PSICOLOGIA E SPORT. Ma come colleghiamo ora l importanza di queste relazioni con il nostro sport?
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- Gabriella Nobile
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1 PSICOLOGIA E SPORT Appunti lezione crediti Pao Vicenza 26/10/2013 Relatore: Dott.ssa Manuela Cesero Il titolo magari può incuriosire anche i più scettici, quelli che considerano la psicologia una cosa inutile, figurarsi messa a braccetto con lo sport! In effetti è naturale chiedersi che cosa mai possono avere in comune la Psicologia con lo Sport, in questo caso con il Basket. Ciò che li lega sono le relazioni interpersonali. Il mondo della pallacanestro è fatto di relazioni interpersonali. La psicologia, in questo caso la Psicologia Strutturale Integrata di Giovanni Ariano, modello di riferimento di questo scritto, analizza, interpreta e dà un senso alle relazioni interpersonali. Quali relazioni? Pensiamo ad un bambino che si iscrive ad un corso di mini basket. Da subito inizia a relazionarsi con l attrezzo tipico del nostro sport, la palla a spicchi, si relaziona con quel che sente mentre inizia a palleggiare. Dovrà abituarsi che ci sono linee che delimitano lo spazio dove giocare, imparerà che la palla va anche passata si relazionerà, oltre che con sé stesso, con i compagni, con l Istruttore poi inizieranno le partite e il nostro piccolo atleta dovrà gestire relazioni con gli avversari, il pubblico, l arbitro e quando crescerà e diventerà famoso perfino con la stampa. Ma come colleghiamo ora l importanza di queste relazioni con il nostro sport? Perché il modo in cui giochiamo, ci alleniamo, riusciamo o non riusciamo a giocare bene, dipende proprio dalla qualità delle relazioni che sappiamo instaurare. In altre parole, il modo in cui facciamo prestazione, performance, dipende dalle relazioni interpersonali!! Ma che cosa è la prestazione? Di cosa è fatta? Ipotizzando la prestazione come una piramide, alla base troviamo il livello fisico, sul quale poggia il livello tecnico-tattico, sopra il quale troviamo il livello psicologico/relazionale.
2 Il livello fisico lavora sullo sviluppo quantitativo e qualitativo delle capacità fisiche e delle abilità motorie. È la parte necessaria, ma da sola non sufficiente, che a partire dalla struttura biologica, attraverso le diverse capacità ed abilità motorie, costituisce la base necessaria per poter sviluppare le capacità tecniche e tattiche. Il livello tecnico/tattico è il livello che rende caratteristico, specifico il gioco della pallacanestro. Attiene a tutto ciò che riguarda la capacità di gestire i gesti tecnici (i fondamentali) e le situazioni tattiche (scelte in attacco e difesa). I fondamentali sono come le lettere dell alfabeto del basket, che una volta acquisite permettono di formare parole e frasi via via più complesse (per esempio attacco difesa) con le quali poi è possibile dialogare (giocare assieme) con i compagni e misurarsi con gli avversari. Il livello psicologico comprende ed incorpora i due precedenti livelli. Qui tutto ciò che avviene nei livelli precedenti viene tradotto nelle emozioni che vengono vissute, nelle strategie cognitive, nelle fantasie, nelle sensazioni corporee che scaturiscono da ogni impegno fisico, gesto tecnico e scelta tattica. Detto in altre parole, tutto ciò che succede in campo provoca emozioni, suscita fantasie, fa scaturire sensazioni corporee e pensieri e tutto questo è il modo in cui ogni persona si relaziona che sé stessa che poi influenza il modo in cui si relaziona con gli altri. Ma allora, difendere uno contro uno o con un raddoppio è una qualità fisica, tecnica o psicologica? Alla luce di quanto fin qui detto, il modo in cui un giocatore sta in campo, il tipo di pallacanestro che la squadra sa esprimere, il sistema di gioco voluto dal coach, raccontano come tutti e tre i livelli, fisico tecnico/tattico e psicologico, vengano integrati tra loro dando forma al modello di pallacanestro integrata. La Pallacanestro integrata parte dal presupposto che un modello che integri anche il livello psicologico/relazionale sia più complesso e consenta di descrivere quanto succede in campo a livello spontaneo. Come