L impresa audiovisiva: economia, scenari, tecnologie mercato Dispense del corso Creazione di impresa audiovisiva

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1 L impresa audiovisiva: economia, scenari, tecnologie mercato Dispense del corso Creazione di impresa audiovisiva A.A Prof. Giandomenico Celata Tutor: dott.ssa Rossella Gaudio 1

2 INDICE Capitolo 1: Elementi di Economia dei Media e dell ICT p Premessa p La storia recente dell Industria Media p L avvento del cinema p Il cambiamento di scenario p Cinema vs televisione? p Dai Media all ICT p Cinema e televisione vs Internet? p Le contaminazioni p L Economia dei Media e dell ICT p La rottura del Paradigma di McLuhan p La velocità del cambiamento p La complessa concorrenza tra i media p La coda lunga di Anderson p Relazione con il magazzino e i costi distributivi p Concorrenza e coda lunga p La coda lunga e il comportamento dei consumatori p La conquista del tempo del consumatore p. 24 Capitolo 2: Il settore audiovisivo p Il settore audiovisivo: una definizione p Il cinema italiano tra luci e ombre p La Televisione italiana tra opportunità e criticità tecnologiche p Gli impatti sul reddito degli investimenti in audiovisivo: il moltiplicatore di Keynes p L impatto sull immaginario Italia p Il cinema e le identità p L immaginario Italia e le esportazioni p Gli impatti sul turismo: il cineturismo p Cinema e motivazioni del viaggio p I vantaggi del cineturismo p Le best practice Italiane p. 36 Capitolo 3: Gli scenari tecnologici e di mercato della televisione p La televisione tra old e new media p Il cambiamento dello scenario televisivo italiano p Televisione e Internet: le tante televisioni e i tanti protagonisti p La ritrovata centralità della televisione p IPTV p L IPTV in Italia p Le linee di evoluzione di IPTV e Cable tv p. 47 2

3 3.2.3 Internet TV e WebTV p Linee di evoluzione di Internet tv e Web tv p La connected tv e la OTT tv p Lo scenario e le definizioni p La forza degli OTT rispetto ai competitor p I protagonisti della OTT tv p Il futuro della OTT tv p Gli Online Video Aggregators p Profili socio-economici degli Online Video Aggregators p Linee di evoluzione p. 59 Capitolo 4: I nuovi player made in USA p Multiscreen happens p Tre profili di spettatori-tipo p Connected television: penetrazione e diffusione p La mobile television p Il mercato dei tablet, tra piattaforme e produttori p I nuovi colossi crescono p Hulu p Qualche cenno storico p Il modello di business p Netflix p Qualche cenno storico p Dalla distribuzione fisica all online p Una strategia multipiattaforma p Il modello di business, tra opportunità e problemi p. 75 Capitolo 5: Gli economics del cinema p Box office e ciclo economico p Il cinema italiano: quote di mercato e box office p Il ruolo del finanziamento pubblico p Il valore economico e sociale della sala p La situazione delle sale in Italia p Le potenzialità del mercato italiano della sala p Lo svantaggio dell esercizio italiano rispetto a quello francese p Sala cinematografica e curva anagrafica p La Sala e la filiera cinematografica p La distribuzione spaziale delle sale p Distanza media stimata dal cinema più vicino p Distanza dal cinema multisala più vicino p Il numero di sale cinematografiche raggiungibili in meno di minuti p Numero di sale cinematografiche per abitanti p. 94 3

4 Capitolo 6: Il flusso di lavoro nelle imprese cinematografiche e non solo p La forte componente di rischio delle imprese cinematografiche p Il flusso del lavoro cinematografico p La Produzione p Lo Sviluppo p La Preproduzione p Le Riprese p La Postproduzione p Le figure coinvolte nel processo di produzione p La Distribuzione p I fattori che influenzano la strategia di distribuzione p Gli schemi di distribuzione p Le modalità di distribuzione p L esercizio e gli altri mercati di sbocco p La sala cinematografica p I cosiddetti mercati secondari p La catena del valore p. 114 Bibliografia p

5 Capitolo 1 Elementi di economia dei media e dell ICT 1.1 Premessa I Media e l ICT sono la parte decisiva dell Industria della Comunicazione, il cui perimetro comprende: i Media più classici dell editoria quotidiana e periodica e dei libri, a cui si sono aggiunti nel tempo il cinema, la musica registrata, il broadcasting prima radio e poi televisivo; l ICT, ovvero le Information & Communications Technologies, che a loro volta comprendono l informatica, le telecomunicazioni fisse e wireless, e le reti (network) l hardware e il software connessi. In effetti gli istituti di statistica più avanzati comprendono nell ICT anche l industria dei Media. Questa classificazione però non è ancora condivisa in via generale quindi, per facilità di lettura, si è preferito tenerli separati; i New media, cioè tutti quei prodotti e servizi media che si esprimono attraverso le ICT e più in generale attraverso la tecnologia digitale. Non necessariamente questi media sono nuovi, cioè profondamente diversi da quelli analogici preesistenti; spesso sono semplicemente una loro traslazione sul web (i giornali on line versus giornali a stampa) o sulla tecnologia digitale (IPod/Mp3 versus walkman); la comunicazione below the line (iniziative di comunicazione), cioè quelle attività di comunicazione commerciale diverse dalla pubblicità veicolata dai media e dai new media: direct marketing, promozioni, relazioni pubbliche, sponsorizzazioni, social media, etc. Media e New Media compongono poi quella che è chiamata Industria dei Contenuti, per distinguerla dall Industria delle Reti e dei Servizi per la Comunicazione. Alcune classificazioni allargano il perimetro dell Industria dei Contenuti anche alle biblioteche, i musei, le library di diverso genere, etc. L attività umana è fatta di comunicazione. L uomo vive e progredisce in quanto comunica e lo fa in tanti modi: verbalmente, coi gesti, con l azione, con il silenzio. Per farlo usa strumenti: dal Tam Tam ad Internet. L interazione tra messaggio e mezzo di diffusione crea i tanti linguaggi specifici della comunicazione. Per riuscire ad interloquire ed assumere forme riconosciute, all interno di community che si riconoscono come tali, questi linguaggi devono poggiarsi su alfabeti numerici, letterari o iconici, in formato analogico o digitale. Spesso nella percezione comune, il Messaggio e il Mezzo necessario per distribuirlo si confondono. Come si dirà in seguito, specie con l avvento del digitale è bene tenere le due cose distinte: medium è il giornale, la televisione e la radio. Medium è la telefonia, come pure Internet, e così via. Quello che i vari media veicolano è il contenuto mediale. Quando il contenuto mediale viene acquistato e venduto sul mercato diventa merce, quindi Prodotto Media. 5

6 Presupposto essenziale per l esistenza di un mercato è che ci sia chi ha bisogno di consumare comunicazione e chi sia in grado di produrla. La produzione presuppone imprese capaci di immaginare e progettare prodotti media, di realizzarli, distribuirli e venderli. Le imprese media acquisiscono informazioni, le trasformano in comunicazione, quindi in merce che vendono attraverso mezzi/piattaforme/reti di distribuzione di cui possono essere proprietarie oppure no. In quest ultimo caso si assiste al confronto tra imprese proprietarie di Contenuti e imprese proprietarie di Reti: si tratta di una delle principali questioni che hanno caratterizzato e tuttora caratterizzano il mercato dei media e, in particolare, l Industria Media. Con Industria Media si intende l insieme delle Imprese media che costituiscono un ramo del sistema industriale (regionale, nazionale o internazionale), che a sua volta partecipa, secondo i casi, alla vicenda economica complessiva, di un Paese, di un continente, del pianeta. Inutile sottolineare come le vicende economiche siano a loro volta fortemente intrecciate, in un rapporto di causa ed effetto mai semplice da spiegare, con quelle sociali e civili, coi costumi, il modello di vita, i valori, l identità della comunità di riferimento. 1.2 La storia recente dell Industria Media I Media fino alla fine del XIX secolo erano costituiti principalmente dalla stampa nelle sue molteplici espressioni, dallo spettacolo dal vivo (teatro e rappresentazioni musicali) e dalle arti visive (pittura e scultura), anch esse da comprendere a pieno titolo tra le attività di comunicazione. Tra fine 800 e inizio 900 irrompono sulla scena mediale tre sconvolgenti (per il tempo) innovazioni tecnologiche: la Telefonia, il Cinema e la Radio. Con la Telefonia la voce e i suoni, cioè le forme di comunicazione da punto a punto più antiche, validate e consolidate, possono tenersi a distanza e simultaneamente. Con il Cinema, le immagini fino ad allora fisse della fotografia e delle arti visive si muovono su di uno schermo; e quelle live dello spettacolo dal vivo possono essere ripetute e in luoghi diversi. Con la Radio la voce e i suoni possono essere trasmessi da punto a tutti permettendo così alla comunicazione e allo spettacolo, nei loro vari aspetti, di essere sentiti a distanza e nello stesso momento da platee sterminate ciascuna nel proprio domicilio. Tra gli anni 40 e 50 del 900, questo formidabile pacchetto di mischia di innovazioni tecnologiche si completa con la Televisione che è simultaneità e cancellazione delle distanze come la Telefonia, il Cinema e la Radio e che, in più, porta le immagini in movimento al domicilio del consumatore. E un primo passaggio epocale per la comunicazione, come il fuoco per l uomo della preistoria. Si rimodulano i contenuti, quindi cambiano i Prodotti Media per adeguarsi alle nuove piattaforme produttive e distributive e alle diverse modalità di fruizione da parte del consumatore. Le Imprese Media cambiano i loro connotati tecnologici, produttivi e distributivi. L Industria Media assumerà una conformazione e uno 6

7 status industriale in senso moderno, farà nascere l Industria Elettronica, e per essa diventeranno essenziali le Reti. La dimensione economica dei Media riceve quindi una spinta decisiva L avvento del cinema Il cinema nasce alla fine dell Ottocento ed esplode subito con precise caratteristiche, incredibilmente moderne: si pone immediatamente come mass market, come un prodotto di larga diffusione sul mercato, non relegato ad un consumo elitario o di nicchia; ha un forte connotato di innovazione tecnologica, che lo dota di un vantaggio competitivo ineguagliabile per il tempo e che, successivamente, lo porterà a mutazioni produttive e di consumo dirompenti: il sonoro, il colore, gli effetti digitali, la distribuzione via Internet, ecc.; sperimenta e quasi codifica una ricca strumentazione di marketing, come complemento essenziale per la penetrazione nel mercato. Non esistono serie numeriche in grado di misurare statisticamente l impatto iniziale di questo nuovo prodotto nel settore dello spettacolo. Ma esistono report di osservatori eccellenti che annotano la forte e immediata cannibalizzazione operata a danno delle altre forme di spettacolo. Quindi non solo lo spostamento dei consumatori verso il cinema, a tutto detrimento dello spettacolo dal vivo, l unico esistente all epoca (il teatro, l opera, il cabaret, ecc.), ma la riconversione e ricollocazione dell intero settore dell intrattenimento. Si tratta di osservatori italiani le cui annotazioni hanno però un valore globale per il tempo. Un articolo del 1907 di Giovanni Papini, La filosofia del cinematografo, e il libro di Pirandello Si gira, scritto in due versioni differenti dieci anni più tardi, rappresentano, al di là delle intenzioni esclusivamente letterarie degli autori, un ottimo compendio dell economia del cinema degli esordi. Scrive Papini come fin dall inizio il cinema si sia caratterizzato per la sua innovazione tecnologica, la pressante strategia di moltiplicazione dei punti vendita e l aggressiva strumentazione di marketing che gli hanno permesso di acquisire una massa critica pesante sul mercato e sbaragliare la concorrenza di altre forme di spettacolo. la (superiorità del cinematografo) consiste nella riproduzione, nel tempo, di avvenimenti vasti e complicati, che non potrebbero essere riprodotti sopra un palcoscenico, neppure dai più abili macchinisti (...) una realizzazione visiva delle fantasie più inverosimili (..) grazie ai suoi stratagemmi fotografici ci permette di pensare ad un mondo a due dimensioni assai più meraviglioso del nostro..da pochissimo tempo assistiamo ad una miracolosa moltiplicazione dei cinematografi.(che) con la loro petulanza luminosa, coi loro grandi manifesti...invadono le vie principali e ( ) il cinematografo ha il vantaggio di essere uno spettacolo...meno costoso...(e) minaccia di spodestare i teatri. 7

8 Considerazioni confermate da Pirandello: potendo offrire uno spettacolo sempre nuovo, (il cinema) riempie le sale dei cinematografi e lascia vuoti i teatri, sicché tutte, o quasi le compagnie drammatiche fanno ormai meschini affari..(sicché) gli attori per non languire si vedono costretti a picchiare alle porte delle Case cinematografiche. Emblematico per entrambi è l atteggiamento assolutamente non elogiativo, quasi spregiativo, verso questa nuova forma di spettacolo: è (...) per tanti lati inferiore al teatro (Papini); i veri attori, quelli che amano veramente la loro arte, qualunque sia il loro valore, sono qui alla Cines 1 di mala voglia, perché pagati meglio, per un lavoro che, seppur faticoso, non richiede sforzi di intelligenza (...) (gli attori) si sentono strappati alla comunione diretta del pubblico (Pirandello). Ma il tempo è un grande toccasana, un grande metabolizzatore di novità e creatore di patine di legittimità. Nella cultura e altrove. Dieci anni sono il tempo necessario a Pirandello per dichiarare in due interviste rese nel 1924, da Parigi: non ho mai disprezzato la grandezza del suo dominio né la larghezza delle possibilità (del cinema) ( ). Il cinema più completamente di ogni altro mezzo d espressione artistica (può) darci la visione del pensiero. Fa addirittura di più: riscrive nel 1925 il Si gira, rititolandolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore, cambiando diametralmente registro: il cinema è il principe di tutte le arti. Perché questo cambiamento così radicale di opinione? Il motivo sta nel successo del prodotto cinematografico e le offerte di lavoro che gli offre. Il mercato evidentemente modula anche le convinzioni più elitarie. Tra i due diversi giudizi di Pirandello, e di tanti altri, sono successe molte cose e principalmente due sorpassi. Il primo è quello operato dal cinema nei confronti degli spettacoli teatrali e musicali. A metà degli anni Venti, gli incassi dei cinematografi superano quelli dei teatri e la forbice inesorabilmente si allarga negli anni successivi. La crescita si blocca temporaneamente all inizio degli anni Trenta come effetto della recessione innestata dal crollo di Wall Street e patita da tutti i Paesi seppur con tempi e modalità diverse, per riprendersi immediatamente negli anni successivi e non fermarsi più fino al secondo dopoguerra. Il secondo sorpasso è quello operato dal cinema di Hollywood nei confronti del cinema italiano ed europeo. Già dalla fine del primo conflitto mondiale che aveva squassato le economie europee, la prodigiosa macchina produttiva hollywoodiana incomincia a dominare gli schermi del nuovo e vecchio mondo, per consolidare una discussa ma acclarata superiorità. 1 La più importante società di produzione cinematografica di quegli anni. 8

9 1.2.2 Il cambiamento di scenario Mentre i Media accompagnano tutta la storia dell uomo (dai graffiti delle caverne all alfabeto dei sumeri, alla stampa dei cinesi e di Gutenberg, fino ad oggi) l Industria Media, nella valenza che conosciamo, ha una storia più recente. Dopo il secondo conflitto mondiale, tra la fine degli anni 40 e i 60 del secolo scorso, l economia dei Paesi industrialmente avanzati registra un intenso sviluppo: si dilata il mercato, cresce il numero delle imprese e il reddito dei consumatori. Lo scenario economico rispetto all inizio secolo e ancor più rispetto a quelli precedenti è quindi mutato ma nello stesso tempo diventato più complesso, proprio per l aumentata numerosità della domanda e dell offerta. Ci sono più merci, offerte da più imprese, a fronte di un consumatore mediamente più ricco. Le decisioni economiche sia dell imprenditore che del consumatore, sia delle imprese che delle famiglie, diventano quindi meno semplici. Entrambi, incominciano ad avere bisogno di sempre più informazioni e quindi tendono a consumare più comunicazione. Per il consumatore, il miglioramento delle condizioni di vita si accompagna ad un accresciuto livello di alfabetizzazione e, più in generale, culturale nei Paesi economicamente avanzati, dovuto ai programmi di Welfare che in misura maggiore o minore hanno riguardato tutti loro, e ad una tendenziale crescita del tempo libero. Questo combinato disposto sposta quota parte significativa dei consumi: 1. prima, dalla sussistenza al benessere, 2. quindi, dal benessere al tempo libero. Benessere e tempo libero accrescono il peso dei Prodotti Media nel paniere della spesa del consumatore, intesi nel senso più ampio: più informazione, più intrattenimento, più formazione, più cultura. Per quanto riguarda l impresa, a qualsiasi settore essa appartenga, la complessità crescente dell ambiente economico in cui opera la rende affamata di quella comunicazione che le permette di muoversi meglio sul mercato. Inoltre, l accresciuta concorrenza nei mercati le impone di dotarsi di una capacità di comunicazione per rendersi visibile agli occhi consumatore. Tutto ciò dilata l attività di comunicazione in misura mai vista in passato. Crescono quindi i Prodotti Media e con essi le Imprese Media e si consolida un Industria Media che tende ad assumere un rilievo strategico per l industria e l economia nel suo complesso anche in termini numerici di fatturato, addetti, capacità tecnologica Cinema versus televisione? Già prima che lo scenario mutasse, tuttavia, il cinema, che si presentò ai primi spettatori come un prodigio di immagini in movimento, a differenza della pittura e della fotografia, fabbrica inimitabile e insostituibile di sogni, passioni, emozioni, suspense, mistero, avventure era ormai diventata una vera e propria industria 9

10 che, nel corso del tempo, aveva attraversato veri e propri tornado tecnologici: il passaggio dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, fino a utilizzare immagini e suoni sempre più perfezionati nel passaggio dalle 2 alle tre dimensioni. E non è finita qui. Scriverne non è facile. Gli aspetti culturali e artistici, come quelli del più puro e vacuo divertimento, coesistono con le ferree leggi dell economia. Sotto le sigle degli Studios, le case di produzione cinematografiche, che spesso rimangono le stesse, sono passati molti assetti proprietari. Nuovi competitor, di volta in volta, si sono affacciati e hanno guadagnato spazi di mercato. Molte strategie imprenditoriali e corporate si sono avvicendate. A complicare il quadro era arrivata l Industria televisiva, che si era presentata sul mercato USA con un offerta di prodotti modulata sul modello dei preesistenti network radiofonici privati, da cui gemma. L Europa seguiva a ruota sulla stessa strada anche se si poggiava sull intervento diretto dello Stato. Nell immediato dopoguerra, il piccolo schermo incomincia ad occupare progressivamente una posizione dominante rispetto ad altre forme di spettacolo, informazione e utilizzo del tempo libero, incidendo profondamente da un lato sui box office cinematografici e dall altro sulla stampa di informazione. Nello stesso tempo ha però costituito uno sbocco di assoluto rilievo sia per gli investimenti che per la distribuzione del prodotto cinematografico. I programmi televisivi hanno incominciato a valorizzarsi al di là delle rigidità del palinsesto, con l entrata in scena dei primi dispositivi di videoregistrazione seguiti, dopo diversi anni, dai lettori DVD. Più recentemente, con lo sviluppo della televisione satellitarie e l applicazione del digitale alla televisione terrestre, i canali si sono decuplicati dando vita a programmazioni dedicate esclusivamente al cinema, alle serie televisive e ai documentari, che costituiscono, assieme allo sport, il driver di mercato. È poi tema, si potrebbe dire, di queste ore lo scenario che si apre con la televisione connessa a internet e quindi la comparsa e lo sviluppo del cosiddetto Video on demand: alla libertà di scelta del consumatore è associato l ampliamento del mercato per i prodotti audiovisivi Dai Media all ICT Tra la seconda meta del 900, la fine del secolo e l inizio degli anni 2000 si sviluppa la Tecnologia Digitale, e cioè la possibilità di trasformare i contenuti, fino ad allora analogici (quindi veicolati in forme diverse gli uni dagli altri), in pacchetti numerici di bit, uguali per qualsiasi contenuto, sia esso telefonico, radio, cinematografico e televisivo. Processo che è ancora in corso e lungi dall essere terminato. Le Imprese Media devono cambiare ancora una volta i loro connotati tecnologici, produttivi e distributivi. L Industria Media si allarga e comprende quella del Software e dell Hardware. L importanza delle Reti esplode con Internet. Tutte assieme formano una nuova aggregazione che prende il nome di ICT (acronimo dall inglese Information and Communication Technology che con Information indica le imprese Software e Hardware e con Communication indica quelle della Telefonia e dei Contenuti). I Media e l ICT diventano strategici e connotano di sé l attuale fase storica della società che si noma come Società dell Informazione e/o della Conoscenza. La tecnologia digitale e ciò che ne è seguito e ne seguirà costituisce il secondo passaggio epocale per la comunicazione, come la ruota per l uomo della preistoria. 10

11 1.2.5 Cinema e televisione versus Internet? L entrata in campo di Internet pone la televisione di fronte ad un competitore che, nelle nuove vesti che a cominciato ad assumere negli anni novanta del vecchio secolo e ancor più in quelli zero del nuovo, la sfida sul piano delle audience, delle tecnologie, dei formati e dei linguaggi a partire dagli User Genereted Content (UGC). Nello stesso tempo, il filesharing scambia e rielabora sotto varie forme i suoi prodotti, così come fa con quelli del cinema. Sulla base di questo implicito indicatore di mercato, nascono i Content Aggregator (oppure Digital Companies: Vudu, Netflix, Hulu, Google TV, Apple TV ed altri) che sono parte decisiva delle Tech Industries. Questi, sul modello di quanto già accaduto nella musica nel rapporto tra Industrie Discografiche e ITunes, li distribuiscono in termini commerciali on line, specie negli USA dove battono la strada per primi con molto successo. La Connected TV che porta in campo l altro pezzo delle Tech Industries, cioè i Fornitori di apparati, dà le chiavi dello schermo televisivo home based ai Web Aggregator ma, nello stesso tempo, le audience che questi hanno acquisito su Internet diventano terreno di conquista di un Industria televisiva che incomincia a dispiegarsi anche sul Web. In questo contesto, i diversi contenuti audiovisivi da un lato competono tra di loro per conquistare spazi di tempo libero del consumatore, dall altro, esprimendosi sui diversi schermi e piattaforme distributive (sala, televisione, device mobili), concorrono assieme a far assumere all audiovisivo un ruolo straordinariamente maggioritario nel mercato dei media e del tempo libero. Difatti, la rete Internet e i device mobili (notebook, smartphone, tablet, ecc.) vanno letti anche come espansione del mercato dell audiovisivo in generale, in sostituzione parziale di quello della stampa (quotidiani, riviste, libri). I vari mezzi, infine, da un lato contaminano e dall altro vengono contaminati da forme atipiche di audiovisivi che sono quelle espresse nella pubblicità e nei videogame, dando vita a un interessante processo di mediamorfosi. 1.3 Le Contaminazioni I Media e l ICT contaminano di sé l ambiente sociale, civile ed economico nel quale crescono. Le contaminazioni descritte di seguito sono elencate in ordine casuale e non di importanza. Una classifica che tenga conto di questo principio, infatti, può essere stilata solo dal lettore, lo studente, secondo le sue sensibilità, la sua esperienza, le sue motivazioni allo studio dell Economia. La prima contaminazione riguarda l allargamento settoriale delle Industrie Media stesse che dalla povera tipografia degli inizi arriva oggi a comprendere, con l ICT, le industrie tecnologiche e di rete. E consiste nella sua parallela invasività, nel senso che le attività di comunicazione messe in atto sia da chi tradizionalmente è concepito come consumatore di prodotti mediali e della comunicazione sia da chi produce professionalmente contenuti comunicativi diventano importanti per tutte le altre imprese e le attività economiche in genere. Ne sono testimoni le fonti statistiche che, prima con il Bureau of Census degli USA, poi con Eurostat in Europa e a seguire con gli Istituti di Statistica Nazionali, prendono atto di questa realtà e con difficoltà, dato il dinamismo e mobilità del settore, la codificano. 11

12 La seconda contaminazione riguarda la velocità del cambiamento subito dalle imprese Media e ICT e che, a loro volta, esse hanno impresso all esterno, sul mercato e sulle società. Se si considera il tempo intercorso tra lo sviluppo della tecnologia, la commercializzazione dei prodotti e l affermazione sul mercato della stampa e dell editoria e ciò che è accaduto tra la metà del 900 ed oggi, il confronto è incommensurabile. Anomali rispetto al passato risultano anche l importanza e il ruolo che le imprese media e ICT hanno assunto rispetto alle altre Industrie. Questa velocità di introduzione delle nuove tecnologie deriva dal fatto che esse poggiano, in parte o completamente, su reti preesistenti. L incredibile sviluppo di Internet non sarebbe stato possibile senza una preesistente rete telefonica e la telefonia mobile non avrebbe raggiunto l affermazione attuale in così breve tempo se, oltre alla velocità con cui è stata collocata la sua rete specifica, non avesse potuto poggiarsi sulla rete della telefonia fissa. Anche la televisione, che utilizza sue torri di diffusione del segnale, avrebbe registrato ritardi se non avesse potuto contare sull elementare connessione alla rete elettrica. E così via. Esemplare e a noi più vicino e il caso di Internet: fin quando è disponibile larga banda su reti fisse le connessioni crescono esponenzialmente; si bloccano invece quando ciò non avviene più. O crescono più lentamente, a condizioni di accesso inferiori e a prezzi superiori, ricorrendo a reti alternative come quelle della telefonia mobile o satellitare. La terza contaminazione riguarda il ruolo centrale assunto dall innovazione. Elemento fondante per le industrie software e hardware, esso ha esteso la sua influenza decisiva su tutto il settore Media e non solo. L Industria Media è sconvolta dall introduzione di queste tecnologie che ne stanno cambiando i processi, i prodotti, la distribuzione, il rapporto con il consumatore. Questo cambiamento sarebbe ancora più veloce nei giornali, nel cinema, nella televisione, nella musica ecc., se non fosse frenato, com e naturale, dalle culture organizzative e manageriali preesistenti. Si può affermare che la pirateria di file musicali e audiovisivi via Internet, che ha costituito de facto un cambiamento nelle modalità di consumo dei due prodotti, ha costretto le imprese del settore a valutare: 1. le nuove opportunità di mercato offerte dal Web; 2. le nuove possibilità di intervento sui mercati. A loro volta, le manipolazioni degli stessi file da parte degli utenti (si pensi, a questo proposito, agli UGC - user genereted content) e i Forum su Internet del mondo del Fandom stanno diventando (ancora con troppa lentezza) input per scelte di prodotto da parte delle Imprese Media. Le nuove tecnologie, come si è detto sopra, sono anche invasive e hanno contribuito a far risaltare il ruolo della comunicazione nelle altre industrie che hanno dovuto fare i conti con un consumatore sempre più informato, attivo e desideroso di essere partecipe. Le imprese, così, hanno messo in atto una serie di strategie di confronto e scambio con i loro vecchi clienti, uscendo in parte fuori dalla logica del target che aveva caratterizzato le loro strategie di marketing negli anni precedenti. Da qui la crescita di importanza del customer care che sta cambiando il rapporto con il cliente; il rafforzamento del marketing relazionale che, anche attraverso le sue proiezioni di direct marketing e digital marketing, sulla base di una più precisa profilazione del cliente, acquisisce input anche per il processo produttivo e per le scelte di produzione e distribuzione. 12

13 Particolare menzione meritano anche l Internet banking e l e-government che fondono comunicazione e servizio e che stanno cambiando l organizzazione del servizio stesso (con velocità maggiore o minore secondo i casi). Per non parlare di quanto le nuove tecnologie hanno contribuito a cambiare il mercato dei capitali: dal luogo sacro per eccellenza, cioè le Borse Valori, ai prodotti che hanno permesso di creare e sviluppare (dai derivati ai future), al ruolo e alle modalità di lavoro degli operatori (dalle grida della Borsa agli open space ingombri di computer), al ruolo attivo esercitabile via Internet dagli investitori, professionali e non. E di quanto hanno cambiato la quantità, la qualità e le modalità di assunzione delle informazioni finanziarie ed economiche da parte degli operatori delle aziende industriali. La quarta contaminazione riguarda il rapporto tra Media e Cultura. I Media fino ad ora illustrati sono ovviamente visti dal punto di vista economico-industriale. Ma che rapporto c è tra i Media, la loro densità economico-industriale e la Cultura? Sotto questa etichetta ci sono una marea di definizioni. Nelle società moderne non c è espressione culturale che per consolidarsi ed espandersi non debba poggiarsi su una piattaforma economica e/o industriale. E il caso della musica nei suoi rapporti con l industria discografica, della letteratura rispetto all industria editoriale, del design rispetto all industria in genere, del cinema, ecc. Di più. Si può affermare che le espressioni culturali vivono nella misura in cui c è un pubblico, grande o piccolo che sia, che le consuma e gli permette così di continuare ad esprimersi. Altrimenti è mecenatismo, che pure ha una sua importanza rispetto all arte e alla cultura, ma anche per esso si può rintracciare un origine economica, ad esempio, nella soddisfazione-utilità, quindi nel consumo che ne fa il mecenate e che è pagata dal plusvalore tratto da altre attività economiche. La quinta contaminazione riguarda le derivate sociali e civili dei Media. I Media, difatti, proprio in quanto comunicazione, sono, secondo i casi, anche stimolatori, enfatizzatori, accompagnatori, raccontatori, di stili di vita e di consumo. Incidono, in maniera più o meno profonda, sul costume, sulla cultura, sulle sensibilità, sugli orientamenti dell opinione pubblica e dei decisori politici, sociali ed economici delle società contemporanee. 1.4 L Economia dei Media e dell ICT La dimensione progressivamente crescente dell Industria e dei Prodotti Media ha portato la scienza economica a prendere atto di tutto ciò e a figliare un ramo della sua ricerca specificamente dedicato all Economia dei Media in cui, con il progredire delle tecnologie, ha compreso anche i nuovi settori del software, dell hardware e delle reti. La disciplina nasce negli Stati Uniti, a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, dove l Industria Media prima e l ICT poi si sono sviluppati maggiormente, ricevendone quasi un marchio di origine. Precedentemente, l informazione e la comunicazione erano considerate rilevanti nella teoria economica ma non studiate in quanto tale. Questo accadeva nonostante che, dai classici dell economia in poi, la configurazione dei mercati, le condizioni di equilibrio e quant altro presupponevano quantità e qualità di informazione e 13

14 comunicazione. Da chi fornite, a quali condizioni, in che modo, come trasferite all attività economica non era oggetto di ricerca specifica. La stessa razionalità dei comportamenti dei soggetti economici, postulato malriposto di molta scienza economica, si gioca in molta parte sul ruolo delle aspettative e, parallelamente, dell incertezza. Variabili economiche che si completano, nel primo caso, e si riducono, nel secondo, con un informazione e comunicazione complete ed esaustive. Per non citare l asimmetria informativa tra soggetti economici che ha effetti rilevanti sui comportamenti economici e sugli assetti di mercato. L informazione e la comunicazione sono state trattate implicitamente come l aria che si respira: utili, anzi necessarie ed essenziali, ma liberamente disponibili e di conseguenza senza valore di mercato e senza importanza per l allocazione delle risorse, e quindi anche per la teoria economica. Al contrario, l Informazione va intesa come input necessario e determinante per l attività economica, per l assunzione di decisioni economiche che riguardano la qualità e la quantità della domanda e dell offerta, la determinazione dei prezzi, l allocazione delle risorse. La Comunicazione in questo contesto va intesa come trattamento dell informazione e cioè come attività economica da parte di imprese industriali e dei servizi che assumono l informazione come risorsa e quindi la raccolgono, elaborano, distribuiscono e infine vendono sul mercato come merce. Quando a metà del secolo scorso, per le cose dette nel paragrafo precedente, l Industria Media assume una rilevanza specifica, nasce L Economia dei Media come ramo dell Economia Politica e di quella Industriale. Con lo sviluppo delle tecnologie digitali, i Media, intesi anch essi in misura sempre maggiore come Industria più generale dei Contenuti, diventano parte del macro-settore che comprende l economia del software, dell hardware e delle reti di telecomunicazione. 1.5 La Rottura del Paradigma di McLuhan Il progresso dell ICT e delle tecnologie digitali ha prodotto tali e tanti mutamenti da riuscire a rompere il famoso Paradigma di Marshall McLuhan, il sociologo della scuola di Toronto che più ha dato l impronta alle Teorie della Comunicazione del secolo scorso. Il medium è il messaggio, questo è il claim, per forza di cose riassuntivo, di una riflessione importante che poneva la tecnologia di distribuzione, il mezzo di distribuzione del messaggio, come forza identitaria del messaggio stesso. Questa riflessione nasceva sulla scia della straordinaria invasività della televisione prodottasi tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, periodo durante il quale si è espressa la teoria di McLuhan. Televisione che riempiva di sé e trascinava con sé i modelli di consumo, gli stili di vita, l utilizzo del tempo libero, l assunzione di informazione, educazione e spettacolo. Televisione, per converso, medium caldo, perché caratterizzato da un alta definizione ma da una scarsa partecipazione dello spettatore. Televisione che si credeva inducesse un narcisistico torpore, un intorpidimento delle menti e uno stordimento nel consumatore di media. 14

