L ultimo muro: il sesso (a pagamento) per i portatori di handicap.

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1 : il sesso (a pagamento) per i portatori di handicap. Diritti, inclusione sociale, qualità della vita: tutti d accordo quando si parla di disabili. Ma sull eros a pagamento la polemica continua. Eppure un sondaggio dice che l 80 per cento dei disabili sarebbe favorevole. L ultima frontiera può essere varcata? Missione o prostituzione? In Svizzera una società specializzata forma gli accarezzatori di professione: 100 euro l ora. Tutto il dibattito suscitato dal sito Gea Aprile Giugno 2010 PARLIAMONE

2 Corrado Mornese L ultimo muro 13 Aprile 2010 Discussioni e polemiche. Da mesi. Da quando una società svizzera 1 propone i propri servizi per i disabili, servizi speciali legati all eros, rigorosamente a pagamento. Un importante associazione elvetica 2 aveva introdotto queste pratiche per i propri assistiti, ma poi ha dovuto sospenderle: le donazioni esterne si sono ridotte perché molti tra i benefattori non erano d accordo. Ma anche in Germania, Olanda, Gran Bretagna e paesi scandinavi queste pratiche sono operative da anni. Il tema è scottante, tanto più in Italia, così pudica e moralista. Andiamo con ordine. Per quanti passi in avanti si siano fatti nel garantire piena cittadinanza e dignità umana ai disabili, psichici e non, la questione dell eros e specificamente del sesso pare rimanere ancora, ultima in ordine di tempo, nel cono d ombra dei tabù: tanto spinosa la questione che forse è meglio se rimane tra quelle di cui giova non parlare, anzi di cui è opportuno non sapere o fingere di non sapere. Ma se si vuole disvelare appieno la questione della realizzazione umana di queste persone, non la si può più ignorare: una vita completa comprende o no l eros e il sesso, con le emozioni e i piaceri annessi e connessi? Ipocrita sarebbe rispondere di no. Dunque sì, prima o poi il problema va affrontato, dato che è pacifico che la questione sessuale sia fondamentale per l individuo. Si potrebbe affermare anche che il sesso è un diritto di tutti, e la rinuncia invece attiene alla libera scelta dei singoli (vedi la castità per i preti). E allora la società non ha il dovere di consentirne l accesso a coloro che, per oggettiva condizione, sono più lontani da tale diritto e che, lasciati a se stessi, forse mai potranno usufruirne o, se lo fanno, rischiano conseguenze le più spiacevoli? Un sondaggio sviluppato tra i propri utenti da uno dei maggiori siti italiani che si occupano di disabilità 3, non lascia dubbi: circa l 80% si dice favorevole. E su Facebook circola una petizione con richiesta di firme per ottenere anche in Italia questo servizio. Ciò dimostra che il bisogno c è. O in altri termini: c è la domanda sociale. Veniamo all offerta. Immaginiamo ma è la realtà di questa società svizzera che dopo severe selezioni e un percorso specifico di formazione, una decina di operatori (assistenti sessuali, così si chiamano) abbia maturato le competenze adeguate (psicologiche, fisiche, relazionali): sono pronti a fornire un servizio. Si pone qui il problema dei soldi: i servizi si pagano. E prostituzione questa? Alcuni ne sono convinti, gli operatori della società svizzera lo negano, anzi affermano che il pagamento della prestazione serve anche a tener ben fermo che proprio di un servizio trattasi, e non di altro. I 100 euro/ora impediscono il formarsi di una relazione normale tra utente e operatore, mantengono la distanza. Sta qui un insanabile contraddizione tra il principio (ove si ammetta che sia giusto) e la sua realizzazione pratica? Oppure sta proprio qui il limite (e dunque il valore) del servizio stesso? Entriamo più nel merito. Chiarito, anche grazie all esistenza di un compenso, che l ora di prestazione non sostituisce un ora di amore normale tra due persone normali che stabiliscono una relazione normale, l eros a pagamento può essere oppure no una sorta di surrogato con effetti benefici per l utente? Forse questo è il punto cruciale del dibattito. Ora, ammettiamo che il medico (lo psichiatra o lo psicologo nel caso di disabili psichici, e probabilmente anche in casi differenti), in accordo con le strutture deputate individui l iniziativa come potenzialmente foriera di benessere per l utente; ammettiamo che si valuti come potenzialmente positiva la prova di un percorso ragionato e controllato in questa direzione, quali argomenti si potrebbero addurre contro? Il buon gusto, la morale (sempre di chi giudica dall esterno), cos altro? Per percorso si può intendere anche una progressiva escalation di parole e gesti: carezze, nudità, contatto di corpi, baci, forse anche rapporti completi. Molto sta nella capacità dell operatore di dare senso agli atti: un senso personalizzato di volta in volta sulla

