ECONMAR Polo Formativo IFTS per lo Sviluppo dell Economia del Mare INDICE

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1 Il Polo del Mare Profili e Fabbisogni Formativi A cura di IRES FVG

2 INDICE 1 Introduzione: Obiettivi della Ricerca L Economia del Comparto del Mare Introduzione: l importanza e l eterogeneità del comparto del mare Il comparto del mare nel Friuli Venezia Giulia La filiera della cantieristica navale e della navalmeccanica La filiera della nautica da diporto La filiera dei porti e della logistica La filiera della pesca, dell itticoltura e del turismo Il personale viaggiante Considerazioni Generali Nota Metodologica Universo di Riferimento e Campione Fabbisogni Formativi Considerazioni Introduttive Analisi Funzionale Organizzazione Aziendale e Previsioni di Assunzione Organizzazione Aziendale e Fabbisogni Formativi La Progettualità delle Imprese La Formazione nel Contesto dell Economia del Mare: Prime Deduzioni Implicazioni della Ricerca per i Percorsi IFTS Note Bibliografiche:...65 A Appendice: Le Interviste Qualitative...66 A.1 AREA Science Park, Servizio Formazione e Sviluppo Risorse Umane...66 A.2 AREA Science Park: Servizio di Trasferimento Tecnologico (Innovaction)...68 A.3 Associazione degli Spedizionieri...70 A.4 Agenzia Marittima Trimar S.r.L A.5 Elettronica Navale...73 A.6 Nuovo Arsenale Cartubi...74 A.7 Officine Meccaniche QUAIAT...76 A.8 Fincantieri: Uff. Formazione e Sviluppo della Corporate...77

3 1 Introduzione: Obiettivi della Ricerca Il comparto del mare del Friuli Venezia Giulia si presenta come un settore di particolare interesse per l'economia del Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un sistema molto articolato in filiere produttive fortemente diversificate sia dal punto di vista territoriale che delle tecnologie produttive che dell'organizzazione di impresa. Basti pensare alla presenza della cantieristica pesante che ha in Fincantieri una delle imprese di maggiore importanza a livello non solo nazionale ma internazionale, della cantieristica da diporto legata invece ad una rete di imprese artigianali, alla presenza di un sistema regionale di porti commerciali molto sviluppato, come pure alla presenza di porti per la nautica da diporto e di tutti i servizi ad essa connessi, ecc. Si può stimare che l'impatto economico del cluster marittimo italiano corrisponda al 2,3% del PIL nazionale e sia caratterizzato da un "moltiplicatore della domanda" pari a 2,15 - per ogni Euro di domanda aggiuntiva diretta al cluster marittimo vengono creati 2,15 Euro di valore aggiunto nel sistema economico nazionale (Censis 2002). Il rapporto Censis (2002) conferma anche l'importanza occupazionale del cluster marittimo, sono circa il le unità di lavoro equivalenti occupate nel cluster, e per ogni unità di lavoro addizionale occupata nel cluster ne viene generata un'altra all'esterno del cluster (tramite l'incremento di acquisti di beni intermedi). Scendendo a livello regionale i dati disponibili sono molto minori e ad un livello di approfondimento molto variabile a seconda dei settori coinvolti: ad es. mentre il settore della cantieristica "pesante", composta da poche imprese di grandi dimensioni, è adeguatamente conosciuto, quello della nautica da diporto e dei servizi infrastrutturali ad essa connessi sono molto meno noti se non in termini di sensazioni generali. Anche sul versante dei fabbisogni occupazionali e formativi delle imprese la conoscenza è parziale ed incompleta, in quanto i dati Excelsior non sono utili per questo livello di dettaglio, mentre i dati provenienti da ricerche sul campo non coprono tutte le filiere che formano l'economia del mare. Se è vero che alcuni settori, come quello della cantieristica, risultano abbastanza conosciuti nei loro aspetti organizzativi e di mercato in conseguenza di varie indagini condotte negli ultimi anni, un quadro conoscitivo completo ed aggiornato dell'economia del mare regionale nel suo insieme appare invece mancante e corrisponde ad una Di fronte a questa prospettiva composta di luci ed ombre, in avvio del triennio di attività del Polo formativo "Econmar" appare quindi importante realizzare una prima indagine che fotografi la situazione del settore dell'economia del mare sul territorio regionale non soltanto nel suo complesso, ma cercando di individuare le diverse filiere che lo compongono, le loro caratteristiche produttive ed organizzative, e soprattutto i fabbisogni formativi ed occupazionali che esprimono priorità di approfondimento per l'azione del polo, al fine di poter rispondere in maniera efficace ai bisogni non di una sola filiera o area territoriale ma del settore nella sua interezza. Al fine di rispondere a tali esigenze conoscitive ci si propone di effettuare un indagine sul campo rivolta ad un campione di imprese rappresentativo delle diverse filiere dell'economia del mare, da analizzare attraverso un questionario strutturato. Gli elementi conoscitivi raccolti saranno particolarmente utili per sottoporre a verifica la programmazione di massima delle attività formative 3

4 realizzata in occasione del varo del Programma triennale di intervento del Polo e per definire con maggiori elementi conoscitivi le attività formative del biennio finale. In particolare ci si propone di realizzare una contestualizzazione del repertorio a livello regionale delle figure professionali definite a livello nazionale e dei relativi standard di competenza. Contemporaneamente ci si propone, sempre nel corso del primo anno, di avviare anche un filone di indagine volto ad individuare i soggetti regionali e non che operano nel campo della ricerca e sviluppo di prodotti e processi produttivi innovativi per quanto riguarda l'economia del mare, al fine di costruire una mappa aggiornata delle competenze possedute e delle attività in atto, quale primo atto del processo di collegamento tra il sistema produttivo, il sistema della ricerca e sviluppo, il sistema della formazione, che rappresenta l'obiettivo finale triennale dell'azione del Polo in questo campo. 4

