editoriale Un ospite inquietante si aggira fra i giovani In questo vuoto esistenziale, nella difficoltà Per questo proponiamo ancora una volta

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1 editoriale Un ospite inquietante si aggira fra i giovani così Umberto Galimberti nel suo ultimo saggio 1 definisce il vuoto interiore, l assenza di prospettive e di significati che caratterizza il disagio degli adolescenti e dei giovani nel nostro paese. Solo il mercato si interessa a loro e fornisce risposte. Direi che purtroppo la situazione non è molto diversa fra gli adulti: l ospite inquietante che si insinua nel vuoto della precarietà quotidiana, nelle incerte prospettive per il futuro è la paura, una paura che neppure il mercato riesce ad esorcizzare, seppellendola sotto una valanga di merci e promozioni commerciali. Anzi: la sproporzione fra le limitate risorse economiche disponibili e la smisurata quantità di cose che siamo indotti a desiderare alimenta un insoddisfazione costante e ansiogena. In questo vuoto esistenziale, nella difficoltà di comprendere e di adattarsi a cambiamenti sempre più incalzanti, che ci riguardano da vicino, prendono forma e consistenza le inquietudini evocate dai mass media; ingigantisce il bisogno di sicurezza, domina la paura dell altro, del diverso (per provenienza, lingua, religione) e fra tutti il soggetto irriducibilmente diverso torna ad essere lo zingaro E lui l ospite più inquietante, da controllare, allontanare, eliminare, per sentirci finalmente sicuri a casa nostra. A conferma basti ricordare che, unici in Europa, manteniamo in campi spesso invivibili, ai margini delle nostre città, Rom e Sinti italiani o nati in Italia ormai sedentari da 30 /40 anni. Certo le ultime ondate di arrivi dalla Romania pongono problemi seri, ma nessuna politica di accordi preventivi con i paesi d origine è stata attuata a tempo debito, quindi si pensa di intervenire solo con operazioni di polizia, rivelatesi fin ora inefficaci. L unico fattore d integrazione è stata la scuola che, seppure tra mille difficoltà, ha accolto i bambini soprattutto nel primo ciclo ma raramente è riuscita ad accompagnarli fino al compimento dell obbligo. Per garantire la sicurezza e dare risposte ai loro elettori, i politici dell attuale coalizione di governo confezionano ogni giorno provvedimenti più sconcertanti: dal presidio armato del territorio al prolungamento della carcerazione nei centri di detenzione temporanea, alla configurazione di nuove tipologie di reato ecc. Giornali e telegiornali ci offrono in abbondanza esempi di iniziative politicomediatiche assai simili in verità alle grida di manzoniana memoria. In questo contesto quali strade percorrere per rifondare patti di convivenza, per formulare proposte credibili per noi e per i giovani che ci troviamo davanti, interlocutori che ci sembrano a volte muti e distanti? Vorrei ricordare un concetto formulato da Eugenio Scalfari 2, secondo il quale la morale è un istinto, l istinto di solidarietà che favorisce la conservazione della specie, spesso in lotta con l istinto di sopravvivenza individuale. Da questo istinto nasce l empatia con l altro che consente al gruppo di affrontare le difficoltà. E un altro principio mi sembra importante richiamare, riprendendo le parole di Timothy Garton Ash 3 : non è possibile operare uno scambio tra sicurezza e libertà, senza approdare ad una deriva pericolosa per una società democratica. Non ci appelliamo al buonismo, non chiudiamo gli occhi davanti alle mille difficoltà che la forte pressione migratoria comporta, ma teniamo ben presente il tipo di società in cui vogliamo vivere. Per questo proponiamo ancora una volta nel Dossier il tema della migrazione, ricordando che la cultura dell Occidente moderno è in gran parte prodotto di esuli, immigrati, rifugiati. Leggiamo testi di scrittori immigrati per decentrarci, per imparare da chi ha saputo incontrare la nostra cultura, abitare la nostra lingua senza dimenticare le proprie origini forse anche da questa esperienza può rinascere quel sentimento morale cui richiamarsi per uscire dall individualismo e dalla paura. Laura Morini 1 U.Galimberti, L ospite inquietante, Feltrinelli, Milano E. Scalfari, Alla ricerca della morale perduta, Rizzoli, Milano T. Garton Ash, in La Repubblica, 13/06/08 Se apprezzi la rivista aiutaci a sostenerne i costi. È un investimento educativo! 2

2 TESTI SPUNTI SCOLASTICI DI RIFLESSIONE MATERIALI SUL LAVORO MINORILE Insegnamento/apprendimento: quali strategie d intervento? Michele Crudo Penso che la generazione dei nostri figli abbia, rispetto a quella dei loro genitori, un emotività molto più incontrollata e uno spazio di riflessione molto più modesto. Il loro fondo emotivo è stato sollecitato fin dalla più tenera età da un volume di sensazioni e impressioni eccessivo rispetto alla loro capacità di contenimento. Sin dai primi anni di vita hanno fatto troppa esperienza rispetto alla loro capacità di elaborarla. (U. Galimberti) La trasversalità dell educazione linguistica La centralità dell apprendimento della lingua italiana è ribadita in molti documenti ufficiali e in tante pubblicazioni accademiche. Valga per tutte la seguente citazione. La capacità di capire e usare la lingua e i linguaggi in maniera adeguata incide sul rendimento scolastico, in tutte le materie, più di quanto non si pensi: la comprensione dei contenuti disciplinari, veicolati dalle spiegazioni orali dei docenti e dai libri di testo su cui studiare, è alla base di ogni apprendimento, mentre saper dar conto, oralmente e per iscritto, di quanto studiato incide notevolmente sul profitto scolastico ( C. Lavinio Comunicazione e linguaggi disciplinari Carocci, Roma, 2004, pg. 13). D altra parte, però, l acquisizione della terminologia specifica delle discipline veicola un processo di apprendimento trasversalmente strutturato sulla comprensione/formulazione del testo, come si evince dai Programmi del 1979 per la scuola media. E obiettivo qualificante del processo educativo l acquisizione da parte dell alunno del metodo ( ) che si concretizza nella capacità di comprendere la terminologia corrente ed esprimersi in modo chiaro, rigoroso, sintetico, considerando criticamente affermazioni e informazioni, per arrivare a convinzioni fondate e a decisioni consapevoli (Indicazioni generali per le scienze matematiche, chimiche e fisiche). L insegnamento si propone di sollecitare gli alunni ad esprimersi e comunicare in un linguaggio che, conservando piena spontaneità, diventi sempre più chiaro e preciso, avvalendosi anche di simboli, rappresentazioni grafiche, ecc, che facilitino l organizzazione del pensiero, in modo da pervenire ad una progressiva chiarificazione dei concetti attraverso l affinamento della capacità di sintesi. Si tenga presente che la disciplina in questione fornisce un apporto essenziale alla formazione della competenza linguistica, attraverso la ricerca costante di chiarezza, concisione e proprietà di linguaggio, perseguita mediante un costante confronto tra linguaggio comune e linguaggio formale (Indicazioni per la matematica). Le stesse argomentazioni sono usate nei Programmi della scuola elementare, del 1985, là dove si dice: La lingua è strumento del pensiero, non solo perché lo traduce in parole (permettendo all individuo di parlare con se stesso, cioè di ragionare), ma anche perché sollecita e agevola lo sviluppo dei processi mentali che organizzano, in varie forme, i dati dell esperienza. Il perseguimento delle finalità appena enunciate sono tuttavia quotidianamente compromesse dall esposizione dei ragazzi alle immagini televisive, che smontano sistematicamente la consequenzialità logica e cronologica del pensiero verbalmente espresso. Ad essere penalizzato, quindi, non è soltanto l insegnamento dell italiano, bensì l intero impianto metodologico dell apprendimento scolastico, fondato prevalentemente sulla comunicazione orale e scritta. Tutti gli insegnanti, infatti, si trovano di fronte ad allievi caratterizzati da tempi di concentrazione ridotti e ritmi di apprendimento intermittenti, sconnessi e rapsodici. In sostanza, a non essere adeguatamente assimilato è il messaggio comunicato da tutti i docenti, perché, indipendentemente dalla materia che s insegna, risulta astruso, generalizzante, ricco di implicazioni decontestualizzate, astrattamente simbolico e densamente concettuale. Bisogna perciò prendere atto che esiste, e si sta divaricando, la distanza tra il linguaggio spontaneo parlato dagli allievi e il linguaggio formalizzato delle discipline, tra le parole di uso comune e la terminologia specialistica, cui con troppa disinvoltura fanno ricorso i docenti. Di conseguenza, per rendere più fruibile la lezione e meno cervellotiche le spiegazioni, tutti gli insegnanti, indistintamente, devono sforzarsi di: 1) pensare in modo chiaro; 2) cercare la soluzione linguistica più semplice; 3) essere brevi (scrivere frasi che non superino mediamente le 20/30 parole); 4) essere precisi e diretti, evitando giri di parole, digressioni, perifrasi; 5) preferire parole di uso comune (appartenenti al vocabolario di base dei ragazzi); 6) preferire parole concrete a parole astratte; 7) usare i termini tecnici solo quando è necessario; 8) evitare frasi intricate, preferire le coordinate alle subordinate, ribadire i soggetti, ripetere le parole chiave, rispettare la linearità soggetto/predicato/ complemento; 9) eliminare l uso di formule stereotipate e frasi fatte che non appartengono al vissuto dei ragazzi; 3

3 4 10) evitare l uso di formulazioni prive di contestualizzazioni, optare per un costrutto che riconduce linearmente a situazioni descrivibili e riscontrabili. Il decalogo elencato sopra, estrapolato dal libro di M. E. Piemontese Capire e farsi capire (Tecnodid, Napoli, 1997), dà l idea di quanto sia determinante l assunzione di un compito che non può essere esclusivamente demandato ai colleghi di italiano. L educazione linguistica, intesa come padronanza delle tecniche indispensabili ad esprimere, con le parole e l elaborazione del pensiero, il mondo interiore e la realtà che ci circonda, deve infatti essere una finalità strategica che nessun docente dovrebbe trascurare. Ciascuno, ovviamente, la perseguirà utilizzando i segni e i codici della propria disciplina di riferimento, ma, pur nella variazione dei contenuti e delle procedure, differenti da materia a materia, non dovrebbero essere persi di vista i comuni accorgimenti per la facilitazione della mediazione tra il sapere di senso comune dei ragazzi e il complesso sistema dei saperi formali. Tra gli accorgimenti, già collaudati dagli insegnanti nel corso della loro pluriennale esperienza, ce ne sono alcuni piuttosto convincenti che consistono nel: a) fare frequentemente ricorso alla parafrasi (dire con altre parole, semplici ed esemplificative di contesti conosciuti dagli alunni, quanto è detto nel testo); b) sforzarsi di pervenire a una riduzione sintetica delle informazioni più significative, che devono essere selezionate per la loro pregnanza e semplicità concettuale, da cui vanno scartate le ridondanze inutili e gli ampliamenti dispersivi contenuti nel testo; c) insistere con la lettura selettiva, guidata dall insegnante, in modo che i criteri adoperati vengano pian piano assorbiti fino a diventare organizzatori cognitivi; d) istruire sulle modalità di prendere appunti (per abituare alla brevità e alla concisione di discorsi che, per essere memorizzati, devono necessariamente essere afferrati nella loro emblematica essenzialità); e) fare ricorso a schemi, a rappresentazioni grafiche, all approntamento di mappe in cui, in un quadro d insieme ricco di connessioni, emerga la rete di relazioni dei contesti, dei sistemi, dei concetti, dei fenomeni e dei processi trattati; f) avvalersi di immagini, film e filmati per illustrare le idee e ricostruire i contesti di riferimento con il supporto di trame narrative. Che l Educazione linguistica non sia solo un affare degli esperti di grammatica lo dimostra l interessamento dei matematici al linguaggio. Nel 1921 Wittgenstein, nel Tractatus logico-philosophicus, si occupò dell unitarietà della struttura cognitiva, in cui gli esseri umani sintetizzano le conoscenze sul mondo, organizzate in forme di pensiero che sono espresse con l impiego del costrutto sintattico. Le riflessioni del filosofo austriaco furono seguite, nel 1934, dalla pubblicazione, da parte dell eminente matematico Carnap, del libro intitolato La sintassi logica del linguaggio. Lo studio sulla interconnessione tra le strategie di comprensione della realtà e le strutture linguistiche adoperate dagli individui è stato portato avanti da autorevoli personaggi, come per esempio Chomsky, che ha indagato le articolazioni di una grammatica generativa profondamente condizionata sia dal contesto di appartenenza dei parlanti sia dall esperienza personale. In Italia, D. Parisi ( scuol@.it Come il computer cambierà il modo di studiare dei nostri figli Mondadori, Milano, 2000) e R. Simone ( La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo Laterza, Roma-Bari, 2003), da circa venti anni si stanno interessando alle convulse modalità di apprendimento della nuova generazione, su cui influisce indiscutibilmente la frammentazione emotiva e il disorientamento culturale suscitati dalla visione di film, telefilm, talk-show, soapopera, reality-show. Va infine presa in considerazione l incidenza, niente affatto marginale, dei più recenti ritrovati che la tecnica ha messo a disposizione dei giovani per confezionare e inviare messaggi sempre più spasmodicamente ansiogeni e sintatticamente sincopati (G. Granieri Blog generation Laterza, Roma-Bari, 2005). Se si condivide la visione analizzata dagli studiosi più accorti, non si può restare indifferenti di fronte ai cambiamenti che, in rapida successione, stanno radicalmente trasformando il rapporto fra l istituzione scolastica e la società, fra il luogo deputato a formare le nuove generazioni e il potere su di esse esercitato dagli accattivanti, anche se psicologicamente destabilizzanti, modelli sociali esibizionisticamente esaltati nei programmi televisivi e sui rotocalchi. La situazione ci pone davanti a una sfida alla quale non si può sfuggire, rifugiandoci nella nostalgica rievocazione di un passato che non può realisticamente tornare. I problemi vanno affrontati e, nei limiti delle nostre possibilità d intervento, risolti. Si tratta quanto meno di prospettare un percorso formativo che esca dalla sterile contrapposizione dell irriducibile conflitto generazionale. La problematicità dell educazione alla cittadinanza Il primo passo da compiere consiste nel presentare i saperi disciplinari come l insieme degli organizzatori cognitivi utili a smontare e rimontare, con congegni fluidi e resistenti all usura del tempo, gli ingranaggi che regolano il continuo flusso di informazioni dalla realtà esterna al mondo interiore dei soggetti pensanti. Un flusso che non deve però colmare teste ben piene, ma

