LERVELLO. inguggio. seg ni. dei. nel. Come viene elaborato il linguaggio nel cervello umano?

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1 di Gregory Hickok, Ursula Bellugi ed Edward S. Klima nel inguggio dei seg ni HEATHER WHITESTONE MCCALLUM, Miss America 1995, usa il linguaggio dei segni per rivolgersi ai delegati alla Convenzione nazionale repubblicana, tenutasi il 3 agosto 2000 a Filadelfia. Sotto: La traduzione della frase «Il linguaggio dei segni nel cervello» in linguaggio dei segni americano è mostrata in queste illustrazioni, basate su fotografie di una persona che usa questo linguaggio. LERVELLO Come viene elaborato il linguaggio nel cervello umano? Nuovi studi sui non udenti che si esprimono nella lingua dei segni suggeriscono una risposta a questo interrogativo Illustrazioni di Peter Stemler

2 no dei grandi misteri del cervello umano consiste nelle modalità con cui esso comprende e produce il linguaggio. Fino a poco tempo fa, gran parte delle ricer- SEGNO CORRETTO PER «BELLO» SEGNO ERRONEO PER «BELLO» PRODOTTO UN PROBLEMA COMUNE che si riscontra nei non udenti con lesioni all'emisfero sinistro (LES) è la produzione di errori parafasici - lapsus della mano - analoghi a quelli vocali che si hanno nei soggetti udenti con le stesse lesioni. L'illustrazione nella pagina a fronte mostra la forma corretta del segno per «bello», mentre quella qui a fianco raffigura un errore comune negli individui con LES. Qui il soggetto indica correttamente la posizione e il movimento del segno, ma che su questo argomento si basava sullo studio delle lingue parlate: inglese, francese, tedesco e simili. A partire dalla TIPICAMENTE DA UN SOGGETTO CON LESIONI usa una configurazione errata della mano, producendo qualcosa che non ha significato in ASL. Sebbene la configurazione della mano in questo errore parafasico siascorretta per «bello», è usata in molti altri segni dell'asl, come «giocare» e «California». Gli errori parafasici possono comprendere sia la resa erronea della posizione, del movimento e dell'orientazione della mano metà del XIX secolo, sono stati fatti grandi progressi nell'identificazione delle regioni del cervello implicate nel linguaggio vocale. Nel 1861, per esempio, il neurologo francese Paul Broca scoprì che pazienti in grado di comprendere il linguaggio parlato ma che avevano difficoltà a produrlo presentavano spesso danni circoscritti a una regione dell'emisfero sinistro poi denominata, appunto, «area di Broca». Nel 1874, il medico tedesco Cari Wernicke constatò che pazienti in grado di parlare speditamente ma con gravi problemi di comprensione erano sovente portatori di lesio- DELL'EMISFERO SINISTRO nell'eseguire un segno, sia scorrettezze nella struttura morfologica e sintattica del linguaggio. IN PILLOLE In un semplice modello del cervello umano, il sinistro è considerato l'emisfero del linguaggio, il destro l'emisfero «spaziale». Il linguaggio dei segni è un sistema altamente strutturato, del tutto simile al linguaggio vocale. Non esiste un linguaggio dei segni universale; inoltre le lingue di segni non sono versioni manuali delle lingue vocali. Secondo gli studi, i non udenti che si esprimono in lingua dei segni e con lesioni cerebrali presentano deficit di linguaggio ni in un'altra regione dell'emisfero sinistro, oggi nota come «area di Wernicke». Danni analoghi localizzati nell'emisfero destro danno luogo solo molto raramente a queste compromissioni del linguaggio, denominate afasie. Le lesioni simili a quelli riscontrati nei casi di afasia di Wernicke o di Broca in soggetti udenti. III Le lesioni cerebrali responsabili delle afasie dei segni sono riscontrate all'emisfero sinistro:come nel caso di soggetti udenti con simili problemi. Da ciò si ipotizza che l'emisfero dell'emisfero destro sono più spesso associate a gravi deficit visivo-spaziali: problemi quali, per esempio, l'incapacità di copiare un semplice disegno lineare. sinistro