15 Ovviamente la televisione, anche in quel periodo, non è stata solo questo. Però, questa è stata la parte più visibile e percettibile del fantastico televisivo che, in termini di mercato, ha portato l industria e l economia dei broadcaster a guadagnare l audience più estesa e/o densa, prevalendo sul cinema, la radio, la stampa. Cosa è cambiato per rompere il Paradigma? La causa sta nell insorgere della tecnologia digitale. Una tecnologia che, mentre omologa, straordinariamente e quasi magicamente, l inchiostro di tutti i media, amplifica la portanza delle piattaforme di distribuzione, moltiplica i mezzi con cui si esprimono i contenuti. In questa situazione, il medium diventa ininfluente rispetto al messaggio. Il digitale rompe il monopolio naturale delle tecnologie di distribuzione analogiche rispetto ai contenuti, detenuto dalla stampa, dal cinema, dalla radio e dalla televisione, ognuno per suo conto. Lo frantuma in una miriade di coriandoli digitali che si esaltano in Internet, il nuovo medium, nato ex-novo dalla nuova tecnologia. Cosi facendo, qui sta il Paradosso, il digitale, proprio per la sua fertilità vettoriale, uccide la preminenza del medium rispetto ai contenuti. Uccide il suo riempire di sé il messaggio. Questo è anche il risultato di quel tradizionale meccanismo dell economia per il quale l eccesso di offerta, in questo caso di medium, aumenta il valore relativo della domanda, in questo caso del messaggio. In questo modo il messaggio, ovvero il prodotto, la merce informazione o spettacolo o quel che si vuole, assume una prevalenza, nella percezione del consumatore, rispetto al medium che lo trasporta o/e permette di fruirlo. Questo processo, ormai avviato, è ancora in corso e lungi dall essere terminato. Le sue conseguenze sul piano economico sono però già visibili, anche se non tutte definite, e si accompagnano a profondi mutamenti nei fondamentali dell industria della comunicazione. Il primo mutamento riguarda il rapporto tra comunicazione e consumo: i prodotti della comunicazione hanno teso a crescere in valore e in quantità nel paniere della spesa del consumatore; la spesa del consumatore si è dispersa su un numero crescente di prodotti della comunicazione; il consumatore tende a diventare produttore di contenuti creando un mercato parallelo rispetto a quello industriale. Il secondo mutamento riguarda il rapporto tra comunicazione e pubblicità. Negli ultimi vent anni, in questo caso senza colpe per la tecnologia, questo rapporto: è diventato incestuoso, in quanto la pubblicità è ormai comunicazione essa stessa; è diventato una liaison dangereuse quanto più i ricavi da pubblicità tendono a prevalere su quelli da vendita; a causa invece delle nuove tecnologie, la pubblicità tende a ridistribuirsi e rimodularsi tra i vecchi e nuovi media; sta imparando a inseguire il consumatore disperso nei tanti media. 15

16 Il terzo mutamento riguarda il DNA delle Industrie della comunicazione. Theodor Levitt, direttore della Harvard Business Review, spiegava nel 1960 (quindi in pieno boom della motorizzazione privata, della costruzione delle parkway e del nascente trasporto aereo), come le grandi corporation ferroviarie americane avessero smesso di crescere, nonostante la domanda di mobilità fosse straordinariamente aumentata. Quale la causa? La loro cultura manageriale, forse impigrita dalla ragnatela organizzativa e gerarchica su cui si era consolidata, riusciva a ragionare solo in termini di business dei treni senza avere il minimo sentore di operare in quello della mobilità, nonostante tutto ciò che gli accadeva intorno. Si intestardiva sul cespuglio ferroviario senza accorgersi della foresta mobilità che lo sovrastava. La stessa miopia si può osservare, in taluni casi, nelle vicende del settore della comunicazione dell ultimo decennio, quando le novità tecnologiche si sono fatte più pressanti. E il caso di quelle telco che si sono accorte in ritardo che, nei Paesi più avanzati, la voce era entrata nella piena maturità del suo ciclo di vita, come sta accadendo alla telefonia mobile e alle connessioni Internet, e che dovevano nuotare nel mare più aperto della comunicazione. Un discorso analogo vale per quei broadcaster televisivi che hanno sottovalutato le potenzialità del digitale satellitare e terrestre visti solo come ingombri o, nella migliore delle ipotesi, come ancillari rispetto al totem della televisione generalista. Oppure di quei publisher che non hanno visto la concorrenza di Internet che gli cresceva accanto, quando non nella loro stessa casa. Per non parlare, infine, di quelle major cinematografiche e musicali che inorridivano di fronte alla distribuzione attraverso il web senza coglierne le opportunità. In questo contesto va segnalata una grave sfasatura. Quella tra i professionisti dei media, da un lato, e lo sviluppo della tecnologia e la mutazione delle audience, dall altro. Queste ultime corrono, i primi arrancano. Il caso forse più emblematico è quello dei giornali. Ma non è il solo. Dove stanno andando l informazione e le audience relative dei quotidiani? È palese: su Internet. Ciò non annulla il valore dell edizione a stampa del giornale quotidiano, ma ne cambia la collocazione funzionale nella catena del valore. L informazione è su Internet, con tutti i limiti e, al tempo stesso, i vantaggi del tempo reale, dell immediatezza e della capacità di mettere a disposizione library. La validazione, la riflessione e l approfondimento dell informazione rimangono proprie dell edizione cartacea. Depongono a loro favore la tattilità del medium, i tempi di fruizione e le modalità di consumo che sono diverse dal video. Si conferma cosi come le nuove tecnologie: non uccidono mai le vecchie, cambiano il contributo che ciascuna di esse dà al conto economico finale dell impresa. Ma non cambiano la ragione sociale dell editore che era e rimane produrre informazione. Ma è cambiato il consumatore, cioè il mercato di riferimento, che chiede un modo diverso e plurale di ricevere informazione. Di conseguenza, deve cambiare l impresa giornale, il suo modello di business, il suo flusso di lavoro, il modo di lavorare dei giornalisti. È già accaduto quando la macchina da scrivere fu sostituita dai PC sui tavoli delle redazioni. La stessa cosa sta accadendo con il web. Parafrasando Schumpeter, si può dire che l innovazione, mentre crea nuove opportunità, distrugge sedimenti 16

17 professionali che, se si accompagnano ad arretrate culture manageriali, dilatano gli switching cost e pongono l impresa fuori mercato, cioè fuori dall interesse dei consumatori. Cosa rende diversa la fase attuale di innovazione nella comunicazione rispetto a quelle vissute in passato? La velocità del cambiamento, la rapidità con cui pretende una risposta e la durezza delle reazioni del mercato. 1.6 La Velocità del Cambiamento La velocita del cambiamento è stata imputata alle nuove tecnologie digitali ed in particolare all eccezionale sviluppo di Internet. I numeri apparentemente lo dimostrano. Il World Wide Web ha raggiunto 50 milioni di utenti nel mondo in 4 anni mentre per gli altri media la situazione è la seguente: Telefono: 74 anni Radio: 38 anni Televisione: 13 anni A parte l esattezza di periodizzazioni di questo genere, non c è dubbio che c è una progressiva riduzione della velocità di penetrazione dei media che via via si sono proposti sul mercato e al consumatore di comunicazione, fino ad arrivare alla performance del Web. Ma è vera gloria? Oppure esistono ragioni che portano a questa progressione nella velocità di penetrazione? La prima ragione sta nella differente numerosità della popolazione di riferimento. Nel senso che i diversi media furono introdotti in momenti in cui la popolazione mondiale era numericamente differente. I 50 milioni del Web corrispondono ad una popolazione mondiale di oltre 6 miliardi di persone quando, all inizio del 900 la popolazione mondiale era stimata pari a 1,65 miliardi. Ne consegue che tale paragone del tasso di penetrazione del World Wide Web deve essere relativizzato. La seconda ragione è riconducibile al costo di acquisizione del nuovo medium da parte del consumatore, sia in termini assoluti che relativi. Il costo dell accesso ad Internet, per chi già possiede un computer e ha una connessione telefonica ed elettrica, è più basso che acquistare un televisione o abbonarsi ad una pay tv. Nel confronto coi media sopra richiamati c è poi da considerare il differente livello di reddito medio attuale rispetto a quello registrato quando i media di cui si è detto sopra furono introdotti. La terza ragione sta nella disponibilità delle reti. Per diffondersi, elettricità e telefono dovettero creare le proprie reti di distribuzione, oltretutto in un contesto meno urbanizzato dell attuale. La radio risentì delle stesse limitazioni anche perché, quando fu introdotta non solo aveva bisogno della propria rete di diffusione del segnale ma doveva anche appoggiarsi alla rete elettrica che era lungi dall essere universale come oggi. La televisione ebbe lo stesso problema ma in termini già radicalmente e positivamente modificati per la sua diffusione. 17

18 Internet e il World Wide Web furono introdotti in fasi più avanzate dello sviluppo tecnologico. Hanno potuto utilizzare tecnologie ed infrastrutture realizzate dal Dipartimento della Difesa americano e dalla comunità scientifica europea. Hanno poi avuto un rapporto biunivoco coi PC. Si sono poggiati sulla loro progressiva diffusione e, nello stesso tempo, ne sono stati promotori. Il resto è storia di questi giorni: dai PC a basso costo, a quelli di ridotte dimensioni; dalle connessioni fisse a quelle mobili e wifi ecc. Il confronto sulla velocità di penetrazione va quindi fatto valutando tutti questi aspetti. 1.7 La complessa concorrenza tra i media Lo scenario concorrenziale tra i media è complesso fin dal loro apparire sotto forma di immagine in movimento. Il grado di concorrenza affrontato da ogni impresa dipende dalla natura e struttura dei mercati media e dai tipi di prodotti offerti. Poiché i monopoli reali sono rari nei mercati media di oggi, il livello di concorrenza tra le unità media varia secondo il mercato. Si sostiene che tende ad essere agguerrita, quando ci sono molte aziende, deboli barriere all entrata e poca differenziazione di prodotto e che ciò ha un effetto negativo sui contenuti. La concorrenza tra i singoli media e tra le aziende media si può definire, nel primo caso, come concorrenza inter-media e, nel secondo, come intra-media. La concorrenza inter-media riguarda la competizione tra mezzi di comunicazione diversi come la televisione e la radio, mentre quella intra-media è quella che si svolge tra singole imprese che operano sullo stesso mezzo di comunicazione, come due emittenti radio. I due tipi di concorrenza hanno luogo simultaneamente. I livelli di concorrenza più alti per conquistare l attenzione del pubblico e gli investimenti degli inserzionisti si verificano tra unità dello stesso mezzo di comunicazione, in special modo se tali imprese si rivolgono ad un pubblico di una stessa area geografica. Due portali Internet che servono la stessa area metropolitana, ad esempio, saranno in maggiore competizione di due che operano in mercati diversi. In maniera simile, un emittente radiofonica che opera in un mercato controllato da venti emittenti affronterà una concorrenza più intensa che se si trovasse a competere solo con altre dieci imprese. Per determinare la natura della concorrenza intra-media all interno dei singoli mercati è necessario considerare, di volta in volta, il numero delle imprese concorrenti, la popolazione, il numero di inserzionisti potenziali e il potere di mercato detenuto dalle imprese leader. Tali caratteristiche del mercato influenzano la concorrenza intra-media per cui non è sempre detto che un mercato in cui operano un certo numero di emittenti radiofoniche sia sempre caratterizzato da una maggiore concorrenza rispetto ad un mercato in cui vi è un minor numero di concorrenti. Nel mercato dei contenuti, la concorrenza inter-media ha come oggetto l attenzione ed il tempo del pubblico e a volte la spesa dei consumatori. Per extra-media si intende la concorrenza che al prodotto media fanno gli altri utilizzi del tempo libero (dal passare un pomeriggio al parco Pubblico, alla Ristorazione, alla Vacanza breve o lunga che sia, ecc.). Difatti il consumo di media è principalmente localizzato nel tempo libero dal lavoro che, dopo una fase storica che 18

19 l ha visto aumentare sta tendenzialmente diminuendo. Questo acuisce il quadro concorrenziale che debbono affrontare i prodotti media ai prodotti media. Concorrenza Extra-Media Concorrenza Inter-Media Concorrenza Intra-Media Poiché la disponibilità e la domanda dei media sono fattori variabili, la concorrenza tra media non è sempre uguale. Alle variazioni della disponibilità e della domanda dei media corrispondono diversi livelli di penetrazione dei media nelle case, tempi diversi dedicati alla fruizione dei media e differenti usi dei media. Questi fattori limitano il grado di concorrenza diretta tra media ed è utile pensare alla concorrenza in un senso più ampio come conquista di una quota trasversale dell uso complessivo dei media da parte di pubblici diversi. Nel mercato pubblicitario, dove agli inserzionisti viene fornito l accesso ai pubblici, la competizione è limitata da fattori legati all acquisizione del pubblico ed agli usi dei media, dalle caratteristiche dei media stessi e dalla loro capacità di diffondere varie tipologie di messaggi pubblicitari. Per via di tali fattori, la concorrenza inter-media è ridotta e gli inserzionisti generalmente comprano spazi pubblicitari su più mezzi. Di norma i media competono principalmente per conquistare una quota delle risorse investite dagli inserzionisti, che non compiono delle scelte monocanale tra media. Un utile regola generale per comprendere la concorrenza tra media per conquistare il pubblico e gli inserzionisti è che essa è maggiore quando i media presentano caratteristiche di omogeneità. Così, il contenuto audiovisivo diffuso dalle emittenti terrestri sarà in maggiore concorrenza con quello diffuso dai sistemi satellitari, rispetto a quanto può esserlo una rivista con una stazione radio. Con il progressivo passaggio all ambiente digitale e la distribuzione online dei prodotti e servizi, lo scenario sinora delineato subisce profondi mutamenti. 19

20 1.8 La Coda Lunga di Anderson La possibilità di vendere in tutto il mondo via Internet prodotti altamente personalizzati e ad un numero relativamente illimitato di utenti, con costi distributivi nettamente inferiori al passato, sembra aver smorzato la necessità dell industria dell entertainment di focalizzare tutta l attenzione sulla propria offerta stagionale. Laddove infatti un modello economico legato alla distribuzione fisica tradizionale incontra limiti insuperabili, le forme di distribuzione innovative consentono un vero e proprio slittamento di paradigma, mettendo in discussione le logiche di presidio del mercato tipiche delle produzioni di massa e delle grandi corporation. La cultura e l economia odierne infatti stanno via via abbandonando un assetto che si basa su un numero relativamente basso di prodotti e mercati mainstream : all inesorabile decrescere dei costi di produzione e di distribuzione, dovuto allo sviluppo delle nuove tecnologie, diminuisce il bisogno di raggruppare prodotti e servizi e raggiungere larghe porzioni di consumatori. L economia dei contenuti mediali digitali si sta spostando cioè, da una situazione caratterizzata dal predominio incontrastato dei prodotti di massa, ad una in cui una miriade infinita di produzioni di nicchia si adatta in modo specifico a milioni se non a centinaia di milioni di persone che hanno gusti diversi e consumano prodotti differenti. Nell ottobre 2004, il caporedattore del magazine Wired, Chris Anderson, pubblica su wired.com un articolo intitolato The Long tail, la coda lunga. Nell articolo l autore analizza e documenta alcuni cambiamenti fondamentali degli attuali mercati dell intrattenimento, osservando come attualmente, grazie alle tecnologie digitali, i rivenditori-distributori on line sembrano trarre maggior profitto non dai cosiddetti best seller o dalle hit più famose, ma riaprendo l accesso al mercato a quell ampia gamma di titoli poco conosciuti, di nicchia : si tratta di centinaia di migliaia di titoli che vanno incontro alle preferenze di sole poche centinaia o migliaia di acquirenti. La formulazione del paradigma della Long Tail è stata influenzata da una pubblicazione di Clay Shirky, del 2003, dal titolo Power Laws, Weblogs and Inequality in cui l autore analizza il mondo dei blog e suggerisce che solo una piccola quota di questi può contare su un numero rilevante di link che indirizzano il navigatore verso i propri contenuti ma la lunga coda di milioni di blog ne conta, di fatto, solo una manciata. Prendendo spunto da questa osservazione, Anderson ha descritto gli effetti del paradigma della cosiddetta onda lunga negli odierni e nei futuri business model. In statistica, The long tail è una distribuzione altrimenti conosciuta come heavy tails o power-law tails o Pareto tails (onda di Pareto). In questa rappresentazione l alta densità o ampiezza è seguita da una densità gradualmente più bassa, che a poco a poco si appiattisce. In molti casi, la porzione di onda lunga, può cumulativamente superare la porzione iniziale del grafico, e in aggregato superare la maggioranza. Un tale tipo di distribuzione è sorprendentemente comune. Per esempio nella lingua inglese standard, la parola the è il vocabolo più comune insieme a molte altre parole brevi come of, is, have. L insieme di queste parole è largamente più diffuso di tutti gli altri lemmi messi insieme. Per esempio, circa il 12% di tutte le parole in un dato testo sono the, mentre il termine barracks ricorre meno che una volta su 20

21 parole. Ma cumulativamente, parole piuttosto rare come barracks fanno circa 1/3 di tutti i testi. Le parole rare in un vocabolario d inglese rispettano il paradigma della Long Tail. Nell articolo pubblicato su Wired, Anderson sostiene che i prodotti che hanno una domanda di mercato minore o minori volume di vendita, possono cumulativamente formare una quota di mercato tale da rivaleggiare o superare i pochi bestsellers e blockbusters, se i canali di distribuzione sono abbastanza grandi. In una libreria tradizionale per esempio, lo spazio non è illimitato e la distribuzione dei volumi ha un costo ben preciso: è ovvio che i libri che possiamo trovare in vendita sono fondamentalmente quelli con maggior probabilità di essere venduti, tipicamente i titoli più popolari, i cosiddetti bestseller. Osserviamo il grafico presentato sopra assumendo che incroci popolarità (potenziale di vendita) e numero di titoli disponibili: in una libreria tradizionale avremmo potuto acquistare tutti i libri dell area rossa, ma un testo fuori catalogo sarebbe rimasto confinato nell area gialla. Ne deriva che la possibilità di essere trovato determina il successo di un libro, ma anche la decisione di acquisto del lettore. In Rete invece, accade che improvvisamente la popolarità non ha più il monopolio dei profitti : i cataloghi musicali on line per esempio, vendono mediamente tutti i titoli che non sono considerati bestseller e le librerie online smentiscono la teoria secondo cui per la maggior parte dei libri non c è domanda. Il web, ponendosi di fatto come un infrastruttura priva dei costi fissi legati alla distribuzione fisica e ai suoi limiti (spaziali, temporali ), fornisce vari esempi reali della dottrina enunciata da Anderson: come documentato dall autore, innumerevoli servizi di distribuzione on line traggono il loro profitto maggiore 21

22 non solamente dalla vendita di film o brani musical di successo, ma soprattutto dal fatto di rimettere in circolazione nel mercato quel vasto insieme di titoli spesso non commerciali e comunque meno popolari, che però hanno pubblici di piccole dimensioni disposti a pagare per ciò che piace loro e non per ciò che è collocato sul versante mainstream. Società come Amazon, itunes, Rhapsodhy, Netflix, hanno sfruttato il paradigma della Long Tail investendo sull enorme quantità di prodotti spesso poco conosciuti, poiché dimenticati o semplicemente non commerciali, ma con circoscritte cerchie di clienti molto fidelizzabili e disposti a pagare per soddisfare i propri gusti peculiari e avere ciò che il mercato di massa trova poco conveniente promuovere. Racconta Anderson Una libreria di Barnes & Noble dispone in media di titoli ma su Amazon più della metà del fatturato non riguarda questi titoli di punta. Considerando le statistiche di vendita di Amazon, il mercato dei libri che non sono in vendita in una normale libreria è maggiore del mercato di quelli che invece sono disponibili, e dunque, inaspettatamente, il reddito più alto è nelle piccole vendite. Effettivamente, la maggior parte dei business in Rete si fonda sulla coda lunga: lo stesso Google produce reddito vendendo pubblicità a costi bassi a milioni di persone (text ads) e non vendendo pochi spazi a prezzi alti a inserzionisti importanti. Quello della Long Tail è un mercato potenziale che può realizzarsi concretamente grazie alle ottimizzazioni distributive e le opportunità di vendita creati dal canale internet Relazione con il magazzino e i costi distributivi I fattori chiave che determinano se un canale di vendita segue il paradigma di Anderson sono il costo del magazzino e la distribuzione. Laddove i costi di magazzino e distribuzione sono insignificanti, diventa economicamente vantaggioso vendere prodotti relativamente impopolari; viceversa quando tali costi sono alti conviene vendere soltanto i prodotti di alta popolarità. Consideriamo, ad esempio, il mercato del noleggio dei film: un negozio tradizionale di noleggio ha limitati spazi sugli scaffali e per massimizzare i profitti deve concentrare l offerta soltanto sui prodotti più popolari per assicurarsi che nessuno spazio degli scaffali stessi vada perduto. Netflix, un sito dedicato al noleggio di film, effettua lo stoccaggio dei prodotti in magazzini centralizzati: i suoi costi di magazzino sono molto bassi e i suoi costi di distribuzione identici tanto per i prodotti di successo quanto per i rimanenti. Netflix è così capace di mettere in piedi un attività di stoccaggio a più ampio raggio rispetto a quello di un attività tradizionale, e avendo sperimentato il fatto che aggregare film non popolari frutta di più rispetto ad aggregare film di successo, sfrutta di fatto mediante tale modello di business gli effetti di una forma di distribuzione basata su un funzionamento riconducibile alla dottrina economica della long tail. Come già ricordato, alcuni degli attori di più grande successo nel business di internet hanno fatto di questo paradigma una parte fondamentale della propria attività ( gli esempi vanno da ebay a Yahoo! a Google, Amazon o ancora Netflix ) e il modello fin qui descritto ha anche implicazioni per i produttori di contenuti, specialmente per quelli che producono prodotti che non possono per ragioni economiche trovare una collocazione vantaggiosa in un contesto distributivo pre-web caratterizzato dal 22

23 controllo degli editori più forti, delle etichette discografiche maggiori, dei movie studios e dei network televisivi Concorrenza e coda lunga Le nuove tecnologie dei media e la rete Internet dunque, hanno di fatto rovesciato il paradigma basato sulla scarsità che governa l accesso all informazione: nel mercato tradizionale della musica registrata per esempio, il concetto di scarsità riguarda l assenza sugli scaffali di musica vecchia, di artisti poco commerciali, di prodotti di etichette indipendenti o di qualsiasi altro prodotto che non ha richiesta immediata poiché non gode di popolarità di massa; riguarda la mancanza di tempo sufficiente per ascoltare ciò che non si conosce; la scarsità d informazioni in merito alla musica contenuta in ogni singolo cd. Nel momento in cui il negozio diventa virtuale, le caratteristiche di cui sopra cambiano repentinamente, trasformando tutto ciò che prima veniva venduto e considerato come risorsa scarsa: si verifica infatti una fattiva disponibilità illimitata di scelta; si può contare sul supporto di funzioni efficaci e intelligenti per la ricerca e la selezione; si possono consultare le recensioni di utenti che hanno già letto/ascoltato il prodotto; si può fare affidamento su meccanismi basati sulla reputazione e sui cosiddetti motori di affinità. In un intervista, Anderson ha affermato: Le grandi corporation presenti su Internet stanno oggi adottando una logica che consiste nel creare nuovi mercati digitali di massa, grandi luoghi di aggregazione per distribuire una grande quantità di prodotti massificati. Le companies minori saranno invece sempre più portate a creare prodotti di nicchia e ad essere supportate dai grandi aggregatori on line. Questa è una naturale ed efficace divisione dei compiti: le grandi compagnie on line forniranno le piattaforme distributive e le piccole realtà creeranno nicchie sempre più sofisticate e personalizzate. Il potenziale peso aggregato di molti mercati minori potrebbe dunque rivaleggiare ampiamente con il mercato mainstream: prima degli effetti del paradigma, i prodotti offerti erano generalmente quelli maggiormente popolari. Nel momento in cui i costi di magazzino e distribuzione hanno avuto un crollo, un largo numero di prodotti è diventato disponibile, e questo ha avuto l effetto di ridurre la domanda dei prodotti più popolari. Il business dei contenuti web ad ampia copertura potrebbe essere minacciato dall emergere di siti più piccoli che sono focalizzati su nicchie di contenuti e coprono tali contenuti meglio rispetto agli attori maggiori. La minaccia competitiva di queste nicchie è ridotta soltanto dal costo di affermazione e mantenimento nonché dall impegno richiesto ai lettori per tracciare numerosi piccoli siti. Questi fattori tuttavia possono essere limitati da strumenti come gli RSS La coda lunga e il comportamento dei consumatori Nel suo articolo su Wired, Anderson cita una precedente ricerca di Brynjolfsson, Hu, e Smith, che quantifica il valore potenziale della long tail per i consumatori. In un articolo pubblicato nel 2003, questi autori 23

24 avevano dimostrato che mentre la maggior parte delle discussioni circa il valore di internet per gli utenti e stato focalizzato sulla riduzione dei costi, in realtà il vero vantaggio per i consumatori e da ricondurre più che altro all aumentata possibilità di accesso in termini di varietà di prodotti rispetto a quello del decremento dei prezzi. Numerosi esempi di business su web, hanno dimostrato che il comportamento on line dei consumatori non segue la famosa legge di Pareto dell 80/20 2 : se proviamo a domandarci in quale percentuale i titoli più gettonati nei principali negozi on line vengono affittati o venduti almeno una volta al mese, scopriremo che tale percentuale si attesta a circa il 99%. La difficoltà dei produttori di contenuti di creare prodotti di nicchia, ci ha indotto per lungo tempo a credere che i mercati potessero sopravvivere esclusivamente secondo la logica delle grandi produzioni e degli studios hollywoodiani. In presenza di un canale di distribuzione abbastanza ampio e di strumenti di ricerca e selezione dell informazione idonei invece, il comportamento dei consumatori non segue la legge di Pareto: numerosi esempi reali hanno infatti dimostrato che esiste una domanda praticamente per ognuno dei prodotti in vendita, la presenza di infinite nicchie caratterizzate da gusti e preferenze peculiari e la condizione d esistenza potenziale di altrettante disparate nicchie di mercato. 1.9 La conquista del tempo del consumatore Nell industria e nella ricerca sui media il tempo è una risorsa scarsa che sta acquisendo una sempre maggiore rilevanza. Nella società contemporanea la domanda di tempo pone una pressione crescente sull uso individuale del tempo libero e dei media. Il tempo dedicato ai media ed alle comunicazioni è parte del tempo complessivo a disposizione di individui e pubblici. In media, approssimativamente un terzo della giornata di una persona non può essere destinato ai media, poiché è dedicato al sonno. Un altro terzo è in genere occupato dal lavoro, dall istruzione e da altre attività quotidiane durante le quali il consumo dei media è limitato. L ultimo terzo serve per spostarsi, fare acquisti, mangiare e svagarsi. La maggior parte del tempo dedicato ai media per intrattenimento e svago rappresenta solo una delle migliaia di attività di svago alternative come lo sport, gli spettacoli e gli hobby. Divertimento, arricchimento culturale, sviluppo dei rapporti interpersonali, cura di se stessi, sono attività costitutive della personalità, dei valori, dei modelli comportamentali degli individui, delle famiglie, degli ambiti sociali di appartenenza e di riferimento, che si svolgono tutte in quella porzione essenziale di vita che è il tempo libero. Tempo libero ormai quasi completamente mercificato, il cui uso presuppone sempre più il pagamento di un prezzo, il sostenimento di un costo, e sempre meno attività fuori mercato. Perfino fare una passeggiata, vedersi con gli amici, ascoltare musica, vedere un panorama, ecc., sconta in misura crescente l acquisto di biglietti, di consumazioni, l utilizzo di beni e servizi che vanno pagati. E un mercato in cui sono presenti diversi settori: oltre al cinema, le altre componenti dell audiovisivo, l editoria, i videogiochi, Internet, la musica registrata, le attività di ristorazione, i viaggi, gli spettacoli dal vivo, e via dicendo. In concorrenza tra loro anche nel medio e lungo periodo, quando le innovazioni di 2 La cosiddetta legge di Pareto, dell 80/20, spiega che solamente il 20% dei film prodotti dai grandi Studios diventerà un successo, e lo stesso vale per trasmissioni televisive, giochi, libri destinati al mercato di massa. 24

25 prodotto e tecnologiche sono in grado di cambiare profondamente i connotati, protagonisti e leadership di mercato. Le decisioni su come impiegare il proprio tempo vengono prese a livello individuale ma, in relazione all uso dei media, divengono rilevanti a livello collettivo. Gli americani, ad esempio, dedicano collettivamente circa due terzi del loro consumo mediale ai media elettronici e solo un terzo alla stampa. Questi modelli di fruizione riflettono una differenza nelle modalità e negli scopi per i quali il pubblico utilizza i media. Le imprese media vogliono conquistare il tempo libero così come il tempo in cui gli individui si impegnano in più attività contemporaneamente. Le aziende che introducono sul mercato nuovi media o aumentano il numero di unità di un singolo mezzo di comunicazione, devono provare a indurre pubblici e consumatori a modificare la composizione della loro dieta mediatica o ad aumentare il tempo complessivo dedicato ai media sottraendo tempo ad altre attività. Certo, in questo contesto, l audiovisivo assume una valenza particolare. Esso può essere considerato una sorta di socio di maggioranza del settore Media e componente decisiva dell Economia dell Intrattenimento. Difatti, le attività che presuppongono la produzione e il consumo di immagini in movimento la fanno da padrone nell uso del tempo libero: i dati sul consumo di televisione basterebbero da soli a validare questa preminenza, sottintendendo flussi di investimenti, redditi prodotti e consumati, tecnologie, infrastrutture di comunicazione, assetti e configurazioni aziendali di assoluta rilevanza. Ma non è possibile cullarsi sugli allori: il mondo sta cambiando molto in fretta e così anche il mondo della comunicazione, dei media e dell intrattenimento in generale. 25

26 CAPITOLO 2 IL SETTORE AUDIOVISIVO 2.1 Il settore audiovisivo: una definizione Il settore dell industria audiovisiva si distingue per l eterogeneità delle sue attività e per la difficoltà di trovare un approccio che sia rigoroso dal punto di vista definitorio e allo stesso tempo sia utile per il reperimento delle principali informazioni statistiche economiche. L approccio più ampio include l insieme dei dati visivi e sonori immagazzinati e diffusi tramite le tecnologie digitali e analogiche. L innovazione tecnologica e la rapida diffusione di Internet hanno reso più complesso il mercato degli audiovisivi, andando ad affiancare alle linee di produzione tradizionali il mercato digitale e del web fino allo sviluppo di una nuova branca industriale: l industria dei contenuti. In passato le classificazioni ufficiali hanno visto gli audiovisivi come un servizio alle persone all interno delle attività ricreative, culturali e sportive, mantenendo distanti le attività di trasmissione, manifattura e commercio di apparecchiature. Dal 2007 la classificazione Ateco è stata profondamente rivista e i servizi audiovisivi sono stati inseriti nella sezione J Servizi di informazione e comunicazione. La sezione J dell Ateco 2007 oltre agli audiovisivi comprende le attività editoriali, software, web e telecomunicazioni. Proprio gli audiovisivi sono scanditi in due divisioni: 59 Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi, di registrazioni musicali e sonore 60 Attività di programmazione e trasmissione In particolare la divisione 59 prosegue la distinzione del mercato del cinema già presente nella precedente versione, oltre a prevedere anche l attività di post produzione e a riconoscere l integrazione con la televisione del cinema, assai pronunciata, ad esclusione della fase di proiezione. Nel dettaglio la divisione 59 è suddivisa nei gruppi e nelle classi seguenti: 59.1 Attività di produzione post-produzione e distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Attività di produzione post-produzione e distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Attività di post-produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Attività di distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Attività di proiezione cinematografica 26

27 59.2 Attività di registrazione sonora e di editoria musicale La divisione 60 ATTIVITÀ DI PROGRAMMAZIONE E TRASMISSIONE classifica, invece, le attività di trasmissione e diffusione dei contenuti audiovisivi distinguendole per radio e televisione. Le classi rilevanti per gli audiovisivi sono: 60.1 Trasmissioni radiofoniche 60.2 Attività di programmazione e trasmissioni televisive In sintesi, le novità della classificazione Ateco 2007 consistono in: spostamento degli audiovisivi nel settore dei servizi di informatica da quello dei servizi alle persone avvicinamento dell editoria agli audiovisivi separazione dalle telecomunicazioni delle attività di trasmissione definizione delle attività di post produzione nel processo di produzione cinematografico e radiotelevisivo maggiore integrazione fra cinema, radio e tv per produzione, post produzione e distribuzione mantenimento della proiezione come forma propria del cinema. 2.2 Il Cinema italiano tra luci e ombre Il cinema italiano negli ultimi anni ha recuperato, sul mercato nazionale, quote di box office significative rispetto alla produzione americana, che rimane maggioritaria, e in qualche misura rispetto a quella europea. Questo risultato presenta però delle serie zone d ombra a ridosso di produzione, distribuzione ed esercizio. Le prime due zone d ombra riguardano: l eccessiva concentrazione degli incassi su pochi (se non pochissimi) titoli. Si tratta, purtroppo, di un dato comune a diversi altri settori dell industria culturale, ma il mal comune non fa gaudio; l ancora insufficiente proiezione sull estero, comune purtroppo anche alle altre cinematografie europee. L Italia, al contrario di Paesi come il Regno Unito e la Francia, non può usufruire di un ampio bacino linguistico al di fuori dei suoi confini nazionali: anche considerando questo dato, il tasso di esportazione di prodotti cinematografici nazionali è scarso. La terza zona d ombra riguarda il buco nero dei mesi estivi, che sono avari di titoli e quindi incidono negativamente sul valore complessivo del box office. La quarta zona d ombra riguarda il numero e la distribuzione delle sale cinematografiche sul territorio nazionale che fa sì che la performance del box office italiano, per quanto significativa, sia inferiore alle potenzialità del mercato consumer di cinema. 27

28 La quinta zona d ombra riguarda il ruolo sociale che la sala cinematografica svolge sul territorio sia nel suo presidio di bacino di traffico (nel caso dei multiplex), sia nel caso di presidio di territorio (come nel caso delle sale di prossimità) che è, salvo eccezioni, sotto-considerato dalle istituzioni con riflesso sulle risorse disponibili. La sesta zona d ombra riguarda il pressoché inesistente sfruttamento del canale distributivo attraverso piattaforme Internet, che negli USA ha cannibalizzato l Home Video ma ha fatto crescere il consumo di cinema con il Video on Demand (VoD), riducendo la cosiddetta pirateria. 2.3 La Televisione italiana tra opportunità e criticità tecnologiche L abbandono dell analogico e il passaggio al digitale da parte delle televisioni terrestri e la moltiplicazione degli schermi per effetto delle piattaforme Internet che reiterano in modalità diverse la programmazione televisiva, costituiscono due tra i fattori più rilevanti del mercato televisivo, non solo in Italia. In quest ultimo periodo ci sono tre fatti da segnalare: L aumento di consumo della free television, che fa da contraltare alla riduzione dei consumi pay dei media per effetto della crisi economica, accentuando la sua dinamica pro-ciclica ; La crescita del fatturato Sky, che colloca l emittente satellitare al primo posto rispetto a Mediaset e Rai in termini di risultati economici, cambiando così l assetto di mercato: dal duopolio delle televisioni terrestri ad un oligopolio più largo se si considera anche la televisione satellitare. Il diverso modo di misurare le audience rispetto all investimento pubblicitario: con la televisione generalista il numero assoluto e lo share delle audience determinavano i valori degli spazi pubblicitari, con le televisioni tematiche e la satellitare acquista importanza la connotazione socioeconomica e culturale del pubblico. Nel 2013 la situazione che si presenta è la seguente: rispetto al 2012, RAI e Mediaset perdono parte del loro pubblico (rispettivamente 3,02% e -5,90% delle quote di ascolto annuale del giorno medio), Sky perde il 4,69% dopo anni di crescita delle proprie quote di ascolto, mentre le altre (principalmente i canali tematici) crescono ulteriormente (+16,42%). Si è aperto quindi uno scenario concorrenziale inatteso tra free tv (quella di Mediaset e parzialmente di RAI, il cui fatturato si poggia anche sul canone) e pay tv, rappresentata principalmente da Sky, che come si è detto ha fatto riconsiderare i modelli di business alla televisione commerciale. Tutte le emittenti poi aumentano le proprie platee con il consumo di programmi televisivi sugli altri schermi (pc, tablet, smartphone) o/e sullo schermo televisivo in tempo differito. E il campo del Video on Demand disponibile (nelle varie forme) sia attraverso i portali dei broadcaster che da piattaforme come You Tube e i Social Network. Da qui l importanza di misurare il time-shifting, che tenderà ad assumere una sua crescente rilevanza economica. 28