4 modellare teste ben fatte, (E. Morin La testa ben fatta Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000) adeguatamente orientate a chiedersi il perché di ciò che stanno studiando, senza accontentarsi della meccanica memorizzazione del cosa stanno archiviando, spesso acriticamente, in uno dei tanti scaffali della propria mente. Il passo successivo nella direzione della formazione di un solido impianto metodologico, improntato alla produzione di conoscenze generate dalle conoscenze acquisite, deve portare sia a una salutare apertura della scuola ai linguaggi e ai canali comunicativi del mondo contemporaneo, sia alla strutturazione di una visione approfondita e argomentata dei cambiamenti sociali indotti dalle scienze e dalla tecnologia. Ciò implica un complessivo rinnovamento dell approccio pedagogico, che non può esimersi dall includere nell impostazione delle modalità di trasmissione del sapere la dimensione esistenziale delle nuove generazioni. Di conseguenza la didattica, pur essendo fondata sulla reiterazione procedurale dell addestramento che certifica l avvenuta assimilazione delle nozioni strumentali di base, non può restare impermeabile alle esigenze degli allievi che si chiedono: perché studiare? che relazione c è tra l apprendimento scolastico e la mia esperienza quotidiana? quale incidenza avrà lo studio sul mio futuro? Quest ultimi sono interrogativi che l insegnante, pressato dall impellente bisogno di portare a termine la programmazione annuale, tende a ignorare, dimenticando che la risposta a quei quesiti verrà convulsamente cercata e confusamente soddisfatta con l assunzione di chiavi interpretative mutuate dall onnipresente e avvolgente invadenza dei mass-media. In questo modo i ragazzi introiettano convinzioni ideologiche e comportamenti contrapposti all anemica autoreferenzialità di un istituzione scolastica incapace di proporsi come fonte e prassi di un modello educativo convincentemente alternativo all ingerenza della trasgressiva attrazione esercitata dagli idoli dello spettacolo, dello sport, della moda. Attualmente, un maldestro incedere inerziale impedisce alla scuola italiana di svolgere coerentemente il suo compito di luogo deputato all insegnamento dell educazione alla cittadinanza, lasciando un vuoto nell immaginario dei giovanissimi che, sprovvisti di autorevoli punti di riferimento, arrivano a considerare la cultura come una polverosa cassetta stipata di attrezzi obsoleti, buoni tutt al più a far vincere i premi messi in palio nelle trasmissioni televisive. Quando, occasionalmente, i docenti si fanno promotori di dibattiti per favorire nelle ore di lezione il confronto e lo scambio di opinioni su problemi delicati, quali per esempio il consumismo, si incorre nel rischio di apparire moralisticamente intolleranti nei confronti di uno stile di vita cui i ragazzi non sanno e non vogliono rinunciare. Ci leggete in classe articoli, enuncia con determinazione un alunno il cui intervento è significativamente riportato in un articolo di Marco Lodoli, però io mi domando come mai tante sante parole non producono alcun effetto. E semplice: tutto il mondo occidentale si regge sull eccitazione dei desideri, e se di colpo prevalesse San Francesco sarebbe lo sfacelo (...) Fortunatamente oggi la cultura è inutile, ma se veramente fosse assorbita dalla gente comune, sarebbe addirittura nociva... ( da la Repubblica del 21/11/07). Restare insensibili a tali argomentazioni comporterebbe la rinuncia alla propria funzione di educatori. Abbozzare una prospettiva presumibilmente attendibile e qualificante, può invece contribuire a trovare una via d uscita al senso di frustrazione percepito dagli insegnanti nell espletare la funzione di formatori, in contrasto con il modello culturale persuasivamente propagandato da chi spinge all immediato e inconsulto appagamento dei bisogni egoistici e degli interessi personali. A patto che non ci si indirizzi verso l individuazione di un apparato di contenuti e tecniche parallelamente introdotto accanto o in più alle attività didattiche già programmate. Una tale ottica costringerebbe al reperimento di spazi orari tuttora esigui e innescherebbe un conflitto con le materie, che, al contrario, dovrebbero essere trasversalmente permeate dall introduzione delle otto competenze chiave per la cittadinanza attiva, fissate in campo europeo con l obiettivo di sprigionare negli alunni il senso di responsabilità, il piacere della partecipazione, l autostima, la fiducia negli altri, l autonomia, il gusto della collaborazione, l emozione del ragionamento, la passione per il dubbio sollecitata da una costante voglia di ricercare. Che il processo di maturazione di ciascun allievo non debba risiedere fuori ma dentro la pratica quotidiana dei saperi disciplinari, intesi come nutrimento vitale del desiderio di esplorare sempre nuovi orizzonti cognitivi e socio-affettivi, lo si può desumere dalla descrizione delle competenze formulate dalla Commissione europea. Imparare a imparare: organizzare il proprio apprendimento, individuando, scegliendo e utilizzando procedure finalizzate all acquisizione di un proprio metodo di studio e di lavoro. Riguarda l uso dei materiali, la pianificazione dell esecuzione dei lavori, la regolarità dello svolgimento dei compiti assegnati, la durata dei tempi di concentrazione, il rispetto delle indicazioni date, la correttezza delle operazioni svolte nel reperire, selezionare, memorizzare le informazioni. Progettare: utilizzare le proprie risorse per raggiungere proficuamente un dato obiettivo. Concerne la rilevazione e la messa in atto di strategie in contesti di apprendimento impostati dall insegnante sul problem solving e sul working in progress. Il traguardo della realizzazione di un prodotto dovrebbe mirare non tanto a costruire una cosa, quanto a costruire se stessi (A. G. Fronzoni). In altre parole, si tratta di creare un atteggiamento mentale consapevole delle potenzialità personali che ciascun individuo possiede. Comunicare: comprendere e rappresentare messaggi utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, simbolico, dei suoni e dei corpi, ecc.). Il comunicare non dovrebbe riguardare solo il relazionare/esporre, il riportare sintetizzando, il riassumere rielaborando, ma anche il presentare/illustrare con finalità di tipo esplicativo/divulgativo un progetto, un esperienza, un prodotto, delle emozioni e delle situazioni, come avviene per esempio negli spettacoli teatrali. Collaborare e partecipare: interagire in gruppo, accettando i diversi punti di vista, riconoscendo le proprie e le altrui capacità, gestendo la conflittualità, contribuendo all apprendimento comune e alla realizzazione delle attività collettive. Attiene non solo alla relazione con gli altri, ma anche al comportamento così come si manifesta nelle discussioni in classe, nella partecipazione ai lavori di gruppo, nell impegno espresso durante l allestimento di mostre e spettacoli. Agire in modo autonomo e responsabile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nelle attività e nelle relazioni socio-affettive, facendo valere le proprie esigenze e quelle altrui. Si riferisce all ambito sociale in cui, nel rispetto delle regole esplicitate, vengo- 5

5 no esercitati i diritti senza trascurare la necessaria osservanza dei doveri, Risolvere problemi: affrontare situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, raccogliendo e valutando fatti e circostanze per poter infine proporre soluzioni percorribili. Non riguarda solo le materie tecnico-scientifiche, ma anche contesti relazionali da cui scaturiscono conflitti che vanno risolti con negoziazioni e compromessi accettabili. Individuare collegamenti e relazioni: operare interconnessioni tra fenomeni, eventi, processi e concetti anche complessi, identificando sia le intersezioni tra cause ed effetti sia le analogie e le ricorsività. Acquisire e interpretare l informazione: individuare le fonti per giungere a valutarne l attendibilità e l utilità, distinguendo tra fatti e opinioni. In un epoca in cui il bombardamento mediatico e le convinzioni ideologiche producono stereotipi e pregiudizi è di fondamentale importanza imparare a discernere tra le differenti versioni di ciò che troppo frequentemente viene sbandierata come verità. Le competenze chiave, così come sono state sinteticamente delineate, costituiscono un occasione per rivedere e se necessario ricalibrare gli obiettivi e le prestazioni già tracciati in ogni materia d insegnamento. Spetta, come sempre, alla buona volontà dei docenti trasformare questa occasione in un opportunità per: a) riflettere sulle finalità della propria disciplina; b) individuare gli indicatori che configurano e descrivono i profili degli studenti; c) riconvenzionare il linguaggio tra insegnanti diversi per età anagrafica e itinerari formativi. Ma non si tratta solo di questo! Gli insegnanti devono più che mai essere coscienti che è in corso un genocidio di cui pochi si stanno rendendo conto. A essere massacrate sono le intelligenze degli adolescenti, il bene più prezioso di ogni società che vuole distendersi verso il futuro Lo assicura un lavoratore coscienzioso e osservatore attento, che ribadisce: Vi prego di credermi, non sono un apocalittico, sono semplicemente un testimone quotidiano di una tragedia immensa (da la Repubblica del 4/10/2002). La sofferta confessione rivela un disagio, e lancia un allarme che può non essere condiviso, ma non sottovalutato, perché gli insegnanti sono inclusi tra coloro ai quali spetta l onere di scongiurare l eventualità di una catastrofe annunciata. E un compito che, pur nell inadeguatezza dei mezzi a disposizione e nello sconforto della solitudine, va doverosamente svolto, senza ergerci al ruolo di eroi o di missionari, bensì facendo appello alle nostre competenze professionali e alla nostra sensibilità di cittadini premurosi. L altro che è in noi, ovvero le radici del nostro cibo Massimo Montanari* Il cibo, come il linguaggio parlato, è un importante strumento di comunicazione, che trasporta simboli e significati di varia natura (economici, sociali, politici, religiosi, etnici, estetici... ) e rappresenta i valori e le tradizioni in cui ciascuna società si riconosce. Il sistema alimentare costituisce pertanto uno straordinario veicolo di identità, e al tempo stesso di scambio: se da un lato esso esprime l identità di una cultura, dall altro è lo strumento più immediato per entrare in contatto con culture diverse. In cucina, le diverse culture si aprono a ogni sorta di invenzioni, incroci e contaminazioni. Una vicenda esemplare è quella del Medioevo europeo, che vide formarsi un identità alimentare e gastronomica innovativa rispetto al passato, grazie a uno straordinario esperimento di contaminazione, anche conflittuale, tra culture diverse e in qualche misura opposte. La civiltà agricola dei Romani, che rappresentava come incivile o pre-civile ogni forma non-agricola di utilizzazione del territorio, si scontrò con la civiltà silvo-pastorale delle popolazioni germaniche, che avevano nel bosco il loro baricentro produttivo e che anche per questo i Romani chiamavano barbari. La civiltà del pane, del vino e dell olio si scontrò con la civiltà della carne, del latte e del lardo, e per alcuni secoli questa diversità fu assunta, da entrambe le parti, come simbolo di un identità da conservare, di una guerra da vincere. Poi, a poco a poco, i due modelli si mescolarono e diedero origine a un sistema economico e alimentare nuovo: un sistema, per così dire, meticcio, che gli storici hanno chiamato agro-silvo-pastorale. Esso comportò il superamento dell antica opposizione fra prodotti agricoli e prodotti del bosco, fra pane e carne (intesi quasi come simbolo di due diversi stili di vita). La cultura alimentare del Medioevo si fondò, da allora * docente di Storia Medioevale e di Storia dell alimentazione all Università di Bologna. 6