sia cruciale anche per il linguaggio dei segni. Le ricerche più recenti indicano che il linguaggio dei segni implica un'elaborazione tanto linguistica quanto spaziale. Per queste ragioni, l'emisfero sinistro viene spesso etichettato come emisfero «del linguaggio»; quello destro è l'emisfero «spaziale». Sebbene tale dicotomia sia semplicistica, coglie comunque le principali differenze cliniche fra individui con lesioni che interessano rispettivamente l'emisfero sinistro e il destro. Restano, tuttavia, molti punti poco chiari. Un nodo da sciogliere è perché il linguaggio sia localizzato in queste aree. La posizione topografica delle aree di Wernicke e di Broca sembra avere una logica: la prima, implicata nella comprensione dell'eloquio altrui, è situata nei pressi della corteccia uditiva, ossia della regione del cervello che riceve segnali dall'orecchio. L'area di Broca, invece, interessata alla produzione del linguaggio parlato, è vicina a quella regione della corteccia motrice che controlla i muscoli della bocca e delle labbra (si veda l'illustrazione a pagina 78). Ma l'organizzazione del cervello per l'elaborazione del linguaggio si basa davvero sulle funzioni dell'udito e della produzione vocale? Per rispondere occorre studiare un linguaggio che si avvalga di canali sensoriali e motori diversi. La lettura e la scrittura si servono della vista per la comprensione e dei movimenti delle mani per l'espressione; per molti, tuttavia, tali attività dipendono anche dai sistemi cerebrali implicati nella comprensione di un linguaggio vocale. Le lingue dei segni usate dai non udenti, invece, rispondono perfettamente ai requisiti. Negli ultimi 20 anni, abbiamo esaminato gruppi di non udenti che si esprimono in lingua dei segni e che hanno subìto danni all'emisfero destro o sinistro del cervello, spesso in seguito a un ictus. Valutando le loro capacità di comprensione e produzione di segni, ci siamo proposti di determinare se le regioni del cervello che interpretano e generano il linguaggio dei segni siano le stesse implicate nei linguaggi vocali. I risultati di questi studi hanno chiarito alcuni meccanismi cerebrali utili alla cura di patologie di pazienti non udenti. I segni del linguaggio Molti credono erroneamente che i linguaggi dei segni siano insiemi di gesti pantomimici, messi insieme per consentire una rudimentale forma di comunicazione. Invece si tratta di sistemi linguistici altamente strutturati che presentano tutta la complessità grammaticale delle lingue vocali. Proprio come l'inglese e l'italiano hanno regole elaborate per la formazione delle parole e delle frasi, le lingue dei segni hanno regole riguardanti singoli segni e intere frasi. Contrariamente a un'altra credenza, non esiste un linguaggio dei segni universale: un non udente che si esprima in una lingua dei segni come lingua madre, e che in età adulta ne impari una seconda, userà quest'ultima con un «accento» straniero! Inoltre le lingue dei segni non sono semplici versioni manuali delle lingue vocali parlate nella comunità locale degli udenti. Le lingue dei segni americana (ASL) e britannica, per esempio, sono reciprocamente incomprensibili. Le lingue dei segni e quelle vocali condividono le proprietà astratte del linguaggio, ma differiscono in modo radicale nella forma. Le lingue vocali sono codificate in variazioni acusticotemporali: variazioni di suoni nel tempo. Per segnalare le diverse sfumature linguistiche, invece, le lingue dei segni si basano su variazioni visivo-spaziali. In che modo la differenza di forma influenza l'organizzazione neurale del linguaggio? Giacché i segni sono un codice visivo-spaziale, si potrebbe ipotizzare che il linguaggio dei segni sia supportato da sistemi situati nell'emisfero destro del cervello. Pertanto, si potrebbe anche sostenere che nel contesto del linguaggio dei segni, l'analogo dell'area di Wernicke debba trovarsi, per un non udente, in prossimità delle regioni