WORLD DUTY FREE SpA MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE. ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001 N. 231

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1 WORLD DUTY FREE SpA MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001 N. 231 Settembre 2013

2 INDICE PARTE GENERALE IL DECRETO LEGISLATIVO N.231/ OVERVIEW DELLA NORMATIVA RILEVANTE AMBITO DI APPLICAZIONE NATURA E CARATTERE DELLA RESPONSABILITA AMMINISTRATIVA CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA AMBITO TERRITORIALE DI APPLICAZIONE DEL DECRETO REATI PRESUPPOSTO LE SANZIONI PREVISTE DAL DECRETO LA CONDIZIONE ESIMENTE LE CARATTERISTICHE ATTESE DEI MODELLI MODELLO ADOTTATO DA WDF S.P.A WDF S.p.A MOTIVAZIONI DI WDF S.P.A. ALL ADOZIONE DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE COSTRUZIONE E STRUTTURA DEL MODELLO GESTIONE DEL MODELLO ALL INTERNO DEL GRUPPO ORGANISMO DI VIGILANZA REQUISITI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA IDENTIFICAZIONE E CARATTERISTICHE DELL ORGANISMO DI VIGILANZA FUNZIONE E POTERI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA REPORTING DELL ORGANISMO DI VIGILANZA NEI CONFRONTI DEGLI ORGANI SOCIETARI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE NEI CONFRONTI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA FORMAZIONE E INFORMATIVA FORMAZIONE DEL PERSONALE PERSONALE DIRIGENTE PERSONALE DIPENDENTE CHE OPERA NELLE AREE SENSIBILI INFORMATIVA A SOGGETTI TERZI ALLA SOCIETA VERIFICHE PERIODICHE MODELLO E CODICE ETICO PARTE SPECIALE A IL CODICE ETICO PARTE SPECIALE B ARTICOLAZIONE DEI POTERI E SISTEMA DELLE DELEGHE PARTE SPECIALE C IL SISTEMA SANZIONATORIO E DISCIPLINARE C.1 PRINCIPI GENERALI C.2 SANZIONI PER IL PERSONALE DIPENDENTE C.3 MISURE NEI CONFRONTI DEI DIRIGENTI C.4 MISURE NEI CONFRONTI DEGLI AMMINISTRATORI

3 C.5 MISURE NEI CONFRONTI DEI SINDACI C.6 MISURE NEI CONFRONTI DI SOGGETTI TERZI ALLA SOCIETÀ PARTE SPECIALE D REATI IN MATERIA DI CORRUZIONE E ALTRI REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE D.1 DEFINIZIONE DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE D.2 DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE D.3 REATI IN MATERIA DI CORRUZIONE E ALTRI REATI VERSO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE D.4 AREE SENSIBILI D.5 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE E REATI SOCIETARI E.1 DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE E.2 REATI SOCIETARI E.3 AREE SENSIBILI E.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE F REATI CON FINALITA' DI TERRORISMO O DI EVERSIONE ALL'ORDINE DEMOCRATICO F.1 DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE F.2 REATI CON FINALITA' DI TERRORISMO O DI EVERSIONE ALL'ORDINE DEMOCRATICO F.3 AREE SENSIBILI F.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE G REATI DI ABUSO DI MERCATO G.1 DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE G.2 REATI DI ABUSO DI MERCATO G.3 AREE SENSIBILI G.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE H DELITTI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DI DATI H.1 DEFINIZIONI H.2 DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE H.3 DELITTI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DI DATI (ART. 24 BIS DEL DECRETO) H.4 AREE SENSIBILI H.5 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE I REATI DI RICETTAZIONE, RICICLAGGIO E IMPIEGO DI DENARO, BENI O UTILITA' DI PROVENIENZA ILLECITA I.1. DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE I.2 REATI DI RICETTAZIONE, RICICLAGGIO E IMPIEGO DI DENARO, BENI O UTILITA' DI PROVENIENZA ILLECITA (ART. 25 OCTIES DEL DECRETO) I.3 AREE SENSIBILI I.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE L DELITTI DI VIOLAZIONE DEL DIRITTO D'AUTORE L.1. DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE L.2 DELITTI DI VIOLAZIONE DEL DIRITTO D'AUTORE (ARTT. 25-NONIES DEL DECRETO) L.3 AREE SENSIBILI

4 L.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE M DELITTI DI CRIMINALITA ORGANIZZATA M.1. DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE M.2 DELITTI DI CRIMINALITA ORGANIZZATA M.3 AREE SENSIBILI M.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE PARTE SPECIALE N REATI TRANSNAZIONALI N.1. DESTINATARI DELLA PARTE SPECIALE N.2 REATI TRANSNAZIONALI N.3 AREE SENSIBILI N.4 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO E DI ATTUAZIONE