29 2.4 Gli impatti sul reddito degli investimenti in audiovisivo: il moltiplicatore di Keynes Il Moltiplicatore di Keynes (che in effetti fu definito da William Morton Kahan) misura la capacità degli investimenti di produrre reddito nel territorio in cui vengono effettuati. La misura è maggiore quanto meno l investimento è ad alta intensità di lavoro, utilizza poche importazioni, produce invece alte esportazioni. Il settore della produzione audiovisiva ricade nelle prime due fattispecie, potendo contare su valori purtroppo molto bassi delle esportazioni. In uno studio di qualche tempo fa 3 si è calcolato che il moltiplicatore è pari a circa 3,25: ciò significa che ogni euro investito nella produzione di un film, di una fiction televisiva, di una pubblicità o di un trailer etc, produce sul territorio dove viene investito un reddito medio di 3,25 euro. Un valore di assoluto rilievo che ha fatto sì che parecchie Regioni e Stati nazionali abbiano previsto forme di soft money (finanziamento delle produzioni che si svolgono sul loro territorio) per attrarre le produzioni e beneficiare così degli effetti positivi diretti che hanno sull occupazione e di quelli indiretti di cui si parlerà nei paragrafi successivi. 2.5 L impatto sull immaginario Italia La comunicazione e i mass media hanno un impatto forte e diretto sulla vita economica, sociale e culturale di un Paese soprattutto perché contribuiscono a forgiarne l immaginario, ossia quel patrimonio di simboli, icone e miti che caratterizzano un popolo e la sua cultura. All interno del mondo massmediale, poi, l industria cinematografica gioca un ruolo non indifferente nella partita per la definizione e il cambiamento dell immaginario perché può raggiungere un pubblico vasto, sia dentro che fuori i confini nazionali, e parla un linguaggio generalmente più semplice rispetto a quello utilizzato dalla comunicazione a stampa. Allargando l originaria definizione 4, il valore di mercato dell immagine di un Paese si può imputare ad una serie di fattori individuabili nella rappresentazione, nella reputazione, e negli stereotipi che la business community e i consumatori associano ai prodotti, ai servizi, agli investimenti all estero e all attrattività (in termini di turismo, investimenti esteri, localizzazioni di attività e residenze), di ogni singolo Paese. Tutti fattori legati tra di loro da relazioni di complementarietà e da complesse interrelazioni in cui entrano la storia, l attualità politica, sociale e civile, gli usi e le tradizioni e i prodotti più rappresentativi del made in di ciascun Paese. Non è quindi facile numerare il valore che l immagine di un Paese assume nel mercato, anche perché la sua costruzione nell immaginario collettivo è sempre più multidimensionale 5 e si condiziona reciprocamente 3 G. Celata (a cura di), L impatto economico dell industria audiovisiva in Italia. Analisi internazionali, stato del settore e proposte di Policy, disponibile online all indirizzo 4 Nagashima A., A comparison of Japanese and Us attitude towards foreing products, Journal of Marketing, vol. 32, n. 1, pp (1970) e A comparative made in product image survey among Japanese businessmen, Journal of Marketing, vol. 41, n. 3, pp (1977). 5 Roth M.S., Romeo M.B., Matching Product Category and conuntry image perception: a frame work for managing country-of-origin effect, Journal of International bisiness studies, 23 third quarter, 1992; Baughn B., Yaprak A. Mapping country-of origin research: recent development and emerging avenues, in N. Papadopoulos, L. Heslop, Product.country 29

30 con gli stessi fattori che sono alla sua origine, in uno scambio complicato di aspettative, percezioni, opinioni. Schematicamente, si può scomporre l immagine di un Paese in due componenti fondamentali: la componente cognitiva, che si costruisce attraverso tutte quelle informazioni di carattere generale che connotano il Paese da un punto di vista intellettuale, vale a dire le sue variabili e dinamiche economiche, sociali, politiche e culturali, la componente affettiva, che attiene invece alla dimensione intima di ogni singolo individuo, che, nella sua mente affolla le sensazioni, le attitudini e i sentimenti, che ha maturato sulla base della propria esperienza, col contatto mediato o diretto con la nazione stessa, con i suoi abitanti o con i prodotti e servizi della sua industria 6. Va comunque sottolineata la forza degli stereotipi che caratterizzano la percezione comune relativa ad un Paese che, una volta sedimentati nell opinione pubblica, risultano difficili da modificare, sia in senso positivo che negativo. L immagine di un Paese, dunque, si forma per effetto dell incontro tra elementi appartenenti alla sfera del razionale ed elementi appartenenti alla sfera emozionale. Elementi che dipendono dall agire di una molteplicità di fattori indipendenti e nello stesso tempo interdipendenti gli uni dagli altri e che, a loro volta, risentono in misura significativa dei giudizi preesistenti e consolidati, nelle singole persone e nell ambiente nel quale vivono. L importanza che l immaginario riveste si manifesta sia all interno che all esterno del territorio nazionale, in ambiti e con funzioni diverse Il cinema e le identità I film possono avere un alto valore culturale perché possono far scoprire temi e problemi a cui la maggior parte delle persone non presta grande attenzione o che, comunque, non sono molto considerati in un particolare momento storico. Un film può anche far riflettere su tematiche sociali complesse: si pensi, ad esempio, a Million dollar baby, la pellicola diretta da Clint Eastwood che ha scatenato un forte dibattito sul tema dell eutanasia. E che dire dell influenza del cinema sull identità nazionale di un popolo? I film possono rafforzare l identità di una nazione oppure metterla in discussione e farne oggetto di satira, possono riproporre e ribadire idee e valori radicati in un Paese oppure possono aggiornarli alla luce dei cambiamenti della società, oppure Images: Impact and Role in international marketing, International Business Press, New York, 1993; Usuiner J.C., Marketing across cultures, Hemel Hempsted, Prentice Hall, C. Guerini, Made in Italy e mercati internazionali: la valorizzazione del made in nelle strategie di marketing delle imprese italiane, Egea, Milano,

31 ancora possono cambiarli per far posto a nuovi valori. Detto in altre parole, il cinema può creare degli stereotipi oppure contribuire a eliminarli. Si pensi, ad esempio, a Il Padrino: quanto ha influito il film diretto da Francis Ford Coppola sull immagine che all estero hanno degli italiani? In tempi più recenti, si può citare il francese Bienvenue chez les Ch'tis o l italiano Benvenuti al sud, che tentano di infrangere degli stereotipi su alcune realtà territoriali e i loro abitanti. In alcuni casi, poi, il portare sul grande schermo valori e comportamenti riferiti a un popolo può avere risvolti inaspettati sulla realtà: un caso in questo senso esemplare è quello di Braveheart, che mostra degli scozzesi fieri, impavidi e fortemente nazionalistici. Questa immagine veicolata dal personaggio interpretato da Mel Gibson e dai suoi compagni e compatrioti ha avuto un tale successo a livello regionale e non solo da spingere lo Scottish National Party a usare il film per fare propaganda elettorale 7. Del resto, ancora oggi i tifosi delle squadre di calcio scozzesi si dipingo il volto come i personaggi del film, a ulteriore conferma del profondo impatto culturale che la pellicola ha avuto a livello regionale. Infine, ultimo ma non meno importante, i film mostrano a un popolo come vengono visti all estero. Si tratta di una questione di grande rilevanza per l Italia, soprattutto se si pensa che una grossa parte delle nostre esportazioni in alcuni settori chiave per il nostro Paese passa per l immagine che all estero hanno di noi L immaginario Italia e le esportazioni Che l immagine di un Paese giocasse un ruolo nell economia e nel marketing è un fatto risaputo. Si parla, in questo caso, di country-of-origin effect per indicare l effetto che la provenienza di un determinato prodotto o servizio ha sulla sua commercializzazione. Gli esempi si sprecano: si pensi ad esempio, a quanto spesso si associa la cioccolata di qualità alla Svizzera, la bontà dei vini alla Francia, le più avanzate tecnologie di consumo al Giappone. Si tratta di un fenomeno che non riguarda solo gli stati ma anche le singole regioni e le aree geografiche che sono rinomate per delle produzioni specifiche. Per riprende l esempio di prima, agli intenditori non basterà sapere che un vino viene dalla Francia ma vorranno consumarne uno che viene dalla regioni di Champagne o di Bordeaux. Si tratta in molti casi di stereotipi che però sono funzionali per chi li utilizza. Spesso, infatti, le persone quando devono scegliere che prodotti acquistare, quali libri leggere o dove andare in vacanza 8 finiscono con l affidarsi a scorciatoie di pensiero che aiutano a prendere decisioni quando le informazioni da conoscere sono molte e il tempo e le risorse cognitive per processarle invece sono pochi. Si comprende allora, l importanza dell immagine del sistema Paese per l economia: quello che il pubblico mondiale pensa di una nazione potrebbe essere trasferito, in tutto o in parte, ai prodotti che esporta o alle personalità che forma. 7 Narval Media, Birkbeck College, Media Consulting Group, Stories we tell ourselves. The Cultural Impact of UK Film , Uk Film Council, Per un approfondimento su questo tema specifico si veda il paragrafo successivo. 31

32 Del resto, a riprova di quanto detto, ormai da qualche anno i Paesi e le aree geografiche tendono ad essere gestiti come dei veri e propri brand. In questo scenario, i film rivestono un importanza notevole. In primo luogo, come si è visto nel precedente paragrafo, essi aiutano a definire l identità nazionale di un popolo e a comunicarla all estero: guardare un film può essere un buon modo per capire il nostro Paese, i nostri valori e il nostro modo di vivere o, per dirla con altre parole, cosa può essere considerato italiano e cosa no 9. Il cinema può anche avere il merito di svecchiare l immagine di un Paese, aggiornando le idee che all estero si hanno di una determinata nazione o di un determinato popolo. Un esempio interessante di quanto detto ci viene fornito dal film Sognando Beckham della regista anglo-indiana Gurinder Chadha, che ha avuto un effetto positivo sull immagine del Regno Unito nei Paesi dell estremo oriente e, in modo particolare, in Cina, la cui importanza sulla scena economica mondiale è nota a tutti 10. Un altra via attraverso la quale il cinema influenza le esportazioni e, più in generale, i consumi, riguarda la sua capacità di incidere sulle mode e sui trend che si affermano nelle società. Il settore economico più emblematico da questo punto di vista è certamente quello della moda. È risaputo che il fashion business si fonda sulle mode, ossia sugli stili, i tagli, i colori che sono considerati adatti in una determinata stagione e che, con ogni probabilità, verranno sostituiti l anno successivo. Chi stabilisce cos è di moda e cosa no? Se le risposte a questa domanda sono molteplici, non si può negare che tanta parte dei trend per una determinata stagione viene fissata da ciò che indossano attori e attrici, all interno e all esterno del set cinematografico. Ne consegue che se un film ha successo e si impone all attenzione del pubblico sarà molto probabile che una parte degli spettatori cercherà di emulare l eroe o l eroina del film o della serie tv nel modo di vestire, di truccarsi ecc. E il nostro Paese, insieme alla Francia, è considerato il più importante trend-setter in fatto di moda al mondo. Il cinema e la comunicazione in generale può fare molto in questo senso perché si tratta di un settore cresciuto significativamente sia da un punto di vista puramente economico sia, e forse soprattutto, nel tempo che vi dedicano le persone; e sta progressivamente coinvolgendo parti, popolazioni ed economie del globo che fino a poco tempo fa sembrava ne fossero escluse come i Paesi dell ex blocco comunista europeo e la Cina. Una recente evoluzione di quanto detto è costituita dal cosiddetto product placement: l inserimento di particolari oggetti in un film, una fiction o in altri eventi mediali. Si tratta di una pratica diffusa già da qualche tempo negli Stati Uniti ma che in Italia è stata introdotta solo da poco tempo e si sta affermando come un metodo di finanziamento per l industria cinematografica e televisiva. Le ragioni del successo del product placement possono essere rintracciate nel maggiore effetto che esso ottiene sui consumatori rispetto alla pubblicità tradizionale: gli spettatori si calano nella storia, si identificano con i personaggi e possono collegare loro i prodotti presentati. Inoltre, se fatto bene, il product 9 Quanto descritto rappresenta sicuramente un opportunità per una nazione ma è anche un rischio: una visione distorta di un Paese espressa attraverso un film può veicolare contenuti sbagliati e così, indirettamente, incidere negativamente anche sulle esportazioni. 10 Oxford economics, The Economic Impact of the UK Film Industry,

33 placement non risulta invasivo e non viene visto negativamente dagli spettatori perché non interrompono la visione del film o della fiction. 2.6 Gli impatti sul turismo: il cineturismo Uno dei settori economici su cui l immaginario legato a un luogo o un Paese ha maggior peso è certamente il turismo. Si tratta di una voce importante per l economia del nostro Paese: nel 2011 il contributo totale del settore turistico al PIL è stato di miliardi di euro, che corrisponde all 8.6% del prodotto interno lordo italiano. Fonte: WTTC, Travel and Tourism. Economic impact 2012, Italy, 2012 Anche i dati sull occupazione sono interessanti: il turismo diretto, indiretto e indotto ha creato posti di lavoro nel 2011, quasi un decimo dell occupazione totale italiana (Fonte: WTTC, 2011). Fonte: WTTC, Travel and Tourism. Economic impact 2012, Italy, 2012 E le stime per il futuro ci dicono che questi numeri aumenteranno. Per questo è importante prestare attenzione a tutto ciò che può influenzare e far crescere questo settore, e il cinema e la comunicazione audiovisiva in generale hanno un forte impatto su di esso. 33

34 Infatti, se è indubbio che, specialmente in questo periodo di crisi, i turisti valutino molto aspetti pratici quando progettano un viaggio, come la possibilità di prenotare voli e pernottamenti low cost, la sicurezza del luogo, la presenza di determinati servizi, è anche vero che nella scelta della meta per le proprie vacanze pesa molto l idea che ci si è fatti del posto. Per dirla con altre parole, tutta quella serie di immagini, percezioni, giudizi, sensazioni ed emozioni collegati non solo ai monumenti e al paesaggio ma anche agli usi, tradizioni e cultura della gente che vi vive. Su questo aspetto, la comunicazione può molto e, in particolare, può molto l intero comparto dell audiovisivo che è in grado di raggiungere un pubblico di massa fin dentro casa propria o, più recentemente grazie allo sviluppo della tecnologia, ovunque essa si trovi grazie ai nuovi dispositivi mobili come smartphone e tablet. Con riferimento all impatto sulle scelte turistiche, è possibile suddividere gli audiovisivi in due macrocategorie: la prima comprende tutte le produzioni multimediali studiate con il preciso scopo di attirare turisti in un determinato luogo. Si pensi, ad esempio, ai video realizzati da catene alberghiere e tour operator o ancora agli spot televisivi promossi da alcuni enti territoriali per promuovere specifiche realtà. Essi generalmente danno informazioni sui luoghi in questione, mostrando i posti più belli e caratteristici ma hanno lo svantaggio che accomuna tutti i prodotti pubblicitari classici, ossia la consapevolezza da parte del turista che si tratta di qualcosa pensato ad hoc e quindi di parte. Alla seconda categoria appartengono invece le produzioni che, pur non essendo realizzate al preciso scopo di promuovere una località turistica, finiscono per mostrala al pubblico e raccontarla. I film e le fiction televisive possono svolgere questa funzione e così influire sulle motivazioni che spingono i turisti a visitare un determinato posto o un Paese Cinema e motivazioni del viaggio Il tema delle motivazioni è piuttosto complesso ma al tempo stesso affascinante; molti studiosi hanno dedicato il loro lavoro ad esso e quindi esistono diversi modelli che tentano di darne una spiegazione. In questa sede si utilizzerà la teoria di Dann, il quale sostiene che la motivazione a viaggiare e a scegliere un posto piuttosto che un altro è influenzata da fattori di diversa natura, che egli distingue in push e pull. I primi sono fattori psicologici ed emotivi, intrinseci all individuo. Dann ne aveva individuati due: l anomia e l accrescimento personale. Ma nel corso del tempo altri studiosi si sono dedicati ad essi. Crompton, ad esempio, aveva individuato nove fattori push: fuggire da un ambiente percepito come poco interessante, conoscere e mettere alla prova se stessi, rilassamento, prestigio, comportamento men o forzato, migliorare le relazioni familiari, facilitazione dell interazione sociale, novità e educazione 11 (Cit. in Beeton, 2006: p. 37). I fattori pull, invece, sono estrinseci all individuo; riguardano le caratteristiche del posto che attraggono i visitatori come il tempo, le spiagge, la pulizia del posto, le attrazioni naturalistiche o culturali (Cfr. Ibidem). 11 Il termine educazione va inteso con il significato di formazione e apprendimento. Riguardo agli ultimi due fattori elencati, non tutti gli studiosi sono concordi nel ritenerli fattori push: Bogari, Crowther e Marr li definiscono fattori pull. 34

35 Secondo il modello di Dann, i fattori push predispongono l individuo a compiere un viaggio mentre i fattori pull lo guidano nella scelta del luogo specifico in cui andare. Il cinema e le fiction possono influire su entrambe le categorie di fattori. Ad esempio, essi possono mostrare una località, magari poco conosciuta, e farla scoprire agli spettatori, spingendoli ad andare a visitarla di persona. Si pensi, tra gli altri, al caso della città di Matera che ha registrato un boom di turisti dopo l uscita nelle sale del film The passion diretto da Mel Gibson o più recentemente all interesse dimostrato dai turisti per la città di Lecce dopo il successo di Mine vaganti di Özpetek. Ma c è di più. Per la loro particolare natura i prodotti cinematografici sono in grado di coinvolgere lo spettatore nella trama delle loro storie, di emozionarli, di fare in modo che essi si identifichino con i personaggi principali. E allora quale migliore motivazione per viaggiare se non quella di rivivere le emozioni provate sul divano di casa propria nel luogo in cui il film è stato girato? Ovviamente l autoidentificazione con il personaggio sarà tanto maggiore quanto più alto è l interesse per il film in questione. Utilizzando queste due variabili, si possono classificare i turisti che visitano il set di un film in tre categorie: cineturista casuale, generico e specifico. L ultima figura è forse quella più interessante perché in questo caso il turista programma le proprie vacanze con l obiettivo preciso di andare a visitare la location cinematografica o televisiva 12. Talvolta, poi, il luogo assume una tale importanza all interno del film o della fiction da diventare un icona, quindi un simbolo del film, o perché ripetuta più volte oppure perché teatro di uno o più scene clou. Per gli amanti di Harry Potter, ad esempio, il castello di Alnwick in Gran Bretagna può considerarsi un icona: si tratta del castello di Hogwarts, la celebre scuola del maghetto. Infine, ultimo ma non meno importante, i turisti possono scegliere di visitare un luogo perché nelle storie raccontate dal grande o dal piccolo schermo ha preso parte una star che loro amano molto I vantaggi del cineturismo L importanza del cinema sul turismo è tale che gli operatori e gli enti pubblici hanno iniziato da tempo a prestare investire sul turismo. Gli uni soprattutto sfruttano le opportunità che il turismo porta ai luoghi dove lavorano. Uno degli esempi più significativi, ad esempio, è la realizzazione di veri e propri movie tour, per portare i turisti nei location dei film o delle fiction più famosi. In questo campo i Paesi anglosassoni sono i primi della classe. In Inghilterra, ad esempio, vengono offerti tour delle location di Nothing Hill, Il diario di Bridget Jones, Sherlock Holmes, Harry Potter o ancora un giro nelle location londinesi de Il Codice da Vinci, seguendo le orme di Robert Langdon and Sophie Neveu, i due protagonisti del film. Anche negli Stati Uniti questo fenomeno è ormai un dato di fatto. Un turista che arriva a New York, ad esempio, può prenotare un tour delle location di Sex and the city oppure di Gossip Girl, mentre a San Francisco si può decidere di visitare i luoghi dove sono stati girati Mrs. Doubtfire o Vertigo di Alfred Hitchcock. 12 Una deriva di quanto detto riguarda i cosiddetti pellegrinaggi nei luoghi teatro di delitti efferati. Uno degli ultimi in ordine di tempo è il caso di Avetrana, la cittadina pugliese dove è stata assassinata Sara Scazzi. 35

36 Migliaia Consapevoli dell importanza dei film per l economia dei propri territori e non solo, gli enti pubblici e le amministrazioni locali stanno cercando di promuovere le aree che amministrano presso registi e produttori cinematografici, concedendo loro agevolazioni economiche di diversa natura, sconti sulle tasse e, ultimi ma non meno importanti, formando personale altamente specializzato di cui poter usufruire in tutte le fasi di realizzazione del film (pre e post produzione e riprese). Un caso interessante da questo punto di vista è certamente la Nuova Zelanda, che ultimamente è diventata una meta turistica di rilievo anche grazie a Il signore degli anelli. Dopo l uscita nelle sale della trilogia tratta dall opera di Tolkien, il Paese, che non era inserito nei grandi circuiti turistici internazionali, ha beneficiato di un incremento di visitatori annui medi pari al 40% 13. La Nuova Zelanda, così, ha investito molto sul cinema come veicolo di promozione turistica, dando degli incentivi a chi decide di girare nel Paese e sponsorizzando le conoscenze e competenze dei suoi cittadini nelle attività di collaborazione e supporto alla realizzazione dei film. Tutto ciò fa di questo stato uno dei casi di successo nell utilizzo dei film per promuovere il turismo Le best practice italiane Anche il nostro Paese registra casi di successo in questo campo, sia per quanto riguarda il campo dei film sia per le fiction. Va tenuto conto che, a differenza dei film inglesi o americani che hanno un pubblico potenziale abbastanza vasto (l inglese è la seconda lingua più parlata al mondo), i film italiani scontano il problema di una lingua poco diffusa all estero. Per quanto riguarda le serie tv, un caso di successo è rappresentato dal castello di Agliè che ha fatto da cornice alle due serie di Elisa di Rivombrosa e poi a La figlia di Elisa, in onda nel Si tratta di una fiction che ha avuto grande successo, registrando una media di ascolti di 8 milioni per la prima serie. Come si può vedere dal grafico presentato sotto, il castello di Agliè ha registrato un notevole incremento di visitatori dopo l uscita in tv della prima serie: essi sono passati dall essere poco più di nel 2003 a circa nel Si tratta di un incremento importante, soprattutto se si considera che il nome del castello ducale non compariva neanche nei titoli di coda del programma. 100 Visitatori castello ducale di Aglié ( ) Fonte: Elaborazioni su dati Osservatorio Culturale del Piemonte ( ) 13 Oxford Economics, The economic impact of the UK Film Industry,

37 Rimanendo nell ambito delle serie televisive, di rilievo è anche l esperienza di Città della Pieve, che ha ospitato le riprese di Carabinieri. La fiction è stata subito un successo televisivo in termini di ascolti: la prima delle sette serie è andata in onda nel 2002 con una media di ascolto di telespettatori, mentre la seconda, in onda nel 2003, ha avuto telespettatori. Il caso di Città della Pieve è significativo e peculiare per il modo in cui gli enti pubblici e privati del territorio hanno gestito la cosa, attivando un importante collaborazione con la produzione televisiva 14. Dal punto di vista degli enti pubblici, il Sindaco di Città della Pieve ha preso le redini del coordinamento, supportato dalla sua segreteria, dall ufficio di promozione turistica e dal corpo dei vigili urbani, e ha dato le location a titolo gratuito. Ma anche i privati non sono stati da meno: si è realizzato un rapporto stretto tra produzione ed esercenti che ha comportato anche l utilizzo di 4 alberghi, 1 agriturismo ed alcuni appartamenti nel centro e nei dintorni di Città della Pieve. Ciò ha permesso alla cittadina umbra di beneficiare da subito degli effetti economici derivanti dalle riprese della fiction sul suo territorio. In primo luogo, sono state impegnate professionalità locali come interpreti (3.000 comparse impiegate, 50 attori per piccoli ruoli provenienti prevalentemente da laboratori teatrali di Città della Pieve, Perugia, Castiglione del Lago ed Orvieto) e tra le maestranze (9 persone fisse di cui 5 autisti, 1 sarta, 1 amministrativo, 2 segretarie; oltre a personale saltuario come sarte, manovali, parrucchieri, ecc.). Inoltre, sono state organizzate operazioni di goodwilling come l organizzazione di partite di beneficenza a cui hanno preso parte gli attori della fiction, senza contare che diversi componenti della produzione hanno preso case o casali in affitto a città della Pieve, sia per lavoro che per piacere, ed è stato facile vederli seduti al bar a giocare a carte con gli altri cittadini. Infine, dopo le riprese il sito ufficiale del comune ha inserito il link della fiction e la produzione ha realizzato e regalato alla città un video promozionale del territorio che dava l immagine del paesaggio reale incrociata con quella della fiction. Da notare però, che gli enti locali non hanno attuato una strategia di promozione turistica specificatamente legata alla fiction. Hanno così voluto evitare di legare troppo i caratteri fondanti dell attrattività turistica di Città della Pieve a quella televisiva. Hanno aiutato la produzione, hanno operato per un positivo rapporto tra produzione e cittadinanza, hanno beneficiato dei positivi effetti economici ma, con un ottica di lungo periodo, hanno teso a non sostituire nell immaginario turistico la Città della Pieve del Perugino con quella di Martina Colombari (o degli altri attori). Anche se hanno utilizzato l attrice come testimonial. Il caso di successo più eclatante riguarda, però, la città lucana di Matera, che ha fatto da sfondo alle riprese di The Passion. Il film, diretto da Mel Gibson e uscito nelle sale nel 2004, ha fatto molto parlare di sé per il clamore che ha generato e ha avuto un grande successo di pubblico: l incasso al solo botteghino americano è stato pari a 370 milioni di dollari 15. Nel 2005 la città di Matera ha registrato un aumento importante dei flussi turistici, come mostrano i grafici seguenti: 14 Luoghi & Location, In viaggio con la Fiction, 2007/2, ricerca realizzata per EXPOCTS e Bit La Repubblica.it, Usa, 'The Passion' esce in dvd: un fan ordina 100mila copie, 26/08/2004, 37

38 Migliaia Migliaia Andamento arrivi città di Matera ( ) Stranieri Italiani Totali 200 Andamento presenze città di Matera ( ) Stranieri Italiani Totali Fonte: Area CED - APT di Basilicata, Movimento dei clienti italiani e stranieri delle strutture ricettive della Basilicata, Come si può vedere dal grafico, in termini assoluti i turisti italiani sono maggiori di quelli stranieri. Negli ultimi anni, poi, si è registrato un incremento di visitatori nazionali dovuto anche a un nuovo film uscito nelle sale nel 2010: si tratta di Basilicata coast to coast, diretto da Rocco Papaleo. Ma il dato forse più interessante riguarda l incremento dei visitatori stranieri: The Passion, con il suo successo a livello internazionale, è riuscito a mostrare al mondo un luogo misconosciuto dai turisti stranieri, con benefici consistenti per l economia della regione. 200% 150% 100% 50% 0% -50% -100% Figura 9 - Andamento flussi turistici starnieri dai principali Paesi ( ) Francia Germania Regno Unito Stati Uniti d'america Fonte: Area CED - APT di Basilicata, Movimento clienti suddivisi per regione italiana e paese straniero di provenienza,

39 Il cineturismo ha avuto la sua importanza anche per il Salento e in particolare per la città di Lecce, che ha ospitato le riprese di Mine Vaganti, penultimo film del regista italo-turco Ferzan Özpetek. La pellicola ha avuto un buon successo di pubblico e sicuramente ha inciso sull incremento di turismo che la Puglia ha registrato negli ultimi tempi. Il grafico seguente mostra l esponenziale aumento degli arrivi e delle presenze in città dal 2001 al D altro canto, la regione sta facendo molto per sostenere le produzioni cinematografiche sul proprio territorio: l Apulia Film Commission ha speso 2 milioni e 848 mila euro nel quadriennio Una delle ultime notizie in merito riguarda l approdo nel tacco d Italia del cast di Beautiful, una serie televisiva americana molto nota che conta circa 45 milioni di telespettatori. Il progetto è stato finanziato dall Apulia Film Commission e ciò, se da un lato ha avuto l effetto di sollevare polemiche e malumori sull erogazione di fondi a un prodotto discusso, dall altro potrebbe portare buone notizie sul fronte turistico grazie alla visibilità che l operazione potrebbe apportare alla regione soprattutto presso un pubblico internazionale. 39

40 CAPITOLO 3 GLI SCENARI TECNOLOGICI E DI MERCATO DELLA TELEVISIONE La televisione tra old e new media In Italia, com è noto, la televisione è nata negli anni '50 con la trasmissione di poche ore di programmi semplici e ripetitivi. Dopo un incremento seriale di offerta, a cui ha risposto più che proporzionalmente la domanda, la televisione italiana ha dato vita ad un mercato paretiano : da un lato un oligopolio costituito da Rai e Mediaset, a cui più recentemente si è unita Sky; dall altro un mare magnum di circa 600 televisioni locali, che al loro interno si dividono il mercato residuo in termini altrettanto paretiani : a fronte di circa emittenti con un significativo presidio territoriale e di ascolti, ci sono poi tutte le altre che vivono in condizioni diverse. La struttura economico-finanziaria di ciascuna riflette la loro collocazione. I broadcaster, a qualsiasi livello territoriale facciano riferimento, però, operano sul mercato mondiale per quanto riguarda i loro prodotti e i format e quindi non possono non tener conto di quello che accede sul più ampio scenario mondiale. La novità più importante degli ultimi anni è stata senza dubbio l entrata in campo di Internet che, come si è detto, ha portato con sé anche un cambiamento del rapporto tra media e messaggi. Fino a poco tempo fa, infatti, quando si parlava di contenuto video, si faceva riferimento in maniera quasi univoca alla televisione tradizionale, considerata baluardo inespugnabile e pietra miliare nel panorama dei media. Il forziere in grado di racchiudere in sé tutti i contenuti: informazione, intrattenimento, cultura. Nonché comprendere in sé, in una certa misura, anche gli altri media (radio, giornali, teatro e cinema): una sorta di cannibalizzazione che ha ridimensionato ambiti di mercato e quindi audience e consumo. Nel corso degli ultimi anni, i concetti di contenuti video e di televisione hanno rapidamente subito un processo di scissione, un capovolgimento di prospettiva fondamentale che ha cambiato il modo di percepire appunto medium e messaggio 17. Il concetto di contenuto video insieme alla supremazia del consumatore, - sta prendendo forza, mentre la televisione, al contrario, sta imparando ad orientarsi nella nebbia di declinazioni che già si intravedono, ma dagli esiti ancora tutti da verificare. Di fronte alle innovazioni tecnologiche, l'avvento del digitale e di Internet, la televisione ha subito 16 Le voci illustrate in questo capitolo sono tratte dal progetto Screen - Servizi e contenuti per le reti di nuova generazione, svolta dall Università Roma Tre per conto di Agcom. 17 Si ricordi, a questo proposito, la famosa provocazione intellettuale di McLuhan ( il medium è il messaggio) e la sua rottura. 40

41 numerose trasformazioni che hanno portato alla diffusione dei contenuti su una molteplicità di canali e alla conseguente ascesa di modelli di distribuzione più complessi. Con l aumento dei canali e delle piattaforme, le opportunità di scelta per il consumatore si sono moltiplicate: ora l utente non solo può preferire un canale broadcast tra i tanti ma può anche scegliere la piattaforma Web su cui consumare lo stesso contenuto, originato dallo schermo televisivo. Il mezzo, come si è detto, diventa quindi subalterno al contenuto, completamente ininfluente rispetto al messaggio. A seconda del contenuto che si ricerca, il pubblico sceglie in maniera attiva la piattaforma, se broadcast o Internet, su cui consumarlo. È la logica del Video On Demand che nasce e si diffonde su questa opportunità di declinazione personale nell uso del tempo per il consumatore, e di declinazione su uno spazio temporale più ampio dei singoli programmi per le televisioni. Alle innovazioni fin qui descritte si associa un cambiamento nel ruolo rivestito dai consumatori 18, per niente fruitori passivi di contenuti progettati da altri: i Forum aperti sui siti dei broadcaster o sui tanti siti messi in piedi dai fan di determinate trasmissioni, serie televisive o altro, hanno evidenziato, ad esempio, il fenomeno del fandom che tenderà a divenire uno strumento sensibilissimo per analizzare al loro interno le audiences. Per le cose fin qui dette, dunque, la televisione sta percorrendo la strada che la porterà ad esprimersi in misura sempre crescente attraverso più media. Ciò significa che essa tende ad operare non più solo attraverso lo schermo del televisore, ma anche attraverso quelli che vengono definiti new media. Ci si riferisce in questo caso in maniera non esclusiva, ma principale, a Internet. Si sta vivendo una fase in cui il broadcaster manda in streaming o ripropone in differita i propri contenuti su Internet. Sempre più in futuro i contenuti televisivi, oggi sul Web, potranno rifluire grazie alla Connected TV sullo schermo televisivo. Quindi oggi il mezzo televisivo è sospeso tra un non-più (solo schermo televisivo) e un non-ancora (televisione broadcast e broadband), capace di contenere sia la piattaforma tradizionale broadcast sia i contenuti che gli ritornano broadband, siano essi streaming e/o reiterati. Di fronte a queste differenziazioni si può distinguere la televisione, intesa come piattaforma per la diffusione di contenuti, in due macro famiglie: l old medium (o televisione tradizionale) e new medium (televisione attraverso Internet). Nella categoria old medium (televisione tradizionale), in gran parte ancora legata al vecchio modello economico e culturale, possiamo includere la Free Television (televisione gratuita), la Cable Television (via cavo), la Pay TV, le Syndication. Per new medium si intende la televisione che si esprime anche attraverso piattaforme Internet. Il VOD (Video On Demand) è comunque una chiave di volta decisiva per le forme di sfruttamento del contenuto attraverso Web e IP. Le piattaforme digitali online diventeranno probabilmente una fonte primaria di ricavi nei prossimi anni, dal momento che la maggior parte delle persone al di sotto dei 18 Sempre più spesso, quando si parla di cambiamento del consumatore si utilizza il termine prosumer. Crasi dei termini producer e consumer, nell originaria formulazione di Tofler esso sta ad indicare un consumatore che è al tempo stesso produttore o che comunque contribuisce al processo di produzione. Più in generale, esso rimanda all idea di un consumatore attvo, che chiede alle imprese di essere parte attiva nelle varie fasi del processo di creazione e commercializzazione dei loro prodotti e servizi. 41

