IL VOLONTARIATO TERZO SETTORE E VOLONTARIATO
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- Gennara Grasso
- 8 anni fa
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1 IL VOLONTARIATO Il volontario è un cittadino che, adempiuti i suoi doveri di Stato (famiglia, professione ecc.) pone se stesso a gratuita disposizione della comunità. Egli impegna le sue capacità, i mezzi che possiede, il suo tempo in risposta creativa ai bisogni emergenti prioritariamente dai cittadini del suo territorio; ciò attraverso un impegno continuativo di preparazione, servizio e intervento, a livello individuale o preferibilmente di gruppo, evitando ogni inutile parallelismo con l'attività dello Stato (Carta dei Valori del Volontariato) TERZO SETTORE E VOLONTARIATO All interno del nostro sistema economico esiste un cosiddetto Terzo Settore del quale fanno parte un complesso di istituzioni, che si colloca tra Stato e Mercato senza essere riconducibile ne all uno ne all altro. Si tratta di soggetti organizzativi di natura privata che producono beni e servizi per una destinazione pubblica o collettiva (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, ONG, ONLUS, enti ecclesiastici ecc.). Il Terzo Settore rappresenta il tentativo della società civile di riappropriarsi della funzione di produrre beni e servizi di interesse sociale, da sempre di competenza dello Stato. Rappresenta oggi essenzialmente la capacità di risposta a bisogni diffusi che i servizi pubblici non sono in grado di soddisfare. E' dunque il sociale l'ambito di intervento del Terzo Settore: per questo si parla anche di "economia sociale" e di "economia associativa", definizioni che sono strettamente legate al contesto in cui si sono sviluppate. Si tratta quindi di un fenomeno di natura economica, che contribuisce in modo assolutamente non residuale al benessere della società, fornendo un contributo non inferiore, anche se di natura diversa, da quello di Stato e Mercato. La sua origine è da ricercarsi nella crisi del Welfare, dello stato sociale, che ha determinato l esigenza di creare nuovi soggetti che accanto a quelli istituzionali, provvedesse al miglioramento della società. In Italia, secondo un ricerca realizzata dal Centro Nazionale per il Volontariato le risorse umane del Terzo Settore ad oggi constano di persone, di cui volontari, impiegati, collaboratori, religiosi, volontari in servizio civile. Indubbiamente si tratta di cifre che evidenziano come nel Terzo Settore il volontariato rappresenti forse la tipologia di intervento più praticata e radicata sull intero territorio nazionale, come peraltro riconosciuto nel dicembre 2009
2 dall Assemblea del Volontariato in occasione del suo ultimo raduno, dove la stessa Assemblea Ricorda il valore del Volontariato quale soggetto fondante e costituente del terzo settore di cui è animatore insostituibile. Tra gli anni 70 e 80 si è accresciuto considerevolmente il numero di gruppi di persone che in modo del tutto spontaneo e gratuito ha iniziato ad operare in ambito sociale, nel tentativo di sopperire alle carenze dello Stato. Nel tempo tali esperienze hanno acquisito una solida struttura, garantendo un alta qualità dei servizi resi, al punto che lo stesso Stato ha convenuto che fosse opportuno avvalersi delle prestazioni di tali enti mediante un regime di sovvenzioni al fine di garantire il livello acquisito delle attività prestate per suo conto. In Italia il volontariato è esercitato fondamentalmente sotto due diversi profili: uno ecclesiale e cattolico, fondato sull opera della Chiesa e sul concetto di pietas cristiana, un altro di tradizione laica che ha trovato nella disciplina legislativa, piuttosto recente, il proprio fondamento. Entrambe queste forme di volontariato sembrano accomunate dal medesimo spirito filantropico che vuole l impegno della persona dedito ad arginare le diverse patologie sociali, prime fra tutte la povertà e l emarginazione. In ambito ecclesiastico con il Concilio Vaticano II i laici sono stati chiamati ad essere protagonisti della vocazione sociale della Chiesa. Si è richiesto loro un impegno per la promozione dell uomo e per la sua affrancazione da povertà e disagio sociale. Si legga a proposito un estratto della Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, Capitolo II, parag. 