5 PARTE GENERALE 1. IL DECRETO LEGISLATIVO N.231/ OVERVIEW DELLA NORMATIVA RILEVANTE Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in attuazione della Legge Delega 29 settembre 2000, n. 300, ha introdotto in Italia la Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (di seguito, per brevità, anche D.Lgs. n. 231 del 2001, D.Lgs. 231/01, Decreto 231 o semplicemente Decreto ), che si inserisce in un ampio processo legislativo di lotta alla corruzione ed adegua la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune Convenzioni Internazionali precedentemente sottoscritte dall Italia. Il Decreto 231 stabilisce un regime di responsabilità amministrativa, a carico delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (di seguito, per brevità, il/gli Ente/Enti ), che va ad aggiungersi alla responsabilità della persona fisica autrice materiale del reato e che mira a coinvolgere, nella punizione dello stesso, gli Enti nel cui interesse o vantaggio tale reato è stato compiuto. Tale responsabilità amministrativa sussiste solo nel caso di commissione di taluno dei reati tassativamente elencati nel medesimo Decreto. Come di seguito specificato, tale responsabilità sorge soltanto in relazione al verificarsi di determinate categorie di reati da parte di soggetti espressamente individuati nel Decreto e solo nelle ipotesi in cui la condotta illecita sia stata realizzata nell interesse o a vantaggio dell Ente. L'Ente non avrà al contrario, alcuna responsabilità se gli autori del reato, siano essi Soggetti Apicali o Sottoposti alla altrui vigilanza, risultano aver agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi. Si segnala che le categorie di reati sopra descritti non sono aggiornate con il Decreto Legge n 93 emanato il (pubblicato in G.U. n 191 il ed entrato in vigore il ), con cui sono state introdotte nel D.Lgs. 231/2001 nuove fattispecie di reato presupposto, in ragione del fatto che sarà reso definitivo al momento della conversione in legge. 1.2 AMBITO DI APPLICAZIONE L art.1 del D.Lgs. n. 231 del 2001 delimita l ambito dei soggetti destinatari della normativa agli enti forniti di personalità giuridica, società e associazioni anche prive di personalità giuridica. Alla luce di ciò, la normativa si applica nei confronti degli: enti a soggettività privata, ovvero agli enti dotati di personalità giuridica ed associazioni anche prive di personalità giuridica; 5

6 enti a soggettività pubblica, ovvero gli enti dotati di soggettività pubblica, ma privi di poteri pubblici (c.d. enti pubblici economici ); enti a soggettività mista pubblica/privata (c.d. società miste ). Sono invece esclusi dal novero dei soggetti destinatari della normativa: lo Stato, gli enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni e Comunità montane), gli enti pubblici non economici e, in generale, tutti gli enti che svolgano funzioni di rilievo costituzionale (Camera dei deputati, Senato della Repubblica, Corte costituzionale, Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, C.S.M., ecc.). E da intendersi esclusa dall ambito di applicazione del Decreto anche l impresa individuale. 1.3 NATURA E CARATTERE DELLA RESPONSABILITA AMMINISTRATIVA Il Decreto 231 ha inserito nell ordinamento italiano il principio di responsabilità amministrativa da reato come conseguenza di illeciti commessi da coloro che agiscono in nome e per conto dell Ente rappresentato, ed in particolare da: a) persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell ente (c.d. soggetti in posizione apicale o Soggetti Apicali ); b) persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla precedente lettera a (c.d. soggetti in posizione subordinata o Soggetti Sottoposti ). La responsabilità amministrativa dell Ente per la commissione di uno dei reati per i quali è prevista si aggiunge, ma non si sostituisce, a quella della persona fisica che ne è l autore. Per le fattispecie espressamente contemplate dalla norma, alla tradizionale responsabilità dell autore per il reato commesso e alle altre forme di responsabilità derivanti da reato, si affianca una responsabilità dell Ente, che riconduce a tale fatto conseguenze sanzionatorie specifiche. Il fatto costituente reato, ove ricorrano i presupposti indicati nella normativa, opera su un doppio livello, in quanto integra sia il reato ascrivibile all individuo che lo ha commesso (fatto reato punito con sanzione penale), sia l illecito amministrativo (illecito punito con sanzione amministrativa) per l Ente. La responsabilità dell Ente sussiste anche se l autore del reato non è stato identificato e sussiste ancorché il reato medesimo sia estinto nei confronti del reo per una causa diversa dall amnistia. 6

7 1.4 CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA La norma prevede tre condizioni in presenza della quali è consentito ricondurre il reato all ente: il reato deve essere stato commesso nell interesse o a vantaggio dell Ente; i soggetti agenti devono essere persone fisiche poste in posizione apicale o subordinata; i soggetti agenti non devono avere agito nell interesse esclusivo proprio o di terzi. Qualora più soggetti partecipino alla commissione del reato (ipotesi di concorso di persone nel reato, art. 110 c.p.), non è necessario che il soggetto qualificato ponga in essere l azione tipica, prevista dalla legge penale, ma è sufficiente che fornisca un contributo consapevolmente causale alla realizzazione del reato. Con riferimento ai presupposti e alla fattispecie da cui possa scaturire la responsabilità dell Ente per i reati colposi, bisogna far riferimento alla sola condotta dell autore in termini di violazione delle procedure e delle disposizioni interne predisposte e puntualmente implementate dall ente: soggetto attivo dei reati colposi può quindi diventare colui che sia tenuto ad osservare o far osservare le norme di prevenzione, protezione e tutela. L elemento soggettivo consiste nella cosiddetta colpa specifica, ossia nella volontaria inosservanza di norme precauzionali volte ad impedire i possibili eventi dannosi. Ai fini della configurabilità della responsabilità amministrativa da reato, inoltre, non è sufficiente la sola riconduzione, sul piano oggettivo, del reato all Ente, ma occorre potere formulare un giudizio di rimproverabilità in capo allo stesso. Le disposizioni del Decreto escludono la responsabilità dell Ente nel caso in cui questo - prima della commissione del reato - abbia adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello che è stato realizzato. 1.5 AMBITO TERRITORIALE DI APPLICAZIONE DEL DECRETO Con riferimento all ambito territoriale di applicazione del Decreto, l ente può essere chiamato a rispondere in Italia dei reati commessi all estero (contemplati dalla normativa di riferimento in materia di responsabilità amministrativa) qualora: a. il reato sia commesso all estero da un soggetto funzionalmente legato all ente (nei termini già esaminati sopra); b. l ente abbia la propria sede principale nel territorio dello Stato italiano; 7

