prodotti piroclastici in questi depositi fa pensare che la loro messa in posto si debba collocare ad un periodo anteriore all attività vulcanica che ha avuto inizio circa anni b.p. La Conoide di Quisisana, invece è composta da una successione di sedimenti conglomeratici, ben stratificati e ricchi in matrice piroclastica, in cui sono intercalati livelli di piroclastiti più o meno rimaneggiate. Di questi antichi conoidi si conserva solo la parte apicale in quanto risultano frontalmente troncate e recise longitudinalmente. In questi depositi antichi, incastrate a cannocchiale si ritrovano alluvioni più recenti che prendono il nome di Conoide di Gragnano II e Conoide di Scanzano. Quest ultimi depositi sono costituiti da clasti smussati, calcarei e calcareo-dolomitici, in abbondante matrice, soprattutto di natura piroclastica. All interno delle alluvioni della Conoide di Gragnano II si trovano intercalazioni di prodotti tufacei appartenenti all Ignimbrite Campana. Pertanto essa deve avere un età almeno pari a quella della messa in posto del Tufo Grigio Campano ( anni). Tali alluvioni di seconda generazione sono a loro volta troncate da una scarpata alta fino a 50 m, dovuta all azione erosiva del mare, che le separa dal centro abitato di Castellammare di Stabia. Prodotti più recenti vanno a costituire piccoli conoidi allo sbocco del Rio Calcarella e Rio Gragnano, ai piedi della scarpata. La più grande tra queste è quella di Muscariello, con apice nel fosso di Gragnano. Accanto vi sono i conoidi di Sommuzzariello, formata dal Rio Calcarella e quella di Quisisana, generate dall omonimo torrente su cui sorge il centro medioevale di Castellammare (Cinque et al., 1987). I versanti dei rilievi carbonatici e i bassi morfologici sono ricoperti da prodotti piroclastici, spesso humificati, riconducibili all attività recente del Somma-Vesuvio. Particolarmente riconoscibili sono i depositi da fall dell eruzione del 79 d.c. (ceneri e lapilli pomicei). Inoltre le successioni vulcanoclastiche, che si trovano alla base dei rilievi, sono attribuibili a meccanismi innescati nei valloni della catena dei Monti Lattari, durante e subito dopo l eruzione pliniana del 79 d.c: le coltri piroclastiche, ancora calde, depositate lungo i versanti in condizioni di instabilità, hanno iniziato a mobilizzarsi, scegliendo le linee di impluvio come vie preferenziali di incanalamento. Sono state queste che molto probabilmente, attraverso i valloni del Calcarella e del Gragnano, hanno interessato le aree archeologiche presenti alla base del terrazzo, mentre i Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

9 lapilli pomicei e le ceneri del 79 d.c. hanno ricoperto le ville poste direttamente al di sopra del pianoro (Villa Arianna, Villa S. Marco). Infine, le coperture superficiali comprendono suoli e materiali piroclastici sciolti (1-2 m di spessore), a diversa granulometria e spessore variabile, crescente verso le depressioni ANALISI GEOMORFOLOGICA L area di Castellammare di Stabia (Foglio 185 III SO della Carta Geologica d Italia 1:100000, Salerno) è compresa tra la dorsale del Monte Faito (1131 m s.l.m.) a Sud, i rilievi del Somma- Vesuvio a Nord e il mare a Ovest. La dorsale dei Monti Lattari, di cui fa parte il Monte Faito (1131 m s.l.m.) si disarticola verso settentrione in più blocchi monoclinalici, separati da un fitto reticolo di faglie dirette ad orientazioni prevalenti appenniniche ed antiappenniniche. Questi rilievi sono ricoperti dai depositi vulcanici, in particolare dai prodotti dell eruzione pliniana del 79 d.c. Verso Nord il ribassamento dei rilievi carbonatici ha portato alla formazione del graben della Piana Campana che ha avuto inizio nel Quaternario, ribassando il basamento carbonatico ad oltre duemila metri di profondità come si evince dalla perforazione eseguita per fini geotermici alla pendici del Somma-Vesuvio (joint-venture AGIP-ENEL), nel territorio del comune di Trecase (Na). In particolare la perforazione ha evidenziato, alla profondità di circa 2068 m dal p.c. la presenza di rocce carbonatiche del tutto simili a quelle affioranti ai Monti Lattari (Brocchini et al., 2001). La collina di Varano costituisce un terrazzo morfologico di origine alluvionale, composto da conoidi würmiani (Gragnano II) e troncato alla base dall azione erosiva marina. Si trova alla base dei rilievi che limitano il settore meridionale della Piana del Sarno. La collina, compresa tra il Rio Calcarella e il Fosso di Gragnano costituisce un pianoro di raccordo, debolmente inclinato verso Nord, tra