30 La profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corso delle cose e intorpidito dall'inerzia, si contenti di un'etica puramente individualistica. Il dovere della giustizia e dell'amore viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, interessandosi al bene comune secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta anche le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini Da un punto di vista strettamente giuridico si osserva che la forma più frequentemente prescelta per lo svolgimento di opere di volontariato è sempre stata quella associativa (oltre le fondazioni e le cooperative sociali) sino all emanazione della Legge Quadro n. 266/91 che ha introdotto nel nostro ordinamento le organizzazioni di volontariato. Con tale impianto normativo il legislatore ha legittimato istituzionalmente il fenomeno, con l obiettivo di disciplinare le attività tipiche delle organizzazioni di volontariato, riconoscendo il valore sociale e la funzione dell attività di volontariato come
3 espressione di partecipazione, solidarietà, pluralismo e promuovendone lo sviluppo, salvaguardandone al contempo l autonomia e favorendone l apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato e dagli enti locali (ex art. 1 della L. 266/91) LA LEGGE QUADRO 266/1991 La Legge n. 266/91 considera organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito, che si avvalga in modo decisivo e prevalente delle prestazioni volontarie e gratuite dei propri aderenti. Tali organizzazioni svolgono le proprie attività mediante strutture proprie o nell ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate, nei modi e nelle forme previsti dalla legge. Il disposto normativo ha introdotto una distinzione fondamentale tra associazione e organizzazione di volontariato. Infatti se l associazione senza fine di lucro può rivolgere i propri servizi ai suoi stessi iscritti (come ad esempio le associazioni di categoria) anche perseguendo finalità diverse da quelle solidaristiche, al contrario, per espressa volontà di legge, l organizzazione di volontariato deve svolgere esclusivamente un attività con finalità di solidarietà e quindi nei confronti di terzi, in assenza di scopo di lucro, almeno nella propria attività istituzionale. L entrata in vigore della legge ha peraltro consentito di censire le realtà operanti sul territorio. Si è potuto così rilevare- secondo uno studio del Centro Nazionale del Volontariato- che sono più di le organizzazioni di volontariato in Italia (il 51,3% riconosciuto, il 47% non lo è), che tali enti sono maggiormente presenti nel nord del Paese - anche se negli ultimi anni si assiste ad un incremento delle attività di volontariato anche al Sud - e che presso dette organizzazioni operano più uomini che donne, di un età compresa tra i 30 ed i 50 anni, in media con un posto di lavoro ed un titolo di studio di suola media superiore. Nel dettaglio gli elementi più rilevanti della legge possono brevemente ritenersi i seguenti: Definizione dell attività di volontariato. L art. 2 comma 1 della legge definisce l attività di volontariato come quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. Evidentemente il disposto normativo
4 individua i tre elementi caratterizzanti l attività dell organizzazione: del volontario all interno - Personalità dell opera prestata: il volontario collabora personalmente con l organizzazione e pertanto è da escludere che possano aderire ad un organizzazione di volontariato persone giuridiche, associazioni, enti, fondazioni, ecc; - Gratuità: il requisito più importante sul quale ci soffermeremo diffusamente più avanti. L art. 2 comma 2 della Legge 266/91 prevede che l attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall organizzazione di appartenenza soltanto le spese effettivamente sostenute per l attività prestata, entro i limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. Sembra evidente che l opera prestata dal volontario