si allena il livello fisico e quello tecnico tattico, così si può allenare il livello psicologico/relazionale. L obiettivo di lavorare in questo modo è quello di imparare a riflette su ciò che già facciamo spontaneamente. Pensiamo ad un ragazzo che ha problemi negli esercizi di palleggio. L intervento dell allenatore solitamente si ferma ai primi due livelli. Corregge la forza con la quale spingere la palla, la corretta posizione delle gambe, come va messa la mano sulla palla Abbiamo visto che il livello psicologico/relazionale incorpora questi due livelli dai quali non può prescindere. Quindi l intervento che tiene conto anche del terzo livello si concretizzerà, per esempio, cercando di capire se il giocatore ha sempre difficoltà nel palleggio o solo in qualche circostanza. Se ha la capacità di palleggiare stando in relazione con i compagni (li vede mentre palleggia? Solo se il suo difensore non lo pressa?) Come reagisce all intervento del coach? Lo ascolta interessato o sbuffa? Quando va in difficoltà cerca di passare la palla o si ostina a palleggiare? Riesce a fare buoni passaggi o vuole solo sbarazzarsi del pallone? Ecc Per poter intervenire in questo modo è necessario instaurare buone relazioni interpersonali con i giocatori, relazioni che hanno il compito di creare un contenitore dove poter integrare i diversi livelli, per dare vita ad un linguaggio comune che consenta un dialogo dove tutti parlano la stessa lingua. Con il ragazzo che non sa palleggiare, avvicinarsi e dire che abbiamo notato che non sempre perde il pallone, che ciò succede solo quando gioca nel ruolo di play e chiedere se anche lui ha notato la stessa cosa e
3 quali sono per lui i motivi è un tipo di intervento che ci permette di lavorare sul livello fisico e tecnico partendo da quello relazionale, con un ragazzo che sentendosi capito sarà più motivato a migliorare. Il modello di Pallacanestro integrata nasce dalla collaborazione di Ettore Messina con il Dott. Biccardi e la Dott.ssa Falco, ripreso e potenziato oggi da Andrea Capobianco in collaborazione con il Dott. Del Prete ed inserito nel Progetto di Pallacanestro Integrata dal quale prendono spunto le giornate azzurre. Allenare in questo modo è decisamente molto più difficile, poiché presuppone la disponibilità dell allenatore di misurarsi con tutti e tre i livelli in prima persona e di mantenere la complessità di una simile analisi anche quando può sembrare più immediata la soluzione di ridurre il tutto ad uno solo dei livelli elencati. Come a dire che, soprattutto nei momenti di stress, risulta molto più facile intervenire sul piano fisico (piega le gambe), sul piano tecnico (palleggia con le dita e non con il palmo) perché intervenire anche su quello relazionale significa andare a mettersi molto più in discussione in prima persona, toccando anche le nostre emozioni di allenatore, per cogliere se quello che succede a noi davanti all errore del giocatore ci permette di capire che cosa sta succedendo a lui, quale potrebbe essere il problema. Vuol dire anche avere la disponibilità per guardare le proprie modalità di allenare e relazionarsi con i giocatori definendone non solo le capacità ma soprattutto i limiti che, in particolare nelle situazioni stressanti, emergono e le condizionano. Un errore ripetuto di un giocatore mi fa arrabbiare? E quando sono arrabbiato riesco ad aiutare il giocatore o la mia rabbia mi fa guardare da un altra parte e lasciar perdere? Presuppone la disponibilità a lavorare sulla definizione del proprio modello di gioco, essere disposti a chiarirlo e poterlo confutare. Significa, lavorare su ciò che accade a livello spontaneo ed istintivo nel proprio modo di essere giocatore o allenatore, per aumentare la capacità di riflettere sul proprio essere ed agire. Per chiarire meglio questo concetto, facciamo un esempio su un allenatore categoria under 13 che da qualche anno si trova ad affrontare la difesa a zona. Di principio questo allenatore non la vuole insegnare in questa categoria, eppure è un allenatore il cui modello di gioco è fortemente basato sulla difesa aggressiva. Trovandosi a dover spiegare la difesa a zona, inevitabilmente faceva passare il massaggio