il Monte Pendolo (610 m s.l.m.) e la stessa Piana alluvionale del fiume Sarno. E interrotta dal lato verso Castellammare di Stabia da una scarpata di circa 50 m a pendenze superiori ai 45, la cui propaggine inferiore è stata interessata nel passato dall attività erosiva marina. I processi tettonici, eustatici e deposizionali, hanno interrotto l azione erosiva del mare sul piede della scarpata che, comunque, continua a subire l azione modellatrice degli agenti esogeni atmosferici. Inoltre tale scarpata è caratterizzata da un elevata energia di rilievo, tant è che è stata interessata da fenomeni erosivi e gravitazionali fin dall epoca dei Romani, ai quali sono attribuiti i resti delle prime opere di sistemazione (Delmonaco et al., 2003). Gli eventi gravitativi innescati nell inverno del 97 sembrano essere inquadrabili in dinamiche di asportazione della coltre alterata superficiale attraverso fenomeni di colate di terra CARATTERISTICHE IDROLOGICHE ED IDROGEOLOGICHE DELL AREA L assetto idrologico della collina di Varano è strettamente connesso al regime pluviometrico e alle condizioni di permeabilità dei litotipi presenti nell area. I bacini che ritroviamo sulla collina di Varano sono il Fosso di Gragnano (o S. Marco) e il Rio Calcarella. I dati idrografici dei due fiumi sono presi dal Piano Regolatore Generale di Castellammare di Stabia. Il Fosso di Gragnano scorre quasi completamente nel Comune di Gragnano e solo il collettore di scarico a mare attraversa il territorio di Castellammare, per circa 2.6 Km. Si estende su una superficie di circa 32 km 2 e presenta una lunghezza dell asta principale pari a m. La quota topografica massima è di 1400 m, mentre la sua pendenza media è di 11.6%. Il tempo di corrivazione calcolato è circa 2 h, il coefficiente d afflusso è pari a 0.15, mentre la portata al colmo di piena è di 51.7 m3/s. Il Rio Calcarella soltanto nella porzione posta a quota 200 m s.l.m. scorre nei territori di Gragnano e Pimonte, per il resto esso è compreso quasi del tutto nel Comune di Castellammare di Stabia. Si estende su una superficie di 5.17 Km 2, da una quota massima pari a 1140 m s.l.m. fino ad una minima di 50 m, con una lunghezza dell asta principale Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

10 pari a 4200 m e con una pendenza media del 26%. Il tempo di corrivazione calcolato è di 0.88 h, il coefficiente di afflusso è pari a 0.15, mentre la portata al colmo di piena è m3/s. Le precipitazioni che si verificano nell ambito dei bacini in esame sono prevalentemente di carattere pluviale e distribuite in tutto l arco dell anno (Pmedia/annua = 1107 mm), con un picco negativo nel periodo estivo. La struttura dei Monti Lattari è attraversata da una serie di lineamenti tettonici (es.: D Argenio et al., 1973; Celico & Corniello, 1979) che la dividono in diversi settori idrogeologici. Le fasce cataclastiche individuate in corrispondenza dei lineamenti principali agiscono da superfici a bassa o bassissima permeabilità, rendendo i singoli settori idrogeologici indipendenti gli uni dagli altri (Celico 1978). Il lineamento Pagani-Ravello separa i rilievi della penisola sorrentina dalla porzione più interna ed orientale della struttura ed insieme alla faglia che congiunge Castellammare con Settica Minore, individua il settore di M.te Cervigliano, la cui circolazione profonda è diretta verso l area di Castellammare. La direzione di flusso verso Nord è dovuta alla presenza, a quote piuttosto elevate, dei calcari dolomitici triassici, i quali affiorano lungo la costa meridionale. Questi aventi permeabilità molto bassa, sostengono la falda e la tamponano verso Sud. Analogamente più ad Ovest, il settore di M.te Faito delimitato a SW dalla faglia Positano- Vico Equense, è caratterizzato da un flusso preferenziale verso Nord ed ha come recapito principale proprio l area di Castellammare. Gli studi di idrogeologia sull area di Castellammare distinguono una serie di complessi idrogeologici, sulla base delle diverse caratteristiche di permeabilità dei terreni dell area e hanno permesso di accertare che la falda profonda, presente all interno della collina di Varano, è alimentata direttamente dalle acque circolanti nel massiccio calcareo del M.te Faito. L acquifero profondo dell area è impostato nel complesso carbonatico, formato principalmente da rocce calcaree e dolomitiche, le quali sono caratterizzate da valori di infiltrazione e permeabilità elevati, a causa dell intensa fratturazione dell ammasso ed è ricaricato dalle abbondanti precipitazioni che