cerebrali associate all'elaborazione dell'afferenza visiva, mentre l'analogo dell'area di Broca dovrebbe essere vicino alla corteccia motoria che controlla i movimenti delle braccia e delle mani. All'inizio la domanda era: i non udenti che si esprimono in lingua dei segni e portatori di lesioni cerebrali vanno incontro a deficit di linguaggio analoghi all'afasia di Wernicke (problemi di comprensione ed eloquio disorganizzato) o all'afasia di Broca (difficoltà nell'esprimersi speditamente)? La risposta fu un chiaro «sì». Uno dei primi pazienti studiati dal nostro gruppo produceva segni speditamente, usando tutti i marker grammaticali appropriati dell'asl, ma la comunicazione era incoerente. Nella trascrizione annotata di una delle sue conversazioni si legge: E c'è uno (giù alla fine) [incomprensibile]. L'uomo andò a vedere il (sconnesso), un'estensione della (terra) camera. È là per l'uomo (può vivere) un tetto e luce con ombre per (continua a tirare giù). La comunicazione disturbata del paziente e l'evidente mancanza di comprensione dei segni altrui erano molto simili ai sintomi presentati dai pazienti udenti con afasia di Wernicke. Un'altra paziente non udente che studiammo all'inizio del programma di ricerca aveva difficoltà a produrre segni. Questa donna doveva lottare per far assumere alle proprie mani la configurazione e l'orientamento adatti pressoché per ogni segno che tentava di produrre. La maggior parte delle sue emissioni era limitata a singoli segni. Non si trattava semplicemente di un problema di controllo motorio: quando le si chiedeva di copiare disegni lineari di oggetti come un elefante o un fiore, lo faceva con precisione. Inoltre, nonostante i suoi gravi problemi di espressione in lingua dei segni, la sua comprensione del medesimo linguaggio era eccellente. Questo profilo di capacità è parallelo a quello riscontrato nell'afasia di Broca. Ma dove si trovavano le lesioni cerebrali responsabili di queste afasie dei segni? La risposta fu sorprendente. Entrambi i pa- zienti avevano lesioni all'emisfero sinistro, e in entrambi i casi esse si trovavano dove ci si sarebbe aspettati di riscontrarle in pazienti udenti con simili problemi. Le lesioni del soggetto non udente che aveva difficoltà di comprensione includevano l'area di Wernicke, mentre quelle della paziente con difficoltà nella produzione dei segni comprendevano l'area di Broca. Queste osservazioni dimostravano che l'emisfero sinistro ha una funzione cruciale nel sostenere il linguaggio dei segni. Ma che dire, allora, dell'emisfero destro? Si potrebbe pensare che una lesione a questo emisfero debba avere un effetto devastante anche sulla capacità di usare il linguaggio dei segni. A quanto pare, invece, non è così. Non udenti con lesioni dell'emisfero destro producevano i segni speditamente e con precisione, usavano normalmente la grammatica e comprendevano i segni fondamentali con facilità. Ciò valeva perfino in pazienti nei quali la lesione cerebrale aveva compromesso gravemente le abilità visivo-spaziali non linguistiche. Un paziente con lesione dell'emisfero destro, per esempio, non era più in grado di produrre disegni riconoscibili o di copiarli, e non era consapevole degli oggetti che ricadevano nella parte sinistra del suo campo visivo (una condizione definita eminegletto spaziale); cionondimeno, Comunicava in modo molto efficiente in lingua dei segni. Ricerche successive, condotte su gruppi più numerosi di non udenti che si esprimevano in lingua dei segni, confermarono le osservazioni effettuate su questi primi casi. Un nostro studio pubblicato nel 1996 confrontò le capacità di comunicazione in lingua dei segni di 13 soggetti non udenti con lesioni dell'emisfero sinistro (LES) con quelle di 10 soggetti, pure non udenti, con lesioni dell'emisfero destro (LED). Le prestazioni dei soggetti LES erano peggiori di quelle dei soggetti LED rispetto a un'ampia gamma di parametri: essi avevano maggiori difficoltà a comprendere singoli segni e intere frasi, e una maggior probabilità di presen- 7 6 LE SCIENZE 394 / giugno