spontaneo che era una difesa alla quale non credeva. Spinto a riflettere su questo, è emerso che la sua paura era che con questo tipo di difesa i suoi ragazzi si adagiassero troppo sul concetto di aiuto e perdessero l aggressività difensiva nell 1 c 1 che per lui era fondamentale. Solo dopo aver chiarito questo è riuscito ad insegnare la difesa a zona in modo convinto, esaltando l aggressività per contenere l 1 c 1 nella propria zona di competenza, ma inserendo un concetto di collaborazione che sul campo è visibile da come questi ragazzi si aiutano parlando. Come si vede lavorare in questo modo porta ad una consapevolezza di ciò in cui si crede o non si crede e perché, e dà un maggior numero di strumenti per trovare soluzioni e strategie. Ma come si fa a capire quale è il modello di pallacanestro che abbiamo in testa? Iniziare chiedendosi come vogliamo che giochi la nostra squadra? Cosa insegniamo ai nostri ragazzi? Come vogliamo si esprimano in campo? Ovvero quali sono i principi sui quali insistiamo, cosa è più importante che sappiano fare? Questi principi fondamentali, un po come fossero le fondamenta sulle quali costruiamo la casa che ci piace, vengono definiti i postulati che guidano il nostro modo di allenare. Se un allenatore insiste tanto sulla difesa aggressiva, sul concetto di anticipo difensivo, molto probabilmente è un allenatore per il quale la capacità di acquisire un vantaggio sugli avversari nasce dalla capacità di anticipare un passaggio e rubare la palla.
4 Un altro allenatore invece potrebbe insistere sulla capacità di giocare in attacco usando quasi tutti i 24 secondi. Per cui potremo ipotizzare che per quell allenatore il vantaggio sugli avversari viene preso inducendoli ad un errore difensivo, dovendo questi difendere per un tempo più lungo. Come si vede due modelli di pallacanestro estremamente dissimili che esplicitano postulati diversi, modi differenti di intendere la pallacanestro. Capire e chiarire quali siano i nostri postulati permette di programmare allenamenti sapendo esattamente come vogliamo giochi la nostra squadra e quindi proponendo esercizi coerenti con ciò in cui si crede. Secondo il modello integrato di Giovanni Ariano i postulati ci informano sui contenuti di pensiero che fanno da substrato a tutto il comportamento. Ogni nostro comportamento è guidato da ciò che in profondità ognuno di noi crede. Nella pallacanestro, anche se un intervento è focalizzato sul livello fisico e tecnico/tattico, in un concetto più ampio possiamo dire che tutto ciò che succede sono relazioni i interpersonali che accadono in un campo specifico. Tutto ciò che avviene può essere descritto come un equilibrio, sintesi particolare di capacità di autonomia e capacità di collaborazione, in uno spazio e tempo opportuni. L autonomia possiamo definirla come la capacità di pensare in proprio (da solo), sul compito da svolgere, su se stesso che lo svolge e sugli altri (compagni e avversari). È la capacità del giocatore o dell allenatore di avere un idea consapevole di ciò che sta accadendo in campo sulla base della quale decidere di fare o non fare determinate scelte tecnico/tattiche per il bene della squadra e di assumersene la responsabilità. (il giocatore che sa leggere la situazione favorevole per battere il suo diretto avversario) La collaborazione è la capacità di condividere una visione comune, anche quando si è costretti a sacrificare la propria allo scopo di mantenere l unità della squadra e di mantenere un vantaggio (il giocatore che vedendo il palleggiatore difeso dal compagno in difficoltà porta un raddoppio). L equilibrio è il modo in cui la squadra nella sua totalità esprime il suo modo di essere, giocare in certi spazi, con un determinato ritmo L equilibrio di una squadra, il suo modo particolare di giocare è dato dal modo in cui i giocatori si relazionano tra loro al fine di prendere mantenere concretizzare un vantaggio spazio/temporale sugli avversari. L equilibrio di una squadra si può comprendere cercando di guardare come pensano e ragionano in campo i giocatori (autonomia e collaborazione) e come usano e percepiscono spazio e tempo in campo. Lavorare sull autonomia significa aiutare