si concentrano sui rilievi della penisola sorrentina. Il complesso dei depositi piroclastici è caratterizzato da elevata variabilità idrogeologica, a causa dell eterogeneità dei litotipi che la compongono. È costituito, infatti, sia da materiali a consistenza lapidea, come i tufi, caratterizzati da permeabilità media per fratturazione, sia da materiali sciolti ad elevata permeabilità per porosità e sia da terreni, anch essi sciolti ma interessati da diffusi processi di argillificazione (cineriti), a bassissima permeabilità generale. Il complesso delle coltri detritiche dei conoidi di deiezione, provenienti dal disfacimento dei rilievi carbonatici, presenta costituenti con granulometria medio-grossolana (limi, sabbie, ghiaie) e scarsa cementazione, pertanto è caratterizzato da permeabilità variabile da bassa a media in funzione delle caratteristiche granulometriche dei depositi. In sintesi il sistema idrogeologico risulta costituito da un acquifero profondo, localizzato all interno delle formazioni carbonatiche, la cui area di ricarica è costituita dal M.te Faito (parte integrante dei Monti Lattari). Ai piedi della dorsale dei Monti Lattari le coltri di depositi, sia alluvionali e sia vulcanici, agiscono da tampone rispetto alla circolazione principale all interno del substrato carbonatico, determinando emergenze puntuali o innalzamenti della superficie piezometrica. In particolare sono riportate di seguito le caratteristiche idrogeologiche dei litotipi presenti alla collina di Varano: Coltre pedogenetica: è caratterizzata da valori di permeabilità estremamente variabili, a causa della presenza di abbondante materiale vegetale e della granulometria variabile, legata alla presenza di livelli a composizione argillosa e di pomici risedimentate; Lapilli e pomici: si tratta di pomici eterometriche miste a piroclastiti arenitiche, con notevole porosità primaria. Costituiscono un livello di circolazione idrica preferenziale che, essendo presente esclusivamente nella porzione superficiale della collina, risulta attivo esclusivamente in corrispondenza di apporti meteorici; Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

11 Depositi alluvionali: costituiscono i conoidi presenti nell area pedemontana dei Monti Lattari e sono caratterizzati da variabilità granulometrica, dovuta al diverso rapporto tra clasti e matrice, a diverse altezze. Tale variabilità condiziona le caratteristiche idrogeologiche, pertanto la permeabilità oscilla da valori bassi a medi, favorendo la formazione di acquiferi sospesi alimentati dalle aree di ricarica poste verso monte; Depositi piroclastici: sono costituiti da depositi vulcanici di granulometria da media a fine (piccole pomici, ceneri, lapilli etc.), quasi sempre sciolti o debolmente cementati. La diffusa presenza di materiali fini e le frequenti soluzioni di continuità nei livelli più grossolani fanno si che il complesso piroclastico sia caratterizzato nell insieme da una permeabilità piuttosto bassa, costituendo un livello capace di sostenere locali acquiferi sospesi; Sabbie vulcaniche: sono caratterizzate da valori di permeabilità medi o elevati, tuttavia la trasmissività è modesta a causa delle ridotte dimensioni di questi depositi; Cineriti: presentano bassa permeabilità a causa dei processi di argillificazione che hanno interessato i silicati. Questi depositi, molto spesso sottili e non continui possono favorire nelle porzioni sovrastanti accumuli idrici effimeri, estremamente pericolosi per la stabilità dei pendii. Tufo Grigio Campano: presenta permeabilità media nella pozione inferiore, dove è più lapideo, mentre nella parte più alta del complesso assume le stesse caratteristiche delle piroclastiti sovrastanti. Presenta pertanto, una doppia funzione all interno della circolazione idrica. Laddove la permeabilità risulta più bassa esso costituisce il substrato per le falde che si trovano all interno dei materiali che lo sovrastano e un elemento di confinamento per le acque sotterranee più profonde; laddove gli spessori sono più ridotti e poco diagenizzati, diventa possibile l attivazione di flussi di drenanza. L assetto litostratigrafico di tipo sub-orizzontale, con le caratteristiche idrogeologiche sopra descritte condiziona fortemente la circolazione idrica e di conseguenza anche la stabilità della collina di Varano. Un tale assetto, infatti, comporta: formazione di percorsi preferenziali della circolazione sotterranea, attraverso piani e direttrici sub-orizzontali; scarsa capacità di ricarica legata alla presenza di livelli