42 30 anni è abituata ad usare il proprio computer, il proprio tablet, il proprio smartphone quale fonte primaria per accedere a contenuti video. Il broadcasting, cioè la televisione lineare e/o di flusso, rimarrà la grande fabbrica di contenuti televisivi che si declineranno secondo le diverse piattaforme tecnologiche e i diversi schermi. Ciò vuol dire che, nonostante l aumento dei cosiddetti user generated content, che affollano con i loro short form piattaforme come YouTube e popolano i social network come Facebook, i contenuti professionali che provengono dalle industrie dell intrattenimento televisive o cinematografiche continueranno ad essere la parte maggioritaria della torta del fatturato complessivo. Ovviamente ogni contenuto televisivo dovrà essere declinato secondo le diverse piattaforme, che si distinguono per tempi e modalità d uso. Questo contenuto subirà un processo di rimodulazione (ad esempio durata, qualità, dimensioni) secondo le specificità di ogni medium e il suo valore sarà diverso a seconda della modalità, qualità e prezzo che si è disposti a impegnare per fruirlo. La risposta economica sarà sensibile soprattutto alla capacità di negoziare contratti di sfruttamento sempre più flessibili sul fronte delle licenze esclusive e dei diritti, cercando sempre di mantenere il valore del prodotto per ogni tipo di pubblico Il cambiamento dello scenario televisivo italiano Da alcuni anni lo scenario televisivo italiano, quello caratterizzato dal duopolio Rai-Mediaset e fondato sulla Free Television, è diventato irreversibilmente più articolato. L entrata in campo del satellitare Sky, ramo italiano di uno dei più grandi gruppi media del mondo (News Corp.), ha introdotto due significative novità: la moltiplicazione dei canali; la Pay TV. Un mercato come quello italiano, che sembrava all inizio saturo per la già importante offerta che la televisione pubblica e quella commerciale privata mettevano in campo, ha dimostrato di essere interessato e quindi permeabile di fronte a una vasta scelta di palinsesti tematici a pagamento. La successiva entrata in scena della televisione digitale terrestre ha confermato questi nuovi sentieri di sviluppo avviati dalla televisione satellitare. Con il completamento della digitalizzazione della televisione terrestre, dall esame delle regioni all digital si evidenzia una risposta positiva del pubblico televisivo rispetto a quest allargamento dell offerta. Difatti, i dati italiani, confermando un andamento già registratosi negli Stati Uniti, hanno rilevato un aumento delle audience. Ovviamente le audience si sono distribuite in maniera differente rispetto al passato, riducendo gli ascolti dei canali generalisti a favore dei canali tematici. Sky, che ormai è tra i principali broadcaster in Italia per fatturato, ha subito un ulteriore trasformazione passando dall essere una televisione satellitare con un modello di business che puntava ad offrire un offerta molto ricca di canali e contenuti all essere una vera e propria piattaforma di distribuzione dei contenuti non solo in modalità lineare (attraverso i suoi palinsesti) ma anche in modalità differita (in una logica di time-shifting e mobilità) che permette agli abbonati di fruire dei contenuti targati Sky quando e 42

43 dove vogliono, sfruttando ritagli di tempo in cui prima era impensabile guardare dei programmi televisivi (si pensi, ad esempio, ai momenti di spostamento sui mezzi pubblici). Gli altri grandi broadcaster italiani hanno avuto qualche difficoltà ad entrare nella nuova logica portata da Internet e dal digitale ma ora stanno cercando di portare avanti iniziative tese a colmare il gap. Il successo del digitale sta inoltre mietendo altre vittime. A fronte del temuto, e in qualche misura atteso, guadagno di quote di audience da parte dei broadcaster maggiori, si sta verificando la perdita di peso sul mercato delle televisioni locali e la conseguente redistribuzione delle audience tra televisioni terrestri e televisioni satellitari. Ciò apre un discorso serissimo riguardo a: le modalità di investimento dei grandi inserzionisti pubblicitari; le modalità di redistribuzione, da parte dei centri media, degli investimenti pubblicitari tra la nuova folta schiera di canali dell offerta televisiva digitale; le modalità di acquisizione di pubblicità da parte delle concessionarie del broadcaster pubblico e di quello commerciale-privato. Ciò detto, mentre gli esperti stavano già teorizzando, per l invasività e la pervasività del monitor dei computer e della navigazione su Internet, la fine non della televisione ma, più specificatamente, il declino ineluttabile del ruolo primario dello schermo televisivo, un nuovo protagonismo dei grandi gruppi hardware ha consentito loro di tirar fuori, per così dire, il coniglio dal cappello. Si tratta della Connected TV, cioè di quello schermo che garantisce, insieme, l approdo naturale per i broadcaster, abitanti usuali della televisione come l abbiamo conosciuta fino ad oggi, e una connessione ad Internet, diventando un nuovo attracco per i Web/Internet aggregator. Dunque già oggi, ma ancor più in prospettiva, lo schermo televisivo diventa il campo competitivo tra broadcaster e Web/Internet aggregator. Nei paragrafi che seguono si tenterà di fornire un quadro il più possibile esaustivo delle nuove forme di televisione che sono nate e si stanno affermando sul mercato, tenendo sempre ben presente il momento di crisi che il comparto sta attraversando. Crisi in primo luogo economica: nel il settore ha subito una flessione dei ricavi pubblicitari, al pari degli altri media, ha conosciuto nel 2010 una moderata crescita, per poi far registrare nuovamente una flessione nel 2011 e soprattutto nel Crisi, più in generale, di sistema, da non leggere però sotto una luce totalmente negativa: la parola crisi, infatti, viene dal greco krisis, che significa letteralmente dividere, separare. Essa è un momento che separa una sopravveniente maniera di essere da quella precedente: separa il dopo dal prima, indicando un tracciato di cambiamento per i modelli di business, le filiere di distribuzione e tutta la catena del valore. 19 Agcom, Relazione annuale 2013, disponibile online alla pagina 43

44 3.2 Televisione e Internet: le tante televisioni e i tanti protagonisti La ritrovata centralità della televisione I contenuti audiovisivi sono centrali nella dieta mediatica dei consumatori. Proprio questa centralità rende quest area dell ecosistema mediale particolarmente interessata dai cambiamenti messi in moto dall arrivo del digitale e di Internet. Per quanto riguarda la televisione, dopo anni in cui lo schermo televisivo sembrava aver perso la sua centralità, materiale e simbolica, nelle abitudini di consumo di un utenza sempre più orientata a mettere il monitor del computer al centro del proprio sistema comunicativo, oggi assistiamo a una rinnovata attenzione nei confronti del (non più) piccolo schermo televisivo. Soggetti tradizionalmente impegnati nell offerta di contenuti televisivi (i broadcaster) e nuovi potenziali competitor (sia provenienti da altri settori della comunicazione (come ad esempio le TLC), sia nativi digitali, (come gli operatori OTT) hanno negli ultimi anni cominciato a guardare al digitale e alle reti elettroniche di comunicazione come piattaforme tecnologiche in grado di aprire nuove opportunità per il mercato televisivo: ampliandone i tempi e gli spazi di consumo, donandogli nuovi strumenti per la profilazione delle sue audience (e dunque nuove importanti risorse pubblicitarie), scoprendo pratiche di consumo e modalità di visione capaci di generare nuove forme, sociali, di engagement del pubblico. Sono nate, così, nuove forme di televisione che si sono affiancate a quelle più tradizionali. Nei prossimi paragrafi si tenterà di tracciare un quadro il più possibile esaustivo di queste nuove forme. Nel contesto italiano le dimensioni relative del mercato interno e la resistenza dei confini linguistici nazionali sembrano costituire degli ostacoli più difficilmente superabili per l ingresso di nuovi protagonisti della scena televisiva rispetto agli altri Paesi e soprattutto agli Stati Uniti, dove sul web sono nati nuovi soggetti (Hulu e Netflix, tra gli altri) con logiche imprenditoriali e strutture operative completamente digitali, che hanno dimostrato di poter competere alla pari con i grandi broadcaster. Anche se bisogna guardare con estrema attenzione a ciò che di nuovo si sta sperimentando nel nostro Paese (che sia la IPTV Cubovision di Telecom Italia, la web-tv StreamIt, o la nostrana OTT-TV Chili), al momento attuale sembra comunque possibile affermare che i protagonisti storici dell offerta televisiva, i broadcaster, sono riusciti a conservare, anche sul terreno instabile dell innovazione digitale, la propria centralità televisiva (definendo, come si è detto, seppur con qualche ritardo e difficoltà, delle efficaci strategie per presenziare il web, che hanno preso soprattutto la forma di internet tv ben integrate nel complesso della propria offerta ormai pienamente multi-piattaforma di contenuti televisivi). 44

45 3.2.2 IPTV La IPTV (Internet Protocol Television) è il termine usato per il segnale televisivo e/o audiovisivo che viene distribuito ai sottoscrittori o agli utenti usando l IP (protocollo internet) e decodificato tramite un set top box. La IPTV offre contenuti sia in streaming che on demand. L utilizzo del set top box connesso ad una rete telefonica prima e internet dopo caratterizza anche i cable operator, principalmente nordeuropei, americani e giapponesi, nati da operatori Media prevalentemente non TLC, per distribuire contenuti audiovisivi su reti proprietarie, e a cui le Authority nazionali hanno concesso successivamente di poter offrire anche servizi telefonici e connessione internet ai propri abbonati. In questo modo, è stata accentuata la concorrenza reciproca fra operatori TLC e Media. Da un punto di vista economico, l IPTV si è sviluppata in maniera competitiva rispetto alle altre piattaforme tecnologiche con l introduzione del servizio triple play (offerta congiunta di servizi voce, Internet e televisivi) da parte prevalentemente degli operatori TLC. Proprio questa offerta congiunta dei servizi Internet e TV e l uso del set top box per la decodifica del segnale la distinguono dalla over the top television. Essa, poi, si differenzia dalla Internet TV e dalla Web TV per la sua natura di pay tv. Va ricordato, inoltre, che l IPTV necessita di dare garanzia di un elevato standard di definizione dei contenuti audiovisivi. Con l estensione delle reti a banda larga, comunque, questa differenziazione tenderà a scomparire. Come altre piattaforme distributive (e a differenza del modello broadcasting della free television pubblica o privata), l IPTV e la Cable TV sono basate sul modello walled garden (library proprietaria rivolta esclusivamente agli abbonati). La Francia è il Paese dove la IPTV si è più sviluppata, non solo in Europa ma anche nel mondo. Seguono in ordine decrescente Svezia, Olanda, USA, Spagna, Canada e Germania. La Cable TV, invece, è la piattaforma più popolare negli Stati Uniti, Canada, Giappone, Olanda, Svezia, Russia, India e Cina. L Italia si colloca agli ultimi posti delle classifiche sulla diffusione della IPTV nei Paesi industrializzati L IPTV in Italia L offerta di IPTV nel nostro Paese si è scontrata con la forte offerta di televisione free e di televisione satellitare e digitale terrestre pay, che hanno riversato sul mercato televisivo un offerta molto ampia di canali e prodotti audiovisivi 21. Per questa ragione, se all inizio l offerta di IPTV era proposta, oltre che da Telecom, anche da Tiscali e successivamente da Fastweb e Wind-Infostrada, ad oggi l unico operatore presente è Telecom Italia con Cubovision, e non si intravedono operatori entranti. L unica, parziale eccezione è quella del servizio Sky On Demand, che prevede l uso della rete Internet in congiunzione con un decoder per la visione di programmi on demand. Ma da un lato Sky Italia è un operatore Media che non fornisce servizi voce e internet, componente importante invece negli operatori della IPTV e della Cable TV. Dall altro lato, è un servizio 20 Elaborazione Ofcom su dati IDate del La pay tv è presente nel 37% delle abitazioni televisive italiane; di queste, il 53% vede la presenza del digitale satellitare a pagamento, il 41% del digitale terrestre a pagamento, mentre nel restante 6% sono incluse tutte le altre forme di pay tv, fra cui la IPTV (Relazione AgCom 2012, 129). 45

46 mar-08 mag-08 lug-08 set-08 nov-08 gen-09 mar-09 mag-09 lug-09 set-09 nov-09 gen-10 mar-10 mag-10 lug-10 set-10 nov-10 gen-11 mar-11 mag-11 lug-11 set-11 nov-11 gen-12 mar-12 mag-12 Migliaia disponibile esclusivamente per gli abbonati alla pay tv satellitare da più di un anno. Di conseguenza, questo servizio, benché veicolato da un set top box tramite l uso del protocollo internet, non può essere considerato una vera e propria IPTV. Telecom Italia, attraverso la partecipata Telecom Italia Media, è stata a lungo proprietaria anche del broadcaster La7; la recente vendita di quest ultima al gruppo editoriale che fa capo a Urbano Cairo (marzo 2013) e la scelta di mantenere invece attraverso Cubovision la presenza come IPTV e le sue derivate in termini di Internet TV, WebTV e OTT TV, mostra la maggiore importanza attualmente attribuita dal gruppo agli sviluppi della distribuzione di contenuti audiovisivi via internet più che alla loro produzione e distribuzione secondo i modelli di broadcast. Il combinato disposto delle difficoltà incontrate dall offerta IPTV in Italia trova riscontro nella platea di abbonati alla IPTV di Telecom, che hanno iniziato a diminuire nel 2009 per poi subire un ulteriore significativo calo nel 2010, in parallelo con la diffusione del digitale terrestre e la crescita degli abbonati alla televisione satellitare. Nel caso di Telecom Italia, da abbonamenti del dicembre 2009, si è scesi a abbonamenti nel giugno Abbonati IPTV Telecom Dati in scala unitaria Fonte: Point Topic, 2012 Per un analisi delle strategie messe a punto dagli operatori di IPTV e di Cable tv è opportuno fare due considerazioni: la prima riguarda la rilevanza che l operatore TLC impegnato nell IPTV attribuisce all offerta televisiva rispetto al suo core business tradizionalmente inteso (voci, messaggi e testo, internet); la seconda, per molti versi collegata alla prima, riguarda l intensità con cui propone ai suoi abbonati telefonici l offerta triple play. Per quanto riguarda il modo in cui i consumatori usano l IPTV, va detto che, sebbene essa non modifica le abitudini di fruizione legate alla prevalenza del rapporto con l apparecchio televisivo, da un punto di vista dei contenuti e del loro consumo i servizi televisivi su reti IP contrastano con la vecchia idea della televisione generalista di palinsesto, basata su una programmazione broadcast poco flessibile. I nuovi servizi offerti danno la possibilità all utente-spettatore di accedere attraverso il proprio schermo televisivo in maniera simultanea e personalizzata a diversi contenuti multimediali, riuscendo così ad aggiungere alla 46

47 pratica d uso da divano della TV tradizionale alcune opportunità di visione autonoma e personalizzata che sono invece tipiche del web Le linee di evoluzione di IPTV e Cable tv La pay tv è la componente del sistema televisivo che tende a crescere di più. IPTV e Cable TV si collocano in questa categoria ma trovano dei competitori forti nella televisione digitale terrestre che cresce nella sua componente pay e nella televisione satellitare che costituisce la parte più importante della stessa pay tv, eccezion fatta per USA, Canada e Giappone. Da ciò si possono individuare due linee di evoluzione che danno luogo a derivati assetti di mercato. La prima è che la competizione che si svolge sui contenuti sarà più aspra e comporterà un impegno di risorse maggiori rispetto al passato. Anche perché nello scenario del mercato televisivo entrano nuovi protagonisti: dagli OTT alle Web Companies fino agli hardwaristi, che con la Connected TV si propongono anche come fornitori di contenuti. Ciò fa sì che lo schermo televisivo, riemerso dal parziale appannamento dovuto all invasione degli schermi dei PC, si riproponga come dispositivo, certamente non esclusivo, ma ancora centrale per l intrattenimento tramite la fruizione di contenuti audiovisivi. Ciò avviene comunque in un contesto di crisi economica prolungata dalla seconda metà del 2008, la quale ha come effetto, almeno in Europa, una riduzione degli ARPU (Average Revenue Per User) e degli investimenti pubblicitari, che sono una componente anche della pay tv. La conseguenza ultima, dopo una fase di forte concorrenza, potrebbe essere quella di un ulteriore concentrazione del mercato. Il problema che si pone è se questa concentrazione graviterà prevalentemente attorno agli operatori TLC oppure attorno agli operatori Media, sia tradizionali che web. Se si guarda agli avvenimenti più recenti, si possono trarre alcune prime considerazioni, che però non sono da ritenersi conclusive. L avvenimento più rilevante è certamente l entrata in gioco di Liberty Media (grande gruppo multimediale che fa capo al tycoon USA Victor Malone, proprietario di Direct TV, la più importante televisione satellitare americana) che ha acquisito il 6 febbraio 2013 Virgin Media, il più importante cable operator che opera in UK e che è distribuito anche in multi-device come OTT TV. La motivazione di Liberty Media è certamente quella di guadagnare economie di piattaforma in un mercato dei contenuti che è diviso in termini di diritti per aree geografiche. L omogeneità linguistica oltre che culturale tra USA e UK ovviamente aiuta in termini di economie di scopo nelle aree del marketing, nella definizione delle tipologie di offerta e nella progettazione delle interfacce. Caso speculare è quello di Comcast, uno dei principali operatori TLC statunitensi, che ha acquisito canali di produzione e distribuzione di contenuti audiovisivi come NBC Universal, importante operatore media a livello globale, e Hulu, una delle più importanti OTT TV statunitensi. In questo modo, Comcast rafforza la sua strategia di investimento nella trasmissione di contenuti via cavo e web. Per quanto riguarda l Italia, il guadagno di posizioni per la IPTV si scontra con alcuni vincoli. Innanzitutto, la diffusione di questo tipo di fruizione è legata alla disponibilità di banda larga, che in Italia è ancora scarsamente diffusa (secondo i dati di Alleanza per Internet, solo il 53% degli italiani fruisce attualmente della banda larga, contro il 68% della media europea). In secondo luogo, la presenza nel mercato televisivo dei tre principali broadcaster, che operano soprattutto attraverso il digitale terrestre e via satellite, sia free che pay. 47

48 Anche nel mercato dell offerta di contenuti audiovisivi su schermo televisivo diffusi attraverso il web le IPTV si trovano oggi a doversi confrontare con vecchi e nuovi competitori, fortemente interessati alle opportunità di guadagno e di crescita garantite dall universo in espansione continua della Connected TV. Almeno in Italia, si direbbe che la distribuzione dei contenuti tenda a sganciarsi dagli operatori TLC e dall uso del set top box, per operare per lo più nel campo della OTT TV, della Internet TV e della WebTV. In questo senso, si assiste al moltiplicarsi delle piattaforme di distribuzione di VoD: fra gli esempi possibili, troviamo MyMovies, OwnAir, FilmIsNow; mentre sono state annunciate, ma non sono ancora attive, la piattaforma Anica On Demand (per la distribuzione del cinema italiano) e RaroVideo On Demand (legata al catalogo di Minerva Pictures e al suo distributore Home Video RaroVideo). Di particolare interesse in questo senso è il caso di Chili TV: nata come IPTV di Fastweb, si è poi trasformata nel 2011 in Chili S.p.A., una società per azioni indipendente dall operatore TLC. Chili TV è ad oggi una OTT TV che fornisce contenuti in streaming e on demand, direttamente online o tramite applicazioni su Smart TV, tablet, smartphone. In modo analogo, anche Cubovision di Telecom sta diversificando la sua offerta in funzione delle logiche tipiche delle OTT TV, svincolandosi così dalle limitazioni della IPTV (soprattutto il vincolo economico di uno specifico abbonamento internet e quello fisico del set top box, che rende impossibile assecondare pienamente la tendenza verso pratiche di consumo multi-device) Internet TV e WebTV La Internet TV è la modalità di distribuzione digitale via internet di contenuti televisivi non originali, operata in Italia principalmente dai broadcaster, che costituiscono la più rilevante industria dei contenuti. La Internet TV assume invece la definizione di WebTV quando i contenuti sono originariamente prodotti per essere trasmessi sul web, tipicamente programmi brevi e video creati da un ampia gamma di piccole e grandi imprese o individui che si autoproducono. Entrambe si distinguono dalla IPTV/Cable TV per la gratuità, l assenza del set top box e l operare essenzialmente attraverso il world wide web. La totale gratuità invece è l unica caratteristica che le distingue dalle OTT TV. I contenuti della Internet TV e della WebTV possono essere fruiti in streaming, sia live che on demand (attraverso l accesso a una library di programmi). È in crescita la modalità che rende possibile il download dei programmi. Sia la WebTV che la Internet TV si caratterizzano: a) per la qualità non garantita del servizio, in quanto dipendente dalla qualità tecnica della connessione e del contenuto distribuito; b) per l accessibilità aperta alla fruizione dei contenuti (spesso non è richiesto neppure alcun tipo di registrazione). Se, come detto, la Internet TV vede prevalere il ruolo dei broadcaster, la WebTV al contrario vede prevalere il ruolo di società non broadcaster e/o di autoproduzioni di contenuti generati dagli utenti (UGC). La WebTV è il luogo dove trovano spazio nuove forme di narrazione; ad esempio le web series, che si distinguono dalle serie televisive per tempi, linguaggi e pratiche di consumo. 48

49 Un esempio di Internet TV in Italia è il sito Rai.tv, in cui sono disponibili tutte le modalità di fruizione online dei programmi televisivi prodotti e diffusi dal broadcaster; molto simili nelle modalità dell offerta anche i siti la7.tv e mediaset.it. Un esempio interessante di Web TV italiana è invece StreamIT, raccolta di oltre 300 canali televisivi distribuiti prevalentemente o esclusivamente online. L area di mercato della Internet TV si è estesa in funzione della proiezione su internet della programmazione televisiva dei broadcaster. Ha avuto diverse fasi, molto simili a quelle dei giornali online, cominciando con una semplice ripetizione live dei programmi televisivi, per poi aggiungere via via la modalità di catch-up television 22, di snack tv 23, e di video on demand dalla library. La sua importanza per i broadcaster è cresciuta parallelamente allo spostamento degli investimenti pubblicitari dai media tradizionali, tra cui va considerata la free television, verso internet. -10,5% Distribuzione degli investimenti pubblicitari ( ) -10,9% -14,7% -7,4% +11% Totale pubblicità Quotidiani e periodici Tv Radio Internet Fonte: Nielsen 2012 Gen-Ago 2011 Gen-Ago 2012 In Europa, la vicenda più importante è quella che ha interessato la BBC; nel marzo 2005, il Governo ha presentato un Green Paper sul futuro del broadcaster e sulle sue strategie di rinnovo. Fra le altre cose, nel documento si sottolinea come già nel decennio la BBC abbia scelto di avere una presenza forte sul web, in modo da rendere BBC Online un sito di informazione ampiamente diffuso ed affidabile La catch-up television prevede la diffusione online integrale dei contenuti prodotti dai broadcaster e già trasmessi su digitale terrestre o via satellite. Solitamente, il servizio è limitato nel tempo, rendendo disponibili on demand i programmi trasmessi nel corso della settimana precedente. Trattandosi di programmi integrali, la library è limitata ai prodotti di cui i broadcaster possiedono i diritti di diffusione su internet. Esempi italiani sono Rai Replay, La Settimana di La7.tv, Mediaset Video. 23 Con snack tv si fa invece riferimento a quelle library online di contenuti video caratterizzati dalla brevità. Possono essere prodotti originali o estratti di programmi dei broadcaster; ciò che li unisce è la durata ridotta a pochissimi minuti, il che li rende ideali per la fruizione su dispositivi mobili. 24 Review of the BBC s Royal Charter. A Strong BBC, Independent of Government, Marzo 2005, 21). 49

50 BBC Online è dunque configurato come componente essenziale del ruolo di servizio pubblico svolto dalla BBC e, in quanto tale, deve sostenere i valori sociali e produrre contenuti innovativi di alta qualità che siano accessibili a tutti i cittadini. In Italia una certa difficoltà degli investimenti pubblicitari a spostarsi sui New Media ha rallentato fino a qualche anno fa questa proiezione sul web, che oggi è entrata nelle strategie industriali e creative dei broadcaster (IAB Italia ha stimato che nel 2012 circa il 2,5% degli investimenti pubblicitari si è spostato dal sistema televisivo tradizionale all universo del video online). La WebTV in Italia si inserisce invece nella tradizione delle TV di quartiere e di autoproduzione di programmi e fa fatica ad acquisire una propria dimensione di mercato, mentre le viene riconosciuto un ruolo nel campo della nuova creatività specie per alcune webseries che hanno ottenuto un successo significativo. Negli USA, la WebTV è cresciuta praticamente subito sulle webseries (quindi individuando in quel genere narrativo la strada per acquisire una sua dimensione di mercato) e sulla diffusione della banda larga; essa vede un crescendo di impegno anche da parte delle major. Per quanto riguarda la domanda, c è da considerare che la Web tv: a) ha trovato un pubblico/utenza nuovo e/o aggiuntivo, recuperando una fascia di fruitori che si andava allontanando dalla televisione di flusso 25 ; b) dall altro ha intercettato una domanda cannibalizzata ai media a stampa. La Internet TV e la WebTV sono un sistema aperto (non walled garden), in cui operano diversi editori, con diverse tipologie di contenuti. Se non si considerano le OTT TV e i portali di aggregazione video (Online Video Aggregators) 26, nella Internet TV e nella WebTV sono compresi 27 : a) il live streaming dei contenuti in onda (simulcast): ripropone le reti lineari in diretta web, accessibili quindi da vari dispositivi alternativi all apparecchio televisivo; b) il podcast (più raro nella televisione ma più diffuso nella radio) o la visione in streaming on demand di specifici programmi già trasmessi in digitale terrestre, via cavo o via satellite (catch-up television); c) nel caso della WebTV, lo streaming live e on demand di programmi trasmessi in rete in modo esclusivo. Se nella prima fase nelle Web TV si è avuta una preponderanza di prodotti amatoriali o di produzioni low cost, con l aumento complessivo delle audience potenziali, che ha innescato un circolo positivo tra offerta (in gran parte autoprodotta) e domanda, sono entrati in gioco sia i broadcaster tradizionali che le grandi Media Company, con offerta di prodotti professionali. 25 Una ricerca di GfK sul consumo di televisione in prime time negli Stati Uniti ha stimato che tra il 2008 e il 2012, nella fascia di pubblico della cosiddetta generazione Y (12-32 anni), il 25% degli spettatori ha abbandonato la visione di programmi trasmessi dalla tradizionale televisione lineare (fonte: Primetime TV A GfK Media White Paper). 26 Di entrambi si dirà in seguito. 27 A. Marinelli, G. Marinelli, La televisione nei processi di convergenza. Sistemi tecnologici e modelli della Connected Television in A. Marinelli, G. Celata (a cura di) Connecting television. La televisione al tempo di Internet, Guerini e Associati,

51 La fruizione della Internet TV e della WebTV, tende sempre più a spostarsi dal monitor del PC agli schermi più o meno grandi dei dispositivi mobili, valorizzando quindi la distribuzione multipiattaforma (anytime, anywhere, any device). Sicuramente permette di unire le pratiche di time shifting 28, proprie di dispositivi più legati allo schermo televisivo tradizionale, con quelle di place shifting. In ogni caso, questa disponibilità di video sia su PC che su device mobili consente alle nuove forma tv di conquistare spazi concorrenziali ai mezzi a stampa, potendo coprire slot di tempo e contesti spaziali prima preclusi dalla staticità fisica dello schermo televisivo. Gli apparecchi dotati di connessione a internet sono però il 20% 29 e solo il 5,5% degli italiani accede a internet tramite lo schermo televisivo 30. Quest ultima percentuale, sicuramente destinata a crescere, fa pensare però che Internet TV e WebTV sempre più troveranno la loro area di mercato nei dispositivi mobili e la loro ragion d essere in un offerta multipiattaforma. Eppure, il fatto che la Internet TV e la WebTV richiedano l accesso alla banda larga ma non prevedano standard qualitativi particolari per la fruizione dei propri prodotti è indubbiamente un vantaggio per la loro diffusione. Il 79,9% degli italiani infatti accede alla rete in varie forme, con un tasso di crescita del 24% degli utenti 31 e Internet TV e Web TV tendono ad avere un ruolo crescente nel fornire prodotti di informazione e intrattenimento Linee di evoluzione di Internet tv e Web tv La Internet TV e la WebTV vengono fruite in modo sostanzialmente gratuito, trovando sostegno economico nella vendita degli spazi pubblicitari e, per quanto riguarda la WebTV, anche nel mecenatismo o nel volontariato 32. Le forme più diffuse di inserzione pubblicitaria sono: a) nel live streaming la pubblicità viene inserita nella forma più tradizionale, all interno dei palinsesti; b) nei video on demand assume la forma di brevi spot che è necessario visionare per intero per poter accedere al contenuto richiesto; c) a livello di portali, la pubblicità è presente con banner, skins 33 e finestre di sponsorizzazione. La Internet TV, in Italia e altrove, appare certamente prevalente rispetto alla WebTV, per la maggiore massa critica di contenuti e per la pervasività rispetto al pubblico televisivo, ed appare sempre più di supporto rispetto al mercato complessivo dei broadcaster che si estende così anche all area della rete. 28 Per pratiche di time shifting si intende la fruizione di un programma al di fuori della griglia temporale rigida dettata dalla televisione di flusso. In particolare, prevede la registrazione di un programma su hard disk, Personal Video Recording e On demand su Set-Top Box chiusi, la presenza di programmi on demand oppure la presenza di canali con una timeline spostata (solitamente di un ora, due ore o un giorno). Si tratta di una pratica iniziata con i primi VCR, quindi ormai entrata nelle abitudini di visione degli spettatori televisivi tradizionali. 29 Fonte: Strategist Analytics, Fonte: IAB Forum Fonte: Alleanza per Internet, La Rai, in quanto società concessionaria in esclusiva del Servizio Pubblico radiotelevisivo, riscuote anche l imposta sulla detenzione dell apparecchio televisivo (canone di abbonamento TV), i cui ricavi sono eventualmente utilizzati anche per la trasmissione via web. 33 Gli skins sono gli sfondi che riempiono gli spazi altrimenti vuoti a destra, a sinistra e in alto di una pagina web, e possono essere usati per scopi pubblicitari. 51

52 Internet TV e WebTV tendono quindi ad occupare una quota di mercato perché acquisiscono audience sfuggite alla programmazione di flusso e intercettano gli interessi di quella crescente porzione di utenti del web interessati principalmente al consumo di video online. L evoluzione prevedibile di questo mercato è positiva nella misura in cui la diffusione di pratiche di consumo di prodotti audiovisivi in mobilità e nomadismo è sempre più permessa dalla diffusione dei mobile devices (tablet, smartphone). La crescita di questo mercato cannibalizza più i media a stampa che le audience dei broadcaster i quali, per le cose sopra dette, incontreranno sempre più la concorrenza degli online video aggregators, degli OTT e degli hardwaristi. Essi, inoltre, vedranno le loro audience redistribuirsi tra i canali generalisti, che conserveranno una loro ampiezza relativa, e i canali tematici, destinati a raccogliere un area di mercato crescente ma frammentata. Da qui la tendenza in atto a un riposizionamento delle scelte di investimento pubblicitario, ma anche l individuazione di nuove tipologie di investitori La connected tv e la OTT tv Lo scenario e le definizioni L espressione Connected television costituisce un etichetta di sintesi che raccoglie e definisce tutte le diverse forme di televisione digitale e convergente che sono progressivamente emerse nel corso dell ultimo decennio (Cfr. Marinelli e Marinelli, p. 69). Tra queste, almeno sullo scenario statunitense, ha negli ultimi anni assunto un ruolo determinate l Over the top television (OTT TV). Con l espressione OTT TV si fa riferimento a quelle piattaforme per la diffusione in rete di contenuti audiovisivi che «si caratterizzano per la neutralità dell offerta rispetto al device tecnologico utilizzato dall utente e possono essere considerate terze sia rispetto a quelle dei broadcaster che a quelle dei gestori di servizi IP» (ivi, 70). La Connected TV non è soltanto un nuovo dispositivo tecnologico e uno status symbol, ma la sua progressiva diffusione comporterà la definitiva rottura del mercato nazionale dei contenuti televisivi, ormai debolmente difeso soltanto dai confini linguistici. Infatti, mentre è ancora in atto l eterno confronto tra broadcaster e TLC, un terzo soggetto emerge con forza: gli Over The Top. Gli OTT sono quei fornitori di contenuti e di applicazioni online che non dispongono di reti proprie. I loro ricavi sono generati dai pagamenti degli utenti e dalla pubblicità, non dal transito sulle reti, nei confronti delle quali mostrano una certa indifferenza. Sono imprese globali, prevalentemente collocate nell area del Pacifico (Usa e Asia), come i social network, i motori di ricerca, i portali, le piattaforme di gioco: si tratta di brand come Facebook, YouTube, Skype, Yahoo! (dai risultati meno brillanti), Google, Netflix, Hulu. Ad essi si aggiungono gli OTT ibridi, che provengono da altre attività hardware e/o software, come Apple, Samsung, Microsoft, Amazon ma che realizzano quote crescenti dei loro ricavi dalla fornitura di contenuti online, su protocollo IP, interessandosi soltanto dell offerta e dell acquisto e non della delivery che avviene grazie alla connettività che l utilizzatore finale ha scelto (ad esempio, sottoscrivendo un contratto Adsl con un determinato operatore), a sua cura e spese. Una forma di relazione fornitore-cliente che è diventata 52