8 c. ci si trovi nei casi e alle condizioni previste dagli artt. 7, 8, 9, 10 c.p. (e qualora la legge preveda che il colpevole - persona fisica - sia punito a richiesta del Ministro della Giustizia, si procede contro l ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti dell ente stesso); d. sussistono i casi e le condizioni previsti dai predetti articoli del codice penale, e nei confronti dell ente non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. 1.6 REATI PRESUPPOSTO Il Decreto 231 individua espressamente i reati (delitti e contravvenzioni), che possono far sorgere la responsabilità dell Ente nel caso in cui gli stessi siano commessi nel suo interesse o vantaggio. Le categorie di reato contemplate dalla normativa (di seguito, per brevità, anche, i Reati Presupposto ) sono le seguenti: (a) reati contro la Pubblica Amministrazione (articoli 24 e 25 del D.Lgs. n. 231 del 2001), introdotti dal Decreto e successivamente modificati dalla L.190 del 6 novembre 2012; (b) delitti informatici e trattamento illecito dei dati, introdotti dall articolo 7 della Legge 18 marzo 2008, n. 48, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 24-bis; (c) delitti di criminalità organizzata, introdotti dall articolo 2, comma 29, della Legge 15 luglio 2009, n. 94, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 24-ter; (d) delitti in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori in bollo e in strumenti o segni di riconoscimento, introdotti dall articolo 6 della Legge 23 novembre 2001, n. 406, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-bis, successivamente integrato dall articolo 15, comma 7, lett. a), della Legge 23 luglio 2009, n. 99; (e) delitti contro l industria e il commercio, introdotti dall articolo 15, comma 7, lett. b), della Legge 23 luglio 2009, n. 99, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-bis.1; (f) reati societari, introdotti dal Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-ter, successivamente integrato dalla Legge n.190 del 6 novembre 2012; (g) delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell ordine democratico, introdotti dalla Legge 14 gennaio 2003, n. 7, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-quater; (h) pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, introdotti dalla Legge 9 gennaio 2006, n. 7, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l art. 25-quater.1; (i) delitti contro la personalità individuale, introdotti dalla Legge 11 agosto 2003, n. 228, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-quinquies; 8

9 (j) reati di abuso di mercato, previsti dalla Legge 18 aprile 2005, n. 62, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-sexies e, all interno del TUF, l articolo 187-quinquies Responsabilità dell ente ; (k) reati di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime, commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, introdotti dalla Legge 3 agosto 2007, n. 123, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-septies; (l) reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, introdotti dal Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-octies; (m) delitti in materia di violazione del diritto d autore, introdotti dall articolo 15, comma 7, lett. c), della Legge 23 luglio 2009, n. 99, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25- novies; (n) delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all autorità giudiziaria, introdotto dall art. 4 della Legge 3 agosto 2009, n. 116, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-decies 1 ; (o) reati ambientali, introdotti dal D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-undecies; (p) reati transnazionali, introdotti dalla Legge 16 marzo 2006, n. 146, Legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale ; (q) delitto di impiego di cittadini di Paesi terzi di cui il soggiorno è irregolare,, introdotto dal Decreto Legislativo 16 luglio 2012, n. 109, recante l Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, che ha inserito nel D.Lgs. n. 231 del 2001 l articolo 25-duodecies. 1.7 LE SANZIONI PREVISTE DAL DECRETO Il D.Lgs. n. 231 del 2001 prevede le seguenti tipologie di sanzioni applicabili agli enti destinatari della normativa: (a) sanzioni amministrative pecuniarie; (b) sanzioni interdittive; (c) confisca del prezzo o del profitto del reato; (d) pubblicazione della sentenza. 1 Originariamente 25-novies e così rinumerato dal D.Lgs. 121/

10 (a) La sanzione amministrativa pecuniaria costituisce la sanzione di base di necessaria applicazione, del cui pagamento risponde l Ente con il suo patrimonio o con il fondo comune. Il Legislatore ha adottato un criterio di commisurazione della sanzione che attribuisce al Giudice l obbligo di procedere a due diverse e successive operazioni di apprezzamento. Ciò comporta un maggiore adeguamento della sanzione alla gravità del fatto ed alle condizioni economiche dell Ente. Il Giudice determina: a) il numero delle quote (in ogni caso non inferiore a cento, né superiore a mille) 2 tenendo conto: - della gravità del fatto; - del grado di responsabilità dell Ente; - dell attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti; b) il valore di ciascuna quota, entro i valori minimi e massimi predeterminati in relazione agli illeciti sanzionati, da un minimo di Euro 258,00 ad un massimo di Euro 1.549,00. Tale importo è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell ente allo scopo di assicurare l efficacia della sanzione. Le sanzioni pecuniarie possono essere ridotte qualora si verifichino taluni presupposti correlati: a) all entità dell interesse o vantaggio conseguiti e del danno patrimoniale cagionato, b) alle misure intraprese dall Ente per la riduzione ovvero l eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato. (b) Le sanzioni interdittive previste dal Decreto si applicano solo in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste e possono consistere nelle seguenti tipologie: - interdizione dall esercizio dell attività aziendale; - sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell illecito; - divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; - esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi, e/o la revoca di quelli eventualmente già concessi; - divieto di pubblicizzare beni o servizi. 2 Con riferimento ai reati di market abuse, il secondo comma dell articolo 25-sexies del D.Lgs. n. 231 del 2001 prevede che: Se in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, il prodotto o il profitto conseguito dall ente è di rilevante entità, la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto. 10