poco permeabili sia nei primi metri che in profondità la quale limita molto la circolazione idrica verticale e formazione di fenomeni di sovrappressione localizzati. Le caratteristiche idrogeologiche dell area, unite all insieme dei dati idrologici presenti, hanno permesso di evidenziare come in concomitanza di eventi pluviometrici particolarmente intensi essa è interessata da un ruscellamento superficiale che poi convoglia l acqua direttamente lungo la scarpata. Si favoriscono in tal modo i processi erosivi e i fenomeni di dilavamento corticale lungo la scarpata che possono condizionare la stabilità della stessa area archeologica in cui si trovano gli scavi delle ville romane LE VULCANITI DELL AREA STABIANA L area di Castellammare è stata interessata più volte dagli eventi eruttivi relativi sia al vulcanismo dei Campi Flegrei che a quello del Somma-Vesuvio. Tra i molteplici episodi vulcanici che si sono succeduti, l eruzione flegrea che ha portato alla messa in posto del Tufo Grigio Campano (eruzione dell Ignimbrite Campana; anni fa) e quella vesuviana che ha seppellito le città romane di Ercolano e di Pompei (eruzione di Pompei ; 79 d.c.), rappresentano quelle che hanno contribuito maggiormente alla modifica dell assetto geologico dell area L eruzione dell Ignimbrite Campana (39000 anni b.p.) L Ignimbrite Campana dei Campi Flegrei è considerata il maggiore evento esplosivo avvenuto nell area campana, durante il quale furono emessi più di 150 km 3 di prodotti vulcanici. Questa Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

12 eruzione ebbe inizio con una fase esplosiva freatomagmatica di apertura del condotto, cui seguì una fase pliniana, con la formazione di una colonna eruttiva alta fino a circa 44 km. La fase pliniana fu seguita dal collasso della colonna eruttiva e dall inizio della formazione della caldera, con produzione di flussi piroclastici espansi e turbolenti che raggiunsero distanze di 50 km, fino all estinto vulcano di Roccamonfina, verso Nord e viaggiarono, al di sopra del mare, fino alla penisola sorrentina, verso Sud. Durante il successivo collasso calderico principale, la maggior parte del volume di magma disponibile fu eruttata attraverso l attivazione di numerosi centri eruttivi, lungo le fratture che accompagnarono la formazione della caldera, determinando la formazione di flussi piroclastici ad elevata mobilità. Questi flussi raggiunsero le massime distanze dall area calderica, espandendosi fino ai contrafforti appenninici e valicando barriere morfologiche alte oltre 1000 m. Le fasi finali dell eruzione furono caratterizzate dall emissione del residuo magma ancora presente nel serbatoio, che alimentò flussi piroclastici concentrati e di modesto volume, che si fermarono a brevi distanze attorno all area calderica. Al termine di questa eruzione i due terzi della Campania apparivano ricoperti da una coltre di tufi spessa fino a 100 m, mentre enormi volumi di cenere vulcanica rimanevano sospesi nell atmosfera. Lungo il bordo dei Campi Flegrei i depositi prossimali dell Ignimbrite Campana sono caratterizzati da livelli ben saldati e brecce grossolane (Rosi & Sbrana 1987; Perrotta & Scarpati, 1994; Melluso et al., 1995; Rosi et al., 1996; Orsi et al., 1996; Perrotta et al., 2006; Fedele et al., 2008). Nella Piana Campana e lungo la dorsale degli Appennini i prodotti eruttati sono caratterizzati da depositi pomicei stratificati (Rosi et al. 1999; Perrotta and Scarpati 2003), ricoperti da tufo saldato di colore grigio. Questo ultimo deposito è composto prevalentemente da scorie nerastre inglobate in una matrice cineritica e subordinatamente, da litici e cristalli e verso l alto assume un colore giallastro. Quest ultimo livello rappresenta la facies gialla dell Ignimbrite Campana ed è spesso zeolitizzata e litificata (Fisher et al., 1993). L ultimo livello di prodotti dell Ignimbrite Campana è rappresentato da un deposito incoerente di pomici grossolane all interno di una matrice cineritica (Fig. 3). La composizione dei prodotti dell Ignimbrite Campana varia da trachitica a trachifonolitica (Di Girolamo 1970; Barberi et al. 1978; Civetta et al. 1997; Pappalardo et al. 2002; Fowler et al. 2007). Le variazioni chimiche osservate all interno dei singoli depositi in diverse località hanno fatto pensare all esistenza di una camera magmatica zonata verticalmente, responsabile peraltro, dell emissione di magma trachitico sempre meno evoluto nel tempo (es.: Civetta et al., 1997). La cristallizzazione frazionata sembra essere stato il principale processo evolutivo, anche se alcuni autori credono che il frazionamento sia intervenuto in un sistema aperto (es.: assimilazione e mixing; Civetta et al., 1997; Bohrson et al., 2006; Fowler et al., 2007). I principali fenocristalli presenti nei prodotti dell eruzione dell Ignimbrite Campana sono quelli di clinopirosseno e biotite, tra i femici, sanidino e plagioclasio, tra i sialici. Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