5 2 L Economia del Comparto del Mare 2.1 Introduzione: l importanza e l eterogeneità del comparto del mare. L accesso al mare è stato, ed è tuttora, un importante fattore si sviluppo: regioni senza sbocchi al mare, storicamente, sono state caratterizzate da tassi di crescita economica tendenzialmente inferiori a quelle dotate di uno sbocco al mare (Easterly, 2002). Questo unico dato empirico dimostra ampiamente l enorme importanza delle attività economiche legate al comparto del mare. La presenza del mare influenza un gran numero di attività economiche, a livello nazionale, la Federazione del Mare (CENSIS 2006) sfruttando la tavola delle interdipendenze settoriali racchiude all interno del cluster marittimo italiano i settori: trasporti marittimi (mercantili e non), attività ausiliarie dei trasporti marittimi, cantieristica, nautica da diporto, pesca, Marina Militare, Capitanerie di porto, Autorità portuali, Registro Navale Italiano (RNI) e Istituto di previdenza marittima. Questa definizione può essere allargata per comprendere le attività accessorie (che riguardano sopratutto la nautica da diporto): il comparto tessile (abbigliamento specializzato, vele e cordame), e quello della chimica per quanto riguarda la produzione di vernici per la nautica e resine e la loro lavorazione. Naturalmente la lista dei settori coinvolti aumenta se si prendono in considerazione i servizi legati al comparto del mare: le attività di assicurazione e riassicurazione dei trasporti marittimi, le attività delle scuole di vela e delle scuole per il conseguimento delle patenti nautiche. Sulla base di un approfondita ricerca condotta da Area Science park l importanza, in termini di addetti, dei settori economici afferenti alla cantieristica (sia navale che da diporto), e a quello della logistica (più il loro indotto) si stima attorno alle 9-10 mila unità così distribuite: 2 mila unità sono gli addetti Fincantieri, 2 mila unità corrispondono all indotto di Fincantieri, 2 mila unità legate alla nautica da diporto, le restanti unità sono attribuibili alle attività della logistica (intervista A.2).Quantificare l'importanza del comparto delle attività economiche in qualche modo collegate al mare non è, però, cosa facile in quanto si devono affrontare due problemi fondamentali: uno di natura classificatoria (e risolvibile abbastanza agevolmente) ed uno di natura previsionale. Il primo problema, quello di natura classificatoria, si presenta in quanto il comparto dell economia del mare ricompone al suo interno una pluralità di settori economici, tra loro estremamente eterogenei, che tagliano trasversalmente l intero sistema produttivo. L'ISTAT assegna un codice ATECO proprio (il codice che individua il settore di attività economica di appartenenza dell impresa) solamente alle attività della pesca e dell itticoltura, della cantieristica navale, e dei trasporti marittimi. Troviamo, però, le imprese che producono vernici (per la nautica), resine, e plastiche nei settori della chimica (con alcune imprese che producono cime). Le imprese produttrici di cime (e cavi, sagole e gomene), assieme a quelle che producono abbigliamento tecnico per la nautica ed alle imprese che producono reti nel settore tessile. Le imprese che producono strumenti per l elettronica di bordo sono classificate all interno del settore delle macchine e strumenti elettronici, le attività di assicurazione, riassicurazione e brockeraggio sono ricondotte all interno dei settori dell intermediazione finanziaria e dei servizi alle imprese. Le imprese produttrici di arredi 5

6 navali sono classificate nel settore dei mobili (o del legno). Le imprese navalmeccaniche non vengono distinte dalle imprese meccaniche in generale. E inoltre impossibile scorporare la parte dei servizi turistici e di ristorazione indotti dalle attività balneari o dal turismo nautico in genere. Questa enorme eterogeneità unita all alto grado di trasversalità del comparto del mare rende la misurazione dell'importanza del comparto marittimo regionale difficile, se non impossibile, in mancanza di adeguati strumenti. La complessità del problema di classificazione che si incontra può essere illustrato efficacemente per mezzo di una serie di esempi: un ristorante di pesce appartiene al comparto del mare? Un produttore, installatore o manutentore di impianti di condizionamento installati su una nave appartiene al settore del mare? Una ditta di installazione e manutenzione degli apparati elettronici installati su una nave appartiene al comparto del mare? Un agriturismo che accoglie gli ospiti di una vicina marina appartiene al comparto del mare? Le domande potrebbero continuare e le risposte sarebbero sempre positive. L appartenenza al comparto dell economia del mare, infatti, non è dettata dal prodotto (con l eccezione dei casi più ovvi) ma dal consumatore finale. Un artigiano tappezziere, in generale, non dovrebbe appartenere al comparto del mare, ma vi apparterrebbe nel caso in cui il suo intervento si svolgesse su di una barca. Lo stesso dicasi nel caso di un falegname o di carpentiere del legno. Una ditta produttrice di impianti di condizionamento (o di elettronica) non dovrebbe, normalmente, appartenere al comparto dell economia del mare, se non nella misura in cui i suoi clienti finali sono armatori o produttori di natanti. Per le stesse ragioni, è difficile misurare l importanza del comparto del mare in termini di occupazione e di professioni. Sono poche le professioni esclusivamente legate al mare (capitani e macchinisti, addetti alla pesca e itticoltura). Molte di più sono quelle professioni che possono anche essere usate da imprese che operano nel comparto del mare: medici ed infermieri che operino su di una nave da crociera (o su di una piattaforma o su di un rigassificatore offshore), elettricisti che si occupino dell elettronica di bordo, gli architetti che disegnano arredi navali, un cameriere che lavori in un ristorante di pesce, un assicuratore che venda polizze di assicurazione per imbarcazioni da diporto e così di seguito. L unico modo per risolvere in modo soddisfacente il dilemma classificatorio, e l unico modo di risalire all importanza del comparto del mare, è l utilizzo di un indagine censuaria che rilevi la misura in cui una certa ditta/impresa/azienda, a prescindere dal settore economico di appartenenza, produce per un operatore legato all economia del mare. In tal modo si otterrebbe un registro trasversale di tutte le attività economiche che, in qualche modo, sono legate al mare (il registro potrebbe essere collegato alle rilevazioni censuarie e campionarie dell ISTAT in maniera abbastanza agevole essendo l ufficio statistico regionale all interno del SISTAN). Un secondo problema riguarda la valutazione delle potenzialità di sviluppo del comparto del mare, non tanto per quanto riguarda le attività tradizionali (cantieristica, pesca, nautica da diporto) per le quali si prevede una crescita sostenuta (Assonave 2005, Ucina 2005, ma piuttosto per quanto riguarda la nascita e lo sviluppo di nuovi settori economici, che possono diventare particolarmente interessanti per l elevato contenuto di conoscenza. E stato valutato che circa l 80% di tutte le specie viventi vive in un ambiente marino (che comprende anche le zone paludose agli estuari dei fiumi). Molto del futuro del 6

