Le epatiti virali: diversificare la gestione, migliorare i risultati

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1 Periodico di aggiornamento in medicina edito da effetti srl Impaginazione: Francesca Tacconi Direzione, redazione, amministrazione: Via Gallarate, Milano Tel. 2/ Stampa: Grafiche Nord (Milano) Pubblicazione registrata al Tribunale di Milano n. 531 del 24 settembre 23 Le epatiti virali: diversificare la gestione, migliorare i risultati Anno 5 n. 1 Gennaio 27 cod Depositato c/o Agenzia Italiana del Farmaco in data 29/11/6 Epidemiologia e scenario clinico delle epatiti virali: nuove prospettive Gestione clinico-terapeutica dell epatite cronica C La valutazione di progressione della malattia epatica Gestione della malattia cronica da virus B Aderenza e tollerabilità al trattamento antivirale Il trapianto di fegato e la recidiva epatitica Gestione clinica delle complicanze della cirrosi epatica Dai trial randomizzati al riscontro sul campo: gli studi Probe e Opera a cura di Mario Rizzetto Dipartimento di Gastroenterologia, Università di Torino

2 2 Le epatiti virali diversificare la gestione migliorare i risultati Torino, 28-3 settembre 26 Presidente Mario Rizzetto Dipartimento di Gastroenterologia, Università di Torino Epidemiologia e scenario clinico delle epatiti virali: nuove prospettive Faculty Alfredo Alberti Padova Pietro Andreone Bologna Angelo Andriulli San Giovanni Rotondo (FG) Mario Angelico Roma Antonio Ascione Napoli Michel Beaugrand Parigi (Francia) Renato Bonardi Torino Maurizia Brunetto Cisanello (PI) Raffaele Bruno Pavia Savino Bruno Milano Elisabetta Bugianesi Torino Andrew Burroughs Londra (UK) Giuseppe Cariti Torino Giampiero Carosi Brescia Antonio Craxì Palermo Vito Di Marco Palermo Carmine D'Urzo Monza (MI) Patrizia Farci Cagliari Carlo Ferrari Parma Giovan Battista Gaeta Napoli Angelo Gatta Padova Maria Guido Padova Pietro Lampertico Milano Massimo Levrero Roma Patrick Marcellin Clichy (Francia) Alfredo Marzano Torino Alfonso Mele Roma Giuseppe Pastore Bari Marcello Persico Napoli Felice Piccinino Napoli Antonino Picciotto Genova Antonello Pietrangelo Modena Massimo Pinzani Firenze Claudio Puoti Roma Massimo Puoti Brescia Giovanni Raimondo Messina Rajender K. Reddy Philadelphia (PA, USA) Enrico Roda Bologna Massimo Sarracino Monza (MI) Antonina Smedile Torino Tommaso Stroffolini Roma Gloria Taliani Roma Stefan Zeuzem Homburg (Germania) Nonostante il significativo contenimento dell'endemia da HBV e, in minor grado, di quella da HCV conseguito negli ultimi anni, l'epatite virale rimane un problema importante di sanità pubblica nel territorio nazionale. L'incidenza dell'epatite acuta è diminuita per ogni tipo di epatopatia virale, fatto salvo un picco isolato dell'epatite A in Puglia negli anni Il calo marcato dell'epatite B è dovuto anche alla vaccinazione contro HBV, resa obbligatoria nel 1991; in Italia tutti i soggetti giovani (dai 24 anni in giù) sono immuni. Nondimeno, si contano ancora 9. portatori cronici di HBsAg, e 1.8. soggetti infettati da HCV nel territorio nazionale. L'infezione da HCV presenta prevalenze diverse nelle varie regioni italiane, con un massimo nel Sud e nelle isole, dove il 25% degli individui anziani risulta essere stato esposto al virus. Per motivi storici diversi, sia l'epatite cronica B che quella C stanno diventando malattie dell'età più avanzata; la prima per il controllo L'epatite cronica B in Italia Studio collaborativo 21 (n. 1) Cirrosi epatica Epatite cronica Valori di laboratorio normali N.D. Epatocarcinoma Figura 1 3,4% Nonostante il significativo calo delle forme acute, le epatiti virali rimangono un problema di sanità pubblica con circa un milione di portatori di HBsAg e due milioni di pazienti HCV positivi in Italia acquisito nelle nuove generazioni con la vaccinazione, la seconda perché il rischio più alto di contagio si è materializzato nella seconda metà del secolo scorso con l'uso di strumentari igienici e medici promiscui. I fattori residui di rischio d'infezione per entrambi i virus sono: l uso endovenoso di sostanze stupefacenti, le attività medico-chirurgiche (soprattutto nell ambito della chirurgia interventistica e della ginecologia-ostetricia) e la convivenza con un soggetto infetto. Altri fattori incidono in modo diverso sul rischio d'acquisire le due infezioni. Rimane un rischio residuo di trasmissione col sangue trasfuso, sia per trasmissione del virus durante la fase finestra, cioè nel periodo di incubazione dell'infezione nel dona- 3,2% 23% 57% 14% Epidemiologia e scenario clinico delle epatiti virali: nuove prospettive 3

3 4 Distribuzione percentuale di epatopatia cronica anti-hcv positiva Epatocarcinoma Epatite cronica Cirrosi Figura 2 19,4% 3,7% tore, che, come nel caso dell'epatite B, per trasmissione da un donatore portatore occulto dell'hbv. L'HCV da solo o in associazione all'alcool è responsabile attualmente del 68% delle epatopatie croniche in Italia, l'hbv solo del 1%. Le caratteristiche cliniche del portatore italiano contemporaneo di HBsAg è mostrata nella Figura 1, mentre in Figura 2 sono descritte le varie caratteristiche cliniche dei pazienti con epatopatia cronica da HCV. La progressione dell'epatite B e C dipende da vari fattori; il più importante è la risposta immunitaria del soggetto infetto, la cui integrità EPATITE ACUTA C Clearance virale spontanea EA sintomatica EA asintomatica Figura 3 % % E. Sagnelli, T.Stroffolini, P. Almasio, A. Mele e competenza appare necessaria per risolvere l'infezione e la cui incompetenza è invece il motivo cruciale dell'evoluzione verso la cronicità; curiosamente, l'epatite C acuta itterica è meno propensa a cronicizzare rispetto alla forma anitterica (Figura 3). Nel caso dell'epatite B il fattore più importante di progressione della malattia è la replicazione dell'hbv; nel caso dell'epatite C la replicazione virale non ha un ruolo patogenetico primario, ma la rapidità dell'evoluzione è condizionata dalla presenza di comorbidità. Comorbidità sono riscontrabili in n. pazienti Gerlach et al Gastroenterology 23 Santantonio et al Digest Liver Dis 23 Clin Infect Dis (in press) Courtesy of T. Santantonio Mentre per l epatite B la replicazione virale è il principale fattore di progressione della malattia, per l epatite C è costituito dalla presenza di comorbidità quasi il 5% dei pazienti con epatite cronica C in Italia (Figura 4). L'età è un fattore importante nel favorire il processo di fibrosi e la progressione verso la cirrosi, come lo sono il livello di ALT e l'insorgenza di picchi epatici intercorrenti. Incidono significativamente sull'evolutività e l'evoluzione della malattia l'alcool, il sovrappeso, la steatosi. Il genotipo 3 di HCV, più di altri genotipi, è in grado di indurre steatosi e steatoepatite, favorendo così il processo fibrotico. L'epatite C progredisce più rapidamente nei soggetti coinfettati dall'hbv ed in quelli coinfettati dall'hiv. Da considerare che alcuni cofattori di malattia, come la steatosi ed il sovrappeso sono correggibili e la loro correzione può migliorare la risposta alla terapia antivirale. Altri fattori, che influiscono negativamente sull'evoluzione dell'epatite cronica C, come l'età, non sono correggibili ma vanno presi in considerazione nell'indicazione terapeutica, in quanto diminuiscono la risposta alla terapia antivirale (Figura 5). Negli ultimi anni sono state acquisite conoscenze più precise sulla sto- ria naturale dell'infezione nei soggetti infetti con l'hcv (HCV RNA positivi) apparentemente sani che esibiscono livelli di aminotransferasi persistentemente normali (PNALT = Persistently Normal ALT). Una parte di questi soggetti mostra una normalità enzimatica effimera; quando adeguatamente monitorati, il 21,5% ha esibito rialzo di ALT nel follow-up. La migliore comprensione del significato delle ALT/AST, i cui limiti di normalità dipendono dal contesto medico e da differenti riferimenti clinici, ha indotto a diminuire il limite normale superiore delle ALT del 25% negli uomini (dal 4 a 3 U/L) e del 37% nelle donne (da 3 a 19 U/L) rispetto ai valori standard correnti, consentendo una migliore sensibilità diagnostica nell'identificare le epatopatie croniche. È ormai consolidato che proporzioni significative di soggetti HCV-positivi con PNALT presentano malattia epatica cronica dimostrabile all'istologia nella biopsia epatica; in una casistica americana il 6% dei soggetti con malattia documentabile presentava cirrosi o necrosi a ponte Percentuali significative di soggetti HCV positivi con ALT normali presentano malattia cronica documentata all istologia nella biopsia epatica (Figura 6) ed in una casistica italiana veniva riscontrato danno epatico istologico nell'83% dei soggetti con Comorbidità nel paziente con epatite cronica B Con 1 o più cofattori o comorbidità Senza cofattori o comorbidità "paziente standard" PNALT (figura 7). Parallelamente studi di follow-up hanno dimostrato che la malattia è Studio PROBE - Analisi retrospettiva (n.= 2149) 48,5% 51,5% Figura 4 Alberti A. ISVHLD, Parigi 26 Pazienti HCV genotipo1: tassi di SVR in rapporto all'età Figura 5 Fibrosi nei pazienti con epatite cronica C: ALT "normali" vs ALT elevate Cirrosi A ponte Portale No fibrosi Lieve Figura 6 SVR% % < 3 (7%) 31-4 (15%) ALT "Normali" 26% 39% 6% 41-5 (37%) Età (anni) 6% 24% 16% 51-6 (21%) 19% > 6 (2%) ALT elevate 22% 19% Shiffman et al, J infect Dis 2 Epidemiologia e scenario clinico delle epatiti virali: nuove prospettive 5