6 Colui che non è mai uscito da casa sua, pensa che solo sua madre sa fare bene il sugo (Proverbio Mina, Togo) della nostra identità, della nostra tradizione, delle nostre radici, il dovere di uno storico è far notare che l insegnamento della storia sembra muoversi in direzione opposta: essa mostra che le tradizioni alimentari non restano mai uguali a se stesse, ma cambiano nel tempo, modificandosi al contatto con tradizioni diverse. Le identità, le tradizioni si inventano, nel senso letterale della parola: si trovano, si costruiscono. E le origini, le radici, di per sé non spiegano nulla: sono condizioni necessarie ma non sufficienti a spiegare i fenomeni. Marc Bloch, il più grande storico del Novecento, amava illustrare questa idea con l esempio della ghianda e della quercia: senza la ghianda, la quercia non esisterebbe; ma non tutte le ghiande diventano querce, poiché sono il tipo di terreno, il clima, l umidità che permettono alla ghianda di sviluppare le sue potenzialità. Sono le condizioni storiche. Non era scritto da nessuna parte che nel Medioevo, a partire dall incontro fra cultura germanica e cultura latina, si sviluppasse una nuova gastronomia europea. Altro esempio significativo: la cosiddetta dieta mediterranea troppo spesso viene celebrata come frutto di una saggezza antica, di una tradizione lungamente sperimentata. Invece, anche qui ci troviamo di fronte a una costruzione storica. Molti elementi di questa dieta mediterranea non sono affatto, in origine, mediterranei, bensì derivano da una storia, da scambi con altre culture, con altre regioni dei mondo. Le cucine mediterranee del nostro tempo richiamano il mondo antico nell uso di prodotti come il pane, il vino, l olio d oliva, la carne d agnello, la cipolla, l aglio. Ma altri sapori, altri gusti sono decisamente cambiati. Alcuni di essi sono scomparsi: nell antichità greca e romana si faceva largo uso di salse a base di pesce fermentato (la più famosa era il garum) che oggi non si trovano più nelle cucine mediterranee, mentre si incontrano nelle tradizioni gastronomiche dell Asia sud-orientale. Allo stesso modo è scomparso l uso del coriandolo e del suo sapore acre-amaro, che ritroviamo invece nell America latina (dove lo portarono gli spagnoli). Viceversa, altri sapori mediterranei si sono affermati in epoca recente: la melanzana e il carciofo sono stati portati dain poi, sulla consistenza dei due protagonisti. L antica contrapposizione fra pane e carne lasciò il posto a una sintesi: panes et carnes diventarono valori condivisi, riconosciuti entrambi come necessari alla sopravvivenza quotidiana. Anche la diffusione dei cristianesimo operò in questa direzione: da un lato perché introdusse nel calendario liturgico l alternanza regolare fra cibi grassi e magri, (con o senza carne), dall altro perché conferì un forte valore identitario al pane e al vino (alimenti sacri) ma anche, indirettamente, alla carne, in particolare a quella di porco - per differenza con l Islam che lo escludeva dalla dieta, così come escludeva il vino. Attraverso un duplice processo dì aggregazione (le tradizioni romane sommate a quelle germaniche) e di disaggregazione (il venir meno dell unità mediterranea con l affermarsi dell Islam nelle coste africane), il pane, il vino e il maiale diventarono i simboli alimentari dell Europa cristiana. Tale vicenda - emblematica del carattere dinamico della storia dell alimentazione, della natura, appunto, storica, e perciò mutevole, di tutte le identità alimentari - proiettò a nord del Mediterraneo alcuni valori che erano cresciuti altrove e che in passato avevano caratterizzato altre culture: la civiltà del pane e del vino era nata nelle regioni del Vicino e del Medio Oriente afroasiatico; dal Medioevo in poi diventò soprattutto europea. La nascita di una nuova identità alimentare, definibile come europea, che non coincide più né con la tradizione romana né con quella dei barbari, è una vicenda di straordinario interesse, non solo storiografico. Personalmente la ritengo emblematica, quasi la metafora di come nascono, crescono, si sviluppano le culture e le tradizioni alimentari, in seguito a incontri, scambi, compromessi, adattamenti, contaminazioni. Quando si parla di cibo, il tema dell identità viene spesso utilizzato in senso francamente reazionario, per difendere il proprio orticello, chiudere la porta agli altri, definire un confine invalicabile fra sé e i barbari che ci minacciano. Il tema oggi è scottante ed evidenti sono le sue implicazioni, politiche oltre che culturali. E poiché la storia viene spesso chiamata in causa come garante 7

7 LIBRI GOLOSI Laila Wadia (a cura di), Mondopentola, Collana Kuma, Cosmo Iannone editore, Isernia 2007 euro 12 Una raccolta di tredici racconti di altrettanti scrittori, immigrati in Italia dalle più diverse parti del mondo, accomunati dall idea che il cibo e la sua preparazione possono diventare un momento di condivisione, ma anche un modo per allontanare la nostalgia che nasce dalla mancanza di odori e atmosfere appartenenti al passato, senza scivolare nell esotico o nel folklore anzi contrastando stereotipi e luoghi comuni. I migranti di tutte le latitudini di tutti i tempi hanno portato con sé i sapori di casa propria per sentirsi meno soli. Il cibo è per loro rifugio, il cordone ombelicale con la madrepatria spesso lasciata a malincuore., spiega Laila Wadia nell Introduzione. (p.10) L intento della raccolta è quella di invitarci a una cena in cui ogni scrittore porta una pietanza per condividere con noi sapori e saperi delle terre d origine, arricchendoli con gli ingredienti della nuova patria, condendo il tutto con la fantasia per provare che in fondo siamo tutti un unico Mondopentola. Gli autori hanno deciso di devolvere il compenso dei diritti d autore a favore di un associazione brasiliana che si occupa di bambini in difficoltà. M. Richter e L. Dugulin (a cura di), Sapori incontri fragranze, CACIT edizioni, Trieste 2006 Il Coordinamento delle Associazioni e delle Comunità degli Immigrati della provincia di Trieste (CACIT) propone questa raccolta di racconti e poesie di 47 autori stranieri e autoctoni, che ci conducono in un viaggio attraverso i sapori e i profumi di terre e genti diverse. I sapori e i profumi contenuti in questo volume - osservano i curatori - si trasformano in fragranze e gusti meticci come risultato dell incontro di diverse parti del mondo diventando araldi degli ideali dei cittadini aperti allo scambio comunitario e testimoniando la voglia di una cittadinanza sempre più partecipativa da parte sia degli stranieri sia degli autoctoni in vista del riconoscimento del diritto alla pluralità. Il CACIT è la prima associazione di volontariato gestita da immigrati e italiani ad essere diventata casa editrice. Ha pubblicato altre due antologie: Sguardi e parole migranti che ha vinto il Premio Multietnicità 2006, e Cuori migranti del Calixthe Beyala, Come cucinarsi il marito all africana, epoché, 2004 Aissatù è una donna immigrata a Parigi, follemente innamorata di Suleymane Bolobolo, che vive con la madre e una gallina. Per sedurlo e conquistarlo pensa di prenderlo per la gola, ricorrendo ad aromi tropicali (mango selvatico, zenzero, marinata di spezie e zuppa di pesce.) che stregano e catturano. Per noi non sarebbe facile preparare la Tartaruga verde di bosco con banane plantain, l Antilope affumicata ai pistacchi, o il Boa in foglie di banano e il Coccodrillo alla salsa Bongo Tchobi, si potrebbe però fare un tentativo con il Pollo ai limoni verdi e il succo di zenzero... Al di là dell aspetto spensierato e leggero delle ricette di cucina, Calixthe Beyala traccia il ritratto di una giovane africana disorientata in una società che rifiuta il cibo e le rotondità femminili e che propone un modello di bellezza opposto a quello che prevale in Africa. L autrice, originaria del Camerun, sesta in una famiglia di dodici figli, a 17 anni si trasferisce in Francia, dove si sposa e si diploma. Nel 1987 pubblica il suo primo romanzo dal titolo C est le soleil qui m a brulée, che testimonia la lotta della donna africana per sopravvivere. Da allora oltre che alla scrittura si dedica attivamente alla difesa dei poveri del suo paese, in cui trascorre parte dell anno, e sostiene progetti rivolti alle donne. gli arabi verso la fine del Medioevo; il fagiolo e il pomodoro sono venuti dall America in Età moderna, assieme al mais e alle patate. Dunque l Asia e l America sono state, al pari dell Africa e dell Europa, essenziali nel definire i caratteri del sistema alimentare che siamo soliti definire mediterraneo. Concentriamoci infine su un piatto tipico della gastronomia italiana, un piatto dal fortissimo valore identitario: gli spaghetti al pomodoro. La storia di questo cibo mi è sempre apparsa esemplare per riflettere sui due concetti di identità e di radici che troppo spesso, nel linguaggio comune, vengono confusi, mentre io credo che vadano decisamente distinti e diversamente localizzati. L identità sono i valori e i modelli che ci qualificano qui e ora. Le radici sono i luoghi e gli spunti da cui la nostra identità ha preso origine: ma non necessariamente appartengono a noi. Se ricerchiamo le radici storiche degli spaghetti al pomodoro non possiamo non risalire, da un lato, al Medio Oriente arabo, da cui giunse in Italia, durante il Medioevo, la nuova cultura della pasta secca di forma allungata (che si sviluppò a partire dal XII secolo in Sicilia); dall altro all America, da cui giunse in Europa, in Età moderna, il pomodoro. Le radici del nostro piatto dunque sono asiatiche e americane. Ma non c è dubbio che esso rappresenti l identità italiana, perché le radici (le origini) non sono l identità. Se vogliamo, le radici sono l altro che è in noi. Ringraziamo l Autore e Lo Specchio, supplemento mensile a La Stampa, per l autorizzazione a pubblicare l articolo tratto dal numero di ottobre