53 dominante solo dopo il 2006 con l introduzione dei protocolli Transport Layer Security (TLS) che consentono transazioni monetarie in rete relativamente sicure. Gli OTT hanno trovato terreno favorevole prima di tutto in Usa e nel Regno Unito, per poi espandersi in Giappone e in America Latina. L Europa continentale dovrebbe essere il prossimo passo. Il 2006 è un anno chiave per la diffusione sia dei social network che del mobile. Infatti le pratiche di prelevamento e acquisto di applicazioni e contenuti online si indirizzano subito agli smartphone (dove Apple, con l esperienza di itunes, avrà all inizio un assoluta dominanza) e immediatamente dopo ai tablet. Adesso si attende che le app conquistino spazio negli household, attraverso la sostituzione degli schermi piatti di prima generazione con Smart TV: ottima notizia per quelli, fra gli OTT, che ne producono. L offerta OTT è dunque innanzitutto un offerta di contenuti di intrattenimento online, basata su una fruizione multidevice. La loro evoluzione è orientata verso la sincronizzazione dei dispositivi e verso la moltiplicazione degli schermi. Si parla, in questo caso, di second screen, cioè della possibilità di seguire in modalità multitasking due schermi, soprattutto la Smart TV e il tablet, che forniscono due immagini coordinate dello stesso contenuto, o due programmi diversi. Questa modalità di fruizione sviluppa un nuovo tipo di mercato, in cui si esercita pienamente il confronto OTT-broadcaster-TLC. Sono inoltre in pieno sviluppo gli schermi outdoor, che nonostante il nome sono soprattutto al chiuso (aeroporti, stazioni, banche, esercizi commerciali). Infine, le tecnologie Led a schermo piatto potranno consentire uno sviluppo di urban screens in cui contenuti di alto pregio si alterneranno a emissioni pubblicitarie. Si tratta di una tecnologia che comporta un nuovo tipo di esperienza della città, ma attiva soprattutto nuove forme di consumo e nuove offerte nell ambito dell e-commerce La forza degli OTT rispetto ai competitor Rispetto alle telco, gli OTT sono più flessibili e dinamici, per molte ragioni: a) producono una notevole disponibilità di cassa; b) nascono come operatori globali; c) non dovendo fornire materialmente le linee (scavare buche, posare cavi, costruire centrali) né gestirle (con l onerosa manutenzione, il personale specializzato e le continue richieste e proteste dei clienti), i loro rapporti con le autorità amministrative e le agenzie regolatrici dei Paesi dove operano sono assai più ridotte. Peraltro, grazie alla natura transfrontaliera della propria organizzazione aziendale, i proventi dell attività possono facilmente essere trasferiti in contesti accuratamente prescelti per il loro favorevole regime fiscale, come l Irlanda o il Lussemburgo; d) hanno, nelle varie situazioni nazionali, un organico ridottissimo e flessibile; e) sono in grado di fornire quasi tutti i servizi che sono il core di ciò che offrono le TLC, a cominciare dal cloud si pensi al ruolo svolto da Facebook nello storage, ma anche messaggeria, posta elettronica e telefonia vocale; f) possono concentrare i loro investimenti in modo anche esclusivo sui progetti immateriali, cioè i loro prodotti futuri, o l acquisizione di brevetti; 53

54 g) gestiscono standard proprietari (dispositivi appositi e/o sistemi operativi specifici) e ciò viene a costituire walled gardens, o talvolta veri monopoli naturali senza avere gli obblighi di servizio, i must carry e i vincoli delle TLC. Gli OTT sono anche validi fornitori di contenuti audiovisivi di qualità a pagamento, che circolano su protocollo IP e sono visibili su una Smart TV o una Connected TV (oltre che su qualunque dispositivo con una connessione a banda larga) quindi risultano in competizione con i broadcaster tradizionali, gli operatori pay-per-view e i bundle con cui le telco cercano di cumulare la fornitura di contenuti multimediali agli altri servizi proposti (telefonia fissa e mobile, connessione Internet, cloud). I broadcaster sono limitati da una dimensione prevalentemente nazionale e linguistica, da una scala dimensionale insufficiente (1/10 o più di telco di analoga localizzazione), da una vocazione generalista in chiaro e dall invecchiamento dei loro magazzini, sia nei programmi acquisiti, sia nei relativi diritti di trasmissione. Le telco dal canto loro sono ancorate a pesanti investimenti materiali, le reti di nuova generazione per le quali c è una forte aspettativa sociale, senza la certezza di poterli remunerare sufficientemente. Esse temono il paradosso di ricevere continue pressioni e critiche da parte degli utenti per la lentezza nella realizzazione delle reti, su cui poi correranno i contenuti (e i proventi) degli OTT, che di fatto presentano e offrono anch essi un bundle di prodotti e servizi innovativi e tradizionali. Con il risultato di tensioni sui mercati nazionali, mentre i profitti degli OTT traversano gli oceani. Si comprende così la differenza fra le performance economico-finanziarie delle TLC e quelle degli OTT. La tabelle seguente 34 confronta i bilanci pubblici (2011) dei primi 5 operatori TLC occidentali (AT&T, Verizon, Telefonica, DT, Vodafone 35 ) con i primi 5 OTT (Google, Yahoo!, Facebook, YouTube, Skype). Confronto tra OTT e TLC Ricavi 11 (Mrd. ) Crescita 11/ 10 Google (da sola) Yahoo! Facebook YouTube (da sola) 27,2 25,7% 3,6-11,3% 2,7 62,6% 1,5 85,4% Skype 0,9 29,8% Tot. Primi 5 OTT 35,9 24,4% AT&T 91,1 1,1% Verizon 79,7 4,3% 34 La tabella è contenuta in uno studio di provenienza TLC: il saggio di Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia, in Harvard Business Review, Con l aggiunta a scopo comparativo di Telecom Italia, ma escludendo gli operatori cinesi e indiani per non falsare il confronto. 54

55 Telefonica 62,8 2,1% Deutsche Telekom 58,7-4,2% Vodafone 53,6-0,6% Totale primi 5 operatori TLC 345,9 0,8% Telecom Italia 30,0 0,7 Fonte: Nostra elaborazione su dati Patuano 2012 Quanto ai ricavi, gli OTT sono 10 volte più piccoli delle TLC, ma i loro tassi di crescita sono irraggiungibili. Le TLC oscillano tra una contrazione del 4% ed una crescita del 4% (la prima concentrata in Europa, la seconda nei mercati emergenti) mentre YouTube cresce dell 85,4% e Facebook del 62,6%. Pur tenendo conto dell affanno di Yahoo!, più portale che OTT, i primi cinque operatori OTT crescono a due cifre (+24,4%): oltre 30 volte la prestazione delle prime cinque TLC (0,8%). Il discorso non cambia se guardiamo agli OTT ibridi come Apple, Samsung, Microsoft, IBM e Amazon. Samsung ha un fatturato di 107 miliardi di euro, Apple di 77,8, IBM di 76,8 e Microsoft di 51, I protagonisti della OTT tv La OTT TV propriamente detta si differenzia dagli altri distributori di contenuti online per il suo essere a pagamento, il che la distingue da Internet TV e WebTV, ma contemporaneamente fruibile su qualunque dispositivo garantisca una connessione a banda larga (e per questo si distingue dalla IPTV e dalla Cable TV). Le media companies incontrano però le medesime resistenze alla globalizzazione del mercato, dovute da un lato a questioni linguistiche, dall altro e soprattutto alla vendita dei diritti, ancora radicata nel territorio nazionale. A livello globale, la OTT TV più diffusa è Netflix, con oltre 33 milioni di utenti nelle Americhe e in Nord Europa; il costo dell abbonamento è di $7.99/mese, lo stesso del suo concorrente minore Hulu (oltre 3 milioni di utenti). Il successo di Netflix è dovuto al fatto che la compagnia nasce già nel 1997 per il noleggio di dvd negli store ma anche tramite l invio a domicilio per gli abbonati, con busta preaffrancata per la restituzione. Il suo diretto concorrente Blockbuster, al contrario, non è stato in grado di effettuare l upgrade da società di noleggio su supporto fisico a società di distribuzione online, ed è attualmente in liquidazione. Netflix è il secondo sito di distribuzione video più visitato dagli utenti USA su computer, dopo YouTube e prima di Hulu. YouTube resta l OTT più visitato in USA, Giappone, UK, Francia, Germania, Italia, Spagna, Austria con una percentuale che oscilla dal 51% al 63% degli utenti di video su PC 36. Soluzioni alternative sono quelle proposte da itunes e, negli USA, da Vudu, per cui si paga il noleggio/acquisto del file, senza abbonamenti; oppure la soluzione ibrida proposta da Amazon Prime: si tratta di un abbonamento annuale di $79, che permette di fruire di numerosi servizi, dal download gratuito di alcuni prodotti audiovisivi agli sconti sui contenuti premium, nonché la spedizione gratuita degli acquisti di oggetti nello store online, tempi di spedizione più rapidi, e altri vantaggi. 36 Nielsen, Agosto 2012, da International Communications Market Report Ofcom

56 In Italia, l unica OTT TV propriamente detta è Chili TV, legata dal punto di vista finanziario alla TLC Fastweb (che però ha recentemente ceduto il pacchetto di maggioranza ad un nuovo gruppo dirigente, conservando comunque una significativa quota azionaria). Come Vudu, non prevede un abbonamento, ma solo una registrazione gratuita e il pagamento per l acquisto o il noleggio del singolo prodotto. Anche l IPTV Cubovision diviene una OTT TV nel momento in cui viene fruita online, senza l uso del set top box e senza legami con l abbonamento ADSL Telecom, e prevede sia la possibilità di un abbonamento mensile che il sistema pay-to-own/pay-to-rent Il futuro della OTT tv Punto di forza degli OTT è la sincronizzazione multidevice, che permette la moltiplicazione delle modalità e dei tempi di fruizione. Ovviamente, il mercato svilupperà anche ulteriori potenzialità con la diffusione su larga scala delle Smart TV e della Connected TV, dal momento che permetterà di coniugare una nuova piattaforma distributiva con modalità di fruizione tradizionale. L audience di video online infatti è in continua crescita, mentre il pubblico della televisione tradizionale è relativamente stabile (almeno negli USA) 37. Attualmente, la fruizione di video online (soprattutto free) vede i suoi picchi nel corso della giornata, mentre diminuisce in prima serata, quando ci si rivolge alle forme di intrattenimento più consolidate. Ma è proprio questa abitudine di consumo che potrebbe essere modificata dalla diffusione di Smart TV, Connected TV e altri dispositivi dedicati alla fruizione della televisione online. La competizione fra broadcaster, TLC e OTT si giocherà da un lato sull integrazione verticale con le aziende di produzione dei contenuti, in una prospettiva sempre più globale, come dimostrano i tassi di crescita degli OTT maggiori prima citati. Dall altro lato, avrà importanza anche il radicamento delle aziende nel territorio, e la loro capacità di entrare in maggiore sintonia con le abitudini dei consumatori concreti. Il mercato spagnolo, ad esempio, è particolarmente vivace, e si caratterizza proprio per la presenza nella fruizione di video online a pagamento delle grandi multinazionali (Apple itunes, Microsoft Zune, Sony Entertainment Network, Google Play Movies), di aziende pan-europee (la svedese Voddler, la svizzera Viewster), ma anche di compagnie nazionali: C+Yomvi (legata al broadcaster Canal Plus), Wuaki.tv, YouZee, Movistar Videoclub (della TLC Telefonica), ed è un mercato in continua crescita 38. Da un punto di vista tecnologico, se il trend indicato dagli Stati Uniti d America verrà confermato anche a livello globale, gli operatori OTT TV saranno tra i principali protagonisti dei processi che nei prossimi anni sono destinati a ristrutturare in maniera significativa la morfologia delle reti di connessione (sia fisse che mobili), le politiche e le tecniche di traffic management e gli standard per una definizione sempre più accurata della QoE (Quality of Experience) percepita e pretesa dall utenza. Già nel 2012 Netflix si è imposto negli USA come il più grande generatore di traffico dati su reti fissa. In Nord America il 24,4% del traffico totale giornaliero di dati (in downstream e in upstream) è generato da Netflix. Dal punto di vista degli operatori di rete questo significa che la piccola OTT TV californiana «drives 37 Fonte: comscore, in Screen Digest 7/ Screen Digest, 9/

57 one-third of capacity infrastructure costs» Gli Online Video Aggregators Uno dei protagonisti centrali per le nuove forme di televisione sono gli Online Video Aggregators. Con questa espressione si fa riferimento a quei siti che raccolgono, organizzano e mettono a disposizione degli utenti contenuti audiovisivi provenienti da diverse fonti. Il consumo di video online offre, per certi versi, uno spaccato ideale della condizione complessiva del Web, con un soggetto dominante naturalmente YouTube che rischia di distogliere l attenzione da una pluralità di esperienze non meno interessanti, anche se non tutte destinate ad un successo universale. Lo sviluppo degli online video aggregators, da questo punto di vista, offre un interessante angolo di visuale per prendere in considerazione il futuro del Web e del consumo culturale in genere. Com è noto, il lancio di YouTube, nel 2005, ha modificato drasticamente lo scenario. Da un lato, infatti, YouTube si inserisce in un momento di trasformazione dell offerta culturale del Web, contemporanea e probabilmente resa possibile dalla diffusione della banda larga, che ha segnato il passaggio definitivo dalla fase più sperimentale delle Web Tv, a quella dei grandi soggetti, portali e aggregatori (Miconi 2012). Più o meno nello stesso periodo, infatti, sono comparsi sul mercato DailyMotion (2005), di fatto il primo competitor di YouTube, e Vimeo (2004), che ha scelto la strada di un profilo meno commerciale, e maggiormente dedicato alla sperimentazione artistica. Rispetto ai concorrenti, ed in particolare a Vimeo, la natura generalista di YouTube ha quindi costituito un chiaro vantaggio competitivo, che ha portato alla formazione di una posizione di oligopolio di fatto nel consumo di video Profili socio-economici degli Online Video Aggregators I dati sul consumo di video online negli Stati Uniti (giugno 2012) certificano in modo inequivocabile la posizione egemonica raggiunta da YouTube/Google: su un audience complessiva di più di 184 milioni di utenti unici di video online circa 157 milioni sono utenti Big G (85,2%). Facebook, che sembra destinato a imporsi come il secondo grande network per il consumo e la condivisione di contenuti video sul web, non arriva ancora al 29%. Il grado di leadership raggiunto da YouTube/Google non cambia se consideriamo come parametro il numero di video caricati: più del 53% dei quasi 37 miliardi di video disponibili negli States passano attraverso siti Google (in primis YouTube); i principali competitor, che in questo caso sono rappresentati da Yahoo (e dalle sue controllate), da VEVO e da AOL Inc., non arrivano nemmeno al 2% 40. L Italia, con 23,86 milioni di utenti unici, rappresenta il decimo mercato mondiale per il consumo di videoonline 41, il primo in Europa per tasso di crescita nel 2011 (+ 8,3% tra giugno e dicembre), il terzo al mondo per percentuale di internet users che guardano contenuti video online 42 (94%). 39 Sandvine, Global Internet Phenomena Report, 2012: p ComScore Video Metrix ComScore, dicembre Accenture

58 Questa imponente crescita del mercato dell audiovisivo, guidata da YouTube, ha evidentemente un impatto sostanziale sulle infrastrutture di rete, sia fisse che mobili, che oggi indirizzano e governano il traffico di dati sul web. L intrattenimento in real-time rappresenta infatti la categoria di utilizzo del web che consuma di gran lunga la maggiore quantità di banda; YouTube, che costituisce nel mercato mondiale con la sola significativa eccezione degli Stati Uniti 43, la principale risorsa proprio per il consumo di intrattenimento in tempo reale, è dunque il singolo operatore del web che occupa la maggior quantità di traffico. Per quanto riguarda lo specifico delle reti mobili, secondo i dati riportati nell Allot MobileTrends Report, il traffico di video su YouTube già nel 2011 andava a occupare da solo il 22% della larghezza di banda disponibile (+5% rispetto al 2010). 64,50% Quota del traffico mondiale di YouTube e del Real-Time Entertainment (2012) Dati in percentuale sul picco di traffico in downstream (reti fisse vs reti mobili) 51,60% 43,00% 49,30% 41,80% 39,90% 40,10% 46,40% 27,20% 26,60% 24,30% 13,80% 14,90% 14,30% 18,00% 16,90% Nord America (fisso) Nord America (mobile) America Latina (fisso) America Latina (mobile) Asia (fisso) Asia (mobile) Europa (fisso) Europa (mobile) YouTube Real-Time Entertainment Fonte: Sandvine 2012 La tendenza del colosso di video-sharing ad occupare una quota massiccia della banda disponibile per la navigazione online nei prossimi anni è destinata a essere confermata dalla crescita costante di contenuti video in alta definizione, dall aumento della lunghezza dei video e dal miglioramento continuo delle funzionalità dei device per la connessione (soprattutto per quanto riguarda i dispositivi e le connessioni in mobile). Questi trend avranno nei prossimi anni un enorme influenza sulla morfologia delle reti di connessione, sulla domanda dell utenza e sulla definizione della qualità dell esperienza (Sandvine 2012, 6). Nel momento in cui l intrattenimento in real-time, attraverso soprattutto il consumo di contenuti audiovisivi, diventa il protagonista assoluto dei comportamenti di fruizione di un audience sempre più connessa e sempre più esigente, la questione della qualità dell esperienza diventa fondamentale per tutti gli operatori del web. Sarà necessario dunque nel prossimo futuro sviluppare e implementare metriche per la valutazione della QoE sempre più sofisticate, che sappiano adeguarsi, attraverso il proprio algoritmo, alle differenti tipologie di consumo che caratterizzano la rete. A seconda per esempio della tipologia di video 43 Negli Stati Uniti Netflix si è oggi imposta, scavalcando proprio YouTube, come la principale risorsa per il consumo di intrattenimento digitale in tempo reale attraverso reti fisse. Negli USA, nel momento di picco del traffico, il 29,7% dei dati che viaggiano sul web sono riconducibili proprio alla over the top television californiana (Sandvine, Global Internet Phenomena Report 2012). 58

59 che sta guardando online, l utente può valutare il livello della propria QoE in base a diversi parametri, considerando come prioritaria la qualità dell immagine piuttosto che la qualità del trasferimento dati. Resta da fare i conti, però, con la duplice natura del consumo di video su YouTube, o come la definiscono Burgess e Green a margine della più convincente ricerca in merito con la spaccatura tra i due YouTube, quello di broadcast e quello amatoriale. L analisi di Burgess e Green mostra infatti come, su YouTube, i video più visualizzati siano regolarmente quelli professionali, prodotti dai diversi segmenti dell industria culturale, che siano pubblicati su canali dedicati o caricati da singoli utenti: videoclip, serie Tv, film, spot pubblicitari, e simili (Burgess e Green 2009, 40-41). I video più commentati, all opposto, sono quelli generati dagli utenti; e questo dato sembra indicare il fatto che tra le due dimensioni principali dell esperienza online il consumo di contenuti e la pratica di networking l offerta video non ha ancora realizzato una sintesi apprezzabile. Lo sviluppo ulteriore del settore, allora, potrebbe portare ad una maggiore articolazione dell offerta e ad un investimento specifico sui diversi comparti; cosa particolarmente importante se consideriamo che il consumo di Tv non lineare, su device portatili è destinato in base alle stime a crescere di circa 14 volte tra il 2012 ed il A partire dall ottobre del 2011 YouTube ha messo in atto una serie di operazioni, accordi commerciali e ristrutturazione del design della piattaforma, che sembrano testimoniare la scelta di puntare sempre di più sull offerta di contenuti professionali. Con un investimento iniziale di oltre 100 milioni di dollari, YouTube ha aperto nuovi canali professionali, stringendo accordi con celebrità del mondo dello spettacolo (Madonna, Jay-Z, ecc.) e con società di video making, e ha ristrutturato il suo design con l obiettivo di valorizzare maggiormente i suoi professional channel. Tradendo in parte lo slogan che lo ha portato al suo rapido successo, broadcast yourself, YouTube sembra aver individuato nel mercato del consumo televisivo di video online il core business dei prossimi anni, lanciando così la sfida a quei soggetti gli OTT come Hulu e Netflix, o i broadcaster come AOL che hanno direttamente puntato il settore del consumo di video professionali via web e la torta delle revenue generate da advertising su video digitale (il cui valore, secondo una stima emarketer, passerà dai 2,3 miliardi di dollari del 2012 ai circa 7 miliardi del 2015). I video maker amatoriali e i paladini degli UGC hanno in parte cominciato a migrare verso nuove piattaforme di video-sharing (Vimeo) o verso ambienti che valorizzano maggiormente la dimensione della condivisione e della socialità (Facebook su tutti) Linee di evoluzione Se guardiamo allo stato presente degli aggregatori video, sembra quindi che il mercato sia conteso e destinato ad essere conteso nei prossimi anni tra quattro diverse tipologie di soggetti: gli aggregatori online in senso stretto; i player diretti, coinvolti attivamente nella produzione video; i player non televisivi; le communities. Per quanto riguarda gli aggregatori di video online, è plausibile ipotizzare che YouTube goda da tempo del cosiddetto first mover advantage, come lo definiscono le teorie di network: la rendita di posizione di cui dispone un nodo che ha guadagnato e consolidato un egemonia nel proprio settore. Restano però da valutare due aspetti critici: da un lato, la scarsa integrazione tra la dimensione del consumo in senso stretto 44 Screen Digest 2012,

60 e quella della condivisione e del networking, come detto; dall altro, la concorrenza crescente dei produttori di contenuti video, che si propongono in modo sempre più insistente nel mercato dell offerta online. Alcuni content providers, si legge in un rapporto Cisco, hanno iniziato a bypassare gli aggregatori, e fornire direttamente contenuti ai consumatori (Puopolo et al. 2011, 1). In questo senso, le pratiche di timeshifting si associano a quelle di placeshifting, consentendo all utente un accesso ubiquo e diretto alle libraries. Il problema più stringente, al momento, rimane probabilmente quello degli accordi in merito ai diritti d autore, che ogni player dovrà prendere con gli aggregatori che a loro volta pubblicano contenuti video online 45. Più definito sembra invece il modello di business, che si fonda sullo sfruttamento di due canali: il cosiddetto catch-up, o recupero dei contenuti recenti della programmazione generalista, e il video on demand, che offre invece l accesso ad un catalogo più ampio, spesso comprensivo dei prodotti più particolari contenuti nelle offerte premium a pagamento. Con l intervento diretto dei player del settore, scrive Eszter Hargittai, gli aggregatori di contenuti sono costretti a sviluppare nuove strategie per sopravvivere sul mercato (Hargittai 2004), e questo vale anche per gli ultimi soggetti considerati, i player non specialistici. Significative sono in questo senso le difficoltà di penetrazione sul mercato dei contenuti video online riscontrate nel nostro paese dalle IPTV: l esperienza di Cubovision di Telecom Italia sopravvive ma si sta sempre più ristrutturando in direzione del modello delle OTT TV; in modo analogo Fastweb ha chiuso la propria IPTV e ha deviato, acquistando Chili (di cui oggi, come si è detto, conserva una significativa quota di minoranza), i propri investimenti televisivi verso servizi di OTT-TV. L obiettivo è quello di imporre anche in Italia un modello, quello della OTT TV, che tanto successo sta avendo nel contesto statunitense (Netflix e Hulu) e di conquistare così un mercato audiovisivo che potrebbe valere, secondo stime della ITMedia Consulting (2012), circa un miliardo di euro 46. L ultimo potenziale segmento del mercato, infine, sembra essere quello delle piattaforme di condivisione. Quasi tutte le offerte degli aggregatori video contengono, in misura variabile, alcuni elementi di networking, ma nessuno di questi sembra averla sviluppata fino in fondo; da questo punto di vista, le prospettive di maggiore cambiamento e dinamismo del settore sembrano legate proprio all emergere di ambienti online capaci di valorizzare maggiormente l economia del like e le pratiche di condivisione, che da un lato risultano inevitabilmente sacrificate nell offerta dei grandi produttori di contenuti culturali, e dall altro costituiscono il vero punto debole di YouTube, il soggetto dominante tra gli aggregatori secondari, rispetto al contesto generale del Web 2.0 (Burgess e Green 2009). 45 Associazione IPTV 2011, Valore calcolato sommando i ricavi del settore home-video e quelli che una simile tipologia di offerta potrebbe recuperare dal mercato sommerso del downloading illegale 60

61 CAPITOLO 4 I NUOVI PLAYER MADE IN USA 4.1 Multiscreen happens La televisione, dunque, è ancora stabilmente padrona dei salotti della maggior parte delle abitazioni, ma il modo in cui gli spettatori guardano la televisione (e le altre forme di video) sta cambiando rapidamente: McDonough ha dichiarato che la stessa Nielsen starebbe pensando di iniziare a ridefinire alcuni dettagli fondamentali del suo sistema di misurazione degli ascolti. La verità è che le persone sono sempre più abituate ad accedere ai contenuti audiovisivi da dispositivi non tradizionali e in modi ancor meno tradizionali. Alcuni dati del Cross-Platform Report indicano, infatti, che la percentuale di tempo trascorso guardando video da un televisore tradizionale è scesa al 93,7%, dal 99,4% di qualche anno fa. Uno studio parallelo, condotto dal Media Behavior Institute con MediaVest e Microsoft, indica che il 25% del consumo mediale di una persona avviene mentre sta lavorando e, soprattutto, che spesso si tratta di un tipo di consumo non misurato e neppure tenuto in considerazione dalle strategie di distributori e pubblicitari. Si tratta di una porzione considerevole della dieta mediale individuale, che spesso è fruita su piattaforme molto differenti dal tradizionale televisore domestico. L attuale scenario tecnologico sembra aver dato vita ad un nuovo ecosistema televisivo in cui lo schermo tradizionale, pur continuando a svolgere un ruolo importante, non è più l unico device in campo. I consumatori continuano a guardare la televisione di flusso, ma stanno iniziando a comprendere, utilizzare e valorizzare il consumo di video on demand e on-the-go. Una recente indagine comscore, condotta su un campione di consumatori (il 10% dei quali utenti abituali di internet in mobilità), presenta risultati in linea con quelli descritti. Se non sorprende sapere che il 90% degli ascolti dei 10 brand mediali analizzati (network broadcast e via cavo, agenzie pubblicitarie) siano passati dallo schermo televisivo, la vera notizia è che gli investimenti dei network sulle piattaforme digitali sembrano iniziare a dare i loro primi frutti. Il 26% del panel, infatti, interagisce con i network attraverso le loro piattaforme online e il 12% tramite gli online video. 4.2 Tre profili di spettatori-tipo Analizzando i diversi spettatori che interagiscono con i contenuti video nell analisi di comscore, si possono rilevare caratteristiche comuni che permettono di ricondurre il campione a tre macro-profili di spettatoritipo, utili per comprendere la maggior parte delle pratiche di visione contemporanee. 61

62 Le audience Tv Only sono quei consumatori che si limitano alla fruizione dello schermo televisivo, senza accedere ad altre piattaforme digitali legate ai brand; Le audience Digital Only sono l esatto opposto: consumatori di contenuti video online o su dispositivi mobili, ma non su piattaforme televisive broadcast tradizionali; Le Multi-Screen audience sono quegli spettatori che accedono ai contenuti attraverso due o più piattaforme: TV, Internet e dispositivi mobili. Se i consumatori Tv Only continuano a rappresentare la maggior parte del pubblico (circa il 72%), il pubblico della maggior parte dei network televisivi è composto anche da audience Digital Only (11%) e Multi- screen (17%). Queste percentuali non raccontano l intero scenario: suddividendo l ascolto per genere televisivo, vediamo che i network focalizzati su sport, news e programmazione per ragazzi hanno più del 30% della loro audience tra i Multi-Screen, con un forte utilizzo di tv ed internet. Abbiamo visto come la maggior parte dei consumatori continuino a concentrare la maggior parte del loro consumo di contenuti audiovisivi sullo schermo del televisore, anche se è importante notare che la percentuale di visione su piattaforme digitali è direttamente correlata con l engagement nei confronti del brand televisivo e aumenta al suo aumentare. Le audience Multi-Screen utilizzano piattaforme digitali per la visione di contenuti video in misura più che doppia rispetto alla media del pubblico televisivo. Lo stesso studio si è concentrato sull utilizzo contemporaneo di televisione ed internet, con dei risultati che non fanno altro che confermare quelli emersi da altre ricerche, avvalorando l idea che si tratti di pratiche ormai consolidate. La percentuale di consumatori che navigano durante la fruizione di televisione è molto alta, raggiunge il 60% degli spettatori: circa la metà di questi (29% del totale) utilizza Facebook, mentre una percentuale più bassa è solita visitare siti dei network televisivi o dei brand, per avere una visione più completa di ciò che sta guardando. Sta emergendo in maniera sempre più evidente - da una molteplicità di analisi, spesso condotte da soggetti differenti - come il consumo di contenuti video sia radicalmente cambiato nel corso degli ultimi due anni. La diffusione di schermi come quelli dei tablet, che finalmente abilitano la fruizione di video in mobilità/nomadismo in buona qualità, assieme alla diffusione quasi capillare di connessioni a banda larga e di mobile internet hanno molto aiutato la diffusione di pratiche di fruizione in mobilità. Vediamo quotidianamente come i broadcaster stiano iniziando ad accettare queste pratiche, cercando di brandizzare queste esperienze di visione per renderle proprie. Non è, infatti, l esistenza di modalità di consumo di video diverse da quelle tradizionali a non essere accettata dai più, quanto la diffusione di queste pratiche al di fuori delle nicchie degli utenti più tecnologici e sempre più verso il grande pubblico. 4.3 Connected television: penetrazione e diffusione L ingresso delle connected television nel mercato consumer è, oramai, dato per scontato. I televisori di fascia alta senza connessione di rete sono, infatti, una rarità e sempre più spettatori sono spinti e ad acquistare schermi internet-enabled o set-top-box con le medesime funzionalità. Ciò che è meno scontato, invece, è l utilizzo che gli utenti fanno di questi schermi connessi. Un analisi di DisplaySearch rivela che la connected television, non più una feature esclusiva dei televisori di fascia alta, sta diventando dominante in molti Paesi, con una penetrazione superiore al 20%. Le nuove funzionalità, tra l altro, vengono introdotte nei mercati emergenti allo stesso ritmo di quelli più sviluppati. 62

63 Esiste, però, una seria distinzione tra mercati: nonostante il successo dell intrattenimento Internet-based in Nord America, DisplaySearch suggerisce che la penetrazione degli schermi connessi sia inferiore rispetto a Europa Occidentale, Cina e Giappone. Sembra che i consumatori nordamericani siano attualmente più interessati alle dimensioni degli schermi (con una tendenza ad acquistarne di sempre più grandi) che alla loro connettività. Europa occidentale e Giappone sono, invece, mercati più stabili, grazie ad un approccio unificato da parte dei network televisivi e dei produttori di hardware per creare e commercializzare le piattaforme. La stessa ricerca sottolinea che le funzionalità più utilizzate e richieste sono quelle relative alla fruizione lean-back di contenuti audiovisivi. È interessante notare la distinzione operata da DisplaySearch a livello di caratteristiche delle connected television, che potrebbe rappresentare una rapida tassonomia dei modelli esistenti: Basic Connected Tv: sono piattaforme identiche per schermi e device di diverse marche e possono accedere ai servizi strutturati di broadcaster come Hbb.TV in Europa, MHEG-RP e Hulu negli Stati Uniti, AcTVila in Giappone, oltre che a piattaforme come Netflix e YouTube. Hanno elevati valori di produzione e sono più semplici da usare. Smart Tv Set Maker controlled: possono anch esse accedere alle piattaforme dei broadcaster, ma offrono anche servizi unici e differenti a cui si accede da un portale. Non esistono due portali uguali né che offrano accesso agli stessi sevizi. Il problema di questo tipo di connected devices è che i consumatori sono dipendenti dal brand: se questo cessa di sostenere una applicazione, tutti i suoi servizi sono perduti. Smart Tv Consumer controlled: non vincolate ad un portale, danno accesso all intero internet, solitamente tramite un browser. La complessità di un accesso illimitato a Internet richiede un interfaccia e un controllo molto più complessi di quella garantita da un telecomando tradizionale, che spesso è affiancato da controller più avanzati. È evidente da una serie di ricerche di mercato che non tutti i salotti televisivi attuali sono influenzati allo stesso modo dalle televisioni internetenabled che li abitano e molti proprietari non utilizzano al meglio le capacità di questi televisori. Le differenze più marcate sono, ancora una volta tra il mercato dell Europa Occidentale e quello del Nord America, seppure a ruoli invertiti rispetto alla penetrazione di tv connesse. In Europa quasi la metà dei proprietari di Connected TV non utilizza affatto le funzionalità che avrebbe a disposizione: i due terzi non hanno mai configurato il dispositivo, mentre il terzo 63