13 Sito Archeologico di STABIE Figura 2.3. Carta della distribuzione prossimale dei depositi dell Ignimbrite Campana. (da Cappelletti et al., 2003; mod.) L eruzione di Pompei (79 d.c.) Questa eruzione è la più famosa tra le pliniane del Somma-Vesuvio. Diversi autori hanno fornito circostanziate descrizioni di questa imponente eruzione (Lirer et al., 1993; Civetta et al., 1991; Sheridan et al, 1981; Sigurdsson et al., 1985; Carey & Sigurdsson, 1987; Barberi et al., 1989). Di recente Lanphere et al, (2006) hanno datato questa eruzione utilizzando il metodo 40Ar/ 39Ar su cristalli di sanidino separati da pomici campionate presso la casa dei Casti Amanti di Pompei e la Villa di Poppea negli scavi di Oplonti a Torre Annunziata (Fig. 2.4). Le indagini hanno restituito, per entrambi i campioni, età molto simili: 1925 ± 66 per le pomici di Oplonti e 1925 ± 69 per quelle dei Casti Amanti. L eruzione pliniana fu caratterizzata da tre fasi eruttivie principali: la prima, ebbe inizio con una fase di apertura freatomagmatica; la seconda fase fu tipicamente pliniana ed infine, la terza fu nuovamente freatomagmatica, ma caratterizzata da una più alta esplosività. Cioni et al. (1995) hanno definito 8 unità stratigrafiche caratterizzate da differenti distribuzioni areali. L unità EU 1 testimonia la fase di apertura freatomagmatica. Le unità EU 2 ed EU 3 rappresentano i prodotti da caduta che ben caratterizzano questa eruzione. Trattasi nel primo caso di pomici bianche che dal punto di vista petrologico rappresentano magmi fonolitici; viceversa l unità EU 3 rappresenta pomici grigie ascrivibili a magmi fonotefritici. L unità EU 4 testimonia un netto cambiamento nella dinamica eruttiva a causa dell ingresso di una notevole quantità di acqua nel sistema magmatico. Si verificarono quindi esplosioni ad alta energia accompagnate da collassi della colonna eruttiva tali da generare depositi da flusso piroclastici diluiti e turbolenti, ad alta energia ed ampia diffusione. Le unità EU 5, EU 6, EU 7 ed EU 8 rappresentano ancora prodotti derivanti da attività freatomagmatica in parte dovuti ai fenomeni di collasso del tetto della camera magmatica e del sistema di alimentazione propedeutici alla formazione della caldera (Fig. 2.5). Si registra nella successione un incremento di fenocristalli mafici verso l alto. I fenocristalli sono rappresentati principalmente da clinopirosseno, biotite, sanidino e leucite. Minerali probabilmente generatisi per interazione tra magma e calcari incassanti (con alta pressione di Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

14 CO2) sono anfibolo Fe-pargasitico, ossidi di ferro e titanio, plagioclasio, scapolite, cancrinite e granato. Si ritrovano, raramente, olivina e plagioclasio anortitico-bytownitico. Breve ricostruzione degli eventi relativi all eruzione del 79 d.c. - Il 24 Agosto del 79 d.c. il Vesuvio ha dato vita ad una delle più disastrose eruzioni avvenuta in epoca storica: in soli due giorni le città di Pompeii ed Herculaneum, Oplonti e Stabiae furono sommerse dai prodotti dell eruzione e cessarono di esistere (Pompeii, Hercolaneum) o furono parzialmente distrutte (es.: Stabiae). Il numero degli abitanti di Pompeii, che persero la vita durante l eruzione del 79 d.c., non è certo, nonostante negli scavi che hanno portato alla luce i resti della città siano stati ritrovati i resti umani di centinaia di persone. Il ritrovamento di cibo ancora sui tavoli fa pensare che le attività quotidiane dei pompeiani siano state interrotte in maniera improvvisa. Dallo studio dei resti umani ritrovati è emerso che corpi delle vittime furono rapidamente seppelliti dai depositi di tephra i quali indurendosi, prima della loro decomposizione, hanno permesso la conservazione, sia dei corpi che dei vestiti indossati nel momento dell eruzione, fino alle espressioni dei visi, in alcuni casi. Molte delle vittime furono uccise inghiottite dalle nubi ardenti; infatti sono state ritrovate con le mani ancora serrate intorno alla bocca, nello sforzo di non respirare i gas delle nubi. L evento distruttivo è iniziato con la caduta di