11 Perché le sanzioni interdittive possano essere comminate, è necessaria la sussistenza di almeno una delle seguenti condizioni: - l Ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative, ovvero - in caso di reiterazione degli illeciti 3. Le sanzioni interdittive possono anche essere richieste dal Pubblico Ministero e applicate all Ente dal Giudice in via cautelare, quando: sono presenti gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell Ente per un illecito amministrativo dipendente da reato; emergono fondati e specifici elementi che facciano ritenere l esistenza del concreto pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede; l Ente ha tratto un profitto di rilevante entità. In ogni caso, non si procede all applicazione delle sanzioni interdittive quando il reato è stato commesso nel prevalente interesse dell autore o di terzi e l Ente ne ha ricavato un vantaggio minimo o nullo, ovvero il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità. L applicazione delle sanzioni interdittive è altresì esclusa qualora l Ente abbia posto in essere le condotte riparatrici previste dall articolo 17 del Decreto e, più precisamente, quando concorrono le seguenti condizioni: - l Ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; - l Ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l adozione e l attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; - l Ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca. Le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni e la scelta della misura da applicare e della sua durata viene effettuata dal Giudice sulla base dei criteri in precedenza indicati per la commisurazione della sanzione pecuniaria, tenendo conto dell idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso. Come precisato dal Legislatore, l interdizione dell attività ha natura residuale rispetto alle altre sanzioni interdittive. 3 Ai sensi dell articolo 20 del D.Lgs. n. 231 del 2001, si ha reiterazione quanto l ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva. 11

12 (c) E sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca - anche per equivalente - del prezzo (denaro o altra utilità economica data o promessa per indurre o determinare un altro soggetto a commettere il reato) o del profitto (utilità economica immediata ricavata) del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato e fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. (d) La pubblicazione della sentenza di condanna in uno o più giornali, per estratto o per intero, può essere disposta dal Giudice, unitamente all affissione nel comune dove l Ente ha la sede principale, quando è applicata una sanzione interdittiva. La pubblicazione è eseguita a cura della Cancelleria del Giudice competente ed a spese dell Ente. Nelle ipotesi di commissione, nelle forme del tentativo, dei reati presupposto del Decreto, le sanzioni pecuniarie (in termini di importo) e le sanzioni interdittive (in termini di tempo) sono ridotte da un terzo alla metà, mentre è esclusa l irrogazione di sanzioni nei casi in cui l Ente impedisca volontariamente il compimento dell azione o la realizzazione dell evento (articolo 26 del Decreto). 1.8 LA CONDIZIONE ESIMENTE Gli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 231 del 2001 prevedono forme specifiche e differenti di esonero dalla responsabilità amministrativa dell Ente per i reati commessi nell interesse o a vantaggio dello stesso sia da Soggetti Apicali, sia da Soggetti Sottoposti. Nel caso di reati commessi da Soggetti Apicali, come statuito dall articolo 6 del Decreto, è previsto l esonero dalla responsabilità qualora l Ente stesso dimostri che: a) l organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un Modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi ( il Modello ); b) il compito di vigilare sul funzionamento e l osservanza del Modello nonché di curarne l aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell Ente ( Organismo di Vigilanza o OdV ), dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo; c) le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente il Modello; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell Organismo di Vigilanza. Nel caso di reati commessi da Soggetti Sottoposti, l articolo 7 del Decreto prevede l esonero della responsabilità nel caso in cui l Ente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un Modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. L Ente è responsabile nelle ipotesi in cui la commissione del reato sia stata resa possibile 12

13 dall'inosservanza degli obblighi di direzione o di vigilanza. In tale circostanza la prova della responsabilità dell ente grava sulla pubblica accusa. L esonero della responsabilità dell Ente non è tuttavia determinato dalla mera adozione del Modello, bensì dalla sua efficace attuazione da realizzarsi attraverso l implementazione di tutti i protocolli ed i controlli necessari a minimizzare il rischio di commissione dei reati che la Società intende scongiurare. 1.9 LE CARATTERISTICHE ATTESE DEI MODELLI Con riferimento alle caratteristiche del Modello, il Decreto prevede espressamente, all articolo 6, comma 2, che nell ambito dello stesso: (a) siano individuate le aree sensibili nel cui ambito sussiste la possibilità che siano commessi reati; (b) siano previsti specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l attuazione delle decisioni dell Ente in relazione ai reati da prevenire; (c) siano individuate le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; (d) siano previsti obblighi di informazione nei confronti dell Organismo di Vigilanza; (e) sia introdotto un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello. Relativamente al rischio di comportamenti illeciti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il sistema generale deve necessariamente tenere conto della legislazione prevenzionistica vigente e, in particolare, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il Modello Organizzativo deve in ogni caso prevedere un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello. Il Modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sulla sua attuazione e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del Modello Organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico. 13

14 2. MODELLO ADOTTATO DA WDF S.P.A. 2.1 WDF S.p.A. Il Gruppo World Duty Free (di seguito il Gruppo ) opera nel settore Travel Retail & Duty free, tramite la gestione di punti vendita situati principalmente in aeroporti, sia in regime duty-free che in regime duty-paid. World Duty Free S.p.A. (di seguito WDF o la Società ) è la Holding del Gruppo. L'attività operativa nel settore Travel Retail & Duty Free è, ad oggi, indirettamente svolta da WDF attraverso il gruppo di società facente capo a WDFG SAU, società interamente controllata da WDF. La Società, che ha adottato un sistema di governo societario di tipo tradizionale, è quotata sul Mercato Telematico Azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A.. E stato nominato un Consiglio di Amministrazione, individuandone una composizione coerente con la disciplina di legge e regolamentare in tema di equilibrio tra i generi nonché con le disposizioni normative e del Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana. Ai sensi dell articolo 15 dello Statuto della Società, la gestione di WDF spetta al Consiglio di Amministrazione. Sono altresì attribuite alla competenza del Consiglio di Amministrazione le deliberazioni relative alle seguenti materie: (a) la fusione nei casi previsti dagli artt e 2505-bis del Codice Civile; (b) la riduzione del capitale sociale in caso di recesso del socio; (c) l istituzione o la soppressione di sedi secondarie; (d) gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative; (e) il trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale; (f) salvo quanto stabilito nell articolo 18 dello Statuto, l indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza di WDF. Il Consiglio di Amministrazione, ai sensi dello Statuto della Società, ha provveduto a nominare, tra l altro: (a) il Presidente; (b) l Amministratore Delegato; (c) il Referente Informativo, avente anche carica di Segretario del Consiglio d Amministrazione; (d) il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; Parte delle attività di WDF S.p.A., che alla data del presente documento non ha ancora assunto personale dipendente, sono svolte tramite contratti di distacco di personale dipendente di WDFG SAU, con particolare riferimento alle seguenti figure: 14