3 singolarità dell utente, guai a ripetere comportamenti standard da parte degli accarezzatori. Ma se i risultati fossero positivi? Il sondaggio già citato direbbe che quell 80% di favorevoli se li aspetta. Una possibile risposta sta nella personalizzazione a monte: lo psichiatra o lo psicologo (in accordo con le strutture deputate) dovrebbero decidere per ogni singolo caso: sì (e in quale misura), oppure no. Sono preparati a questa decisione? E i soggetti per cui la risposta è no, non si troverebbero a loro volta in una condizione di minorità giuridica ineguaglianza vedendosi negare questa possibilità che per altri e solo per altri si configurerebbe come l esercizio di un diritto? Come si vede la questione è spinosissima: che sia questo, al fondo, il motivo per cui l intera tematica appare ancora oggi quasi del tutto rimossa? Il no è troppo comodo, il sì troppo pericoloso e complicato, meglio non parlarne. E intanto, mentre il sistema accantona il problema, molte migliaia di cittadini continuano a soffrire di una fondamentale possibilità negata. Proviamo ora a rovesciare la questione. Marien, prostituta di Barcellona, ha orientato i suoi servizi specificamente per i disabili. Dopo l intervista rilasciata a El Mundo, il suo sito è stato preso d assalto, ma poi è stato oscurato per le polemiche. Nel frattempo, molti disabili si sono rivolti a lei, anche in accordo con le proprie famiglie, benché le sue tariffe fossero decisamente più salate 4. Ecco, facciamo proprio questo caso. Un disabile si rivolge a una prostituta (magari in accordo con la propria famiglia: non dimentichiamo che, come documenta internet, esistono madri di disabili che si prestano a masturbare i propri figli); poi, per ragioni spesso ovvie, tace la cosa a chi lo ha in cura. Non sarebbe meglio che tale esperienza venisse alla luce e fosse condotta secondo criteri terapeutici fondati e rigorosi? Quante storie di questo genere rimangono tuttora celate? Parliamone. 1 E la FaBS - Fachstelle Behinderung und Sexualität Si tratta della Pro Infirmis,

4 Il Corriere di Novara rilancia il dibattito L ultimo muro 15 Aprile 2010 Con un articolo di Paolo Viviani in prima pagina nell edizione del 15 Aprile 2010 il Corriere di Novara raccoglie lo stimolo proposto dal nostro sito per una discussione sul tema del sesso (a pagamento) per i disabili. Le posizioni sono esposte molto correttamente ed in modo esaustivo. Evidentemente abbiamo colto nel segno, l esigenza di una discussione ampia, senza pregiudizi, c è. Compito di Gea non è prefigurare soluzioni, ma favorire un percorso di ricerca e discussione alla fine del quale, in ogni caso, emergerà una più matura valutazione da parte di tutti coloro che sono interessati.

5 Un contributo dal film Si può fare 20 Aprile 2010 Ma come fanno, poverini, loro hanno voglia La donna della Cooperativa Sociale 180, uno dei personaggi del film Si può fare di cui si è parlato in altra parte del sito ( è uno dei soci della Cooperativa, formata da persone con disagio mentale. Alla riunione dei soci, che si stanno inserendo nel mercato del lavoro come specialisti del parquet, la signora si dimostra comprensiva verso i desideri e i bisogni dei colleghi maschi. Allora facciamo così propone il dottor Federico - : una di queste sere si va a ballare in discoteca, si conosce qualcuno, poi da cosa nasce cosa. Ma l idea non piace: nelle discoteche gira la droga, ci sono i buttafuori e può essere pericoloso. Il dottore dice che fare gli spaghetti ci fa bene, fare la lavatrice ci fa bene, caricare il camion ci fa bene. Allora io dico che anche fare l amore ci fa bene!. Giusto, il sig. Luca ha centrato il problema. Ora bisogna cercare la soluzione. Chiediamo alla Comunità Europea propone qualcun altro - : se ci hanno mandato i soldi, magari ci mandano pure le donne. Applauso generale. Ovazione dell assemblea dei soci. Nello (Claudio Bisio), che dirige la Cooperativa, si attiva subito. Il finestrino della macchina si abbassa. Nello e il dottor Federico chiedono alla prostituta se ha la partita Iva. Dicono che è necessaria per ingaggiare professioniste per il corso di formazione sulla crescita emozionale. 600 ore già finanziate, a lire ciascuna. Sarebbe un peccato sprecare tutti quei soldi. La prostituta capisce al volo: E dove si prende sta partita Iva? Ci vuole un movimento ritmico: tre colpi piano e uno forte, e dopo ricorda: chiedere ti è piaciuto è out, invece parlare di emozioni è in. Il manuale del sig. Fabio è il punto di riferimento fondamentale per avere successo quando si parla di amore. Prima del fatidico incontro con le professioniste del piacere, l indottrinamento è d obbligo. Non solo amore mercenario. Il giovane sig. Gigio (pardon, ormai è un uomo: vero nome Sergio) s innamora di Caterina, avvenente ragazza bionda padrona della casa ove lui con altri colleghi posano il loro primo parquet, un capolavoro a forma di spirale aurea, ispirato al tatuaggio sulla caviglia della stessa Caterina. Primo giorno di lavoro. Il sig. Sergio, completamente cotto dopo il primo sguardo alla ragazza, si dichiara: Caterina, ti devo dire una cosa: mi sono innamorato di te. Ma che, sei matta? Con quello lì? Ma lo sai che sono una Cooperativa di gente suonata?. L amica di Caterina è preoccupata per lei. Almeno sa quello che vuole, replica Caterina, e poi, secondo me è più sano di tanta gente che c è in giro. Il film tocca un tema di scottante attualità, di cui si sta occupando anche Gea. Lo affronta con sfumature umoristiche, adatte a una commedia, ma anche con profondità. Il problema del rapporto con il sesso esiste, anche per i disabili, anche nel cinema.

6 Primi echi nel web: il dibattito si amplia 19 Aprile 2010 Primi echi nel web al dibattito aperto dal nostro sito. La questione è ripresa dal sito e dal sito che pubblica anche il commento di un disabile, contrario all idea del sesso a pagamento per i disabili stessi.