sia considerata dal legislatore una vera e propria attività lavorativa non retribuita. Il legislatore ha pertanto tipizzato il rapporto di lavoro gratuito, ritenendolo meritevole di tutela proprio perché fondato su principi costituzionalmente garantiti ed espressione di interessi rilevanti per l ordinamento. Infatti al successivo comma 3 si legge la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato e autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l organizzazione di cui fa parte. Effettivamente trattandosi di una sorta di tertium genus di lavoro, quello gratuito è incompatibile con qualsiasi altra forma di rapporto di lavoro, sia esso subordinato o autonomo. Non costituisce retribuzione il rimborso reso al volontario da parte della propria organizzazione di appartenenza per le spese sostenute, comunque entro i limiti di cui sopra. - Spontaneità: l essenza dell opera volontaria risiede tutta nella spontaneità della scelta di collaborare e diventare socio di una determinata organizzazione, condividendone lo scopo di solidarietà, contribuendo al suo raggiungimento con la propria operosità in assenza di retribuzione e quindi tornaconto economico. Il carattere di spontaneità della prestazione del volontario sottrae la stessa a qualsiasi vincolo di natura contrattuale ed impone invece che la prestazione sia libera, revocabile e direttamente collegata alla situazione personale del volontario, diversamente da come accade invece in un rapporto di lavoro, soprattutto subordinato. Organizzazione di volontariato. Nel dettaglio la Legge Quadro 266/91 contiene una serie di prescrizioni relative alla struttura delle organizzazioni di volontariato e nel
5 contempo lascia piena libertà in merito alla forma giuridica che la stessa organizzazione può assumere, ponendo come unico limite la compatibilità della forma prescelta con lo scopo solidaristico, ritenuto imprescindibile. Infatti l art. 1 della legge nell affermare il valore sociale e la funzione dell attività di volontariato, riconoscendone al contempo l apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuato dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali, di fatto demanda proprio agli enti locali l onere di specificare, mediante propri atti normativi gli ambiti entro i quali l organizzazione può operare per perseguire le finalità di carattere sociale che la legge prescrive. Sembra interessante precisare che la legge quadro non delimita tali aree di intervento, né delega gli enti locali a farlo, ma lascia in pratica libere le singole organizzazioni di volontariato di svolgere tutte quelle attività che rispondano alle reali esigenze del territorio e che consentano il conseguimento di finalità di carattere sociale, civile e culturale. Si può comunque affermare che le aree di attività all interno delle quali le organizzazioni di volontariato operano, sono riconducibili fondamentalmente a tre settori, quali: - Il settore socio assistenziale sanitario - Il settore civile (protezione civile, tutela dei diritto della persona, tutela e valorizzazione dell ambiente, del paesaggio e della natura) - Settore culturale, artistico e sportivo. Le risorse economiche. Le risorse economiche di un organizzazione di volontariato per lo svolgimento di tali attività, per espressa previsione di legge (art. 5 comma 1 L. 266/91) possono derivare da contributi degli stessi associati, contributi di privati, contributi di enti pubblici finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetto, contributi di organismi internazionali, donazioni o lasciti testamentari, rimborsi derivanti da convenzioni, entrate derivanti da attività commerciali o produttive marginali. Il comma 2 del citato art. 5 prevede altresì la capacità di acquistare beni mobili registrati e immobili in capo alle medesime organizzazioni. Inoltre, (comma 4) come per le Onlus, è previsto un onere a carico di tali enti in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, che si sostanzia nell obbligo di liquidare i beni residui in favore di altra organizzazione di volontariato che operi nel medesimo settore individuato come da Statuto.