15 1. Responsabile Internal Audit; 2. Chief Financial Officer; 3. Investor Relator. Le restanti attività sono svolte tramite contratti di servizio stipulati con Società operative del Gruppo o terze parti. E stato nominato il Collegio Sindacale, che si compone di 3 sindaci effettivi e di 2 sindaci supplenti. 2.2 MOTIVAZIONI DI WDF S.P.A. ALL ADOZIONE DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE Il Modello adottato dalla Società, predisposto sulla base dell individuazione degli ambiti di possibile rischio nell attività aziendale al cui interno si ritiene più alta la possibilità che siano commessi i reati ( Aree sensibili ), si propone come finalità quelle di: (a) documentare le macro-caratteristiche del sistema di prevenzione e controllo finalizzato alla riduzione del rischio di commissione dei reati connessi all attività aziendale; (b) rendere tutti coloro che operano in nome e per conto di WDF, ed in particolare quelli impegnati nelle aree sensibili, consapevoli di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni in esso riportate, in un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale ed amministrativo, non solo nei propri confronti ma anche nei confronti dell azienda; (c) informare tutti coloro che operano con la Società che la violazione delle prescrizioni contenute nel Modello e più in generale comportamenti non conformi ai principi comportamentali in esso contenuti, che integrino o possano integrare un reato contemplato dal Decreto, comporteranno l applicazione di apposite sanzioni ovvero la risoluzione del rapporto contrattuale; (d) confermare che WDF non tollera comportamenti illeciti, di qualsiasi tipo ed indipendentemente da qualsiasi finalità e che, in ogni caso, tali comportamenti (anche nel caso in cui la Società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio) sono comunque contrari ai principi cui è ispirata l attività imprenditoriale della Società. 2.3 COSTRUZIONE E STRUTTURA DEL MODELLO Nella predisposizione del presente Modello si sono tenute in massima considerazione le Linee Guida emanate da Confindustria, framework riconosciuti e best practices in materia di Sistema di 15

16 Controllo Interno e le informazioni disponibili relative ad orientamenti giurisprudenziali e dottrinali prevalenti in materia di responsabilità amministrativa d impresa. Sulla scorta anche delle indicazioni contenute nelle Linee Guida di riferimento e delle best practices di riferimento, la costruzione del Modello è stata articolata prevedendo: (i) (ii) un esame preliminare del contesto aziendale, al fine di definire l organizzazione ed i processi aziendali nei quali le attività sono articolate; l individuazione delle aree e dei processi aziendali a rischio, operata sulla base del sopra citato esame preliminare del contesto aziendale (indicate come Aree sensibili ), tenendo in considerazione, in via di ipotesi, le principali possibili modalità di commissione dei Reati Presupposto all interno delle singole Aree Sensibili; (iii) la rilevazione del sistema di controllo finalizzato a prevenire la commissione dei Reati Presupposto. Tutta la documentazione correlata alla costruzione e all aggiornamento del Modello è mantenuta debitamente archiviata presso la sede della Società. Il Modello adottato da WDF si compone di: - una Parte Generale, avente la funzione di richiamare la finalità e le macrocaratteristiche del Modello e della normativa di riferimento, nonché di definire i principi di carattere generale che la Società pone come riferimento per la gestione dei propri affari; - singole Parti Speciali relative (a) al Codice Etico adottato da WDF, (b) alle logiche di articolazione e funzionamento dei poteri e del sistema delle deleghe vigente in WDF, (c) al Sistema Sanzionatorio e Disciplinare, (d) alle diverse categorie di reato previste dal Decreto ritenute rilevanti per WDF, con individuazione delle aree astrattamente esposte al rischio di commissione dei reati in relazione alla natura ed alle caratteristiche delle attività svolte e dei principi comportamentali attesi e le misure preventive da attuare dai destinatari del documento. 2.4 GESTIONE DEL MODELLO ALL INTERNO DEL GRUPPO Le società italiane controllate da WDF e facenti parte del medesimo Gruppo dovranno dotarsi di un proprio Modello di Organizzazione e Gestione in linea con le prescrizioni del Decreto, sulla base delle singole realtà di ciascuna di esse e, in particolar modo, alle specifiche aree sensibili individuate al loro interno, al fine di assicurare la definizione e l implementazione di misure di prevenzione dei reati contemplati dalla normativa rilevante. Ciascuna di esse dovrà provvedere all istituzione del proprio Organismo di Vigilanza ex art. 6 primo comma, lett. b) del Decreto, con tutte le relative attribuzioni di competenze e responsabilità. 16