3 tare problemi nella fluidità di espressione. Avevano anche più difficoltà nel dare il nome a immagini e compivano un maggior numero di errori parafasici - «lapsus della mano» - nei quali inavvertitamente sostituivano un segno con un altro, o una sua componente, per esempio la configurazione della mano, con un'altra. Viceversa, i soggetti LED avevano buone prestazioni spetto a tutti questi parametri. Lo studio dimostrò come i problemi di fluidità in lingua dei segni non fossero causati da difficoltà più generali nel controllo dei movimenti volontari delle braccia o delle mani: i pazienti con problemi nel produrre i segni erano spesso in grado di eseguire gesti privi di significato. Ottenemmo risultati simili anche in un altro studio, relativo alla comprensione del linguaggio dei segni da parte di 19 soggetti che lo usavano da tutta la vita e che avevano riportato lesioni cerebrali, 11 all'emisfero sinistro e 8 al destro. Le prestazioni del gruppo LES furono significativamente peggiori di quelle del gruppo LED in tre test che valutavano, rispettivamente, la comprensione di singoli segni, di frasi semplici e di frasi complesse. I soggetti più compromessi erano quelli con lesioni del lobo temporale sinistro, in cui è localizzata l'area di Wernicke. [emisfero sinistro del cervello è dominante per il linguaggio dei segni, come per l'espressione verbale Presi nel loro insieme, questi risultati indicano che l'emisfero sinistro del cervello è dominante per il linguaggio dei segni, proprio come lo è per il linguaggio vocale. L'organizzazione del cervello per il linguaggio non sembra essere particolarmente influenzata dal modo in cui il linguaggio stesso viene percepito e prodotto. La storia si complica Come abbiamo osservato all'inizio di questo articolo, la presunta dicotomia fra parte destra e sinistra del cervello - abilità verbali concentrate nell'emisfero sinistro e quelle visivo-spaziali nel destro - è un'eccessiva semplificazione. Negli ultimi 20 anni la ricerca ha dimostrato che gran parte delle abilità cognitive può essere suddivisa in numerosi passaggi di elaborazione. Ad alcuni livelli, l'attività cerebrale può essere lateralizzata, mentre ad altri può essere bilaterale (cioè può aver luogo prevalentemente in un emisfero o in entrambi). L'abilità relativa al linguaggio, per esempio, ha numerose componenti. Una persona udente dev'essere in grado di percepire e produrre i singoli suoni e le parole che essi formano; altrimenti non potrebbe distinguere la differenza fra le parole «cup» [tazza] e «pup» [cucciolo]. Inoltre, occorre che sappia riconoscere aggiunte morfologiche (saper distinguere «walking» [camminando] da «walked» [camminato]), costruzioni sintattiche (distinguere «il cane inseguì il gatto» da «il cane fu inseguito dal gatto») e intonazioni melodiche (distinguere «la casa bianca» da «la Casa bianca»). Infine, per sostenere un lungo discorso occorre saper stabilire e conservare una connessione coerente fra personaggi ed eventi nel corso di numerose frasi. Di tutti questi aspetti dell'abilità linguistica, la produzione del linguaggio è quello più rigorosamente circoscritto all'emifero cerebrale sinistro. Lesioni di questo emisfero spesso interferiscono con l'abilità di selezionare e assemblare suoni e parole appropriati quando si parla. Le lesioni dell'emisfero destro raramente hanno questi effetti. Un'eccezione al monopolio dell'emisfero sinistro sulla produzione del linguaggio è la creazione di un discorso coerente. I pazienti con lesioni dell'emisfero destro possono essere in grado di costruire parole e frasi, ma spesso saltano da un argomento all'altro. La percezione e la comprensione del linguaggio sembrano essere meno confinate all'emisfero sinistro di quanto non lo sia la sua produzione. Entrambi gli emisferi sono