7 comparto del mare dipenderà dalla sua capacità di sfruttare tale potenziale ricchezza. La biodiversità degli ambienti marini rappresenta un opportunità per lo sviluppo di nuovi prodotti nel campo alimentare, della cosmetica, e della medicina (tutte attività ad alto valore aggiunto).un secondo fattore di incertezza che riguarda lo sviluppo del comparto del mare è legato alla sua complessità che rende difficoltoso l uso integrato delle risorse marine. Alcuni utilizzi delle risorse vanno, infatti, a scapito di altri. Questa interdipendenza dell uso delle risorse del mare rende le decisioni della pubblica amministrazione particolarmente complesse in quanto andrebbe valutato l impatto ambientale socioeconomico complessivo. Queste sono tematiche molto attuali, in particolare per le decisioni che riguardano la possibilità di installare due impianti di rigassificazione nelle acque antistanti Trieste e Monfalcone. Chiaramente la presenza di queste opere interagisce con le attività della pesca e con l intensità e la qualità del traffico marittimo nelle acque regionali. La presenza di un intenso traffico commerciale e la presenza di opere industriali potrebbe alterare il valore turistico-ricreativo della regione agli occhi dei turisti, con un conseguente deterioramento dell intensità del traffico diportistico (ma anche della presenza turistica generata dalle navi da crociera). 2.2 Il comparto del mare nel Friuli Venezia Giulia. All interno del comparto de mare si possono individuare cinque filiere tradizionali (non ordinate per ordine d importanza): 1. la filiera navale: cantieristica navale integrata con la produzione navalmeccanica e gli studi di engeneering per quanto riguarda la produzione di navi e maxi-yachts; 2. la nautica da diporto e le attività turistiche: integrazione delle attività produzione (imbarcazioni da diporto in vetroresina o legno), manutenzione e ormeggio di imbarcazioni da diporto con attività turistiche; l integrazione con il settore turistico è importante anche per quanto riguarda la capacità di attrarre le grandi navi da crociera; 3. la logistica: che integra trasporti marittimi, ferroviari, e ruotati; 4. la pesca e l itticoltura: che possono integrarsi con le attività turistiche (e la ristorazione); 5. il turismo balneare. Nei prossimi capitoli tenteremo di tratteggiare una visione di insieme delle diverse filiere. Siccome lo scopo della ricerca non è quello di dare un quadro esaustivo e completo delle condizioni di mercato che le diverse filiere si trovano a fronteggiare nel resto del capitolo toccheremo solo le tematiche più importanti. L indagine campionaria avrà per oggetto le imprese appartenenti alle prime tre filiere e conseguentemente queste saranno trattate più a fondo. Le ultime due filiere verranno, invece, accorpate in un unico paragrafo. L ultimo paragrafo tratterà invece del personale viaggiante che, a ragion di logica, sarebbe dovuto appartenere alla filiera della logistica ma che rappresenta comunque un tassello importante per la crescita del comparto. 7

8 Per concludere, segnaliamo brevemente che la nascita di una sesta filiera (futura), il cui sviluppo è al momento ancora teorico e ipotetico, potrebbe legarsi allo sfruttamento della biodiversità degli ambienti marini e potrebbe integrarsi con il comparto delle biotecnologie La filiera della cantieristica navale e della navalmeccanica. Il comparto della cantieristica navale e della navalmeccanica ha un ruolo importante per un sistema economico basato in larga parte sul manifatturiero perchè ha dimostrato di reggere bene le turbolenze del settore e l aumento della competizione sui mercati di riferimento. La capacità di attivazione di indotto economico (per ogni Euro di domanda aggiuntiva rivolta al cluster della cantieristica sono creati 2,24 euro di valore aggiunto nel sistema economico nazionale, per ogni addetto aggiuntivo nel comparto della cantieristica navale se ne creano 2,41 unità di lavoro aggiuntive nell economia italiana) assume una rilevanza ancor maggiore in un quadro economico che vede la ripresa della cantieristica Europea 1 in relazione al raggiunto livello di saturazione dei cantieri navali Asiatici: Cina, Corea e Giappone (CENSIS 2006). Nel 2003, infatti, i cantieri asiatici hanno completato il 73% degli ordini consegnati (in cgt: compensated gross tonnes) 2 e hanno acquisito l' 86% dei nuovi ordini ed il 78% dell'orderbook mondiale (in cgt). A fronte del dominio per quanto riguarda il tonnellaggio dei cantieri Asiatici, i cantieri Europei, invece, contrappongono la prima posizione per valore della produzione, 10,3 Miliardi di Euro che dimostra la specializzazione della cantieristica europea nella produzione delle navi più complesse e a più alto contenuto tecnologico come le navi da crociera, i grandi ferries, i vascelli specializzati per il recupero, dragaggio o la posa di cavi e tubi subacquei ed i trasporti per prodotti chimici (Assonave 2005 e AWES 2005). Il grado di specializzazione della cantieristica italiana è evidenziato dalla sua capacità di acquisire ordini: delle 21 grandi navi da crociera attualmente in portafoglio 10 sono appannaggio della cantieristica italiana, così come lo sono 17 dei 26 grandi ferry (lunghezza superiore ai 150 metri).la cantieristica in Friuli Venezia Giulia s'identifica storicamente con l attività di Fincantieri, che nella nostra regione ha raggruppato le funzioni centrali (direttive) a Trieste e quelle operative presso i cantieri di Monfalcone. Secondo i dati censuari, nel periodo compreso tra i censimenti del 1991 e del 2001, il comparto della cantieristica ha subito un netto ridimensionamento dell occupazione diretta, dal momento che il numero dei lavoratori è passato da circa 4,5 mila a poco più di 3,7 mila unità (con una riduzione del 17%) in ragione dell evoluzione della strategia e della performance di Fincantieri che nei cantieri di Monfalcone concentra la costruzione di navi da crociera. Al contempo il numero di unità locali operanti in regione è aumentato, passando da 130 nel 1991 a 180 unità locali nel 2001 (un aumento del 40%). La dimensione media delle aziende in termini di addetti è diminuito di conseguenza.come spesso succede, 1 La spinta alla crescita della domanda di nuovi vascelli è, in parte, conseguenza delle attività di regolamentazione del trasporto marittimo che riguardano la protezione del mare e dei suoi ecosistemi sia la sicurezza a bordo delle navi (Marine Environment Protection, e Maritime Safety and Security). I nuovi paesi emergenti sono caratterizzati da economie molto dinamiche ma da flotte obsolete che devono essere rinnovate per avere accesso ai porti dei loro mercati di sbocco (AWES 2005). 2 Le compensated gross tonnes (cgt) correggono il tonnellaggio lordo per la quantità di lavoro che esse richiedono. Per esempio una petroliera (di tonnellate) ha un fattore cgt pari a 0,3 mentre una fregata (di 5000 tonnellate) ha un fattore cgt pari a 9. La differenza riflette il diverso contenuto tecnologico (e di valore aggiunto) delle due unità. In totale una fregata da 5000 tonnellate corrisponde a Compensated Gross Tonnes (cgt), mentre la petroliera da tonnellate corrisponde a cgt. 8

