Seminario del
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- Michele Ferraro
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1 Seminario del La psicoanalisi non si limita, come parrebbe intendere Lacan (nel Seminario XX, Encore), a far finta, semblant, aggiustandosi nel parodiare il discorso della scienza. Il discorso scientifico stesso non può che procedere dal semblant. Di ciò Lacan non sembra, a mio parere, del tutto consapevole. La nostra è una clinica del sembiante, dell oggetto nella parola, ma qualsiasi scienza non può che prendere le mosse da questo riscontro essenziale poiché l universo non esiste al di fuori della parola. Senza il sembiante, impossibile balbettare alcunché e nessuna legge scientifica può scriversi. Se questo è vero, allora è semmai la psicoanalisi a costituire quella matrice autentica, etica e originaria, da cui procede la scienza stessa ed è semmai quest ultima a presentarsi come parodia. Nel Seminario XX appena citato, Lacan qualifica come godimento dell idiota il godimento fallico, al quale ascrive propriamente la masturbazione. Nessuna squalifica naturalmente, ma considerazione del fatto che la questione riguarda il rapporto fra pubblico e privato per quanto riguarda l espressione della sessualità. Idiota: etimologicamente, colui che vive nel privato. Idiotismo: linguaggio intraducibile, espressione idiomatica che risulta intraducibile. Ma l idioma, che per definizione è particolare a ciascuno, può mai risultare traducibile? Può esistere qualcuno che non sarebbe idiota almeno in parte, ossia che disporrebbe di uno strumento linguistico tale da riuscire a sottrarsi a un godimento idiota? Ancora vale la critica che nell ultimo nostro appuntamento abbiamo mosso a Lacan. Il godimento fallico (quello qualificato come idiota) cui egli si riferisce è piuttosto da collegare alla rappresentazione del fallo, anziché al fallo. Per quanto riguarda la sessualità, la differenza è originaria e non può in alcun modo essere rappresentata in quanto tale. Non può essere ricondotta alla differenza fra i sessi, ma neppure a un discrimine originario fra un godimento (perverso) solitario e un godimento, appunto, canonico o addirittura a-sintomatico, pubblico. L ovvio riferimento a Freud, che qualificava il bambino come perverso polimorfo, è inevitabile. Nessuna sessualità canonica a cui basterebbe attenersi per evitare l idiozia. Per dirla in altro modo: l idiotismo degli umani è per eccellenza il godimento. Possiamo nondimeno introdurre una distinzione interessante per i risvolti clinici e pragmatici che se ne possono ricavare. Si tratta di una distinzione che considera la varietà nei modi del godimento inteso come idiotismo e che si presta a varie interpretazioni che coinvolgono sia l etica sia la clinica. Ascrivere il godimento unicamente al reale, come hanno poi fatto gli allievi di Lacan, è un altro modo per reiterare questo abbaglio di un godimento che non sarebbe fallico, ossia che non sarebbe ancora dipendente dall Altro. Il godimento ha potuto subire un tale trattamento, ad opera degli allievi, poiché imperava la confusione fra l Altro, il fallo e il reale. E il fallo non era più inteso come la traccia verso l Altro, ma in contrapposizione all Altro e al cosiddetto reale.
2 Se l Altro è escluso, allora il fallo non è più la traccia verso l oggetto in quanto mancante; è un fallo rappresentato. Mentre dovrebbe essere riconosciuto per definizione come quel significante che si sottrae a qualsiasi rappresentazione, lo notavamo indicandolo come il significante dell apertura. E l oggetto risulta anch esso rappresentato: appunto, oggetto inteso unicamente come reale mancante. Per rendere più semplice tutto questo, la distinzione che vorrei porre è quella fra una pulsione libera e una pulsione imbrigliata. La pulsione è inconcepibile senza tener conto dell inconciliabile. Vale a dire che il conciliabile stesso esige l inconciliabile. La pulsione evidenzia che l amore non va senza l odio. Mentre il dialogo, il circolo chiuso dell interrogazione e della risposta, si alimenta nell illusione dell armonia universale. E l armonia universale non può che rinviare alla sostanza intorno a cui sarebbe possibile fondare l accordo. Lo sfondo della scena, che si fa mondo e sostanza, testimonia unicamente di una pulsione imbrigliata, di una pulsione tarpata e ormai inefficace. La risposta; come se le cose fossero già poste. La risposta è sempre fobica in quanto tale. E un invocazione rivolta all universo che si faccia interamente sguardo. Corrisponde all oggetto identificato della pulsione, anziché risultare l avvio di un movimento aperto della pulsione verso un oggetto aleatorio che si sottrae. La risposta imbriglia la pulsione, cioè la domanda in atto, e la sopprime appunto in quanto domanda. In definitiva, la risposta cancella