capaci di distinguere singoli suoni, e l'emisfero destro sembra avere un ruolo nella comprensione di un lungo discorso. Tuttavia, la decifrazione di parole e frasi sembra avvenire soprattutto nell'emisfero sinistro. Ciò potrebbe spiegare perché in origine il linguaggio fosse considerato dominio esclusivo dell'emisfero sinistro: i test più comuni per l'afasia valutavano infatti la comprensione e la produzione di parole e frasi, e non di discorsi più lunghi. Le abilità spaziali non linguistiche possono essere suddivise anch'esse in componenti con diverse modalità di lateralizzazione. Sebbene le compromissioni più gravi delle abilità spaziali conseguano più comunemente a lesioni dell'emisfero destro, si Dove abita il linguaggio CORTECCIA MOTORIA $1,^ kopt AREA DI BROCA CORTECCIA UDITIVA AREA DI WERNICKE ue delle regioni D dell'emisfero cerebrale sinistro che hanno un ruolo importante nell'elaborazione del linguaggio sono l'area di Broca e l'area di Wernicke (ma non sono le uniche). L'area di Broca è attivata negli individui udenti quando parlano e in quelli non udenti quando comunicano in lingua dei segni. L'area di Wernicke è coinvolta nella comprensione del discorso sia parlato sia gestuale. GLI AUTORI GREGORY HICKOK, URSULA BELLU- 01 ed EDWARD S. KLIMA collaborano da un decennio nello studio delle afasie correlate al linguaggio dei segni. Hickok è docente presso il Dipartimento di scienze cognitive dell'università della California a h- vine e direttore del Laboratory for Cognitive Brain Research, dove si occupa dell'anatomia funzionale del linguaggio. Bellugi è direttrice del Laboratory for Cognitive Neuroscience di La Jolla in California. Molte delle sue ricerche sono svolte in collaborazione con Klima, che è professore emerito all'università della California a San Diego e ricercatore al Salk Institute. 78 LE SCIENZE 394 / giugno 2001

4 L'ABC del linguaggio dei segni ESTATE BRUTTO LA POSIZIONE DI UN SEGNO rispetto al corpo è fondamentale per esprimere un significato. Nel linguaggio dei segni americano il segno per «estate» viene eseguito vicino alla fronte, quello per «brutto» vicino al naso e quello per «asciutto» vicino al mento. i linguaggi vocali, anche le lingue dei Ckr segni hanno una struttura linguistica a tre livelli: fonologica, morfologica e sintattica. A livello fonologico, i segni possono essere decomposti in singole componenti, come se fossero vocali e consonanti. Le componenti dei segni comprendono configurazioni della mano, posizioni nelle quali i segni vengono articolati, movimenti delle mani e delle braccia e orientazione delle mani (per esempio, con la palma in su o in giù). Nel linguaggio dei segni americano (ASL), per esempio, il segno per «estate» è identico a quelli che significano rispettivamente «brutto» e «asciutto», salvo per la posizione rispetto al corpo in cui vengono eseguiti (si veda l'illustrazione a fianco). Così pure, i segni per «treno», «nastro» e «sedia» sono uguali in tutto tranne che nel movimento. A livello morfologico, l'asl è dotato di marcatori grammaticali che modificano sistematicamente il significato dei segni. Questi marcatori, nella lingua inglese, includono frammenti come '<-ed», che aggiunto alla maggior parte dei verbi indica il tempo passato. Mentre in inglese i marcatori sono aggiunti all'inizio o alla fine di una parola, in ASL i segni sono modificati grazie a configurazioni spaziali caratteristiche. Un movimento rotatorio aggiunto al segno per «dare» (e a quelli per la maggior parte dei verbi) Io trasforma in «dare continuamente». Modificatori di questo tipo esprimono i significati di «dare a tutti», «dare a ciascuno», «darsi a vicenda» e molte altre variazioni. A livello sintattico, l'asl specifica le relazioni grammaticali fra segni grazie a meccanismi senza eguali nelle lingue parlate. In inglese l'ordine delle parole esplicita l'organizzazione sintattica di una frase come «Mary critica John»; invertendo l'ordine dei nomi si inverte anche il significato della frase. In ASL non è obbligatorio attenersi a un ordine delle parole: basta indicare una certa posizione dello spazio mentre si mostra il segno per un nome, associando quindi il nome a tale posizione. Poi il parlante può far muovere il segno per il verbo dalla posizione di Mary a quella di John per dire «Mary critica John»; in direzione opposta per indicare l'inverso. 8 O LE SCIENZE 394 / giugno 2001