8 PROPOSTE DIDATTICHE I barbari. Un percorso di ricerca in quarta classico Laura Vecchi Una premessa All origine del modulo che intendo presentare c è un idea e un progetto: lo studio della lingua, della civiltà e della letteratura latina come ricerca interculturale. Interculturale è, in primo luogo, l approccio allo studio di una qualsiasi lingua seconda, in quanto vi è epistemologicamente presupposto il rapporto e il confronto tra le due (almeno due) culture ingabbiate dentro le strutture grammaticali e il lessico delle lingue. Ogni lezione, anche la più tradizionale, di morfosintassi latina è già quindi uno scambio tra mondi. In più, lo studio di una civiltà come quella romana così indissolubilmente legata alla formazione della nostra identità individuale e collettiva, in quanto italiani, europei ed occidentali, impone una riflessione ed una ricerca sui processi di costruzione di tale identità, sia diacronicamente che sincronicamente. Scoprirsi, poi, attraverso questa ricerca, tutti senza esclusione meticci, ci offre chiavi di lettura dell oggi forti e profondamente radicate. La ricerca, invece della trasmissione, oltre ad essere una predisposizione naturale, mi aiuta a provare a fare della classe una comunità, un gruppo di lavoro. Una precisazione Insegno, come molti colleghi ed ex colleghi che collaborano da tempo a Strumenti, all ITSOS M.Curie di Cernusco sul naviglio. Insegno latino nell indirizzo linguistico classico; nella nostra scuola gli studenti dopo un biennio comune giungono a scegliere il loro indirizzo di studi classici in terza; ciò comporta che il latino e il greco vengano appresi solo nel triennio con un monte ore settimanale che, spalmato sui tre anni, è di 17 ore settimanali, insomma un percorso abbastanza abbreviato e soprattutto accelerato. Questo ci impone tagli e, d altro canto, ci consente libertà nella gestione dei programmi. Rapporto tra Romani e Barbari nell età di C. Giulio Cesare * ITSOS M. Curie, Cernusco S/N Il modulo ha come cuore null altro che la solita analisi di alcuni capitoli del Bellum Gallicum di Cesare, prevista dal programma di I liceo classico (che noi svolgiamo invece al quarto anno), in questo caso particolare, l excursus etnografico del VI commentario in cui Cesare descrive i Galli (capp ); intorno, però, abbiamo intrecciato molti fili per andare alla ricerca della storia dell archetipo del barbaro, prima nella sua realizzazione nel mondo greco-romano, poi nei suoi termini generali ed attuali. Il percorso si è articolato in tappe, più che in vere e proprie unità didattiche a) letture propedeutiche per focalizzare l attenzione sul tema: Kavafis, Aspettando i barbari, 1908 Che aspettiamo, raccolti nella piazza? Oggi arrivano i barbari. Perché mai tanta inerzia in Senato? E perché i senatori siedono e non fan leggi? Oggi arrivano i barbari. Che leggi devon fare i senatori? Quando verranno le faranno i barbari. Perché l imperatore s è levato così per tempo e sta, solenne, in trono, alla porta maggiore, incoronato? Oggi arrivano i barbari L imperatore aspetta di ricevere il loro capo. E anzi ha già disposto l offerta d una pergamena. E là gli ha scritto molti titoli ed epiteti. Perché i nostri due consoli e i pretori sono usciti stamani in toga rossa? ( ) Oggi arrivano i barbari, e questa roba fa impressione ai barbari. ( ) Perché d un tratto questo smarrimento ansioso? (I volti come si son fatti seri) Perché rapidamente strade e piazze si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi? S è fatta notte, e i barbari non sono più venuti. Taluni sono giunti dai confini, han detto che di barbari non ce ne sono più. E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? Era una soluzione, quella gente. È davvero facile sollecitare l attenzione con un testo come questo, che dopo alcune lezioni introduttive sul personaggio di Cesare e le sue opere, abbiamo letto e cercato di interpretare insieme: i ragazzi hanno subito focalizzato - la contrapposizione tra gli elementi di chi si ritiene civile e superiore (le leggi, il trono, la pergamena, le istituzioni imperatore e senatori, consoli e pretori titoli ed epiteti, toghe, anelli, pietre preziose e questa roba fa impressione ai barbari.) e i barbari, - il senso dell ignoto ( S è fatta notte, e i barbari non sono più venuti /Taluni sono giunti dai confini, /han 9

9 detto che di barbari non ce ne sono più.) - e l enigma degli ultimi due versi che appositamente ho lasciato aperto affinché facesse da domanda portante per la nostra ricerca. Intanto leggendo e analizzando la scheda barbaro/ barbarie curata da Federico Condello per l enciclopedia dell antico sul sito abbiamo definito i termini della questione: Il greco bárbaros, passato nel corso dei secoli a gran parte delle lingue occidentali, non è in origine che una definizione di carattere linguistico, fondata sulla resa onomatopeica del balbettio cui si riduceva, agli orecchi dei Greci, la parlata delle genti straniere. Solo una lunga e complessa evoluzione semantica, determinata da precise vicende storiche e culturali che travalicano i confini della storia antica, ha sovraccaricato di valori ben più ampi e impegnativi la nozione di barbaro, finendo per strutturare un sistema di opposizioni binarie, dal marcato carattere polare, a sua volta disponibile a diverse valorizzazioni in termini positivi e negativi. Si realizza così, attraverso la nozione di barbaro, uno dei casi più vistosi di quella opposizione fra cultura e non cultura che l antropologia contemporanea ha riconosciuto come un elemento fondamentale di ogni identità culturale: noi contro loro, l identico contro il diverso, la cultura appunto contro tutto ciò che le è estraneo dal punto di vista della cultura stessa (e perciò classificato come non cultura, piuttosto che come diversa e ugualmente legittima cultura), costituiscono altrettante polarità necessarie alla definizione della propria identità sociale, benché spesso ciò comporti una condanna o un rifiuto totale dell altro. Abbiamo poi discusso il capitolo conclusivo de I barbari. Saggio sulla mutazione di A. Baricco. Insomma, utilizzando letture semplici e al contempo suggestive ho introdotto categorie d analisi fondamentali degli studi antropologici: il noi che si definisce per opposizione ad un altro ; il muro, il limes come difesa dall attacco ma soprattutto come definizione di sé. In più Baricco, facendoci sentire che la paura è in tutti noi ed è la paura di perdere una parte di sé dalla contaminazione con l altro, dalla violazione del nostro territorio non tanto geografico, quanto interiore, ci forniva una chiave di lettura per l oggi, Perché ciò che si salverà non sarà mai quel che abbiamo tenuto al riparo dai tempi, ma ciò che abbiamo lasciato mutare, perchè ridiventasse se stesso in un tempo nuovo. b) ho poi focalizzato l attenzione sulla nascita in Grecia del termine barbaros tra paura dell ignoto e fascino dell altrove facendo riferimento in particolare ad Erodoto, scrittore greco che spinto dai suoi interessi etnografici andò ad indagare i popoli stranieri, e poi sulla nascita della paura dei Galli a Roma. Come racconta Livio, a partire dalla battaglia di Allia, i barbari per i Romani sono i Galli, che possono all improvviso calare da Nord. Quando i Galli saranno a sufficienza romanizzati, i Germani, descritti come popolo a sé per la prima volta da Cesare, diverranno pericolosi. Anche per i Romani, il termine barbaro è servito ad indicare gli altri popoli, quindi, diversi per lingua, ma soprattutto per cultura e mentalità. Roma ereditò da Erodoto un duplice atteggiamento verso i barbari: da una parte curiositas, di indagare usi e costumi diversi dalla norma, dall altra l idea della necessità dello scontro tra civiltà e barbarie, ma molti autori introdussero un ulteriore antitesi, apparentemente favorevole ai barbari, quella tra la corruzione della civiltà (per i Romani proveniente dalla Grecia e dall Oriente) e l integrità dell inciviltà. c) Abbiamo poi accuratamente disaminato il periodo storico in oggetto, curando in particolare l evoluzione dell imperialismo romano sulla scorta della Guida alla storia romana di Guido Clemente. d) Le indicazioni di carattere etnografico fornite da Cesare non sempre di prima mano, ma spesso derivate da altre fonti letterarie, come Posidonio, sono pienamente conformi alla concezione romana del mondo, che è costituito come una cipolla: al centro c è Roma, e via via allontanandosi s incontrano i popoli civilizzati, i popoli barbari, i mitici selvaggi e, infine, il confine del mondo, l Oceano che porta al cielo e al regno dei morti F. Dupont, La vita quotidiana nella Roma repubblicana, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 96. Siamo così arrivati alla traduzione e all analisi dei testi di Cesare pronti a far attenzione alle parole che categorizzano, pur volendo apparire neutre, il senso di superiorità, il disprezzo, l invidia, la paura, l orrore: come l ossequio al principio della interpretatio Romana con il quale nel cap.17 Cesare traduce in latino i teonimi celtici oppure l asettica descrizione nel cap.16 della pratica dei sacrifici umani (notizia veritiera in quanto confermata da Strabone e Diodoro Siculo), che nasconde sotto la dovizia di particolari l orrore (sacrosanto per la pratica in sè) per la barbarie, dimenticando, però, che pratiche simili aveva conosciuto anche la Roma arcaica. e) Facendoci poi catturare dal fascino delle narrazioni sul pantheon gallico e la casta sacerdotale, abbiamo ascoltato la relazione di una studentessa appassionata di materia celtica sulla figura del druido che attraversa la tradizione del ciclo bretone fino al fantasy così diffuso oggi f) Un buon numero di ore è stato occupato dal laboratorio di traduzione dei capp del commentario settimo del Bellum Gallicum, che ha avuto come prima finalità l apprendimento delle competenze traduttive, ma contemporaneamente ci ha messo in contatto con l antagonista per eccellenza di Cesare nella campagna gallica, Vercingetorige, che poi in età romantica fu reinterpretato come un giovane e il più antico eroe nazionale francese. Il focus del nostro interesse si è rivolto però ad un momento fondamentale e critico della narrazione, in cui gli assediati in Alesia, privi ormai di viveri, discutono sul da farsi e, tra le diverse proposte, il discorso di Critognato è un capolavoro di ferocia barbara, nessuna ammirazione da parte di Cesare può essere tributata al selvaggio campione della libertà celtica, il quale accusa i Romani di voler imporre a tutti i popoli che assoggettano una turpissimam servitutem Ma qual è la civiltà che l Arverno si ostina a difendere? Quella di un popolo che per tradizione, si noti bene! (quod nostri maiores fecerunt) quando è assediato, è disposto a mangiarsi i più deboli per resistere all assedio: e questo è un fatto accettato assemblearmente (potius utendum consilio quam aut deditionis aut pacis subeundam condicionem), non soltanto l allucinata prospettiva di un esaltato! L accusa rivolta ai Romani di voler sottomettere invidia adducti i popoli che si sono rivelati fama nobiles potentesque bello appare 10