allenatori e giocatori a pensare sul proprio modello di gioco per essere disponibili a confutarlo. Ed è l unica strada che porta il coach ad allenare persone pensanti e non semplici esecutori di un gesto o uno schema tattico. Ma per arrivare ad avere giocatori che pensano e che leggono bene la situazione in campo, non si può parlare di autonomia senza inserirla all interno di una relazione, altrimenti stiamo parlando di egocentrismo. Traduciamo questo esempio sul campo: situazione di 2 vs 2. Giocatore con palla batte il suo diretto avversario. (preso vantaggio). Ora, cosa ha nella testa questo giocatore? Vede solo il canestro? O riesce a leggere la situazione che si presenta sul campo per mantenere il vantaggio preso? Cioè, è giusto che punti
5 al ferro, ma riesce ad ipotizzare che forse l altro difensore chiuderà? E che quindi il vantaggio si può mantenere solo se passa al palla al compagno? E il compagno riesce a leggere che per mantenere il vantaggio deve dare un angolo di passaggio qualora il suo difensore vada a chiudere? Quante volte abbiamo visto giocatori che fanno sfondamento o perdono la palla perché pur riuscendo a battere il loro diretto avversario, poi non riescono a giocare insieme, a collaborare? La collaborazione di una squadra si vede, ad un livello generale, dalla capacità di ciascun giocatore di usare tempo e spazio per raggiungere un obiettivo comune, di rinunciare a soluzioni personali in favore di una scelta più funzionale all obiettivo generale. In un esempio questo si traduce nella scelta fatta da un tiratore di rinunciare ad un buon tiro in favore di un passaggio ad un compagno libero sotto canestro. Questo tiratore sta sacrificando il suo tempo e il suo spazio a favore di un obiettivo più alto che è quello della squadra. Autonomia e collaborazione non possono essere slegati dai concetti tecnico/tattici di spazio e tempo. Basta collocare l esempio del nostro tiratore in una situazione ad un secondo dalla fine e sotto di due punti. Rinunciare a quel tiro non sarebbe più una buona scelta! Spazio e tempo indicano il LUOGO e il MOMENTO opportuno in cui viene espresso l equilibrio. Spazio e tempo permettono in un analisi di gioco di capire in che spazi del campo e in quali tempi una squadra preferisce giocare per mantenere la formula di gioco più funzionale. I giocatori vedono il campo tutti allo stesso modo? E il tempo? Autonomia e Collaborazione non possono prescindere dal tempo e dallo spazio. Al mutare del tempo e/o dello spazio l una può essere letta come l altra e viceversa. Nell esempio del nostro tiratore di prima, rinunciare al tiro ad un secondo dalla fine a favore di un passaggio non può essere di sicuro un buon esempio di collaborazione, ma neppure una buona forma di autonomia. Autonomia e collaborazione non sono alternativa, ma coesistono come due facce della stessa medaglia, senza che l una possa fare a meno dell altra. Poter giocare di squadra prevede che tempo e spazio siano vissuti consapevolmente e in maniera condivisa. Per capire come percepiscono tempo e spazio i giocatori è sufficiente fermarli dopo un tot di secondi e chiedere loro quanto tempo è passato. Oppure fermare un azione, far chiudere gli occhi e chiedere quanto sono lontani dalla linea di fondo, o quanto lontano da canestro di trova il compagno X Allenare utilizzando i postulati relazionali (autonomia / collaborazione) e i postulati tecnici (spazio / tempo), ovvero traducendo ciò che succede in campo usando queste categorie, permette di capire l equilibrio, il punto di forza di una squadra al fine di poter usare queste informazione in modo consapevole e non più istintivo. Detto molto più semplicemente, significa fare le cose che già facciamo ma avendo ben chiaro il perché. Quante volte viene fatto un cambio perché sentiamo che è il momento di mettere proprio quel giocatore? Ma se poi ci viene chiesto il motivo non siamo in grado di spiegarlo? Ecco, allenare tenendo presenti i postulati relazionali e tecnici tattici mi permette di fare quel cambio consapevolmente, perchè ho ben chiaro cosa serve in quel momento alla squadra e chi può darmelo. Vi pare poco?
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