5 sono osservati alcuni deficit visivo-spaziali in individui udenti con LES. I sintomi sono difficoltà nella percezione e nella riproduzione delle caratteristiche a livello locale di uno stimolo visivo anche se i pazienti con LES possono identificare o riprodurne correttamente la configurazione complessiva. Gli individui udenti con LED presentano la situazione opposta. È stato perciò ipotizzato che l'emisfero sinistro sia importante per la percezione e la manipolazione spaziali a livello locale; quello destro per i processi a livello globale. Sorge così un interrogativo: la suddivisione delle abilità visivo-spaziali fra i due emisferi è legata alla divisione delle abilità coinvolte nel linguaggio dei segni? I singoli segni e le frasi possono essere pensati come parti del linguaggio, mentre il discorso nella sua forma più estesa può rappresentare il modo in cui quelle parti sono assemblate. Forse l'emisfero sinistro è dominante per produrre e comprendere i segni e le frasi, in quanto tali processi dipendono da abilità spaziali a livello locale. E forse l'emisfero destro è dominante per stabilire e conservare un discorso coerente nel linguaggio dei segni perché questi processi dipendono da abilità spaziali a livello globale. La nostra ricerca ha confermato che molti soggetti con LED non udenti hanno difficoltà nel produrre lunghi discorsi con la lingua dei segni. I loro racconti sono pieni di emissioni fuorvianti o di confabulazioni: le difficoltà che spesso hanno i soggetti udenti con le stesse lesioni. Tuttavia, alcuni non udenti con LED hanno anche un altro problema. Il discorso, nel linguaggio dei segni, ha un'organizzazione spaziale peculiare; quando si racconta una storia con molti personaggi, il parlante identifica ciascuno di essi usando un luogo diverso. Lo spazio di fronte a lui diventa una sorta di palcoscenico virtuale nel quale ciascun personaggio ha il proprio luogo. I nostri studi hanno evidenziato che alcuni soggetti con LED non riuscivano a mantenere un'appropriata cornice spaziale per i personaggi. Questi problemi sono forse connessi a deficit nelle abilità spaziali non linguistiche? Sembrerebbe di no. Abbiamo studiato uno di questi soggetti le cui abilità spaziali erano compromesse, e che tuttavia non aveva alcun problema a narrare una storia coerente in lingua dei segni. Un altro paziente LED aveva problemi visivo-spaziali di lieve entità, e tuttavia non era in grado di mantenere una cornice spaziale appropriata per i personaggi del racconto. È chiaro che i sistemi cognitivi dell'emisfero destro che sostengono le abilità spaziali non linguistiche sono diversi da quelli che sostengono il discorso esteso. Che dire dei non udenti con lesioni dell'emisfero sinistro? Le UNA CORNICE SPAZIALE è necessaria per un discorso prolungato in ASL. Il soggetto descrive una serie di immagini che mostrano due bambini sedutia fianco a fianco intenti a dipingersi reciprocamente il viso. All'inizio del discorso, ciascun bambino viene correlato a una posizione nello spazio: Alice sulla sua destra e Bob sulla sua sinistra (non mostrato). Lievi mutamenti nella postura del soggetto e la direzione di movimento del segno per «dipingere» [dalla posizione di Alice sulla destra a quella di Bob sulla sinistra] indicano che Alice sta dipingendo il viso di Bob (a, b). Il movimento inverso (c, d) indica che Bob sta dipingendo il viso di Alice. loro afasie nel linguaggio dei segni sono causate da compromissioni delle abilità