7 Intervento di Massimo Caruso, coordinatore di Villa Varzi Galliate 20 Aprile 2010 Fondamentale è il percorso educativo Leggo con attenzione e interesse il dibattito in corso circa sessualità e disabilità: pochi ne parlano (e parecchi di quelli che ne parlano lo fanno male...), e rappresenta un vuoto da colmare che non può continuamente essere tralasciato nell organizzare un percorso educativo con i disabili. Ma come parlarne? Un punto di partenza certo c è: la sessualità è una dimensione importante nella vita di tutti gli esseri umani, la sua pulsione e il suo desiderio sono qualcosa di estremamente naturale; l'autoerotismo è al centro della sessualità infantile già intorno ai quattro anni, anche grazie a ciò si scopre il proprio corpo; è una pulsione che ci accompagna durante tutta la vita, senza mai lasciarci, spesso influenza la nostra autostima, la nostra serenità, il nostro concetto di felicità e realizzazione, ed anche per gli anziani resta una presenza costante ed un qualcosa da realizzare. Ciascuno di noi, credo, può appurare sulla propria esperienza come la sessualità sia un esperienza che cerchiamo di vivere tutte le volte che i nostri valori, la nostra morale e perché no, le nostre occasioni, ce lo permettono. Già in questa partenza trovo una contraddizione di fondo: se la sessualità riguarda tutti, perché interrogarsi su come parlarne ai disabili? Non è come con i bambini: che sono fortemente influenzabili, estremamente esposti a facili imitazioni e con scarsa capacità di critica e di valutazione: ogni disabile è diverso, è a sé, come diverso sono io da chi legge e ciascuno di noi da ciascun altro, quindi forse la domanda corretta dovrebbe essere: da educatore come parlo di sessualità a Aldo, Mario, Paola, Elisabetta, ad ogni singolo assistito del posto in cui opero? Se la sessualità è un desiderio ed una pulsione di tutti, che coinvolge tutti gli esseri umani ma che allo stesso tempo è personale e individuale, è giusto interrogarmi su come parlarne in generale? Penso di no, e credo che lo sbaglio nasca da una semplice quanto allarmante constatazione: in generale, con i disabili, non si parla di sesso. Se guardo il percorso educativo, i progetti individuali che quasi tutti i centri e le strutture che operano a favore dei disabili redigono e preparano con cura e amore, raramente la problematica della sessualità viene affrontata: quasi che il fatto di essere disabile annulli i desideri e gli interrogativi, come se ci fosse differenza tra normodotati e disabili e, rispetto a questo tema, fossimo sì, essere umani, ma diversi. Eppure ogni giorno vediamo ragazzi che cercano l autogratificazione erotica, che tentano di saggiare con le mani le parti migliori delle operatrici, che si eccitano e che parlano di sesso: in questi casi ci si scherza sopra, oppure si redarguisce, o si cambia semplicemente discorso, raramente ci si interroga sulla possibilità di un percorso educativo circa la sessualità. Credo che questo atteggiamento nasca da due fattori: la sessualità è un tabù per tutti, imbarazza il parlarne, non ci sentiamo né autorizzati né capaci - in quale università si insegna agli educatori come parlare di sessualità - sembra di invadere una sfera troppo personale (come se non fosse già un invasione della propria intimità spogliare e lavare tutti i giorni una persona) un senso di commiserazione verso gli assistiti (non parlo del bel film o della partita di calcio con un non vedente, né di musica con un audioleso, né di sesso con un down, un paraplegico, un malato psichico ), non solo perché non saprei come farlo, ma perché, siccome non può vivere queste esperienze, preferisco non accennarne per non ferire il suo non poterlo fare. Intanto però con i colleghi parlo di fidanzati, matrimonio, serate, figli il tutto alla loro presenza o con loro. Come definito dall Organizzazione Mondiale della Sanità, la disabilità è la conseguenza pratica di una menomazione, cioè di una perdita o anormalità di una funzione psicologica, fisica o anatomica (una menomazione nella vista provoca una disabilità nel vedere); pertanto l handicap costituisce uno svantaggio in quanto limita o impedisce l adempimento di un ruolo sociale considerato normale in base all età, al sesso ed al contesto socioculturale di appartenenza, è il risultato dell incontro tra disabilità e ambiente fisico: più questo è accogliente ed adatto all individuo, minore sarà l handicap. A meno di una disabilità specifica, fisiologicamente non c è diversità tra la sessualità dei normodotati e quella dei disabili: la natura, almeno in questo, è stata democratica, ha dato in ciò un uguaglianza sulla base dell essere uomini o donne: ciò che cambia sono le modalità di realizzazione della sessualità, non in quanto disabili, ma perché la modalità cambia da uomo a uomo in base ai valori, alla morale, alle esperienze, ecc Ciò che cambia sono le regole, i paletti morali e le convenzioni sociali con cui alcuni disabili vivono la sessualità: sono molto più liberi, sentono l impulso e cercano di soddisfarlo senza problemi, in modo naturale, proprio perché è una cosa normale: sento sete e bevo, sento fame e mangio, ho sonno e dormo, ho desiderio e mi masturbo.

