Preparazione di un dispositivo O-LED

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1 Preparazione di un dispositivo O-LED Cenni introduttivi e storia O-LED è l acronimo di Organic-Light Emitting Diode (Diodo Organico ad Emissione di Luce). La tecnologia O-LED si è diffusa rapidamente perché permette di realizzare display a colori capaci di emettere luce propria. E questo a contraddistinguere principalmente gli schermi O-LED da quelli a cristalli liquidi: mentre i primi non richiedono retro illuminazione ma producono luce propria i secondi devono essere illuminati da una fonte di luce esterna (solitamente posta dietro al display). Questo permette di realizzare display molto più sottili (è addirittura possibile prepararne di pieghevoli e/o arrotolabili) e che richiedono minore quantità di energia per funzionare. Il nome O-LED deriva dal fatto che, dal punto di vista elettronico, il principio di funzionamento è simile a quello dei diodi a semiconduttore composti da materiali inorganici e comunemente noti come LED. L elettroluminescenza di alcuni elementi organici è conosciuta da lungo tempo: le prime evidenze furono riportate nei primi anni 50, ad opera di André Bernanose e colleghi all università di Nancy (Francia). Essi applicarono impulsi di alto voltaggio in corrente alternata a materiali organici come l asacridine orange depositati o dispersi in cellulosa o cellophane. Il fenomeno di elettroluminescenza fu spiegato o con un meccanismo di eccitazione diretta delle molecole o tramite l eccitazione di elettroni.

2 Nel 1960, alla New York University, Martin Pope e collaboratori svilupparono il primo elettrodo iniettore di elettroni a contatto con cristalli organici. Nelle loro ricerche descrissero le caratteristiche (richiesta energetica necessaria) di elettrodi iniettori di elettroni e lacune sulla base delle funzioni lavoro dei materiali utilizzati. Questi risultati costituiscono il principio del meccanismo di iniezione di carica presente in tutti i moderni dispositivi O-LED. Il gruppo di Pope fu anche il primo (1963) ad osservare elettroluminescenza in corrente continua, lavorando in vuoto con cristalli di antracene o antracene drogato con tetracene ed utilizzando come elettrodo un cristallo di argento polarizzato a 400 V. Il meccanismo proposto fu di fluorescenza promossa da elettroni accelerati dal campo elettrico. Nel 1965, al National Research Council (Canada), Helfrich e Schneider osservarono per la prima volta elettroluminescenza prodotta da una doppia iniezione-ricombinazione su un cristallo singolo di antracene, utilizzando elettrodi iniettori di elettroni e lacune. Questo prototipo si può definire il predecessore dei moderni dispositivi a doppia iniezione. Negli stessi anni i ricercatori della Dow Chemical brevettarono un metodo per la preparazione di celle elettroluminescenti utilizzando alti voltaggi (range V) in corrente alternata ( Hz) su strati sottili (circa 1 mm) di un fosforo fuso costituito da una base di polvere di antracene, tet?racene e grafite. Il meccanismo di funzionamento che proposero si basava sull eccitazione di elettroni nelle zone di contatto tra particelle di grafite e molecole di antracene. Il fenomeno di elettroluminescenza da film polimerici fu osservato per la prima volta da Roger Partridge al National Physical Laboratory (Regno Unito). Il dispositivo consisteva in un film di poli(n-vinilcarbazolo) spesso fino a 2.2 micron posto tra due elettrodi iniettori di carica. I risultati del progetto furono brevettati nel Il primo diodo, efficiente e funzionante a bassa tensione, fu presentato nel 1987 da Ching Tang e Steve Van Slyke alla Eastman Kodak. Era costituito da due strati organici: uno funzionante da accettore di lacune e l altro di elettroni. In questo modo la ricombinazione e l emissione di luce avveniva nel mezzo dello strato organico. Sfruttando questa tecnologia ed apportandole miglioramenti fu possibile costruire display ad alta luminosità alimentati da tensioni molto basse (circa 10 V). La ricerca riguardante l elettroluminescenza di polimeri culminò nel 1990 al Cavendish Laboratory di Cambridge con il lavoro di Burroughs e collaboratori, che riportarono l ottenimento di dispositivi polimerici molto efficienti ad emissione di luce verde, utilizzando film spessi 100 nm di poli(p-fenilene vinilene). A partire dal luglio 2008 è stata annunciata la nascita di un consorzio tra Sony, Toshiba e Panasonic per la produzione di schermi O-LED.

3 a) b) c) d) a) asacridine orange (usata da Bernarose nel 1950), b) antracene, c) n-vinilcarbazolo, d) poli(pfenilene vinilene). Funzionamento di un dispositivo O-LED Un tipico dispositivo O-LED è costituito da uno strato di materiale organico emettitore situato tra due elettrodi (anodo e catodo), il tutto depositato su un substrato. Lo strato emettitore di molecole organiche possiede un livello di conducibilità a cavallo tra quello degli isolanti e quello dei conduttori ed è pertanto un semiconduttore organico. Gli orbitali HOMO (highest occupied molecular orbital: ultimo livello elettronico occupato) e LUMO (lowest unoccupied molecular orbital: primo livello elettronico non occupato) dei semiconduttori organici possono essere considerati per certi versi analoghi alle bande di valenza e conduzione dei semiconduttori inorganici. Infatti la conducibilità elettrica è dovuta alla delocalizzazione degli elettroni nei livelli elettronici di HOMO e LUMO (di tipo pi-greco) che si estendono lungo tutta la molecola. Possono anche essere fabbricati O-LED multistrato, contenenti due o più strati emettitori, al fine di migliorare l efficienza totale del dispositivo. Tali strati possono essere scelti per favorire l iniezione di carica agli elettrodi, fornendo un profilo elettronico più graduale o impedendo che le cariche raggiungano l elettrodo di segno opposto venendo così sprecate. La maggior parte degli O-LED correntemente utilizzati è costituita da una struttura a doppio strato che consiste in un emettitore ed un conduttore.