4 6 Istologia epatica tra 159 portatori di HCV con ALT persistentemente normali Sani Epatopatia lieve Epatopatia minima Cirrosi Epatopatia moderata/grave Figura 7 ALT persistentemente normali = 9 valori normali/18 mesi Portatori sani 34% 17% 44% 1% 4% }Danno epatico: 83% The Italian Study of the Asymptomatic C Carrier (ISACC), Puoti et al, J Hepatol 22 La valutazione clinica del soggetto con ALT normali deve tener conto di diversi parametri e delle probabilità di successo della terapia antivirale Gestione clinico-terapeutica dell epatite cronica C evolutiva anche nei soggetti con PNALT, pur essendo la progressione più lenta che nei soggetti con ALT alterate, e che la normalità prolungata degli enzimi epatici non limita improvvise riaccensioni dell'infezione con picchi elevati di ALT, particolarmente nei soggetti con HCV genotipo 2. Indipendentemente dall'accertamento di malattia, la percezione L'EPATITE DELTA Sono stati identificati nuovi e molteplici focolai d'endemia del virus dell'epatite D (HDV nel terzo mondo) e gli studi genetici hanno dimostrato l'esistenza di almeno 7 genotipi dell'hdv. Negli ultimi anni, la riduzione della circolazione dell'hdv nel territorio nazionale è stata ancor più marcata di quella dell'hbv; ciò è ovvio in quanto il declino dell'hbv ha tolto e sta togliendo all'hdv il substrato biologico (la rete di portatori di HBsAg) su cui il virus difettivo può crescere e propagarsi. La diminuita incidenza dell'infezione da HDV ha negativa dell'infezione da HCV diminuisce la qualità di vita dei soggetti PNALT; ciò può consigliare un approccio terapeutico teso a sradicare l'infezione e ristabilire l'equilibrio psicofisico al soggetto HCVpositivo con PNALT. Poiché dunque un numero variabile dal 25% al 46% (a seconda delle casistiche considerate) dei soggetti con epatite cronica C presenta ALT normali e Malattia epatica da HDV: lo scenario clinico Malattia lentamente progressiva Malattia rapidamente progressiva viceversa, nei soggetti HCV-positivi con ALT normali è possibile, se non probabile, la presenza di epatopatia sottostante. La valutazione clinica del soggetto con PNALT non deve basarsi sui soli enzimi epatici, ma anche su parametri virologici, istologici, sul rischio di trasmissione, l'impatto psichico negativo dell'infezione e le probabilità di eradicarla con la terapia antivirale a disposizione. mutato al contempo lo scenario clinico dell'epatite D, costituito al presente da forme ormai cirrotiche, retaggio di infezioni acquisite molti anni fa, e non più da forme floride di epatiti croniche. La terapia dell'epatite D, soprattutto delle forme avanzate, rimane problematica; timosina, ribavirina, lamivudina, famciclovir e adefovir sono risultati inefficaci. L'IFN ed il Peg-IFN ad alte dosi sono capaci di controllare le aminotransferasi e la viremia ed in uno studio è stata rilevata la scomparsa di fibrosi in pazienti cirrotici trattati con IFN per 48 settimane e poi seguiti per vari anni. Ne è emersa la raccomandazione che nei pazienti HDV responder l'ifn dovrebbe essere continuato finché l'hdv-rna sierico e l'hbsag scompaiono. La combinazione dell'ifn o Peg-IFN con ribavirina e lamivudina non si sono dimostrate più efficaci della monoterapia con IFN. Incidenza HDV Alta Morte Bassa Cirrosi da HDV oggi: Età >5 Anti-HBe positivi HBV-DNA non rilevabile Progressione indolente Basso tasso di reinfezione post-olt Anni Gaeta et al., unpublished La terapia attuale dell'epatite cronica C si basa su uno schema terapeutico con interferone peghilato (Peg-IFN) e ribavirina (RBV). La prassi corrente, in termini di indicazioni alla terapia, di valutazione pre-terapia, dei fattori predittivi, della loro correzione pre-terapia è riportata nelle Tabelle 1, 2 e 3. Rimane controverso se dare RBV in dose fissa o in base al peso. Esperienze preliminari suggeriscono di dare dosi elevate nei pazienti più difficili. In generale v'è consenso, pur con qualche riserva, a utilizzare RBV in dose fissa nel trattamento standard dei pazienti con genotipo 2 e 3. Rimane da dimostrare un possibile ruolo della monoterapia con RBV come mantenimento per controllare la necroinfiammazione nella malattia avanzata. Deludenti, in termini di risposta virologica sostenuta (SVR), i dati finora ottenuti con viramidina, proposta come alternativa meno "emolitica" della ribavirina; è possibile, tuttavia, che il farmaco sia stato finora sottodosato. Trattamento dell'epatite cronica C - chi trattare Tabella 1 La disponibilità clinica di antivirali sintetici di nuova generazione mirati contro le proteasi e la polimerasi dell'hcv appare ancora lontana; più che come alternativa all'ifn, questi farmaci sono attualmente studiati in sinergia all'ifn. L'uso di interferoni long-acting alternativi, come l'albuferon, è promettente ma dai dati preliminari non pare migliorare significativamente né la resa né la tollerabilità della terapia. È dunque verosimile che nel futuro prossimo il menù terapeutico dell'epatite C rimanga fisso e che i Tutti i pazienti sono potenziali candidati Valutazione generale del singolo paziente (ALT meno importanti) Priorità per: - malattia progressiva - malattia avanzata - paziente fortemente motivato Criteri di esclusione: Controindicazioni maggiori: depressione maggiore o non controllata, epatite autoimmune, ipertiroidismo non trattabile, comorbità gravi (malattia cardiovascolare, diabete scarsamente controllato, malattia polmonare), ipersensibilità a IFN o RBV, gravidanza o contraccezione inadeguata Malattia epatica scompensata Nel prossimo futuro gli sviluppi terapeutici dipenderanno soprattutto dal perfezionamento degli schemi di trattamento esistenti miglioramenti dipendano dal perfezionamento delle ricette esistenti piuttosto che da nuove ricette. Gestione clinico-terapeutica dell epatite cronica C 7