8 Ma, d altronde, anche per i normodotati cambiano le regole, i paletti morali e le convenzioni sociali Allora, se con il mangiare e il dormire gli insegno che ci sono orari da rispettare, regole da seguire, con percorsi di educazione alimentare ad hoc, perché con la masturbazione mi limito a portarlo in bagno? Perché non parto da questo per capire bene cosa vive, cosa prova, cosa desidera, cosa cerca? Si badi bene, non voglio impedirgli un gesto, ma fare in modo che il gesto sia un punto di partenza per un percorso educativo Ma quindi che fare? Allargo il discorso: se la sessualità riguarda tutti, perché parlare solo dei disabili e non, ad esempio, di tutti coloro che vedono continuamente frustrati i loro desideri perché impossibilitati a realizzarli? Alludo agli anziani, che vivono quotidianamente la pulsione erotica ma non hanno la possibilità di soddisfarla perché in casa di riposo, o con badanti che li guardano 24 ore al giorno. In Danimarca da alcuni anni è in atto la porno terapia: in una casa di riposo sono proiettati film porno hard in piena regola ed esiste la figura dell happy girl che si occupa della soddisfazione sessuale dell anziano: gli atti di violenza ed il consumo di farmaci sono diminuiti drasticamente, soprattutto tra i malati di demenza. Ma, la porno terapia è possibile in Danimarca: siccome l handicap dipende dal contesto culturale in Italia come sarebbe? affrontare il tema della sessualità e disabilità partendo dall assistente sessuale per consentire anche a lui di provare i piaceri dell eros; sarebbe forse un altro modo di lavarsi le mani di fronte al problema di dare risposta ad un vuoto che migliaia di persone vivono quotidianamente nella propria vita. Perché non si può ridurre il tutto alla dimensione genitale ed alla realizzazione pratica del desiderio: sessualità è anche e soprattutto gioco, relazione, comunicazione, scambio di sensazioni, di emozioni e di piacere, in cui anche la masturbazione assume valore, poiché risulta essere un esperienza di preparazione alla versione relazionale della sessualità e tende al miglioramento del rapporto col proprio corpo. Certo ci sono i vantaggi fisiologici dell attività sessuale, che consente di liberare sostanze come la dopamina e la serotonina con evidenti giovamenti per il corpo e la psiche: è per questo che gli ospedali psichiatrici organizzavano gite in pullman degli ospiti dalle prostitute. Senza un percorso educativo alla base rischierebbe di essere un momento a sé (anche se, indubbiamente, molti assistiti ne sarebbero ben contenti), sarebbe come insegnare a gareggiare in una maratona partendo dallo sprint finale, dimenticando che prima degli ultimi duecento metri ci sono 42 km da percorrere. Nel nostro caso rischieremmo di non tener conto delle implicazioni che il gesto sessuale potrebbe creare: è chiaro che è sesso a pagamento? Che risvolti avrebbe a livello affettivo relazionale? Domande e risvolti che riguardano ciascuno di noi, non solo il disabile, visto ad esempio che sono molti i clienti che si innamorano della prostituta. Senza parlare poi del fatto che lo sfruttamento della prostituzione è illegale, essendo la prostituzione l attività di chi offre prestazioni sessuali dietro pagamento di un corrispettivo in denaro, indipendentemente che le operatrici si chiamino meretrice, geisha, escort o assistente sessuale. Comporta una riflessione più ampia anche rispetto alle leggi ed ai diritti doveri di ciascuno: se non può vivere da solo la sessualità e lo aiuto, perché non dovrei eventualmente fargli provare una canna o farlo ubriacare, se vuole e me lo chiede? Tutte problematiche a cui, come operatori, non siamo in grado di rispondere. Concludo con un esempio personale: ho una figlia di due anni e quattro mesi, circa tre mesi fa ha iniziato a seguirmi in bagno: per lei era una sorpresa vedere che io la faccio in piedi, mentre lei si deve sedere. In lei c era curiosità, in me imbarazzo. Io, da comune educatore, ho risolto il problema sedendomi Mia moglie, da ottima mamma, le ha spiegato alcune differenze tra uomo e donna. Adesso Miriam, si chiama così, sa che ci sono delle differenze sessuali, non mi segue più in bagno ( e io posso finalmente tornare a svolgere il mio compito in piedi ). Quando anche nel nostro Paese saremo in grado di passare dal comune educatore alla brava mamma, allora potremmo sì sfruttare veramente le grandi possibilità terapeutiche della sessualità: il cambiamento, l handicap è degli operatori, senza una revisione dell impianto scolastico, della moralità (soprattutto del moralismo) che ci pervade la sessualità resterà per molte persone qualcosa di misterioso, di lontano, di precluso. Massimo Caruso

9 Una prima replica agli interventi 28 Aprile 2010 Riccardo (su zero321.it) manifesta il suo dissenso, ma lo fa con affermazioni, non con argomenti: il sesso a pagamento è disdicevole e umiliante per la dignità umana, accogliere l idea del sesso a pagamento per i disabili è come dire che i disabili non possono fare sesso se non a pagamento, un iniziativa del genere alimenterebbe ulteriormente il razzismo nei loro confronti. La risposta sta nella realtà concreta. Molte persone normodotate accedono al sesso a pagamento addirittura regolarmente e non vi trovano nulla di disdicevole dal punto di vista morale, per quale motivo dovrei io imporre loro la mia morale? L equazione possibilità-di-sesso-a-pagamento uguale solo-così-possono-fare-sesso è una semplice forzatura logica, e al contrario il problema si pone proprio per quelle persone che, disabili, non hanno tale possibilità nella loro vita. Il razzismo, triste residuo del passato, non si alimenta con l accesso a pratiche considerate normali per le persone normodotate, quindi anche questa è una pura affermazione non comprovabile. Mi pare che un primo punto fermo dovremmo metterlo: libertà di scelta e autodeterminazione per i portatori di handicap fisico. Per i portatori di handicap psicointellettivo la questione è più difficile, dato che indubbiamente, a loro tutela, la società ha costruito reti di fronteggiamento che in tutto o in parte ne affiancano o surrogano le scelte, a seconda della gravità dei casi. Qui è il vero problema: non sono totalmente liberi, chi si prende cura di loro spesso sceglie per loro, per cui la risposta spetta alla rete di fronteggiamento. Massimo Caruso, nel suo articolato intervento, propende anch egli (almeno così pare) per il no. Eppure non dovrebbe sfuggire in una logica educativa (almeno credo, non avendone io di certo le competenze) che il tema dell eros attiene ad una dimensione relazionale, e l approccio relazionale mi pare essenziale per il fronteggiamento dell handicap in ambito psicointellettivo. Né l autoerotismo (infantile o meno), né l alcool, né le droghe attengono alla relazione con l altro, dunque l equiparazione è impropria, cioè un errore. L eros e il sesso, dato che presuppone il concorso di un altra persona, invece sì, è problema squisitamente relazionale: il tema è qualitativamente diverso, gli ambiti problematici sono perciò incomparabili. Mi pare corretto distinguere due diversi concetti del corpo: il corpo fisico e il corpo come strumento di intercomunicazione e relazione con il mondo (Husserl chiama körper il primo e leib il secondo). Alcool, droghe, autoerotismo attengono al primo (per i supposti piaceri che procurano), eros e sessualità al secondo. Se è vero che il lavoro educativo (si chiama normalmente così, ma si dovrebbe forse più propriamente chiamare motivazionale ) è o dovrebbe essere essenzialmente teso a motivare la persona al cambiamento attraverso la/le relazioni con il mondo esterno e con altre persone, allora è su questo piano che va portato il dibattito. Tenere il dibattito su un piano più confuso produce impotenza, e difatti Caruso ammette con sincerità che con i disabili in genere non si parla di sesso. E con altrettanta sincerità, più nel profondo, ammette che in altri paesi si può avere un approccio diverso, ma in Italia no perché qui vivono e vigono pregiudizi di varia natura. Allora il punto vero diventano le problematiche a cui come operatori non siamo in grado di rispondere L handicap è degli operatori. Ottimo questo primo passo: ammettere un difetto, ma il secondo passo quale sarà? E soprattutto: qui da noi ci sarà un secondo passo? Corrado Mornese