17 Le altre società del Gruppo, aventi sede legale all estero, procederanno secondo la normativa locale in materia di responsabilità amministrativa degli enti, se esistente, o adotteranno necessari mezzi finalizzati al fine di impedire la commissione dei reati contemplati dalla normativa rilevante. L Organismo di Vigilanza di ciascuna delle Società del Gruppo aventi sede in Italia: 1. potrà avvalersi, nell espletamento del compito di vigilare sul funzionamento e l osservanza del Modello, anche delle risorse allocate presso l Organismo di Vigilanza di WDF, sulla base di un predefinito rapporto contrattuale con lo stesso e nel rispetto dei vincoli di riservatezza purché tale rapporto di collaborazione infra-gruppo non comporti un insufficiente attribuzione delle risorse necessarie per l attività di controllo di WDF; 2. si coordinerà con l Organismo di Vigilanza di WDF con riferimento alle attività svolte. 3. ORGANISMO DI VIGILANZA 3.1 REQUISITI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA L Organismo di Vigilanza (OdV) nominato da WDF - avente il compito di vigilare sul funzionamento e sull osservanza del Modello e di fornire suggerimenti finalizzati a curarne l aggiornamento - in linea con le disposizioni del Decreto, con le Linee Guida delle principali associazioni di categoria e con la giurisprudenza in materia, possiede le seguenti caratteristiche: (a) autonomia e indipendenza. I requisiti di autonomia e indipendenza sono fondamentali e presuppongono che l OdV non sia direttamente coinvolto nelle attività gestionali che costituiscono l oggetto della sua attività di controllo; (b) onorabilità. In particolare, nessuno dei componenti dell'odv ha riportato sentenze penali, anche non definitive, di condanna o di patteggiamento per reati che comportino l'interdizione dai pubblici uffici o che siano tra quelli richiamati dal D.Lgs. 231/2001. (c) comprovata professionalità. L OdV possiede, al suo interno, competenze tecnicoprofessionali adeguate alle funzioni che è chiamato a svolgere, nonché capacità specifiche in tema di attività ispettiva e consulenziale. Tali caratteristiche, unite all indipendenza dell Organismo nel suo complesso, favoriscono l obiettività di giudizio; (d) continuità d azione. E previsto che l OdV svolga in modo continuativo le attività necessarie per la vigilanza del Modello con adeguato impegno e con i necessari poteri di indagine. L Organismo di WDF è una struttura riferibile alla Società, in modo da garantire la dovuta continuità nell attività di vigilanza; cura la vigilanza ed il monitoraggio circa l attuazione del Modello, anche al fine di assicurarne costante aggiornamento; non svolge 17

18 mansioni operative che possano condizionare e contaminare quella visione d insieme sull attività aziendale che ad esso si richiede. Al fine di garantire il maggior grado di indipendenza possibile ed in particolare la disponibilità dei mezzi organizzativi e finanziari per lo svolgimento delle proprie funzioni, nel contesto di formazione del budget aziendale il Consiglio di Amministrazione approva una dotazione adeguata di risorse finanziarie, proposta dall'odv stesso, della quale quest'ultimo può disporre per ogni esigenza necessaria al corretto svolgimento dei compiti (es. consulenze specialistiche, trasferte, ecc.). Qualora il Collegio Sindacale sia incaricato della funzione di OdV, va rilevato che le duplici funzioni di vigilanza ex artt ss. c.c. e di OdV ex D.Lgs. 231/2001 sono destinate a rimanere distinte, ma coordinate fra loro in modo da realizzare opportune sinergie ed un elevato grado di efficienza operativa. L OdV, a seguito della nomina, si dota di un proprio regolamento interno volto a disciplinarne la costituzione, i compiti ed il funzionamento ex D.Lgs. 231/ IDENTIFICAZIONE E CARATTERISTICHE DELL ORGANISMO DI VIGILANZA Per quanto riguarda lo svolgimento delle attività da parte dell'odv, si prevede che: (a) le attività poste in essere dall Organismo di Vigilanza non possano essere sindacate da alcun altro organismo o struttura aziendale, fermo restando però che il Consiglio di Amministrazione è in ogni caso chiamato a svolgere un attività di vigilanza sull adeguatezza del suo intervento, in quanto al Consiglio di Amministrazione stesso spetta, appunto, la responsabilità ultima del funzionamento (e dell efficacia) del Modello organizzativo; (b) l Organismo di Vigilanza abbia libero accesso presso tutte le funzioni/ unità organizzative della Società - senza necessità di alcun consenso preventivo - onde ottenere ogni informazione o dato ritenuto necessario per lo svolgimento dei compiti previsti dal D.Lgs. 231/2001 e dal presente Modello; (c) l Organismo di Vigilanza possa avvalersi - sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità - dell ausilio di tutte le strutture della Società, ovvero di consulenti esterni; in particolare, l Organismo di Viilanza si avvarrà dell Internal Audit per lo svolgimento delle attività di monitoraggio (d) nel contesto delle procedure di formazione del budget aziendale, l'organismo di Vigilanza abbia a propria disposizione una dotazione di risorse finanziarie, proposta dall Organismo di Vigilanza stesso, della quale poter disporre per ogni esigenza necessaria al corretto svolgimento dei compiti (es. consulenze specialistiche, trasferte, ecc.). 18