pomici biancastre che si sono accumulate formando depositi di circa 2 metri. La gente probabilmente è iniziata a fuggire quando questi prodotti hanno raggiunto un peso tale da far crollare i tetti degli edifici. In alcune fasi la caduta dei tephra è stata interrotta dall arrivo di surges piroclastici: nubi incandescenti che collassando verso il basso dalla colonna eruttiva, hanno viaggiato radenti al suolo, ad una velocità di circa 100 chilometri all ora. A Pompei la maggior parte delle vittime dell eruzione del 79 d.c. è rimasta uccisa dall arrivo di queste nubi e dai loro gas. La città di Ercolano ha subito un destino diverso da quello di Pompei. Ercolano è situata proprio alla base del fianco sud-orientale del Vesuvio, sicchè mentre Pompei fu obliterata lentamente dall accumulo dei depositi da caduta e dai surges, nell arco di due giorni, Ercolano fu sommersa in pochi minuti dall arrivo di surges e flussi piroclastici che coprirono la città con depositi di circa venti metri di spessore. Dagli scavi effettuati per riportare alla luce l antica Herculaneum, in un primo momento non furono ritrovati corpi umani, il che fece pensare che ad Ercolano gli abitanti avevano avuto una sorte migliore rispetto ai pompeiani, riuscendo a scappare. Tuttavia scavi condotti negli ultimi anni hanno rivelato una realtà ben più triste: lungo la costa, al di sotto di fornici di alcuni edifici sono stati ritrovati centinaia di scheletri ammucchiati in gruppi. Tale ritrovamento ha permesso di ricostruire gli ultimi momenti di vita di queste persone: gli abitanti di Ercolano stavano tentando di salvarsi fuggendo via mare, quando sono stati colti dall arrivo dei surges, dai quali hanno cercato invano di ripararsi, ammucchiandosi al di sotto dei fornici degli edifici portuali. Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

15 Figura 2.4. Distribuzione areale dei depositi da caduta (in azzurro) e dei depositi da flusso piroclastico (in rosso) dell'eruzione del 79 d.c. (da modificato.) Figura 2.5. Successione stratigrafica dei depositi del 79 d.c. (da Cioni et al., 1995) Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

16 2.6. RICOSTRUZIONE DEI CAMBIAMENTI MORFOLOGICI STABIANI A SEGUITO DELL EVENTO ERUTTIVO DEL 79 d.c. Il complesso archeologico della collina di Varano accoglie una serie di ville romane, di cui una buona parte risulta ancora sepolta (Fig. 2.6). Sono tutte localizzate lungo il bordo della scarpata che congiunge la collina al centro dell odierna Castellammare di Stabia, e che prima dell eruzione del 79 d.c. risultava a poca distanza dalla linea di costa. L analisi di alcune colonne stratigrafiche ha permesso di interpretare in che modo la morfologia e la stratigrafia dell area siano cambiate a seguito dell evento vulcanico del 79 d.c., e dei successivi processi vulcano-sedimentari. L arrivo dei prodotti piroclastici dell eruzione, ha fatto avanzare la linea di costa di centinaia di metri: buona parte dell attuale centro abitato di Castellammare si estende su un area che era occupata dal mare prima dell eruzione del 79 d.c. (Di Maio & Pagano, 2003). Prima dell evento eruttivo, molto probabilmente la linea di costa era localizzata a circa m dall attuale collina di Varano, allungandosi parallelamente a quest ultima. La scarpata che attualmente separa la collina da Castellammare di Stabia doveva presentare un altezza quasi doppia rispetto a quella attuale, pertanto la Grotta di San Biagio, che si trova oggi alla base della scarpata (nell area del Poligono di tiro) doveva trovarsi in quel periodo a mezza costa, lungo la parete di tufo. La stretta fascia costiera doveva essere localmente abitata, come risulta da resti antropici ritrovati in alcuni sondaggi. Tale area archeologica è stata seppellita dalle colate vulcano-clastiche che si formarono per mobilizzazione delle coperture piroclastiche del Monte Faito a seguito dell eruzione del 79 d.c.. In particolare, sembra, che sia stata la conoide formatosi allo sbocco del Fosso di Gragnano a far avanzare di 200 m la linea di costa. Il rinvenimento di sabbie infralittorali fossilifere di età romana a Nord dell area ospedaliera di Castellammare, a 20 m al di sotto del livello del mare, fa pensare che quest area doveva essere ancora sommersa in una fase appena successiva alla messa in posto delle colate vulcanoclastiche del 79 d.c. (Di Maio & Pagano 2003). Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