6 La legge prevede che unitamente ad un attività cosiddetta principale o istituzionale, svolta in assenza di lucro e perseguendo finalità di solidarietà sociale, l organizzazione possa svolgere un attività di tipo commerciale (entrate derivanti da attività commerciali o produttive marginali), solitamente di sostegno a quella istituzionale, purchè si tratti di attività marginale che non diventi preponderante, sottraendo all organizzazione di volontariato l aspetto non lucrativo del proprio operato. A chiarire il punto è intervenuto un Decreto del 1995 che ha individuato cinque fattispecie di attività commerciali marginali: 1. Attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di solidarietà svolte in occasioni di celebrazioni o ricorrenze ; 2. Attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall organizzazione senza intermediari; 3. Cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, sempre a cura dell organizzazione; 4. Attività di somministrazione di bevande e alimenti in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni ; 5. Attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del 50% i costi di diretta imputazione. Agevolazioni fiscali. La Legge 266/91 prevede all art. 8 una serie di agevolazioni fiscali in favore delle organizzazioni di volontariato in ragione del loro contributo al benessere sociale, quali ad esempio l esenzione dall imposta di bollo e dall imposta di registro degli atti costitutivi delle stesse organizzazioni. Ancora più rilevante è la previsione della mancata considerazione a fini fiscali, come cessioni di beni o prestazioni di servizi delle operazioni effettuate da tali organizzazioni costituite esclusivamente per fini di solidarietà sociale. Inoltre è esclusa ogni imposizione tributaria sulle donazioni, eredità o legati in favore delle organizzazioni. Ancora, la legge non considera imponibili i proventi delle attività commerciali e produttive delle organizzazioni, che per legge devono assumere il carattere di marginalità rispetto all attività principale esercitata dalle predette organizzazioni, quando gli stessi siano rinvestiti per il sostentamento dell attività istituzionale dell organizzazione.
7 Attività convenzionata. Le organizzazioni di volontariato si trovano ad operare in regime di convenzione con enti pubblici. Negli ultimi anni il ricorso dello Stato a tali organizzazioni, al fine di provvedere allo svolgimento di attività per lo più a carattere sociale, si è fatto assai frequente. La Legge 266/91 all art. 7 disciplina dettagliatamente le modalità con le quali la Pubblica Amministrazione affida la gestione di determinati servizi a soggetti terzi, con l intento di individuare una procedura e quindi un risultato certo, definito e verificabile. Registri delle organizzazioni di volontariato. L iscrizione nei Registri delle organizzazioni di volontariato, appositamente istituiti e tenuti presso Regioni e Province, rappresenta la condizione necessaria per accedere ai finanziamenti e contributi pubblici, per stipulare convenzioni con lo Stato, gli enti locali e altri enti pubblici in presenza di due requisiti, quali attitudine e capacità lavorativa (art. 6). L iscrizione nel Registro Generale delle Organizzazioni di volontariato non è pertanto obbligatoria. Infatti la legge prevede all art. 3 che si considera organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito che svolga un attività di volontariato in assenza di fine di lucro anche indiretto, perseguendo finalità di solidarietà sociale; che si avvalga in modo determinante e prevalente nello svolgimento delle predette attività dell opera gratuita e volontaria dei propri aderenti; che si riconosca in uno statuto contenente oltre quanto previsto dal Codice Civile, una serie di prescrizioni di cui si dirà appena appresso. In presenza di tutti questi elementi si costituisce un organizzazione di volontariato prescindendo totalmente dalla sua iscrizione nel Registro e anche dalla sua forma giuridica (che dovrà però sempre essere compatibile con lo scopo solidaristico perseguito dalla organizzazione). Assicurazione del volontario. La Legge n. 266/91 dispone, come si dirà più ampliamente appresso, che il volontario presti la propria opera gratuitamente e quindi in assenza di qualsiasi tipo di rapporto di lavoro o di contenuto patrimoniale con la propria organizzazione. Tuttavia sussiste l obbligo di assicurare i propri volontari per l attività da questi svolta, sia essa registrata o meno. Il regime assicurativo è garantito tramite assicurazioni private contro infortuni e malattie connessi allo svolgimento dell attività stessa, in osservanza dell art. 1 del Decreto del Ministro dell Interno del 14/2/92. Lo Statuto. Tale documento rappresenta un atto fondamentale attraverso il quale viene reso noto a tutti gli aderenti, vale a dire a coloro che intendono prestare la propria opera