9 la presenza di un impresa delle dimensioni e dell importanza di Fincantieri, ha vantaggi e svantaggi. Da un lato la presenza dei cantieri navali di successo crea occupazione ed indotto economico, e professionalizza profili lavorativi. D altro canto, essendo Fincantieri abituata a competere sui mercati internazionali può ad essi rivolgersi anche nel caso delle forniture esponendo, in questo modo, le imprese regionali alla concorrenza internazionale (che può essere un bene nella misura in cui stimola le imprese regionali a migliorarsi). A questo si deve aggiungere che le scelte organizzative hanno profonde ricadute sul tessuto sociale della zona. Le scelte di delocalizzare parti del processo produttivo presso altri cantieri (il refitting a Bremenhaven e alle Bahamas) l allocazione degli appalti a ditte non-regionali ha alterato il tessuto sociale di Monfalcone e delle zone limitrofe.al momento, la Fiomm, stima l occupazione diretta di Fincantieri attorno alle 9,2 mila unità (in tutta Italia) delle quali poco meno di 2 mila sono localizzate in regione (Monfalcone e Trieste) - e l indotto occupazionale della stessa è stimato essere tra le 15 mila e le 18 mila unità delle quali circa 2 mila si trovano in Friuli Venezia Giulia -. Le attività che vengono più spesso acquisite all esterno, infatti, riguardano carpenteria navale, lavorazioni meccaniche, taglio di materiali ferrosi, consulenza tecnica di impiantistica termica-idraulica, impiantistica elettrica, montaggi esterni, montaggi a bordo, sabbiatura, verniciatura, zincatura, posa rivestimenti, trattamenti termici, arredi interni ed esterni.i risultati preliminari di uno studio di Area Science Park (intervista A.2) mostrano che le imprese navalmeccaniche presenti in regione, circa 200 con circa 2 mila dipendenti, hanno spesso un rapporto di sub-fornitura (secondo modelli tradizionali) con Fincantieri (con limitate prestazioni sul piano tecnologico). Per quanto riguarda il fatturato, la dipendenza da un unico committente (Fincantieri) ha generato una certa pressione competitiva (sui costi da parte delle imprese dell Est Europeo), ed una scarsa attenzione alla funzione di marketing. Comincia comunque ad emergere una tendenza che porta le imprese regionali a diversificare il proprio portafoglio clienti.la difficoltà di reperimento di alcune competenze direttamente sul mercato del lavoro porta le imprese a ricorrere a mano d opera straniera (corredata da formazione interna) ed al terzismo (impiantistica elettrica, tubisteria, carpenteria, taglio materiali ferrosi, sabbiatura, verniciatura, zincatura, trattamenti termici, posa rivestimenti e tutti i montaggi).le competenze di più difficile reperimento riguardano mansioni piuttosto basse (capocantiere, carpentieri navali, operai specializzati, addetti alle macchine, tubisti, saldatori, motoristi e termoidraulici). Non mancano fabbisogni professionali più avanzati: project manager, tecnici CAD, tecnici elettronici specializzati e installatori di impianti di condizionamento, tecnici capaci di dimensionare gli impianti di bordo (ad esempio, le pompe di sentina).nonostante le difficoltà di reperimento della mano d opera, i dati sugli scambi con l estero della cantieristica indicano, come si evince chiaramente dalla Tabella 1 e dalla Tabella 2, una situazione della bilancia commerciale particolarmente favorevole ai prodotti regionali. 9

10 Tabella 1: Importazioni di prodotti della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, dal 2001 al 2005 (Euro). Altri mezzi di trasporto Var. % 2005/ ,7 Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. Tabella 2: Esportazioni di prodotti della cantieristica del Friuli Venezia Giulia, dal 2001 al 2005 (Euro). Altri mezzi di trasporto Var. % 2005/ ,5 Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat La filiera della nautica da diporto. Per quanto riguarda la produzione nazionale (italiana) di natanti essa è principalmente diretta al mercato estero che nel 2003 assorbe il 70% del valore della produzione della nautica da diporto (la produzione nazionale satura il 50% del valore della domanda nazionale di natanti da diporto). Il comparto degli accessori, invece, è di natura prevalentemente nazionale, il 75% della produzione è, infatti, destinata a soddisfare la domanda interna. A livello nazionale, nel periodo , l'occupazione direttamente o indirettamente ascrivibile alle attività del settore della nautica da diporto, che in quest'accezione oltre all'occupazione diretta comprende l'occupazione indotta sia a monte (cavi, manovre, attrezzature) sia a valle (turismo nautico), è cresciuta del 10%, Tabella 3. Tabella 3: L'occupazione diretta ed indiretta del settore della nautica da diporto in Italia. occupazione diretta a monte a valle totale Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati UCINA. Considerando, quindi, la cantieristica nella sua accezione settoriale più estensiva, alle imprese del settore della cantieristica in senso stretto andrebbero aggiunte quelle che operano su imbarcazioni da diporto e sportive e le relative attrezzature. Queste attività si integrano in una filiera che si organizza intorno alle marine. Queste si sono organizzate in modo da portare il territorio regionale all attenzione del pubblico (collegando l offerta di servizi alla nautica all offerta turistica). L abilità delle marine di attrarre traffico dipende dalle loro infrastrutture. Imbarcazioni di grandi dimensioni hanno bisogni d fondali adatti. Le marine di Porto San Rocco (Trieste), Hannibal (riorganizzazione tecnica e manageriale in corso) e San Giorgio di Nogaro sono in grado di accogliere imbarcazioni lunghe più di 24 metri (i maxi Yacht), non solo per quanto riguarda i fondali ma anche per la presenza di capannoni e di 10