5 8 Candidati al trattamento anti-hcv Tabella 2 Fattori predittivi di SVR Tabella 3 È confermata la superiorità di Peg- IFN rispetto all'ifn standard ed è confermata l'opportunità di trattare i pazienti con aminotransferasi L indicazione al trattamento con PEG- IFN alfa 2a e ribavirina è ora contemplata per tutti i pazienti con ALT persistentemente normali 18 anni HCV-RNA positivi ALT elevate Fibrosi significativa (Metavir 2; Ishak 3) Malattia epatica ben compensata (bilirubina <1,5 g/dl, NR <1,5; albumina >3,4 g/dl) Accettabili indici ematologici (Hb >12-13 g/dl; neutrofili >1,5 K/mm 3 ; piastrine >75. K/mm 3 ) Funzionalità renale conservata (creatinina <1,5 mg/dl) Forte motivazione al trattamento Necessità di individualizzare il trattamento <18 anni ALT persistentemente normali Fibrosi minima o assente Non modificabili Età Genotipo Livelli di HCV-RNA Coinfezione HIV o HBV Modificabili Peso corporeo (riduzione del peso pre-trattamento BMI <25 Kg/m 2 ; ruolo dei farmaci insulino-sensibilizzanti) Abuso alcol/droghe (trattare abuso e dipendenza) Motivazione del paziente persistentemente normali; l'svr è simile in questi soggetti rispetto ai pazienti con aminotransferasi alterate (Figura 1). Fra questi, i pazienti in cui è dimostrabile malattia epatica (con la biopsia o l'elastogramma epatico) hanno ovviamente precedenza, ma la terapia è ora approvata per ogni paziente con PNALT; l'età, la motivazione del paziente, il genotipo, la carica viremica basale, l'istologia, la concomitanza di manifestazioni extraepatiche sono fattori di valutazione nel singolo paziente. Di particolare costo/beneficio il trattamento dei pazienti con PNALT giovani con genotipo facile (possibilmente terapia breve; vedi sotto) e dei pazienti in età con malattia epatica significativa. La terapia con Peg-IFN e RBV s'è dimostrata utile anche nella cirrosi compensata, con percentuali di SVR solo di poco inferiori ai risultati nei pazienti non cirrotici e con probabilità di risposta superiore nel gruppo genotipo 2 e genotipo 3 che nel gruppo genotipo 1 e genotipo 4 (Figura 2). Nel contesto del trapianto epatico, la terapia è ammessa nei soggetti con score di Child-Pugh 7 e MELD 18. Gli effetti collaterali della terapia nei cirrotici non sono apparsi diversi rispetto a quanto osservato nei non cirrotici. In uno studio italiano è stato dimostrato che il raggiungimento di SVR da parte del paziente cirrotico riduce la mortalità e il rischio di scompenso epatico e diminuisce il rischio di sviluppare epatocarcinoma. La risposta terapeutica non appare influenzata dal grado di ipertensione portale. Sono in corso studi (HALT, COPI- LOT, EPIC 3) per verificare se la monoterapia di mantenimento con Peg-IFN a basse dosi sia capace di ritardare lo sviluppo di scompenso epatico e di epatocarcinoma; dati preliminari riportati nel 24 suggerivano che il mantenimento potesse rallentare lo sviluppo di ipertensione portale, tuttavia non vi è stata una più recente conferma d'efficacia di questa modalità d'uso della terapia. Rimane aperto il problema di Il raggiungimento della risposta virologica sostenuta si traduce nel paziente cirrotico nella riduzione della mortalità, scompenso epatico ed epatocarcinoma come migliorare la terapia nei pazienti con epatite cronica C genotipo 1. Gli studi più recenti si sono indirizzati a valorizzare gli interim temporali di risposta alla terapia, al fine di predirne il successo e indicare la possibilità di somministrazioni più brevi di Peg- IFN e RBV o la necessità di somministrazioni più lunghe rispetto alla terapia standard. Oltre all'early Viral Response (EVR = HCV sierico negativo alla 12 a settimana di terapia o diminuito di 2 log 1 rispetto al basale) ha assunto particolare importanza la risposta virale rapida [(Rapid Viral Response = RVR], cioè l'eliminazione dell'hcv già alla 4 a settimana di terapia. Due studi, uno retrospettivo (Jensen D et al. AASLD 25), basato sulla rianalisi dello studio registrativo di Hadziyannis e coll. (Ann Intern Med 24;14:346-55), ed uno prospettico [che ha calibrato la durata della terapia sul raggiungimento o meno di RVR (Ferenci P et al. et al. EASL 26)] hanno evidenziato che nei pazienti con HCV genotipo 1 che raggiungono Pazienti con ALT "normali": trattamento combinato con Peg- IFN e ribavirina Tutti i pazienti Genotipo 1 Genotipo 2/3 Figura 1 PEG-IFN + RBV: SVR nei pazienti con cirrosi/fibrosi a ponte rispetto al genotipo 24 bassa dose 24 dose standard 48 bassa dose 48 dose standard Figura 2 Tassi di SVR nei pazienti con RVR e bassa carica virale al basale Figura 3 SVR (%) SVR (%) SVR (%) % 13% 3/11 2/1 1/8 19/43 9/41 19/49 31/6336/6919/57 9/55 2/54 7/61 PEG-IFN 2a + RBV 24 settimane n = 22 72% PEG-IFN alfa-2a (18 µg/sett.) e ribavirina (8 mg/die) n= Genotipo 1 93% 52% 4% PEG-IFN 2a + RBV 48 settimane 41 n = % % Non trattati n = 73 Zeuzem et al, Gastroenterology 24 Pazienti Genotipi 2 o 3 Hadziyannis et al, Ann Intern Med 24 PEG-IFN alfa 2a 18 µg e RBV per 24 settimane (per protocol) 74% < 6. IU/mL 6. IU/mL Ferenci et al, EASL 26 Gestione clinico-terapeutica dell epatite cronica C 9