10 Trasmissione di Alta Italia TV 210 Maggio 2010 Alta Italia TV intervista Silvia Ruspa (Gea) e Rosanna Rapetti (Arca Borgomanero) La trasmissione in onda Domenica 9 maggio 2010 alle ore Vedi il servizio:

11 Il settimanale nazionale Vita intervista Silvia Ruspa. 17 Maggio 2010

12 Contributo di Lores Bartelle, psicologa-educatrice 18 Maggio 2010 Il sesso, questo grande amico o nemico Beh! Forse è la cosa più assurda che io abbia mai scritto. Sì perché il sesso non dovrebbe essere né l uno né l altro ma dovrebbe essere semplicemente una parte, nel caso dell essere umano molto gradita, della vita. Il sesso è una delle cose, se non la cosa, più normale e naturale che esista: lo fanno le persone, gli animali e perfino alcune specie di piante, ve l assicuro mi sono documentata. Nel caso del kiwi ad esempio esistono piante maschili che devono fecondare quelle femminili, altrimenti non nascono i kiwini. Naturalmente il processo di fecondazione è specifico di quello delle piante e credo meno gradevole che per l uomo. I semi maschili infatti vengono trasportati dal vento verso la pianta femmina e poi la natura fa il suo corso. Sul piacere di questa cosa nessuno ha scritto niente. In alcune specie di insetti poi, il sesso è una specie di incubo dove ci si accoltella e addirittura si muore, vedi mantide religiosa. In altri animali, come i suini, il sesso è quanto di meglio possa esistere e da ricerche fatte da chi non aveva altro a cui pensare nella vita, risulta che il maiale ha ben mezz ora circa di orgasmo Madre natura o chi per essa non ha gratificato l uomo come l ha fatto coi suini (caspita, mezz ora!) ma gli ha donato in ogni caso la possibilità di fare sesso in modo piacevole e tale cosa accomuna tutti, poveri, ricchi, vecchi, giovani e E invece non è così. La mia era solo un illusione. Ci sono categorie per le quali il sesso è proibito! Nel caso dei portatori di handicap o diversamente abili come preferite, il sesso è out, tabù, imbarazzante, innaturale (!?) e quant altro di peggio possa esistere. Mi trovo così di fronte ad un dilemma: se i portatori di handicap sono esseri umani, perché devono rinunciare ad una parte fondamentale e alquanto piacevole della vita? Perché a loro è negato ciò che addirittura è concesso ad una pianta? (Per non parlare dei maiali). Non sto esagerando, ve l assicuro, di sesso tra i disabili si incomincia soltanto adesso a parlare, almeno in Italia, come se in tutti gli anni addietro il problema non si fosse nemmeno presentato. Credetemi, a questo punto ho le idee confuse. Il mondo cattolico potrebbe dire che il sesso dovrebbe essere fatto per la procreazione e non per il piacere, altri potrebbero ribattere che non si può paragonare l uomo ad una pianta, ad un insetto né tanto meno ai maiali (però se tanto mi dà tanto). Tutto ciò non mi chiarisce le idee. Perché a questo punto le categorie a cui il sesso è proibito aumenterebbero: donne in menopausa, omosessuali e coppie sterili (mi dimentico qualcuno?). Dunque la faccenda si complica. All estero ci sono degli educatori del sesso che vengono, di loro spontanea volontà, formati all approccio sessuale col disabile. Inutile dire che sono d accordo e che questa cosa crea un pochino di ordine nelle mie confuse idee. Però qui si apre un altra polemica. Le prestazioni sono a pagamento per cui si parla di prostituzione. Tali operatori sostengono che il pagamento di qualsiasi tipo di prestazione sia educativo. Nel caso specifico ciò rende il rapporto più professionale ed in più, siccome qualsiasi lavoro va pagato è giusto pagare anche questo, per cui si offendono se adoperiamo la parola prostituzione. Qui faccio fatica a capire in quanto penso che se per una prestazione sessuale si percepisce del denaro, allora per me è prostituzione. Il fatto è che io non sono contro la prostituzione. In primo luogo perché nella nostra società non è considerato un reato, in secondo luogo perché ritengo che il nostro corpo ci appartenga e che se lo usiamo per coccolare, carezzare, nutrire, vestire, lavare, massaggiare e così via, e se percepiamo un compenso per questo, allora chi se la sente può usarlo anche per il sesso e percepire ugualmente un compenso (sto ancora pensando ai maiali). A tal proposito ricordo ai benpensanti che Gesù ha sempre perdonato, parlato ed amato le prostitute. In secondo luogo perché i disabili sono persone con gli stessi diritti degli altri esseri umani e dunque ben venga del sano sesso fatto con cura da professionisti in grado di gestire tutta la faccenda. In terzo luogo perché in molte famiglie si arriva all incesto per contenere le turbe sessuali di figli o figlie e fratelli o sorelle. Inutile dire che su questo terzo punto mi fermo e dichiaro il mio disaccordo. Finalmente ho posto un po di ordine nella mia testa e invece no. C è tutto il discorso di un eventuale gravidanza. Per me il problema è bell e che risolto: pillola anticoncezionale e a posto così. Nella mia vita ho poche certezze ma una ve la voglio proprio comunicare. Signore e signori, il sesso esiste ed è un diritto! Posso dire vivaddio? Lores Bartelle