10 pertanto grottesca. Su suggerimento del bel saggio, di M.R.Cornacchia, La prospettiva dei vinti sull im-perialismo romano, apparso sulla rivista online del dipartimento di italianistica dell università di Bologna, abbiamo fatto anche un breve excursus su altri testi in cui Sallustio riporta i discorsi di due grandi antagonisti dell impero, Mitridate e Aderbale, che denunciano le nefandezze della conquista romana presentate quali manifestazioni della rabbia isterica dei nemici. g) Alla fine ormai del nostro percorso, mi sono accorta che Palazzo Grassi a Venezia ci stava facendo un generoso regalo: la mostra Roma e i Barbari e così ci siamo concessi una bella giornata veneziana. h) Tante sono state le verifiche intermedie, perché, com è facile immaginare, per studenti che solo l anno prima avevano appreso i primi rudimenti del latino non è stato facile imparare a tradurre i testi di Cesare. Li ho poi interrogati sull analisi dei testi del VI commentario ed abbiamo fatto un primo bilancio dell attività. Come verifica finale ho chiesto una relazione del modulo oppure un saggio. E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? I ragazzi cercano una risposta alla domanda iniziale Non si può neppure immaginare la paura che la vista di quel nemico sconosciuto abbia provocato nei loro cuori. Tutti quei guerrieri pronti alla guerra, pronti a difendere i propri ideali contro creature tanto diverse, pronti a combattere fino alla morte... Non ci è dato sapere cosa avessero provato vedendo quei drappi rossi volare nel vento, avere davanti un nemico completamente coperto di metallo lucente, o la paura che provarono trovandosi di fronte a centinaia di guerrieri che uniti come un solo uomo percorrevano la loro terra o il non sapere quanto potesse essere forte il loro dio dalle sembianze di un aquila, la cui effigie era tenuta alta davanti a quegli immensi eserciti Lo sgomento regnava certamente tra i guerrieri galli alla vista di quegli uomini vestiti di armature, perché non erano nudi come loro per incutere timore e mostrare la propria forza e virilità, perché non si dipingevano il corpo con simboli e spirali per richiamare l aiuto della divinità? Ma una cosa era certa anche i romani avevano paura, alla vista delle teste mozzate dei nemici appese ai carri da guerra, o dei loro corpi alti e possenti, scolpiti da centinaia di battaglie completamente diversi da quelli dei loro nemici piccoli di statura e di pelle scura, ma ciò che certamente terrorizzò di più i romani furono le enormi spade a doppio taglio a due mani e gli alti e impenetrabili scudi, le diverse daghe portate alla cintura e l enorme lancia con la punta di ferro capace di trapassare un cavallo. In entrambi gli eserciti i guerrieri più abili e di rango più elevato entravano in battaglia su di un rapido carro da guerra, per entrambi simbolo di potere che aveva una notevole forza di penetrazione quando, a grande velocità, si scontrava con la prima linea dell esercito nemico, creando scompiglio e falciando decine di uomini con le ruote falcate e con le armi del guerriero, che poteva guidare da sé il veicolo o lasciare il compito ad un auriga, rimanendo di fianco a lui. (Veronica) Volgendo la mente al passato l uomo moderno si considera migliore, è convinto che non commetterà mai più quegli errori, è convinto di poter cambiare il mondo, che non ci saranno più ingiustizie, ma se appena uscito di casa posa lo sguardo su un straniero al bordo della strada che chiede la carità o su di un accampamento Rom e continua la sua strada senza curarsene o addirittura pronunciando parole di fastidio alla loro vista, non è migliore di Cesare o di Hitler che preferirono usare la forza per eliminare la fonte della loro paura, piuttosto che entrare in contatto con il diverso e accoglierlo allo scopo di migliorare se stessi. Essi sono i veri barbari: assassini, cannibali, ladri, mostri (Veronica) Vi sono ancora dei barbari? Il XX secolo ha chiaramente mostrato come perfino in Europa, così fiera della propria civiltà, la barbarie sia lontano dall essere stata sconfitta. Le guerre più recenti hanno mostrato come l uomo continua ad essere capace anche di atti di crudeltà più degradanti. La barbarie è dunque da intendersi come qualcosa di radicato in noi, al cuore stesso della nostra civiltà, proprio quando la denunciamo negli altri? Non è irrilevante il fatto che i Romani facessero la distinzione fra due tipi di barbarie. La prima è quella a cui di solito si pensa: violenza sfrenata, crudeltà e lo scatenamento della guerra, la ferocia senza misura che distrugge e disperde. Si tratta di una barbarie violenta, nordica, mascolina, eccitata dal furore e dalla brutalità. Più sorprendente, invece, il secondo tipo di barbarie che essi identificavano, dolce, soft, caratterizzata da una vita molle, senza fermezza né energia: è la barbarie della debolezza, orientale e femminile, che favorisce gli eccessi della sensualità in un mondo ridotto a delle apparenze e a delle illusioni. Non è difficile rilevare come sia particolarmente rilevante questo punto di vista romano rispetto alle situazioni d oggi. Queste due forme, evidentemente, sono opposte l una all altra, ignorando che sia l una che l altra non sono che la manifestazione dell identica barbarie. Vi è un punto in comune a questi due tipi di barbarie: l idea del limite trasgredito, della frontiera oltrepassata. Possiamo pensare proprio all esercito romano, consacrato alla difesa delle frontiere dell impero, che segnavano il limite fra la civiltà e la barbarie. L impero, però, con tutte le sue frontiere, è caduto. I limiti sono indispensabili: senza limiti è impossibile definirsi, darsi un identità, una consistenza. Un uomo che non abbia limiti interiori è un mostro, un barbaro. Meglio un limite trasgredito, che l assenza di limiti, dato che senza limiti non c è più la consapevolezza della trasgressione, trasgressione significa infatti passare dall altra parte. (Andrea) È dunque questa la nostra sorte? Dover continuare ad opporci agli altri per riconoscere noi stessi? Oppure un giorno riusciremo ad acquisire una sicurezza tale da non avere bisogno di un nemico con cui confrontarci? Io credo di sì e sono, anche, fermamente convinta che ciò accadrà quando saremo in grado di lasciarci travolgere dalla mutazione ormai in corso, portando con noi, come scrive Baricco ( ), ciò che vogliamo conservare delle nostre radici e tenendo ben presente che quel che diventeremo continua ad essere figlio di ciò che vorremo diventare (Alessia) 11

11 Quadrati a tutto tondo Concetta Tiziana Casa* Daniela Folcio* Conservare lo spirito dell'infanzia dentro di sé per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere il piacere di capire la voglia di comunicare. Bruno Munari Questo è lo spirito col quale abbiamo voluto caratterizzare il percorso progettuale che presentiamo e sintetizza il motivo per cui ne abbiamo scelto il protagonista. IL QUADRATO alto e largo quanto un uomo con le braccia aperte il quadrato sta, fin dalle più antiche scritture e nelle incisioni rupestri dei primi uomini, a significare l idea di recinto, di casa, di paese. Enigmatico nella sua semplicità, nella monotona ripetizione di quattro lati ed angoli uguali, genera una serie di interessanti ed infinite figure BRUNO MUNARI Il quadrato - questa forma geometrica tanto comune quanto sconosciuta nelle sue declinazioni - è stato l oggetto di tutto il percorso didattico seguito in una classe di seconda media. Scopo principale del percorso è stato quello di far apprendere ai ragazzi come la geometria e la matematica si integrino con il quotidiano: ciò che ci circonda a volte è così schematicamente e geometricamente bello! La modalità di lavoro è stata quella della ricerca-azione a tutto campo che ha toccato alcuni temi dell arte, della tecnica, del gioco e, ovviamente, della geometria. Il percorso è stato costruito partendo da attività pratiche di manipolazione e di osservazione su oggetti quadrati. L attività ha aiutato l alunno ad entrare in confidenza con questa forma geometrica, stimolando curiosità e interesse. Ha fornito gli spunti per avviare discussioni e riflessioni tali da poter strutturare in modo graduale i concetti geometrici e matematici utilizzando * Insegnano rispettivamente Scienze e Matematica presso la Scuola media sperimentale Rinascita-Lezvi a Milano man mano un linguaggio specifico inerente ai contenuti che sono stati trattati, curricolari e non. Questo tipo di approccio concreto alla geometria favorisce il coinvolgimento di tutti gli alunni e soprattutto di quelli che hanno maggiore difficoltà con la matematica. Li aiuta a concepire la materia non come scienza astratta, costituita da un insieme di formule e regole da applicare senza capirne il significato, ma come strumento che, anche attraverso il piacere e lo stupore, può indagare e conoscere il mondo circostante. Inoltre può essere capace di sviluppare la creatività che c è in ognuno di noi, apprezzando la bellezza delle forme geometriche e della regolarità. Le tappe del percorso Nel corso del primo incontro negoziamo con gli studenti il tema e le modalità di lavoro con l obiettivo di presentare il progetto in pubblico, mediante una comunicazione interattiva a carattere scientifico. L occasione ci è fornita dalla manifestazione Scienza under 18 presso l Acquario Civico di Milano: la sfida è alta, le difficoltà molte, il tempo scarso, ma la motivazione fortissima. Si definiscono insieme quali caratteristiche deve avere una mostra affinché sia interessante, interattiva e coinvolgente. Tutta la classe è d accordo su un punto: si deve essere bravi a spiegare cose difficili in modo semplice. Negli incontri successivi, entriamo nel merito: i ragazzi imparano il come ottenere un quadrato da un pezzo di Exibit realizzati per la manifestazione Scienza under 18 Quadrati allo specchio (per simmetrie e pavimentazioni) Quadrare i tondini Sudoku colorato Numeri quadrati Spirale aurea di quadrati Spirale quadratica Quadratino scomparso Quadrato magico scomposizioni da quadrato a: triangolo, pentagono, esagono, ottagono e viceversa Scomposizioni del quadrato: Tangram, Stomachion, Pentamini, Trigon, Memory arte Memory architettura Variazioni di Fukuda Lampada quadrata Filipesi (omaggio a Munari) Cartelloni: Radici e spirali, Alberi di Pitagora, Quadrati e frattali, Polimini 12

12 carta qualunque ed osservano tutte le sue proprietà; d ora in poi, per ogni attività si discute sul come trasformarla in un exhibit, quali materiali usare, quale titolo possibile. Dopo le prime attività molto semplici, operative e ludiche si aumenta il grado di complessità. Si introducono i numeri quadrati, il teorema di Pitagora (collegandolo agli alberi e ai frattali), le spirali auree di quadrati (legate ai numeri di Fibonacci e alla sezione aurea), le radici quadrate e i numeri irrazionali. Si affrontano le simmetrie e, con l aiuto degli specchi, si ricostruiscono quadrati e pavimentazioni. Si cercano opere d arte che abbiano come tema principale il quadrato e strutture architettoniche a base quadrata con le quali realizzare due memory. Non mancano alcune scomposizioni classiche del quadrato quali lo Stomachion o i Pentamini e alcune del quadrato in altri poligono regolari. Ad ogni incontro - dopo lo svolgimento dell attività e dopo le riflessioni comuni - si distribuiscono schede che aiutino a fissare le nozioni teoriche della lezione del giorno. Ogni studente realizza tutti i lavori proposti in cartoncino e poi li sistema in ordine cronologico nel quaderno di progetto, allegando un breve Diario di bordo compilato al termine di ogni lezione. Dopo aver lavorato in classe con carta e forbici, si passa in laboratorio. Qui si realizzano gli exhibit relativi alle attività svolte in classe; in questa fase i ragazzi - dopo essersi suddivisi i compiti per lavorare in gruppi eterogenei - sono coinvolti sia nella scelta del materiale da utilizzare sia in quella dei colori. Sono consapevoli di dover fare un bel lavoro, (anche l estetica ha un ruolo importante) e quindi discutono e si impegnano con serietà dando ciascuno il proprio contributo. Per la scelta dei materiali, sono fondamentali alcune prove perché si deve testare la capacità dei ragazzi e la resistenza del materiale alla manipolazione di un vasto pubblico. Per i disegni utilizziamo il software Cabri geomètre. La scelta ricade sul legno e su un particolare tipo di plastica che si taglia facilmente con il taglierino. In laboratorio le competenze richieste ai ragazzi sono state: precisione, l attenzione e collaborazione. Ad alcuni sono richieste anche competenze progettuali per la realizzazione di una scultura ispirata a Filipesi di Bruno Munari. Due gruppi di alunni disegnano prima su carta il progetto, poi realizzano due prototipi con asticelle di plastica e spago. Dopo attente valutazioni se ne sceglie uno che viene realizzato con tubi di alluminio e cordoncino rosso. Le ultime lezioni vengono dedicate alla cura dell esposizione orale e a prove di interazione col pubblico. Infine, arriva il giorno che li vede protagonisti per tre giorni nel corso della manifestazione di Scienza under 18. Anche in questa situazione, osserviamo la serietà degli studenti, ma soprattutto quella sana tensione che dà un input positivo al raggiungimento ottimale degli obiettivi prefissi. L ultima tappa ha visto impegnati i ragazzi alla Giornata Aperta della scuola. Per questa occasione è stato realizzata una presentazione con PowerPoint che ha aiutato gli studenti ad illustrare ai propri genitori il percorso matematico compiuto. Alla fine del progetto chiediamo ai ragazzi di ricostruire le tappe del percorso, le loro riflessioni, le emozioni provate e le difficoltà incontrate, mettendo in evidenza sia gli aspetti positivi che negativi. Il successo dell esperienza nelle parole dei ragazzi GIULIA: Il lavoro in classe è stato molto interessante, ma mi ha coinvolto di più la fase di realizzazione degli exhibit. La parte teorica è stata coinvolgente perché, per farci capire, oltre a spiegare le prof. ci facevano realizzare le cose appena spiegate e questo mi aiutava a capire meglio. La parte più emozionante è stata l esposizione all Acquario, è stato bellissimo spiegare agli altri le cose che sapevo sicuramente questo è un modo coinvolgente per imparare la matematica. FRANCESCO: Non credevo che il lavoro svolto in classe potesse darmi così tante soddisfazioni. All Acquario i visitatori erano entusiasti dei nostri exhibit, si mostravano interessati e ponevano tante domande. SARA: Il lavoro svolto in classe è stato bello e interessante perché ha coinvolto tutta la classe nel trovare soluzioni, idee e anche nella realizzazione di tutte le dimostrazioni. All Acquario quando finivamo di spiegare gli adulti avevano le facce un po stupite e i bambini ancora di più perché per loro era sia divertimento sia apprendimento di cose non conosciute. Alla manifestazione ero un po preoccupata: spiegare ad un pubblico di adulti e bambini mi terrorizzava, ma arrivati all Acquario mi sono rilassata perché ho visto che se fossi stata in difficoltà i miei amici mi avrebbero aiutata. ANDREA: Il risultato del lavoro è stato spettacolare! Alla manifestazione, appena arrivato, sono stato messo subito alla prova da dei ragazzi di un Liceo che mi hanno chiesto cosa fossero gli alberi di Pitagora. All inizio ero un po scioccato ma poi ho pensato: io lo so e ho iniziato a spiegare. Alla fine i ragazzi mi hanno detto ora sappiamo una cosa in più su Pitagora, ed io ero soddisfatto di aver fatto apprendere qualcosa di nuovo a dei ragazzi più grandi di me. SILVIA: I ragazzi dei licei erano interessati alla nostra esposizione e chiedevano spiegazioni, i bambini erano entusiasti e volevano provare tutti i giochi: questo mi faceva sentire importante ed ero felice di essere parte del divertimento e dell apprendimento di alcune persone. I commenti mi facevano riflettere e mi rendevo conto di come un buon lavoro può essere premiato. MARTINA: Non mi ricordo esattamente cosa ho provato durante la manifestazione, perché è come se il tempo fosse volato, bloccando le emozioni dentro di me. La cosa che ricordo, perché prevaleva, era l agitazione. All inizio non riuscivo a parlare, ma vedendo che nessuno mi giudicava mi sono rilassata ed è arrivata la voglia: voglia di spiegare, voglia di mettersi in gioco, voglia di far capire, voglia di giocare e far giocare, voglia di restare li, voglia di non stancarsi, voglia di ricevere complimenti, voglia di raccontare. MARIKA: Abbiamo lavorato in gruppo, dandoci dei compiti. È stato bello perché collaboravamo e ci aiutavamo. Un insegnate alla manifestazione ci ha detto è un piacere ascoltarvi, siete bravissimi e avete fatto un ottimo lavoro. Io in quel momento sentivo una forte emozione. DAVIDE: Mi è piaciuto molto questo progetto. In alcune situazioni ero fiero di me, perché sentivo di avere delle responsabilità e le ho gestite bene, mi sono sentito adulto. Consiglio a tutte le seconde medie di fare un esperienza del genere. 13