64 rimanente lo ha configurato ma ha smesso di utilizzarlo in poco tempo. Meno del 10% di tutti i proprietari europei di tv connesse utilizza regolarmente le loro funzionalità. Spostandoci oltreoceano, invece, troviamo una situazione ribaltata: circa un terzo dei proprietari nordamericani di internet-enabled TV ne utilizzano le funzionalità almeno una volta alla settimana e l'applicazione di gran lunga più popolare è Netflix. Perché i dati del nostro continente sono così sconfortanti? La risposta è quasi intuitiva: gli spettatori non utilizzano le connected television per navigare (molto più facile farlo da second screen) o per avere a disposizione i contenuti dei widget (sebbene alcuni siano utili, come la piattaforma di Comcast che aiuta gli utenti a gestire la propria giornata, non possono costituire l utilizzo primario dello schermo connesso), ma per guardare video, possibilmente on demand, in alta qualità e potendo scegliere da cataloghi ampi. In Europa, tranne pochi e isolati casi di successo come l iplayer di BBC (molto utilizzato dal campione Strategy Analytics di residenti nel Regno Unito), non esiste un servizio di streaming video di alto profilo che abbia queste caratteristiche. Forse parte di questi dati cambieranno se l ingresso di Netflix nel vecchio continente andrà oltre UK e Irlanda, ma senza un forte servizio di distribuzione di contenuti premium è difficile immaginare un affermazione dell utilizzo dei televisori connessi. Notiamo, quindi, come ricerche differenti portino ad uno stesso risultato: l uso principale che i consumatori fanno (e vogliono fare) delle televisioni connesse è la fruizione di video. Il che non vuol dire che bisogna tornare ai vecchi modelli lineari di televisione, ma che la proliferazione di device all interno delle abitazioni sta portando ad una specializzazione nel loro uso. L utilizzo primario del televisore rimane la fruizione di contenuti audiovisivi: non lineari, on demand, timeshifted, in alta ed altissima qualità. E, se avanzano tempo e spazio, con qualche widget o contenuto aggiuntivo che renda più entertaining la visione. È per questo motivo che, se l obiettivo per il medio periodo è far usare di più e meglio le connected television al pubblico europeo, bisogna investire sulla creazione di servizi per la distribuzione di contenuti audiovisivi e sulla (sempre complessa) costruzione delle loro libraries. 4.4 La mobile television La visione di contenuti audiovisivi in mobilità si dimostrando una pratica sempre più diffusa ma la mobile television broadcast (quella, per intenderci, offerta fino a qualche tempo fa da operatori come Tre con il tanto pubblicizzato videofonino) non ha mai avuto grande popolarità tra i consumatori. Nielsen ha iniziato a misurarne le audience e una nuova indagine di Juniper Research suggerisce che il numero di utenti di Mobile TV in streaming arriverà a 240 milioni entro il 2014, grazie anche ad un aumento della penetrazione di smartphone e tablet e ad una crescita nell'uso di Internet TV e IPTV. È poco probabile che la Mobile TV broadcast riprenda ora a decollare, considerando i costi necessari per creare una rete mobile di trasmissione TV e, soprattutto, che le reti esistenti sono al momento scarsamente utilizzate: le frequenze DVB-H, quelle utilizzate per le trasmissioni di tv mobile, sono oramai in disuso. Al tempo stesso, con miglioramenti nella rete 3G, lo sviluppo dei servizi 4G, la copertura Wi-FI, oltre ai progressi nei sistemi di compressione dei Content Delivery Networks, è probabile che nel breve-medio periodo tutti gli utenti avranno facilmente accesso ad una rete mobile che consentirà lo streaming video in 64

65 alta qualità. È, quindi, molto probabile ipotizzare che la mobile tv lineare come la conoscevamo sia ormai superata (ad eccezione di alcuni casi isolati come quello coreano), rimpiazzata da servizi che utilizzano lo streaming video e che già oggi rappresentano una parte significativa dell esperienza di consumo degli utenti. I tablet offrono un'esperienza di visione di gran lunga superiore degli smartphone: non è difficile immaginare che saranno fondamentali per il successo del settore TV mobile. Per la maggior parte delle persone, il tablet è un dispositivo utilizzato per il consumo di contenuti per periodi medio-lunghi, mentre lo smartphone è generalmente utilizzato per riempire momenti interstiziali. Gli smartphone sono perfetti per vedere video short-form, magari in attesa per un appuntamento, ma spesso per guardare interi programmi o film si aspetta di avere uno schermo più grande come quello del tablet (in mobilità, certo, ma sempre più in ambiente domestico), della tv o del pc. Uno degli ostacoli principali per i network televisivi che hanno sviluppato un offerta mobile ha riguardato i contenuti trasmessi, spesso non in linea con l'evoluzione delle aspettative dei consumatori. Negli stessi anni in cui la mobile tv broadcast stentava ad affermarsi, i servizi VOD - che consentono agli utenti di decidere che prodotti guardare scegliendo tra cataloghi sterminati - sono diventati sempre più popolari, sia sugli schermi grandi (pc, tv) che su quelli, di dimensioni più ridotte, dei dispositivi mobili. I comportamenti e le abitudini dei consumatori sono cambiati di conseguenza, con una crescente riluttanza dei consumatori a conformarsi agli orari televisivi stabiliti (timeshifting), decidendo loro stessi cosa vedere e in quale momento. La mobile television consente di aggiungere a queste abitudini la pratica del placeshifting, portando i contenuti fuori dalle mura domestiche e permettendone la fruizione in mobilità, aggiungendo così una nuova dimensione all esperienza televisiva. Juniper Research prevede che i ricavi della Mobile tv, considerando sia i ricavi dagli utenti finali che le entrate pubblicitarie per servizi con distribuzione broadcast e in streaming, raggiungerà gli 8,9 miliardi di dollari entro il La crescita nel mercato dei tablet sarà rapida, con un incremento medio annuo del 58%: se nel 2011 i tablet hanno rappresentato solo il 2% dei ricavi della Mobile Tv, si prevede che entro il 2016 questo dato salirà al 10% del totale. In conclusione, sembra riscontrabile un trend di crescita degli utenti di queste nuove forme di mobile television (in streaming e non più broadcast), risultante da una serie di fattori. Tra questi emerge un trend che vede i pubblici sempre più in grado di accedere ai contenuti preferiti in qualsiasi momento, da qualunque luogo e con qualsiasi device preferiscano, trend in cui la mobile tv è solo una delle tessere del più complesso mosaico della Connected Television. 4.5 Il mercato dei tablet, tra piattaforme e produttori Gli ultimi due anni sono stati fondamentali per l affermazione sul mercato dell utilizzo dei tablet. Ma perché sono un device tanto interessante per chi si occupa di televisione? Sono veramente così utilizzati come second screen? E per la fruizione di video in mobilità? 65

66 Apple ha dato nuova vita a questo segmento di mercato precedentemente occupato da device dalle scarse funzionalità comunemente chiamati palmari con la presentazione dell ipad nel gennaio 2010: una vera e propria rivoluzione in termini di interfacce e prestazioni. Da allora, la famosa tavoletta ha assunto caratteristiche sempre più innovative ed Apple ha stabilmente conquistato una posizione dominante sul mercato dei tablet, anche a causa del colpevole ritardo dei suoi competitor diretti. Ritardo che i diversi produttori di dispositivi mobili che montano il sistema operativo Android hanno tentato di colmare con tablet di diverso tipo e dal successo variabile: tra questi il più conosciuto è probabilmente il Galaxy Tab di Samsung. Accanto ai device di fascia alta (di prezzo e prestazioni), il Kindle Fire di Amazon nel giro di pochi mesi ha conquistato una quota considerevole del mercato. L azienda ha costruito un device dalle prestazioni intermedie tra quelle di un e-book reader e quelle di un tablet vero e proprio, riuscendo così a contenere i costi e attirare molti consumatori (a cui Amazon è principalmente interessata per la successiva distribuzione di ebook e contenuti video). La diffusione dei tablet sta aumentando vertiginosamente tra i consumatori statunitensi: secondo le ultime stime della Online Publishers Association, più del 31% della popolazione ne possiede uno, in netta crescita dal 12% di appena un anno fa e con la previsione di raggiungere il 43% degli americani per l inizio del I possessori di tablet tendenzialmente adulti e di elevato livello socio-economico sono soliti utilizzare quotidianamente i loro device: il 14% li usa almeno una volta al giorno e il 60% più volte nel corso di una sola giornata, per un totale che si aggira in media intorno alle ore settimanali. L utilizzo giornaliero si concentra durante quelle ore del giorno che coincidono con i momenti di maggiore consumo televisivo: è interessante notarlo, soprattutto se consideriamo che l utilizzo principale che si fa dei tablet è la fruizione di contenuti video. Vediamo, quindi, una predisposizione degli utenti all utilizzo del tablet come sostituto dello schermo principale: il 54% dei possessori di tablet utilizza abitualmente il proprio device per vedere video. 66

67 Tra le tipologie di contenuti video fruiti continuano a prevalere quelli short-form: brevi clip di news, sport, programmi televisivi e aggiornamenti meteo, ma anche user generated content come webseries, mash-up e 67

68 tutorial di vario tipo, oltre a contenuti professionali nati per la fruizione rapida come trailer cinematografici e music video. Contenuti di durata maggiore come serie tv e film sono comunque visti da circa la metà dei possessori di tablet, dato probabilmente destinato a crescere con il miglioramento dell offerta. Ma il tablet non si limita a sostituire lo schermo televisivo principale: spesso lo integra, dando vita al multitasking su second screen per l 85% del campione. Un fenomeno ormai naturale con il tablet, tanto che il 66% degli utenti aggiunge addirittura un terzo schermo (tv, pc, tablet). 4.6 I nuovi colossi crescono In questo quadro, nuovi protagonisti si stanno affermando sul mercato, riuscendo a dare del filo da torcere ai classici operatori del settore sia in termini di audience conquistata che in termini di redditività economica. Di seguito verranno presentati due casi interessanti di nuovi player che vengono da oltreoceano: si tratta di Hulu e di Netflix Hulu Nel 2007 viene proposta ad un gruppo di utenti selezionati, per un periodo di circa 6 mesi, la versione beta del portale Hulu, che verrà poi lanciato ufficialmente il 12 marzo del 2008 grazie ai due gruppi media NBC Universal e News Corporation. L idea del CEO Jason Kilar è di assecondare l ormai consolidata pratica del file sharing e il progressivo aumento di distribuzione e visualizzazione di contenuti in streaming (nella quasi totalità dei casi non legale), mettendo invece a disposizione dello stesso pubblico un prodotto ugualmente appetibile ma pienamente legale e autorizzato, grazie all acquisizione dei diritti e diversi accordi presi con le grandi major broadcasting company. Nasce così Hulu, un portale di video on demand ricco e funzionale, in piena sintonia con le logiche del web 2.0, quelle della condivisione e del "nuovo web", sponsorizzato da uno slogan che recita: "Watch your favorites. Anytime. For free." Già il nome lascia trapelare alcune delle sue particolarità: Hulu deriva dalla lingua cinese e racchiude in sé due interessanti traduzioni di cui la prima è zucca e prende in prestito un antico proverbio cinese che profetizzerà la mission aziendale, ossia "Detentore di cose preziose"; mentre l'altra trasposizione, definita secondaria, è "registrazione interattiva". Ricchezza di contenuti e funzionalità del servizio sono invece state ottenute grazie agli accordi siglati con i più importanti broadcast americani come NBC, FOX, E! e Comedy Central e le prestigiose case di produzione Universal, 20th Century e MGM. Con sede legale a Los Angeles, oggi l'azienda può contare su più di 300 dipendenti tra uffici di New York, Chicago, Seattle, Tokyo e Pechino. La quota delle proprietà è divisa tra Disney/ABC (27%), Comcast/NBC (32%) e News Corp./FOX (31%); vanta inoltre l'appoggio del fondo di venture capital Providence Equity Partners (specializzata in mezzi di comunicazione e intrattenimento e che ha il 10% delle quote), che ha finanziato il progetto sin dall'inizio, e che dispone di alcuni suoi rappresentanti nella stessa amministrazione di Hulu. 68

69 Offrendo contenuti di qualità in alta risoluzione video, Hulu garantisce un servizio video nettamente superiore dei suoi diretti concorrenti come YouTube. Tali peculiarità, affiancate alle centinaia di serie tv complete, film, anticipazioni delle nuove uscite e programmi di intrattenimento live-streaming (in maggior numero di NBC e FOX) hanno fatto sì che la proposta di Hulu sia in costante crescita sin dal suo primo anno: dal 2008 al 2009 Hulu è passata da a video distribuiti. Tra le ambizioni della mission di Hulu c'è la volontà di andare ad incontrare gli utenti mentre stanno già consumando il loro tempo on-line, in "luoghi" a loro già conosciuti e frequentati. Per questo motivo le library complete sono accessibili anche dai siti partner come Yahoo! MSN, AOL, TV Guide e IMDb. L'azienda intende assecondare le nuove abitudini degli spettatori, sempre più avvezzi alle logiche del multitasking e della fruizione multipiattaforma. L'utente viene quindi liberato dalla schiavitù del flusso televisivo e della visione episodica: le puntate delle serie scelte andranno automaticamente a formare un palinsesto personalizzato e sempre disponibile Qualche cenno storico Nel marzo 2008 viene ufficialmente lanciato il portale e fornitore USA di online video on demand, che poco meno di un anno dopo (febbraio 2009) conta già 24 milioni di spettatori unici al mese. Nel maggio 2009 gli spettatori unici al mese salgono a 41 milioni: secondo le statistiche Nielsen, il +490% fatto segnare da Hulu su base annuale (Aprile 2009 su Aprile 2008) è in gran parte merito di un target non giovanissimo: adulti tra i 35 e i 49 anni che rappresenterebbero un terzo dell audience totale di Hulu e la fascia demografica maggiormente in crescita, con una media di 416 minuti di video fruiti ogni anno. Sempre nel 2009 la società trova il supporto di Disney/ABC, che entra nel capitale azionario con una quota del 27% e un investimento complessivo di 150 milioni di euro, suddivisi in contanti cash-and-carry e spazi pubblicitari pre-pagati. La major non porta solo denaro contante, fondamentale per la crescita della società, ma anche un inestimabile valore aggiunto derivato dai diritti dei suoi prodotti, spesso concessi in esclusiva. Il catalogo dei contenuti di Hulu può vantare 3 su 4 dei top network USA in chiaro, ovvero Fox, NBC e ABC, oltre ad un discreto pacchetto di prodotti dai rispettivi canali pay via cavo dei 3 gruppi. Si propone, dunque, come la destinazione ufficiale primaria per guardare gratis migliaia di puntate delle serie TV di maggiore successo: dai film per bambini, agli show comici, dalle soap alle molteplici serie animate targate Disney. Inoltre tra i contenuti proposti a disposizione considerevoli quantità di webisodes e spin-off legati alle suddette trasmissioni e pensati appositamente solo per il mondo del web. Nel marzo 2010 Hulu svela una partnership con DramaFever, un portale di video online specializzato nella distribuzione dei più famosi drama e movies asiatici nato nel 2009, con il lancio di 5 titoli: Coffee Prince, IRIS, Queen Seon Duk, My Lovely Sam Soon, e Pasta. Si tratta di un esperimento interessante: DramaFever ha coraggiosamente intrapreso la via di un particolare settore di nicchia ovvero quella della distribuzione in streaming di prodotti televisivi provenienti dal mercato asiatico, puntando in primis sulla vastissima community di spettatori di origine asiatica che vivono negli USA e in Canada, e poi abbracciando quella fetta di mercato che fa degli spettatori fan o semplicemente curiosi di questa diversa cultura. La particolarità di questa partnership risiede nel prodotto offerto: il drama coreano non ha mai avuto un'esposizione mediatica mainstream al di fuori del proprio Paese; quasi impossibili da reperire in Occidente per vie legali, gli appassionati o curiosi del genere sono un pubblico costretto a intricati giri di file 69

70 sharing, o infinite ricerche su siti dai contenuti non autorizzati. DramaFever ha invece chiuso accordi con MBC e KBS, due dei tre colossi televisivi coreani, oltre che SBS, TVCC, Shanghai Media Group, MediaCorp, FUNimation, TV Asahi, ABS-CBN, Gruppo Otto, ISplus, JS Immagini, e molti altri, offrendo in streaming serial di straculto nel loro Paese d'origine. Si basa su modello di business freemium: solitamente gratis i primi 2 episodi delle nuove serie e a pagamento il pacchetto completo. Tutti i drama (il telefilm coreano o giapponese) sono proposti in originale con i sottotitoli in inglese; le première sono online alcuni giorni dopo la messa in onda in patria. A novembre 2010 la piattaforma lancia "Hulu Plus", un servizio di abbonamento premium. Per una sottoscrizione mensile di 7,99$ il pubblico statunitense può usufruire di una library molto più ricca e completa, disponibile anche in alta definizione. Oltre a un ulteriore pacchetto di film, offre anche intere stagioni delle proprie serie preferite, da quelle recentissime appena mandate in chiaro a quelle più datate pensate per un pubblico di nostalgici. Il servizio premium consente inoltre di guardare l'offerta video e utilizzare i servizi Hulu tramite l'integrazione di dispositivi diversi dal PC come apparati Apple di ultime generazioni: iphone, ipod touch e ipad, che, anche se non supportano il formato flash, permettono la visione attraverso un'apposita applicazione, oltre alle console Sony PS3 e Microsoft Xbox 360 e ai televisori e lettori blu-ray marchiati Sony e Vizio. La velocità di streaming utilizzata è dinamica e il player sceglie il flusso ottimale per ogni utente in base alla banda disponibile e in modo da potersi adattare al meglio su ogni dispositivo e piattaforma, sia essa Tv connected, console di videogames, set-top box, telefoni cellulari o tablet. Nel 2011 il 19% degli statunitensi ha usato internet per guardare intere serie Tv, un punto in più rispetto al 2010 che contava il 18%. Trend che si conferma in crescita anche per il Così da arrivare a pensare, che nel giro di un paio d'anni lo streaming per Netflix e Hulu (al momento i più innovati e trainanti del settore) sarà un business in grado di incassare dai propri abbonamenti online circa 800 milioni di dollari. Allo stesso tempo i ricavi provenienti dalle inserzioni promozionali legate al video online negli Stati Uniti vedono il videoportale primeggiare, avendo addirittura duplicato la quantità di pubblicità trasmessa rispetto ai suoi competitor. Dal lancio di Hulu Plus, il numero totale delle ore impiegate nel guardare i video è cresciuto del 67%; il numero totale di episodi televisivi trasmessi sulla piattaforma è cresciuto del 115% (da a ); il numero di serie televisive è cresciuto del 129% (da 950 a 2.180, tra cui 76 serie televisive prodotte da società quali MTV, Comedy Central e VH1); il numero dei video musicali è cresciuto dell' 85% e quello dei film del 22% (da circa 450 a 1.450, inclusi centinaia di film provenienti dagli archivi di Criterion Collection e Miramax). Hulu è in testa alla classifica delle piattaforme più utilizzate di video on demand. Secondo il rapporto pubblicato da comscore Online Video Rankings, l'audience americana di utenti internet (circa 180 milioni) ha riportato un record totale di 6 mila miliardi e 900 milioni di visualizzazioni solamente nel mese di Luglio Dopo diverse valutazioni, nel settembre 2011 la piattaforma statunitense scavalca i confini nazionali aprendo una filiale dei suoi servizi in Giappone, inserendosi così in un mercato da 700 milioni di dollari. Attivabile solo su sottoscrizione, Hulu.jp offre centinaia di programmi premium, tra film e serie televisive delle major, con i titoli di CBS, Warner Bros. e Sony in aggiunta al nucleo base di opere sotto copyright Disney/ABC, NBC e FOX a partire da 19,19 dollari mensili (circa yen). 70

71 Il modello di business Il grafico seguente mostra come le revenues di Hulu siano in crescita vertiginosa dal 2008, con un incremento del 6% in un anno, tra il 2010 e il Da solo, il milione e mezzo di abbonati al servizio premium di Hulu plus porta alla società ricavi pari a 420 milioni di dollari, con prospettive di crescita. Hulu è nata come piattaforma web gratuita, a cui in un secondo momento si è affiancato un servizio premium con la finalità di generare un ulteriore flusso di entrate economiche attraverso la sottoscrizione mensile al servizio Hulu plus, oltre a quelle raccolte dalla vendita degli spazi pubblicitari. Quello dell'azienda diventa così un modello di business freemium (Hulu free + Hulu plus premium), beneficiando di un duplice flusso in ingresso di entrate economiche. L'idea più volte sostenuta dal CEO di Hulu e dai suoi canali ufficiali è quella di cercare di mantenere un giusto compromesso fra la quantità di pubblicità inserita all'interno dei video e la pazienza dello spettatore, cercando così di ridurre al minimo le interruzioni commerciali. Inoltre si punta molto sulla ricerca di nuovi schemi pubblicitari, cercando di trovare formati sempre più innovativi e modelli sempre più interattivi in grado di migliorare l'efficacia degli annunci online, e di ottimizzare al meglio la vendita di tali spazi. Esiste infatti un rapporto continuo con gli stessi inserzionisti per permettere all'azienda di essere sempre in grado di sperimentare e trovare nuove soluzioni di marketing per le diverse situazioni, offrendo in qualche modo servizi più personalizzati. Il modello di vendita di tali spazi, ad oggi, si basa sul numero di visualizzazioni CPM, ossia costo per mille impression, e le tipologie di formati utilizzati da Hulu per i propri inserzionisti risultano essere di 3 tipi: formati pubblicitari standard, formati di annunci premium e formati Hulu esclusivi. Ad Standard: si suddividono in a. Pre-Roll: annunci da 15 o 30 secondi posti nel video e che vengono eseguiti prima, durante e dopo un break pubblicitario (un video per ogni break pubblicitario). b. Companion: dai formati 300x60 e 300x250 sono banner statici che affiancano gli spot video e permettono di collegarsi direttamente ai siti degli inserzionisti. c. Overlay brand bars: includono un logo e un messaggio mirato del marchio che appaiono alla base del video mentre va il filmato. Gli utenti possono fare clic sopra per espandere l'annuncio o andare direttamente sul sito Web dell inserzionista. d. Overlay logo bugs: loghi semplici che appaiono nell'angolo in basso a destra dello schermo. Gli utenti possono fare clic sopra per espandere l'annuncio o andare direttamente sul sito Web dell inserzionista. Ad Premium: un breve video-clip presentato in-stream prima dell'inizio del video. Sono dotati di logo, voci fuori campo e di norma un messaggio che recita "A cura di..." Ad Hulu Esclusivi: l utente è libero di personalizzare gli annuncia a seconda delle sue preferenze tramite delle selezioni di unità pubblicitarie. Due o tre le opzioni messe a disposizione per dare la 71

72 possibilità all'utente di poter scegliere di guardare inizialmente uno spot di durata maggiore in cambio di una fruizione video senza, o comunque minori, interruzioni Netflix Netflix è un servizio che offre in streaming video di vario genere, dai film agli show fino alle serie tv originali o di cui ha acquistato i diritti. Fondato nel 1997 e con sede a Los Gatos, California, conta oltre 40 milioni di membri in più di 40 Paesi, e può vantare più di 1 miliardo di ore di video rese disponibili al proprio pubblico Qualche cenno storico La società è stata fondata nel 1997 a Scotts Valley, California da Marc Randolph e Reed Hasting, insieme a Mitch Lowe: sembra che Hastings sia stato ispirato nella creazione della società dopo aver pagato un extra per aver riconsegnato in ritardo il film Apollo 13. Il sito web di Netflix è stato lanciato nell'aprile 1998 con l idea di creare una versione online del più tradizionale modello di servizio noleggio (4 dollari più 2 di spese di spedizione; inclusa la penale per il ritardo di riconsegna). Netflix introduce inizialmente un abbonamento mensile (settembre 1999), per poi applicare una tariffa per ogni singolo film noleggiato (gennaio 2000). Da allora l'azienda ha costruito la sua reputazione sul modello di business del noleggio illimitato senza spese né penali per ritardo, trasporti, tasse, o canoni di locazione per titolo. Netflix ha sviluppato un vasto sistema personalizzato di raccomandazione video sulla base di valutazioni e giudizi dei suoi clienti, simile al sistema usato da Amazon.com. La società ritiene che questo gli dia un vantaggio con la concorrenza. "Circa titoli di film differenti sono contenuti nel milione di DVD che esso invia ogni giorno." Netflix ha svolto un ruolo di primo piano nella distribuzione di film indipendenti. Attraverso una divisione chiamata Red Envelope Entertainment, la società dà in licenza e distribuisce film indipendenti come Born into Brothels e Sherrybaby. Dopo il rischio di perdite consistenti nel corso dei primi anni, Netflix ha avuto il suo primo profitto durante l'anno fiscale 2003, guadagnando 6,5 milioni dollari di profitto su un fatturato di dollari. Netflix è entrata in borsa nel 2002, con un'offerta pubblica (IPO): il 29 Maggio in cui sono state vendute 5,5 milioni di azioni ordinarie al prezzo di US $ 15,00 per azione. Il 14 giugno dello stesso anno la società ha venduto altre 825 mila azioni ordinarie allo stesso prezzo. 72

73 Un articolo del New York Times del settembre 2002, ha affermato che, all epoca, Netflix inviava circa dischi al giorno per i suoi 670 mila abbonati mensili. Gli abbonati sono aumentati da un milione nel quarto trimestre del 2002 a circa 5,6 milioni alla fine del terzo trimestre del 2006, fino a raggiungere i 10 milioni nel febbraio La crescita è stata alimentata dalla rapida diffusione di lettori DVD nelle case: a partire dal 2004, infatti, quasi due terzi delle case americane si è dotata di un lettore DVD. Sfruttando la potenzialità di questi nuovi supporti e integrando le potenzialità di Internet e dell ecommerce, Netflix ha sfidato i dettaglianti, incapaci di competere con questo nuovo colosso Dalla distribuzione fisica all online Netflix non si ferma, però, alla sola distribuzione fisica del DVD contenente il prodotto audiovisivo scelto, ma decide di espandere il suo servizio di distribuzione con una piattaforma online ben strutturata. Offre, infatti, un servizio di video streaming via IP ("Watch Instantly") che consente la visione di film direttamente sul PC o sulla TV di casa. Nella sua forma più semplice, il video viene trasmesso per l'utente utilizzando hardware standard per PC, e richiede l installazione del software di Microsoft Silverlight. Il film viene avviato premendo il tasto "Play Instantly", e riprodotto sul monitor del PC; può essere messo in pausa o riavviato a piacimento. Tecnicamente, il sistema di flussi video in VC-1 ha un formato di qualità lievemente inferiore a quello disponibile su DVD e tende a subire le tipiche limitazioni della distribuzione IP, derivanti da una diversa distribuzione e un differente carico dalla banda dei singoli utenti. Inizialmente gli abbonati pagavano un dollaro l ora (con un piano di 16,99 dollari, per esempio, l'abbonato ha diritto mediamente a 17 ore di streaming.) Nel gennaio 2008, tuttavia, Netflix ha eliminato questa restrizione: tutti gli abbonati hanno diritto a uno streaming illimitato senza costi aggiuntivi. I nuovi termini del servizio sono una risposta all introduzione di Apple dei nuovi servizi di video noleggio. Attualmente il servizio Watch Instantly conta più di film e spettacoli televisivi registrati. I principali studi tra cui NBC Universal, MGM, 20th Century Fox, CBS/Paramount, ABC-Disney, Warner Brothers, Lions Gate Entertainment e New Line Cinema distribuiscono tutti i loro prodotti attraverso la piattaforma di Netflix. Una delle peculiarità del servizio di video streaming è la possibilità di avere accesso in qualsiasi momento alla totalità dei prodotti audiovisivi distribuiti da Netflix, indipendentemente dalla loro rarità (contenuti rari di cui esiste un numero limitato di copie), oltre alla possibilità di accedere in anteprima a titoli non ancora disponibili per il noleggio fisico. 73

74 Una strategia multipiattaforma Se il servizio Watch Instantly si fosse limitato alla sola distribuzione su pc, non avrebbe probabilmente ottenuto il successo attuale. Questo è frutto sicuramente di una library fornitissima e costantemente aggiornata, ma anche di una strategia di distribuzione multipiattaforma, in grado di entrare in maniera pervasiva nelle abitazioni dei suoi abbonati. Netflix è disponibile su un numero impressionante di device, tra i 450 ed i 500: la quasi totalità dei dispositivi smart disponibili sul mercato con uno schermo sufficientemente grande per la fruizione di contenuti video. Buona parte di questa strategia di distribuzione multipiattaforma si è sviluppata tra il 2008 ed il 2010, con l introduzione della piattaforma di video streaming targata Netflix su televisori connessi, game console e dispositivi mobili e. Per quanto riguarda le tv connesse, nel gennaio 2009 Netflix ha annunciato una partnership con Vizio e LG per riprodurre in streaming i propri contenuti direttamente sui televisori ad alta definizione degli abbonati, senza bisogno di supporti aggiuntivi. Questo tipo di distribuzione, possibile solo con televisori internetenabled, consente di fruire dei contenuti senza soluzione di continuità rispetto alla classica visione della tv di flusso. Nel luglio del 2009, Sony ha annunciato una partnership con Netflix che consente l accesso alla piattaforma di video streaming dai televisori Sony BRAVIA: ogni abbonato con una BRAVIA HDTV abilitata per Internet sarà in grado di collegare il suo account alla TV e guardare video in streaming dal suo soggiorno di casa. Oltre ai televisori connessi, Netflix ha deciso di ampliare il proprio mercato potenziale anche a quegli schermi che diventano smart con l aggiunta di un dispositivo, comunemente chiamato set-top box. La società sta formando partnership con diversi produttori di elettronica di consumo per consentire ai loro possessori di accedere al suo catalogo. È con questo principio che è nata, ad esempio, la partnership tra Netflix Watch Instantly e il se-top box di Roku. Gli schermi televisivi non diventano smart solo con l utilizzo dei semplici set-top box, ma anche (e, in questo periodo storico, soprattutto) attraverso le game console, che presentano una buona percentuale di diffusione. 74

75 Durante la conferenza E3 del 2008, Microsoft e Netflix hanno annunciato il primo accordo per la distribuzione di contenuti video su una game console attraverso Xbox Live. Questo servizio è stato lanciato il 19 novembre 2008 per i possessori di Xbox 360 con un abbonamento Netflix illimitato e un abbonamento Xbox Live Gold, che permette di noleggiare videogiochi streaming di film e spettacoli TV direttamente dalla loro coda Netflix con una richiesta sulla Dashboard. Dal novembre 2009 il servizio è disponibile anche sulla PlayStation 3 di Sony, con un allestimento simile a quello della Xbox 360. Nel gennaio 2010 il servizio si è esteso anche alla Wii, la console di casa Nintendo. Con la crescente importanza della fruizione di video in mobilità, Netfilx non poteva lasciar scappare un mercato così ricco. Già nel settembre 2009, il suo CEO aveva espresso il desiderio di espandere il servizio di video-streaming ai dispositivi mobili iphone e ipod Touch di Apple una volta scaduto l accordo di esclusiva con Xbox 360. Nel mese di aprile 2010, l'applicazione di Netflix ha debuttato sull App Store di itunes per l'uso con l'ipad, mentre la versione per iphone e ipod touch è stata rilasciata nell agosto dello stesso anno. L espansione di Netfilx vede la presenza della sua applicazione anche su dispositivi con sistema operativo Windows mobile e Android, sebbene entrambi abbiano problemi di compatibilità con device più vecchi. Sono coperte anche le game console portatili, con lo streaming su Nintendo 3DS e Playstation Vita Il modello di business, tra opportunità e problemi Il modello di business di Netflix è nato e prosperato a ridosso di due distinte fonti di ricavi: da una parte il servizio di distribuzione postale di DVD, dall altra quello di video streaming in abbonamento. La società è arrivata al 2011 in condizioni economiche più che solide, raggiungendo i 6,3 milioni di abbonati a fine 2010, con un aumento totale del 60% (da 10,6 milioni alla fine del Q2 '09 a oltre 16,9 milioni alla fine del Q3 '10). L enfasi che la società, da quel momento in poi, ha deciso di porre sui suoi abbonati a sottoscrizione piuttosto che su quelli del servizio in abbonamento postale ha portato ad una seria crisi del suo modello di business. Già nel 2010 era chiaro che la scelta di puntare su un abbonamento base a 8.99$/mese (con 2 DVD e lo streaming online illimitato) portava dei profitti troppo ridotti, traducendosi in una diminuzione trimestrale costante nel suo ricavo medio per abbonato a pagamento, che è diminuita del 8,9% da 13,30 dollari in Q3 '09 a 12,12 dollari nel Q3 '10. Con l aumento dello streaming online, sempre più abbonati hanno teso a ridurre il noleggio fisico di DVD, portando il profitto della società ai minimi storici. 75

76 Il modello di business Netflix, infatti, ha ceduto nel momento in cui il suo CEO ha deciso di abbandonare l'attività, allora ad alto margine di profitto, di noleggio DVD per concentrarsi sul segmento dello streaming online, che a quel tempo era a basso margine e basso profitto. La scelta si è rivelata vincente: nel quarto trimestre 2012, la società americana fornitrice di video on demand online su abbonamento ha registrato un fatturato di 945 milioni di dollari, in crescita rispetto agli 876 milioni di dollari dello stesso periodo dell anno precedente 47. I buoni risultati economici risultano ancora più interessanti se confrontati con quanto è successo a blockbuster, storico colosso del videonoleggio. La società ha accumulato perdite su perdite incolpando la pirateria e a novembre di quest anno Dish Network ha annunciato la chiusura degli ultimi 300 negozi rimasti negli Stati Uniti. 47 Rispetto allo stesso periodo del 2011, però, gli utili sono diminuiti. La società attribuisce questo calo ai costi sostenuti per il lancio della piattaforma nei Paesi scandinavi. 76

77 CAPITOLO 5 GLI ECONOMICS DEL CINEMA 5.1 Box office e ciclo economico Il secondo semestre del 2008 segna l inizio di quella crisi economica con la quale i Paesi occidentali, ed in particolare quelli europei, stanno ancora combattendo. Esiste una reazione del Box Office a questa dinamica economica complessiva? Se si, che forme assume? Perché questa domanda è importante? Secondo un luogo comune, diffuso nell ambiente, il consumo di cinema (ed in particolare il numero di biglietti staccati al box office) segue un andamento anticiclico rispetto a quello dell economia. Per cui in situazioni di crisi economica i consumatori andrebbero di più al cinema, quasi per dimenticare la grave situazione esterna. È ancora così? I dati ci dicono di no. Se si esamina l andamento degli ultimi anni, il box office mostra di soffrire la crisi economica ed avere, quindi, un andamento prociclico. I dati 48 (in valore assoluto e in termini di variazione percentuale) del 2009, del 2011 e del 2012 mostrano una caduta di biglietti venduti tanto più marcata quanto più forti sono la riduzione del PIL e le aspettative negative rispetto all andamento dell economia. Ovviamente, come sempre accade nel caso degli andamenti del box office, hanno un influenza importante sia i titoli che la meteorologia. Difatti, i blockbuster sono in grado di portare al cinema un pubblico più numeroso di quello usualmente attirato dalla sala cinematografica. Nei cinque anni considerati, però, il peso di questa categoria di film non pare modificare significativamente l andamento generale del box office. Misurando la capacità di attrazione dei blockbuster in termini di concentrazione del box office sul gruppo dei primi 5 film a maggior incasso 49, infatti, ci si accorge che questi titoli non sono stati in grado di modificare l andamento negativo. 48 I dati considerati sono relativi al primo semestre di ciascun anno. 49 L indice di concentrazione, in questo caso, è misurato dal rapporto percentuale tra le presenze dei primi 5 titoli del box office del primo semestre sulle presenze totali dello stesso periodo. 77