spaziali a livello locale? Per affrontare questo problema, abbiamo chiesto a un gruppo di non udenti che si esprimevano in lingua dei segni di riprodurre disegni e figure gerarchiche, con aspetti riconoscibilmente locali e globali. (Un esempio potrebbe essere quello di una lettera «D» formata da una costellazione di piccole «y».) Proprio come i pazienti udenti con lesioni dell'emisfero sinistro, i soggetti non udenti con LES tendevano a riprodurre la configurazione globale del disegno correttamente, ma spesso lasciavano da parte alcuni dettagli. (I soggetti non udenti con LED presentavano la situazione inversa, e tracciavano disegni con moltissimi dettagli ma complessivamente disorganizzati.) Nei soggetti LES non vi era alcuna correlazione fra la gravità dei deficit spaziali a livello locale e la gravità dell'afasia nel linguaggio dei segni. In conclusione, le capacità linguistiche di soggetti non udenti che si servono da sempre del linguaggio dei segni sembrano indipendenti dalle loro capacità spaziali non linguistiche. Può darsi che sia sfuggita qualche sottile distinzione del modo in cui il linguaggio viene elaborato nei pazienti udenti e in quelli non udenti che si esprimono in lingua dei segni. Purtroppo, gli studi sui pazienti con lesioni cerebrali hanno una precisione limitata. Per accertare quali parti del cervello siano coinvolte, occorrerebbe esaminare decine di non udenti portatori di lesioni esattamente nei punti «giusti»: una ricerca che durerebbe decenni. Tuttavia, l'introduzione di tecniche di brain imaging non invasive - la risonanza magnetica e la PET - ha offerto un nuovo strumento per sondare le radici del linguaggio, in particolare per indagare il ruolo dell'area di Broca nel linguaggio vocale e nella produzione di segni. I risultati hanno dimostrato che tale area è attivata sia nei pazienti udenti quando parlano sia in quelli non udenti quando si esprimono producendo segni. Il brain imaging ha anche confermato che le regioni coinvolte nella comprensione del linguaggio dei segni sono le stesse implica- Il cervello è un organo altamente modulare: ogni modulo è organizzato intorno a un preciso compito funzionale MOLTI NON UDENTI CON LESIONI dell'emisfero destro compiono errori nell'organizzazione spaziale del discorso. Sono in grado di correlare esattamente i personaggi della narrazione a posizioni dello spazio, ma spesso non fanno riferimento a queste posizioni in maniera coerente. In queste illustrazioni, il soggetto non correla il segno per «dipingere» alle posizioni di Alice e Bob. Una frase equivalente a questa mancanza di specificità sarebbe: «Alice e Bob erano seduti a un tavolo e dipingevano. A un certo punto qualcuno ha dipinto il viso di qualcuno (e, f) e poi qualcuno ha dipinto il viso di qualcuno (g, h)». te nella comprensione del linguaggio vocale. In uno studio del 1998, i ricercatori usarono la risonanza magnetica per osservare l'attività cerebrale di individui non udenti che si esprimevano da sempre in linguaggio dei segni e che osservavano videoregistrazioni di frasi in ASL. Si scoprirono regioni di attività in diverse parti del lobo temporale sinistro, tra cui parti dell'area di Wernicke, e del lobo frontale sinistro, compresa l'area di Broca. Lo studio ha anche evidenziato regioni di attività nel lobo temporale destro e nel lobo frontale destro. Questo risultato ha indotto a ipotizzare che la comprensione del linguaggio dei segni possa avere un'organizzazione più bilaterale di quella del linguaggio vocale. Ma un'attività bilaterale è stata rilevata anche in studi su soggetti udenti che ascoltavano un discorso. Sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire il ruolo dell'emisfero destro nell'elaborazione del linguaggio dei segni. In ogni caso, gli studi delle lesioni cerebrali hanno chiarito che, se esistono differenze fra il linguaggio dei segni e quello vocale, probabilmente si tratta di differenze sottili. Lezioni dal