6 1 Studio Accelerate: SVR nel trattamento abbreviato vs standard PEG-IFN alfa-2a 18 µg + RBV 8 mg 16 settimane PEG-IFN alfa-2a 18 µg + RBV 8 mg 24 settimane Figura 4 SVR (%) SVR (%) 1% SVR in relazione alla risposta virologica precoce 1 48 settimane 72 settimane Figura 5 8% 6% 4% 2% % RVR la risposta alla 24 a ed alla 48 a settimana di terapia è simile (73%, 91%), indipendentemente dalla durata del trattamento, e che Lo studio Accelerate ha dimostrato in un ampia casistica di pazienti l opportunità di trattare anche i pazienti con genotipo 2 e 3 per 24 settimane % Sett. 4 < 5 IU/mL p<.1 76% N=679 N=63 Analisi standard EVR /51 27/35 14/13 89/118 Sett. 12 < 5 IU/mL 62% 7% p=.4 N=732 N=731 Intent-to-treat Shiffman et al, EASL /171 9/18 Sett. 4 5 IU/mL No EVR /87 27/89 Sett IU/mL Berg et al, Gastroenterology 26 nei pazienti con RVR trattati per soli 6 mesi la risposta sostenuta raggiunge il 93% se la viremia originale è bassa, ed il 74% se la viremia originale è alta (Figura 3). Diversi gli studi che indicano la possibilità di ridurre lo schema terapeutico a soli tre mesi nei pazienti con genotipo 2 ed in quelli con genotipo 3 con bassa carica viremica che conseguono RVR. Negli studi di Dalgard e coll. (Hepatology 24;4: ), Mangia e coll. (N Engl J Med 25;352: ) e von Wagner e coll. (Gastroenterol 25;129:522-7) si sono osservati tassi di SVR nel 76%-91% di tali pazienti trattati per soli tre mesi con la terapia standard, ma con tassi di relapse significativamente più alti. Meno convincente il risultato nei pazienti con genotipo 3 e alta carica virale; in questi pazienti la risposta è stata superiore a 24 piuttosto che a 16 settimane. Il successivo studio Accelerate (Shiffman ML et al. EASL 26) è stato disegnato per ovviare alle differenze metodologiche e di reclutamento dei tre studi precedenti. In una vasta casistica di 1487 pazienti randomizzati tout-court a ricevere 16 o 24 settimane di Peg- IFN alfa 2a e RBV alle dosi standard, l'svr è stata significativamente superiore in quelli trattati più a lungo, in relazione alla minore percentuale di relapse nei pazienti trattati per 24 settimane (Figura 4). Viceversa, risultati preliminari suggeriscono che nei pazienti con HCV 1 che non raggiungono RVR il prolungamento della terapia a 72 settimane ottiene percentuali di SVR superiori a quelle ottenute a 48 settimane (Figure 5 e 6). Sia nello studio di Berg e coll. (Gastroenterology 26;13: ) che nello studio Teravic (Sanchez-Tapias JM et al. Gastroenterology 26;131: 451-6) l'svr è stata più elevata alla 72 a che alla 48 a settimana di terapia nei soggetti che non avevano raggiunto RVR (Teravic) o EVR (Berg), ma che avevano negativizzato l'hcv RNA al 6 mese. Rimane irrisolto il problema dei non-responder, problema che riguarda soprattutto i pazienti con Studi recenti indicano la necessità di estendere la terapia a 72 settimane nei pazienti con genotipo 1 che non raggiungono una rapida risposta virologica HCV genotipo 1. Va valutato preliminarmente se la non-risposta sia dovuta a trattamento non corretto o a fattori interferenti correggibili; se così è, il ritrattamento può essere proposto. Mentre v'è un certo recupero di SVR trattando con Peg- IFN e RBV soggetti non-responder a IFN convenzionale, e un discreto recupero con riterapia Peg-IFN e RBV dei soggetti con genotipo 2-3 che non hanno risposto a IFN convenzionali e RBV, non v'è invece recupero nei soggetti con genotipo 1, non responder a IFN convenzionale e RBV, soprattutto se cirrotici. Sono in corso studi su pazienti nonresponder di riterapia ad alte dosi di Peg-IFN. I risultati dello studio con Peg-IFN alfa 2b sono negativi (Gross J et al. AASLD 25) mentre i risultati preliminari dello studio REPEAT (Marcellin P et al EASL 26) con PEG-IFN alfa 2a sono promettenti; il ritrattamento di pazienti nonresponder ha PEG-IFN alfa 2b con alte dosi di PEG-IFN alfa 2a non è gravata da reazioni avverse superiori a quelle della terapia standard (Figura 7). Trattamento prolungato: aumento della SVR nei pazienti HCV senza RVR EOTR SVR Figura 6 Pazienti HCV 2 e 3: schemi terapeutici Ritrattamento con PEG-IFN alfa 2a: i risultati a 12 settimane dello studio REPEAT Figura 7 SVR (%) PEG-IFN alfa 2a 18 µg/sett più ribavirina 8 mg/die 58 53% settimane n=149 28% settimane n=142 RVR = HCV RNA <5 IU/mL a settimana 4 Sanchez-Tapias et al, Gastroenterology 26 RVR LVL Giovane Basso grado di fibrosi No cofattori settimane di trattamento Pazienti (%) HCV-2 No RVR HVL Anziano Alto grado di fibrosi Cofattori 46 n=21/ mµ/sett + ribavirina* 24 settimane di trattamento 62 RVR LVL Giovane Basso grado di fibrosi No cofattori *p<.1 HCV-3 62* n=291/ mµ/sett + ribavirina** *HCV RNA < 5 IU/mL (qualitativo) o HCV RNA < 6 IU/mL (quantitativo) o riduzione 2 log **RBV 1-12 mg/die (basata sul peso) No RVR HVL Anziano Alto grado di fibrosi Cofattori settimane di trattamento Gestione clinico-terapeutica dell epatite cronica C 11

7 12 La valutazione di progressione della malattia epatica La biopsia epatica ha rappresentato per 5 anni il "gold-standard" della diagnostica epatologica. Il suo ruolo primario consiste nella valutazione oggettiva (score) del processo fibrotico (stage) che conduce alla cirrosi. L'entità della fibrosi aiuta a predire l'evoluzione verso la cirrosi, ma la progressione del processo fibrotico è anche influenzata dalla steatosi e dall'attività necroinfiammatoria (Figura 1). La biopsia epatica è tuttavia gravata da un importante errore di campionatura; un campione bioptico adeguato è lungo almeno 2 Hepatitis activity Index e progressione della malattia epatica grado A (3.4) grado B ( ) grado C (5.) Figura 1 Progressione verso la cirrosi 1 5 cm e comprende almeno 11 tratti portali. Per diminuire i rischi della biopsia percutanea convenzionale, soprattutto il rischio emorragico, una possibile alternativa è l'uso della biopsia transgiugulare. La biopsia epatica rimane, tuttavia, un procedimento invasivo, con potenziali seppur minimi rischi, male accetto dal paziente in cui suscita ansietà e timore. Non meraviglia dunque che negli ultimi anni siano state ricercate alternative non invasive di diagnosi della fibrosi e della sua entità (Figura 2) Anni Yano et al, Hepatology 1996 Sono stati ideati dei punteggi di fibrosi basati sull'uso di marcatori bioumorali indiretti, quali il Fibrotest, il test di Forns, il PGA e il PGAA. Da rilevare, tuttavia, che la metodologia proposta per i vari score bioumorali si basa su alcune premesse errate, quali che il processo fibrotico sia lineare nel tempo, che l'inizio dell'infezione da HCV sia facilmente documentabile, che l'uso di dati trasversali retrospettivi possa predire variazioni longitudinali, che la diagnosi istopatologica rappresenti parametro "sicuro" con cui confrontarsi. Al contrario il processo fibrogeneti- Negli ultimi anni sono state ricercate alternative non invasive alla biopsia epatica per la valutazione del processo fibrotico Marker di progressione della malattia Figura 2 Marcatori diretti: caratteristiche Tabella 1 Marker sierici co è dinamico, derivante dal bilancio fra accumulo e degradazione della matrice extracellulare, e la progressione della fibrosi non è dunque lineare, ma soggetta ad accelerazioni e decelerazioni che non possono essere standardizzate. Di fatto, i marcatori bioumorali indiretti di fibrosi permettono solo la distinzione grossolana della non-fibrosi (o fibrosi minore) dalla fibrosi maggiore e dalla cirrosi; non consentono una stadiazione precisa degli stadi intermedi. Concettualmente più promettenti i marcatori diretti di fibrosi, che Imaging: US, TC, RMN Elastografia (FIBROSCAN) HVPG Biopsia epatica: 1:5. di tessuto epatico I livelli sierici riflettono l'attività del processo e la massa totale (stadio) I livelli possono essere influenzati dall'attività necroinfiammatoria Correlano con l'area di fibrosi valutata all'imaging Ognuno correla con altri marcatori diretti La mancanza di standardizzazione rende difficile il confronto tra studi diversi Le differenze eziologiche sono più pronunciate che nei marcatori indiretti riflettono l'ammontare totale della matrice extracellulare e la sua degradazione e rimozione. Essi comprendono: collagene, glicoproteine e proteoglicani, MMP e TIMP e citochine, le cui proprietà sono riassunte in Tabella 1. Tuttavia, studi di corte che hanno fatto uso di algoritmi includenti combinazioni di 12 marcatori di matrice hanno anch'essi dimostrato solo buona discriminazione della fibrosi avanzata da quella lieve, ma non sono stati capaci di dimostrare i tempi di progressione dalla fibrosi lieve alla cirrosi. Un secondo strumento sviluppato per la diagnosi non-invasiva della fibrosi è l'elastogramma epatico che si basa sull'elastografia transitoria monodimensionale. L'elastografia transitoria è un nuovo metodo rapido, attuabile in pochi minuti al letto del paziente. L'apparecchiatura (Fibroscan) è costituita da una sonda ultrasonografica (5MHz) montata sull'asse di un vibratore. Vibrazioni di media ampiezza (5 Hz) sono trasmesse al tessuto epatico per via transcutanea a livello intercostale, producendo un'onda elastica che si propaga nel tessuto epatico. La velocità dell'onda elastica è direttamente proporzionale alla rigidità (stiffness) media del tessuto epatico. Più è rigido il tessuto e più veloce è la propagazione dell'onda. I risultati sono forniti in kilopascal. Il vantaggio della elastografia è la misura diretta di un parametro fisico non modificabile da malattie extraepatiche. I limiti alla misurazione sono la pre- I marcatori bioumorali permettono una distinzione grossolana tra fibrosi minore, fibrosi maggiore e cirrosi ma non una stadiazione precisa degli stadi intermedi La valutazione di progressione della malattia epatica 13