13 Contributo di Lara Pasquale, educatrice 18 Maggio 2010 Credo la tematica sesso-disabilità sia un argomento alquanto importante e delicato e, proprio in virtù della sua importanza, vada affrontato in modo serio e discreto, al fine di non ledere la sensibilità di chi vi si può sentire coinvolto ma di dare voce al proprio pensiero, in modo tale che possa diventare spunto di riflessione e, perché no, d azione, a vantaggio di persone le cui voci non sempre vengono sentite o ascoltate. Penso sarebbe importante, in Italia, un generale approfondimento della questione da parte di tutti coloro che, con professionalità diverse, lavorano con soggetti diversamente abili; sarebbe utile osservare realtà diverse dalla nostra e cercare di capire se iniziative come l istituzione della figura dell assistente sessuale abbiano dato o meno risultati positivi sul benessere psico-fisico di chi usufruisce del servizio da queste persone erogato. Per operatori socio-sanitari ed educatori, sarebbe utile avere a riguardo una formazione più specifica, per rispondere in modo più competente alle domande e ai bisogni in questo senso dei propri utenti. A prescindere da quello che può essere il mio personale parere, credo poi che ciò che veramente debba contare sia il pensiero dei soggetti direttamente interessati, in molti casi persone cognitivamente presenti e che hanno il diritto di esprimere le proprie necessità e scegliere per se stessi. Penso, infine, che non si vogliano intendere impossibilitati ad avere rapporti sessuali non a pagamento in generale tutti i portatori di handicap; un eventuale iniziativa di formazione di figure come quelle delle assistenti sessuali, credo sia infatti pensata solo per coloro che, tra i portatori di handicap, non hanno altre possibilità, come del resto, bando alle ipocrisie, accade anche tra i cosiddetti normodotati! Io stessa ho visto nascere, tra coppie di ragazzi disabili, relazioni fatte di sincero affetto e rapporti intimi, com è naturale che sia; di tali relazioni spesso abbiamo parlato con naturalezza e sincerità e nel mio futuro di persona ed educatrice mi auguro di vederne nascere e crescere ancora molte altre. Lara Pasquale, educatrice Gea

14 Dibattito ad Alta Italia TV 19 Maggio 2010 Talk show di Alta Italia TV con Silvia Ruspa (Gea), Rosanna Rapetti (Arca), Corrado Fumagalli (conduttore tv), Massimiliano Bonavoglia (filosofo) e Oscar Casotto (PDL). La trasmissione in onda il 18 maggio 2010.

15 Silvia Ruspa, Presidente Gea, fa il punto del dibattito su disabili e sesso a pagamento e disegna le strategie futura 20 Maggio 2010 Sperimentazioni, figure professionali adeguate, dibattito tra specialisti, raccolta di dati sulle esperienze estere: una sfida impegnativa e affascinante Il tema del sesso a pagamento per i disabili, lanciato dal nostro sito, ha riscosso un significativo interesse: se ne sono occupati giornali locali e nazionali e Alta Italia TV vi ha dedicato sia un reportage che un talk show. Alcuni operatori hanno portato il loro contributo al dibattito, così come risulta nel sito stesso. A questo punto un primo bilancio si può fare, e Silvia Ruspa Presidente Gea è ovviamente la persona più indicata. Le abbiamo posto alcune domande. Presidente, a questo punto del dibattito sul sesso a pagamento per i portatori di handicap suscitato dal sito internet di Gea, che giudizio ne dà? Si possono trarre alcune prime conclusioni? Gli echi avuti dalla questione che abbiamo posto confermano che il problema esiste e che è un bene farlo venire alla luce: l ultimo muro così abbiamo definito la questione si abbatte solo facendo maturare una consapevolezza diffusa. Ma proprio il talk show di Alta Italia TV andato in onda il 18 maggio 2010 dimostra che è necessaria un ulteriore messa a punto. E stata una trasmissione utile alla divulgazione, anche se ha risentito dell impreparazione di un paio di ospiti e di una certa ricerca di sensazionalismo giornalistico: ho dovuto precisare in quella sede che non pensiamo affatto a case chiuse, inutile che si cerchi di portare il dibattito su questo versante del tutto improprio. Ciò che vogliamo è fare focus sulla persona singola nella sua unicità esperienziale e nel suo processo verso un benessere completo, e questo è un tema sul quale anzitutto gli specialisti è bene che comincino a confrontarsi. Immagini del dibattito ad Alta Italia TV del 18 maggio Dall alto: Silvia Ruspa (Gea), Rosanna Rapetti (Arca), Corrado Fumagalli (conduttore televisivo), Massimiliano Bonavoglia (filosofo) e Oscar Casotto (PDL Novara). Per rivedere la trasmissione: spx?idfile=10243&idcat=0&page=0