78 Milioni Box Office e indice di concentrazione Italia, mln di presenze i.c. 20,7 % 55 i.c 26,8% 55 i.c. 28,4% i.c. 22,9% i.c. 25,6% Fonte: Elaborazioni su dati Cinetel del Box Office relativo al primo semestre di ciascun anno. Dal grafico sopra presentato, infatti, si può verificare che: nel 2009, con un PIL in caduta a -5,5, nonostante un indice di concentrazione superiore a quello dell anno precedente, il box office ha registrato una flessione; nel 2010, con un PIL crescente pari a +1,8 e con un indice di concentrazione del 26,8%, il box office conosce un incremento di assoluto rilievo; nel 2011 il PIL cala sensibilmente a +0,4 e, nonostante un indice di concentrazione pari a 28,4%, il box office cala sensibilmente; nel 2012 la crisi economica porta il PIL a -2,4 e le aspettative rispetto all andamento dell economia sono certamente peggiori del 2009 (quando il PIL diminuì in misura più forte). In questo caso, nonostante un indice di concentrazione del 25,6%, il box office subisce una riduzione di assoluto rilievo. Né a smentire quest ultima considerazione può essere l andamento positivo registrato nel periodo della Pasqua Difatti il box office delle Pasque risente della loro collocazione nel calendario: più la Pasqua è bassa (fine marzo primi giorni di aprile), più l incasso è alto; viceversa quando la Pasqua si colloca in date successive. Evidentemente sul box office pasquale pesa la meteorologia che usualmente tende ad essere più clemente con l avanzare della primavera. Quanto finora affermato si riflette, poi, nella variazione percentuale annua (sempre misurata sul primo semestre) in rapporto alla dinamica delle variazioni percentuali del PIL. L aumento percentuale del PIL nel 2010 trascina fortemente il box office e uguale enfasi registra la sua riduzione in presenza del ridimensionamento del PIL nel 2011 e della sua caduta nel

79 Migliaia 25% 20% 15% 10% 5% 0% -5% -10% -15% -20% -25% -6,5% -5,5% Box office e ciclo economico Italia, variazioni percentuali annue 21,9% 1,8% 0,4% -0,3% Presenze ,4% -18,7% Pil Fonte: Elaborazioni su dati Cinetel del Box Office relativo al primo semestre di ciascun anno. Elaborazioni su dati Banca d Italia del Pil relativo all intero anno. Stima per quanto riguarda il Una conferma indiretta viene anche dall analisi dei box office dei cinque maggiori Paesi europei. Come si evince dal grafico seguente, Spagna e Italia che soffrono maggiormente la crisi economica vedono ridursi il proprio box office, a differenza di ciò che accade in Germania, Francia e Regno Unito (UK) che ad oggi registrano una situazione congiunturale certamente differente. Con l occasione è positivo notare che, con l eccezione della Spagna, negli altri quattro Paesi negli ultimi venti anni il box office complessivo è cresciuto, nonostante l invasività televisiva con i canali premium dedicati allo sport e al cinema Germania Spagna Francia Italia UK Salite e discese del Box Office europeo Presenze, Fonte: Elaborazioni su dati MediaSalles del Box Office europeo di ciascun anno. Da quanto detto esce rafforzata l opinione secondo cui la frequentazione della sala risponde a esigenze e che vanno oltre la visione del film. Andare al cinema può essere una sorta di evento per gli spettatori, 79

80 un occasione di socializzazione per fasce diverse di popolazione e, più in generale, uno degli usi del tempo libero fuori dall abitazione. Del ruolo della sala si parlerà in un paragrafo successivo. Qui preme constatare come la frequenza pro capite al cinema in Italia possa trovare nuovi spazi. Difatti, come si evince dai grafici seguenti, l Italia è penultima tra i cinque maggiori Paesi europei sia nella frequenza che nella spesa pro capite per il cinema. Frequenza pro capite al cinema 2010 Spesa pro capite per il cinema ,5 25 3,0 2,5 2, ,5 1,0 0, ,0 Francia UK Spagna Italia Germania 0 Francia UK Spagna Italia Germania Fonte: Elaborazioni su dati Mediasalles. 5.2 Il cinema italiano: quote di mercato e box office 50% 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% Quota mercato film nazionali Valori % e linee di tendenza Germania Spagna Francia Italia UK Fonte: Elaborazioni su dati Mediasalles Negli anni precedenti alla crisi economica, anche se con andamenti altalenanti, il cinema italiano aveva recuperato i numeri negativi registrati fino agli anni Novanta. 80

81 La crescita della quota di mercato dei film nazionali è più forte di quella francese ma quella italiana è la seconda cinematografia europea, anche se il nostro Paese si contende la medaglia d argento con il cinema inglese e tedesco. Questo guadagno è stato realizzato erodendo quote di mercato - in termini percentuali - alla cinematografia statunitense, che resta comunque molto forte sul territorio nazionale ,47 33,19 62,75 25,16 10,33 12,09 Cinematografie a confronto in Italia % sul totale BO, primo semestre 60,16 29,99 47,62 43,95 9,85 8,43 Film italiani Film USA Altri Film 45,26 30,04 24, Fonte: Elaborazioni su dati Cinetel del Box Office relativo al primo semestre di ciascun anno. Vanno sottolineati, poi, dei punti di miglioramento di cui il cinema italiano dovrà tenere conto negli anni a venire; uno su tutti, l investimento medio per titolo. Nella classifica internazionale, l Italia si pone al 13 posto (2,9 milioni di dollari), ben dietro gli altri quattro grandi Paesi europei: UK (14,9 milioni di dollari), Germania (7,9 milioni di dollari), Francia (7,3 milioni di dollari), Spagna (3,7 milioni di dollari) 50. Si tratta di un limite che va superato con uno sforzo da parte della produzione italiana, nella consapevolezza che c è una correlazione stretta tra successo sul mercato internazionale e livello del budget per titolo. 5.3 Il ruolo del finanziamento pubblico Le difficoltà dei bilanci pubblici hanno portato alcuni Paesi, Italia compresa, a ridimensionare l intervento pubblico in favore della cinematografia. Nel nostro Paese questo passaggio è avvenuto con un ulteriore cambiamento: alla forte riduzione dei contributi pubblici diretti si è accompagnata una significativa crescita, in questi ultimissimi anni, della defiscalizzazione dell investimento nel cinema. 50 Dati Screen Digest. 81

82 Investimenti pubblici e privati nel cinema Italia, mln Totale investimenti privati Totale intervento pubblico Fonte: Elaborazioni su dati Anica e Ente dello Spettacolo L intervento pubblico è sceso significativamente dai livelli che aveva raggiunto agli inizi degli anni Duemila, per poi riprendersi negli anni successivi, dopo la forte caduta del 2005, assestandosi però su un livello inferiore. La crescita dell investimento privato ha fatto sì che sia sostanzialmente cambiato il rapporto tra l investimento pubblico e il totale degli investimenti. Nel contempo c è da osservare, però, che dopo l annus horribilis 2005 il finanziamento pubblico si è assestato su livelli decisamente significativi, anche se con un notevole cambiamento. 30,0 Discese e risalite dell'intervento pubblico % tot intervento pubblico/tot investimenti 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0, Fonte: Elaborazioni su dati Anica e Ente dello Spettacolo Negli ultimi quattro anni la defiscalizzazione attraverso tax credit e tax shelter, introdotta nel nostro Paese dal 2008, non solo ha preso un deciso avvio ma ha superato l intervento del FUS in termini di valori assoluti. Ciò ha l obiettivo di coinvolgere nel settore anche attori che usualmente non operano in ambito cinematografico, portando nuovi finanziamenti. 82

83 Il passaggio di testimone da FUS a defiscalizzazione Italia, mln Contributi pubblici Tax credit e tax shelter Fonte: Elaborazioni su dati Anica e Ente dello Spettacolo 5.4 Il valore economico e sociale della sala La sala ha un valore sociale ed economico. In primo luogo essa ha rappresentato per molti anni il fattore primigenio di valorizzazione del prodotto filmico sui mercati successivi (televisioni, home video, internet e altri), ma anche un elemento insostituibile di vivibilità del territorio e, per il convergere di questa con la sua qualità artistica e industriale, di accrescimento del capitale sociale. Le luci del cinema, l aggregazione che si crea attorno ad esse, l alea culturale delle sale di prossimità e delle sale di comunità, assieme alla piazza che i multiplex ricreano laddove spesso manca costituiscono un elemento di sanità del territorio e di riqualificazione urbanistica. La crisi economica e la conseguente riduzione dei biglietti venduti unita al necessario passaggio al digitale stanno mettendo sotto pressione i bilanci delle sale di prossimità. Per uscire da questo passaggio delicato, la sala dovrebbe reinterpretare più di quanto non stia già facendo il suo ruolo imprenditoriale e gestionale in termini di entertainment e di multiprogrammazione, utilizzando best practices già disponibili. L efficacia di questa mission sarà tanto maggiore quanto più i singoli esercenti riusciranno a metter in piedi una programmazione targettizzata e centrata sul territorio, tenendo ben presente le fasce orarie e il profilo socioculturale e anagrafico della popolazione di riferimento. Perché la multiprogrammazione sortisca i suoi effetti, però, occorre rivisitare le basi contrattuali tra distribuzione ed esercizio, in modo che esse tengano conto dei benefici complessivi che ne può trarre l intera filiera, produzione compresa. L entertainment di sala ha bisogno, da parte dell esercizio, della comprensione piena che andare al cinema consuma il tempo dello spettatore in maniera non molto diversa da come facciano gli altri media e che il consumo di cinema è in concorrenza con gli altri usi del tempo libero, bene sempre più scarso. 83

84 Quindi il tempo del cinema deve essere, per dirla con Scheuch, un tempo aumentante. Oppure, parafrasando una terminologia televisiva, un enhanced time, cioè un tempo in cui è possibile non sono partecipare alla visione di un film ma interagire socialmente con altri soggetti e attività ad esso collegati. La comprensione di questi aspetti da parte di chi gestisce le sale deve portare a una gestione ancora più attenta dell entertainment di sala, che costituisce la premessa indispensabile per quel ruolo di vivibilità del territorio che la sala è chiamata a svolgere La situazione delle sale in Italia Il cinema italiano ha segnato, dal 2005 ad oggi, una performance che fino a poco tempo prima sarebbe stata impensabile: è cresciuto il livello del box office dei film italiani e con esso la loro quota percentuale sul totale, che è arrivata nei primi 8 mesi del 2011 al 40%. Ma occorre prestare attenzione a tre zone d ombra. La prima ha a che fare con il box office dei film: gli incassi si concentrano su pochi (se non pochissimi) titoli. Si tratta, purtroppo, di un dato comune agli altri settori dell industria culturale. La seconda riguarda più propriamente la distribuzione, perché la proiezione dei film italiani all estero è ancora insufficiente. Si tratta di un problema condiviso anche con le altre 4 grandi cinematografie europee che però, a differenza dell Italia, godono di un bacino linguistico al di fuori dei propri confini nazionali. Infine, la terza zona d ombra riguarda nello specifico proprio le sale: le performance delle produzioni italiane, per quanto significative, sono inferiori alle potenzialità del mercato nazionale. Al tempo stesso, il ruolo sociale che la sala cinematografica svolge sia nel suo presidio di bacino di mobilità (nel caso dei multiplex), sia nel caso di presidio di territorio (nel caso delle sale di prossimità, definizione che comprende le sale di città e le sale di comunità) non è valorizzato come dovrebbe Le potenzialità del mercato italiano della sala Come misurare le potenzialità del mercato italiano? In Italia e in Francia il livello del box office è strettamente correlato alla quota percentuale dei film nazionali sul totale. In altre parole, i ricavi della sala crescono quanto più i film nazionali hanno successo. La conclusione di quanto affermato sopra è presto detta: esiste una quota rilevante di pubblico che decide di andare al cinema solo in quanto attirata da film nazionali, innestando così un processo di esternalità positive a beneficio degli incassi complessivi. 84

85 Quota film nazionali Quota film nazionali Correlazione tra percentuale di film nazionali e box office Francia Box office Italia Box office Fonte: Media salles, European Cinema Yearbook, 2010 La quota percentuale raggiunta dal cinema italiano in sala non realizza, però, gli stessi risultati in termini assoluti del Box Office francese. Perché accade questo? Lo svantaggio dell esercizio italiano rispetto a quello francese Il sistema italiano dell esercizio cinematografico è strutturalmente sottodimensionato se confrontato con quello francese, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Parlando di cifre, infatti, la Francia presenta un numero di schermi nettamente superiore rispetto all Italia: il dislivello è di circa il 30%. 85

86 6000 Numerosità degli schermi nei 5 maggiori Paesi europei Italia Germania Spagna Francia UK Fonte: Mediasalles, Numero di schermi, 2012 Dal punto di vista qualitativo, in Francia gli schermi d essai costituiscono circa il 40% del parco schermi, mentre in Italia costituiscono meno del 25%, anche se negli ultimi anni il nostro Paese ha visto un tasso di crescita maggiore rispetto a quello dei cugini d Oltralpe Numero degli schermi d'essai nei principali Paesi europei Italia Germania Francia UK Olanda Fonte: Mediasalles, European Cinema Yearbook, 2010 Questo sottodimensionamento assume poi un significato più chiaro se si considera che il numero degli schermi francesi - e, come derivazione, quello dei d essai - sono dimensionati rispetto al territorio e al numero di abitanti in termini numerici nettamente superiori rispetto all Italia (e anche agli altri Paesi UE5). Il sottodimensionamento italiano assume contorni più precisi se lo si esamina dal punto di vista territoriale: ci sono differenze molto forti tra regione e regione, e altre se ne potrebbero ricavare analizzando la 51 La situazione, però, è cambiata nel 2009, quando il numero degli schermi d essai è aumentato di circa il 6% in Francia contro il 2% fatto registrare dal nostro Paese. 86

87 situazione regionale in termini più ravvicinati. Tenendo conto della linea di tendenza tra biglietti venduti e densità degli schermi, la stretta dipendenza è evidente ed emergono quelli che possono essere considerati step progressivi di virtuosità dell esercizio nel rapporto schermi/popolazione/territorio. Rapporto tra biglietti per residente e densità territoriale degli schermi Italia, 2009 Italia e Francia hanno, invece, numeri più vicini rispetto al numero di schermi per sala cinematografica. 6 Rapporto schermi/cinema nei principali Paesi europei ( ) Germania Spagna Francia Italia UK Fonte: Mediasalles, European Cinema Yearbook,

88 Biglietti per residente Il rapporto tra la diffusione dei multiplex (presidio di bacino di mobilità) e quella delle sale di prossimità (presidio del territorio) appare tendere allo stesso equilibrio nei due Paesi. Assieme a Germania e Francia, la dimensione cui tende l Italia è di 3 schermi per cinema. Se tutto questo è vero, si pongono due considerazioni. La prima riguarda la necessità, per far crescere il mercato cinematografico nel nostro Paese, di più sale e al tempo stesso di un numero superiore in termini assoluti e percentuali di cinema d essai e di schermi di qualità. Quindi più multiplex per coprire i bacini di mobilità che ne risultano sprovvisti, più sale di prossimità (di città e di comunità) nei centri urbani che rischiano di esserne depauperati. La seconda considerazione riguarda la sfida cui l esercizio è chiamato da subito e che una parte di esso sta già affrontando. Con tutta la genericità e la superficialità dei dati molto aggregati, nel confronto con gli altri Paesi europei il rapporto tra biglietti venduti per residenti e densità degli schermi per km², pone l Italia in una posizione non virtuosa, ad esempio rispetto al Regno Unito in cui si vendono più biglietti per residenti rispetto all Italia, pur con una densità di schermi simile alla nostra. 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 Rapporto tra biglietti per residente e densità territoriale degli schermi (2010) Oland a Belgio Italia UK Austria 1,0 Germania 0,5 Grecia 0,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0 8,0 9,0 10,0 Densità degli schermi per residenti Francia Spagna Fonte: Mediasalles, European Cinema Yearbook, 2010 Se questo ci dicono i dati, quali sono le ragioni della supposta non virtuosità italiana? Una motivazione può essere trovata nella differente curva anagrafica dei due Paesi Sala cinematografica e curva anagrafica La frequenza al cinema si distribuisce in Italia, cosi come in UK, in maniera fortemente diversificata secondo le classi di età (in funzione della distribuzione della popolazione). 88

89 La situazione italiana è la seguente: i giovani dai 14 ai 34 anni vanno molto al cinema (23,4% della popolazione, 34,9% del pubblico cinematografico); la classe di età tra i 35 ed i 44 anni si colloca nella media (16,3% della popolazione, 16,4% del pubblico cinematografico); gli over 44 vanno poco al cinema rispetto alla dimensione della loro classe: rappresentano da soli il 48% della popolazione italiana, ma solo il 36% del pubblico cinematografico. Questa discrasia fa sì che solo 1/3 del fatturato del box office sia fatto dagli over 44, che rappresentano quasi la meta della popolazione complessiva, mentre i 2/3 del fatturato vengono dalle altre classi di età. Se si considera che nei centri urbani si concentra la popolazione diversamente giovane, se ne trae un rapporto diretto tra potenzialità di mercato e necessità di rafforzare la presenza delle sale di prossimità che devono, nel contempo, essere anche capaci di interpretare le esigenze di questo target anagrafico. Se si considera, inoltre, che questa popolazione costituisce il target privilegiato del cinema italiano di qualità, che costituisce la parte preponderante delle produzioni, il feedback tra crescita delle sale, produzione e distribuzione di film italiani, si chiuderebbe positivamente per l industria cinematografica nel suo complesso. Su questo terreno multiplex e sale di prossimità si distinguono sui target del cinema più propriamente di qualità, ma si trovano a convergere, non in termini concorrenziali ma complementari, su quella fascia di film di qualità cosiddetti crossover arthouse, che tendono cioè a coniugare la qualità del prodotto e il rapporto con un pubblico vasto. Sulla numerosità e capillarità delle sale di prossimità e sull apertura dei multiplex ai crossover arthouse poggia il consolidamento delle performance del cinema italiano La Sala e la filiera cinematografica Perché questa insistenza sulla decisività del ruolo della sala rispetto a tutta la filiera cinematografica? Essa nasce dalla evidenza di alcuni indici che il Multimedia Lab ha presentato nell edizione 2010 del Festival di Venezia: Ogni 100 lordi incassati dalla sala cinematografica, 30 vanno alla produzione e 11 alla distribuzione; Ogni euro lordo incassato dalla sala cinematografica si trasforma in circa 2 di incassi extra-sala, che vengono ricavati per il 4,2% dall estero, per il 12,2% dall home video, per il 18,6% dai diritti pay tv e per il 28,6% dai diritti free tv, per il 31,7% dalla prevendita dei diritti di proprietà e per il 4,2% da altro. Il successo della sala innesta poi un circuito positivo che va oltre l ambito cinematografico: Ogni euro investito dalla produzione produce 3,25 di reddito sul territorio; Ogni euro investito dal MiBAC nel cinema produce 2,14 di entrate fiscali per lo Stato. 89

90 Di cosa non preoccuparsi? La sala e la filiera cinematografica sono di fronte alla grande novità e alla ancora più grande sfida posta dalla rapida e capillare diffusione di Internet. Fino ad oggi la reazione più istintiva è stata di paura: Internet ha preso il posto delle streghe o dei Giordano Bruno da bruciare sulle piazze delle città. Tutti gli studi in proposito e l esperienza di quanto sta avvenendo negli Stati Uniti indicano esattamente il contrario: la distribuzione di video via Internet è una grande risorsa che, seppure tende in quota parte a sostituirsi al commercio home dei DVD, ha sicuramente contribuito ad aumentare il mercato (come dimostra l esperienza di Netflix). L insieme della filiera cinematografica non ha che da beneficiare da questo mercato che la pirateria ha aperto e di cui ha indicato le dimensioni. 90

91 5.5 La distribuzione spaziale delle sale Distanza media stimata dal cinema più vicino 91

92 5.5.2 Distanza dal cinema multisala più vicino 92

93 5.5.3 Il numero di sale cinematografiche raggiungibili in meno di minuti 93

94 5.5.4 Numero di sale cinematografiche per abitanti 94

95 CAPITOLO 6 IL FLUSSO DI LAVORO NELLE IMPRESE CINEMATOGRAFICHE E NON SOLO 6.1 La forte componente di rischio delle imprese cinematografiche Una peculiarità che rende diversa l industria cinematografica, e più in generale l industria media, dagli altri settori economici sta nella maggiore componente di rischio che le imprese operanti in quest ambito devono affrontare. Il surplus di rischio si deve al fatto che i costi necessari per realizzare e proporre al mercato un prodotto media sono spesi per la maggior parte prima che il prodotto entri effettivamente a contatto con il pubblico. Ciò significa che se l opera (cinematografica, televisiva, letteraria, giornalistica 52 etc.) non ha successo, l imprenditore media non avrà modo, se non in minima parte, di arginare le perdite. La caratteristica di concentrare tutti i costi, con qualche approssimazione, sulla prima copia del prodotto media ha fatto sì che si coniasse l espressione maledizione della prima copia 53, parafrasando il titolo di un famoso film. Con essa si intende esprimere la considerazione che, se la prima copia non ha il successo sperato presso il pubblico, chi ha investito nel film molto probabilmente avrà perso in tutto o in parte i suoi soldi. Ed è proprio per premunirsi contro questi rischi ineliminabili che tutta l industria cinematografica, e in modo particolare quella statunitense (sul modello della quale hanno poi cercato di definirsi tutte le cinematografie occidentali e non solo), ha adottato una struttura imprenditoriale adatta e flessibile, strutturando il lavoro in diverse fasi progressive al fine di ottimizzare i risultati. 6.2 Il flusso del lavoro cinematografico Con flusso di lavoro nelle imprese cinematografiche si intende il succedersi delle diverse fasi lavorative che portano alla realizzazione del prodotto filmico. A voler schematizzare, si potrebbe tentare di mostrare la successione di questi step produttivi attraverso la figura seguente. 52 Per quanto riguarda le opere letterarie, si potrebbe obiettare che la numerosità delle copie cartacee distribuite ha un peso non trascurabile sulla struttura dei costi. Va però fatto notare che il numero delle copie stampate va comunque deciso prima dell uscita del prodotto e quindi anche in questo caso i margini di contenimento delle perdite non sono molto ampi. Nel caso dell editoria giornalistica, la pratica di stampare un numero di copie maggiore di quelle effettivamente vendute ha dato origine al fenomeno delle rese, che pesa molto sui bilanci. Negli ultimi tempi, però, le imprese editrici di giornali hanno adottato politiche di forte contenimento delle rese anche a rischio che i lettori facciano più fatica a trovare la copia del giornale. 53 G. Celata, La maledizione della prima copia, Reset, ottobre

96 La filiera del lavoro nelle imprese cinematografiche Acquisizione della sceneggiatura, scelta del cast, acquisizione dei finanziamenti Pianificazione della produzione Riprese Montaggio e postproduzione Distribuzione Esercizio cinematografico Altri mercati: televisione, home video, new media Fonte: Elaborazione da Picard, R. G., 2005 Questa figura è molto utile perché ad un primo sguardo fornisce subito un idea della complicata e lunga procedura che porta alla produzione e alla distribuzione di un film. La filiera del prodotto cinematografico (che è un altra espressione per chiamare il flusso del lavoro nelle imprese cinematografiche) conta tre grandi fasi: la Produzione, la Distribuzione e l Esercizio, in cui comprendiamo anche gli altri Mercati di Sbocco. È importante sottolineare che la filiera produttiva descritta di seguito è pressoché la stessa per qualsiasi prodotto audiovisivo, sia che si tratti di un film, di una serie tv, di uno spot pubblicitario, di un video musicale o quant altro. In particolare, la produzione è comune a cinema e televisione mentre la 96

97 distribuzione presenta percorsi differenti per il prodotto filmico e quello il prodotto televisivo. Per quest ultimo, com è noto, non c è il passaggio nelle sale La Produzione Questa prima fase è mirata alla realizzazione della prima copia, detta master, di un film. A tal fine vengono coinvolte nella lavorazione professioni di carattere e ordine differenti. Questa collaborazione viene decisa dal produttore secondo clausole contrattuali specifiche per ogni input artistico o tecnico. La produzione a sua volta può essere divisa in quattro sotto-fasi: Sviluppo, Pre-Produzione, Riprese, Post-Produzione Lo Sviluppo Lo sviluppo è la fase iniziale della produzione, quella in cui il progetto inizia a prendere una prima, sommaria forma. In questa fase è necessario che il produttore acquisisca i diritti di sfruttamento economico della proprietà dell opera letteraria che vorrà sceneggiare per poi tradurre in film. Il soggetto di un film può essere tratto da due diversi tipi di proprietà: il soggetto originale (cioè prodotto spontaneamente o su commissione), oppure un adattamento tratto da un opera letteraria già esistente. In ogni accordo il produttore acquisisce il titolo dell opera, la trama e la tematica, i personaggi e gli adattamenti, le differenti versioni e le traduzioni. Vi sono comunque dei diritti connessi alla proprietà, e questi diritti potranno essere acquistati in blocco o solo in parte dal produttore. Tra questi diritti si annoverano, ad esempio, il diritto a programmare la pellicola tratta dalla proprietà nelle sale cinematografiche, oppure il diritto a trasmetterlo su tutti i tipi di televisione, o ancora quello di distribuirlo in modalità home video perché, come si può dedurre, diversi mercati di sbocco sono regolati da diversi diritti. A questi appena elencati, si aggiungono poi il diritto a trarre e distribuire una colonna sonora dal film, e il diritto al merchandising, cioè a produrre e distribuire o concedere in licensing a terzi articoli di consumo vario, dai giocattoli a capi di vestiario a articoli per la casa etc., che riportino il nome del film o ne riproducano i personaggi. Questo diritto al giorno d oggi è divenuto indispensabile da acquisire, soprattutto per i grandi blockbuster statunitensi, vista l importanza che il merchandising riveste in termini di ricavi. Stendere la sceneggiatura in fase di sviluppo non è assolutamente un processo così lineare come potrebbe pensarsi: in realtà infatti esistono diverse sotto-fasi anche per la stesura. Il perché di questa suddivisione è dovuto a problemi contrattuali che interessano il rapporto di lavoro tra produttore e sceneggiatore: essendo difficile stabilire se una sceneggiatura completa è o meno un buon prodotto, si è cercato di risolvere la questione ponendo un risultato previsto al termine di ogni fase, così da permettere al produttore di decidere, a seconda che sia o meno soddisfatto, di affidare le fasi successive della stesura allo stesso soggetto oppure ad altri. Nel complesso, le fasi di stesura della sceneggiatura sono quattro, la prima delle quali è costituita dal trattamento, in cui si sviluppa a grandi linee il soggetto da trattare e si presentano le caratteristiche dei personaggi. 97

98 Segue la composizione delle bozze, in cui invece si scrivono esattamente tutte le battute e le scene, descrivendo ogni sequenza con molta precisione. La riscrittura è la fase in cui si apportano delle modifiche al testo a seconda delle scelte del produttore. Infine c è la pulitura, in cui si apportano gli ultimissimi aggiustamenti e si produce la versione finale della sceneggiatura. Ciò non toglie che questa possa essere modificata ancora in corso d opera: ad esempio, se una determinata scena non rende di fronte alla telecamera si può chiedere allo sceneggiatore di riscriverla La Preproduzione Nella fase di pre-produzione il produttore ha l incarico di trovare i due tipi di risorse fondamentali per realizzare il progetto: le risorse finanziare e le risorse creative. Chiaramente trovare dei finanziatori che credano in un progetto e siano disposti ad investire milioni di euro o di dollari non è semplicissimo. La presente analisi peraltro a questo punto si complica, dal momento che diventa necessario distinguere tra i finanziatori USA e i finanziatori europei. Europa e Stati Uniti infatti adottano strategie produttive differenti, e differenti del resto appaiono i loro prodotti. La grande distinzione che le produzioni statunitensi presentano è quella tra: Majors, società di produzione e distribuzione di grandi dimensioni che possono scegliere ancora se realizzare in proprio una produzione interna o affidarne una a terzi, in outsourcing, esternalizzata; Indies, le produzioni indipendenti, che a loro volta possono essere di due tipi: o finanziate dalla majors a seguito di contratti di distribuzione stipulati prima che le riprese inizino, contratti i quali garantiscono al produttore indipendente la certezza che il suo film raggiungerà le sale grazie alla politiche di distribuzione della major; o indipendenti pure. Per finanziare il progetto, la casa di produzione o dispone già di capitale proprio da investire o può ricercarlo esternamente, acquisendo quindi capitali di rischio o capitali di prestito. Chiaramente una major avrà minori difficoltà a raccogliere finanziamenti esterni viste le maggiori garanzie che è capace di dare, mentre le indies devono certamente faticare di più: una soluzione intermedia, in termini di possibilità di riuscita, è quella di una produzione indipendente finanziata però indirettamente dalla major, considerando appunto che il contratto di sicura distribuzione è certamente una garanzia per gli investitori. In Europa la situazione è differente. Innanzitutto non c è questa profonda discrepanza tra le società di produzioni. Inoltre, solitamente i soggetti finanziatori delle produzioni cinematografiche sono lo Stato - ad esempio in Italia esiste il FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, attualmente molto ridimensionato in valore 54 - oppure i grandi gruppi televisivi. Anche in questo caso spesso dietro i gruppi televisivi può esserci lo Stato, visto che molti di questi gruppi europei sono pubblici: sempre in Italia, un grande produttore di cinema è Rai Cinema. 54 Di recente l intervento dello stato in materia di finanziamenti alle produzioni cinematografiche si è spostato dal finanziamento diretto (rappresentato dal FUS) al finanziamento indiretto, tramite detassazioni per chi sceglie di investire in una produzione (tax credit, tax shelter). Ovviamente il FUS non è sparito ma il capitale di cui dispone si è decisamente ridimensionato. 98

99 Quest aspetto rende ben diverso l approccio che i produttori hanno verso i mercati di sbocco. Infatti se negli USA il mercato primario è la sala cinematografica, in Europa l interesse principale del produttore è quello verso il mercato televisivo, per cui in Italia, ad esempio, un film che si prevede vietato ai minori di 18 anni e che quindi non può arrivare sugli schermi televisivi ha perso gran parte delle sue possibili risorse economiche. A questo c è da aggiungere che i finanziamenti statali non sono rilasciati sulla base di parametri industriali o più semplicemente economici, ma artistici, il che fa sì che spessissimo vengano prodotti film dall alto valore estetico ma di scarso successo al botteghino. Questo allontana ancora di più la politica produttiva (e distributiva) europea da quella statunitense, basata invece su una concezione del prodotto cinematografico market-oriented, cioè orientata al soddisfacimento del pubblico e non al singolo prodotto filmico. Ed è del resto in nome di questo interesse per chi poi andrà a vedere il film che si sono sviluppati i generi cinematografici, anche in funzione dei target di riferimento. Tenendo ben presenti queste profonde differenze, è possibile individuare cinque tipi di accordo per la produzione di un film 55. I fattori da considerare nella definizione di queste diverse tipologie sono la modalità di finanziamento ed i soggetti coinvolti nell opera. 1. Accordo di produzione e distribuzione in-house: è la soluzione più semplice, visto che lo studio acquisisce tutti i diritti di sfruttamento commerciale del soggetto e produce e distribuisce il film utilizzando risorse proprie. 2. Accordo di Produzione-Finanziamento-Distribuzione (PDF): il distributore finanzia il progetto della società di produzione indipendente, che ha già provveduto all acquisizione dei diritti di proprietà e alla fase di sviluppo. Il contratto, stipulato prima che inizino le riprese, naturalmente prevede che la major si impegni a distribuire la pellicola. Questo è l accordo tipico delle produzioni statunitensi. 3. Accordo Negative Pickup: il distributore finanzia direttamente soltanto i costi di distribuzione. Poi, se il film rispetterà certe condizioni prestabilite il distributore rimborserà anche i costi di produzione. Il produttore deve ricercare finanziamenti da terze parti se vuole far partire la produzione. 4. Accordo di acquisizione puro: in questo caso l accordo viene firmato solo a lavoro di produzione completato. Il distributore si impegna a fornire i fondi per la distribuzione. 5. Accordo di rent-a-distributor: il distributore fornisce soltanto i servizi necessari alla commercializzazione del film, ma i costi della distribuzione devono essere sostenuti da terzi. Le tipologie di produzione cinematografica e le modalità di finanziamento MAJOR INDIE In house P-D-F negative pickup acquisizione rent a distributor Fonte di capitale per la produzione produttore/ distributore produttore/ distributore prestito terza parte terza parte 55 In questo caso, il discorso sarà riferito prevalentemente al mercato statunitense. 99

100 Fonte di capitale per la distribuzione distributore distributore distributore distributore terza parte Momento di conclusione dell'accordo prima della produzione prima della produzione prima del completamento dopo il completamento dopo il completamento Fonte: Cones 1996, riportata in Perretti F., Negro G., 2003 Sulla base delle cinque tipologie di accordi di finanziamento che rendono possibile la produzione di un film, si può schematizzare una possibile ripartizione dei differenti tipi di prodotto filmico che possono essere realizzati: 1. Passion Pieces: sono le produzioni indipendenti a basso budget (al massimo 3 milioni di dollari), pensati prevalentemente per i circuiti festivalieri o come sperimentazione da parte di giovani artisti che vogliono presentarsi sul mercato. Vengono chiamati in questo modo perché sono realizzati e finanziati con passione da parte dei giovani filmmaker, senza alcun elemento dello star system. Solitamente, salvo rarissime eccezioni come The Blair Witch Project, non raggiungono grandi successi di pubblico. 2. Commercials: sono le produzioni a medio-basso budget, compreso fra i 3 e i 12 milioni di dollari, destinate al mercato. Solitamente sono coprodotti da più soggetti e presentano, al contrario dei passion piece, degli elementi dello star system, che facilitano l accordo distributivo nel mercato Usa e internazionale. 3. Produzioni ad alto budget: sono frutto dell incontro tra grandi major e grandi società di produzione indipendenti. I loro budget possono raggiungere anche i 100 milioni di dollari. 4. Produzioni ad altissimo budget: sono quei film finanziati, prodotti e distribuiti totalmente dalle major, viste le cifre da capogiro dei costi medi per produrre un film. Per raccogliere il maggior successo possibile, queste produzioni sfruttano ampiamente gli elementi del sistema divistico e dei generi. Oggi stanno diminuendo perché solitamente anche le major cercano la collaborazione di altri soggetti produttivi Le Riprese E questa la fase in cui tutti i diversi input creativi e tecnici devono collaborare al meglio delle loro possibilità per garantire un risultato ottimale. E una fase molto difficile da gestire, dal momento che organizzare il lavoro di decine e decine di persone con professionalità così diverse impegnate su un unico set è un compito davvero arduo. Il regista in questo momento detiene il potere, è la figura che dirige in qualche modo tutti i lavori. Vista la complessità di quest attività, in molti casi il regista non può essere presente sul luogo delle riprese, per cui può far affidamento su una seconda unità di regia, incaricata ad esempio di girare le scene d azione con le controfigure. Spetta comunque al regista il compito di supervisionare quanto prodotto dalla seconda unità. 100