13 Scheda di lavoro SPIRALE QUADRATICA La costruzione di questa figura parte da un primo triangolo rettangolo isoscele di cateti unitari. I successivi triangoli rettangoli hanno invece un cateto unitario e l altro coincidente con l ipotenusa del triangolo rettangolo precedente; in questo modo si viene a formare una linea spezzata, che ricorda una spirale, caratterizzata da raggi la cui lunghezza rappresenta la radice quadrata della successione dei numeri naturali, numeri irrazionali (se non quadrati perfetti). Si tratta di un applicazione del teorema di Pitagora: ipotenusa 1 triangolo: ; ipotenusa 2 triangolo: ; ipotenusa 3 triangolo ; e così via. L ampiezza degli angoli formati dai raggi e dalla tangente alla spirale è sempre costante? I triangoli sono simili tra loro? Si tratta di una spirale equiangolare? Confronta questa spirale con la spirale aurea: quali sono le differenze? Il contorno, essendo formato da segmenti, è una spirale spezzata ma non equiangolare: infatti i suoi lati sono tutti uguali tra loro e uguali a 1 (e non proporzionali). Anche l ampiezza degli angoli interni non è costante. Riproduci il disegno utilizzando Cabri geomètre 14

14 dossier LA SCUOLA INCONTRA GLI SCRITTORI MIGRANTI Percorsi didattici, linguaggi e confronti Sono passati venti anni circa dalla pubblicazione delle prime opere letterarie in lingua italiana scritte da autori migranti. Dopo Francia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, anche in Italia si è cominciato a parlare di letteratura della migrazione, di scrittori migranti, di narrativa nascente, etichette diverse che si riferiscono tutte allo stesso fenomeno. Nel nostro paese, queste nuove scritture non hanno ricevuto subito l attenzione che avrebbero meritato, né da parte della grande editoria e dei mass media, né da parte dell università, fatta eccezione per il comparatista Armando Gnisci che ha iniziato ad interessarsene fin dal loro primo manifestarsi. Nel 1998 ha pubblicato La letteratura italiana della migrazione tracciandone un primo profilo, ha creato la Banca dati BASILI e fondato la rivista on line Kuma. Grazie anche ai lavori di Gnisci, Strumenti ha cercato di raccontare il fenomeno con articoli, recensioni, Dossier, approfondimenti didattici. Questa letteratura - che offre spunti interessanti per capire le trasformazioni sociali del paese e per approfondire temi attualmente in discussione nella critica letteraria, che favorisce la creazione di un dialogo fra le varie parti sociali coinvolte in un futuro sempre più multietnico - è rimasta invece ai margini del dibattito culturale nazionale. Nel corso degli anni, la situazione è comunque andata lentamente modificandosi e l interesse per questa letteratura ha cominciato a toccare anche le grandi case editrici, le biblioteche, la scuola. Si ha notizia di alcune scuole o di insegnanti che invitano scrittori migranti in classe, di biblioteche che organizzano cicli di serate con scrittori migranti, di performance teatrali, ma non è facile capire - sopratutto per quanto riguarda la scuola - quanto sia diffusa questa pratica, come vengano impostati questi incontri, in che modo i testi di questi autori (poesie, racconti, romanzi) entrino nella pratica didattica, in che modo concorrano a promuovere una didattica interculturale. Questo Dossier ha come scopo quello di presentare esperienze didattiche fatte o possibili e si propone di avviare un dialogo diretto con altri insegnanti che, riconoscendo l importanza di questa letteratura non solo da un punto di vista interculturale ma anche da un punto di vista didattico, ci possono scrivere e inviare le loro esperienze che saranno pubblicate nella rubrica Proposte educative. A cura di Anna Di Sapio e Gianluca Bocchinfuso 15

15 dossier Non esistono strade tracciate: la via si fa andando Anna Di Sapio e Gianluca Bocchinfuso Caminante, son tus huellas el camino y nada más; Caminante, no hay camino, se hace camino al andar Antonio Machado 16 Questi versi di Machado risultano quanto mai adatti a introdurre un discorso sullo stato della letteratura della migrazione nel nostro paese. Nell arco di un ventennio, questo fenomeno letterario sta tracciando una strada, assumendo proporzioni sempre più rilevanti. Il mondo culturale e mediatico italiano l ha ignorato o si è interessato ad esso in modo sporadico, lasciandolo confinato a fenomeno di nicchia, lasciando che fossero le piccole case editrici e le associazioni di volontariato ad occuparcene. L ha considerato un caso antropologico, ignorandone le potenzialità più strettamente letterarie. I critici l hanno trattato come una novità esotica scriveva Yousef Wakkas nel 2001 sulla rivista Kuma 1 - che desta semplicemente fascino, il fascino e la curiosità di un locale etnico. Eppure, lentamente, la situazione è andata evolvendosi. Nel corso degli ultimi due Seminari, il fondatore e animatore della rivista on line Sagarana 2, Julio Monteiro Martins, notava con soddisfazione i progressi riguardanti la percezione generale di questa produzione letteraria. Ricordava, ad esempio, che all Esame di stato del 2006 erano stati scelti un brano della scrittrice Christiana de Caldas Brito e uno dello stesso Monteiro: due brani complementari che parlano di migrazione soprattutto da un punto di vista psicologico ed esistenziale. Inoltre, sottolineava la buona accoglienza fatta all antologia curata da Mia Lecomte Ai confini del verso. Poesia della migrazione in italiano (Le lettere, Firenze 2006) 3, puntualizzando come molte case editrici medie e grandi cominciano ad avvicinarsi a questa letteratura. Sempre più spesso, faceva notare ancora Monteiro, scrittori migranti italiani vengono chiamati a parlare, in rappresentanza dell Italia, a convegni e seminari organizzati all estero: Kossi Komla Ebri ha partecipato nel 2003 a Washington al Convegno dell AAIS (American Association of Italian Studies); nel 2004 a quello della Österreichische Gesellshaft für Literatur a Vienne; nel 2005 a Time of the Writer a Durban; nel 2007 Monteiro è invitato Francoforte al primo incontro europeo degli scrittori migranti, organizzato dall Istituto Italiano di Cultura. In tutta l Europa - sottolinea Monteiro si assiste all affermarsi di questa letteratura che non è più una letteratura post-coloniale perché non è stata scritta da scrittori provenienti dalle aree francofone o anglofone delle ex colonie, ma da scrittori provenienti da paesi che non hanno rapporti coloniali, come i turchi in Germania o gli argentini in Italia. La letteratura della migrazione in Europa sostiene ancora Monteiro è la prima letteratura che emerge dall Europa unita ed è un fenomeno di grande originalità 4. Alcune riviste e periodici importanti hanno aperto spazi a questi autori: ad esempio, Internazionale - rivista settimanale che riproduce in italiano quanto di meglio viene pubblicato dalla stampa mondiale - ha avviato una rubrica Italieni, (L Italia vista dai nuovi italiani), che nell ultimo numero di giugno 2008 ospita scritti di Cleophas Adrien Dioma, Chang Yafang e Mihai Mircea Butcovan. Nonostante queste novità, l impressione è che il grande pubblico continui ad ignorare le opere di questi scrittori e l attenzione delle grandi case editrici potrebbe nascondere un rischio oltre che offrire un opportunità. La politica editoriale dei grandi gruppi è legata alla commercializzazione, per questo cercano di vendere un immagine più stereotipata ed esotica degli autori, che finisce per rinforzare gli stereotipi. Il parere di Monteiro è che in Italia ci sia un urgente bisogno di correggere le distorsioni del mercato culturale inquinato da prodotti simili ma diversi dalla vera letteratura. Insomma l impressione è che il sistema tenda a mantenere separata questa produzione da quella ufficiale, non facendo rientrare questi autori nel mainstream, mentre da parte loro questi scrittori che scrivono in lingua italiana su fatti e personaggi italiani, storie ambientate in Italia chiedono che le loro opere vengano rispettate e valorizzate, indipendentemente dal fatto che gli autori siano nati qui o altrove. Questi autori hanno ormai superato la fase autobiografica e trattano tematiche che vanno oltre la 1 Kuma n. 2 in uniroma1.it/kuma/kuma2.html 2 Dossier Letteratura della migrazione italiana on line in Strumenti n. 42/ 2006, pp L antologia poetica è stata poi tradotta in inglese e pubblicata negli Usa col titolo A New Map: The Poetry of Migrant Writer in Italy 4 Settimo Seminario Scrittori Migranti, in sul fenomeno della letteratura della migrazione in Europa v. Strumenti n.44 Dossier Europa/Europe