19 3.3 FUNZIONE E POTERI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA L Organismo di Vigilanza deve essere dotato di tutti i poteri necessari per assicurare una puntuale ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull osservanza del Modello organizzativo adottato dalla società, secondo quanto stabilito dall art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, e segnatamente per l espletamento dei seguenti compiti: 1. vigilare sull effettività del Modello, ossia vigilare affinché i comportamenti posti in essere all interno dell azienda corrispondano al Modello di organizzazione e gestione predisposto; 2. verificare l efficacia del Modello, ossia verificare che il Modello predisposto sia concretamente idoneo a prevenire il verificarsi dei reati; 3. formulare suggerimenti per l aggiornamento del Modello, al fine di adeguarlo ai mutamenti ambientali ed alle modifiche della struttura aziendale. La struttura così identificata deve essere in grado di agire nel rispetto dell esigenza di recepimento, verifica ed attuazione dei modelli organizzativi richiesti dall art. 6 in esame, ma anche, e necessariamente, rispetto all esigenza di costante monitoraggio dello stato di attuazione e della effettiva rispondenza degli stessi modelli alle esigenze di prevenzione che la legge richiede. Tale attività di costante verifica deve tendere in una duplice direzione: 1. qualora emerga che lo stato di attuazione degli standard operativi richiesti sia carente, è compito dell Organismo di cui all art. 6 comma 1 lett. b) intraprendere tutte le iniziative necessarie per correggere questa patologica condizione. Si tratterà, allora, a seconda dei casi e delle circostanze, di: (a) sollecitare i responsabili delle singole funzioni/ unità organizzative al rispetto dei modelli di comportamento; (b) formulare suggerimenti in merito alle correzioni e modificazioni da apportare alle ordinarie prassi di attività; (c) segnalare i casi più gravi di mancata attuazione del Modello ai responsabili ed agli addetti ai controlli all interno delle singole unità organizzative/ funzioni. 2. qualora, invece, dal monitoraggio dello stato di attuazione del Modello emerga la necessità di adeguamento dello stesso, in relazione alla sua idoneità ad evitare il rischio del verificarsi di taluno dei reati previsti dal Decreto, sarà compito dell Organismo di Vigilanza attivarsi per segnalare le necessità di aggiornamento. Tempi e forme di tale adeguamento, naturalmente, non sono predeterminati, ma i tempi devono intendersi come i più solleciti possibile, e il contenuto sarà quello imposto dalle rilevazioni che hanno determinato l esigenza di adeguamento. A tal fine, l Organismo di Vigilanza deve avere libero accesso alle persone e a tutta la documentazione aziendale e la possibilità di acquisire dati ed informazioni rilevanti dai soggetti 19

20 responsabili. Infine, all Organismo di Vigilanza devono essere segnalate tutte le informazioni come di seguito specificato. 3.4 REPORTING DELL ORGANISMO DI VIGILANZA NEI CONFRONTI DEGLI ORGANI SOCIETARI L Organismo di Vigilanza ha due linee di reporting informativo: (a) la prima, su base continuativa, direttamente verso l Amministratore Delegato; in particolare, l OdV si rivolgerà senza indugio all Amministratore Delegato ogniqualvolta si dovesse presentare una problematica o una criticità relativa ad un area sensibile di cui al Decreto; (b) la seconda, su base almeno semestrale, nei confronti del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Controllo Rischi e Corporate Governance e del Collegio Sindacale ai quali sarà consegnata una relazione informativa sia di tipo programmatico (ex ante) sia relativa ad eventuali criticità riscontrate ai sensi del Decreto (ex post). L Organismo di Vigilanza ha il compito di comunicare al Consiglio di Amministrazione: (a) all inizio di ciascun esercizio, il piano delle attività che intende svolgere per adempiere ai compiti assegnategli; (b) periodicamente (almeno ogni sei mesi) lo stato di avanzamento almeno del programma definito ed eventuali cambiamenti apportati al piano, motivandoli; (c) immediatamente, in caso di urgenza, eventuali problematiche significative scaturite dalle attività. Gli incontri con gli organi cui l Organismo di Vigilanza riferisce e/o si relaziona devono essere verbalizzati e copie dei verbali devono essere custodite dall Organismo di Vigilanza e dagli organismi di volta in volta coinvolti. Il Comitato Controllo Rischi e Corporate Governance, il Collegio Sindacale, il Consiglio di Amministrazione e l Amministratore Delegato hanno la facoltà di convocare in qualsiasi momento l Organismo di Vigilanza il quale, a sua volta, ha la facoltà di richiedere, attraverso le unità organizzative, le funzioni o i soggetti competenti, la convocazione dei predetti organi per motivi urgenti. L Organismo di Vigilanza potrà essere invitato a relazionare periodicamente al Collegio Sindacale e al Consiglio di Amministrazione in merito alle proprie attività. L Organismo di Vigilanza potrà richiedere, inoltre, di essere convocato dai suddetti organi per riferire in merito al funzionamento del Modello o a situazioni specifiche. 20

21 Con riferimento ai soggetti/organismi sopraccitati, l Organismo di Vigilanza potrà, inoltre, valutando le singole circostanze: (a) comunicare i risultati dei propri accertamenti ai responsabili delle funzioni/ unità organizzative e/o dei processi qualora dalle attività scaturissero aspetti suscettibili di miglioramento. In tale fattispecie sarà necessario che l Organismo di Vigilanza ottenga dai responsabili dei processi un piano delle azioni, con relativa tempistica, per le attività suscettibili di miglioramento nonché le specifiche delle modifiche operative necessarie per realizzare l implementazione; (b) segnalare eventuali comportamenti/azioni non in linea con il codice etico e con le procedure aziendali; (c) effettuare eventuali comunicazioni alle strutture preposte per la valutazione e l applicazione delle sanzioni disciplinari; (d) fornire indicazioni per la rimozione delle carenze, utili a evitare il ripetersi dell accadimento. Le suddette attività, se ritenute gravi, dovranno essere comunicate dall Organismo di Vigilanza nel più breve tempo possibile al Consiglio di Amministrazione, richiedendo anche il supporto delle altre strutture aziendali che possono collaborare nell attività di accertamento e nell individuazione delle azioni che possono impedire il ripetersi di tali circostanze. L Organismo di Vigilanza ha l obbligo di informare immediatamente il Collegio Sindacale qualora la violazione riguardi i vertici apicali dell Azienda ovvero il Consiglio di Amministrazione. 3.5 OBBLIGHI DI INFORMAZIONE NEI CONFRONTI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA Al fine di agevolare l attività di vigilanza sull efficacia del Modello e di accertamento delle cause/disfunzioni che avessero reso eventualmente possibile il verificarsi del reato, devono essere trasmesse allo stesso tutte le informazioni ritenute utili a tale scopo, tra cui a titolo esemplificativo: 1. da parte delle funzioni/ unità organizzative aziendali, le risultanze delle attività di controllo poste in essere dalle stesse, dalle quali emergono situazioni di criticità; 2. le anomalie o atipicità riscontrate dalle stesse funzioni/ unità organizzative; 3. i provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria o da qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati di cui al D.Lgs. 231/2001; 4. le comunicazioni interne ed esterne riguardanti qualsiasi fattispecie che possa essere messa in collegamento con ipotesi di reato di cui al D.Lgs. 231/2001 (ad es.: provvedimenti disciplinari avviati/attuati nei confronti di dipendenti, amministratori, sindaci, ecc.); 21