4 Schema a strati di un O-LED a doppio strato: 1) catodo (-), 2) strato emettitore, 3) emissione di radiazione, 4) strato conduttore, 5) anodo (+). Il dispositivo funziona applicando un potenziale tra gli elettrodi, in modo tale che l anodo sia positivo rispetto al catodo. In questo modo una corrente di elettroni passa attraverso gli strati dal catodo all anodo: - al catodo gli elettroni sono iniettati nel LUMO delle molecole che costituiscono lo strato emettitore - all anodo gli elettroni vengono sottratti dallo strato conduttore (il processo può essere descritto come iniezione di buche elettroniche nell HOMO delle molecole che costituiscono lo strato conduttore). In questo modo lo strato emettitore possiede un eccesso di portatori di carica negativa (elettroni), mentre lo strato conduttore diventa ricco di buche, ovvero di vacanze elettroniche dotate di carica positiva. Nei semiconduttori organici (a differenza dei semiconduttori inorganici) le buche sono più mobili degli elettroni, per cui si ha prevalentemente diffusione delle vacanze elettroniche dallo strato conduttore a quello emettitore, dove una buca ed un elettrone possono annichilirsi cedendo l energia in eccesso sotto forma di un fotone. Negli O-LED, i semiconduttori organici utilizzati sono tali che il processo di ricombinazione elettrone-buca è accompagnato da emissione radiativa con lunghezza d onda nella regione del visibile. In particolare, l energia della radiazione emessa è determinata dal band gap del materiale organico, quindi dalla differenza energetica tra HOMO e LUMO. Il dispositivo O-LED non funziona se all anodo viene applicato un potenziale negativo rispetto al catodo. In questa condizione infatti, le buche migrano verso l anodo mentre gli elettroni verso il catodo, allontanandosi le une dagli altri e rendendo il processo di ricombinazione impossibile. Il materiale anodico comunemente utilizzato è l ossido di Indio e Stagno (ITO Indium Tin Oxide). E un materiale trasparente ed ha una funzione lavoro che promuove l iniezione di buche nello strato polimerico. Metalli come il Bario o il Calcio sono spesso utilizzati come catodi poiché la loro bassa funzione lavoro promuove l iniezione di elettroni nello strato polimerico. La grande reattività

5 di tali elementi richiede che questi vengano cappati da uno strato di Alluminio per evitarne la degradazione. Obiettivo L obiettivo di questa esperienza è costruire un dispositivo O-LED utilizzando un complesso metallo-organico di Ru disperso in una matrice polimerica (poli-vinil-alcool) e di verificarne il funzionamento tramite un alimentatore stabilizzato. Procedura Sciogliere circa 0.30 g di poli-vinil-alcol (PVA) in 10 ml di H 2 O deionizzata. Riscaldare se necessario senza portare ad ebollizione e filtrare l eventuale residuo indissolto (è possibile scaldare la soluzione tenendola sotto vigorosa agitazione magnetica). Sciogliere circa g di complesso [Ru(bpy) 2+ 3 (Cl - ) 2 ] in 3 ml di soluzione acquosa di PVA. Identificare (servendosi di un voltmetro se necessario, la resistenza misurata è di circa Ώ) il lato conduttore di un vetrino k-glass (un vetrino con lato conduttivo in ITO). Versare qualche goccia della soluzione polimerica contenente il complesso sul lato conduttore del vetrino e stenderla (si può usare un bastoncino cotton fioc) fino ad ottenere un film omogeneo (per ottenere un film omogeneo e ben delimitato può essere utile creare una maschera con dello scotch trasparente che lasci scoperta la parte centrale del vetrino k-glass formando un quadrato). Seccare il film formatosi con la pistola termica (è consigliabile utilizzare una temperatura non troppo elevata per non degradare il colorante). Se necessario ripetere l operazione fino ad ottenere un ricoprimento omogeneo.

6 Preparare al di sopra della superficie appena depositata e seccata, servendosi di una maschera in cartoncino o plastica, un contatto metallico (catodo) utilizzando l eutettico In/Ga (si può utilizzare anche in questo caso un cotton fioc). Toccare con il polo positivo di un generatore di corrente (per esempio un pila?v collegata a due fili di rame) la superficie del film di k-glass (ITO=anodo) e con il polo negativo il contatto in eutettico (catodo). Si osserverà lo sviluppo di luminescenza.

7 Gli elettroni, come spiegato nella sezione precedente, vengono iniettati al catodo (In/Ga) mentre le buche si formano all anodo (ITO). Successivamente si ha migrazione di buche ed elettroni verso il centro del film dove avviene la ricombinazione. Il complesso di Ru 2+ viene ridotto a Ru + al catodo ed ossidato a Ru 3+ all anodo. In questo modo si crea una separazione di carica che favorisce la migrazione delle specie verso il centro del film, dove avviene la loro ricombinazione. Tale processo porta all ottenimento del complesso iniziale (Ru 2+ ) in uno stato eccitato che, decadendo, provoca emissione di luce nel visibile. Materiali per 1 esperimento: - [Ru(bpy) 2+ 3 (Cl - ) 2 ] (Aldrich) 0.04 g - Poli-vinil-alcol (PVA, MM Da) 0.3 g - Acqua deionizzata - Eutettico In/Ga (Aldrich, quantità necessaria per creare i contatti) - vetrini con lato conduttivo in ITO (k-glass) - Generatori di corrente (Alimentatori stabilizzati o pile da 9V) con due fili di rame collegati ai poli

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