16 A prescindere dalle semplificazioni improprie, cosa intende per confronto? Su quali linee deve svilupparsi? Il disagio e l handicap sono fronteggiati da reti di persone e servizi: sono queste reti, adesso, che devono iniziare ad affrontare la questione, sia sul piano filosofico che su quello specialistico, con riferimento al singolo utente che, ricordiamo, è una persona con esperienze, così come persone con esperienze sono gli operatori che se ne prendono cura. Molte sono le attività dell utente/persona e per l utente/persona poste in atto in questi anni e molte altre vengono inventate in base all evoluzione sociale (si pensi solo all uso del computer che in alcuni casi diventa supporto educativo o riabilitativo che produce risultati). Tutte queste attività tendono a coinvolgere i più diversi ambiti della personalità: i più diversi, ad eccezione dell eros. Si può dire che i facilitatori della rete di fronteggiamento tendono giustamente a motivare l utente/persona al cambiamento. In molti casi di handicap, la guarigione (mi si passi il termine, anche se so che in taluni casi non è condiviso) non può essere guarigione dei sintomi: l handicap rimarrà sempre. Ma può essere guarigione dai sintomi, ovvero il raggiungimento di un benessere superiore convivendo con la malattia: la malattia rimane, ma la persona vive una vita qualitativamente buona e soddisfacente a prescindere dalla malattia stessa. Questo è l obiettivo di una strategia riabilitativa che si prende cura ( care ) dell utente considerato persona a tutto tondo. Una esperienza olandese In Olanda è attiva la Sar (Associazione per le relazioni alternative), fondata 25 anni fa da René Vercoutre e da altri disabili. "L'idea ci venne dopo alcune esperienze poco felici con le prostitute: qualcuna si era presa i soldi senza poi fare nulla, qualcun'altra aveva aggiunto uno zero alla cifra su un assegno... cose così", ricorda Vercoutre. Ora lavorano per la Sar - che per la verità si occupa solo di mettere in contatto telefonico domanda e offerta - 12 donne (di cui due vivono in Belgio, altro Paese dove l'associazione è attiva, assieme alla Germania), due uomini gay e uno bisessuale, tra i 38 e i 58 anni. Tutti sono stati selezionati tra infermieri o persone con esperienza nel lavoro con i disabili. Una è madre di un ragazzo handicappato. "Oltre al sesso, rigorosamente "sicuro", offriamo attenzione personale e consulenza, per esempio alle coppie in cui uno dei due membri diventa disabile". Un'ora e mezzo costa 85 euro. Tremila i contatti annui, per 550 pazienti tra cui nove donne, tra i 18 e i 102 anni ("Il 102enne ebbe la sua prima visita Sar come regalo dalla figlia 64enne"); ogni anno se ne aggiungono 110. Più o meno metà sono disabili fisici, metà psichici. Il vantaggio di questa attività? "Il paziente acquista più sicurezza in tema di sessualità, e così è facilitato nell'iniziare una relazione. Molti, dopo essere diventati nostri clienti, si sono addirittura sposati". Da Diversamente sesso di Ambra Radaelli, La Repubblica

17 Voi che siete professionisti del sociale cosa potete fare in concreto? Senza sperimentazioni, senza un percorso da valutare, senza risultati da mettere a confronto si rimane ciechi, non c è luce. Non si vede una quota di realtà esistenziale. Aggiungo che dobbiamo costruire racconto, perché la persona è il racconto della propria evoluzione. Dobbiamo costruire storie, perché la care è fatta di storie, narrazioni, racconti e poi ancora di sorrisi e di sguardi, meraviglia, impulsi, a volte lacrime e tante altre cose ancora. L osservazione specialistica di questo complesso vissuto è il contenuto su cui la rete di fronteggiamento può agire per migliorare la vita dell utente/persona. Senza racconto non esiste nemmeno la rete o, se c è, giace in una immane impotenza. Sono preziosi in questa direzione i contributi pervenuti da alcuni nostri operatori, proprio perché danno la dimensione della complessità: Massimo Caruso insiste sul concetto di percorso educativo, Lores Bartelle sulla naturalità del problema, Lara Pasquale sull esigenza di una formazione specifica. Se all estero ci sono esperienze, racconti e storie perché in Italia non dovrebbe accadere lo stesso? Se la dimensione sessuale resta in ombra, perdiamo complessità nella valutazione dell utente/persona. Possiamo permettercelo se ci prendiamo cura di lui? E possibile fare qualche esempio concreto, per evitare che il discorso rimanga sostanzialmente teorico, senza agganci reali? Per andare ancora più nel concreto. Facciamo il caso (ipotetico ma non troppo) di un disabile psicointellettivo adulto ospitato in una struttura residenziale. Manifesta pulsioni sessuali. Non riesce a soddisfarle. Questa diminutio (ecco perché non è fuori luogo parlare anche di un diritto) può provocare scompensi psicologici e comportamentali di varia natura: in tal caso la rete di fronteggiamento osserva e coglie il problema. E poi? Qui sta il vero nocciolo del problema. Spesso qui ci si ferma. Io dico che la rete non deve fermarsi, deve elaborare un progetto nel progetto (PEI) che abbracci anche questa area della personalità. Le strade percorribili dalla rete a questo punto sono molteplici, c è da scegliere quella potenzialmente più produttiva per il singolo caso, e percorrerla. Poi si tireranno le somme. Il caso ipotizzato va trattato nella sua specificità, e dunque nessuna posizione a priori corrisponde al bisogno. Il no a priori preclude il racconto, perciò è la posizione peggiore: insostenibile. Il sì a priori costruisce un racconto standard, univoco per tutti: è meglio del no, ma la risposta resta debole per la sua genericità. Il giornalismo vorrebbe due schieramenti contrapposti proprio in tale maniera, e la cosa non ha senso. Servono risposte esclusivamente personalizzate, modulate e verificate sull unicità dell utente/persona.