proprio la vita che consiste nell atto di domandare. E qualsiasi atto che si esprima come risposta alla domanda è un atto riuscito, ovvero un azione mortifera. Dato che, ironicamente, è appunto la morte l unico atto a cui affidare la sola chance di riuscire. Paradossalmente, un atto può riuscire soltanto se è mancato, se pone l oggetto come aleatorio e imprendibile. In definitiva, è soltanto guadagnando l uscita che un atto può risultare efficace. La domanda è il solo modo per maneggiare la pulsione (de manum dare). La pulsione, ovvero la domanda che segue la sua traccia e che non si lascia imbrigliare da alcuna risposta. La sostanza non si può differenziare dalla risposta, poiché è la credenza nella risposta a fondare la sostanza. Il mondo inteso come spettacolo non è altro che un mondo fobico, può essere un mondo incantato, un mondo che canta, oppure un mondo angosciato. Come svegliarsi dall incanto se non lasciando libera proprio la pulsione? La pulsione libera è il principio pragmatico, l eventualità del miracolo; ma evento e miracolo sono la stessa cosa. Un opportunità, o meglio una risorsa, l insorgere pertanto della fobia, quasi un avvertenza a mostrare quanto la pulsione sia imbrigliata. Optare per la pulsione aperta è il modo per sconfiggere la fobia. Optare per la qualità della parola anziché imbrigliare la pulsione nella rappresentazione dell oggetto, la quale riduce il mondo a sostanza, suscitando l imperversare dello sguardo. Il consiglio è di non indugiare guardando verso il basso durante la scalata; occorre invece puntare verso il cielo ove libera possa spiraleggiare la pulsione.
3 Ma non si può accogliere anche questo consiglio che come una metafora! Soltanto un primo passo, dal momento che è la stessa pulsione a fondare l alto e il basso che non sono originari. Appunto, l alto e il basso quali attributi di una pulsione già imbrigliata dal concetto. La pulsione non punta verso l alto o verso il basso, ma segue il tragitto della domanda. A mano a mano, la pulsione dissipa tutto ciò che le si oppone, come sostanza e come sguardo, come alto e come basso. L erotismo del basso e dell alto è comunque inevitabile poiché già il basso o l alto suppongono la rappresentazione dell oggetto. Anzi, qualsiasi luogo identificato presuppone una rappresentazione della pulsione e del tempo, insieme all oggetto. Gli esseri umani conoscono e sanno trattare con quanto li circonda soltanto a partire dall oggetto nella parola, il sembiante, per il tramite della pulsione, quella che possiamo anche chiamare conoscitiva, che è poi non è altro che la virtù dell infanzia. Questo è l insegnamento freudiano. Occorre il narcisismo della relazione con l oggetto per sondare il mondo, anzi per costruirlo, che non esiste prima. La pulsione è indifferente nei confronti dell oggetto, ovvero dell oggetto in quanto rappresentato, essa esige il movimento dell oggetto (ecco la ragione per cui è condannata oppure consacrata la pornografia, che è stata avvertita come minaccia, in un passato non molto lontano, nei confronti di un oggetto variamente consacrato, oggetto malefico dal quale astenersi, ma oggi, al contrario, come oggetto irrinunciabile, da raggiungere per un godimento ritenuto accessibile, e alla cui sottrazione è attribuito ogni genere di malattia). La pulsione è indifferente rispetto all oggetto perché punta all evento, all oggetto nella parola, il quale si sottrae, e per raggiungere il quale, ove questo fosse possibile, occorre soltanto la distrazione. Ricordiamo il paradosso di Zenone. E impossibile raggiungere l oggetto, perciò la pulsione lo supera sempre, ne compie il periplo non circolare. In un certo senso vi è consapevolezza da parte della pulsione, è come se nulla le fosse estraneo. Nessun mondo che possa contrastarla, soltanto l ostacolo assoluto. Per la pulsione il mondo si dissolve nell ostacolo. Il risultato della pulsione libera è il narcisismo e la qualità della parola; questo è il modo per dissolvere insieme alla sostanza del mondo anche la fobia. Saper sostituire, nella parola, il ritmo e il canto allo sguardo incantato e minaccioso che proviene dalla scena, vale a restituire alla pulsione il suo certificato di salute e qualità. Una pulsione avvertita come disturbo, come frenesia del corpo, come battito cardiaco, respiro affannato, nausea o come tremito diffuso, è una pulsione imbrigliata. La pulsione testimonia soltanto che gli umani respirano nella parola e alla parola occorre che essi imparino ad affidarsi. Per questo, nulla manca alla pulsione. La pulsione è l unica testimone del fatto che l incontro non ha da essere programmato. Testimonia che il destino degli umani non è per nulla una destinazione, bensì l apertura della parola. Testimonia che l accesso alla simultaneità della sembianza è la sola cura che davvero sia efficace.
