introduzione Baracca nel quartiere di Annunziata Fonte:

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1 Baracca nel quartiere di Annunziata Fonte: Siamo venuti a conoscenza del problema baracche a Messina nel dicembre 2008: decorreva il centenario del terremoto che colpì l area dello Stretto agli inizi del Novecento distruggendo le due città che vi si affacciano e provocando decine di migliaia di morti. Nell anniversario della catastrofe televisioni e quotidiani si occuparono dell argomento per un breve arco di tempo: denunciarono condizioni di vita al limite, mancanze amministrative e una scarsa volontà di affrontare definitivamente il problema poi si tornò al silenzio. La situazione che veniva presentata è quella di una città in cui, nel XXI secolo, circa persone vivono in abitazioni fatiscenti: case di legno o di mattoni, con tetti in lamiera, plastica o eternit, senza fogne, con infiltrazioni d acqua, allacciamenti elettrici azzardati e condizioni igienico-sanitarie in alcuni casi estreme.

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3 Alcune aree baraccate a Messina (Fondo Fucile e Annunziata) Fonte: Chiunque avrebbe collegato queste immagini ad una favela brasiliana o più in generale ad una baraccopoli di un paese in via di sviluppo, ma siamo in Italia. La cosa più difficile da credere era che quella situazione si trascinava da un secolo: dal 28 dicembre Cento anni più tardi oltre 3000 famiglie stanno ancora aspettando una casa. I pronipoti dei terremotati vivono ancora in abitazioni che già nel 1910 erano state definite provvisorie. Perché? Come si è arrivati a questa situazione? Com è possibile che il problema delle baracche di Messina sia misconosciuto? Come si può nascondere una situazione che riguarda dodicimila persone? Cosa ha permesso che in un secolo non si siano

4 trovate delle valide e rapide alternative? Chi ha interesse a mantenere questo stato di cose? Documentandoci sull argomento la cosa più stimolante che abbiamo trovato è stata un sito internet creato da messinesi ( non da baraccati ma da persone con diverse esperienze e che attraverso differenti percorsi personali sono giunte ad occuparsi del problema cercando di farlo conoscere sul territorio locale e nazionale. Giovanni D Arrigo, Vincenzo Colavecchio e Roberto Pruiti Fonte: In questo gruppo abbiamo trovato subito degli interlocutori molto disponibili. Era evidente che il problema fosse più complesso di quello che pensavamo e dopo averne parlato con alcuni professori abbiamo deciso di organizzarci per osservare da vicino questa situazione. In due mesi di permanenza a Messina non pretendiamo di aver compreso tutte le difficoltà e le contraddizioni del caso baracche ma sicuramente abbiamo colto e approfondito molti degli aspetti che compongono questa realtà: da quelli politici a quelli storici, da quelli culturali a quelli amministrativi e tecnici. La cosa che più ci ha colpito sono stati gli incontri con i baraccati: abbiamo trovato individui perfettamente consapevoli della propria situazione ma ormai rassegnati alla noncuranza delle autorità.

5 Queste persone hanno visto il susseguirsi di giornalisti, fotografi e telecamere ma non vedendo nessun cambiamento hanno cominciato a dubitare anche di questi mezzi di denuncia. Inizialmente da parte di alcuni c era un po di sfiducia verso altri sconosciuti che si occupavano del problema ma grazie alla mediazione di Giovanni (assistente sociale) e Roberto (fotografo) che già avevano incontrato i baraccati in altre occasioni, siamo riusciti a superare le prime diffidenze e a trovare gente disponibile a parlarci di che cosa significhi vivere nelle baraccopoli e a farci entrare nelle proprie case. Sin dalla prime fasi del nostro approfondimento a Messina ci è parso chiaro come il Comune si occupi di queste aree con progetti architettonici e urbanistici che prevedono lunghi tempi di attuazione ma nel breve periodo di fatto abbandoni le popolazioni che vivono qui: dalle fognature all illuminazione, dal pericolo delle coperture in eternit ai cavi elettrici scoperti agli allagamenti, tutto sembra essere lasciato al caso. Problematiche più comuni nelle baraccopoli Foto: Cecilia Mauro/ Fonte: Son stati proprio i baraccati a raccontarci di come qui la politica, lo Stato, arrivino solo quando ci sono imminenti elezioni locali. Ai candidati di turno un tempo bastava un sacco di pasta; ora offrono posti di lavoro, case popolari o piccoli lavori di manutenzione nella baraccopoli in cambio di voti. Nel frattempo la gente che vive nelle aree baraccate si trascina questa situazione di anno in anno: alcuni hanno ancora la forza di protestare, altri si aspettano una casa dal Comune ma non sono nemmeno a conoscenza delle liste di assegnazione.