16 dossier questione della migrazione dunque sarebbe importante che anche da parte di critici, giornalisti, accademici ci fosse, verso questo fenomeno culturale, una maggiore apertura per cogliere questo universo letterario ricco e variegato. Di questo sembrano accorgersi più gli studiosi delle università estere. All università di Nantes nel 2005 è stato organizzato un convegno internazionale dal titolo L italiano lingua di migrazione: verso l affermazione di una cultura transnazionale agli inizi del XXI secolo i cui atti sono stati curati da Anna Frabetti, italiana, che insegna nella stessa università. Il convegno riguardava non solo la letteratura della migrazione in Italia, ma anche la letteratura della migrazione italiana verso altri paesi (il Quebec in particolare) e la diffusione dell italiano in diversi luoghi, dall Europa all Africa. Nel corso del convegno sono state analizzate le opere di Tahar Lamri, Yousef Wakkas, Gëzim Hajdari, Carmine Abate, Jadelin Mabiala Gangbo, Mohsen Melliti, Jarmila Ockayovà, Cristina Ali Farah, ma si è anche sottolineato il fatto che le coste italiane, che gli emigranti si lasciavano alle spalle, oggi sono diventate il punto di arrivo di immigrati, e l italiano, portato in giro per il mondo nelle valigie di cartone, mescolato con lingue diverse e trasformato in nuovi impasti espressivi, sta diventando il terreno comune per individui dagli immaginari, dalle tradizioni linguistiche, dalle culture più svariate. In questo modo la letteratura italiana oggi si arricchisce di colori e suoni diversi. Al di là delle difficoltà, la letteratura della migrazione è una letteratura in crescita e in perenne trasformazione, a giudicare dai dati di BASILI, la Banca Dati sugli Scrittori Migranti in Italia, che ne registra i dati di base. 5 BASILI ha favorito la conoscenza di questa letteratura fuori e dentro l Università, in collaborazione anche con altre istituzioni culturali. Se si osservano i dati riguardanti le tesi di laurea sulla letteratura italiana della migrazione, ci si accorge che sono ancora poche, sedici in tutto e di queste dieci sono state realizzate nell ambito della cattedra di Letteratura comparata della Sapienza di Roma, la cattedra cioè di Armando Gnisci. 6 Probabilmente l esiguità di questi dati dipende anche dalla difficoltà di reperire gli stessi, probabilmente il numero reale è superiore, in ogni caso ci sembra che comunque questo dato riveli un ritardo da parte degli accademici rispetto alla novità di questa letteratura. La Grande Migrazione della quale facciamo parte tutti in modo più o meno consapevole, in vent anni, ha prodotto in Italia racconti, romanzi, poesia, opere teatrali e musicali, saggi storici, filosofici e politici 7. Infatti oltre alla scrittura ci sono le arti visive, la musica, la danza, il teatro, il cinema: in Italia ci sono migranti da tempo inseriti nell ambiente artistico italiano, che contribuiscono a pieno titolo alla sua evoluzione. Riconoscere l attività creativa di questi artisti (e dovrebbero farlo soprattutto i responsabili delle attività di promozione e produzione), che hanno un occhio che vede più lontano, permette a noi di immaginare nuove possibilità di vivere insieme. Significativo il racconto che fa la danzatrice Rosa Tapia, di origine ecuadoregna, in questo Dossier. Le opere di questi scrittori e artisti, sfidano i nostri paradigmi mentali, i modi consueti di leggere e rappresentare il mondo, sfidano il canone letterario occidentale. Una formazione letteraria e culturale che ignorasse la complessità della modernità rischierebbe di restare provinciale. È necessario ripensare la formazione con i suoi canoni letterari ed estetici e rendere la cultura e la letteratura nazionali meno narcisistiche. D altronde è tipico delle epoche caratterizzate da grandi cambiamenti, da crisi e disorientamento, interrogarsi sul canone. Le opere degli scrittori migranti possono divenire strumenti importanti per realizzare una poetica della relazione, un nesso tra pari, senza centri né periferie, senza squilibri di potere. 8 In tutto questo discorso, la scuola è ancora ai margini. Escludendo alcune punte di eccellenza costituite da progetti che vedono coinvolte più classi o più scuole oppure casi singoli, legati al diretto interesse degli insegnanti che conoscono gli autori, li invitano a scuola, leggono i testi con gli studenti, li inseriscono in percorsi interculturali, non esiste nel concreto un chiaro panorama sulla conoscenza e l utilizzo didattico di scrittori migranti che, ormai, nel nostro paese provengono da tutti i continenti. In questa fase di progressivo aumento del numero di studenti immigrati nelle nostre classi, molti dei contenuti e delle tematiche presenti in questi libri possono risultare utili (se non indispensabili) per diverse attività progettate e programmate nella scuola. Infatti, si tratta di testi che si situano ai margini dei canoni tradizionali, associati all idea di cultura nazionale. [...] eppure, proprio per la sua posizione marginale, il racconto della migrazione ha la possibilità di suggerire modelli alternativi, di introdurre elementi di innovazione, sfidando e nel contempo espandendo i limiti imposti dal canone 9. Anche per questo, Strumenti ha avviato - e vuole continuare con questo ulteriore Dossier - non solo un opera di divulgazione e di conoscenza, ma anche di confronto su esperienze didattiche fatte o possibili, proprio con l intento di iniziare un discorso di ricerca-azione che possa avere - come fine ultimo - una ricaduta sui curricoli di scuola media inferiore e superiore, non solo nell area linguistica. 5 BASILI nasce nel 1997, nel Dipartimento di Italianistica dell Università di Roma La Sapienza per volontà di Armando Gnisci 6 Le altre università sono Venezia (4), Milano(1), Bologna (1) 7 A. Gnisci, Scrivere nella migrazione tra due secoli, in A. Gnisci (a cura di), Nuovo planetario italiano, Città aperta edizioni, Troina 2006, pp ; La Grande Migrazione è il titolo di un pamphlet di Hans Magnus Enzenberger edito da Einaudi nel Silvia Camilotti, La letteratura della migrazione nell ottica dei processi di decolonizzazione, in all/simp/num3/articoli/art3.html 9 Jennifer Burns, Loredana Polezzi, Migrazioni, tra confini e sconfinamenti, in J. Burns, L. Polezzi (a cura di), Borderlines. Migrazioni e identità nel Novecento, Cosmo Iannone Editore, Isernia 2003, pag

17 dossier Credere che hanno molto da insegnare... Alberto Conci* Da qualche anno, nelle scuole superiori di Trento si è avviato un percorso di lettura che è culminato in un appuntamento (Dieci libri per dieci scuole) che a partire dal 2004 ha accompagnato le manifestazioni del World Social Agenda. L idea, per la verità, era nata nel 2003 quando, in occasione della Giornata della Memoria, Vincenzo Passerini, allora presidente del Forum Trentino per la Pace, aveva proposto di chiedere ad un gruppo di studenti di presentare alla cittadinanza alcuni dei più famosi testi sulla Shoah. Una presentazione impegnativa, che non sapevamo come sarebbe andata: non era facile raccontare quei libri così carichi di dolore, facendo comprendere l importanza che essi rivestivano per la ricostruzione della memoria collettiva. I risultati, tuttavia, ci stupirono: mettere i ragazzi in cattedra, affidando loro la responsabilità di scegliere cosa dire e quali pagine far risuonare nella presentazioni, significava entrare con chiavi di lettura diverse nei testi, cogliendone aspetti spesso nascosti, che solo la loro sensibilità e i loro occhi avevano saputo vedere. * Insegnante di scuola superiore, docente di etica nei corsi per operatori sanitari 18 Le tappe di un cammino L interesse suscitato dall iniziativa spinse un piccolo gruppo di insegnanti a scommettere ancora sull esperienza, rilanciando un modello di approccio alla lettura e alla comunicazione della lettura che si era mostrato fecondo e ricco di potenzialità: proporre alle scuole superiori di affrontare grandi temi attraverso lo sguardo di scrittori di tutto il mondo, riletti e narrati dai ragazzi. Così nella primavera del 2004 è stata la volta dell Africa, all interno delle manifestazioni organizzate a Trento dal World Social Agenda, che hanno visto la collaborazione di tutte le associazioni della provincia impegnate in progetti di sviluppo e volontariato nel continente africano. L illustrazione dei libri è avvenuta questa volta dopo la rappresentazione di un intensissimo spettacolo teatrale sulla tragedia del Rwanda messo in scena da 35 ragazzi del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Trento, alla presenza di una testimone d eccezione, la rwandese Marie Louise Mukobwa. Salita sul palco, Marie Louise, visibilmente emozionata, raccontò per la prima volta dopo dieci anni la morte della sorella, uccisa da un compagno di università in Rwanda, nella primavera del L anno successivo, all interno delle stesse manifestazioni del WSA, è stata la volta dei libri sull America Latina, che i ragazzi hanno presentato prima di ascoltare la testimonianza di Rodrigo Rivas, giovanissimo parlamentare del governo di Allende al tempo del golpe di Pinochet in Cile. Rivas ha commentato il lavoro dei ragazzi e li ha profondamente impressionati con il racconto della sua vicenda personale: era poco più vecchio dei suoi giovani ascoltatori quando, in uno dei periodi più drammatici della storia latinoamericana, condannato a morte ha dovuto lasciare il proprio Paese. Nel 2006 gli studenti hanno affrontato la lettura di libri sull Asia, in linea con le manifestazioni del WSA dedicate proprio al complesso continente asiatico. Anche questa volta, al termine della presentazione dei libri, gli studenti hanno ascoltato le parole di una testimone d eccezione, l indiana Kezevino Aram, pediatra e direttrice dello Shanti Ashram dal gennaio 2001, convinta gandhiana, membro del Comitato Esecutivo della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace e consigliera del Dalai Lama. E nel 2007 è stata la volta dell Europa e dei suoi conflitti, in particolare quelli vissuti nella Ex Jugoslavia. E sono stati soprattutto i testi che narrano la dolorosa vicenda balcanica a coinvolgere in quell occasione gli studenti. Anche questa volta la presentazione dei libri è avvenuta di fronte a due ospiti particolarmente significative per la storia e la letteratura mondiale: la moglie e la figlia del grande reporter polacco Ryszard Kapuscinski, scomparso qualche mese prima, che hanno dialogato sul palco con Lucia Dallafior, Veronica Pedri e Sara Osti, tre ragazze di un liceo che qualche mese prima con un piccolo gruppo di amici avevano intervistato lo stesso Kapuscinski dopo aver letto tutti i suoi libri in italiano. Un esperienza ancora una volta molto intensa, dalla quale e uscito un piccolo libro (R. Kapuscinski, Ho dato voce ai poveri, Il Margine, Trento 2007) che è stato considerato il testamento del giornalista polacco affidato ai giovani, e che i ragazzi stessi hanno poi presentato, assieme ad Ettore Mo, anche alla Fiera del libro di Torino del Rovesciare le prospettive A margine di questa piccola esperienza si possono fare almeno quattro riflessioni. La prima in merito al rovesciamento di prospettiva che l ha fin dall inizio ispirata. La scelta di mettere i ragazzi in cattedra, di farli leggere senza troppi filtri e soprattutto di farli raccontare, vuole essere un capovolgimento reale del metodo tradizionale di approccio al libro nella scuola. È un metodo che abbiamo usato spesso anche nelle presentazioni ufficiali dei libri, in quelle che di solito si affidano ai grandi del pensiero o ai professori dell università È accaduto a Trento, alla presenza degli autori, con il libro di Daniele Scaglione, Istruzioni per un genocidio, Gruppo Abele; con quello