17 Recupero e valorizzazione del patrimonio archeologico del sito di STABIAE, Castellammare di Stabia (NA) Figura 2.6. Carta di localizzazione del complesso archeologico di Stabiae sulla collina di Varano. A Impianto urbano; B Villa del Fauno; C Villa S. Marco; D Villa del pastore; E Secondo complesso Villa Arianna; F Villa Arianna; G Villa del filosofo. (Howe/RAS) Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

18 2.7. STRATIGRAFIA DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI STABIAE (COLLINA VARANO) La ricostruzione della stratigrafia locale, all interno del Parco Archeologico, è stata desunta a partire da rilievi realizzati direttamente nel sito e dall interpretazione di stratigrafie ottenute da sondaggi geognostici condotti lungo la collina di Varano, nell area compresa tra la Villa di Arianna e la Villa San Marco (Fig.7). Si tratta di sondaggi effettuati sia da società private per conto della soprintendenza che sondaggi disponibili in lavori pubblicati (Cicali, 1997; Di Maio & Pagano 2003; Fig 2.7; I.G. S.r.l. 2004); l interpretazione della stratigrafia dell area è rappresentata nella Figura 2.8. Le prime due colonne stratigrafiche in figura 8 (Fig. 8A, 8B) derivano da sondaggi realizzati a poca distanza l uno dall altro. La stratigrafia è molto simile per entrambe, tranne che per gli spessori degli strati (Fig. 8B) ed è caratterizzata da una successione di termini piroclasticoalluvionali poggianti sul bedrock locale, il quale è costituito dal complesso tufaceo dell Ignimbrite Campana (individuato a circa 30 metri di profondità dal p.c.). In entrambi i sondaggi, al tetto del complesso tufaceo poggia un livello di circa 2 m di cinerite probabilmente primaria. A profondità comprese tra i 15 ed i 30 metri dal p.c., si individua il complesso vulcanoclastico. Risalendo lungo la successione, alle vulcanoclastiti si sovrappongono i depositi di conoide precedentemente descritti. Infine al top si individuano dei paleosuoli con l intercalazione di uno strato di pomici biancastre attribuibili all eruzione vesuviana del 79 d.c.. Verso l interno della collina, in direzione NE, il Tufo Grigio Campano viene intercettato a minor profondità (Fig. 8C). Direttamente al tetto del complesso poggia la spessa coltre di detrito alluvionale (circa 16 metri), in matrice piroclastica bruno-rossastra. Il top della successione rinvenuta nella parte più interna della collina è chiusa nuovamente dal complesso dei suoli e paleosuoli con intercalato il livello di pomici. Sembra mancare lo spesso pacco di strati (~ 15 m) di vulcanoclastiti e cinerite che caratterizza le stratigrafie precedenti. Molto differente risulta, invece, la stratigrafia D, la quale rappresenta l area più prossima alla scarpata (Fig. 8D). Qui il Tufo Grigio Campano non viene affatto intercettato, almeno fino alla massima profondità raggiunta dalla perforazione, (25 m dal p.c.), e l intera stratigrafia risulta caratterizzata dalla continua alternanza di detrito di conoide, depositi vulcanoclastici e livelli di paleosuoli. Non è stato individuato, inoltre, il livello di pomici dell eruzione del 79 d.c.. La colonna stratigrafica E (Fig. 8E) è stata ricostruita da un sondaggio effettuato a Villa San Marco (Fig. 7; dati forniti, in campo, dall assistente tecnico-scientifico Geom. Vincenzo Sabini della Soprintendenza Archeologica di Pompei ed effettuati dalla ditta I.G. S.r.l. nel 2004). Quest ultimo sondaggio è stato spinto fino ad una profondità di 20 m e a differenza dei precedenti è stato realizzato per i primi 6 m di profondità dal piano campagna ad estrazione di nucleo, per i restanti 14 m a distruzione di nucleo. Tenuto conto dei limiti di precisione che può fornire la tecnica del carotaggio a distruzione, la ricostruzione stratigrafica, a partire dai 6 m in poi, deve essere considerata soltanto da un punto di vista qualitativo. I dati del sondaggio E indicano la presenza, nella parte più bassa (dai m fino a m dal p.c.) della successione, di un livello di cinerite di colore scuro con pomici e scorie, attribuibile al deposito di Tufo Grigio Campano. Al di sopra di questo livello basale, dai 6 ai m di profondità, è presente un livello di piroclastite di colore marrone scuro, anch esso contenente pomici, scorie e in più, frammenti vetrosi, insieme ai quali è stata rinvenuta anche della sostanza organica. Un sottile livello di paleosuolo di 50 cm di spessore lo si ritrova tra i 5.50 e 6.00 m dal p.c., oltre il quale giace uno spessore di circa 5 m di pomici e lapilli di colore grigio chiaro in matrice cineritica, attribuibile all eruzione del 79 d.c.. L intera successione è sigillata da un esiguo spessore (30 cm) di terreno vegetale di colore marrone scuro. La ricostruzione della stratigrafia dell area compresa tra Villa Arianna e Villa San Marco risente della limitatezza dei dati a disposizione e, nel caso del sondaggio E, anche di una scarsa precisione, tuttavia essa ha fatto emergere alcuni aspetti interessanti. Il livello di vulcanoclastiti, che si trova direttamente al di sopra del Tufo Grigio Campano nel settore sud-occidentale (in Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