8 14 Correlazione tra biopsia ed elastografia per la fibrosi F 2:.79 ( F 3:.91 ( ) F=4:.97 (.93-1.) Figura 3 Correlazione tra dati elastografici e complicanze della cirrosi (Cut-off 2 kpa) Tabella senza di ascite anche in modica quantità, l'obesità e la presenza di spazi intercostali ristretti: tutte condizioni che rendono impossibile o L elastografia è un metodo semplice ed efficace per la valutazione di fibrosi ed è utile per il monitoraggio del trattamento antivirale 2. Auroc (IC 95%) Specificità 8. Presenza di Presenza di grandi varici esofagee: varici: Sensitività 84 Sensitività 96 Specificità 72 Specificità 59 PPV 68 PPV 32 NPV 87 NPV 99 Il 5% dei pazienti con rigidità epatica sotto i 2 kpa non aveva grandi varici. Oltre i 2 kpa, 1/3 dei pazienti aveva grandi varici. 1. difficoltosa la misurazione della stiffness. Una buona correlazione con le biopsie è stata rilevata per la fibrosi F2, F3 e F4. La correlazione era migliore quando le biopsie erano di maggiori dimensioni. I cut-off ottimali per identificare i pazienti con fibrosi F2 e F4 sono stati rispettivamente 8, 7 e 14,5 kpa (Figura 3). Comparando l'elastografia con Fibro Test, APRI e biopsia epatica, il range delle misurazioni elastografiche è stato di 2,4-75,4 kpa. Cut-off di 7,1 kpa, 9,5 kpa e 12,5 kpa sono stati definiti come ottimali per la fibrosi F2, F3 e F4. L'elastografia ha dimostrato di essere un metodo semplice ed efficace nella valutazione della fibrosi con risultati simili alle metodiche sierologiche. Colletta e coll. hanno comparato il valore di due metodi non invasivi (elastografia monodimensionale versus algoritmo Fibro Test) in 4 pazienti HCV positivi con transaminasi normali e mai trattati con antivirali che erano stati sottoposti a 2 biopsie epatiche successive nel corso del follow-up. Una fibrosi significativa ( F2) era presente nel 35% del secondo set di biopsie epatiche; la correlazione della biopsia con i test non invasivi è stata decisamente migliore per l elastografia monodimensionale. Nell'ambito dei pazienti con cirrosi epatica si è cercato infine di correlare le complicanze della cirrosi con i dati forniti dall'elastografia: con un valore predittivo negativo superiore al 9% sono stati determinati cut-off per escludere varici F2-F3 (27,5 kpa), classe B o C di Child-Pugh (37,5 kpa), pregressi scompensi con ascite (49,1 kpa), carcinoma epatocellulare (53,7 kpa) e pregresso sanguinamento gastroenterico da varici (62,7 kpa) (Tabella 2). Nell'ambito dei pazienti con cirrosi epatica l'elastografia potrebbe quindi essere utile per definire classi di rischio per quanto riguarda le complicanze; l'elastogramma appare anche utile nel seguire l'andamento della terapia antivirale. Gestione della malattia cronica da virus B I farmaci per il trattamento dell'epatite B al momento disponibili sono l'interferone, il Peg-IFN alfa 2a, lamivudina, adefovir e entecavir. La scelta e l'utilizzo degli stessi è subordinata alla strategia terapeutica adottata: terapia curativa con gli interferoni, finalizzata allo spegnimento del quadro replicativo ed Farmaci per l'epatite cronica B: vantaggi e limiti Tabella 1 al controllo della malattia epatica tramite un ciclo terapeutico limitato nel tempo; terapia soppressiva con analoghi nucleos(t)idici, mirata alla costante e persistente soppressione della viremia e della conseguente malattia epatica tramite l'utilizzo degli antivirali a tempo pressocchè indeterminato. In entrambe le condizioni i livelli di Le strategie di trattamento dell epatite cronica B prevedono il ricorso alla terapia curativa con PEG-IFN alfa 2a o alla terapia soppressiva con analoghi nucleos(t)idici IFN PEG-IFN 2a Lamivudina Adefovir Entecavir Vantaggi Durata definita di Durata definita di Più economico Attivo contro i Più potente nella trattamento trattamento dell'ifn (solo se si mutanti terapia soppressiva, Maggiore durabilità Maggiore durabilità considera 1 anno di lamivudino- ma bassi tassi di della risposta della risposta terapia) resistenti sieroconversione (perdita/sieroconver- (perdita/sieroconver- Ben tollerato Bassa resistenza Più basse percentuali di sione HbsAg) sione HbsAg) nel breve termine resistenza rispetto a Assenza di mutanti Assenza di mutanti lamivudina e adefovir farmaco-resistenti farmaco-resistenti Miglior profilo farmacologico (once-a-week) Svantaggi Profilo di sicurezza Profilo di sicurezza Durabilità della Più costoso di Più costoso di Picco-correlato meno favorevole risposta inferiore alla lamivudina adefovir sfavorevole rispetto agli analoghi terapia interferonica Basse percentuali di Durabilità della nucleos(t)icidi Necessità di terapia a resistenza rispetto a risposta, sicurezza lungo termine per il lamivudina, ma a lungo termine mantenimento della rapido aumento e profilo di risposta a 5 anni resistenza non chiari Aumentato rischio di Durabilità della Aumento della sviluppo di mutanti risposta e resistenza nei resistenti sicurezza a pazienti con lungo termine mutazioni non chiari YMDD Gestione della malattia cronica da virus B 15

9 16 viremia raggiunti in corso e dopo la sospensione della terapia, quando possibile, assumono una particolare importanza. I principali vantaggi e svantaggi dell'arsenale terapeutico al momento disponibile sono riassunti in Tabella 1. La terapia antivirale dell'infezione cronica da HBV è indicata nei pazienti HBsAg-positivi con epatite cronica B nella fase di immunoattivazione; quest'ultima fase è caratterizzata da una elevata replicazione virale e da un danno immunomediato degli epatociti Nella terapia dell epatite cronica HBeAg negativa Peg-IFN alfa 2a e adefovir sono preferiti a lamivudina che è gravata da un alto tasso di resistenza PEG-IFN alfa 2a nell'epatite cronica HBeAg negativa (normalizzazione ALT e HBV DNA < 2. cp/ml) Figura 1 Pazienti (%) n=177 PEG-IFN 2a + placebo 24 settimane dalla fine del trattamento (settimana 72) p=.11 p=.612 p=.2 36% 38% n=179 PEG-IFN 2a + lamivudina 23% n=181 Lamivudina Marcellin et al, NEJM 24 infettati dal virus; questi soggetti presentano solitamente livelli sierici di HBV DNA superiori a 1 4 copie/ml e valori elevati di ALT. Vi sono due principali forme di epatite cronica HBsAg positiva: quella HBeAg positiva e quella HBeAg negativa. La forma HBeAg positiva è determinata dall'infezione da parte del virus selvaggio, presenta elevati livelli di HBV DNA (solitamente > 1 6 copie/ml) e livelli persistentemente elevati di ALT. La forma HBeAg negativa è determinata dall'infezione da parte del virus con il mutante pre-core, si caratterizza per livelli di HBV DNA fluttuanti ma di solito > 1 4 copie/ml ed elevati livelli di ALT, che possono anche fluttuare nel tempo; molti pazienti presentano l'anticorpo verso l'hbeag (anti- HBe). Gli obiettivi della terapia antivirale variano a seconda della presenza o meno dell'hbeag. I soggetti con infezione cronica HBV che sono nella fase di immunotolleranza (ALT normali, viremia elevata) non dovrebbero essere trattati. Non vanno trattati anche i portatori inattivi di HBsAg; essi rappresentano la maggioranza tra i soggetti HBsAg positivi e si caratterizzano per l'hbeag negatività, anti HBe positività, bassi livelli di HBV DNA (<1 4 copie/ml) e normali livelli di ALT. L'obiettivo principale della terapia è quello di sopprimere la replicazione del virus B e di stimolare la risposta immunitaria del soggetto al fine di mandare in remissione la malattia epatica. Nei pazienti con infezione da virus selvaggio, il primo obiettivo della terapia è la sieroconversione da HBeAg all'omologo anticorpo anti HBe (HBe sieroconversione) dal momento che questo evento immunologico correla con una riduzione del rischio di progressione della malattia epatica. Nei pazienti con epatite cronica HBeAg negativa l obiettivo della terapia è indurre il sistema immunitario a reagire e controllare stabilmente il virus (ALT persistentemente normali e HBV < 1 4 copie/ml) o, in caso fosse possibile, mantenere la viremia non dosabile a tempo indeterminato. Le linee guida EASL (22) danno preferenza all'interferone (IFN) come terapia di prima linea per le epatiti croniche HBeAg positive, le linee guida AASLD (23) e APASL (23), lasciano al curante la scelta fra IFN, lamivudina o adefovir. Impatto del genotipo sulla risposta terapeutica nell'epatite HBeAg negativa PEG-IFN alfa 2a PEG-IFN alfa 2a + Lamivudina Lamivudina Figura 2 Aumento dell'incidenza di resistenza ai farmaci in corso di terapia FTC LdT ETV ADV LAM Figura 3 Risposta combinata (%) Pazienti (%) Il Peg-IFN alfa 2a e l'adefovir sono preferiti alla lamivudina nella terapia dell'epatite cronica HBeAg negativa, in quanto quest'ultima richiede il trattamento continuativo e la lamivudina è gravata da un alto tasso di resistenza. Le ultime linee guida americane (Keeffe E et al. Clin Gastroenterol Hepatol 26;4: ) escludono l'uso della lamivudina come prima scelta terapeutica, sia nelle forme HBeAg positive che in quelle HBeAg negative. I risultati con il Peg-IFN alfa 2a 3/11 2/1 1/8 19/43 9/41 19/49 31/63 36/69 15/57 9/55 2/54 7/63 Genotipo A Genotipo B Genotipo C Genotipo D ? 3 46??? nelle forme HBeAg negative sono riportati (Figura 1). Nei pazienti con epatite HBeAg negativa a genotipo D dell'hbv, la risposta alla combinazione del Peg-IFN e lamivudina appare essere significativamente superiore della risposta al Peg-IFN o lamivudina da soli (Figura 2). Il livello di HBV DNA e di IgM anti HBc predicono la risposta alla terapia antivirale. In corso di terapia con analoghi nucleos(t)idici la necessità di ottenere una costante e persistente inibizione dell'attività Bonino et al, Gut in press Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 4 Anno 5 Lai et al, Clin Infect Dis 23; Lok et al, Gastroenterology 23; Zoulim et al, J Viral Hepatitis 26; Hadzyiannis et al,nejm 25; Chang et al, NEJM 26; Lai et al, NEJM 26; Lai et al, Gastroenterology 25; Gish et al, AASLD 25, Abstract ??? 18 71??? La necessità di ottenere la soppressione dell attività replicativa a tempo indeterminato rende conto dello sviluppo di farmaco-resistenza associato all impiego di analoghi nucleos(t)idici Gestione della malattia cronica da virus B 17