8 di volontari, il fine di solidarietà (civile, sociale e culturale) perseguito dalla organizzazione stessa. Tale intento di solidarietà si manifesta nel carattere aperto delle organizzazioni di volontariato, che non rivolgono le proprie attività esclusivamente agli iscritti ma, nel perseguimento del proprio fine solidaristico, si aprono all esterno al servizio degli altri. Nello statuto, in osservanza del principio di democraticità della struttura, vengono anche disciplinate le modalità di accesso all organizzazione di quanti intendono aderire ad essa condividendone lo scopo, il fine, prestando la propria opera spontaneamente, gratuitamente e personalmente. Lo statuto infatti individua: i requisiti in assenza dei quali è negata l ammissione alla stessa organizzazione, l organo competente a deliberare sulle domande di ammissione (l assemblea degli iscritti) e le cause di esclusione dallo stesso ente, che generalmente di concretizzano in comportamenti posti in essere dagli aderenti, contrari alle finalità dell organizzazione. Ai sensi dell art. 3 comma 3 della Legge n. 266/91, lo Statuto deve necessariamente prevedere: - L assenza di lucro - La democraticità della struttura - L elettività e la gratuità delle cariche associative e la gratuità delle prestazioni rese dai volontari aderenti - I criteri adottati per la formazione del bilancio e per la sua approvazione da parte dell assemblea degli aderenti (dovendosi evidenziare tutti i beni, i lasciti, i contributi ricevuti) - La devoluzione del patrimonio ad altra organizzazione di volontariato in caso di cessazione, scioglimento o cessazione. I VOLONTARI L impiego dei volontari nelle organizzazioni di volontariato, secondo il dettame della Legge n. 266/91 è prevalente e rappresenta il tratto distintivo di tali enti rispetto alle altre realtà del terzo settore. Questo significa che è comunque ammessa e consentita (come previsto all art. 3 comma 4 della citata legge 266), l assunzione di lavoratori dipendenti o l impiego di prestatori di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al regolare funzionamento della stessa organizzazione o in quanto necessari a qualificare o specializzare l attività da essa svolta. Evidentemente, nell esclusivo
9 interesse dell opera dell organizzazione è possibile che accanto ai volontari (in misura prevalente come stabilito dalle singole Regioni) si affianchino dei lavoratori retribuiti, nella misura in cui tale integrazione abbia come unico fine l ottimizzazione delle attività. L impiego dei volontari è prevalente anche nelle Associazioni di Promozione Sociale, disciplinate dalla L. 383/2000, che si avvalgono prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dei propri associati per il perseguimento di finalità istituzionali. Come nel caso delle organizzazioni di volontariato è ammessa in favore dei volontari l erogazione di rimborsi spese effettivamente sostenute e documentate e analogamente ad esse, le Associazioni di Promozione Sociale, in casi di particolare necessità possono avvalersi dell opera di lavoratori retribuiti dipendenti o autonomi, potendo altresì instaurare (e questa è la sostanziale differenza con le organizzazione di volontariato) rapporti di lavoro subordinato a titolo oneroso anche con i soci. IL LAVORO GRATUITO La Costituzione all art. 36 prevede che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro. Questa costituisce un principio fondante del nostro ordinamento ed introduce la presunzione che il rapporto di lavoro sia naturalmente a titolo oneroso. Pertanto è ragionevole considerare che il lavoro gratuito - di per sé un ossimoro - costituisca l eccezione e non la regola e sia quindi consentito, quando la legge espressamente lo preveda o quando sia inequivocabilmente svolto in assenza di un rapporto economico, in caso di prestazioni lavorative rese per fini di solidarietà oppure nell ambito delle cosiddette organizzazioni di tendenza, quali ad esempio istituzioni politiche, sindacali o religiose. Nei casi appena citati la prestazione di lavoro resa gratuitamente, personalmente e spontaneamente trova il proprio fondamento nel dettame della stessa Costituzione, che all art. 2 e all art. 18 riconosce e preserva la libertà dell individuo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Pertanto, al di fuori delle ipotesi contemplate, (previsione di legge o rapporto inequivocabilmente non economico) la prestazione si considera onerosa prescindendo dalla denominazione ad essa conferita. La inequivocabilità del rapporto a titolo gratuito instaurato tra un volontario ed un ente, risiede tutta in due fattori fondamentali, quali le ragioni del lavoro prestato e le modalità