4 Il sintomo è la pulsione imbrigliata, la pulsione che reclama la sua soddisfazione e che essendo imbrigliata, confonde la causa con l effetto, cercando con forza di liberarsi nella parola, ma che non la trova, cancellata com è dall oggetto rappresentato. Dire oggetto rappresentato equivale a dire forza che irrompe dall esterno, scena che si fa imperiosa, talvolta devastante. La virtù della pulsione alla quale non interessava, proprio perché non sussisteva, questa distinzione fra esterno e interno, ritorna allora irrompendo dall esterno come sguardo che devasta o come voce che parla, riflessi di un enunciato che s impone. La virtù della pulsione rischia di capovolgersi generando il proprio contrario, fissandolo come contrario (dall ossimoro all opposizione). La differenza, fra il corpo e la scena, che sussiste proprio in quanto inavvertita, è trasformata nell opposizione fra interno ed esterno, e si ripropone come allarme fino all intrusione dello sguardo nel corpo. La rappresentazione della differenza originaria fra il corpo e la scena implica immediatamente la sensazione della sua artificiosità. Dov è il confine? Il corpo rischia di trovarsi incollato alla scena e la scena di invadere il corpo. E corpo che si ribella, allora, nel tentativo difficoltoso di restaurare il primato della virtù. La ribellione del corpo, nel sintomo, è soltanto l espressione di questo tentativo per accomodare nuovamente il corpo e la scena originari. Bisognerebbe cercare di distinguere la pulsione dalla virtù. La pulsione è alterazione del corpo, fino alla ribellione: ciò che della virtù originaria può manifestarsi talora apertamente, quanto appare della virtù, la quale proprio in quanto originaria dovrebbe stare a dimora nell invisibile; invisibile che corrisponde poi alla nostra infanzia, dal momento che la nostra infanzia non è il tempo in cui ancora non parlavamo, ma il tempo in cui nel modo più semplice e naturale dimoravamo nell invisibile. La virtù è tutto il coraggio e la semplice prodezza della nostra infanzia, mentre la pulsione è già la deviazione della virtù originaria verso l oggetto, con le sue molteplici rappresentazioni possibili. Quello che Freud lungo tutta la sua opera non ha cessato di indicare è il fatto che è proprio l emergenza dell oggetto a contrassegnare il percorso sintomatico di ciascuno. L emergenza dell oggetto, vale a dire l inaugurazione della possibilità della sua rappresentazione, anziché del suo continuare a trascorrere nel sogno. La pulsione emerge dalla virtù dell infanzia e dovrebbe saper far ritorno alla virtù. L analisi è in fondo il tentativo per questo possibile aggiustamento. La direzione della pulsione corrisponde al suo ritorno. Ecco la spirale. Le cose se ne vanno dal corpo alla scena: questo non ci rimane che sperare. E un fatto soltanto di speranza o di fede che le cose possano seguire questo verso, che è poi il verso, come la vita di ciascuno, per cui se ne vanno verso la scena. Le cose se ne vanno dal corpo verso la scena: ecco la ragione della pulsione, ma è soltanto la stessa pulsione a inaugurare il verso di tale spostamento. La virtù non ha ancora una direzione prefissata, è assolutamente autonoma e non ha bisogno di nulla. La scienza non sarebbe potuta esistere senza la pulsione, che conferisse un verso al movimento delle cose e, ancor prima, che facesse letteralmente
5 esistere il movimento delle cose. In questo caso la pulsione è chiamata in un altro modo: così è stata inventata la forza dai fisici. La forza è potuta diventare un invariante, nella fisica, proprio per la sua iniziale indeterminatezza che le ha consentito di sottoporsi all attribuzione di un punto di applicazione, di una direzione e di un verso. Mentre la pulsione in quanto tale non è orientata verso alcuna scena e non procede da alcun corpo che siano già determinati. L orientamento è una virtù originaria della pulsione stessa. Gli esseri umani possono orientarsi soltanto nella parola e non rispetto a un mondo circostante che non esiste. E quanto vuole esprimere la pulsione con la sua autonomia, la pulsione orientata verso il punto aleatorio.
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