linguaggio dei segni Il linguaggio dei segni implica un'elaborazione tanto linguistica quanto visivo-spaziale: due abilità che nelle persone udenti in genere si suppongono sostenute da sistemi neurali ampiamente distinti. Contrariamente alle aspettative, però, l'organizzazione neurale del linguaggio dei segni ha maggiori affinità con quella del linguaggio parlato che non con quella per l'elaborazione visivo-spaziale. Per quale motivo? Gli studi indicano che il cervello è un organo modulare, in cui ogni modulo è organizzato per eseguire un compito particolare. L'elaborazione delle informazioni visivo-spaziali non sarebbe dunque confinata a una singola regione cerebrale. Moduli neurali diversi, invece, elaborano i segnali visivi in modi differenti. Per esempio, i segnali visivi che veicolano l'informazione linguistica verrebbero tradotti in un formato ottimizzato per l'elaborazione linguistica, permettendo al cervello di accedere al significato dei segni, di estrarre rapporti grammaticali e così via. Ma gli stimoli visivi che veicolano un tipo diverso di informazione sarebbero tradotti in un formato ottimizzato, per esempio, per eseguire gli impulsi motori atti a riprodurre un disegno. I processi di elaborazione di questi due compiti sono molto diversi; perciò devono essere diversi i sistemi neurali coinvolti. Perciò non è sorprendente che la comprensione e la produzione del linguaggio dei segni sembrino indipendenti da abilità visivo-spaziali come la copiatura di un disegno. Sebbene entrambe comportino input visivi e output manuali, sono compiti differenti. Pertanto, ci aspetteremmo che esse condividano in una certa misura i sistemi cerebrali ai livelli periferici dell'elaborazione e che divergano nei sistemi cerebrali più centrali, di livello superiore. La situazione nel caso del linguaggio parlato e di quello dei segni è esattamente l'opposto. Questi due sistemi differiscono radicalmente nei loro input e nei loro output, ma sembrano comportare elaborazioni linguistiche molto simili. Pertanto ci aspettiamo che entrambi i tipi di linguaggio condividano molto territorio neurale nei sistemi cerebrali più centrali e di livello superiore, ma divergano ai livelli di elaborazione periferici. È probabile che all'estremo sensorio l'elaborazione periferica del discorso vocale abbia luogo nella corteccia uditiva di entrambi gli emisferi, mentre l'elaborazione iniziale dei segni sia effettuata nella corteccia visiva primaria. Dopo i primi stadi di elaborazione, però, i segnali sembrano incanalati verso sistemi linguistici centrali con un'organizzazione neurale comune a chi si serve di un linguaggio vocale e a chi adotta un linguaggio dei segni. Questi risultati potranno essere utili nel trattamento di pazienti non udenti con ictus. Per essi il recupero delle abilità di linguaggio probabilmente sarà simile a quello di soggetti udenti con le stesse lesioni. Inoltre, nel rimuovere tumori cerebrali occorreranno precauzioni per non ledere i centri del linguaggio anche con pazienti non udenti. Una sfida importante per la ricerca sarà di determinare dove si esauriscano gli stadi di elaborazione periferica e dove comincino quelli centrali, oltre a comprendere la natura delle elaborazioni eseguite ai vari livelli del processo linguistico. Somiglianze e differenze fra i linguaggi vocale e dei segni sono ideali per fornirci una risposta a queste domande. BIBLIOGRAFIA KLIMA EDWARD S. e BELLUG I URSULA, The Signs of Language, Harvard University Press, POIZNER H., KLIMA EDWARD S. e BELLUGI URSULA, What. the Hands Reveal about the Brain, MIT Press, HICKOK GREGORY K., BELLUGI URSULA e KLIMA EDWARD S., The Neural Organization of Language: Evidence from Sign Language Aphasia, in «Trends in Cognitive Sciences», 2, n. 4, pp , aprile HICKOK G. e BELLUGI U., The Signs of Aphasia, in Handbook of Neuropsychology, vol. III, seconda edizione, a cura di R. S. Berndt, Elsevier, LE SCIENZE 394 / giugno