10 18 Profilo virologico nei Tempo basale 1 anno follow up pazienti con coinfezione HBV/HCV HBV attivo - HCV attivo n. 12 n. 24 (n.=13)* *HDV-negativo Figura 4 Infezione HBV occulta e sviluppo di epatocarcinoma Figura 5 replicativa nel tempo impone l'accurato monitoraggio e il pronto rilievo delle resistenze. Una volta ottenuto il completo controllo della viremia (HBV DNA negativo con tecniche amplificate), la comparsa di un rebound Un maggior sviluppo di cirrosi ed epatocarcinoma e una minore risposta alla terapia antivirale sono correlati con la presenza d infezione HBV occulta HBV attivo - HCV soppr HBV soppr. - HCV attivo HBV soppr. - HCV soppr Pazienti Istologia al basale HBV occulto + HBV occulto - Variazioni minime 3 14 Epatite cronica 36 6 Cirrosi 14 7 p<.6 Sviluppo di HCC 8 1 p<.2 Squadrito et al, Cancer 26 virologico (incremento della viremia superiore a un logaritmo in 2 controlli consecutivi) si associa, nella grande maggioranza dei casi alla comparsa di resistenze determinabili, inizialmente, solo con l'analisi genomica (resistenza genotipica). In una fase successiva le resistenze assumono una chiara valenza clinica con incremento significativo della viremia e delle transaminasi (resistenza clinica). Nei soggetti mai trattati precedentemente l'incidenza di resistenza in corso di trattamento con i diversi analoghi nucleos(t)idici è riportata in Figura 3. L'incremento di resistenza in corso di terapie sequenziali con i diversi antivirali nei pazienti che hanno già manifestato una prima resistenza impone: l'attenta analisi delle resistenze crociate e la scelta razionale delle diverse terapie da adottare l'attivazione precoce di terapie di salvataggio, preferenzialmente già nella fase di resistenza genotipica l'utilizzo preferenziale di terapie di combinazione in case di farmaco-resistenza, specie nei pazienti con resistenza clinica. Nei portatori conclamati del virus B (HBsAg-positivi) il profilo virologico in corso di confezione HCV è riportato in Figura 4. L'andamento dinamico delle interazioni ne giustifica il monitoraggio, essenziale per la corretta diagnosi e la migliore scelta terapeutica. Invece nei portatori occulti del virus B (HBsAg-negativi) - la cui prevalenza è di circa il 33% nell'area del bacino mediterraneo e superiore al 5% dell'estremo oriente - la presenza dell'infezione subclinica potrebbe contribuire allo sviluppo di epatocarcinoma, alla progressione della malattia e a influenzare la risposta alla terapia antivirale. L'associazione tra infezione occulta e maggiore sviluppo di cirrosi ed epatocarcinoma nei pazienti con infezione cronica da HCV è riportata in Figura 5 così come è stato evidenziato il possibile ruolo dell'infezione HBV occulta nell'indurre la minore risposta alla terapia antivirale. Aderenza e tollerabilità al trattamento antivirale Un importante, quanto scontato, fattore che determina il successo della terapia è l'aderenza da parte del paziente al protocollo terapeutico assegnato. È invalsa la regola che per ottenere una risposta ottimale siano necessari l'8% di dosaggio totale di interferone programmato, insieme all'8% del dosaggio di ribavirina, dati per lo meno per l'8% del tempo stabilito.tale grossolana misura d'aderenza alla terapia riflette la compliance, cioè la capacità del paziente di seguire il protocollo terapeutico. Tuttavia studi più recenti hanno dimostrato che è ben più importante l'aderenza alla terapia durante i primi tre mesi che successivamente, soprattutto per quanto concerne l'assunzione di ribavirina; riduzioni precoci nel dosaggio di quest'ultima possono sostanzialmente compromettere i risultati della terapia. Gli effetti collaterali dell'interferone e della ribavirina costituiscono motivo d'intolleranza e di noncompliance al protocollo terapeutico, dunque di riduzione della risposta al trattamento. Per combatterle, e migliorare conseguentemente la resa terapeutica, sono emerse nel corso del Congresso raccomandazioni atte a ridurre e controbattere l'impatto negativo della terapia antivirale. Le reazioni avverse maggiori dell'interferone sono la conseguenza della depressione esercitata dal farmaco sull'ematopoiesi (cioè la neutropenia, la piastrinopenia e l'anemia) e della sua azione sul sistema nervoso centrale. La neutropenia è più marcata e più spesso richiede riduzione del dosaggio con gli interferoni Gestione pratica della neutropenia Figura 1 Controllo dopo 2 settimane Se N>75 follow-up normale peghilati che con quelli convenzionali. Nondimeno, nella pratica quotidiana le infezioni indotte dall'interfe- Le strategie raccomandate per migliorare l aderenza e quindi la risposta terapeutica del paziente al trattamento antivirale Emocromo dopo la 2 a settimana Neutrofili (N) >75 mm 3 Neutrofili (N) <75 mm 3 Se N tra 75 e 1 continuare Se N > 1 continuare per un'altra settimana e controllare emocromo Se stabile ritornare alla dose iniziale Riduzione della dose e controllo settimanale Se N ancora < 75 somministrare la stessa dose per 2 settimane con controllo settimanale dell'emocromo. Se N > 75 incrementare e controllare settimanalmente Aderenza e tollerabilità al trattamento antivirale 19