11 spazi per la manutenzione e le riparazioni delle imbarcazioni. Le Marine funzionano anche da cerniera tra i clienti (possessori di barche e potenziali acquirenti) ed il proprio pool di imprese di riferimento: le imprese e gli artigiani necessari per le riparazioni e le opere di manutenzione ed i cantieri per la costruzione.d altra parte, in Friuli Venezia Giulia sono attivi anche una serie di operatori specializzati nella costruzione, riparazione e manutenzione di navi da diporto il cui peso, se raffrontato a quello di Fincantieri, risulta certamente inferiore ma comunque significativo per occupazione, qualità ed immagine, Tabella 4. Tabella 4: Addetti delle unità locali del settore della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, per provincia, 1991 e Var % PN UD GO TS Friuli V.G. 2001/91 Attività Cantieristica navale % Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. Tolto il caso Fincantieri e l'unica altra impresa con più di 250 dipendenti che in tutta probabilità appartiene anch essa al settore della navalmeccanica, la struttura dell offerta regionale del settore è basata sulle imprese di piccola e media dimensione. Eliminate le imprese con più di 250 dipendenti, nel 2001 il numero delle unità locali censite era pari a 180, con un numero di addetti pari La dimensione occupazionale media di queste imprese non raggiungeva i sei addetti.la distribuzione delle imprese per classe di addetti è orientata verso la piccola dimensione (ricordiamo che le imprese di piccole dimensioni appartengono in tutta probabilità alla cantieristica da diporto): il 64% delle imprese ha uno o due addetti ed il 93% delle imprese è situata entro la soglia dei 15 addetti, Tabella 5. Altrettanto sorprendente è il bassissimo numero di imprese di medie dimensioni (tra i 15 ed i 100 dipendenti): se ne contano solo 10. Tale articolazione dimensionale influenza profondamente anche il tipo di fabbisogni occupazionali e formativi, perciò a parte le poche imprese strutturate, non si evidenziano fabbisogni occupazionali di figure specifiche, ma piuttosto di figure generaliste e/o multifunzionali, come peraltro dimostrato anche dai risultati dell'indagine sul campo. In questa condizione diventa anche difficile raccogliere i fabbisogni con strumenti di indagine di tipo quantitativo. Tabella 5: Distribuzione delle unità locali del settore della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, per classe di addetti, Classe addetti Attività e Totale 249 più Cantieristica navale Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. I dati esposti nella Tabella 6, inoltre, evidenziano come le imprese con più di 100 dipendenti, da sole, occupino il 76% dei dipendenti della cantieristica navale. 11

12 Tabella 6: Distribuzione degli addetti del settore della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, per classe di addetti, Classe addetti Attività e più Totale Cantieristica navale Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. In termini territoriali, l attività della cantieristica è storicamente presente in tutte le località costiere, anche se, ovviamente, si concentra nelle province di Gorizia, Udine e Trieste (che mostra una calo di unità produttive), ma la provincia che ha registrato il più alto tasso di crescita di imprese nella cantieristica navale è quella di Udine, Tabella 7. Mentre è probabile che le ditte localizzate nella provincia di Udine possano appartenere alla filiera della nautica da diporto, le imprese localizzate nella provincia di Gorizia hanno una minor probabilità di appartenere a questa filiera a causa della presenza dei cantieri navali Fincantieri i quali non impiegano solo personale direttamente, ma ricorrono ai servizi di numerosissime ditte esterne, in gran parte regionali, che, sebbene operino per Fincantieri, sono classificate come appartenenti al settore manifatturiero (e non alla cantieristica da diporto). Tabella 7: Unità locali del settore della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, per provincia, 1991 e Attività PN UD GO TS Friuli V.G Var % 2001/91 Cantieristica navale Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. L andamento storico del settore della cantieristica navale da diporto si può ricostruire, indirettamente dalla Figura 1, che rappresenta l andamento del totale del settore della cantieristica. Tenendo conto che le imprese della navalmeccanica sono generalmente di dimensioni maggiori e che la crescita maggiore si è registrata tra le imprese appartenenti alle classi dimensionali minori possiamo dedurre che l elemento dinamico del comparto, in termini di numero di imprese, è da attribuire alla dinamica della cantieristica da diporto. 12

13 Figura 1: Numero di imprese per classi di addetti, 1991 e e più Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat Nel settore della cantieristica navale il peso delle imprese artigianali, come mostra la Tabella 8, risulta decisamente rilevante essendo il rapporto tra le unità artigiane e il totale delle imprese di poco superiore al 69%. Tabella 8: Imprese artigiane del settore della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, per provincia, 2001 (% calcolata sul totale delle imprese del settore). PN UD GO TS Friuli V.G. Attività N. % N. % N. % N. % N. % Cantieristica navale 3 75, , , , ,2 Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. La dimensione media delle imprese artigiane, in termini di occupati, tende ad essere modesta. Il peso dell artigianato in termini di occupati è minore della sua importanza misurata in termini di numero di aziende: la percentuale degli occupati (nel settore della cantieristica navale in una certa provincia) che lavora presso imprese artigiane è massima nella provincia di Pordenone. 87,5% - ed assume il valore minimo pari allo 0,5% in provincia di Trieste, Tabella 9.Si evidenzia, come in altri settori economici, la tradizionale differenza tra ambito friulano (province di Udine e Pordenone), orientato verso l'impresa di tipo artigiano, e l'area giuliana (province di Gorizia e Trieste), dove la presenza artigianale diminuisce in termini proporzionali a favore delle imprese più strutturate. 13

14 Tabella 9: Addetti delle Imprese artigiane del settore della cantieristica in Friuli Venezia Giulia, per provincia, 2001 (% calcolata sul totale degli addetti delle imprese del settore). PN UD GO TS Friuli V.G. Attività N. % N. % N. % N. % N. % Cantieristica navale 7 87, , ,1 46 0, ,0 Fonte: elaborazioni IRESFVG su dati Istat. Che dimensione assume il fenomeno del lavoro indipendente in questo particolare settore produttivo? L incidenza di queste figure, per l insieme del settore cantieristico friulano, è del 5,7%, di molto inferiore quindi rispetto a quello riscontrato in altri settori manifatturieri.un attento studio del settore della nautica (da diporto) da parte di Area Science Park, che ha portato ad individuare 423 imprese attive nel settore (con sede legale nel FVG), con 2.1 mila dipendenti ed hanno un fatturato di 195 Milioni di Euro, ci fornisce una fotografia del settore della nautica da diporto sostanzialmente identica alla nostra: il settore della nautica da diporto regionale è formato da piccole imprese, prevalentemente artigianali, a servizio di una clientela locale. Le imprese si considerano produttori di nicchia e non si sentono sotto particolare pressione competitiva e sono particolarmente attente alla produzione. Le attività produttive assorbono la quasi totalità del tempo e degli sforzi dell imprenditore/artigiano, riducendo così le opportunità di aggiornamento. In effetti, si è rilevata una scarsa esposizione degli imprenditori alle nuove tecniche di produzione e nuove tecnologie (nuovi materiali e nuovi prodotti). Si è rilevata anche una carenza delle imprese per quanto riguarda la comunicazione ed il marketing del loro prodotto (della bontà del prodotto). Ma le imprese riportano un ritardo anche nelle funzioni della logistica, del controllo qualità, delle vendite e dell approvvigionamento. Si riscontra uno scarso livello di managerializzione ed una limitata imprenditorialità.la presenza di mano d opera specializzata è limitata dalla difficile trasmissibilità (trasferibilità delle competenze e delle skills) dei mestieri e dalle competenze decisamente specifiche richieste. Inoltre, gli imprenditori raramente trovano le competenze cercate sul mercato. Le risorse umane hanno bisogno di un lungo periodo di formazione interna (on-the-job). Sebbene le competenze ricercate siano molto specifiche e di difficile reperimento il livello di mansione richiesto è generalmente basso, a livello esecutivo anche se specializzato (saldatori, resinatori, riparazione gommoni, addetti alle presse, lavorazione inox, carpentieri metallici, falegnami, esperti di sartoria nautica, lavorazione delle vele, installatori di apparati elettronici su barche).e difficile prevedere percorsi formativi interaziendali per lavoratori - che sarebbero invece gli unici praticabili in una realtà così frammentata - in quanto le esigenze delle singole realtà sono molto diverse (e di difficile generalizzazione), si corre quindi il rischio di formare competenze rilevanti per le poche grandi imprese presenti sul territorio, che però non sono in grado di assorbire la totalità dei giovani così formati (ma solo alcuni di essi).purtroppo non esistono stime dirette dell impatto del settore della nautica a livello regionale, che deve essere quindi stimato ricorrendo, ad esempio, allo stock di natanti iscritti nei registri delle diverse regioni italiane. 14