6 Ci sono anche alcuni casi di persone che non vogliono abbandonare le baracche. Questa è gente che ha speso diverse migliaia di euro nel corso degli anni per trasformare la baracca in una vera casa: dal rifacimento dei tetti ai pavimenti, dagli interni allo smaltimento delle acque nere e preferisce mantenere i privilegi di una casa abusiva piuttosto che trasferirsi in una casa popolare. Sono quelli che stanno bene, come li apostrofano altri baraccati, quelli che non partecipano alle dimostrazioni di protesta di chi invece se ne vuole andare e che favoriscono il radicarsi della cultura della baracca. Questo concetto è la conseguenza di elementi culturali propri della mentalità meridionale, come l idea della casa di proprietà, e fattori come il clientelismo e l assistenzialismo che per troppo tempo hanno caratterizzato la politica di Messina nei confronti di questo problema. Lavori in corso : un edificio abusivo su Viale Italia Foto: Cecilia Mauro Intorno alle baracche si è creato un mercato immobiliare alternativo: vengono vendute, affittate o cedute ad altri componenti dello stesso nucleo famigliare da chi le abbandona per trasferirsi nelle case popolari. Questi nuovi baraccati andranno ad accrescere le liste di assegnazione del comune anche se di fatto non hanno nessuna relazione con i terremotati del 1908: abbiamo incontrato gente che si è trasferita nelle baracche solo da alcuni anni, dopo una vita passata a lavorare in

7 altre regioni d Italia. Tutto questo è stato reso possibile perché fino a poco tempo fa la demolizione delle baracche vuote non era una prassi riconosciuta: per motivi tecnici (non si riusciva a trasferire simultaneamente tutti baraccati di una stessa area) e anche per motivi politici. Il bacino di elettori rappresentato dai baraccati è infatti stato per anni considerato una risorsa dai politici locali. Il problema delle baraccopoli è molto complesso e va analizzato sotto tutti i punti di vista: non è solo un problema abitativo ma anche sociale, fatto di povertà ed emarginazione. Una planimetria della città nell Ufficio del Risanamento del Comune di Messina Foto: Cecilia Mauro Nonostante negli anni Settanta sia partito il progetto di Risanamento per queste aree la situazione oggi è tutt altro che risolta. Permangono diversi problemi: sia tecnico-amministrativi che culturali. Per approfondirli abbiamo lavorato molto sul territorio, reperendo informazioni negli uffici del Comune di Messina (Ufficio Demografico, dell Urbanistica, del Risanamento, Istituto Autonomo Case Popolari); cercando di rintracciare documenti all archivio Storico come all Ufficio del Genio Civile. Le nostre ricerche hanno incluso anche la facoltà di Architettura di Reggio Calabria: ci siamo confrontati con alcuni ragazzi e diversi docenti che si erano già occupati dell argomento. Abbiamo sempre trovato persone molto disponibili ad aiutarci e sicuramente anche l esperienza di chi ci ha accompagnato nelle baraccopoli è stata indispensabile alla realizzazione del progetto.

8 Il nostro lavoro si suddivide in tre fasi: nella prima ripercorriamo la storia delle baraccopoli dal post terremoto agli attuali piani urbanistici; nella seconda presentiamo la situazione attuale dei quattordici insediamenti in cui ci siamo recati e analizziamo il fenomeno cercando di approfondirne tutti gli aspetti. Dai problemi più evidenti osservati durante i sopralluoghi abbiamo analizzato il fenomeno dell abusivismo della sua complessità. Questa fase è stata indispensabile per arrivare alla nostra proposta: che volevamo presentare come alternativa all attuale modo di operare. Abbiamo individuato nell autocostruzione assistita un metodo che permette di diminuire i tempi e i costi di realizzazione delle nuove abitazioni e nello stesso tempo un sistema per integrare meglio gli ex baraccati e i nuovi spazi costruiti. In passato infatti il passaggio dalla baracca alla casa popolare, non essendo affiancato da nessuna rieducazione civica ha portato a situazioni come quella delle Case Arcobaleno. Nelle nuove costruzioni gli inquilini continuavano a comportarsi come nella baraccopoli: estendevano l abitazione come meglio potevano, considerando gli spazi pubblici come possibili aree di cui appropriarsi. Case Arcobaleno, Ambito Santa Lucia Foto: Roberto Pruiti/ Cristian Dalmasso Nel nostro progetto cerchiamo di raggiungere una diversa concezione dello spazio pubblico e privato sia attraverso strategie tecniche che socio-culturali.