22 5. le richieste di assistenza legale inoltrate dai dirigenti e/o dai dipendenti nei confronti dei quali la Magistratura procede per i reati previsti dalla richiamata normativa; 6. le commissioni di inchiesta o relazioni interne dalle quali emergono responsabilità per le ipotesi di reato di cui al D.Lgs. 231/2001; 7. le notizie, nell ambito dei procedimenti disciplinari svolti, delle eventuali sanzioni irrogate ovvero dei provvedimenti di archiviazione di tali procedimenti con le relative motivazioni; 8. i prospetti riepilogativi degli appalti più rilevanti affidati a seguito di gare, o trattativa privata; 9. le notizie relative a cambiamenti organizzativi; 10. gli aggiornamenti del sistema delle deleghe; 11. le significative o atipiche operazioni interessate al rischio; 12. i mutamenti nelle situazioni di rischio o potenzialmente a rischio (es.: costituzione di fondi a disposizione di organi aziendali, ecc.); 13. le eventuali comunicazioni della Società di Revisione riguardanti aspetti che possono indicare carenze nel sistema dei controlli interni, fatti censurabili, osservazioni sul bilancio della Società. Al fine di agevolare l attività di vigilanza sull efficacia del Modello nonché l accertamento delle cause o disfunzioni che avessero reso eventualmente possibile il verificarsi del reato qualsiasi informazione, comunicazione e documentazione, anche se proveniente da terzi, riguardante una criticità ai sensi del Modello ovvero notizie relative alla commissione dei reati o a pratiche non in linea con il Modello, va inoltrata all OdV attraverso gli appositi canali informativi volti a facilitare il flusso di informazioni, segnalazioni e comunicazioni verso l OdV. Le segnalazioni saranno comunque effettuate in forma scritta e potranno avere ad oggetto ogni violazione o sospetto di violazione del Modello e del Codice Etico. La Società non è tenuta a prendere in considerazione le segnalazioni anonime che appaiano prima facie irrilevanti, destituite di fondamento o non circostanziate. Le informazioni acquisite saranno trattate in modo tale da garantire: (a) il rispetto della persona, della dignità umana e della riservatezza e da evitare per i segnalanti qualsiasi forma di ritorsione, penalizzazione o discriminazione, nonché (b) la tutela dei diritti di enti/società e persone in relazione alle quali sono state effettuate segnalazioni in mala fede e successivamente risultate infondate. Le segnalazioni ricevute saranno valutate con discrezionalità e responsabilità. A tal fine potrà ascoltare l autore della segnalazione e/o il responsabile della presunta violazione, motivando per iscritto la ragione dell eventuale autonoma decisione a non procedere. La Società dovrà garantire i segnalanti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, assicurando altresì la riservatezza dell identità del segnalante, fatti salvi gli obblighi di legge e la tutela dei diritti della società o delle persone accusate erroneamente e/o in mala fede. 22

23 4. FORMAZIONE E INFORMATIVA 4.1 FORMAZIONE DEL PERSONALE Ai fini dell attuazione del Modello, le unità organizzative/ funzioni aziendali preposte garantiscono la formazione del personale in stretta cooperazione con l Organismo di Vigilanza e con i responsabili delle altre funzioni/ unità organizzative di volta in volta coinvolte nell applicazione del Modello. L attività di formazione, finalizzata a diffondere la conoscenza della normativa di cui al D.Lgs. 231/2001 è differenziata nei contenuti e nelle modalità di attuazione in funzione della qualifica dei destinatari, del livello di rischio dell area in cui questi operano, dello svolgimento da parte degli stessi di funzioni di rappresentanza della Società e dell attribuzione di eventuali poteri. La formazione sarà effettuata secondo le modalità che seguono. 4.2 PERSONALE DIRIGENTE La formazione del personale dirigente dovrà avvenire estendendo ai neo assunti un seminario di aggiornamento periodico nonché un informativa contenuta nella lettera di assunzione. Ai fini di un adeguata attività di formazione, le unità organizzative/ funzioni aziendali preposte, in stretta cooperazione con l Organismo di Vigilanza, provvederanno a curare la diffusione del Modello. 4.3 PERSONALE DIPENDENTE CHE OPERA NELLE AREE SENSIBILI La formazione del personale dipendente che opera nelle aree sensibili dovrà avvenire estendendo ai neo assunti un seminario di aggiornamento periodico nonché un informativa contenuta nella lettera di assunzione. Ai fini di un adeguata attività di formazione, le unità organizzative/ funzioni aziendali preposte, in stretta cooperazione con l Organismo di Vigilanza, provvederanno a curare la diffusione del Modello e del Codice Etico. 4.4 ALTRO PERSONALE La formazione della restante tipologia di personale dovrà avvenire sulla base di una nota informativa interna, un informativa nella lettera di assunzione per i neo assunti, l accesso a intranet, 23

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