15 La Tabella 10 evidenzia la vocazione alla nautica di diporto del Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda i natanti a vela, a fronte di una popolazione pari a circa il 2% della popolazione nazionale il FVG detiene circa il 9% delle imbarcazioni a vela. Il dato riflette, indubbiamente, la relativa ricchezza della regione ma anche la sua capacità di attrarre dall'esterno le attività legate alla vela: infatti, il Veneto, una regione più grande e più ricca, raggiunge solo il 7.5% delle iscrizioni per quanto riguarda i natanti a vela. Naturalmente la capacità di attrarre ed ospitare natanti e legata all'offerta regionale di approdi che, coerentemente con quanto appena visto, appare molto forte, essendo superiore a quella delle regioni dirette concorrenti (e più grandi) come l'emilia Romagna ed il Veneto, Tabella 11, con un vantaggio particolarmente importante per gli approdi dai 7.5 ai 12 metri di lunghezza.inoltre, la posizione geografica e la disponibilità di posti barca (relativamente alle regioni direttamente concorrenti) del Friuli Venezia Giulia, mettono in grado la regione di sviluppare il potenziale occupazionale della nautica da diporto, specialmente per le attività legate alla vela, anche in ragione della sua capacità di attrarre i flussi turistici dalla Germania, dell Austria, dall Ungheria e dalla Repubblica Ceca. Tabella 10: Naviglio da diporto immatricolato per regione, A Vela A Motore Totale Ligura 30,54 25,47 26,39 Toscana 12,60 11,51 11,73 Lazio 11,80 10,75 10,93 Campania 2,24 15,05 12,77 Calabria 0,36 1,94 1,66 Puglia 1,60 4,12 3,67 Molise 0,02 0,05 0,04 Abruzzo 1,06 0,88 0,91 Marche 3,76 4,32 4,22 Emilia Romagna 12,97 4,54 6,02 Veneto 7,50 5,87 6,16 Friuli Venezia Giulia 8,89 3,47 4,43 Sardegna 3,20 4,71 4,44 Sicilia 3,48 7,34 6,65 Totale 100,00 100,00 100,00 Fonte: elaborazione IRESFVG su dati del Ministero delle infrastrutture e trasporti. Tabella 11: Posti barca per tipologia per regione, Approdo Punto di Totale Turistico Ormeggio Ligura 15,34 27,29 18,06 Toscana 13,72 6,63 12,10 Lazio 5,79 4,55 5,51 Campania 12,48 12,43 12,47 Calabria 1,66 1,50 1,62 Puglia 7,02 5,56 6,69 Molise 0,30 0,00 0,23 Abruzzo 1,92 0,78 1,66 Marche 5,15 1,41 4,30 Emilia Romagna 4,03 1,76 3,51 Veneto 4,66 0,18 3,64 Friuli Venezia Giulia 9,06 5,77 8,32 Sardegna 13,97 14,23 14,03 Sicilia 4,90 17,91 7,86 Totale 100,00 100,00 100,00 Fonte: elaborazione IRESFVG su dati del Ministero delle infrastrutture e trasporti 15

16 2.2.3 La filiera dei porti e della logistica La filiera della Logistica accomuna le attività dei trasporti marittimi. In regione sono presenti diverse compagnie di navigazione tra le quali senza pretendere di essere esaustivi - segnaliamo: Italia Marittima (ex Lloyd Triestino), Cosulich, Agemar, Tripmar e Ocean (afferenti al gruppo GESMAR) che gestiscono rimorchiatori (del porto di Trieste e Monfalcone). La filiera della logistica, inoltre, include i servizi associati alla movimentazione merci ed ai movimenti delle navi rappresentati dalle agenzie marittime che predispongono le autorizzazioni e la documentazione necessaria all attracco ed alla partenza di ogni nave ed offrono assistenza al comando e le interconnessioni con il trasporto terrestre (ruotato e ferroviario) coordinate dalle compagnie di spedizioni. Le attività si estendono fino a coinvolgere i terminal per la movimentazione delle merci. Lo scenario è davvero roseo (anche grazie alla prossimità del corridoio 5), talmente favorevole che un azione coordinata volta a migliorare il sistema portuale potrebbe generare un notevole flusso di ricchezza. Uno studio nazionale di Confindustria stima che un traffico addizionale di 1000 container, in solo transito, generi, in media, circa 5 posti di lavoro e 200 mila euro di valore aggiunto. Se i container dovessero essere aperti in loco e la merce consegnata agli utenti finali (che dovrebbero essere localizzati in regione) i posti di lavoro aggiuntivi creati salirebbero a 45 ed il valore aggiunto creato raggiungerebbe i 2 milioni di euro. La dotazione portuale regionale si compone di tre porti principali: Trieste, Monfalcone e San Giorgio di Nogaro. Monfalcone serve i prodotti della siderurgia regionale, ma si sta attrezzando per migliorare la competitività internazionale. Il porto di Trieste, ed il comparto della logistica ad esso afferente (non tutte le case di spedizione si occupano di trasporto marittimo), catturano il traffico da e per il Mediterraneo orientale e l oltre Suez (include India, Cina e Giappone) per servire i mercati del Nord Italia (fino a Milano) del centro Europa (Baviera e Cecoslovacchia) mentre gli spedizionieri raggiungono prevalentemente l Est Europeo (che include Ucraina, ma anche Uzbekistan). In altre parole la logistica regionale, tramite il porto di Trieste, mette in contatto le regioni più ricche del centro Europa con i paesi ad alto tasso di crescita (India e Cina) e i paesi dell Est con elevate riserve di materie prime. Lo sfruttamento delle potenzialità offerte è subordinato all investimento di ingenti risorse nell ammodernamento delle strutture del porto stesso (solo una parte del molo VII gode di fondali buoni, il resto ha fondali a mala pena sufficienti, i magazzini a più piani devono essere sostituiti da magazzini a raso e da piazzali), lo spazio dedicato ai piazzali, di 340 mila mq, deve essere ampliato (i porti più moderni necessitano di uno spazio di 1 milione di mq per raggiungere la massa critica di movimentazione). 16