11 2 rone sono rare e di fatto non associate solitamente a neutropenia. La prima manovra correttiva è la riduzione della dose se i neutrofili scendono a 75 per mm 3 e la sospensione della terapia se scendono a 5 per mm 3. Il successivo intervento, solitamente necessario solo nei cirrotici, è l'uso del Granulocytes-colony stimulating factor; la dose consigliata è di 3 mg SC due volte alla settimana ma non sono stati finora eseguiti studi specifici per ottimizzarne la posologia ed i risultati. La gestione pratica del paziente neutropenico in terapia con interferone è mostrata in Figura 1. Selezione dei pazienti per il trattamento antidepressivo Fluoxetina Paroxetina Sertralina Citalopram Nortriptilina La depressione rappresenta una controindicazione maggiore ed un effetto collaterale importante dell'interferone e, come tale, un fattore che può diminuire l'aderenza alla terapia. Nei pazienti con epatite C trattati con interferone, la percentuale di soggetti che sono andati incontro a depressione è variata da a 37%. La depressione può essere trattata e prevenuta dando la terapia prima dell'interferone, con vari farmaci la cui precisa indicazione è esposta in Figura 2. La ribavirina provoca regolarmente anemia emolitica con cali variabili da 1 a 5 g/dl durante la terapia. Pz con disturbi ossessivi Pz con anoressia Pz con ridotta energia e affettività Pz anziani e con malattia epatica avanzata Pz con ansia Figura 2 Edwards et al, Drugs 1999 Gestione pratica dell'anemia Figura 3 Cirrotico o Tx in terapia con PEG + RBV Hb<1 o > 2 g in 4 settimane Monitoraggio Hb 1 ogni gg EPO 4. IU/sett +/- riduzione dose RBV Hb aumento 1 g Ripresa dose RBV Gli effetti collaterali dell'anemia riducono considerevolmente la qualità di vita del paziente e rappresentano la motivazione più frequente per sospendere la terapia. In questo caso la riduzione della ribavirina può essere detrimente ai fini del risultato finale, soprattutto se il farmaco viene drasticamente diminuito nelle prime settimane di terapia; non è invece altrettanto rilevante la riduzione della ribavirina dopo il terzo mese di terapia. Per la correzione dell'anemia da ribavirina trova ora indicazione, soprattutto nel paziente cirrotico, l'uso dell'eritropoietina alla dose di 4. U sc alla settimana, da aumentare fino a 6. U alla settimana se non v'è aumento di almeno 1 g/dl di emoglobina dopo 4 settimane di trattamento. Con questo protocollo, l'emoglobina aumenta di circa 2 g/dl dopo 5 settimane di terapia, migliora la qualità di vita ed il paziente ridiviene tollerante alla ribavirina. Uno schema di gestione dell'anemia da ribavirina nel paziente cirrotico è presentato in Figura 3. La profilassi e il trattamento con antidepressivi, l impiego di fattori di crescita granulocitari e di eritropoietina tra le misure adottabili Il trapianto di fegato e la recidiva epatitica La patologia legata al virus B e C costituisce il 75% delle indicazioni al trapianto epatico in Italia (Figura 1). Nel caso dell'epatite B la profilassi della recidiva epatitica nei riceventi HBsAg-positivi, attuata oggi con la combinazione di immunoglobuline specifiche anti-epatite B (HBIG) e lamivudina (nei pazienti non precedentemente trattati con antivirali o responsivi a questo farmaco) o lamivudina ed adefovir (nei portatori di varianti resistenti), appare protettiva in più del 9% dei pazienti. Tale strategia risulta altamente efficace al confronto con le vecchie terapie basate sull'utilizzo di uno solo dei due farmaci e sulla selezione dei soli soggetti con viremie non significative. Forme di epatite B de-novo posttrapianto in riceventi HBsAgnegativi, a partenza da donatori positivi per il solo anticorpo anticore (antihbc-positivi) e portatori occulti del virus, sono invece prevenute dal corretto match donatore-ricevente per quanto riguarda gli anti-hbc ed anti-hbs e dall'utilizzo di specifiche terapie profilattiche. In caso di epatite C la reinfezione post-trapianto è praticamente costante, così come la ripresa epatitica nella grande maggioranza dei casi. I risultati oggi disponibili riferiti alla terapia della cirrosi pretrapianto (finalizzata allo spegnimento della replicazione), al trattamento precoce alla reinfezione o alla ripresa epatitica post-intervento sono stati finora poco incoraggianti. Indicazioni al trapianto epatico in Italia CNT - 2/22 Totale= 2.57 Figura 1 HCV 615 HBV 321 Il 75% delle indicazioni al trapianto epatico è legata al virus B e C e, mentre si dispone di un efficace strategia di profilassi della recidiva da virus B, la reinfezione da virus C rappresenta ancora una sfida terapeutica importante HBV-HDV 131 Ep. fulminante 128 Alcool 18 Ep. autoim 13 CBP-CSP 93 Ep. cripto 49 Ep. autoim 13 Altro 63 Metab 54 HCC 276 Il trapianto di fegato e la recidiva epatitica 21

12 22 Gestione clinica delle complicanze della cirrosi epatica Andrew K Burroughs, Liver Transplantation and Hepatobiliary Unit, Royal Free and University College Medical School, Londra UK La cirrosi epatica è nella maggior parte dei casi una malattia progressiva e la probabilità di sviluppare complicanze, così come la mortalità, aumentano con la durata della malattia. Qui di seguito verranno brevemente descritti gli aspetti più salienti del management delle sue principali complicanze. Encefalopatia Si tratta di uno spettro di anomalie neuropsichiatriche in pazienti con insufficienza epatica di grado moderato-severo. Spesso è riconoscibile una causa precipitante (disidratazione, infezione, emorragia digestiva, utilizzo di sedativi). I pazienti che sviluppano encefalopatia presentano una sopravvivenza a 1 anno di circa il 5 % e a 5 anni di circa il 2%. La principale terapia di mantenimento è rappresentata dall assunzione di lattulosio 15-3 cc più volte al giorno in modo da garantire almeno 2-3 evacuazioni/die di feci morbide. Come terapia profilattica secondaria si possono utilizzare neomicina 1 gr qid o, come seconda scelta, metronidazolo 25 mg qid. La cirrosi epatica è nella maggior parte dei casi una malattia progressiva che presenta un elevato rischio di complicanze, che aumenta con la durata della malattia Ascite La gestione dell ascite si basa sostanzialmente su due approcci integrati: dieta iposodica e terapia diuretica (spironolattone in prima battuta, fino a dosi massimali, a cui aggiungere furosemide, il cui uso deve essere moderato). La restrizione idrica, invece, anche in caso di buona compliance da parte del paziente, spesso non risulta essere efficace. Problemi nella gestione dell ascite derivano principalmente dalla scarsa compliance del paziente, dalla resistenza/intolleranza alla terapia diuretica, dalla possibilità di sviluppo di encefalopatia, insufficienza renale e iponatremia. In caso di resistenza/intolleranza alla terapia diuretica, se il paziente è candidabile, si può considerare l opzione terapeutica del trapianto o altre opzioni, come la TIPS. La TIPS ha dimostrato, in termini di efficacia a 12 mesi, una superiorità nei confronti della terapia medica nella gestione dell ascite refrattaria, senza determinare un aumento della mortalità. E purtroppo gravata, però, da una maggior incidenza di encefalopatia. Sindrome epato-renale (HRS) Gli analoghi della vasopressina (es. terlipressina) sono i farmaci che hanno dimostrato la maggior efficacia nel trattamento della sindrome epato-renale (HRS), con tassi di risposta compresi tra il 4 e l 8%, anche in caso di recidiva. L efficacia della terlipressina è aumentata dal concomitante uso dell albumina. I principali effetti collaterali, che compaiono in circa il 2% dei pazienti trattati, sono rappresentati da aritmie, ipertensione, broncospasmo ed eventi ischemici dell arto a livello del quale viene praticata l infusione. Infezioni Le infezioni batteriche sono complicanze comuni nella cirrosi: la loro incidenza aumenta con la severità della disfunzione epatica e risultano essere asintomatiche fino al 5% dei casi. La presenza di un focus infettivo deve essere sempre ricercata quando si verifica un evento di scompenso della malattia. La terapia antibiotica empirica dovrebbe essere intrapresa prima dell esito degli esami colturali e una particolare attenzione dovrebbe essere posta alle modificazioni emodinamiche, utilizzando infusioni di albumina e monitorizzando strettamente la funzionalità renale. Inoltre, è ormai assodato che dovrebbe essere attuata una terapia antibiotica profilattica nei casi di emorragia digestiva, in quanto è stato dimostrato un vantaggio in termini di profilassi delle infezioni, di recidive emorragiche a breve ( 6 settimane) e a lungo termine, e di sopravvivenza. La presenza di un focus infettivo deve essere sempre ricercata in caso di scompenso della malattia epatica, in considerazione del fatto che la metà delle infezioni batteriche nella cirrosi sono asintomatiche Per quanto riguarda la peritonite batterica spontanea (PBS), è ancora dibattuto l utilizzo di antibiotici come profilassi primaria. La profilassi secondaria non modifica la mortalità e può essere attuata con chinolonici (norfloxacina o ciprofloxacina) o cefalosporine di III generazione in caso di microorganismi resistenti o Gram positivi. Emorragia digestiva da varici esofagee Il rischio di sanguinamento da varici esofagee aumenta proporzionalmente alle dimensioni delle varici e la presenza di segni di rischio, e con la severità della disfunzione epatica. La legatura elastica sembra avere un vantaggio in termini di profilassi del primo episodio di sanguinamento rispetto alla terapia medica con beta-bloccante, ma non in termini di mortalità. Le stesse conclusioni possono essere tratte a proposito della profilassi secondaria. Gestione clinica delle complicanze della cirrosi epatica 23