101 Quella delle riprese è la fase più costosa di tutta la produzione, soggetta peraltro a possibili fuoriuscite dal budget o dal piano di lavoro. Si pensi infatti a cosa succederebbe se durante una giornata dedicata a girare in esterni un violento temporale impedisse la lavorazione: si perderebbero denaro (perché le persone vanno comunque pagate) e tempo, quindi sempre denaro, perché quello che non si è girato quel giorno va girato nei giorni successivi. Ne consegue che è estremamente importante tentare di organizzare il tutto nel modo più preciso possibile e con largo anticipo, così da non incorrere in disavventure dell ultimo minuto. I costi in questa fase sono distinti in due categorie che riflettono la più volte citata differenza fra input creativi e input tecnici. Si hanno: 1. I costi above the line, ossia sopra la linea, che riguardano i costi della proprietà letteraria e del suo adattamento, del regista, degli attori, del produttore e del produttore associato; 2. I costi below the line, sotto la linea, cioè quelli che interessano i tecnici e i ruoli manageriali intermedi come il manager di produzione o l assistente alla regia. Si può dire che solitamente maggiore è il budget, maggiore è la percentuale di costi sopra la linea, il che non significa comunque che questi debbano superare in valore i costi sotto la linea. Al contrario, il peso percentuale che hanno i costi below the line è generalmente maggiore per quelle produzioni dai budget non molto elevati. E anche vero, comunque, che questa distinzione ripetuta anche a livello contabile tra input creativi e input tecnici ha senso ma fino ad un certo punto. Si prenda la figura del produttore: costui si trova a metà strada tra chi, amministrando il capitale, deve preoccuparsi del budget, come una figura tecnica, e chi invece partecipa attivamente alla stesura della sceneggiatura e alla scelta dei vari input da coinvolgere nella lavorazione La Postproduzione L ultima fase della produzione deve concludersi con la realizzazione della copia master che il produttore consegna al distributore per la riproduzione. In questa fase si procede al montaggio delle scene girate, all inserimento della colonna sonora e al missaggio 56, alla realizzazione e all aggiunta degli effetti speciali. Tutte queste attività vengono svolte in sala di montaggio e il capo del team che si occupa della postproduzione è il direttore del montaggio, che deve quindi lavorare a stretto contatto e in sintonia col regista. Anche in sede di montaggio, che si penserebbe essere un luogo di tecnici esperti di computer, esiste comunque una distinzione tra aspetti tecnici e aspetti creativi. Infatti da una parte il montatore deve preoccuparsi di sincronizzare il suono e l immagine, ma dall altra deve collaborare con successo col regista nell atto di ricostruire nel modo migliore la narrazione. Al termine della fase di montaggio viene preparata l editor s cut o first cut, cioè una prima versione su cui il regista può far valere i suoi diritti per poterla modificare. Si avrà in questo caso il director s cut che verrà sottoposto al giudizio del produttore. E sarà poi il produttore a decidere se la versione del regista è buona o se sia più opportuno apportare ulteriori cambiamenti, ritornando in sala di montaggio (anche contro il volere del regista) per realizzare il final cut, cioè la copia finale e definitiva che verrà consegnata al 56 Con missaggio si intende l incisione di parti dialogate, registrate in precedenza, sulla colonna sonora. 101

102 distributore 57. Sono pochi i registi che tutt oggi possono godere del final cut e solo perché registi di successo. In questa fase inoltre si realizzano anche dei primi test con il pubblico, per vedere che effetto la pellicola suscita sugli spettatori e agire prima di preparare la versione finale da dare alla distribuzione Le figure coinvolte nel processo di produzione A questo punto si può tentare di tirare un po le somme sulle figure impiegate in questa prima fase della filiera del prodotto cinematografica. Il numero e la qualifica delle persone coinvolte varia di produzione in produzione, del resto ogni film è un prodotto e un mondo a sé. Inoltre le persone impiegate in una fase non necessariamente sono impiegate anche in altre. Le tabelle seguenti mostrano rispettivamente le diverse operazioni compiute in fase di produzione e i diversi input che esse richiedono. Come si vede, non tutte le risorse umane servono in tutti i momenti; solitamente, anzi, sono soltanto il regista, il produttore e il produttore associato ad essere coinvolti, più o meno completamente, in tutte e 4 le fasi. COMPONENTI DI COSTO Sviluppo Trama Acquisizione dei diritti Sceneggiatura Sopra la linea Attori Produttori Registi Sceneggiatori Fonte: Vogel H. L., 2001 [1986] Produzione-Riprese Sotto la linea Sala Prove Set Guardaroba Forza Lavoro Pre-Produzione Sviluppo della sceneggiatura Set design Casting Scelta della troupe Costume design Ricerca delle location Budget Post-produzione Montaggio Scoring (colonna sonora creata per il film dal compositore) Titoli e crediti Doppiaggio Effetti speciali Sound track (colonna sonora, tutta la musica presente nel film) 57 Casi del genere si ripetono nella storia del cinema molto spesso: uno dei più eclatanti è quello che riguarda Blade Runner di Ridley Scott, uscito al cinema con un finale che il regista non ha mai riconosciuto come suo (il final cut); ed infatti qualche anno fa, a 20 anni di distanza dall uscita in sala, Scott è riuscito a far riuscire la sua versione definitiva, cioè il director s cut. 102

103 FLUSSO DI PROFESSIONALITÀ NELLA REALIZZAZIONE DI UN FILM Fonte: Silver A., 1975, riportata in Perretti F., Negro G., La Distribuzione La distribuzione costituisce la fase intermedia della filiera cinematografica. In essa si provvede alla duplicazione del master al fine di ottenere il giusto numero di copie da inviare alle sale cinematografiche. In realtà la duplicazione rappresenta solo una parte degli impegni che interessano il distributore. Infatti il compito del distributore è quello di tessere rapporti con chi gestisce i mercati di sbocco del prodotto 103

104 cinematografico, quindi non soltanto gli esercizi cinematografici (cioè le sale) ma anche i mercati secondari. Chiaramente il tipo di impegno che vincola il distributore dipende anche dal contratto che può aver siglato col produttore. Se ad esempio la produzione del film è interna allo studio, il distributore può già trovare gli esercenti disposti a proiettare la pellicola prima ancora che questa sia ultimata. I criteri sulla base dei quali giudicare l operato di una società di distribuzione sono essenzialmente 2: il catalogo dei film da distribuire; le caratteristiche della commercializzazione dei titoli nei mercati di sbocco. Con catalogo dei film da distribuire si intende il numero e la tipologia di pellicole da distribuire sul mercato. Le politiche che stanno dietro alla commercializzazione dei titoli nei mercati di sbocco prevedono che per ogni singolo prodotto filmico il distributore sia chiamato a stabilire una strategia di distribuzione e una strategia di comunicazione. Chiaramente questo tipo di scelte dipende dal portfolio di film a disposizione, ma anche dalle uscite di altre pellicole da parte di altre società di distribuzione I fattori che influenzano la strategia di distribuzione Le decisioni relativamente al release pattern 58 e alla release date 59 devono essere prese considerando una serie molto lunga e complessa di fattori. Innanzitutto si deve conoscere e valutare la natura del film, dal momento che un blockbuster statunitense (per produrre il quale si sono spese centinaia di milioni di dollari) deve essere distribuito più capillarmente di un film drammatico con attori poco conosciuti. In secondo luogo bisogna considerare la capienza delle sale in cui far uscire la pellicola. Sempre rifacendoci all esempio di prima, un multiplex sarà sicuramente più adatto di una piccola sala del centro cittadino. Altro aspetto da tenere sotto osservazione sono gli altri film in uscita nello stesso periodo. Infatti distribuire un film di animazione qualsiasi sotto il periodo natalizio, quando a farla da padrone è la Disney, è un rischio di non poco conto: potrebbe rientrare in un progetto di lungo periodo di sottrazione della leadership dell animazione alla Disney, ma si rischia moltissimo che il proprio prodotto passi in sordina senza guadagnare un granché. In ultimo, bisogna vedere la stagione di uscita. Si pensi, ad esempio, al fatto che in Italia non esiste un estate cinematografica, e pochissimi si sono azzardati a far uscire i propri film di punta in questo periodo 60. A quanto detto bisogna aggiungere che il successo di un film solitamente si decide il primo weekend. Il ciclo di vita di un prodotto cinematografico nelle sale, in media di 6 settimane, è piuttosto breve e comunque gli incassi registrano quasi sempre un andamento decrescente nel tempo. l incasso al box office decide anche 58 Per release pattern si intende il numero di schermi su cui il film sarà proiettato. 59 Per release date si intende la data di uscita della pellicola nelle sale. Chiaramente per ogni film esiste un periodo più o meno congeniale in cui essere distribuito (ad esempio, un film ambientato a Natale è difficile che esca sotto Pasqua). I motivi per cui si opta per un periodo o per un altro non sono ovviamente dipendenti solo dalle caratteristiche interne del film. 60 Si è tentato in questi ultimi anni di far uscire film importanti ed economicamente molto costosi durante l estate, ad esempio La guerra dei mondi di Steven Spielberg uscì a fine giugno 2005, ma sono casi piuttosto rari. I grandi blockbuster infatti possono fare da padroni in questo periodo, contando sul fatto che non c è nessun altro prodotto capace di competere con loro e quindi la concorrenza è nettamente inferiore se non quasi inesistente. 104

105 il valore del film quando viene venduto sui mercati secondari : televisione, Home Video, Internet. Esistono anche prodotti, i cosiddetti sleepers, per i quali invece il discorso appena fatto non vale, anzi questi film, beneficiando molto spesso dell effetto passaparola, arrivano a conseguire i maggiori incassi soltanto a distanza di tempo, rimanendo in sala molte più settimane di quanto accada di solito. Basta ricordare il caso de Notte prima degli esami, distribuito dalla 01, film senza attori molto noti al tempo ma che grazie ad un particolare mix di fattori ha conquistato il pubblico divenendo col passare del tempo uno dei più grandi successi italiani dell anno di riferimento Gli schemi di distribuzione Gli schemi di distribuzione, cioè i release patterns, che solitamente vengono adottati per distribuire un film, possono essere di diversi tipi, per l esattezza cinque. Sia ben chiaro comunque che questi modelli sono stati elaborati negli Stati Uniti, per cui non è sempre possibile fare un raffronto preciso e puntuale con la realtà italiana. 1. La Distribuzione Generale: lo schema della distribuzione generale, detto anche wide release, prevede di saturare il mercato nazionale con un numero elevatissimo di copie. In Italia una distribuzione del genere prevede di occupare dai 150 schermi cinematografici in avanti, negli USA si parla di 2000 schermi come numero minimo. Si coprono comunque tutte le aree raggiunte dalle televisioni nazionali. 2. La Distribuzione Generale Modificata: detta anche modified wide release, si parte da un numero di schermi molto minore per espandere la programmazione pian piano col passare delle settimane. Il numero medio degli schermi interessati è di 20 circa in Italia nelle principali città e di negli USA. Non si raggiungono subito tutte le zone coperte dai network nazionali. 3. La Distribuzione Selezionata: questo modello (chiamato in inglese limited run) prevede una distribuzione su pochi schermi, localizzati di solito nelle grandi città. Il prodotto, specialmente se di nicchia, viene testato sui pubblici metropolitani. Se riscuote successo il distributore può decidere di aumentare le copie, altrimenti lo ritira subito dal mercato. 4. La Distribuzione ad Ombrello: (umbrella booking) si sceglie un mercato locale e lo si satura. Se il prodotto riscuote successo si può passare ad un altro mercato locale. Questa era la politica Disney nel passato, quando concentrava gli investimenti pubblicitari solo nella zona dove poi avrebbe fatto uscire la pellicola, e poi si trasferiva in un altra. 5. Il Test di Distribuzione: (test booking) si sperimentano differenti campagne pubblicitarie in mercati locali differenti, al fine di individuare il pubblico target più adatto per il film. Se il film non riscuote successo, può essere subito ritirato dal mercato. 61 La top 100 dei maggiori incassi cinematografici pubblicata su Ciak sul numero 8 di agosto del 2006 lo mette al decimo posto, con un incasso di euro. 105

106 Le modalità di distribuzione Finora ci si è concentrati quasi esclusivamente su come la distribuzione lavori per posizionare il prodotto presso il pubblico. Si tratteranno ora le diverse modalità attraverso cui avviene fattivamente la distribuzione di un film 62 che possono essere di tre tipi: 1. distribuzioni major: i grandi distributori hanno il controllo diretto sulle reti di vendita, chiamate film exchange, non solo sul territorio nazionale ma anche su quello internazionale. Sia che il film sia prodotto internamente sia che sia acquistato da indipendenti, secondo gli accordi già mostrati precedentemente, le major riescono a distribuirlo negli USA e in moltissimi altri Paesi con relativa facilità. Questi film distribuiti dalle major incassano circa l 80% degli incassi cinematografici totali annui, e questa situazione di vantaggio non è tale solo negli Stati Uniti ma anche in Europa, dove le major arrivano a conquistare il 70% circa degli incassi complessivi. Negli USA esistono anche le cosiddette mini-major, cioè distributori che controllano reti di vendita nazionale ma che devono rivolgersi alle major per commercializzare il film all estero. Negli ultimi anni, comunque, tutte le mini-major hanno stretto rapporti esclusivi con le grandi major o da queste sono stati acquisite. 2. distribuzioni indipendenti: operano prevalentemente in aree regionali circoscritte, o addirittura metropolitane, quindi New York, Los Angeles, etc. Commercializzano i loro prodotti usando una rete di sub-distributori per tutte le operazioni negli altri mercati di sbocco su suolo nazionale. Numerose sono le differenze fra distribuzione major e distribuzione indipendente. Se le major affrontano elevatissimi costi non recuperabili che innalzano all ennesima potenza le barriere all entrata nel mercato, le indipendenti vivono in un mercato molto più concorrenziale, visto che la ridotta entità dei costi sostenuti non allontana possibili concorrenti. Se le major possono inoltre permettersi di commercializzare il film anche all estero, questo non vale per le indipendenti. 3. distribuzioni miste: queste soluzioni consistono in accordi di noleggio delle sale (four wall deals) o della rete di vendita (rent-a-distributor deals). Nel primo caso il produttore affitta direttamente le sale cinematografiche dove proiettare la pellicola pagando un canone alle persone impiegate nell esercizio, che conta le figure del gestore, del proiezionista, la biglietteria, etc. Nel secondo caso il produttore indipendente deve affittare tutto il sistema di distribuzione, pagando il distributore per i servizi che da lui acquista, quali la prenotazione delle sale, servizi di spedizione, servizi di raccolta degli incassi, etc L esercizio e gli altri mercati di sbocco Il sistema distributivo sta vivendo oggi una profonda trasformazione, dovuta al fatto che il film non può più essere considerato esclusivamente un prodotto per la sala cinematografica. Al contrario, un film oggi è un prodotto capace di vivere di vite differenti (anche se mai completamente opposte) in momenti diversi. Per cui la terza fase della filiera produttiva non può più essere considerata solo l esercizio, ma anche tutti quegli altri mercati di sbocco detti secondari o ancillari o sopravvenuti, che in realtà garantiscono incassi maggiori rispetto alla sala. 62 Come già altrove si prende a modello il mercato cinematografico statunitense. 106

107 La sala cinematografica In principio, la sala ha rappresentato l unico mercato sbocco per i film: si può dire che per uno spettatore el cinema degli esordi il film coincidesse con la sala. Oggi le cose non stanno più così, anche se essa continua ad avere una sua importanza economica e sociale e continui a rappresentare il mercato di sbocco primario per le opere cinematografiche. Molte grandi società di distribuzione oggi controllano anche la fase dell esercizio cinematografico. Non è sempre stato così. Si prenda il caso statunitense. Nel 1948 la sentenza Paramount aveva imposto alle major, integrate verticalmente dalla produzione all esercizio, di cedere il controllo delle sale cinematografiche temendo un eccessiva concentrazione monopolistica nel settore. All improvviso quindi le major, che controllavano da sempre ogni momento della filiera cinematografica, si trovavano a perdere la loro posizione di privilegio sul mercato e dovevano accettare di iniziare a contrattare l uscita delle loro pellicole con soggetti terzi che gestivano gli esercizi cinematografici. Questa situazione è durata per una quarantina d anni. Negli anni 80 è iniziato pian piano un processo di revisione che ha portato nel 1986 al via libera, concesso alla Warner Bros., all acquisto di oltre 100 sale cinematografiche. Naturalmente, le altre major non rimasero con le mani in mano e si diedero da fare per acquistare esercizi cinematografici, dal momento che detenere delle sale di proprietà significa da una parte avere un mercato di sbocco sicuro, dall altra la possibilità di organizzare al meglio le strategie distributive del proprio catalogo di film in uscita. Ad ogni modo, la maggior parte degli esercenti è a tutt oggi indipendente dalle grandi case di distribuzione (sia negli Stati Uniti sia in Europa) e, pur essendo organizzate in società vere e proprie, sono esterne alla struttura verticale delle major. Solitamente, il distributore presenta le pellicole che intende far arrivare sul mercato con 4 mesi di anticipo, allegando ad ognuna la descrizione della trama, il cast, la data prevista per l uscita. Una volta che l esercente ha scelto cosa noleggiare, si discutono i termini dell accordo, stabilendo ad esempio come spartire i ricavi e il numero minimo di settimane di programmazione. Il contratto più comune prevede una ripartizione degli incassi 90-10, secondo cui gli esercenti pagano ogni settimana al distributore una cifra pari al 90% degli incassi in eccesso rispetto al cosiddetto house nut, cioè una cifra fissa stabilita nel contratto stesso. Un tempo il noleggio era interessato da due pratiche che col tempo sono state vietate perché anticoncorrenziali: da una parte il blind bidding, dall altra il block booking. Nel primo caso il distributore costringeva l esercente a noleggiare una copia del film senza poterla vedere in anticipo. Nel secondo caso invece il distributore non noleggiava le copie di un film singolo, ma li noleggiava a pacchetto, vincolando così l esercente che voleva avere una copia di un film a prenderne a noleggio anche un altro di minore attrattiva. Finora si è fatto riferimento soltanto agli incassi derivanti dalla vendita di biglietti, come se questi fossero l unica entrata per gli esercizi cinematografici. Ma le fonti di ricavo per un esercente non si limitano a questo. Infatti solitamente l esercizio offre tutta una serie di servizi aggiuntivi che influiscono positivamente in termini di ricavi, ad esempio la vendita di snack o bibite. Oppure, l esercente può trarre guadagni dall affittare la sala per eventi privati, come congressi, etc. 107

108 Si è già ricordato che il sistema della distribuzione è cambiato e che l esercizio non è più l unico mercato di sbocco né il più redditizio, ma anche le sale non sono più quelle degli esordi. Già da tempo hanno fatto la loro comparsa sul mercato i multisala, i multiplex e i megaplex, dotati di un numero di schermi sempre crescente (e quindi in grado di proporre ai propri clienti una gamma più ampia di film da vedere). I vantaggi che questi esercizi commerciali garantiscono sono diversi. Innanzitutto l esercente di un multiplex può sfruttare al meglio le differenti capienze delle sue sale, in modo da spostare la programmazione di pellicole già uscite da qualche settimana in sale più piccole, lasciando libere quelle con capacità maggiori per nuove uscite di grande richiamo. Questo peraltro incide positivamente sul ciclo di vita del film, che si allunga, perché quando inizia a calare il successo del film l esercente sposta la pellicola di salam mentre prima era costretto a cambiare film. Inoltre i multiplex riducono il rischio per l esercente che, proiettando molti film, può spalmare il peso di un insuccesso su tutta l offerta: se una pellicola non ha il successo sperato questo incide meno sui bilanci di un multiplex che su quelli di una monosala. Parallelamente, aumenta la possibilità che tra tutti i film proiettati ce ne siano almeno uno o due di successo. Inoltre, i costi medi di gestione dell esercizio, diluendosi su un numero di schermi elevato, si riducono. Avere 8 singole sale separate significa avere 8 diversi staff impegnati nella cura e gestione delle stesse, mentre averne 8 in un unico edificio permette di ridurre il personale. Infine, bisogna considerare i servizi secondari di cui si parlava prima. Offrire ai propri clienti un parcheggio, a volte addirittura coperto, dare loro la possibilità di avere un pasto qualora lo desiderino, o prendere soltanto qualcosa da bere in attesa che il film inizi o durante lo spettacolo migliora sensibilmente l esperienza del consumo cinematografico. Si consideri che solitamente negli USA i multiplex sorgono all interno di centri commerciali, il che aumenta le possibilità garantite agli spettatori di sfruttare il tempo libero prima della proiezione facendo tranquillamente shopping. Costruire un multiplex è comunque un investimento molto elevato, che pochi grandi circuiti possono permettersi. Basti dire che un circuito di 30 sale arriva a costare 30 milioni di dollari. Non stupisce, dunque, che si siano verificati anche numerosi fallimenti in questo nuovo mercato. Ciò ha costituito una spinta verso una maggiore concentrazione dei multiplex nelle mani di poche società di esercenti. Più di recente, la sfida che gli esercenti devono affrontare è la digitalizzazione dei propri macchinari, che porterebbe indubbi vantaggi sia alle società di produzione che alle società di distribuzione perché le prime potrebbero girare direttamente in digitale e le seconde non avrebbero la necessità di duplicare e spedire materialmente le pellicole ma potrebbero semplicemente inviare i film utilizzando la rete e le connessioni satellitari. Il problema è che il costo della digitalizzazione ricade tutto sui gestori delle sale, i quali, invece, ne avrebbero dei ricavi minimi I cosiddetti mercati secondari L espressione mercati secondari è stata coniata appositamente per le pellicole cinematografiche che, dopo essere uscite nelle sale, venivano commercializzate anche su altri canali. 108

109 Attualmente questa definizione non è più corretta, per almeno due buone ragioni. In primo luogo, perché gli altri mercati di sbocco non sono affatto secondari, né in termini di visibilità del prodotto filmico né in termini economici. In secondo luogo, perché tutti gli altri canali hanno fatto sì che venissero generati prodotti specifici per questi mercati: si pensi, a questo proposito, ai lungometraggi concepiti appositamente per la televisione, ossia i tv movie e le fiction. Di seguito si analizzeranno i principali mercati di sbocco dei prodotti audiovisivi, iniziando proprio dalla televisione, nelle sue forme free e pay. La televisione generalista La televisione generalista è una piattaforma distributiva molto importante sia per il cinema che per la televisione. Per il primo essa rappresenta un mercato di sbocco secondario, l ultimo in ordine di tempo. Ciò conferisce ai film una peculiarità rispetto agli altri programmi televisivi: essi sono già noti al grande pubblico. Questa caratteristica è portatrice di un vantaggio e di uno svantaggio per le pellicole cinematografiche e per gli attori che hanno il compito di distribuirle. Un vantaggio, perché esse sono l unico prodotto che i broadcaster acquistano conoscendo già il loro valore, definito dal volume degli incassi registrati dal distributore al box office in primis e nella altre fasi di distribuzione. Uno svantaggio, perché, non essendo prodotti nuovi, le pellicole cinematografiche non sempre vengono mandate in onda in prime time, quando i grandi network televisivi tentano di raggiungere delle audience vaste e di ottenere conseguentemente ampi fatturati dalla vendita degli spazi pubblicitari 63. Ciò contribuisce a far sì che il valore retail del segmento free tv rispetto agli altri mercati sia inferiore. 63 La fascia oraria di messa in onda dipende dal film in questione: se esso non ha avuto un grande successo di pubblico tenderà ad essere escluso dalle fasce di maggior ascolto. 109

110 Ricavi del film cinematografico (M ) Nel 2010, ad esempio, su un totale di spesa diretta da parte dei consumatori di milioni per la fruizione di contenuti cinematografici, la free television ha inciso per 255 milioni, ossia circa il 14,5% del ricavo totale diretto ottenuto grazie alla spesa degli spettatori. Si tratta di una percentuale significativa ma che, se si eccettua il dato del 2009, mostra un calo rispetto agli anni passati. Con l avvento del digitale terrestre e la conseguente esplosione dei canali, i film sono ritornati in prima serata sui canali tematici ad esse dedicati, talvolta registrando anche risultati significativi. Ma la televisione è soprattutto l habitat naturale delle fiction, il prodotto audiovisivo creato appositamente per essere trasmesso sul piccolo schermo. Le serie televisive ovviamente non hanno il problema sopra descritto a proposito dei film: esse sono un prodotto nuovo e quindi vengono largamente sfruttate in prima serata. La pay tv e la pay per view La televisione pay è l altro grande canale di sbocco dei prodotti cinematografici. Ne esistono di due tipi: la pay tv e la pay per view. La prima permette la visione di un numero considerevole di canali, scelti all interno di un offerta molto ricca, a fronte del pagamento di un abbonamento. La peculiarità della pay tv non è soltanto l elevato numero di canali, ma più che altro la loro tipologia: essi infatti sono prevalentemente tematici, dediti cioè a trasmettere soltanto un certo tipo di contenuti. In Italia attualmente esistono due pay tv: si tratta di Sky e di Mediaset premium 64. La pay per view, invece, è strutturata in modo tale che lo spettatori paghi per la visione di un singolo evento. Tramite questo pagamento abilita il proprio decoder alla ricezione del segnale. 64 Anche Telecom Italia aveva lanciato una propria pay tv, Dahlia tv, che però è stata chiusa nel

111 In entrambi i casi, i film sono prodotti forti e appetibili per il pubblico. Nel caso della pay tv, esistono interi canali creati appositamente per ospitarli: si pensi, ad esempio, a Mediaset, che mette a disposizione degli utenti diversi canali dedicati sia la cinema che alle serie tv, spesso distinti per genere (Cinema Emotion, Cinema Energy, Cinema Comedy). Le tv a pagamento sono una piattaforma di grande interesse per i contenuti audiovisivi. Secondo uno studio della Fondazione Rosselli, nel 2010 le pay tv rappresentavano il 33% del mercato; si tratta di una crescita significativa se si pensa che nel 2003, l anno in cui Sky è approdata sul mercato italiano, essa occupava un segmento di mercato di circa il 10%. Per quanto riguarda, poi, il consumo di film, i dati mostrano un aumento significativo della spesa dei consumatori su questa piattaforma. Fonte: Screendigest, 2012 Il segmento pay è così importante che sta sopravanzando la pubblicità in termini di ricavi: esso ormai rappresenta il 42% delle risorse complessive di mercato, a fronte di una quota del 37% attribuibile alla pubblicità. L Home video Come mostra la figura seguente, il mercato che invece sta subendo una decisa contrazione è quello dell home video, sia nella sua componente di noleggio, detta rental, che in quella sell, di vendita. 111

112 Fonte: Univideo, 2011 Il calo maggiore, però, è stato fatto registrare dal mercato del noleggio fisico, che è passato a rappresentare il 15% del mercato HE (Home Entertainment) quando nel 2005 poteva vantarne il 31%. Simbolo dei problemi che questo settore sta attraversando ormai già da qualche tempo è stata la messa in liquidazione volontaria di Blockbuster Italia, che nel 2012 ha chiuso i battenti dopo 18 anni di attività. Si tratta di una tendenza che non riguarda solo il nostro Paese. Negli Stati Uniti, lo Stato in cui è nato e cresciuto il colosso del videonoleggio, Blockbuster è stato messo in crisi da Netflix, il servizio che permette agli utenti di guardare in streaming film e programmi tv pagando un abbonamento mensile 65. La situazione è meno critica per il comparto vendita, anche se il trend rimane comunque negativo. Fonte: Univideo, Reed Hastings, fondatore di Netflix, ha raccontato che, indirettamente, è stata proprio Blockbuster a suggerirgli l idea di creare il suo servizio di streaming video, quando ha dovuto pagare una penale perché era in ritardo con la consegna del DVD preso in affitto. 112

113 Fonte: Univideo, 2011 I new media Ma il mercato di sbocco più promettente per il futuro è rappresentato dai nuovi media, per via delle innovazioni che essi portano con sé. Si è detto nei capitoli precedenti delle nuove piattaforme di fruizione dei contenuti video, come l IpTv, la Mobile tv, la Web tv. La parte più interessante di ciò che queste piattaforme permettono di fare è la possibilità di accedere ai contenuti che si preferiscono quando e dove si vuole. Si tratta di un innovazione non da poco se si pensa che in passato, per vedere un film, una fiction o un qualsiasi programma tv, occorreva trovarsi davanti alla televisione o in una sala cinematografica (nella maggior parte delle volte ad un orario prestabilito). I nuovi media rompono questo paradigma e vanno a conquistarsi il tempo del consumatore laddove c è, magari quando si viaggia o quando si aspetta il proprio turno dal medico. La filosofia che permea questo nuovo modo di fruire i contenuti multimediali è quella del Video on demand, grazie al quale lo spettatore può scegliere il film, la fiction o il programma televisivo da vedere da un catalogo di contenuti proposti e, tramite pagamento, fruirne sulla propria tv o su un altro device (PC, Tablet, Smartphone). Il mercato del VoD è molto interessante in termini economici. Secondo i dati di Digital TV Research Ltd., esso nel 2010 ha presentato ricavi per 3,6 miliardi di dollari e, secondo le previsioni della stessa società di ricerca, nel 2016 esso sarà destinato a crescere fino ad arrivare a 5,7 miliardi di dollari. 113

114 Ma la parte più interessante della ricerca condotta da Digital TV Research Ltd riguarda proprio il nostro Paese, il secondo per spesa sul mercato del VoD con una somma pari a 498 milioni di dollari, che nel 2016 dovrebbe arrivare a 509 milioni di dollari La catena del valore La catena del valore di un contenuto audiovisivo è la declinazione del fatturato ottenuto grazie al commercio dei prodotti filmici tra i diversi mercati di sbocco. In passato tracciare la catena del valore di un prodotto cinematografico era piuttosto semplice: per i film essa era data dall andamento del box office e poi, in seguito, dalla vendita dei diritti alla televisione e all Home Video. Con l avvento dei nuovi media digitali, invece, la situazione si è di molto complicata: come si è detto, sono emersi nuovi mercati di sbocco, sono apparsi sulla scena nuovi attori e nuove modalità di fruizione del prodotto audiovisivo. Nuovi settori industriali si sono affacciati sul mercato della produzione e distribuzione di contenuti audio-video: si tratta principalmente degli operatori di telecomunicazione e delle web 66 Fonte: 114

115 company. Ciò ha cambiato profondamente il mercato, offrendo la possibilità alle emittenti più piccole di espandersi in una maniera prima difficilmente immaginabile, offrendo i propri contenuti a un pubblico globale. I nuovi attori dell'industria audiovisiva La catena del valore, dunque, è andata diversificandosi, arrivando a comprendere le piattaforme distributive più diverse. La catena del valore dell'audiovisivo Ciò ha allungato la vita dei prodotti audiovisivi, secondo quanto affermato dalla Teoria della Long Tail di Chris Andersen. Oggi la vita di un film, ad esempio, non finisce nelle sale cinematografiche o sugli schermi televisivi ma continua su internet, che permette alle pellicole di stare sul mercato anche quando nei circuiti di distribuzione tradizionali non è più economico commercializzarle. Sul web, invece, sono nati veri e propri imperi economici la cui peculiarità sta proprio nel fatto che essi vendono a nicchie di consumatori, sul 115

116 mercato globale, prodotti che non rappresentano (o non rappresentano più) dei bestseller. La somma di tutte queste nicchie genera un mercato importante, a tratti maggiore di quello rappresentato dei titoli con un successo di massa. Ma la catena del valore non deriva solo dall ampiezza della distribuzione. Si crea valore in ogni fase del processo industriale, quindi, nel caso del prodotto cinematografico (e più in generale dell audiovisivo), dall ideazione del prodotto alla raccolta dei finanziamenti per la produzione, dalle riprese alla postproduzione al confronto del contenuto con l utente finale, fino a iniziative esterne al processo industriale stesso, come ad esempio il merchandising o, più in generale, lo sfruttamento del concept dell opera. In un contesto simile, così modificato dai cambiamenti tecnologici e di consumo tuttora in atto, sono diventati decisivi due blocchi della catena del valore. Il primo è quello è relativo all aggregazione e distribuzione di contenuti. I distributori cinematografici e i broadcaster televisivi devono sempre più cambiare i propri modelli di distribuzione tenendo conto delle nuove opportunità offerte dal web. Opportunità che, se non colte, andranno a beneficio di altri operatori del mercato. Si legge in quest ottica la trasformazione dei principali produttori televisivi che, abituati a proporre una programmazione di flusso a palinsesto, stanno cercando di offrire al proprio pubblico parte dei loro programmi online, sia in streaming che tramite VOD, dando spazio alla multicanalità. Il secondo è relativo alla presenza sul mercato di schermi televisivi dotati di connettività broadband, i quali danno la possibilità ad aggregatori esordienti o già esistenti sul mercato di entrare in competizione con la programmazione degli incumbent broadcast. La catena del valore dei contenuti digitali su internet Più specificamente, diventano chiave in questo mercato 5 componenti: Approvvigionamento o creazione di contenuti, che può avvenire sia attraverso la produzione diretta sia attraverso l acquisto di contenuti da produttori terzi. Questa è la fase presidiata dai detentori dei diritti di proprietà intellettuale; Post-produzione, che consiste nelle attività necessarie a rendere i contenuti in formato digitale fruibili e sicuri, con notevoli differenze a seconda del device su cui il contenuto dovrà essere reso disponibile; Aggregazione e distribuzione, è la fase in cui operano i soggetti che svolgono attività di mediazione tra produttore e consumatore finale. Si tratta di packager che organizzano i contenuti 116

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