10 di esecuzione dello stesso. Fermo restando che il lavoro prestato dai soci nelle associazioni senza scopo di lucro è generalmente e presuntivamente a titolo gratuito (obbligazione assunta con l atto di adesione del socio all associazione), occorre sempre accertare le concrete modalità di esercizio dell opera prestata al fine di verificare l assenza di scambio di denaro e quindi di una retribuzione. L argomento riveste grande importanza, stante la frequenza con cui molti enti (soprattutto ecclesiastici) nel normale svolgimento delle proprie attività si avvalgono dell opera e del sostegno di volontari, anche non iscritti in alcuna organizzazione o associazione. In questi casi i rischi cui si espone l ente, sebbene certamente operando con le migliori intenzioni, sono molteplici. Pertanto, quando si decida di collaborare con volontari al di fuori dei casi previsti dalla legge e in assenza di uno specifico statuto che disciplini tale rapporto, sarebbe consigliabile acquisire un documento o una vera e propria dichiarazione del volontario che attesti la gratuità della prestazione resa. Accade infatti assai di frequente che vengano poste all attenzione dei Giudici fattispecie aventi ad oggetto rapporti di lavoro definiti gratuiti ma di fatto accompagnati da uno scambio di denaro che superi la soglia del mero rimborso spese, o il cui svolgimento sia sottoposto a direzione, controllo o orario. In questi casi l organo giudicante viene investito del compito di qualificare primariamente il rapporto instaurato tra i due soggetti (a titolo gratuito o oneroso) e conseguentemente, nel caso in cui riscontri effettivamente l esistenza di una subordinazione del prestatore d opera nei confronti del datore di lavoro, di imporre in capo a quest ultimo l obbligo di versare una retribuzione proporzionata al tipo di lavoro rilevato. A questo proposito si cita una per tutte, la sentenza della Cassazione civile, Sezione Lavoro, n del 21 maggio 2008 resa in tema di lavoro volontario e gratuito, ove si legge La prestazione di volontariato, per sua natura gratuita e spontanea, non è soggetta alla disciplina sul volontariato, ma alla disciplina giuslavoristica del rapporto di lavoro se, indipendentemente dal nomen juris, il volontario sia assunto e retribuito con un compenso che superi il mero rimborso spese. Nella specie si trattava di un attività svolta da anziani per coadiuvare personale comunale nella sorveglianza di una pinacoteca, un museo, un parco archeologico e gli alunni di alcune scuole materne durante il trasporto. Tuttavia la massima appena enunciata può agevolmente trovare applicazione nel caso di un volontario non aderente ad alcuna organizzazione, che ad esempio si rechi frequentemente e regolarmente in
11 parrocchia per svolgere un attività di supporto al sacerdote (pulizia della sacrestia ecc) e che per questo riceva un piccolo rimborso spese. Si tratterà in questo caso di verificare, come si ricordava appena sopra, l entità di tale rimborso al fine di escludere che possa qualificarsi come retribuzione e soprattutto la modalità di svolgimento dell attività prestata. In pratica, al fine di escludere la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato mal celato dietro un attività di volontariato, sarà necessario dimostrare che l opera del volontario è sempre stata prestata gratuitamente, spontaneamente e personalmente e dunque in assenza di lucro, di dipendenza o subordinazione. In conclusione rimane la certezza che l apporto dei volontari alla crescita e al miglioramento della nostra società è imprescindibile e fondamentale. Senza volontariato, il bene comune e la società non possono durare a lungo, poiché il loro progresso e la loro dignità dipendono in larga misura proprio da quelle persone che fanno più del loro stretto dovere. (Papa Benedetto XVI incontra i Volontari della Protezione Civile, Roma 7 Marzo 2010) Avv. Raffaella Tronchet
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