13 24 Dai trial randomizzati al riscontro sul campo: gli studi Probe e Opera Monica Luciani, Effetti, Milano E ormai opinione condivisa che la pratica clinica debba disporre di argomenti che vanno oltre i risultati ottenuti dagli studi clinici randomizzati controllati. Condotti in popolazioni selezionate e fortemente motivate, i trial sono poco rappresentativi dell universo di pazienti con epatite cronica virale tanto da richiedere risposte sul terreno della pratica clinica in un confronto diretto con la realtà in cui si opera. La necessità di colmare il divario di conoscenze tra le evidenze scaturite dagli studi clinici e le condizioni di pratica medica libera ha offerto I risultati della fase retrospettiva dello studio Probe sono rappresentativi dell universo di pazienti con epatite cronica C quotidianamente trattati nella pratica clinica italiana l occasione a Torino di presentare i dati degli studi osservazionali Probe e Opera. Entrambi i progetti sono nati con l obiettivo di raccogliere la maggior quantità di informazioni per migliorare la gestione dei pazienti con monoinfezione da HCV e coinfezione HIV-HCV. Lo studio Probe Allo studio Probe, costituito da una fase retrospettiva con arruolamento in ciascun centro partecipante degli ultimi 25 pazienti consecutivamente trattati e di una fase prospettica in cui i pazienti sono seguiti con Fase retrospettiva: distribuzione dei pazienti Campione totale= 3.25 Non responder a IFN: n=315 Naïve: n= Relapser a IFN: n= % Figura 1 algoritmi decisionali preparati da esperti, hanno aderito 167 centri uniformemente distribuiti su tutto il territorio nazionale. Mentre è in atto l arruolamento dei 5 pazienti previsti per la fase prospettica, sono ormai disponibili i risultati della fase retrospettiva che si è conclusa a dicembre 25 con il trattamento e il successivo periodo di osservazione di 6 mesi di 2149 pazienti mai precedentemente trattati per l HCV (Figura 1). L analisi dei dati della fase retrospettiva fornisce un immagine della realtà italiana che, nonostante la maggior eterogeneità della popola- 1,4% 18,6% Roche data on file, database studio Probe Nonostante la maggior complessità di pazienti osservati, circa la metà con almeno una comorbidità, il tasso di SVR è simile a quello ottenuto nei trial clinici zione di pazienti studiati, ricalca alcuni degli aspetti emersi dai trial clinici randomizzati. In generale si tratta di pazienti più complessi (il 48,5% dei soggetti presentava almeno una comorbidità), tuttavia le percentuali di risposta virologica sostenuta (SVR) sono risultate sovrapponibili a quelle ottenute negli studi clinici randomizzati. La SVR valutata sulla base della intention to treat analysis (ITT) è stata del 55,1% in tutto il campione; pari al 59% nei soggetti esenti da comorbidità ma progressivamente ridotta nei pazienti >65 Soggetti naïve: SVR per genotipo (ITT) Figura 2 anni (48,3%), nei soggetti diabetici/obesi (46,5%) e nei cirrotici (35,2%). Stratificando per terapia si osserva inoltre che nei pazienti con genotipo 1 naïve trattati con PEG-IFN alfa 2a si raggiungono tassi di SVR superiori rispetto ai pazienti trattati con PEG-IFN alfa 2b. La distribuzione per genotipo evidenzia una risposta significativamente migliore nel genotipo 1a rispetto al sottotipo 1b e nel genotipo 2 rispetto al genotipo 3 in tutte le categorie di pazienti (Figura 2). All analisi logistica risultano predittori indipendenti di SVR la bassa Tutti i pazienti 55,1% G1 41% G1a 52,7% G1b 37,9% G2 73,6% G3 66,2% G4 44,9% ] ] p<.1 p<.2 Roche data on file, database studio Probe carica virale (HCV RNA <5. IU/ml), i genotipi 2 e 3, un basso grado di fibrosi (F-F2). Anche i dati sulla sicurezza del trattamento dell infezione cronica da HCV nella pratica reale indicano una sovrapponibilità con quelli degli studi clinici randomizzati; la percentuale di interruzioni è pari a 19,2% in tutto il campione, 16,4% nei soggetti esenti da comorbidità, 25% nei cirrotici e nei soggetti diabetici/obesi e al 22,8% in quelli con più di 65 anni di età. La percentuale di pazienti persi al follow-up è stata dell 1,2% e nessun paziente è deceduto. Dai trial randomizzati al riscontro sul campo: gli studi Probe e Opera 25

14 26 Distribuzione dei genotipi 1a 1b Figura 3 Con circa 5 pazienti arruolati nel primo anno di reclutamento, Opera si configura come il più ampio studio mai condotto nell ambito della coinfezione HIV-HCV 8% 44% 28% 16% 4% Roche data on file, database studio Opera Lo studio Opera Lo studio Opera ha appena concluso il primo dei tre anni previsti per il reclutamento dei pazienti con coinfezione HIV-HCV. Anche se in una fase così precoce, i dati finora immessi nel database dello studio consentono un interessante analisi della popolazione selezionata, anche perché si riferiscono a un campione già numericamente valido di pazienti. A settembre 26, i pazienti reclutati dai 11 centri specialistici italiani erano 493 così che il progetto è ben avviato per diventare il più ampio studio mai concepito nell ambito della coinfezione; basti pensare che per lo studio Apricot, considerato uno dei capisaldi nell ambito della coinfezione HIV- HCV, sono stati necessari tre anni per arruolare 868 pazienti coinfetti. La maggior parte della popolazione di pazienti reclutata in Opera è costituita da pazienti maschi (8%), giovani (età media 43 anni), con storia di tossicodipendenza per via endovenosa (83%). Trova conferma nella realtà italiana quanto riportato in letteratura a proposito del maggior rischio dei soggetti HIV positivi di contrarre il virus dell epatite C per via sessuale: mentre i dati epidemiologici indicano una trasmissibilità inferiore al 3% nei soggetti monoinfetti, in Opera questo dato è pari all 8%. L analisi delle caratteristiche clinico-laboratoristiche rileva che nella pratica clinica il valore di ALT normali non rappresenta un criterio stringente di esclusione dal trattamento: la quota infatti di pazienti con valori di ALT <1 x ULN è pari al 14%. La distribuzione per genotipo evidenzia la maggior rappresentabilità di pazienti con genotipo 1 (44%) e del genotipo 3 (43%) (Figura 3). La percentuale significativamente elevata di pazienti con fibrosi a ponte/cirrosi (51% vs 15% dello studio Apricot) sembra indicare la tendenza a considerare eleggibili al trattamento pazienti con un maggior rischio di evolutività della patologia epatica. Si evince, un atteggiamento prudente nella pratica clinica a trattare pazienti potenzialmente meno instabili dal punto di vista immunitario (solo 2 pazienti hanno CD4 < 2 cell/mmc) e solo il 49% dei pazienti sono stati trattati contemporaneamente per l HIV e per l HCV. Visto che la maggior parte dei pazienti non ha ancora completato il ciclo di terapia previsto, non è ancora possibile una valutazione precisa dell aderenza e degli eventi avversi in corso di trattamento. Dai risultati della fase retrospettiva dello studio Probe e dai dati finora estrapolati dal database dello studio Opera si possono trarre interessanti considerazioni. In primo luogo, sulla popolazione dei pazienti dei pazienti trattati quotidianamente nei centri italiani che è profondamente diversa da quelle studiate nei grandi trial. Secondariamente, e nonostante questa fondamentale differenza, trapela la fattibilità di curare i pazienti "reali" con risultati di efficacia e sicurezza non dissimili da quelli ottenuti nei pazienti "puri" degli studi clinici. 27

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