18 dossier di Elisa Springer Il silenzio dei vivi, Marsilio; con il testo di Francesco Comina e Marcelo Barros Il sapore della libertà, La Meridiana; con la presentazione del libro di Francesco Comina, Il monaco che amava il jazz, Il Margine; con quello di Marcello Farina, A rinascere si impara, Il Margine. O ancora con la presentazione del libro di Hanna Kugler Weiss, Racconta!, Giuntina, dove i ragazzi hanno dialogato con l autrice di fronte a ottocento studenti; e infine, per chiudere questo elenco incompleto, con l ormai tradizionale presentazione del rapporto annuale dell UNICEF, affidata da anni unicamente agli studenti dei Licei. Un attenzione particolare è stata riservata, in questi percorsi, allo sguardo dai tanti Sud del mondo (con la scelta di testi di letteratura, storia, filosofia elaborati in questi contesti) e alla letteratura migrante. Ultima in ordine di tempo la presentazione del testo di Alidad Shiri, Via dalla pazza guerra (Il Margine). I ragazzi, dopo aver letto il libro, hanno intessuto un lungo dialogo con l autore, oggi diciassettenne, sulla situazione dell Afghanistan in guerra dal quale è fuggito. Un testo nato grazie alla passione di Gina Abbate, un insegnante di Merano che ha spinto il giovane Alidad, giunto in Italia con un viaggio di migliaia di chilometri legato all assale di un autotreno, a raccontare fin da subito una vicenda che mette in luce l assurdità della violenza e della guerra Tutto questo nella convinzione che lo sguardo dei giovani può essere particolarmente prezioso e provocatorio anche per il mondo degli adulti. Di più, il rovesciamento di prospettiva parte dal presupposto che i ragazzi non solo possono, ma devono essere messi nelle condizioni di produrre, anche pubblicamente, le proprie riflessioni, che sono spesso, fra l altro, di alto livello. C iò non significa che debbano essere lasciati soli nella fase preparatoria. Ma che la preparazione si può fare cominciando ad ascoltare i ragazzi. Per chi lo fa con costanza è un esperienza straordinaria: si tratta di limitarsi a presentare il testo in pochi minuti, spiegando solo perché vale la pena di leggerlo, e poi di ritrovarsi qualche giorno dopo e di farsi raccontare quello che ha colpito e quello che è veramente importante per i ragazzi. Unica funzione dell adulto: aiutare a mettere meglio a fuoco quello che loro mettono in luce e spiegare quello che non è chiaro. Gli effetti di questo procedimento, sono frequentemente inaspettati. Quando dopo la lettura del libro di Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là, i ragazzi lo hanno intervistato (all interno di un progetto che condurrà nei prossimi mesi alla pubblicazione di un libro di dialoghi con i familiari delle vittime del terrorismo, sempre per la casa editrice Il Margine), Calabresi è rimasto stupito perché in nessuna delle 150 interviste precedenti erano stati messi a fuoco alcuni dei problemi posti dai ragazzi. Questo è il punto chiave: essere convinti davvero (non per gentile concessione ) che i ragazzi possono produrre riflessioni che sono realmente di alto livello, se solo si trovano nelle condizioni per farlo. E agli educatori, appunto, resta il compito fondamentale di creare le condizioni, non di sostituirsi loro nell elaborazione del pensiero. La seconda riflessione è di carattere più pedagogico. In una situazione nella quale gli adolescenti si percepiscono unicamente come oggetti della riflessione culturale e politica, o come vasi da riempire con un sapere che a loro spetta solo di assorbire passivamente, questa piccola esperienza ha offerto ai ragazzi l occasione per diventare soggetti attivi della conoscenza e della vita sociale e culturale della città. La cosa può sembrare banale, ma chi da insegnante o da educatore ha vissuto con loro il lavoro di questi anni, e magari li ha visti crescere in classe e nella vita, è rimasto colpito dall interiorizzazione di questa esperienza. Oggi, dopo un cammino di alcuni anni, per coloro che lo hanno vissuto fin dall inizio salta agli occhi la fiducia acquistata da molti ragazzi che considerano ormai assolutamente normale farsi carico di una presentazione pubblica di un testo, di una storia, di un autore, offrendo chiavi di lettura di assoluto rilievo e molto spesso veramente originali. La terza riflessione riguarda i contenuti. Nella scelta dei testi questa, per ora, l unica attività lasciata agli adulti (ma si sta lavorando anche sull ipotesi di una selezione fatta dai ragazzi ) si è voluto sempre rispettare una visione polifonica della realtà analizzata: non solo proponendo punti di vista diversi, ma anche diverse chiavi di lettura e diversi approcci disciplinari (accanto ai racconti e alle analisi di carattere sociale o politico, non è mai mancato, ad esempio, un libro che proponga una singolare prospettiva filosofica, da quella ebraica a quella africana ). E tale attenzione è stata posta anche in quegli incontri fuori percorso affidati ai ragazzi. Questa pluralità, cui si aggiunge la diversità degli approcci che deriva dalla diversità delle biografie e degli istituti frequentati dai ragazzi, costituisce alla fine un elemento ulteriore di ricchezza. Chi assiste alla presentazione dei libri, o all incontro con un autore animato dai ragazzi, o a un intervista pubblica affidata unicamente a loro (come quella effettuata dai ragazzi ad Agnese Moro, qualche settimana fa, all interno del percorso sugli anni di piombo), ricava sempre una visione della realtà composta dalle multicolori tessere di un mosaico, ed esce colpito dalla pluralità delle prospettive offerte. Questo aspetto dell esperienza, se rielaborato poi con gli stessi ragazzi, può diventare non solo un invito a tener conto della complessità della realtà, ma anche uno straordinario antidoto contro la tentazione sempre in agguato della semplificazione. L ultima riflessione riguarda la dimensione politica di questo metodo di lavoro. È difficile dire quanto questo sforzo avrà una ricaduta più ampia, che si potrebbe appunto definire politica. Se cioè farà crescere nei ragazzi la consapevolezza di poter e di dover essere protagonisti nella realtà che li circonda, cercando di affrontare e capire, e non di demonizzare!, la complessità del mondo nel quale viviamo. Ma è certo che fino ad oggi chi ha accompagnato e ascoltato questi ragazzi, apprezzandone la presentazione limpida e fresca di pagine importanti della nostra storia lontana e di quella recente, ne è uscito più ricco. E con l impressione che questo, per molti di loro, è stato un piccolo passo nella direzione di quell assunzione di responsabilità che caratterizza una persona compiuta e un cittadino responsabile. 19

19 dossier La letteratura della migrazione al centro di un viaggio a più dimensioni nel continente africano Elda Caserta* Non ci si può conoscere se non ci si specchia negli occhi degli altri Platone Il percorso Il percorso si è svolto nell ora settimanale di compresenza lettere-francese, per tutto l anno scolastico , in una classe terza, nell IC Paolo Sarpi di Settimo Milanese, con l obiettivo di approfondire dal punto di vista storico, geografico e socioculturale alcuni Paesi francofoni extraeuropei. Insieme all insegnante di francese abbiamo circoscritto l area francofona all Africa. E così è iniziato un viaggio a più dimensioni Prima di tutto il lavoro ha approfondito da un punto di vista storico e geografico l area scelta, con l individuazione dei Paesi francofoni e una riflessione sulle motivazioni della colonizzazione; quindi gli studenti sono stati invitati a riflettere sulle contaminazioni che l incontro tra due culture genera, sull influenza dei processi linguistici nel rinforzo o nella perdita dell identità personale e di popolo. La fase centrale del percorso si è incentrata sulla letteratura della migrazione, a cui ho ricollegato anche la lettura del libro di narrativa: La memoria di A. di Saidou Moussa Ba e Alessandro Micheletti. L esplorazione ha poi riguardato altri campi, quello della musica, con l ascolto di brani africani e quello artistico, con riferimento alla nascita del Cubismo, dovuta proprio all incontro * docente di lettere, IC P. Sarpi, Settimo Milanese. 20 tra Picasso e l arte africana. L ultima fase del percorso ha approfondito il fenomeno della decolonizzazione e i problemi lasciati aperti. Infine, sono state presentate diverse modalità di intervento per affrontare la situazione degli squilibri tra il Nord e il Sud del mondo. La classe La ricerca di una testimonianza concreta e significativa del fatto che l incontro con l altro possa trasformarsi in occasione per un arricchimento reciproco è stata ispirata dalla conoscenza della mia terza. Il gruppo, formato da 22 alunni, mi ha subito colpito per una chiusura e paura nei confronti dell altro e, in particolare, dell immigrato. Quello che mi ha particolarmente impressionata è stato avvertire un comune sentire, in questo senso, che fortunatamente nel corso dell anno si è disgregato, grazie a un continuo coinvolgimento, a volte anche provocatorio, che lentamente ha consentito a ciascuno di differenziare meglio il proprio punto di vista da quello degli altri. Alla fine del percorso (che è stato parte coerente di una programmazione di materia tutta improntata all apertura e al confronto), alcuni ostentavano ancora le proprie posizioni immutate, ma molti si sono ritrovati cambiati e questo grazie soprattutto all esperienza emotivamente coinvolgente che ha chiuso il lavoro, cioè l incontro con Saidou Moussa Ba. La letteratura della migrazione La letteratura della migrazione, ha assunto la funzione di asse portante, grazie alla duplice valenza che ha rivestito. Da una parte infatti ha incarnato il tema centrale di tutto il percorso, cioè l idea di cultura come conta-

20 dossier minazione, un idea che mi premeva dare ai ragazzi. Dall altra, ha fornito l occasione per dimostrare come l Africa non rappresenti soltanto un emergenza, ma anche una risorsa. L obiettivo alto di questa esperienza didattica, infatti, è stato di incoraggiare una logica di interazione con l altro, piuttosto che di integrazione, come sfida da accettare per affrontare le trasformazioni della nostra società senza paura. Prima di tutto ho spiegato ai ragazzi che cosa si intende con questo tipo di letteratura e ho circoscritto i termini temporali e spaziali della questione. Il collegamento con l Africa francofona è stato semplice e naturale, poiché questo continente sta assumendo un ruolo importante nella mappa della letteratura della migrazione. E il racconto dell Africa si sta arricchendo dello sguardo interno e interiore di scrittori africani. Quello che mi sembrava importante comunicare è la volontà delle voci migranti di incontrare l altro e di dare inizio a un nuovo gioco dei ruoli, dove il migrante non è più soltanto guardato, ma guarda, ci guarda, si avvicina e offre pezzi di sè e del proprio Paese. Come è risultato molto evidente dal libro di narrativa, uno dei primi testi che tentano di trasformare i migranti da portatori di bisogni a portatori di risorse creative. La letteratura della migrazione è così diventata occasione per pensare, in modo nuovo, che anche noi possiamo ricevere qualcosa da chi ospitiamo. E poiché riceviamo forti sensazioni, come: nostalgia, memoria, immaginazione, desiderio di tornare a casa e paura di farlo, solitudine che ripara nella parola, ho fatto analizzare alla classe prima di tutto, individualmente, dei testi poetici. Al principio ho letto personalmente dei testi e ho invitato la classe ad ascoltare a occhi chiusi, per poi disegnare le suggestioni provate. Poi i ragazzi hanno letto altri testi e hanno elaborato una scheda di lettura, di cui si riporta nel box un esempio svolto da un alunna. L attenzione è stata focalizzata sulle sensazioni e sul pensiero critico. Le poesie riportavano esperienze molto intense, come il ricordo del proprio Paese e della propria famiglia, la speranza e poi l impatto con una realtà (quella del Paese accogliente, in questo caso l Italia) che prima di partire era stata sognata in modo diverso, la sofferenza, l umiliazione, ma anche uno sguardo critico, disilluso, impietoso sulle contraddizioni del nostro Paese oppure la forza dei propri sogni. Successivamente, in gruppo, i ragaz- zi hanno letto dei racconti, quindi sono stati invitati a entrare nelle situazioni narrate e a immedesimarsi nei personaggi, diversi per origine geografica, cultura, colore della pelle, ma ritrovati simili a sé nei sentimenti e nelle scelte di vita. Le storie erano ambientate tutte nei Paesi africani, centrale e comune era il tema del viaggio (non necessariamente verso il nostro Paese), la vita dei protagonisti veniva colta in momenti cruciali, spesso il finale della storia ribaltava il senso che sembrava avere al principio o nel suo svolgimento. L intensità della materia narrata ha stimolato delle interessanti discussioni all interno dei gruppi di lavoro, per cui la differenza tra il noi e loro è sfumata spesso in quella tra noi e noi. E il gioco dei punti di vista ha sconfessato differenze tra gli uomini se non quelle di cuore e ragione. I gruppi hanno riscritto i racconti dal loro punto di vista, assumendo i ruoli dei protagonisti e spesso si sono ritrovati a compiere le medesime scelte dell autore, l altro, il diverso, l immigrato, diventato uno del gruppo. Credo sia stata questa un esperienza significativa e coinvolgente. Il momento più intenso dell incontro con l altro proposto da questa esperienza didattica è stato sicuramente l invito a scuola di Saidou Moussa Ba. Scrittore e mediatore culturale, che partecipa a incontri con studenti e insegnanti di tutti gli ordini di scuola, ha saputo coinvolgere gli studenti con una carica di vitalità, simpatia, ma allo stesso tempo di serietà e approfondimento, che ha colpito tutti. In un tema proposto in seguito ai ragazzi, infatti, unanime è stato l apprezzamento per la partecipazione al dibattito. Tutti hanno colto la disponibilità di Saidou di cercare un confronto vero e sincero con loro, come raramente avviene nella scuola, tra adulti e ragazzi, in un modo limpido, teso a smontare i pre-giudizi. A partire dai propri. Incisiva è stata anche l esortazione a una riflessione continua, per costruire una propria visione del mondo, libera dai condizionamenti pressanti dei mass media e degli altri. Se ci si avventura nell interessante e affascinante mondo della letteratura dei migranti è fondamentale poter poi incontrare davvero, in carne e ossa, l altro. Il contatto con Moussa Ba è stato semplice e il confronto con un esperienza concreta di vita ha dato un senso e una dimensione di verità incomparabili alle trattazioni teoriche. Conclusioni Giunti al termine della presentazione di questo lavoro, vorrei sottolineare che progettare percorsi che comprendano la letteratura della migrazione è davvero fondamentale in questo momento storico. È uno dei modi per far comprendere ai ragazzi come l Italia si stia trasformando, da Paese che ha visto partire i propri migranti a Paese che accoglie. E aiuta a dimostrare l importanza del punto di vista che si assume per definire la realtà che ci circonda. Il risultato di ogni incontro dipende da noi, tutti. E soltanto noi possiamo contribuire a creare una civiltà basata sull intreccio di diversità e scambi, come è stato per le grandi civiltà del passato (da Roma in poi), condividendo l affermazione del grande storico Le Goff: La ricchezza culturale non deriva dalla purezza, ma dalla mescolanza. Oppure rimanere intrappolati in una civiltà della paura, della chiusura verso l altro e il diverso. Quella in cui i ragazzi, prima ancora di conoscere gli altri, si ritrovano già intrappolati e che, credo, impedisca loro di vivere con l entusiasmo e il coraggio che dovrebbero essere tratti caratterizzanti e imprescindibili delle nuove generazioni. 21

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