19 prossimità di Villa Arianna; sondaggi Figg. 8A, 8B) della collina di Varano, viene sostituito dalla spessa coltre di detrito alluvionale, nel settore più centrale della collina, in prossimità di Villa del Pastore (Fig. 8C). Il livello vulcanoclastico si ripresenta a contatto col Tufo Grigio Campano nel settore nord-orientale, in prossimità di Villa San Marco. Un alternanza stratigrafica di questo tipo è spiegata con l esistenza di corpi lenticolare sia di natura principalmente vulcanica (nel settore di Villa Arianna), sia di natura meramente alluvionale (nel settore di Villa del Pastore). Il livello di pomici grigiastre dell eruzione di Pompei del 79 d.c. viene sempre intercettato nei sondaggi, tranne che nell area più prossima alla scarpata, in vicinanza a Villa del Pastore (Fig. 8D), dove si ritrova solo materiale vulcanoclastico intervallato a detrito di conoide. La zona di scarpata è quella che maggiormente è interessata da fenomeni di instabilità, e dall arrivo di materiale dilavato dalle aree retrostanti, pertanto non stupisce l alternanza dei depositi ritrovati. Analogamente l assenza del livello di Tufo Grigio Campano, alla base della stessa successione, può essere giustificata dalla presenza della spessa pila di materiale rimaneggiato che lo ha ricoperto o, semplicemente dalla posizione più arretrata della parete tufacea, rispetto ai depositi vulcano-clastici e detritici, gli unici ad essere intercettati dal sondaggio. La quota assoluta s.l.m dei cinque punti investigati dai sondaggi si aggira intorno ai 50 m (Fig. 8); se si esclude la successione stratigrafica della scarpata di Villa del Pastore, risulta evidente che il livello di Tufo Grigio Campanoviene rinvenuto a quote sempre più superficiali, a partire da SO verso NE, quindi da Villa Arianna verso Villa San Marco (Fig. 8). Inoltre, nello stesso verso aumenta lo spessore di pomici grigiastre dell eruzione del 79 d. C., che da 1 m, nell area di Villa Arianna, raggiunge i 5 m nella zona di Villa San Marco. Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

20 Figura 2.7. Localizzazione dei sondaggi effettuati sulla collina di Varano CAMPIONATURA E CARATTERIZZAZIONE MACROSCOPICA DEGLI AFFIORAMENTI La campagna di rilevamento effettuata, con il prelievo di alcuni campioni delle litologie affioranti sia sul pianoro che lungo la scarpata, ha permesso l interpretazione delle caratteristiche macroscopiche e microscopiche delle principali unità litostratigrafiche presenti nell area dei siti archeologici di Villa S. Marco e principalmente di Villa Arianna. L acclività del sito (la pendenza è superiore ai 45 ), unita alla presenza di vegetazione infestante non ha consentito un analisi completa dell intera successione, pertanto il prelievo dei campioni è stato effettuato essenzialmente lungo la scarpata, nel tratto compreso tra Villa Arianna e la Grotta di San Biagio (ad essa si accede dall area destinata al Poligono di Tiro di Castellammare e costituisce un luogo di sepoltura dei primi nuclei di Cristiani e ancor prima è stata utilizzata per l estrazione del Tufo Grigio Campano) (Fig. 9a), dove più accessibile è risultato il campionamento. L unità più bassa affiorante è quella del Tufo Grigio Campano (Ignimbrite Campana), che proprio in prossimità della Grotta di S. Biagio forma una parete di circa 25 m, la cui superficie è piuttosto alterata e al cui interno sono facilmente individuabili scorie di dimensioni decimetriche. Le unità riguardanti la successione vulcanoclastica, e i depositi di conoide, così come rilevate dai sondaggi, risultano ricoperte da una vegetazione più o meno fitta che arriva fino alla base di Villa Arianna. Sul pianoro, intorno a tutto il perimetro degli scavi di Villa Arianna, affiora in maniera continua un livello di quasi 2 m di pomici scarsamente compattate, attribuibile all eruzione del Somma- Vesuvio del 79 d.c. (Fig. 9b). Al di sopra di questo livello di pomici e lapilli, a tratti si riconosce Fondi Misura P.O.R. Campania 2000/ di 248

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