17 L altro grosso scoglio riguarda lo sviluppo dei collegamenti intermodali che sono carenti, soprattutto per quanto riguarda le connessioni tra il trasporto marittimo e quello ferroviario. In questo momento anche la portualità vive un periodo positivo legato al previsto aumento del valore e delle quantità movimentate via mare. Anche se l importanza economica rivestita dai porti per l'entroterra che essi servono è ormai un dato assodato il loro impatto occupazionale è di difficile calcolo in quanto il successo di un infrastruttura portuale è legato alla qualità dei servizi che esso eroga ed alla qualità delle interconnessioni con le reti ferroviarie e stradali (CNEL 2004). Il principio che regola la competitività di un'infrastruttura può essere riassunto come segue: Il valore di un'infrastruttura è in funzione del servizio che la stessa è in grado di erogare e del servizio che i suoi utenti si attendono sia erogato. Ossia, non sono le dimensioni e le caratteristiche intrinseche delle infrastrutture e degli impianti che di per sé possono attrarre i traffici, i traffici possono essere attratti da dette infrastrutture ed impianti se il mercato valuta questi ultimi idonei a soddisfare in modo efficace le sue particolari esigenze. Per quanta riguarda la capacità del porto di Trieste di soddisfare le attese della sua utenza, il rapporto sulla competitività dei porti italiani CNEL (2004) ci consegna la seguente valutazione: Mercati: La presenza di servizi diretti, in particolare verso i mercati del Far East, e la buona presenza di servizi inframediterranei sono le ragioni che portano ad una valutazione positiva la posizione geografica di Trieste per quanto riguarda i mercati collegati via mare, mentre la sua posizione decentrata verso est la penalizza leggermente per i mercati terrestri. Infrastrutture: Sul piano delle infrastrutture portuali emergono i punti di debolezza più pronunciati del porto di Trieste. Decisamente insufficienti vengono percepite la disponibilità di parcheggi ed aree di sosta custodita, come quella di aree coperte per le merci, nonché la rete ferroviaria portuale, sebbene questo porto disponga a livello nazionale della più elevata quantità di magazzini coperti ( mq) e presenti una percentuale relativamente elevata di utilizzo della modalità ferroviaria per le merci movimentate via terra. Valutazione ancora più scarsa viene data poi della rete ferroviaria extraportuale, ed i collegamenti con i centri intermodali risultano decisamente insufficienti. La situazione non è compensata dall assoluta eccellenza dei fondali e dagli ottimi accessi al porto. Servizi: Il quadro che emerge parlando dei servizi offerti sembra evidenziare come la situazione percepita sia quella di una realtà nella quale si sia cercato di sopperire con l organizzazione a carenze infrastrutturali. Per contro emergono punti di debolezza sui servizi offerti, in particolare sulle direttrici terrestri, giudicati decisamente insufficienti, ma anche sulle direttrici marittime, nonostante l offerta di un certo numero di collegamenti, sia inframediterrranei che intercontinentali. Ancora decisamente scarso è valutato l uso dell informatica. Note positive, che emergono in termini di buona valutazione, si trovano nei servizi pubblici (in particolare la Dogana, apprezzata anche per l applicazione delle normative), nei servizi marittimi e nei servizi accessori alla nave. 17

18 Costi: L unica nota positiva risulta essere la valutazione dei costi delle operazioni terminalistiche, mentre sul resto risulta una percezione di costi più elevati che in altri porti. Opportunità: La percezione degli utenti portuali appare alquanto negativa per quanto riguarda le opportunità future. In particolare viene valutato negativamente il rapporto fra città e porto, in specie con le Istituzioni locali, anche se non si escludono le prospettive di sviluppo industriale per l hinterland. Allo stesso modo sono considerate scarse le prospettive di miglioramento delle infrastrutture stradali e ferroviarie. Note positive registrano la cultura della sicurezza, il rispetto per l ambiente e la presenza di professionalità connesse con i trasporti marittimi, frutto quest ultimo della lunga e solida tradizione di porto storico con vocazione mitteleuropea posseduta dallo scalo giuliano. La prossimità del Corridoio V (direttiva Est - Ovest) e dell'intersezione dello stesso con il Corridoio I (direttiva Nord - Sud) offre la possibilità di integrare il trasporto marittimo con il trasporto ruotato o su rotaia. La possibilità di sviluppo di queste opportunità sono anche legate alla realizzazione delle cosiddette autostrade del mare del sud Europa una delle quali percorre il mare Adriatico nel senso della lunghezza. In particolare le possibilità di sfruttare le opportunità consentite dall'intermodalità dipendono dalla presenza di porti con un fondale necessario (Trieste) e dalla riuscita di accordi bilaterali con i paesi confinanti (Austria e Slovenia) per gestire una comune politica di progettazione e costruzione dei passanti ferroviari e stradali necessari ad integrare il sistema portuale con i sistemi ferroviari e autostradali La filiera della pesca, dell itticoltura e del turismo. Per completare idealmente la presentazione del sistema economico che ruota attorno al mare e alle sue risorse, sarebbe necessario considerare anche altri due settori, ovvero la pesca ed il turismo marino, che però generalmente sono oggetto di politiche di sviluppo e di politiche formative separate e specifiche. Pur andando oltre i compiti affidati alla presente ricerca quello di tratteggiare in maniera organica il contorno di tali settori e dei loro fabbisogni professionali e produttivi, che non trovano rappresentanza diretta nel Polo formativo IFTS Econmar, ci pare comunque utile operare alcune riflessioni soprattutto nella direzione delle possibili interrelazioni tra questi due settori e le altre componenti dell'economia del mare. Il settore della pesca e acquicoltura contava al 2001 in Friuli Venezia Giulia su poco meno di 400 imprese e circa 850 addetti. I dati dell Osservatorio Socio-Economico della Pesca nell'alto Adriatico (Veneto Agricoltura 2005) indicano una progressiva crescita del numero di imprese dopo tale data, giunte nel 2004 a 435 unità, di cui, però, circa il 90% risultano essere di piccola dimensione, individuali o società di persone. Nella maggior parte risultano concentrate nella provincia di Udine (227 imprese), seguita da Gorizia (110 imprese) e Trieste (74). La flotta peschereccia era costituita sempre al 2004 da 503 unità, in lieve calo rispetto ad inizio decennio, per un occupazione stimata in 918 unità, delle quali 18