18 Ma ci vorrà pure una prospettiva univoca, altrimenti c è il rischio di interventi troppo differenziati da zona a zona, da struttura a struttura, non sembra questo un rischio plausibile? Vedo la necessità che le reti di fronteggiamento elaborino prospettive, ovvero percorsi per il singolo. Ma senza esperienze in materia ne sono in grado? Senza il contributo di figure professionali del tipo di quelle che in vari paesi europei sono chiamate assistenti sessuali, ne sono in grado? Questa impreparazione, che in Italia ha radici storiche culturali e ideologiche, è il cemento su cui ancora si erge l ultimo muro. Parliamone è dunque essenziale. Portiamo anche le minime osservazioni concrete, abbozziamo una sistemazione teorico/pratica, facciamo statistica, sperimentiamo. Insomma, abbattiamo il muro. Al di là del muro ci sono problemi delicati, complessi e affascinanti: c è una sfida che ci chiama. Ne siamo all altezza o ne abbiamo paura? Ma noi, che conosciamo il dolore, non possiamo essere codardi di fronte al nuovo. Forse altro dolore ci attende, ebbene: lo affronteremo. Forse problemi ben più difficili ci attendono, ebbene: li risolveremo. Ogni pigrizia, ogni burocratismo nei comportamenti e nello studio sono nostri nemici. L etica del non fare non ci appartiene, la allontaniamo da noi. Si potrebbe, ad esempio, raccogliere le esperienze fatte all estero e valutarle insieme. Solo cominciando da qui possiamo, se c è, colmare il gap. Cosa intende per pigrizia e burocratismo? Quando parlo di pigrizia e burocratismo intendo anche il fatto che qualcuno ancora ponga il problema in termini di prostituzione. Non è opportuno introdurre il tema prostituzione o no in questo dibattito. Tanto più in questo dibattito. Le etichette, le semplificazioni generalizzanti obnubilano la questione e sanciscono stigma sociale. Qui non è in questione una prestazione sessuale a pagamento da parte di persone (donne) che vendono il proprio corpo, e non è nemmeno in questione se ciò sia giusto, normale, accettabile o no. Ciascuno la pensi come vuole sul tema prostituzione. Qui parliamo di figure professionali assimilabili ad operatori sociali che estendono la gamma delle proprie prestazioni della care, del prendersi cura, ad un areale psicofisico e relazionale ulteriore. Una/un operatore sociale che avesse la forza morale, la formazione e la disponibilità di questo sarebbe a mio parere assai stimabile, molto più stimabile di chi sceglie una professione legata all assistenza sociale solo per lo stipendio. Quanti di noi ne avrebbero il coraggio? Parliamoci chiaro, e respingiamo ogni ipocrisia: molto, molto pochi. Il dibattito aperto quale sviluppo può avere? Semplice: andremo avanti. Cercheremo di riunire specialisti e di avviare la ricerca. Ci attende molto lavoro. Lo faremo.

19 Come riportato da diversi siti internet ai primi di maggio (un esempio nella pagina precedente), sembra che l organismo denominato Federsex stia facendo della questione sesso-disabili la propria bandiera, fino al punto che è intenzionata a portare la questione degli assistenti sessuali per disabili all attenzione del Ministero delle Pari Opportunità. Ecco quello che può succedere se il sistema che si prende cura dei disabili rimane immobile: altri se ne occupano, da altri verranno proposte e forse soluzioni che certamente poco o nulla hanno a che fare con progetti di fronteggiamento dell handicap. Se il sistema deputato non coglie la tematica, essa troverà altri sbocchi di soluzione. E logico e fatale. In questi sbocchi prevedibili saranno logiche altre a imporsi: il profitto, la mercificazione dell eros, l appiattimento su pratiche banali prive di storia, prive di racconto. Vogliamo questo? Pur di rimanere fermi al burocratismo di cui Silvia Ruspa parla nell intervista pubblicata in questo sito, il sistema sociale di care è disposto ad assecondare queste tendenze? A tanto arriverebbe la pigrizia e l ignavia pur di non mettere in discussione le proprie silenziose inadeguatezze? Non vogliamo pensarlo. Se non si vuole tutto questo, l iniziativa riportata nella pagina precedente impone un accelerazione da parte di tutte le reti di fronteggiamento, ai vari livelli: sociale, sanitario e politico. Gli specialisti si facciano avanti, prendano posizione, promuovano il dibattito. Forse a qualcuno il problema può risultare particolarmente spinoso, complicato, impegnativo: è logico, in carenza di esperienze specifiche qualificate in Italia. Ma proprio per questo è una sfida che chiama in causa il cambiamento/miglioramento non solo dell utenza ma anche e in questa fase forse soprattutto degli operatori. L ultimo muro Se gli specialisti non se ne occupano 21 Maggio 2010 (c.m.)

20 Il sito DISABILIABILI riporta la questione 27 Maggio 2010

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