19 il 59% occupate nel sistema della piccola pesca. L'andamento del pescato e del valore della produzione evidenzia serie difficoltà negli ultimi anni, con un calo del fatturato complessivo e per imbarcazione che se confermato sul medio periodo non potrà che incidere negativamente sull'evoluzione del settore. La filiera regionale del turismo marino, incentrata prevalentemente sui due poli di Lignano e di Grado e solo secondariamente sulla costiera triestina, può contare su un totale di presenze annue stimabile attorno ai 5 milioni (il turismo regionale si attesta su un totale di 8 milioni di presenze), in significativo calo (come peraltro l'andamento complessivo del turismo in FVG) negli ultimi anni. Il 60%, circa, del turismo regionale può essere ricondotto ad attività legate al mare (CCIAA Udine 2006). Senza voler entrare in questa sede in una più approfondita analisi delle caratteristiche e dei punti di forza e debolezza delle due filiere, appare evidente che esse si trovano accomunate proprio da un andamento negativo - almeno per gli aspetti di redditività economica - in questo primo scorcio di anni Una delle motivazioni che potremmo chiamare in causa per spiegare tali fenomeni, e che potrebbe essere peraltro estesa a caratteristica comune di tutto il sistema dell'economia del mare, è certamente quella della eccessiva settorialità delle politiche di sviluppo sia private (degli operatori del settore) che pubbliche (delle amministrazioni pubbliche ai diversi livelli), che non hanno finora permesso di valorizzare adeguatamente le risorse potenziali pure presenti nel territorio regionale e di promuovere i collegamenti intersettoriali. Sul versante turistico, ad esempio, i poli marini regionali si caratterizzano per la loro concentrazione territoriale (si tratta sostanzialmente di 3-4 comuni in tutta la regione), per la scarsa connessione con il territorio circostante, per la scarsa caratterizzazione e la limitata articolazione tipologica dell'offerta turistica, che appare in buona misura mirata al turismo familiare incentrato sul binomio mare-spiaggia e poco altro (turismo termale per Grado, turismo legato alla nautica da diporto, ecc.). Analogamente, sul versante della pesca possiamo rilevare la quasi totale assenza di iniziative nel campo del pescaturismo e dell'ittiturismo, ovvero del tentativo di diversificare e di integrare i redditi provenienti da pesca e acquicoltura con quelli provenienti da attività turistiche al fine di compensare il calo della produzione ittica e di favorire il passaggio verso forme più sostenibili di pesca. Più in dettaglio le definizioni più consolidate indicano nel "pescaturismo" un'attività integrativa alla pesca artigianale che offre la possibilità agli operatori nel settore di ospitare a bordo delle proprie imbarcazioni un certo numero di persone diverse dall'equipaggio per lo svolgimento di attività turisticoricreative. L'attività di pescaturismo è attualmente regolamentata dal decreto ministeriale 13 aprile 1999, numero 293 (G.U. n. 197 del 23 agosto 1999), che comprende lo svolgimento di attività nell'ottica della divulgazione della cultura del mare e della pesca, come: brevi escursioni lungo le coste, l'osservazione delle attività di pesca professionale, la ristorazione a bordo o a terra, la pesca sportiva e tutte quelle attività finalizzate alla conoscenza ed alla valorizzazione dell'ambiente costiero che possono servire ad avvicinare il grande pubblico al mondo della pesca professionale. Recentemente si è assistito allo 19

20 sviluppo di tale concetto con la nascita dell'ittiturismo, che consiste in un'attività di ricezione ed ospitalità esercitata dai pescatori professionisti, attraverso l'utilizzo delle proprie abitazioni e l'offerta di servizi di ristorazione e degustazione dei prodotti tipici della cultura marinara locale. Possiamo quindi cogliere la verifica della presenza di iniziative di pescaturismo e di ittiturismo nella nostra regione come una verifica della capacità di evoluzione in senso moderno del comparto e della sua capacità di fare sistema nell'ambito di un unica, ancora in parte da costruire, economia del mare. Da questo punto di vista la situazione del Friuli Venezia Giulia risulta abbastanza sconfortante: analizzando i dati provenienti dalle principali centrali cooperative che accolgono le strutture più significative ed organizzate che operano nel settore (Lega Cooperative e Confcooperative- Federcoopesca), non è, infatti, possibile cogliere alcun segno di presenza di offerta pescaturistica regionale in senso stretto (imbarcazioni di pesca attrezzate per ospitare turisti, anche se qualche imbarcazione da pesca - a titolo individuale - ospita sporadicamente turisti a bordo, ma senza alcuna continuità e visibilità, come pure vi sono alcune imbarcazioni specificamente dedicate alla visita degli ambienti naturali lagunari, gestite da pescatori o ex pescatori, le quali però hanno perso ogni funzionalità di pesca). La seguente Tabella 12 evidenzia a titolo esemplificativo un quadro, probabilmente incompleto ma significativo, della situazione italiana: si tratta ovviamente di una filiera appena nata ed in via di espansione, con numeri ancora scarsamente importanti rispetto al totale della flotta di pesca italiana. Appare comunque sintomatica l'assenza del Friuli Venezia Giulia, unica regione marittima italiana ad essere ancora assente. Solo sul fronte dell'ittiturismo possiamo rilevare in regione la presenza di due iniziative, limitate all'offerta gastronomica senza ricettività, recentemente sorte in comune di Duino- Aurisina e di Muggia, pare con notevole successo. Certamente molto di più si potrebbe fare, basti pensare al potenziale turistico insito nell'area della laguna di Grado e Marano, a cavallo tra le località di Grado e Lignano, e nell'area della costiera triestina. Sempre restando al tema del pescaturismo, preso quale caso emblematico anche se ovviamente non risolutivo delle sorti dei due settori coinvolti, le politiche formative, da sole, non possono certamente bastare ad avviare un processo che richiede, parallelamente, anche azioni di informazione e sensibilizzazione, di assistenza tecnica alla abilitazione dei pescherecci all'imbarco di turisti, di investimento per l'adeguamento del parco imbarcazioni. Nell'ambito di un microprogetto di filiera le attività formative potrebbero tuttavia giocare un ruolo significativo, con particolare riferimento alle tematiche della normativa che regola l'attività di pescaturismo, della capacità di educazione naturalistica ed ambientale, di illustrazione e divulgazione della cultura tradizionale della pesca professionale, di acquisizione di una cultura di base dell'ospitalità turistica, della organizzazione e manutenzione dell'imbarcazione attrezzata per l'imbarco di turisti. 20

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